Jus CivileISSN 2421-2563
G. Giappichelli Editore

Gli interessi meritevoli di tutela e l'art. 2645 ter cod. civ. (di Paolo De Martinis)


L’A., dopo aver esposto la genesi della norma dell’art. 2645ter cod. civ., si sofferma in particolare sul significato da attribuire all’espressione “interessi meritevoli di tutela … ai sensi dell’art. 1322, secondo comma” inserita nell’art. 2645ter cod. civ. che riguarda la trascrizione degli atti di destinazione. Nel mettere a confronto le due norme (art. 1322 e 2645ter), l’A. dimostra come non si possa certo affidare al notaio il controllo della “meritevolezza” degli interessi che si intendono realizzare.

Interests worthy of protection and Article 2645 ter of the of the Italian Civil Code

The A., after having exposed the genesis of the rule of art. 2645ter cod. civ., focuses in particular on the meaning to be attributed to the expression "interests worthy of protection ... pursuant to art. 1322, second paragraph" inserted in art. 2645ter cod. civ. which concerns the registration of the deeds of destination. In comparing the two rules (art. 1322 and 2645ter), the A. it demonstrates how it is certainly not possible to entrust to the notary the control of the “meritness” of the interests that are intended to be realized.

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Paolo De Martinis - Gli interessi meritevoli di tutela e l’art. 2645 ter cod. civ.

COMMENTO

Sommario:

1. Come nasce la norma dell’art.2645ter cod. civ. Una prima lettura. - 2. Gli interessi meritevoli tra etica e diritto. - 3. Il notaio e il giudice: il difficile bilanciamento tra fatto e norma. - 4. Il notaio e il controllo di liceità e di meritevolezza. - 5. Conclusioni.


1. Come nasce la norma dell’art.2645ter cod. civ. Una prima lettura.

L’art. 2645ter cod. civ. che disciplina “gli atti di destinazione” impegna l’interprete a ricavare un significato che collochi il nuovo istituto nel sistema, con chiarezza e senza fraintendimenti circa gli obiettivi che si intende perseguire e ottenere. “Gli atti in forma pubblica con cui beni immobili o beni mobili iscritti in pubblici registri sono destinati, per un periodo non superiore a novanta anni o per la durata della vita della persona fisica beneficiaria, alla realizzazione di interessi meritevoli di tutela riferibili a persone con disabilità, a pubbliche amministrazioni, o ad altri enti o persone fisiche ai sensi dell'articolo 1322, secondo comma, possono essere trascritti al fine di rendere opponibile ai terzi il vincolo di destinazione; per la realizzazione di tali interessi può agire, oltre al conferente, qualsiasi interessato anche durante la vita del conferente stesso. I beni conferiti e i loro frutti possono essere impiegati solo per la realizzazione del fine di destinazione e possono costituire oggetto di esecuzione, salvo quanto previsto dall'articolo 2915, primo comma, solo per debiti contratti per tale scopo”. Il testo dell’art. 2645ter cod. civ. già ad una prima lettura suscita però diversi dubbi interpretativi, relativi soprattutto alla pratica applicazione: la formulazione passa da una prospettazione estremamente generica, ad una normativa che va restringendo il suo campo d’azione. L’ambito soggettivo dei beneficiari, ampio e senza limitazioni, viene infatti circoscritto dalla necessità che gli atti di destinazione siano indirizzati “alla realizzazione di interessi meritevoli di tutela … ai sensi dell’articolo 1322, secondo comma”, riproponendo così all’attenzione del giurista il tema dell’autonomia contrattuale che ha impegnato generazioni di studiosi nel tentativo di circoscriverne l’ambito. Nella norma che qui si analizza tuttavia la novità sostanziale è che mentre nell’art. 2645ter cod. civ., che impone agli atti di destinazione la forma dell’atto pubblico, il controllo di meritevolezza sembra essere affidato al notaio che ne dovrebbe valutare la trascrivibilità, il secondo comma dell’art. 1322 cod. civ. nel limitare l’autonomia privata nella “creazione” di contratti atipici, affida al giudice il controllo di meritevolezza degli [continua ..]


2. Gli interessi meritevoli tra etica e diritto.

È necessario premettere che il ragionamento volto a circoscrivere e determinare la formula “interessi meritevoli” non può che articolarsi in varie direzioni, nel presupposto comune che deve trattarsi di interessi meritevoli di una tutela superiore rispetto a quella dei creditori del “conferente”, ai quali viene impedito l’esercizio di atti esecutivi. Il richiamo all’art. 1322 cod. civ. rischia di fuorviare l’interprete, nel senso di conformare il giudizio di meritevolezza sugli atti di destinazione alla verifica di assenza di profili di illiceità, così come procede la giurisprudenza quando, richiamandosi a tale norma, “riconosce” il contratto atipico[1]. Si sono così affermate due diverse letture della norma, quella estensiva, per la quale ogni interesse lecito giustificherebbe una separazione patrimoniale[2]; e quella restrittiva, secondo la quale sarebbe comunque necessario individuare un quid pluris[3].  Innanzitutto la norma chiaramente individua come soggetti ai quali è riservato un trattamento di maggior tutela rispetto ai creditori del “conferente”, con riguardo a quei beni immobili o mobili registrati, oggetto degli atti di destinazione trascritti, le “persone con disabilità”. Tale individuazione risponde chiaramente ad un principio di solidarietà sociale, ancor più evidente quando la disabilità riguardi una persona legata da un vincolo di parentela che giustifichi ancor più la sottrazione di quei beni alle azioni esecutive dei creditori[4]. Eppure il legislatore non circoscrive a tali soggetti la platea dei beneficiari, in quanto con la successiva locuzione, “o ad altri enti o persone fisiche ai sensi dell’articolo 1322 secondo comma”, amplia in modo generale e indefinito la varietà degli interessi che possono giustificare l’opponibilità del vincolo. Ne deriva che la Cassazione è giunta ad affermare che “deve ritenersi certamente meritevole di tutela il fine perseguito dall’impresa che, anteriormente al deposito del ricorso per concordato preventivo, costituisca sul patrimonio un vincolo di destinazione ex art. 2645 ter c.c. al fine di consentire la soddisfazione proporzionale dei creditori non muniti di cause di prelazione; detta iniziativa consente, infatti, la conoscibilità dello stato di crisi e preserva il patrimonio [continua ..]


