Jus CivileISSN 2421-2563
G. Giappichelli Editore

Lo status di consumatore-garante nella giurisprudenza di legittimità: ascesa e declino del professionismo di rimbalzo (di Edoardo Bacciardi)


Il contributo si sofferma sull’orientamento elaborato dalla Corte di Giustizia – e recepito dalla giurisprudenza di legittimità – secondo cui lo status della persona fisica che abbia garantito l’adempimento delle obbligazioni di una società commerciale deve essere determinato alla luce dello scopo, professionale o meno, perseguito dal garante. Il disancoraggio della qualità di consumatore dalla natura del debito principale rende necessario concentrare l’attenzione sui «collegamenti funzionali» tra fideiussore e società garantita – quali «l’amministrazione di quest’ultima o una partecipazione non trascurabile al suo capitale sociale» – che possono escludere, ad avviso del giudice unionale, la finalità privata del rilascio della garanzia.

The status of the consumer-guarantor according to the Italian Supreme Court, or the rise and fall of qualifications par ricochet

This paper addresses the doctrine developed by the ECJ, and implemented by the Italian Supreme Court, according to which when a natural person guarantees for the debt of a commercial company, his or her qualification as consumer or professional depends on the purpose, professional or private, pursued by the guarantor. Therefore, attention must be focused on the «functional links» between the guarantor and the guaranteed company – such as his or her appointment as director of the latter or a non-negligible shareholding in its capital – which, according to the ECJ, may exclude the private purpose of the guarantor.

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Edoardo Bacciardi - Lo status di consumatore-garante nella giurisprudenza di legittimità: ascesa e declino del professionismo di rimbalzo

COMMENTO

Sommario:

1. Introduzione. - 2. La parabola della tesi del professionista di riflesso. - 3. Dall’accessorietà fideiussoria ai «collegamenti funzionali» tra garante e impresa garantita. - 4. La garanzia rilasciata dal familiare del debitore e la fideiussione con finalità promiscua. - 5. Considerazioni finali.


1. Introduzione.

L’inversione di rotta della giurisprudenza di legittimità nella perimetrazione dello status di consumatore-garante – annunciata da una pronuncia del 2018[1] e portata a compimento nel gennaio 2020[2] – stimola alcune riflessioni in ordine alla trasposizione dei rimedi consumeristici nell’orbita del contratto di fideiussione. Nelle motivazioni poste a sostegno del revirement della Cassazione, l’abbandono dell’orientamento «tradizionalmente seguito (…) in punto di criteri selettivi dell’eventuale ascrizione del fideiussore alla categoria normativa di consumatore» viene argomentato alla luce delle indicazioni metodologiche provenienti dalla Corte di Giustizia[3]. Muovendo dal rilievo per cui l’accessorietà fideiussoria non incide sulla natura dello scopo perseguito dal contraente, in particolare, il giudice di legittimità riconosce lo status di consumatore alla persona fisica che abbia assunto le vesti di garante per finalità non inerenti alla propria attività professionale[4]. Nel segnare il «tramonto»[5] del c.d. professionismo di rimbalzo, il nuovo trend inaugurato dalla Suprema Corte si presta ad un duplice livello di lettura, uno – sistematico – che colloca la «situazione di inferiorità»[6] del garante(-consumatore) nel più ampio quadro delle asimmetrie che scolpiscono l’identikit del contraente debole nella dimensione europea[7], l’altro – settoriale – focalizzato sulle questioni che, verosimilmente, domineranno il contenzioso in tema di fideiussione stipulata da una parte (che si dichiara) non professionale. Concentrando, in questa sede, l’attenzione sul secondo degli anzidetti territori di indagine, è opportuno ripercorrere, sinteticamente, le tappe che hanno scandito gli itinerari ermeneutici seguiti dalla giurisprudenza europea e dalla Cassazione al fine di tracciare l’actio finium regundorum tra garante-professionista e garante-consumatore. Una volta marcato il perimetro di applicazione della fideiussione b2c, alcune considerazioni saranno dedicate all’approccio che il diritto vivente ha adottato nell’uniformarsi alla nozione di consumatore-fideiussore forgiata dalla Corte di Giustizia.   * Il contributo riprende e sviluppa le riflessioni svolte in occasione della partecipazione al seminario “Il diritto vivente tra legge e [continua ..]


2. La parabola della tesi del professionista di riflesso.

La parabola della teoria del professionista di riflesso nella giurisprudenza di legittimità ricalca, in modo apparentemente pedissequo, l’evoluzione interpretativa della Corte di Giustizia, alla quale vengono solitamente imputate tanto l’elaborazione di siffatto orientamento – risalente alla pronuncia Dietzinger[1] – quanto la sua archiviazione, segnata da una coppia di ordinanze – rese nei casi Tarcău e Dumitras – intervenute nel 2015 e nel 2016[2]. E’ la stessa Cassazione – oltre ad una cospicua parte della dottrina[3] – ad etichettare il rapporto fra le suddette pronunce in termini di revirement[4], enfatizzando il «ripensamento»[5] del giudice unionale circa il riconoscimento dello status di consumatore al garante, dapprima negato in ragione della professionalità del debitore principale e successivamente disancorato dall’accessorietà fideiussoria, in favore di una valutazione incentrata sulla qualità del contraente. Aderendo a questa impostazione, il Supremo Collegio avrebbe solcato, in differita, il medesimo percorso tracciato dalla Corte di Giustizia, mutuando da quest’ultima sia le premesse teoriche del professionismo di rimbalzo, sia gli argomenti che ne hanno decretato l’epilogo. A tale ricostruzione è stato recentemente obiettato che l’ordinanza emessa nel caso Tarcău non esprime «alcun genere di revirement»[6], bensì ribadisce, in linea di continuità con la sentenza Asbeek Brusse, che la direttiva 93/13/CEE individua la categoria di contratti ai quali essa si applica con esclusivo riguardo alla «qualità dei contraenti, a seconda che essi agiscano o meno nell’ambito della loro attività professionale»[7]. In questa prospettiva – viene evidenziato – «non è (…) che Tarcău disattenda Dietzinger», risultando, in realtà, «diverse (…) le direttive formanti oggetto del rinvio pregiudiziale»[8]. E’ proprio l’eterogeneità delle fattispecie sottese agli interventi della Corte di Giustizia che induce ad escludere l’intenzione di quest’ultima di ribaltare[9] il proprio precedente orientamento. Da un lato, la pronuncia del 1998 aveva ritenuto inapplicabile la direttiva 85/577/CEE alla fideiussione conclusa presso il domicilio della parte aderente (a garanzia del [continua ..]


