Jus CivileCC BY-NC-SA Commercial Licence ISSN 2421-2563
G. Giappichelli Editore

Sulla cession de créance (di Valeria Confortini. Ricercatrice di Diritto privato – Università di Napoli L’Orientale)


L’autrice illustra la riforma della cessione del credito in Francia ponendone in luce le rationes e segnalandone l’effetto di progressiva obiettivazione e mercificazione del credito, in linea con l’evoluzione delle forme di creazione e circolazione della ricchezza contemporanea. All’analisi dei tratti salienti della disciplina seguono alcune riflessioni sulle prospettive di ricodificazione dell’istituto nell’ordinamento italiano.

On the cession de créance

The author comments on the French reform of the assignment of receivables (art. 1321 ss. code civil), pointing at the legal trend towards an increasing commodification of receivables as a consequence of financialisation. Following the analysis of the new legal framework’s main features, she remarks on the potential of a similar recodification in the Italian legal system.

Keywords: Assignment of Receivables – French Law – Financialisation

SOMMARIO:

1. Regime di circolazione del credito e teorie dell’obbligazione - 2. La cession de créance prima della riforma e le istanze di ricodificazione - 3. L’ordonnance n° 2016-131 e i nuovi artt. 1323-1326 code civil: oggetto, indici di circolazione, forma ed eccezioni opponibili - 4. Continuità del modello alla luce della riforma delle garanzie (ordonnance n° 2021- 1192) - 5. Prospettive di ricodificazione. Dimensione singolare e plurale del credito


1. Regime di circolazione del credito e teorie dell’obbligazione

Almeno due sono le aree di rilevanza della legge di circolazione del credito [1]. La prima, teorico-ricostruttiva: se e come la posizione creditoria possa trasferirsi dall’originario ad altro titolare costituisce uno dei fondamentali plessi normativi dai quali indurre uno o altro concetto di obbligazione. Artificiale e relativo come ogni concetto normativo, esso varia secondo il materiale dal quale è ricavato [2]; sicché, ove si accetti di ragionare il diritto di credito e l’obbligazione entro le due categorie ordinanti dell’’appartenenza’ e della ‘relazione’, a propria volta evocative delle idee base di ‘dominio’ e ‘cooperazione’, potrebbero darsi più modelli di obbligazione, dove più o meno marcato sia l’uno o l’altro elemento [3]. In senso diacronico, data la mutevolezza delle norme nel tempo; in senso sincronico, considerato, ad esempio, il rapporto fra disciplina generale e discipline speciali: entro l’obbligazione in generale, fra pecuniaria e non; entro quelle pecuniarie, fra crediti vantati da o nei confronti di soggetti professionali ecc. [4].

La seconda area di rilevanza vede la storia della cessione riflettere l’evoluzione delle forme di creazione e circolazione della ricchezza [5], su cui avremo modo di tornare. Qui basta averla nominata, per farla premessa maggiore del sillogismo: se è vero che la legge circolatoria del credito ha tale duplice rilevanza euristica; e se è vero che la riforma del codice francese si propone di modernizzare il diritto civile [6], allora la sua disciplina della cessione del credito dovrebbe offrire un’istantanea così del concetto normativo come del significato socio-economico del diritto di credito nell’economia contemporanea.

L’illustrazione della riforma svolgerà l’ipotesi che la sua legge circolatoria del credito vada raffinando la progressiva spersonalizzazione dell’obbligazione e una correlativa mercificazione del credito, che si affranca dal modello della relazione, del rapporto fra la persona del creditore e la persona del debitore, per essere conformato dal diritto quale simbolo di un’utilità patrimoniale circolante, obiettiva disponibilità di una porzione di ricchezza patrimoniale: ciò che ellitticamente e metaforicamente diciamo ‘credito’ – i.e. lo statuto normativo combinatorio di poteri e facoltà che radicano un’utilità economica nel patrimonio del creditore [7] – rileva in forma sempre più marcata come cosa puramente normativa [8] (reine rechtliche Sache, per dirla con von Bar); destinata, al pari dei tradizionali beni materiali, alla circolazione e alla disponibilità sul mercato come merce [9].

Esemplari di come, in questo processo di traduzione di uno statuto giuridico (l’obbligazione) in cosa, un ruolo fondamentale sia svolto dal regime circolatorio del credito [10]; e di come, viceversa, quest’ultimo molto dica sui concetti di credito e di obbligazione, sono il diritto romano e la sua storia. Lì il credito nasce intrasmissibile poiché indissolubilmente legato alla persona del creditore [11]; una personalità che connota l’obligatio alla stregua «quasi di uno status personale» [12] e affonda le sue radici nella Roma arcaica e nella vendetta alla base della reazione del creditore alla violazione della promessa [13]. Con lo sviluppo dei traffici, all’operazione economica della cessione si adattò la forma giuridica della rappresentanza giudiziale indiretta [14], e poi l’actio utilis diretta in capo al cessionario [15], rimanendo comunque inconcepibile il distacco del credito dalla persona del creditore originario [16]. Questo principio teorico-ricostruttivo, consono all’ideologia giusnaturalistica della signoria della volontà, trascorrerà nella dottrina pandettistica [17], fedele all’idea della persona come elemento costitutivo del Forderungsrecht [18]. E similmente ne dirà Pothier nel suo trattato sul contratto di vendita [19].

Nulla di più distante, si direbbe, dal diritto francese vigente, che da ultimo nel 2021 ha introdotto la fattispecie della cessione del credito a scopo di garanzia definendola trasferimento della «propriété d’une créance», della ‘proprietà del credito’ [20]. Si tratta di uno sviluppo coerente con la riforma di cui qui discorriamo, volta ad allineare le regole di circolazione del credito alla posizione di quest’ultimo nei processi economici di accumulazione e formalizzazione della ricchezza [21]. Man mano che quest’ultima, da prevalentemente fondiaria e materiale, va facendosi finanziaria e immateriale [22], parrebbe darsi la trasformazione normativa del diritto di credito, che reclama tutele capaci di replicare l’esclusivismo appropriativo del paradigma dominicale [23] e regole di circolazione ritagliate su quelle dei diritti reali su beni materiali [24].

A questo processo di obiettivazione e mercificazione del diritto di credito nella sua dimensione ‘singolare’ ne va aggiunto un altro, assai rilevante per intendere l’evoluzione e le rationes del regime circolatorio delle posizioni creditorie: anch’esso si fa strada dagli anni ’80 dello scorso secolo e consiste nella rilevanza della dimensione ‘plurale’ del credito [25]; dove il singolo rapporto obbligatorio è posta attiva di un ‘portafoglio’ cioè di una pluralità di crediti appartenenti al medesimo creditore (o di cui questi voglia rendersi acquirente), reclamando una disciplina di circolazione compatibile con le esigenze di circolazione massificata degli stessi sul mercato [26].

Spersonalizzazione, obiettivazione e mercificazione del credito non vanno intesi in senso assoluto, come la proposta di appiattire il modello obbligatorio su quello proprietario; siffatta semplificazione sarebbe non solo eccessiva ma soprattutto fuorviante: accomunare il diritto di credito a quello diritto reale, qui come in altri discorsi che potrebbero farsi sul credito come forma di appartenenza [27], serve, piuttosto, a esaltarne la distanza giuridica a parità di nozioni economiche. La vicenda circolatoria offre uno dei principali luoghi di emersione di questa distanza, costituita dall’interposizione, fra creditore e quella porzione di ricchezza patrimoniale che diciamo res credita, della sfera giuridica del debitore. È, anzi, proprio la rilevanza anfibia e duplice del credito, insieme cosa (puramente normativa) e rapporto giuridico relativo a sollevarne il problema giuridico della circolazione [28], illuminando la ratio dell’esistenza stessa di una disciplina sulla cessione dei crediti e le sue peculiarità [29]: dalla necessità che la vicenda traslativa sia tendenzialmente indifferente al debitore perché possa prescindere dal consenso di quest’ultimo [30], al formalismo richiesto perché l’effetto traslativo sia rilevante nei suoi confronti [31].

Ciò che vuol dirsi, piuttosto, è che la modifica di queste variabili potrebbe far apprezzare l’aumento o la riduzione della distanza normativa fra le due tecniche di formalizzazione e radicamento patrimoniale della ricchezza (dominicale vs. relazionale).

 

[1] La terza, su cui non ci intratterremo, è quella ideologico-assiologica, ché la storia della cessione riflette l’avvicendarsi nel tempo delle ideologie fondanti l’ordinamento privatistico (o almeno la loro percezione da parte degli interpreti): ne offre limpida testimonianza il saggio di A. Barba, La relatività dinamica del rapporto obbligatorio: prima riflessione storica, in Rass. dir. civ., 2005, 297 ss., col raffronto fra la ricostruzione della cessione non novativa svolta dalla pandettistica e la critica che a quest’ultima mosse la scuola germanista (su cui anche infra, nt. 21).

[2] Sulla storicità dei concetti giuridici per tutti, con varietà di sfumature N. Irti, La polemica sui concetti giuridici, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2004, 13; R. Nicolò, Riflessioni sul tema dell’impresa e su talune esigenze di una moderna dottrina del diritto civile, in Riv. dir. comm., 1956, n. 2; G. Gorla, L’interpretazione del diritto, Milano, 1941, ora in I classici Giuffrè, con presentazione di R. Sacco, 2003, 58 e soprattutto 62-64, per la distinzione fra dogmatica esterna – che antepone i dogmi al dato legislativo – e quella interna, con cui si costruiscono i dogmi muovendo dal diritto positivo; con riguardo al concetto di obbligazione P. Perlingieri, Recenti prospettive nel diritto delle obbligazioni, in Le obbligazioni tra vecchi e nuovi dogmi, Napoli, 1990, 39 s.; e in diversa prospettiva F. Gambino, Il rapporto obbligatorio, in Tratt. Sacco, Torino, 2015, 26.

[3] Per un tentativo di distensione del discorso sia consentito il rinvio al mio Primato del credito, Napoli, 2020, 47 ss., 74 ss., 111 ss., nella prospettiva dell’incidenza teorico-ricostruttiva di un diverso e complementare plesso normativo: quello della responsabilità patrimoniale e dell’esecuzione forzata, con speciale riguardo ai poteri di espropriazione privata che si accompagnano a talune classi di rapporti obbligatori, capaci di compiere (quando accessori alla riserva di utilità costituita dal vincolo di garanzia reale) una trasformazione del credito in senso paradominicale. Per la coppia «dominio» e «cooperazione» quali idee-base del concetto di obbligazione v. A. di Majo, Obbligazioni e tutele, Torino, 2019, X, recentemente tornato sul tema con Id., Dominio e relazione nell’obbli­gazione, in Eur. dir. priv., 2021, 193 ss.

[4] Amplius V. Confortini, Primato del credito, cit., 55 s., 111 ss.

[5] Per A. Graziani, La cessione dei crediti, in Riv. dir. comm., 1930, 279: «La trasmissibilità del diritto di credito può considerarsi uno dei caposaldi del diritto moderno. All’accoglimento di tale principio giuridico (…) diede certamente notevole impulso la necessità dei traffici vieppiù sviluppatisi in una economia monetaria e creditizia»; per F. Carnelutti, Teoria giuridica della circolazione, Torino [1933], rist. an. Napoli, 2010, 7-8, la cessione rifletterebbe non tanto un’economia più progredita, ma uno stadio più sviluppato della sua tutela giuridica. Oggi, per il ruolo del diritto nella ‘codificazione’ della ricchezza, e nella assoluta prevalenza di quella immateriale e creditoria K. Pistor, The Code of Capital, How the Law Creates Wealth and Inequality, Princeton, 2019.