3. Il notaio e il giudice: il difficile bilanciamento tra fatto e norma.

Sono tanti i problemi che suscita la norma dell’art. 2645ter, cod. civ., con riguardo all’intervento del notaio. Cercheremo di affrontarne i principali, proponendo soluzioni rispettose ad un tempo del ruolo del notaio, quale pubblico ufficiale e professionista, e della ratio della norma. È un dato da tanti rilevato la difficoltà ad operare in cui si trova oggigiorno l’operatore del diritto[1], soprattutto di chi incide in maniera concreta nella società civile con la propria attività che lo porta talvolta a dover interpretare la legge in maniera “creativa”. La figura del notaio, nella sua duplice veste di pubblico ufficiale e di professionista, si caratterizza in quanto la sua attività è volta “tanto al rispetto del sistema quanto alla volontà delle parti, tanto all’osservanza delle leggi quanto alle esigenze mutevoli della vita e la spinge verso una dinamica ossequiosa sia del comando sia della volontà senza reciproche prevaricazioni, finalizzandola al giusto equilibrio in aderenza ai valori e alla luce degli interessi della persona”[2]. Egli è mediatore tra la volontà delle parti e la volontà dello Stato, deve procedere alla valutazione comparativa tra più interessi: “Il notaio – sostiene Carrabba –, rappresentando l’ordinamento nei confronti delle parti e ma con pari dignità le parti nei confronti dell’ordinamento, è chiamato a far emergere le diverse dimensioni che il sociale propone e a gestire e – se del caso – a valorizzare i profili, pure nuovi, che necessitano di una manifestazione giuridica. … Al notaio non si chiede solo di conformare il fatto alla norma ma si chiede di conformare la norma al fatto, di produrre attraverso il momento interpretativo, diritto in termini di diritto vivente”[3].   È una presa di posizione forte assunta da questa dottrina che, nell’approcciarsi al tema dell’interpretazione della legge, manifesta chiaramente il proprio pensiero nel senso che, rispetto al giudice, il notaio non sarebbe un “interprete di secondo grado”; soprattutto che l’attività notarile non possa essere relegata ad una mera certificazione e documentazione[4]. Il ruolo del notaio oggi, in presenza di una normativa non sempre sistematica, di una pluralità di fonti, di sollecitazioni di ordine [continua ..]


4. Il notaio e il controllo di liceità e di meritevolezza.

È esplicito nell’art. 2645ter cod. civ. il rinvio all’art. 1322, secondo comma, cod. civ., come se quest’ultima norma offrisse all’interprete criteri sicuri di valutazione della meritevolezza degli interessi perseguiti e non si limitasse, invece, soltanto a precisare (in verità genericamente) che la valutazione va fatta “secondo l’ordinamento giuridico”. Inoltre, come si è già detto, le differenze tra le due norme del codice civile sono varie ed importanti. L’art. 1322 cod. civ. riguarda la materia contrattuale, circoscrivendo l’autonomia delle parti nel “concludere contratti che non appartengono ai tipi aventi una disciplina particolare”, i cc.dd. contratti atipici, caratterizzandosi come norma sostanziale; l’art. 2645ter cod. civ. non crea una nuova categoria di atti, non sembra contemplare contratti, sicuramente limita il proprio ambito applicativo al piano degli effetti, rendendo opponibile ai terzi con la trascrizione “il vincolo di destinazione”.  Nell’art. 1322, secondo comma, cod. civ. il controllo sulla meritevolezza degli interessi perseguiti è svolto ex post dal giudice ed eventualmente, solo in caso di contenzioso; nell’art. 2645ter cod. civ., il controllo sembrerebbe essere affidato al notaio ex ante, nel momento della formazione dell’atto pubblico, necessario ai fini della successiva trascrizione.  Il richiamo diretto all’art. 1322, secondo comma, cod. civ. nell’art. 2645ter cod. civ. con riguardo alla meritevolezza degli interessi perseguiti, porta a ritenere che il legislatore abbia voluto fissare uno stesso metro e metodo di valutazione. Eppure con riguardo all’art. 1322, secondo comma, cod. civ., la giurisprudenza dominante ritiene che quella formula vada letta in termini di non contrarietà a norme imperative, ordine pubblico e buon costume, anche se non manca un orientamento che legge la norma nel senso che la meritevolezza si risolverebbe nella condivisione di principi sui quali si fonda l’ordinamento giuridico[1]. Si è già detto come una parte della dottrina plaude alla previsione dell’art. 2645ter cod. civ., apprezzando che il legislatore abbia riempito un “vuoto etico”, affidando al notaio il compito di “verificare che lo scopo perseguito dal o dai richiedenti rientri nelle categorie indicate dalla legge e che la [continua ..]


5. Conclusioni.