3. Dall’accessorietà fideiussoria ai «collegamenti funzionali» tra garante e impresa garantita.

Superata l’equazione fra (natura del) debito principale e qualità (soggettiva) del garante, l’impossibilità di desumere la professionalizzazione del contraente dall’accessorietà fideiussoria impone all’interprete di rintracciare altrove il discrimine tra scopo professionale e non professionale perseguito dal condebitore. La vicenda processuale che ha originato il revirement della Cassazione non destava alcun dubbio al riguardo, stante la pacifica estraneità del coniuge-fideiussore all’attività del debitore principale. In senso analogo, la Suprema Corte non ha avuto difficoltà a confermare – in una decisione di pochi giorni successiva a Cass. n. 742/2020 – la pronuncia di merito con la quale era stato riconosciuto lo status di consumatore ad una professoressa di lettere collocata a riposo che aveva garantito il debito del familiare imprenditore[1]. Sennonché, la linea di demarcazione fra ragioni personali ed interessi economici del fideiussore resta, sovente, sfumata, al punto che la Corte di Giustizia – consapevole di tale possibile ambiguità – ha demandato al giudice nazionale l’apprezzamento circa l’eventuale rilevanza dei «collegamenti funzionali» che legano il garante alla società debitrice. Il baricentro dello scrutinio diviene, in questa prospettiva, il grado di coinvolgimento del fideiussore nell’attività professionale o imprenditoriale esercitata dal debitore principale, con la precisazione che deve trattarsi di un interesse non meramente personale o affettivo – altrimenti in re ipsa nel rilascio della garanzia[2] – bensì suscettibile di essere messo a fuoco con le lenti del diritto commerciale[3]. L’attenzione del diritto vivente si è appuntata sui due indici rivelatori della professionalità elaborati dalla Corte di Giustizia, rispettivamente costituiti dalla «amministrazione» dell’impresa garantita e/o dalla titolarità, in capo al fideiussore, di una «partecipazione non trascurabile» al capitale della medesima[4]. Sotto il primo profilo, lo svolgimento di funzioni gestorie[5] rende manifesta la strumentalità dell’obbligazione fideiussoria all’attività professionale del garante[6]. A conclusioni difformi non si potrebbe, del resto, giungere nell’ipotesi in cui il contraente abbia [continua ..]


4. La garanzia rilasciata dal familiare del debitore e la fideiussione con finalità promiscua.

Tra le ipotesi destinate a sollevare maggiori dubbi interpretativi, una particolare attenzione merita quella – tutt’altro che infrequente[1] – in cui l’obbligazione fideiussoria venga contratta da un familiare del debitore, profilandosi – al riguardo – due scenari fra loro antitetici. Da una parte, occorre evitare che la richiesta (ed il conseguente rilascio) della garanzia veicoli un abuso della libertà negoziale, a detrimento di un soggetto palesemente inadeguato a sostenere l’esposizione debitoria del familiare imprenditore. Tale fattispecie – efficacemente descritta in termini di fideiussione rovinosa[2] – è stata oggetto di una nota pronuncia della Corte Costituzionale tedesca[3], in ossequio alla quale il giudice può ritenere invalido l’impegno fideiussorio, stante, per un verso, l’onerosità degli obblighi assunti in relazione al patrimonio del garante, nonché, per un altro verso, la «situazione di strutturale soggezione»[4] di quest’ultimo rispetto all’istituto di credito. Ad esiti interpretativi diametralmente opposti conduce il riscontro di una situazione – connotata dall’assunzione sistematica di garanzie in favore del congiunto – che celi la partecipazione del fideiussore al rischio di impresa, al punto da far presumere che tra i componenti del nucleo familiare si sia attuata una chiara «collaborazione (…) al raggiungimento degli scopi sociali», con la conseguente – tacita – integrazione di un «contratto sociale (…), non necessariamente frutto di uguali posizioni nell’ambito dell’organizzazione societaria»[5]. Se, dunque, l’abituale rilascio di garanzie reali e/o personali al familiare imprenditore può svelare l’esistenza di un sodalizio societario – e financo giustificare l’estensione della procedura concorsuale al fideiussore[6] –, un tale contegno esclude, a fortiori, l’applicabilità delle tutele consumeristiche. Tra le due situazioni tratteggiate si interpone un’ampia e variegata zona grigia in cui spetta al giudice valutare se – ed eventualmente in quale misura – l’elemento teleologico che sorregge il vincolo fideiussorio sia riconducibile (anche) ad un interesse professionale del condebitore. Si pensi, a titolo esemplificativo, al garante del [continua ..]


5. Considerazioni finali.