[6] In generale: all’art. 8, l. n° 2015-177, 16 févr. 2015, relative à la modernisation et à la simplification du droit et des procédures dans les domaines de la justice et des affaires intérieures, dove la delega alla riforma del libro III Code civil è data «afin de moderniser, de simplifier, d’améliorer la lisibilité, de renforcer l’accessibilité du droit commun des contrats, du régime des obligations et du droit de la preuve, de garantir la sécurité juridique et l’efficité de la norme» (corsivo aggiunto); in particolare, per la cessione del credito: Rapport au Président de la République relatif à l’ordonnance n° 2016-131 du 10 février 2016 portant réforme en droit des contrats, du régime général et de la preuve des obligations, sec. 1, esplicito nel porre alla base della riforma l’obiettivo di «faciliter la transmissibilité des obligations, conformément au vœu des acteurs économiques, et adapter les textes devenus inadaptés à une époque où la circulation des obligations n’est plus un phénomène marginal mais est devenue d’application quotidienne».

In arg. e per i dettagli sul processo di approvazione della riforma v. B. Fauvarque-Cosson, The French Contract Law Reform and the Political Process, in ERCL, 2017, 337 ss.; F. Benatti, Note sulla riforma del libro III del codice civile francese: molto rumore per nulla, in Banca borsa tit. cred., 2016, 627 ss.

[7] Usiamo la nozione di ‘statuto giuridico’ nel senso di «combinazione condizionale o normativa; fascio di effetti essenziali, i quali connotano il fenomeno e ne configurano la rilevanza. Breviter si può dire che «statuto» è il nome di un nucleo di effetti (...) che consente di stabilire una costante tra l’apparire del fatto A e il darsi degli effetti b, d, c» (secondo corsivo aggiunto), che si deve a M. Orlandi, Responsabilità precontrattuale, in Enc. dir., Tematici, Contratto, diretto da G. D’Amico, Milano, I-2021, 1020. Il credito è «statuto complesso» (ivi, 1021), perché formato da più norme, serie di fattispecie effettuali necessarie (i.e. senza le quali il fenomeno non assurge alla rilevanza normativa di ‘credito’: combinazione di soluti retentio, azioni di adempimento, garanzia patrimoniale). Sul concetto di statuto anche Id., Introduzione alla logica giuridica, Bologna, 2021, 167 ss.

[8] Questo modo di rilevanza ‘cosale’ del diritto di credito potrebbe dirsi profilo ‘esterno’ dell’appartenenza creditoria e postula che se ne definisca uno ‘interno, indicativo del complesso di poteri e facoltà attraverso cui dal momento del sorgere del credito una certa utilitas è radicata nel patrimonio del creditore (in primis coi poteri di soluti retentio, azione di adempimento, garanzia patrimoniale): devo rinviare al mio Primato del credito, cit., 66 ss., 74 ss. (profilo interno) e 85 ss. (profilo esterno) e prima a L. Nivarra, Diritto soggettivo, obbligazione, azione, in Teoria e storia del diritto privato, 2019, 1 ss.; M. Orlandi, Responsabilità precontrattuale, cit., 1017, 1020 s. (anche per l’imprescindibile posizione della nozione di statuto giuridico, necessario a intendere la natura puramente normativa di taluni oggetti). In questo senso, il credito è per sé stesso e ab origine un bene nel patrimonio del creditore, nella forma ‘minima’ (ma non esclusiva) della garanzia patrimoniale (artt. 2740/2900 ss. cod. civ.); che è vincolo di una porzione ideale di patrimonio debitorio e, perciò, appartenenza di quest’ultimo al creditore als Haftungsobjekt. Alla ricostruzione del credito nella chiave dell’appartenenza A. di Majo, Dominio e relazione nell’obbligazione, cit., 199, obietta che «una lettura per così dire ‘cosale’ del credito poco aggiunge alla constatazione che il credito in questi termini viene considerato “un bene giuridico” ai sensi dell’art. 810 cod. civ.» mentre «altro è che il bene sia già entrato nella disponibilità del soggetto, altro è che questa disponibilità debba ancora ottenersi attraverso il comportamento di altri». All’illustre A. sia consentito replicare come la proposta di leggere anche il diritto di credito nella chiave dell’appartenenza sia tesa non già ad obliterare la rilevanza della condotta strumentale nel congegno obbligatorio; ma, al contrario, a marcare la distanza fra diritto reale e diritto di credito che, entrambi tecniche di radicamento di utilità economiche in sfere patrimoniali, vedono il secondo connotato dall’interposizione della condotta debitoria fra il creditore e l’utilità patrimoniale alla quale esso aspira (Primato del credito, cit., 33-34) e che gli appartiene solo nelle forme deboli dell’Haftungsobjekt, sebbene la distanza vari secondo la specie di obbligazione di cui si tratta (dal massimo delle obbligazioni di fare infungibile al minimo del­l’obbligazione originariamente pecuniaria: Primato del credito, cit., 80 ss.). La prospettiva ‘cosale’ coglie, quindi, solo il profilo esterno dell’appartenenza creditoria; la quale, se guardata anche sotto il profilo interno (rapporto fra la sfera giuridica del creditore e quella del debitore) lascia percepire i suoi caratteri differenziali rispetto a quella reale (appartenenza debole e promiscua in luogo di forte ed esclusiva); e che, alla luce del rilievo socio-economico del credito quale tecnica prioritaria di ‘formalizzazione’ della ricchezza contemporanea, forse contribuisce a illuminare le rationes di prassi, sviluppi della tecnologia ed evoluzioni normative verso l’attribuizione al creditore di poteri sostanziali capaci di replicare l’esclusivismo appropriativo tipico del modello dominicale. Analogamente si tenterà qui di dire con riguardo alla legge circolatoria del credito (infra, nel testo e nt. 24).

[9] Ciò potrebbe non riguardare in egual misura tutti i crediti (almeno per chi reputa che siano suscettibili di cessione solo i crediti a prestazioni pecuniarie: infra, nt. 48), né è prerogativa della contemporaneità: la «scoperta» dell’attitudine della pretesa al pagamento di una somma a formare oggetto di scambio al pari di altre merci era, già a metà Ottocento, considerata il segno di un epocale passaggio dalle società antiche a quelle moderne (H.D. MacLeod, The Theory and Practice of Banking2, I, London, 1866, 13 s., 75 ss.). Eppure, nell’economia contemporanea, non a caso designata economia del debito, l’obiettivazione e la mercificazione del credito paiono farsi fenomeni universali (ben oltre la cerchia dei mercanti e l’istituto del titolo di credito): con riguardo al credito bancario, cfr. C.G. Paulus, Gedanken über Insolvenzrecht, das Wetter und andere Misshelligkeiten, in FS für Rolf Stürner zum 70. Geburtstag, a cura di A. Bruns, C. Kern, J. Münch, A. Piekenbrock, A. Stadler, D. Tsikrikas, Tübingen, 2013, I, 802-803: «Sobald ich eine Forderung bei einer Bank gegründet habe, ist sie schon auf dem Kapitalmarkt. Damit weiß ich in diesem Moment auch schon nicht mehr, wer mein Gläubiger ist. (…) Indem auf dem modernen Kapitalmarkt in Sekundenschnelle unfassbar große Summen per Mausklick von einer Ecke des Globus in die andere verschoben werden können, ist das Grundkonzept der Zweierbeziehung demzufolge zwar nicht beseitigt, aber völlig anonymisiert» (corsivo aggiunto). In questo processo un ruolo centrale occupa il legislatore eurounitario: da ultimo, con la dir. UE 2021/2167 del 24 novembre 2021 relativa ai gestori di crediti e agli acquirenti di crediti e che modifica le direttive 2008/48/CE e 2014/17/UE, tesa a eliminare le barriere all’ingresso per l’attività di gestione e acquisto dei crediti e alla liberalizzazione del mercato c.d. secondario del credito.

[10] Per la cessione come strumento capace di realizzare la potenzialità funzionale del credito ulteriore a quella inerente al potere del titolare di acquisire al proprio patrimonio il bene dovuto; di soddisfare, cioè, bisogni connessi non all’utilizzazione di quest’ultimo, bensì «ai risultati concretamente ritraibili dalla circolazione del credito stesso» (enfasi aggiunta) A.A. Dolmetta, Cessione dei crediti, in Dig. it. – sez priv., Torino, 1988, § 1. Preziosi spunti, nel contesto più generale della ‘oggettivazione’ dei diritti, in D. Messinetti, Oggetto dei diritti, in Enc. dir., Milano, XXIX, 1979, § 9; P. Spada, Beni e finanza: discontinuità e polivalenza del linguaggio normativo, in AGE, 2012, 207 ss.

[11] G. Astuti, Cessione (storia), in Enc. dir., VI, Torino, 1960, 806.

[12] B. Biondi, Cessione dei crediti e di altri diritti (diritto romano), in Noviss. dig. it., Torino, 1959, 153.

[13] H. Pierre, De la cession des créances, Saint-Dizier, 1909, 1 ss., che aggiunge come l’intrasmissibilità si colga solo considerando anche il riferimento passivo dell’obligatio alla persona fisica del debitore, fino all’introduzione della missio in bonorum oggetto dell’esecuzione forzata nella forma della manus iniectio. In arg. fondamentali A. Rocco, Studi sulla storia del fallimento, I, Il diritto romano, in Riv. dir. comm., 1913, 856 ss.; E. Betti, Teoria generale delle obbligazioni, II, Struttura dei rapporti di obbligazione, Milano, 1953, spec. 12, 68-69, 94 ss., 113 ss. Che avverte di come, anche quando l’esecuzione prese a oggetto il patrimonio, essa «conservò pur sempre il carattere di esecuzione personale: colpì il patrimonio nella sua totalità considerato come surrogato della persona fisica e, in certo modo, come una seconda espressione tangibile della persona dell’obbligato, come la sua proiezione esteriore» (corsivo originale); amplius Id., La struttura dell’obbligazione romana e il problema della sua genesi, Milano, 1955, 19-24, 146-147; in linea di coerenza G. Astuti, Cessione (storia), cit., 806: «pur dopo l’introduzione della responsabilità e soddisfazione patrimoniale, e la conseguente trasformazione dell’obligatio, ancora nel pensiero della giurisprudenza classica i soggetti del rapporto obbligatorio sono immutabili, e di regola i diritti di credito non sono trasferibili da persona a persona, a titolo particolare». Assai interessante l’affinità che che l’A. traccia fra la prima obligatio romana e la primitiva struttura dell’obligatio germanica, per sostenere l’analoga intrasmissibilità dei crediti nel diritto consuetudinario dei popoli germanici (ivi, 811). Da leggere oggi M. Orlandi, Introduzione alla logica giurdica, cit., 220 ss., nt. 262; Id., Responsabilità precontrattuale, cit., spec. 996, e ivi nt. 4 e 5.

[14] Schema con cui il creditore originario costitutiva il cessionario proprio procurator o cognitor in giudizio, così autorizzandolo, per un verso, ad agire (nomine alieno), chiedendo la condemnatio a proprio favore; per altro verso, a ritenere quanto ricevuto: cfr. G. Astuti, Cessione (storia), cit., 807; B. Biondi, Cessione dei crediti, cit., 153.

