Jus CivileISSN 2421-2563
G. Giappichelli Editore

Invalidità del contratto stipulato a seguito di pratica commerciale sleale? (di Marisaria Maugeri, Professore ordinario di Diritto civile – Università degli Studi di Catania)


La Direttiva (UE) 2019/2161 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 27 novembre 2019 ha introdotto l’art. 11 bis nella Direttiva 2005/29/CE. Tale articolo prevede, fra l’altro, che i consumatori, in caso di violazione della disciplina in tema di pratiche commerciali scorrette, debbano “avere accesso a rimedi proporzionati ed effettivi, compresi il risarcimento del danno subito dal consumatore e, se pertinente, la riduzione del prezzo o la risoluzione del contratto”. L’autrice ritiene che, nonostante l’uso dell’espressione risoluzione, il legislatore sia libero di prevedere un rimedio caducatorio funzionale all’interesse protetto. L’autrice propone che il legislatore nazionale, in sede di recepimento, preveda un rimedio caducatorio “di tipo unilaterale” in caso di violazione degli articoli 23 e 26 del codice del consumo. In tutti gli altri casi si potrebbe lasciare al giudice la possibilità di caducare o meno il contratto a seconda della gravità della pratica.

 

Invalidity of the contract stipulated as a result of unfair commercial practice?

Directive (EU) 2019/2161 of the European Parliament and of the Council of 27 November 2019 inserted art. 11a in Directive 2005/29 / EC. This article provides, among other things, that Consumers harmed by unfair commercial practices " shall have access to proportionate and effective remedies, including compensation for damage suffered by the consumer and, where relevant, a price reduction or the termination of the contract”. The author believes that, despite the use of the term termination, member states are free to provide any remedy to unwind the contract functional to the protected interest. The author proposes that the national legislator provides for a "unilateral" remedy to unwind the contract in case of violation of articles 23 and 26 of the Italian consumer code. In all other cases it could be left to the judge the possibility of terminating the contract or not, depending on the seriousness of the case.

Keywords: Unfair commercial practices – Remedies – Unwind - Invalidity.

L’attuale disciplina nazionale sulle pratiche commerciali scorrette non individua in capo ai consumatori specifici rimedi ‘‘privatistici’’. Nulla, in altre parole, la stessa dispone in merito alla validità o meno dei contratti stipulati fra un professionista che abbia posto in essere una pratica commerciale scorretta e i singoli consumatori, così come nulla dispone in relazione al risarcimento dell’eventuale danno che questi ultimi abbiano subito proprio in ragione di una pratica siffatta. Nulla, ancora, viene previsto in merito a eventuali altri tipi di rimedi ‘‘contrattuali’’. L’art. 19 cod. cons., nel definire l’ambito di applicazione del titolo III del codice del consumo, dispone, però, che lo stesso non pregiudica: ‘‘l’applicazione delle disposizioni normative in materia contrattuale, in particolare delle norme sulla formazione, validità od efficacia del contratto”. In ragione di ciò, in dottrina si è molto discusso sul rapporto fra la disciplina sulle pratiche commerciali scorrette e quella generale in materia di contratti. In particolare ci si è interrogati sulla possibilità o meno di considerare invalidi i contratti laddove si registri una violazione della disciplina contenuta negli artt. 18 ss. cod. cons. Una parte della dottrina, infatti, ha ritenuto che si potesse giungere alla nullità di tali contratti mentre altra parte si è pronunciata a favore dell’annullabilità [1]. A me è sembrato di poter sostenere che (fermo restando che, disarticolando le diverse fattispecie, ci si possa agilmente accorgere di come le soluzioni possano variare sotto il profilo rimediale e, pertanto, con riferimento ad alcune pratiche scorrette, si possa avere nullità, diritto di recesso, risarcimento o altro tipo di rimedio) in molti casi i consumatori, vittime di alcune delle pratiche scorrette, possano agire per ottenere l’annullamento del contratto, e ciò perché avevo ritenuto (e ritengo) che la disciplina sulle pratiche commerciali scorrette avesse inciso (e incida) sull’allargamento dell’area entro la quale possano essere ritenuti sussistenti i vizi del consenso. In altre parole, avevo ritenuto che la disciplina avesse un effetto innovativo idoneo a incidere soprattutto sulla delimitazione dell’ambito di applicazione della disciplina sul dolo [2]. Non riprenderò, in queste sede, le argomentazioni che mi hanno condotto a siffatta soluzione. Mi permetto solo di ricordare che anche l’art. 8 della l. 6 maggio 2004, n. 129 (disciplina sull’affilia­zione commerciale) prevede l’annullabilità nell’ipotesi in cui una parte fornisca false informazioni all’altra parte richiamando proprio l’art. 1439 [continua..]

Fascicolo 2 - 2022