[15] La dottrina è unanime nel considerare le utilis actiones diffuse nel periodo giustinianeo, mentre è incerto se si dessero già in epoca classica e post-classica: per la soluzione positiva B. Biondi, Cessione dei crediti e di altri diritti (diritto romano), cit., 154; contra G. Astuti, Cessione (storia), cit., 807 s., che considera l’actio utilis per singoli crediti frutto dell’opera innovatrice giustinianea. Sta di fatto che esse segnarono una soluzione di continuità poiché attribuivano poteri di azione in nome proprio, lì dove il procurator in rem suam agiva nomine alieno e, fino al momento della litis contestatio, restava esposto ad atti di disposizione del credito da parte del mandante, allo scioglimento del mandato per revoca unilaterale o per morte del mandante, al pagamento liberatorio del ceduto ignaro della cessione. Un’efficace sintesi in V. Arangio Ruiz, Istituzioni di diritto romano, quattordicesima edizione riveduta, [1978], rist. An., Napoli, 1985, 36-37, 401 ss.

[16] Ma dell’avviso che l’actio utilis abbia sostituito l’actio directa in capo al creditore originario è G. Astuti, Cessione dei crediti (storia), cit., 808, che collega alla prima una radicale trasformazione del’istituto, per cui «mentre nel diritto classico è ignorato il trasferimento delle obbligazioni, e il cessionario acquista solo la facoltà di esercitare un credito altrui, nel diritto giustinianeo l’antico principio è sostanziamente travolto, e sostituito da quello della trasferibilità dei crediti».

[17] A. Barba, La relatività dinamica del rapporto obbligatorio: prima riflessione storica, cit., 309: «il primato della volontà individuale acquisito al sistema attraverso la centralità del diritto soggettivo, da un lato, e l’assoluta fedeltà alle Fonti del diritto romano recepito, dall’altro riscoprivano nella soluzione tecnica negativa (…) l’affermazione di un fondamentale principio teorico-ricostruttivo del diritto delle obbligazioni: l’essere la relatività del diritto di credito una effettiva modalità esistenziale del diritto soggettivo (Willensmacht) soltanto se sostanzialmente qualificata nel senso della rigorosa corrispondenza formale tra identità dei soggetti attivo e passivo ed identità dell’obbligazione» (corsivo originale).

[18] Funditus A. Barba, La relatività dinamica, cit., 311-318, che fa risalire la prima esposizione compiuta della posizione, poi sostenuta fino alla tarda pandettistica, a C.F. Mühlenbruch, Die Lehre von der Cession der Forderungsrechte3, 1836, passim e 21, dove il M. accosta la volontà di trasferire il credito a quella di chi voglia, allo stesso tempo, distruggere e trasferire la medesima cosa: «eine Forderung mit volliger Vernichtung seines Rechts an derselben veraußern heißt im Grunde nichts Anders, als: eine Sache zerstoren, hinterher aber sie noch auf Andere übertragen wollen»; cfr., per una ampia disamina della pandettistica (e per un non del tutto coincidente inquadramento della posizione di Windscheid), A. Graziani, La cessione dei crediti, cit., § 2. Sull’inerenza del soggetto al diritto di credito adde, per la letteratura formatasi in Italia prima del codice del 1942, G. Pacchioni, Lezioni di diritto civile, Le obbligazioni, Parte generale, Padova, 1926, 329 ss.; F. Carnelutti, Teoria giuridica della circolazione, cit., 56-57; R. Nicolò, L’adempimento dell’obbligo altrui, Milano, 1936, 281-282; e poi S. Sotgia, Cessione di crediti e di altri diritti (Diritto civile), in Noviss. dig. it., III, 1959, 156; N. Irti, Sul concetto di titolarità (Persona fisica e obbligo giuridico), [1972], ora in Id., Norme e fatti, Saggi di teoria generale del diritto, Milano, 83; P. Perlingieri, Cessione dei crediti, [1982], Napoli, rist. an. 2010, 5-6.

[19] V. la versione italiana del Trattato del contratto di vendita del signor Pothier, a cura di D.F. Foramiti, II, Venezia, 1834, 210: «Il credito essendo un diritto personale del creditore inerente alla sua persona, non può, se si consideri la sola sottigliezza del gius, trasferirsi ad un’altra persona, né può per conseguenza vendersi. Esso può bensì passare all’erede del creditore, perché l’erede è il successore della persona e di tutti i diritti personali del defunto; ma secondo la sottigliezza del gius, non può passare ad un terzo» da cui la costruzione della cessione, in continuità con la tradizione romanistica, quale mandato in rem propriam all’esercizio della sola azione che spetta all’(unico e originario) creditore: «il mandato fatto in questo modo è quanto all’effetto una vera traslazione che il creditore fa del suo credito; e se nulla riceve dal mandatario per acconsentire che il mandatario stesso faccia suo ciò ch’esigerà dal debitore, questa è una donazione; se riceve per ciò dal mandatario una somma di denaro, è una vendita ch’egli fa del suo credito». In arg. funditus J. Cambon Lavalette, De la cession des créances en droit romain et en droit français, Toulouse, 1858; H. Pierre, De la cession des créances, cit., 8 ss. Osserva come fino alla seconda metà del XIX secolo anche la common law resterà fondata sull’idea dell’intrasmissibilità dei crediti e costruirà la relativa operazione economica sul mandato ad litem G. Astuti, Cessione (storia), cit., 812; v. anche J. Commons, The Legal Foundations of Capitalism, New York, 1924, 245 ss., 250.

[20] Ord. n° 1192-2021 del 15 settembre 2021 di riforma del diritto delle garanzie, di cui si dirà brevemente infra, § 4. Il riferimento alla ‘proprietà’ del credito non è inedito (cfr., per una critica A. Graziani, La cessione dei crediti, cit., nt. 3; F. Carnelutti, Teoria giuridica della circolazione, cit., 110-111) ma riceve oggi un significato diverso da quello della mera titolarità, teso a estendere il concetto di di proprietà a diverse strutture formali di garanzia di porzioni di ricchezza patrimoniale: V. Mazeaud, Droit réel, propriété et créance dans la jurisprudence du Conseil costitutionnel, in Riv. trim. dir. civ., 2014, 29 ss., che richiama i due saggi di S. Ginossar, Droit rèel, propriété et créance, élaboration d’un systeme rationnel des droits patrimoniaux, ed. LGDJ, 1960; Id., Pour una meilleure définition du droit réel et du droit personnel, in Riv. trim. dir. civ., 1962, 37 ss., segnalandone la rilevanza alla stregua di «grille de lecture» della giurisprudenza costituzionale francese; cfr. S. Mouton, La modernisation du droit constitutionnel de propriété: à propos de la constitutionnalisation du droit de propeiété des créanciers, D., 2010, 2553, spec. 2555-2556; F. Terré, Simler, Y. Lequette, F. Chénedé, Droit Civil, cit., 1707, che in tema di cessione del credito affermano come, anche alla luce della giurisprudenza francese ed europea «le concept de propriété de la créance n’est plus, aujourd’hui, incongru», con ciò riferendosi all’evoluzione giurisprudenziale europea sugli art. 17 Carta di Nizza e l’art. 1 del prot. Add. (assai feconda quella in materia di crisi bancarie: ex multis Corte eur. giust., 19 luglio 2016, C-526/14, Kotnik; Corte eur. giust., 8 novembre 2016, C-41/15, Dowling e al.; Corte Edu, sez. I, 21 luglio 2016, Mamatas et al. c. Grecia, in Giur. It., 2017, 875, con nota di L. Boggio e Corte Edu, sez. II,14 settembre 2021, Pintar et al. C. Slovenia, inedita). Sulla concezione europea della proprietà privata e sulla sua compatibilità con l’assiologia costituzionale italiana M. Jaeger, Il diritto di proprietà nella giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea, in Diritto civile e principi costituzionali europei e italiani, a cura di C. Salvi, Torino, 2012, 25, 32 ss.; L. Nivarra, La proprietà europea tra controriforma e “rivoluzione passiva”, ivi, 203 ss.; A. Gambaro, Consonanze e dissonanze nelle fonti dell’istituzione proprietaria, in questa Rivista, 2016, 281; C. Salvi, Teologie della proprietà privata, Dai miti delle origini ai nuovi dei della finanza, Catanzaro, 2017, 88 ss., 96 ss., dove l’A. avverte come alla base della concezione europea di proprietà sia non tanto la struttura formalmente proprietaria, ma “la proprietà come valore economico per il privato” (corsivo aggiunto, 100). Spunti di sicuro interesse in Cass. 15 giugno 2020, n. 11583, in Pluris, in tema di risarcimento del danno al valore di circolazione del credito.

[21] Così lasciando prevalere una o altra assiologia: esemplare di questo intreccio, la polemica antipandettista della scuola germanica sulla cessione non novativa, condivisibilmente letta come «la veicolazione nel giuridico dell’assiologia economica liberale» e con essa «la costruzione di una nuova teoria generale delle obbligazioni idealmente raccolta intorno al primato dello “scopo economico” e sulla dematerializzazione in valore monetario del patrimonio» (A. Barba, La relatività dinamica, cit., 327). Un ordine giuridico adatto all’evoluzione socio-economica verso il capitalismo industriale richiedeva che «a prevalere [fosse] la considerazione in termini patrimoniali dell’obbligazione e delle sue vicende; successione nel credito ed assunzione del debito rilevano in quanto forme giuridiche di un contenuto economico astrattamente funzionale alla circolazione dei valori patrimoniali connessi, rispettivamente, al debito e al credito» (ivi, 326 s.).

[22] Processo su cui v. P. Barcellona, Diritto privato e processo economico, Napoli, 1973, 186 ss.; Schlesinger, Il «primato» del credito, in Riv. dir. civ., 1990, I, 825; M. Casella, Il primato del debito (o del credito), in Giur. comm., 1991, 715 ss.; B. Rudden, Things as Things and Things as Wealth, in Oxford Journal of Legal Studies, 14, no. 1, 1994, 81-97, 82 ss.; A. Zoppini, Le «nuove proprietà» nella trasmissione ereditaria della ricchezza (note a margine della teoria dei beni), in Riv. dir. civ., 2000, 185 ss.; P. Spada, Beni e finanza, cit., 211 ss.; C. Salvi, Teologie della proprietà proprietà. Dai miti delle origini ai nuovi dei della finanza, Catanzaro, 2017, 9; Id., L’invenzione della proprietà. La destinazione universale dei beni e i suoi nemici, Venezia, 2021, 48 ss; cfr. P. Perlingieri, L’obbligazione fra vecchi e nuovi dogmi, cit., 29, che avverte come «piuttosto che sottolineare uno spostamento da una privilegiata attenzione per la proprietà al primato del credito, che anch’esso finisce con l’esprimersi in forme di appartenenza, il punto incontrovertibile è l’acquisito spostamento della centralità della diretta proprietà immobiliare e fondiaria a forme nuove di appartenenza, nelle quali il meccanismo del credito trova nuove e interessanti applicazioni» (corsivi aggiunti). Preziosi spunti in P. Grossi, I beni: itinerari fra ‘moderno’ e ‘pos-moderno’, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2012, 1059 ss., spec. 1074 s.

[23] Cfr. R. Di Raimo, Appunti sulla circolazione con scopo di garanzia nel diritto attuale, in Riv. dir. banc., 2018, 7; e volendo V. Confortini, Primato del credito, cit., 11 ss., 111 ss.

[24] Dell’intima connessione tra evoluzione dei traffici e obiettivazione della circolazione avvertiva, preannunciando la teoria unitaria della cessione del contratto contro la prevalente impostazione atomistica L. Mossa, Vendita di contratto, in Riv. dir. comm., 1928, 635: «sotto l’onda incessante del traffico le vecchie forme giuridiche si corrodono e si trasformano (...) il commercio con l’estero è veramente impossibile senza un’impronta profondamente oggettiva del contratto, che astrae dalla personalità dei soggetti; senza una sicurezza giuridica tutta propria e superiore a quella personale del diritto comune»; E. Betti, Teoria generale del negozio giuridico2, Torino, 1952, 257-258; cfr. F. Carresi, Cessione del contratto, in Noviss. dig. it., Torino, 1956, III, 147; Id., La cessione del contratto, Milano, 1950; e in tema di cessione del credito S. Sotgia, Cessione di crediti e di altri diritti (diritto civile), cit., 159. Per la natura solo apparentemente paradossale dell’accostamento fra ricchezza obbligatoria e tecniche della sua circolazione secondo le regole della ricchezza immobiliare B. Rudden, Things as Things and Things as Wealth, cit., 97; C. Salvi, Teologie della proprietà privata, cit., 91-92; K. Pistor, The Code of Capital, cit., 13.

[25] Si tratta di una delle epifanie della finanziarizzazione dell’economia, preannunciata nella pagina di Schlesinger, Il «primato» del credito, cit., 825 ss.; B. Rudden, Things as Things and Things as Wealth, cit., 81-97; oggi cfr. P. Spada, Beni e finanza, cit., 209; K. Pistor, The Code of Capital, cit., 13; C. Salvi, Teologie della proprietà proprietà, cit., 89 ss.; R. Di Raimo, Appunti sulla circolazione con scopo di garanzia, cit., 7; Id., Debito, sovraindebitamento ed esdebitazione del consumatore: note minime sul nuovo diritto del capitalismo postmosderno, in Riv. dir. banc., 2018, 1 ss.; A. Iuliani, Il diritto privato tra crisi economica ed «economia del debito»: dinamiche della giustizia e autonomia privata, in Riv. crit. dir. priv., 2017, 364.

[26] Cfr. infra, § 5.

[27] Supra, nt. 8.

[28] Illuminante sul punto, e di là dal merito della sua costruzione dell’obbligazione come pati, la pagina di F. Carnelutti, Teoria giuridica della circolazione, cit., 56-57, dove l’A. muove dal presupposto che la successione particolare si risolve «in un fenomeno di indifferenza o di fungibilità del soggetto del diritto medesimo rispetto al soggetto dell’obbligo» per aggiungere che «quando si tratta del rapporto reale, questa indifferenza si capisce per la sua medesima struttura, ché il contenuto di pura astensione dell’obbligo del non dominus non ha e non può avere alcun riguardo a un determinato soggetto del diritto correlativo, altra, anzi inversa, è la posizione quanto al rapporto di credito in cui si trovano di fronte due persone determinate». Di qui «mentre [...] la cessione è quello tra i contratti, alla cui funzione è più strettamente necessaria, al punto da sembrare quasi connaturale, l’efficacia ultra partes, questa efficacia appunto, per la natura del diritto trasferito, [ha] incontrato le maggiori difficoltà» (ivi, 41).

[29] Cfr. A.A. Dolmetta, Cessione dei crediti, cit., § 1, che avverte come proprio la diversità strutturale del diritto trasferito segni «un’autonomia di secondo grado» fra vicende traslative dei diritti reali e diritti di credito, entrambe species del genere degli atti di disposizione; cfr. F. Terré, Simler, Y. Lequette, F. Chénedé, Droit Civil, Les obligations12, Paris, 2019, 1687 s., 1689.

Sul problema del trasferimento del rischio di credito implicato dalla sua ‘reificazione’ infra, nt. 87.

[30] Si tratta di un principio di indifferenza puramente normativo, nel senso che il diritto ha fissato un punto di equilibrio fra esigenze della circolazione ed esigenze di affidamento del debitore, tali per cui alcuni svantaggi sono considerati irrilevanti: un esempio su tutti, la minore tolleranza del creditore cessionario (es. cessione da banca a cessionario hedge fund). Cfr. F. Festi, La clausola compromissoria, Milano, 2001, spec. 272. Per una rilettura della rilevanza dell’interesse a non veder deteriorata la propria posizione debitoria v. oggi l’approfondimento di G. De Donno, Deterioramento della posizione del debitore e limiti alla circolazione del credito, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2021, 1175 ss.

[31] Così F. Terré, Simler, Y. Lequette, F. Chénedé, Droit Civil, cit., 1708, proprio per marcare l’omogeneità della vicenda traslativa del credito rispetto a quella dei diritti reali; F. Carnelutti, Teoria giuridica della circolazione, cit., 41; S. Sotgia, Cessione di crediti e di altri diritti (diritto civile), cit., 157, per il quale «la giusta valutazione di tre sfere di interessi sarebbe la determinante della disciplina positiva sulla necessità dell’intimazione od accettazione, quali atti idonei e necessari per l’espletamento finale del rapporto»; per A.A. Dolmetta, Cessione dei crediti, cit., § 4, si tratta di uno dei luoghi normativi dove emerge «la duplice esigenza espressa dal rapporto di specie a genere che lega la cessione dei crediti all’atto di disposizione tout court»; cfr. F. Piraino, La cessione del credito e la modificazione del lato attivo del rapporto obbligatorio, in Contr. Impr., 2012, spec. 408 ss., 423 ss.; A. d’Adda, La cessione del credito e il factoring, in Trattato dei contratti, dir. V. Roppo, cond. A.M. Benedetti, II, Cessione e uso dei beni, Milano, 2014, 174.; U. Stefini, La cessione del credito, in Tratt. Cicu-Messineo-Mengoni, Milano, 2020, 2.


2. La cession de créance prima della riforma e le istanze di ricodificazione

Altrettanto errato e fuorviante sarebbe raffigurare il diritto francese precedente la riforma fermo alla concezione romanistica della cessione del credito. Al contrario, al legislatore si presentava uno scenario in primo luogo frammentato all’esito della progressiva erosione dell’ambito applicativo della disciplina generale a opera della legislazione speciale [1]. Per un verso, del codice finanziario e monetario, che reca una disciplina specifica per la cessione del credito professionale (cessione «Dailly» ex art. L 313-23 ss. cod. monet. fin.) e per quella che abbia luogo nell’ambito delle operazioni di cartolarizzazione (art. 214-169 cod. monet. fin.[2]; per altro verso, della disciplina in tema di garanzie su beni immateriali introdotta dalla riforma del 2006 (art. 2355 ss. code civil come modificato da ord. n° 2006-346 del 23 marzo 2006) [3] e di trust, dove una norma sulla cessione del credito «dans le cadre d’une fiducie» (art. 2018-2 code civil[4]. Si registrava, inoltre, la presenza di social-tipi già accolti dalla giurisprudenza, pure senza orientamenti univoci, come per la cessione di crediti futuri e le cessioni c.d. in blocco [5].

Il profilo innovativo della riforma francese parrebbe quindi consistere nella scelta di trarre sul piano del diritto comune delle obbligazioni quelle norme che sanciscono una rilevanza del credito fino ad allora conosciuta solo in alcuni settori – pur ampi e rilevanti – del diritto privato [6]. E ciò anche al fine di perseguire l’obiettivo della conoscibilità del diritto civile, strumentale alla certezza e, per questa via, leva di attrattività del diritto francese nella competizione fra ordinamenti [7]. L’economia di queste pagine costringe a tralasciare un’altra importante sezione della riforma, la cui vicinanza e complementarietà al nostro tema esige che se ne dia un cenno: l’introduzione della fattispecie di cessione del debito (cession de dette 1327-1328-1 code civil) e quella di cessione del contratto (art. 1216 ss. code civil[8], regolate in modo simile a quanto previsto nel nostro codice civile [9].

 

[1] Cfr. O. Deshayes, T. Genicon, Y.-M. Laithier, Réforme du droit des contrats, du régime général et de la preuve des obligations, Paris, 2016, 633; B. Lotti, La nouvelle cession de créance, entre droit commun et régimes speciaux, in Riv. trim. dir. comm, 2019, 581 ss., 587 ss. Sul piano della teoria generale, scontato ma necessario richiamare N. Irti, L’età della decodificazione, Milano, 1999, passim; Id., Codici di settore: compimento della “decodificazione”, in Dir. soc., 2005, 131 ss.

[2] Per una sintesi delle fattispecie speciali F. Terré, Simler, Y. Lequette, F. Chénedé, Droit Civil, cit., 1718 ss.; e per il confronto con quella di diritto comune riformata B. Lotti, La nouvelle cession de créance, cit., 581 ss.

[3] Sul rapporto fra questa fattispecie e la cessione del credito di diritto comune, prima dell’intervento chiarificatore di ord. n° 2021-1192 L. Aynés, La cession de créance à titre de garantie: quel avenir?, in D., 2007, chron. 961; e poi O. Deshayes, La cession de créance de droit commun à titre de garantie; Révolution dans le monde des suretés sur créances ?, in JCP E, 2021, n° 46-1493.

[4] L’art. 2018-2 è stato introdotto da loi n° 2008-776 del 4 agosto 2008 e prevede che quando la cessione ha luogo nell’ambito di un trust (fiducie) essa è opponibile ai terzi dal momento del contratto istitutivo del trust o della girata che lo registra, e al debitore ceduto solo dal momento della notifica da parte del cedente o del fiduciario.

[5] Infra, § 3.

[6] O. Deshayes, T. Genicon, Y.-M. Laithier, Réforme du droit des contrats, cit., 633. La prospettiva del rapporto con le figure speciali di cessione e il loro ruolo esemplare per il legislatore della riforma dell’istituto di diritto comune è al centro della riflessione di B. Lotti, La nouvelle cession de créance, entre droit commun et régimes speciaux, cit., 581-582.

[7] Cfr. supra, nt. 6; B. Fauvarque-Cosson, The French Contract Law Reform, cit., 337 ss. Sul nesso fra prevedibilità e capitalismo N. Irti, Un diritto incalcolabile, Torino, 2016, e ivi spec. Id., ‘Calcolabilità’ weberiana e crisi della fattispecie, 33 ss.; Id., Capitalismo e calcolabilità giuridica (letture e riflessioni), 39 ss.; sulla competizione fra ordinamenti A.A.V.V., La concorrenza fra ordinamenti giuridici, a cura di A. Zoppini, Roma-Bari, 2004.

[8] L’operazione economica di cessione del contratto era comune alla prassi contrattuale, ma costruita dalla giurisprudenza – con notevole aggravio di formalità – secondo l’impostazione c.d. analitica, per cui essa si considerava composta di una cessione del credito e di una delegazione passiva (sulla scia della Zerlegungskonstruktion di ascendenza tedesca, su cui R. Cicala, Cessione del contratto, in Enc. dir., Milano, 1960, VI, 879; Id., Il negozio di cessione del contratto, Napoli, 1962, 9 ss.): Cass. 1er civ., 15 feb. 2009, n° 08-10.230, che in tema di cessione di portafogli di crediti ha ricostruito la fattispecie come una operazione di cessione di crediti, da cui (nel vigore della vecchia disciplina), la necessità della notifica secondo le disposizioni dell’ancien 1690 code civil; contra Cass. 3e civ., 12 avr. 2012, n° 11-14.279. L’ordinanza ha quindi accolto la teoria unitaria della cessione del contratto, su cui L. Aynés, La cession de contrat, in Dr. et patrimoine, juill.-août, 2015, n° 249, 73, e già Id., La cession de contrat, Economica, 1984; da noi, prima dell’entrata in vigore del codice del ’42, contro la teoria atomistica (sostenuta a es. da E. Finzi, La riassicurazione e la cessione del portafoglio, in Riv. dir. comm., 1932, I, 656 ss., spec. 662 per l’idea che «se si vogliono trasferire insieme diritti e doveri occorre un negozio che abbia insieme i requisiti di una cessione e di un accollo») v. L. Mossa, Vendita di contratto, cit., 635 ss.; R. Nicolò, L’adempimento dell’obbligo altrui, cit., 290 ss.; E. Betti, Teoria generale delle obbligazioni, II, Struttura dei rapporti di obbligazione, Milano, 1953, 39; Id., Teoria generale del negozio giuridico2, cit., 257; per la concezione unitaria anche la Relazione Grandi al codice civile, 1942, n. 640-642. Per una rilettura della cessione del contratto entro gli schemi traslativi della cessione del credito e dell’accollo di debito, specie per affermare l’intrasmissibilità dei poteri di annullamento e rescissione R. Cicala, Il negozio di cessione del contratto, cit., 61 ss., dove lo svolgimento dell’opinione già espressa nella voce Cessione del contratto, cit., 884 ss.; cfr. la recensione di F. Carnelutti, in Riv. dir. proc., 1960, 87 ss.

[9] Vedine in F. Terré, Simler, Y. Lequette, F. Chénedé, Droit Civil, cit., 1727 ss.


3. L’ordonnance n° 2016-131 e i nuovi artt. 1323-1326 code civil: oggetto, indici di circolazione, forma ed eccezioni opponibili

Ad aprire le novità della riforma, la collocazione topografica della cessione del credito. La quale è tratta fuori dal titolo relativo al contratto di vendita, capo dedicato al «trasferimento di diritti immateriali, diritti successivi e diritti litigiosi» (art. 1689-1701 ancien code civil) e posta in quella del diritto generale delle obbligazioni (art. 1321-1326 code civil[1]. Il capo dedicato al «trasferimento di diritti immateriali, diritti successori e diritti litigiosi» non è abrogato, ma modificato con l’indicazione che alcune disposizioni non si applicano alla cessione disciplinata agli artt. 1321-1326 code civil (i.e. alla cessione del credito: così l’art. 1701-1 code civil[2]. La modifica ha il senso di ribadire la neutralità causale della cessione e l’aspirazione unificatrice della riforma [3] rispetto ad un ordito normativo che non recava neppure la definizione della cessione del credito, oggi detta: «contratto con il quale il creditore cedente trasferisce, a titolo oneroso o gratuito, tutto o parte del suo credito nei confronti del debitore ceduto ad un terzo, chiamato cessionario» (art. 1321 code civil[4].

Venendo alle novità sostanziali, esse possono raccogliersi in quattro ordini: l’oggetto, i c.d. segnali della circolazione [5] (da cui il regime di efficacia e opponibilità della cessione), la forma e il regime delle eccezioni.

Sull’oggetto della cessione, la riforma recepisce social-tipi e fattispecie dotate di tipicità giurisprudenziale, così dando certezza della possibilità – su cui prima il codice taceva – che anche la cessione di diritto comune possa: a) avere a oggetto porzioni di credito, anche futuri [6] purché determinati o determinabili dall’atto di cessione [7]; b) servire da cessione in blocco, cioè di più crediti (art. 1321, al. 2, code civil). Resta invece controversa e non affrontata espressamente la cedibilità dei crediti di fare e di non fare [8]. Un’ulteriore modifica rispetto al testo previgente riguarda gli accessori del credito, per i quali è eliminato l’elenco (cauzioni privilegi e ipoteche), peraltro già interpretato in senso esemplificativo [9].

Con la previsione che il consenso del debitore ceduto non è necessario, a meno che non sia stata convenuta l’incedibilità del credito [10], il legislatore ha riconosciuto a contrario la validità dei patti di limitazione convenzionale della cedibilità del credito, senza però affrontarne espressamente i problemi dell’estensione temporale, degli effetti della violazione e della posizione del cessionario di buona fede [11]. Certezza e prevedibilità, anime dell’intero progetto di riforma, hanno portato a disattendere la proposta di prevedere l’incedibilità dei crediti di natura strettamente personale [12], così segnando una significativa differenza col regime vigente nel nostro ordinamento e, forse, confermando una progressiva obiettivazione del credito.

Una delle modifiche più significative dell’istituto inerisce agli indici della circolazione, necessari a rendere la cessione pienamente efficace nei confronti del debitore ceduto e degli altri terzi.

Il nuovo art. 1323 code civil introduce la regola dell’efficacia solo contractu della cessione: dalla sua data, essa ha effetto non solo fra le parti, ma anche nei confronti dei terzi (diversi dal debitore ceduto) [13], senza ulteriori formalità [14]; lì dove, nel regime previgente, la notifica della cessione serviva a rendere quest’ultima, oltreché efficace nei confronti del debitore ceduto, opponibile ai terzi (ancien art. 1960) [15]. L’ord. n° 2016-131 prevedeva una deroga per la cessione dei crediti futuri, la cui efficacia traslativa era differita al momento della loro venuta ad esistenza, sia nei rapporti inter partes sia nei confronti dei terzi [16]. Ciò rendeva incerta la sorte della cessione, specie nel caso di apertura di procedure concorsuali a carico del cedente; e così si spiega – insieme a esigenze di simmetria con la cessione a scopo di garanzia – perché l’ord. n° 2021-1192 abbia esteso ai crediti futuri la regola dell’efficacia e opponibilità immediata della cessione al momento della conclusione del contratto [17].

In caso di contestazione, l’onere della prova sulla data della cessione grava sul cessionario, che può fornirla con ogni mezzo (art. 1323, al. 2, code civil[18]. Questo regime probatorio parrebbe prolungare il vantaggio dell’opponibilità solo contractu, esprimendo un marcato favor per il cessionario e per la libertà della circolazione, che sotto questo profilo vede quella di diritto comune allineata alla cessione dei crediti di impresa, a scopo di garanzia e nel quadro di una fiducia [19]. Più libertà di circolazione non significa anche più sicurezza: al contrario, la deformalizzazione della vicenda circolatoria e l’alleggerimento dell’onere probatorio incrementano l’incertezza della posizione del cessionario [20]. Il che non sorprende se si riflette l’illustre insegnamento per cui il problema giuridico della circolazione vede fra loro in tensione i tre elementi della libertà, apparenza e sicurezza [21]; da cui la centralità della «dosatura dell’onere» di segnalazione del contratto, necessaria a «conciliare le esigenze, che si esprimono col principio di libertà della circolazione, con le altre, le quali mettono capo al principio della sua apparenza. Quanto, infatti, si concede a queste ultime, di tanto si restringe o, almeno, si intralcia il libero movimento dei beni» [22].

L’unico contrappeso posto all’alleggerimento dei requisiti di opponibilità della cessione e del suo regime probatorio è l’inasprimento del formalismo negoziale, per cui la cession diventa un negozio formale (art. 1322 code civil[23].

Venendo alla posizione del debitore ceduto, quest’ultimo sfugge all’opponibilità solo contractu e la cessione gli è opponibile solo dal momento che gli sia comunicata o ne abbia preso atto, salvo che non abbia consentito alla cessione («a déjà consenti») [24]. Rispetto al regime previgente, si registra un significativo incremento della libertà di circolazione, sotto un duplice profilo. Il primo, nella forma, che da notificazione (signification) si fa comunicazione (notification), suscettibile di darsi con ogni mezzo idoneo [25]. Il secondo, nella nuova opzione del ‘consenso’ alla cessione, che non ha mancato di suscitare il dubbio in ordine al momento nel quale possa dirsi validamente espresso: se originariamente (es., al momento della conclusione del contratto), sicché il cedente non sarebbe tenuto ad alcuna formalità, o contestualmente alla cessione [26].

Recependo un orientamento consolidato in giurisprudenza, la riforma pone il regime delle eccezioni opponibili dal debitore ceduto (art. 1324, al. 2, code civil), fondandolo sulla distinzione fra eccezioni inerenti al debito (inherent à la dette) e le altre [27]. Fra le prime figurano nullità, eccezione di inadempimento, risoluzione [28] e compensazione di debiti connessi, che il debitore può sempre eccepire, restando irrilevante la data della cessione. Le eccezioni non altrimenti inerenti al debito sono opponibili dal debitore ceduto solo se nate dal rapporto col cedente prima che la cessione gli sia divenuta opponibile. Vi figurano la concessione di un termine, la remissione del debito e la compensazione con debiti non connessi.

A chiudere l’art. 1324, la responsabilità solidale di cedente e cessionario per i costi aggiuntivi causati dalla cessione, che il debitore ceduto non è tenuto ad anticipare [29] e che, salvo patto contrario, gravano sul cessionario [30]. La disposizione pare avere il suo oggetto immediato nelle spese del pagamento [31] ma si preannuncia feconda anche oltre quell’ambito, poiché schiude alla riflessione sul problema del deterioramento della posizione debitoria in un contesto di incrementata libertà di circolazione del credito [32]; dove la progressiva mercificazione di quest’ultimo significa maggior mutevolezza del creditore e, insieme, probabilità di un’alterazione della situazione originaria per il debitore; riportando così al centro della discussione il principio di indifferenza e il suo confine (artificiale e normativo) con la libertà di disposizione.

 

[1] Dell’antica collocazione nella disciplina dei singoli contratti reca traccia la definizione della cessione del credito come «contratto» (art. 1321, al. 1, code civil), ma le norme sulla cession de créance si applicano comunque anche agli atti unilaterali per effetto dell’art. 1110-1, al. 1 code civil (v. O. Deshayes, T. Genicon, Y.-M. Laithier, Réforme du droit des contrats, cit., 635, con la precisazione che la cessione era considerata causalmente neutra anche quando disciplinata sotto il titolo relativo al contratto di vendita). In questa sede non scenderemo nel noto dibattito teorico sull’autonomia causale del negozio di cessione (sui termini del quale, anche per ampia bibliografia, F. Piraino, Cessione del credito, cit., 401 ss.).

[2] Precisamente quelle poste agli artt. 1689-1691, relativi al regime di efficacia e opponibilità della cessione e l’art. 1693, relativo alla garanzia per l’esistenza del diritto, che restano applicabili ai trasferimenti degli altri beni immateriali; continuano a trovare applicazione anche alla cessione del credito gli artt. 1696-1701.

[3] B. Lotti, La nouvelle cession de créance, cit., 582. Cfr. la nostra Relazione Grandi al codice del 1942, che parla della scelta del codice del 1865, che collocava (sulla falsariga di quello francese) la cessione nella disciplina della vendita, come di una scelta «che non tenne sufficientemente conto della genericità della causa traslativa», lì dove «il nuovo codice civile, trattando in modo a sé stante la cessione dei crediti, [ne] riproduce il concetto di autonomia sostanziale» (122-123).

[4] Art. 1321, al. 1: «La cession de créance est un contrat par lequel le créancier cédant transmet, à titre onéreux ou gratuit, tout ou partie de sa créance contre le débiteur cédé à un tiers appelé le cessionnaire».

[5] Così F. Carnelutti, Teoria giuridica della circolazione, cit., 62, chiama le varie forme che consentono di «mettere accanto alla pura o nuda manifestazione di volontà un quid, il quale abbia i caratteri della visibilità e perciò possa servire alla sua evidenza».

[6] Ma solo nel caso di cessione a titolo oneroso, per la nullità della donazione di cose future (O. Deshayes, T. Genicon, Y.-M. Laithier, Réforme du droit des contrats, cit., 633).

[7] Cass. 1re civ. 20 marzo 2001, n° 99-14.982, in D., 2001. 3110, con nota di L. Aynés; in RDBF, 2001, 224, con nota di D. Legais. La necessaria determinazione o determinabilità dei crediti non è che una declinazione dei requisiti dell’oggetto del contratto: così O. Deshayes, T. Genicon, Y.-M. Laithier, Réforme du droit des contrats, cit., 637, secondo cui fra i crediti futuri rientrano anche quelli eventuali (futuri e temporaneamente incerti). La tesi trae un efficace argomento dalla norma che oggi esclude la garanzia per l’esistenza del credito se il cessionario conosceva la natura incerta del credito (art. 1326 code civil), lasciandone dedurre la validità; lì dove l’ancien 1693 code civil, non prevedendo la neppure la possibilità di esclusione convenzionale della garanzia per l’esi­stenza del diritto, lasciava inferire l’estraneità al previgente ordito codicistico della cessione dei crediti futuri ed eventuali.

Considerano suscettibile di cessione anche il credito inesigibile (pure per cause diverse dall’apposizione di termine) F. Terré, Simler, Y. Lequette, F. Chénedé, Droit Civil, cit., 1696. Sulla circolazione del credito inesigibile da leggere M. Orlandi, Pactum de non petendo e inesigibilità, Milano, 2000, 276 ss.

[8] Il tema richiederebbe apposita trattazione, anche per i riflessi sull’obiettivazione del credito e sulla conseguente unità o pluralità di statuti dell’obbligazione (supra, § 1). Dobbiamo qui limitarci a registrare il confronto fra la tesi per cui i crediti a prestazioni di fare e di non fare sono cedibili solo mediante la cessione del contratto (cfr. L. Aynés, La cession de contrat et les opérations juridiques à trois personnes, Economica, 1984, pref. Ph Malaurie, n° 29-30; J. Francois, Les créances sont-elles des biens? In Liber amicorum Larroumet, Economica, 2009) e quella che reputa cedibili i crediti di là dalla natura della prestazione (così V. Egéa, La circulation d’une créance non monétaire (l’exemple de la déliverance), in D., 2012, 2111 e ivi ulteriore bibliografia, spec. nt. 16 e 17; F. Terré, Simler, Y. Lequette, F. Chénedé, Droit Civil, cit., 1696). Cfr. le proposte di diritto uniforme: spec. Art. 5:105 DCFR, che discorre genericamente di cessione del right to performance; un’apertura parrebbe stare anche nel Rapport au Prèsident de la Republique, cit., sub sec. 1, che, nel spiegare la collocazione topografica della cessione nel diritto generale delle obbligazioni, afferma come «la cession de créance trouve plus logiquement sa place au sein des textes sur le régime général des obligations, dans la mesure où elle peut porter sur tout type d’obligations» (ma l’affermazione potrebbe riferirsi alle fonti d’obbligazione e non alla specie di prestazione che ne forma oggetto). Ammette la trasferibilità dei crediti a prestazioni di fare, così come a prestazioni personali di godimento P. Perlingieri, Cessione dei crediti, cit., 16, intendendo il credito come «ogni situazione soggettiva giuridicamente rilevante che, a prescindere dalla fonte (...) costituisca titolo, nei confronti di una parte determinata e determinabile, ad una prestazione e comunque ad un comportamento anche di semplice astensione utile per la realizzazione di un interesse patrimonialmente valutabile» (ivi, 12). Ciò nei limiti della natura intuitus personae del credito: causa generale di incedibilità del credito (ma non nell’ordinamento francese: infra nel testo) ma non anche prova dell’intrasmissibilità tout court dei crediti a prestazioni di fare o non fare.

[9] Durante l’iter di discussione del progetto si è dibattuto sull’opportunità di aprire spazi di autonomia privata, a es., per la trasmissione solo parziale degli accessori del credito. Il problema corre, qui, sul confine della (seppur non assoluta) indifferenza della vicenda successoria per il debitore ceduto, per cui in tanto il credito può trasferirsi senza la necessità del suo consenso in quanto la vicenda successoria non implichi una modifica della posizione debitoria. Entro questi limiti sicuramente le parti del contratto di cessione possono limitarne l’oggetto a uno o più accessori: cfr. O. Deshayes, T. Genicon, Y.-M. Laithier, Réforme du droit des contrats, cit., 638.

[10] Da segnalare l’eccezione prevista nel codice di commercio, che commina la nullità delle clausole di incedibilità del credito nei contratti fra imprese (art. L 442-6, II, lett. c) cod. comm.). In arg. v. F. Terré, Simler, Y. Lequette, F. Chénedé, Droit Civil, cit., 1698.

[11] Problemi su cui cfr. A.A. Dolmetta, Cessione dei crediti, cit., § 7.

[12] Cfr. O. Deshayes, T. Genicon, Y.-M. Laithier, Réforme du droit des contrats, cit., 639, che segnalano la difficoltà di ricavare patti di incedibilità in via interpretativa (da fonte muta).

[13] Per la Court de Cassation sono terzi tutti coloro che non sono parti dell’atto di cessione e hanno interesse a che il cedente resti creditore (ex multis Cass. 1er civ., 4 giugno 2014, n° 13-17.077, in D., 2014, 2508, con nota di Ansaloni; in RDC, 2014, 4, 618, con nota di Libchaber e in JCPG, 2014, 1582, con nota di Francois). Questa categoria di terzi include il caso di più cessionari del medesimo credito, come quello in cui il credito abbia formato oggetto della costituzione di un diritto reale, a es. di usufrutto o di pegno (cfr. art. 1325 code civ., che al secondo comma prevede un’azione a favore del primo cessionario nei confronti di abbia ricevuto il pagamento).

[14] In linea di coerenza, l’art. 1225 code civil prevede che il conflitto fra più cessionari sia risolto a favore del primo atto di cessione.

[15] Cfr. B. Lotti, La nouvelle cession de créance, cit., 585. L’ancien art. 1690, al. 1, code civil prevedeva infatti che: «Le cessionaire n’est saisi à l’égard des tiers que par la signification du transport faite au débiteur» (aggiungendo, quanto ai rapporti col debitore, l’alternativa che quest’ultimo avesse accettato la cessione con atto autentico: l’acte authentique ex art. 1690, 2 al., code civil).

[16] Sotto questo profilo si apprezzava la distanza con la fattispecie della cessione dei crediti professionali (cod. monet. fin. art. L 313-23 e L 313-27), che pure avrebbe ispirato l’introduzione della cessione dei crediti futuri nell’impianto codicistico: v. B. Lotti, La nouvelle cession de créance, cit., 583.

[17] V. in particolare: l’art. 26 ord. n° 2021-1192, che modifica l’art. 1323 code civil aggiungendo dopo la parola «crèance» quelle «présente ou future», e abroga il terzo comma dell’art. 1323; l’art. 9, II, ord. n° 2021-1192, che abroga analoga norma prevista in tema di pegno su crediti (art. 2357 code civil). Per gli effetti negativi di un diverso regime di efficacia nel caso di apertura di procedure concorsuali a carico del cedente prima della venuta ad esistenza dei crediti O. Deshayes, T. Genicon, Y.-M. Laithier, Réforme du droit des contrats, cit., 646.

[18] Non è quindi necessario che la cessione abbia data certa, come nel regime previgente (O. Deshayes, T. Genicon, Y.-M. Laithier, Réforme du droit des contrats, cit., 645; F. Terré, Simler, Y. Lequette, F. Chénedé, Droit Civil, cit., 1706).

[19] Cfr. art. 1323, al 1 e 2 code civil; L 313-27, al 1, cod. monet. fin., artt. 2018-2 e 2361 code civil, quest’ultimo per come modificato dall’art. 9, III, ord. n° 1192-2021, in vigore dal 1 gennaio 2022.

[20] Lo segnala B. Lotti, La nouvelle cession de créance, cit., 585; cfr. F. Petit, Réflexions sur la sécurité dans la cession de créance dans l’avant-projet de réforme du droit des obligations, in D., 2006, 2819, § 10-11.

[21] F. Carnelutti, Teoria giuridica della circolazione, cit., 12, 72 ss.

[22] F. Carnelutti, Teoria giuridica della circolazione, cit., 73.

[23] Anche qui l’introduzione della forma scritta ad substantiam allinea la disciplina della cessione comune a quella a scopo di garanzia (art. 2356 code civil). Si discute della validità di una cessione che non rechi indicazione per iscritto della data: prevale la tesi della validità e della rilevanza dell’incertezza sulla data ai soli fini dell’opponibilità (arg. ex art. 1323 code civil: così per O. Deshayes, T. Genicon, Y.-M. Laithier, Réforme du droit des contrats, cit., 641). La questione pare risalire al problema della forma espressa e all’estensione dell’onere della forma scritta ad substantiam: M. Orlandi, La circolazione dei significati, in Riv. dir. civ., 2019, 583.

[24] O. Deshayes, T. Genicon, Y.-M. Laithier, Réforme du droit des contrats, cit., 647. Il profilo dell’efficacia nei confronti del debitore ceduto resta quello dove si apprezza ancora la distanza con la fattispecie speciale della cessione Dailly di crediti professionali ad una banca, efficace anche nei confronti del debitore ceduto dalla data apposta sul documento di cessione (bourdeau Dailly): v. B. Lotti, La nouvelle cession de créance, cit., 597.

[25] F. Terré, Simler, Y. Lequette, F. Chénedé, Droit Civil, cit., 1690, 1695, 1700 s. Deformalizzata anche l’accettazione, suscettibile di darsi per fatti concludenti, come il pagamento spontaneo fatto al cessionario: O. Deshayes, T. Genicon, Y.-M. Laithier, Réforme du droit des contrats, cit., 648. Controverso nella nostra dottrina (per i termini del dibattito A.A. Dolmetta, Cessione dei crediti, cit., § 5, e bibliografia alle nt. 71 e 73), il carattere amorfo delle comunicazioni previste all’art. 1264 cod. civ. è consolidato nella nostra giurisprudenza: ex multis Cass. 20 agosto 2021, n. 23257; Cass. 29 settembre 2020, n. 20495; Trib. Milano 28 gennaio 2019, n. 799, tutte in Dejure; Cass. 26 aprile 2004, n. 7919, in Cass. civ. mass., 2004, 4; Cass. 29 settembre 1999, n. 10788, in Fall., 2000, 1236, con nota di Terenghi.

[26] In questo secondo senso O. Deshayes, T. Genicon, Y.-M. Laithier, Réforme du droit des contrats, cit., 649.

[27] In modo del tutto simmetrico a quanto previsto per la cessione del contratto all’art. 1216-2, al 1, code civil (e sulla scelta di allineare le due fattispecie cfr. Rapport au Président de la République, cit., sub sec. 5), in tema di cessione del debito (art. 1328 code civil) e di surrogazione (art. 1346-2 code civil). Designare inerenti al debito anche eccezioni relative alla fonte del credito pare non solo condivisibile, ma anche illuminante della natura metaforica del rapporto di derivazione fra credito e la sua fonte, ché il credito – è stato efficacemente e autorevolmente affermato – non tanto deriva da una fonte, ma «[è] la propria fonte» (nel solco tracciato da N. Irti, Introduzione allo studio del diritto privato4, Padova, 1990, 24, M. Orlandi, da ultimo in Torto e tipo, in questa Rivista, 2020, 184; e già in Id., Pactum de non petendo e inesigibilità, Milano, 2000, 124 ss., 132); nome di una disciplina, la quale non può che ricavarsi dal titolo (il contratto) e che si trasferisce a titolo derivativo, perciò identica, in capo al nuovo titolare (per tutti, sul punto P. Perlingieri, Cessione dei crediti, cit., 216 ss.; M. Orlandi, Pactum de non petendo e inesigibilità, cit., 275 ss.; da diversa prospettiva L. Aynés, La cession de contrat, cit., n° 30). Il che, naturalmente, non significa anche rilevanza integrale della fonte negoziale originaria nei rapporti fra cessionario e ceduto, né priva di significato la distanza fra cessione del credito e cessione del contratto (un es. su tutti, per il diverso regime relativo ai vizi funzionali del sinallagma contrattuale, dal punto di vista della posizione del cessionario: R. Cicala, Il negozio di cessione del contratto, cit., 64 ss.; ma non così per F. Terré, Simler, Y. Lequette, F. Chénedé, Droit Civil, cit., 1709, che annoverano fra gli accessori del credito anche le azioni di risoluzione, annullamento, rescissione e risarcimento sostitutivo). Sotto il profilo classificatorio, esclude possano considerarsi inerenti al debito le eccezioni relative alla fonte del credito (fermo il problema della legittimazione del ceduto a farle valere, che l’A. ammette fondandola sulla necessità che la vicenda circolatoria gli resti indifferente) V. Panuccio, Cessione dei crediti, cit., 867 ss.

[28] Legittimazione ammessa in via interpretativa anche in assenza di una disciplina espressa: Cass. comm. 12 gennaio 2010, n° 08-22.000, in JCP E, 2010, 1497, con nota adesiva di R. Marty; in Riv. trim. dir. civ., 2010, 106, con nota di B. Fages; in RDC, 2010/3, 834, con nota di Y.M. Laithier; da noi già R. Cicala, Il negozio di cessione del contratto, cit., 64, nt. 10: «la cessione determina soltanto una modificazione soggettiva dell’obbligazione (...) e perciò non altera la sinallagmaticità del credito ceduto con quello di cui è titolare il debitore ceduto verso la controparte cedente: quindi l’inadempimento del cedente verso il ceduto legittimerà l’esercizio da parte di quest’ultimo dell’exceptio inadimpleti contractus», come per le stesse ragioni, del diritto di risoluzione per inadempimento (fermo il diverso piano della responsabilità e delle garanzie del cedente per l’esistenza del credito).

[29] Il debitore può, quindi, legittimamente rifiutarsi di adempiere finché tali costi non gli siano pagati. Il riferimento è all’aggravio economico derivante dalla necessità di eseguire la cessione ad altro creditore, a es. con bonifico estero, oppure per la necessità di pagare due volte nel caso di cessione parziale: O. Deshayes, T. Genicon, Y.-M. Laithier, Réforme du droit des contrats, cit., 651.

[30] Emerge qui il leit motiv della natura suppletiva della disciplina legale, che anima vari altri luoghi della riforma.

[31] Supra, nt. 69.

[32] V. spec. G. De Donno, Deterioramento della posizione del debitore, cit., 1175 ss.; 1197 ss., che, esclusa la possibilità di costruire in via interpretativa cause di incedibilità del credito, fonda un limite alla libertà di circolazione sulla buona fede integrativa ex art. 1175 e 1375 cod. civ., da cui «un obbligo risarcitorio in capo al cedente che potendo disporre del diritto in favore di più soggetti lo faccia nei confronti di chi, divenuto cessionario, determini un aggravio nella sfera del debitore» (e 1202, sul caso delle clausole di gross up).


4. Continuità del modello alla luce della riforma delle garanzie (ordonnance n° 2021- 1192)

Dal confronto fra disciplina riformata e obiettivi che l’hanno ispirata, emerge come la semplificazione degli indici di circolazione e l’autonomia privata nella determinazione dell’oggetto della cessione, così come la previsione espressa delle eccezioni opponibili e dei criteri di distribuzione degli oneri legati alla modifica del lato attivo del rapporto rendano l’istituto più ‘moderno’, poiché risolvono il problema giuridico della circolazione – conteso, nel citato insegnamento Carneluttiano, fra libertà apparenza e sicurezza – in linea con le esigenze di libertà reclamate dal ruolo sistemico del credito nell’economia contemporanea [1]. Esse inoltre, nel trarre sul piano legislativo social-tipi giurisprudenziali, servono l’obiettivo di prevedibilità e certezza [2] della disciplina applicabile alla vicenda circolatoria.

Di là dall’ordonnance del 2016, seguendo l’evoluzione del diritto francese fino ad oggi, si scorgono continuità di scopi e capacità dell’istituto di svolgere la sua funzione di disciplina generale. Il riferimento è alla recente ordinanza sulle garanzie che, a quindici anni da quella del 2006, riforma istituti allora tralasciati – privilegi e garanzie personali – e interviene ad affinarne altri (ordonnance n° 2021-1192). Spicca, ai nostri fini, l’espressa previsione della cessione del credito a scopo di garanzia [3] che la giurisprudenza tendeva a riqualificare, tranne nei casi espressamente previsti dalla legge, in garanzia pignoratizia [4]. La vocazione unificatrice dell’istituto di diritto comune parrebbe confermata dall’art. 2373 code civil, che struttura la fattispecie della cessione de «la propriété d’une créance» attraverso il rinvio agli effetti di un contratto «conclu en application des articles 1321 à 1326» [5].

 

[1] Supra, § 1.

[2] Sarebbe velleitario addentrarci nel dibattito da ascrivere a questi valori, come pure pensare di raccogliere nello spazio di una nota l’autorevole dottrina che se ne è occupata: basti il confronto fra N. Irti, Viaggio fra gli obbedienti, Milano, 2021; i saggi raccolti in Id., Un diritto incalcolabile, cit., e P. Grossi, Oltre il diritto, Roma-Bari, 2020; Id., L’«invenzione» del diritto, Roma-Bari, 2017; Id., Ritorno al diritto, Roma-Bari, 2015.

[3] O. Deshayes, La cession de créance de droit commun à titre de garantie, cit., passim.

[4] Ex multis Cass. comm., 26 maggio 2010, n. 09-13.388, in D., 2010, 2201, con nota di N. Borga; Cass. comm., 19 dicembre 2006, n° 05-16.395, in D., 2007, 344, con nota di C. Larroumet; in JCP G, 2007, II, 10067, con nota di D. Legais. È appena il caso di segnalare che la differenza corre sulla linea della titolarità del credito, ché nel caso della garanzia pignoratizia il credito resta di titolarità del datore, mentre nella cessione è trasferito – sia pure solo a scopo di garanzia – al cessionario, uscendo così dal patrimonio del cedente: sui corollari per tutti F. Anelli, L’alienzazione in funzione di garanzia, Milano, 1996, 213 ss.; A.A. Dolmetta, G.B. Portale, Cessione del credito e cessione in garanzia nell’ordinamento italiano, in Banca borsa tit. cred., 1999, I, 100 ss., 111 ss.

[5] «Art. 2373. La propriété d’une créance peut être cédée à titre de garantie d’une obligation par l’effet d’un contrat conclu en application des articles 1321 à 1326»: così art. 11, VII, ord. n° 2021-1192, in vigore dal 1 gennaio 2022. In arg. O. Deshayes, La cession de créance de droit commun à titre de garantie, cit., passim.


5. Prospettive di ricodificazione. Dimensione singolare e plurale del credito

Il codice civile italiano è più ‘moderno’ di quello francese: prese le distanze dal Code Napoleon, come dal codice del 1865 che ne replicava il modello (artt. 1538 ss. cod. civ.), esso colloca la cessione del credito nella parte dedicata alle obbligazioni in generale e conforma l’istituto in modo largamente coincidente con quello oggi dato agli artt. 1321-1326 code civil. Restano alcune analogie con la situazione francese pre-riforma, come l’assenza di una previsione codicistica di cedibilità dei crediti futuri o in blocco (art. 1321, al. 2, code civil) e delle eccezioni opponibili dal debitore ceduto (art. 1324, al. 2, code civil); un regime più oneroso degli indici di circolazione con riguardo ai terzi diversi dal debitore ceduto (cfr. art. 1323 code civil); l’assenza di una fattispecie tipica di cessione del credito a scopo di garanzia (art. 2373 code civil) e la frammentazione dello statuto della cessione fra codice civile e discipline speciali.

Lasciamo da un canto gli ultimi due aspetti, per tentare di fissare un primo ordine di riflessioni sulla portata ‘esemplare’ della riforma francese. Se si eccettua l’opponibilità solo contractu della cessione (art. 1323 code civil), che avrebbe un effetto significativo ma è dubbio che fissi l’equilibrio fra libertà e sicurezza della circolazione in modo ottimale (e perciò invidiabile) [1], altri interventi mutuati dal legislatore francese potrebbero incrementare certezza e prevedibilità della disciplina applicabile, ma poco aggiungerebbero all’istituto di diritto comune, specie alla luce degli orientamenti giurisprudenziali consolidati [2]. Così, a es., per le previsioni sull’oggetto, sul novero di eccezioni opponibili [3] e sul criterio di ripartizione dei costi derivanti dalla modifica del lato attivo del rapporto.

Sulla stessa linea, parrebbe da conservare l’equilibrio che la legge italiana pone fra istituto generale della cessione e discipline speciali. Dove la ratio specificante, che determina la sottrazione di classi di cessioni a una o più norme della disciplina generale, è il trascorrere del credito dalla dimensione singolare alla dimensione plurale e alla strumentalità della vicenda modificativa del rapporto a un’operazione negoziale di finanziamento, investimento o ristrutturazione [4]. Senza pretesa di una ricognizione esaustiva, un primo riferimento è al testo unico bancario e all’istituto della cessione c.d. in blocco (art. 58 TUB), dove l’iscrizione nel registro delle imprese e la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale dell’avvenuta cessione prendono il luogo della notifica (art. 58, comma 4, TUB). Questa semplificazione degli indici di circolazione include gli accessori del credito, sicché tutte le garanzie, personali e reali, si trasferiscono senza ulteriori formalità (es. annotazione ipotecaria ex art. 2843 cod. civ.: così art. 58, comma 3, TUB) [5]. Così pure nelle cessioni a titolo oneroso di crediti pecuniari nell’ambito di operazioni di cartolarizzazione, per le quali la legge richiama le formalità semplificate dettate dal testo unico bancario (art. 4, comma 1, l. n. 130/1999) [6]. Infine, nelle cessioni di crediti d’impresa a banche o intermediari finanziari nell’ambito di operazioni di factoring [7], alla disciplina elastica dell’oggetto della cessione (crediti futuri e in massa) si accompagna l’allentamento delle formalità per rendere l’effetto traslativo opponibile ai terzi, legata al pagamento «di data certa» del corrispettivo della cessione da parte del cessionario (art. 5 l. 21 febbraio 1991, n. 52) [8]. In tutte queste fattispecie, all’evidenza, riscontriamo la dimensione plurale del credito, che giustifica la priorità delle esigenze dello scambio e di interessi trascendenti la dimensione individuale del singolo rapporto obbligatorio, propri della dinamica di finanziamento dell’impresa, dell’esercizio del credito o della soluzione di un problema del patrimonio della banca-creditrice (quando la cessione abbia a oggetto crediti c.d. deteriorati).

L’istituto codicistico italiano parrebbe tendenzialmente adeguato a riflettere la dimensione obiettiva del credito e le esigenze circolatorie di quest’ultimo nell’economia contemporanea, quando guardato nella sua dimensione singolare; mentre la circolazione plurale e massificata del credito appare correttamente collocata nel diritto speciale, dove giusto peso assumono le qualifiche soggettive o la causa del negozio nel quale si inserisce l’effetto traslativo [9]. Il che consente di rimarcare che la dimensione plurale del credito solleva problemi propri, di tutela dei debitori ceduti e di traslazione del rischio di insolvenza [10], da affrontare nella prospettiva dell’attività di impresa o di esercizio e gestione del credito. Il riferimento ad un’adeguatezza solo tendenziale della nostra cessione allude all’assenza nel codice civile della cessione a scopo di garanzia, priva di una disciplina generale nonostante sparse previsioni in vari altri luoghi normativi (es. art. 6 d.lgs. n. 170/2004) e il suo diffuso riconoscimento giurisprudenziale e dottrinale [11]. Si giunge, qui, al potenziale applicativo dell’altra riforma, quella del diritto delle garanzie avviata con l’ordonnance n° 2006-346 e continuata con la n° 2021-1192. La quale – nonostante giurisprudenza e dottrina inclini ad ammettere forme atipiche di garanzia del credito – ha dato certezza alla validità di negozi, imprescindibili per l’economia contemporanea, ma problematici per la delicatezza degli interessi coinvolti (da quelli del debitore a quelli degli altri creditori), che nella sede legislativa paiono dover trovare composizione. Ulteriore pagina di storia della ricodificazione; che, indubbiamente, ha molto da insegnare.

 

[1] Supra, nt. 60 e testo corrispondente.

[2] Un esempio su tutti, in ordine alla forma della notifica: supra, nt. 65.

[3] Per una critica all’assenza di una disciplina espressa delle eccezioni opponibili V. Panuccio, Cessione dei crediti, cit., 867. L’opportunità del chiarimento legislativo resta nonostante la sostanziale unanimità di dottrina e giurisprudenza sul principio per cui il ceduto può opporre al cessionario tutte le eccezioni che avrebbe potuto opporre al cedente quale corollario del principio di identità (di oggetto e titolo) caratteristico della vicenda circolatoria. Non mancano, infatti, perplessità e problemi applicativi: si pensi, ad esempio, al controverso regime di opponibilità della clausola compromissoria, esemplarmente rappresentato da Cass. 19 settembre 2003, n. 13893, in Contr., 2004, 566, con nota di F. Borrello, Clausola arbitrale e cessione del credito; in Corr. giur., 2003, 1583 ss., con nota di V. Mariconda, Cessione del credito e clausola compromissoria, cit., che pone il prevalente orientamento in base al quale il debitore ceduto potrebbe (diversamente dal cessionario) valersi della clausola, e Cass. 1 settembre 2004, n. 17531, in Corr. giur., 2005, 1567, con nota critica di V. Mariconda, Cessione del credito e clausola compromissoria: la Cassazione “evidentemente” si contraddice, che invece esclude il debitore ceduto dal novero dei legittimati; ma fra i casi problematici potrebbe annoverarsi anche l’eccezione di inadempimento (cfr. supra, nt. 68).

[4] In questa prospettiva cfr. L. Picardi, Cessione del credito e diritto di informazione del debitore ceduto fra disposizioni della Banca d’talia e orientamenti dell’ABF, in Banca borsa tit. cred., 2019, I, 203 ss.

[5] Il cessionario deve a propria volta essere una banca o un intermediario autorizzato all’erogazione del credito (arg ex art. 106 TUB e dm. 53/2015, lett. b). Ciò aveva determinato un quadro istuituzionale preclusivo dell’acquisto di crediti deterioriati da parte di intermediari non bancari e la preferenza degli attori del mercato, che vede fra i suoi maggiori acquirenti investitori istituzionali e fondi speculativi non bancari, ad operare attraverso l’istituto della cartolarizzazione del credito: v. M. Maggiolino, La disciplina giuridica della gestione dei crediti deteriorati nella prospettiva delle banche: profili critici, Milano, 2020, spec. 282 ss., 285. Ma oggi la situazione parrebbe destinata a mutare all’esito di dir. UE 2021/2167.

[6] O, qualora si diano i presupposti della cessione dei crediti di impresa, con il pagamento avente data certa: amplius L. Picardi, Cessione dei crediti, cit., 212 ss. Oltreché sulle regole di efficacia della cessione, la legislazione speciale incide sulle formalità richieste per la determinazione del compedio ceduto, alleggerendole anche in ragione della precisa scelta legislativa di incentivare la cartolarizzazione come strumento di gestione del c.d. credito deteriorato: v. a es. art. 7.1 introdotto dalla l. 21 giugno 2017, n. 96: in arg. cfr. M. Maggiolino, Disciplina giuridica della gestione dei crediti deteriorati, cit., 285 ss.; G. Capaldo, La novella alla legge 130/1999: nuove figure di separazione patrimoniale, in Nuova giur. civ. comm., 2019, II, 376 ss.; Messina, GACS: lo strumento pioniere in Europa per lo smaltimento dei crediti deteriorati. Riflessioni critiche sui principali aspetti, in Contr. impr., 2019, 1494 ss.; M. Gagliardi, Secondary markets for npls: stato dell’arte e prospettive future, in Riv. trim. dir. econ., 2021, 1s, 63 ss.

[7] Ma il novero di soggetti ammessi a rendersi acquirenti è stato esteso a soggetti non bancari nell’ambito di operazioni societarie infragruppo (art. 1 l. 21 febbraio 1991, n. 52, per come modificato dall’art. 14-ter d.l. 12 settembre 2014, n. 133, conv. l. 11 novembre 2014, n. 164 e dall’art. 12-bis d.l. 3 maggio 2016, n. 59, conv. l. 30 giugno 2016, n. 119) e parrebbe destinato a ulteriori estensioni per effetto del recepimento di dir. UE 2021/2167.

[8] A. di Majo, Crediti di impresa, in Enc. dir., Agg.***, Milano, 1999, 476 ss., 480, che addita la ratio dell’innovazione in una sorta di ‘autosufficienza’ della cessione: «si tratta di agevolare l’efficacia della cessione verso i terzi rendendola indipendente da fatti o comportamenti “esterni”, e/o meglio non dipendenti dai soggetti della cessione, quali potrebbero essere la notificazione al debitore (magari irreperibile) o l’accettazione da parte di esso. Il pagamento è invece atto del cessionario, cioè del soggetto per definizione interessato alla cessione». Va segnalato che il cessionario conserva la facoltà di rendere la cessione opponibile ai sensi del codice civile e che l’efficacia liberatoria del pagamento fatto dal debitore ceduto resta disciplinato dall’art. 1264 cod. civ. (art. 5, comma 2 e 3, l. n. 342/1991).

[9] Ma non fa questa differenza Corte cost. 10 marzo 2006, n. 95, (Pres. Bile, Red. Vaccarella), in Giur. cost., 2006, 969. Ad avviso del giudice a quo gli art. 58, comma 2, TUB, e art. 4, comma 1, l. 30 aprile 1999, n. 13 contrasterebbero con gli artt. 2 e 3 Cost., poiché «prevedendo la cessione a banche di aziende, di rami d’azienda, di beni e rapporti giuridici individuabili in blocco, creano un diritto singulare, accordando ingiustificate posizioni di privilegio e mostrando disinteresse per le sorti del singolo debitore, in contrasto col brocardo privilegia ne inroganto» ed eludendo la necessità del consenso del ceduto pur realizzando effetti analoghi alla cessione del contratto. Senza scendere all’analisi del rapporto fra i segnali di circolazione speciali e l’art. 1264 cod. civ., la Corte si limita a rigettare la questione per manifesta infondatezza, ché «il diritto di credito (…) costituisce un bene, come tale idoneo a circolare senza coinvolgimento della persona del debitore e dei suoi diritti inviolabili», mentre il consenso alla cessione del contratto da parte del contreante ceduto si giustifica per la sua titolarità «delle situazioni attive corrispondenti agli obblighi gravanti sul cedente». Va peraltro segnalato il più cauto atteggiamento del legislatore eurounitario, che nella recente dir. 2021/2167 sugli acquirenti e i gestori di crediti – nel quadro di una marcata liberalizzazione del mercato del credito deteriorato – richiama l’esigenza di garantire il rispetto della vita privata del debitore e del suo diritto all’informazione (cfr. cons. 20 e 46, art. 10). Sull’inadeguatezza della disciplina codicistica a tutelare le diverse sfere di interessi coinvolte nelle vicende circolatorie ‘plurali’ v. L. Picardi, Cessione dei crediti, cit., 203 ss.; cfr. F. Macario, Aspetti civilistici della cartolarizzazione, in Riv. dir. priv., 2002, 6 ss.

[10] L’intrinseca ambivalenza del diritto di credito – che è sempre simbolo attuale di una ricchezza potenziale perché dipendente da un evento futuro (l’esecuzione volontaria o coattiva della prestazione che ne forma oggetto) – fa emergere il problema del trasferimento del rischio di credito, che ha costituito uno dei più gravi epifenomeni della crisi finanziaria del 2007, la famigerata pratica c.d. originate to distribute. Ed è significativo che nell’opera del legislatore europeo volta a costruire un mercato secondario del credito deteriorato, si colga non solo una netta tendenza al favor circolatorio del credito (v. la più volte citata dir. 2021/2167), ma anche la consapevolezza del problema del trasferimento del rischio di credito che tale aumentata potenzialità circolatoria reca con sé, da cui la previsione dell’obbligo del creditore bancario di conservare una certa misura di quote delle società di cartolarizzazione (cfr. art. 6 reg. UE 2017/2402) proprio per evitare che la circolazione del credito si traduca da circolazione di ricchezza assente in veicolo di ricchezza inesistente: è l’immagine coniata da P. Spada, M. Cossu, Dalla ricchezza assente alla ricchezza inesistente, Divagazione del giurista sul mercato finanziario, in Banca borsa tit. cred., 2010, I, 401 ss.; cfr. F. Merusi, Per un divieto di cartolarizzazione del rischio di credito, in Banca borsa tit. cred., 2009, I, 253-263; K. Pistor, The Code of Capital, cit., 79 ss.

[11] Sull’amplissimo dibattito, che ruota intorno alla idoneità causale dello scopo di garanzia e al rapporto col divieto di patto commissorio (art. 2744 cod. civ.) v. per tutti A.A. Dolmetta, G.B. Portale, Cessione del credito e cessione in garanzia nell’ordinamento italiano, cit., 105 ss.; U. Stefini, La cessione del credito con causa di garanzia, Padova, 2007, passim; Id., La cessione del credito, cit., 329 ss., 474 ss.; A. d’Adda, Cessione del credito, cit., 190 ss.; F. Anelli, L’alienazione in funzione di garanzia, cit., 213 ss.