Il contributo analizza la disciplina dell’abuso di dipendenza nell’ordinamento francese – prima e dopo la ricodificazione del 2016 (sottolineando anche l’influenza esercitata da modelli stranieri e progetti “soft law”) – per apprezzarne, dapprima, l’evoluzione nazionale transalpina e, poi, l’eventuale contributo nella prospettiva di un possibile ripensamento complessivo nell’ambito del sistema giuridico italiano.
The essay examines the regulation of abuse of dependence in the French legal system – before and after the 2016 reform (emphasizing the influence exerted by foreign models and “soft law” projects) – in order to appreciate, first of all, the transalpine national evolution and, then, the possible contribution in the perspective of a possible overall rethinking within the Italian legal system.
Keywords: Reform – French and Italian law – abuse of dependence
Keywords: riforma - Code civil - diritto italiano - abuso di dipendenza
Sommario:
1. Premessa. - 2. La disciplina dell’originario Code Napoléon ed il ruolo del diritto vivente - 3. La riforma dell’art. 1143 cod. civ. - 3.1. Il ruolo dei modelli nazionali stranieri e dei progetti di diritto privato europeo ed internazionale - 3.2. Le diverse tappe del processo di approvazione della riforma francese - 4. L’attuale testo normativo dopo la loi de ratification n. 2018-287 del 20 aprile 2018 - 4.1. Presupposti applicativi - 4.2. Rimedi - 5. L’abuso di dipendenza dopo la riforma: una storia di successo? - 5.1. Dalle (roboanti) dichiarazioni governative alle prime (caute) posizioni giurisprudenziali - 5.2. La disciplina sull’abuso di dipendenza fra limiti (normativi) “interni” ed “esterni” al Code civil - 6. Uno sguardo all’ordinamento italiano - 7. Considerazioni conclusive
L’abus de l’état de dépendance, recentemente consacrato dalla “Ordonnance de réforme du droit des contrats, du régime général et de la preuve des obligations”, si pone in un affollato crocevia di più direttrici dell’odierno dibattito giuridico, sollevando diverse problematiche riguardanti non soltanto numerosi profili di diritto dei contratti, ma anche, fra l’altro, di diritto della concorrenza [1].
Nella consapevolezza pertanto di dover astrattamente inserire ogni ricostruzione complessiva sull’argomento nell’alveo di un ancora più ampio e generale ripensamento sistematico, s’intende limitare la presente riflessione soltanto ai profili strettamente contrattuali. Questi, infatti, si presentano molto controversi poiché richiedono, a loro volta, la considerazione non soltanto di classiche problematiche, già di per sé, particolarmente complesse – come la predeterminazione della rilevanza giuridica (o meno) delle condizioni di debolezza di una parte contrattuale e l’incerto rapporto fra regole di validità e regole di responsabilità – ma anche il coinvolgimento di una pluralità di princìpi del diritto dei contratti – come la tutela della libertà dei contraenti, per un verso, e la tutela della vincolatività del contratto, dell’affidamento e dei terzi, per un altro – caratterizzati spesso da un’evoluzione non indifferente (e non sempre coerente) nell’ambito dei vari sistemi giuridici (nazionali e sovranazionali) [2].
Si mira pertanto a muovere dall’analisi dei caratteri fondamentali della disciplina dell’abuso di dipendenza nell’ordinamento francese – prima e dopo la riforma del diritto delle obbligazioni e dei contratti del 2016 (richiamando anche l’influenza esercitata, nel corso del tempo, da modelli stranieri e progetti di c.d. “soft law”) – per apprezzarne, dapprima, l’evoluzione nazionale transalpina e, poi, l’eventuale contributo nella prospettiva di un possibile ripensamento complessivo nell’ambito del sistema giuridico italiano.
[1] Nella letteratura francese (specie successiva alla riforma del 2016) sono numerose le riflessioni che sottolineano l’evidente multidisciplinarietà dell’abuso dello stato di dipendenza. Cfr., ex multis, AA.VV., La violence économique. À l’aune du nouveau droit des contrats et du droit économique, sous la direction de Y. Picod, D. Mazeaud, Paris, 2017, 11 ss.; M. Malaurie-Vignal, Droit de la concurrence interne et européen, VII éd., Paris, 2017, 282 ss., spec. 285.
[2] L’incerto rapporto fra regole di validità e di comportamento rappresenta notoriamente un argomento rilevante di confronto dottrinale tanto in Italia quanto in Francia. Sul punto, con impostazioni ed esiti differenti, cfr. G. D’Amico, Regole di validità e regole di comportamento nella formazione del contratto, in Riv. dir. civ., 2002, I, 37 ss.; Id., «Regole di validità» e principio di correttezza nella formazione del contratto, Napoli, 1996, 7 ss., 44 ss.; M. Mantovani, “Vizi incompleti” del contratto e rimedio risarcitorio, Torino, 1995, XII ss.; e, più recentemente, G. Perlingieri, L’inesistenza della distinzione tra regole di comportamento e di validità nel diritto italo-europeo, Napoli, 2017, 31 ss. Per alcuni riferimenti sull’attuale dibattito, anche con specifico riferimento specifico all’abus de l’état de dépendance, nella letteratura francese, v., infra, § 4.2., nt. 65.
In origine, l’abuso dello stato di dipendenza non era disciplinato nel Code Napoléon [1].
Già alla fine del XIX secolo, la giurisprudenza francese di legittimità aveva riscontrato, però, gli estremi della nullità (relativa) [2] con riferimento a contratti di assistenza marittima negoziati in una situazione di pericolo da capitani di navi nell’intento di salvare un’imbarcazione persa in mare [3]. Successivamente, la Corte di Cassazione aveva ammesso anche la nullità di un contratto di lavoro svantaggioso concluso da un lavoratore in evidente stato di necessità derivante dall’urgente bisogno di denaro per affrontare la malattia di un minore [4].
Nonostante il persistente silenzio legislativo – perlomeno nell’ambito del Code civil [5] – l’esigenza di tutela era destinata ad emergere sempre di più, seppur in forme parzialmente diverse, nel diritto vivente.
A partire dai primissimi anni 2000, la giurisprudenza di legittimità ha cominciato a riconoscere – sull’onda anche dell’influenza (prevalentemente dottrinale) del c.d. “solidarisme contractuel” (riguardante peraltro, come in Italia, non soltanto la fase della formazione, ma anche, seppure diversamente, quella dell’esecuzione del contratto) [6] – particolare rilevanza allo sfruttamento abusivo dello stato di dipendenza (e non più allo stato di necessità o di pericolo), riconducendo sempre più spesso la fattispecie all’istituto della violenza (e, in particolare, della c.d. “violence économique”) anziché della lesione [7]. Quest’ultima ricostruzione – forse allo scopo d’impedire possibili riflessi negativi sulla sicurezza giuridica – è stata poi precisata tramite l’indicazione di condizioni (sempre di matrice giurisprudenziale) particolarmente stringenti, a partire dall’esigenza, mutuata dalla disciplina generale della violenza come vizio del consenso, di provare sempre, ai fini dell’anullamento dell’accordo, un comportamento attivo da parte dell’altro contraente: «seule l’exploitation abusive d’une situation de dépendance économique, faite pour tirer profit de la crainte d’un mal menaçant directement les intérêts légitimes de la personne, peut vicier de violence son consentement» [8].
Anche l’introduzione nel Code civil dell’abus de l’état de dépendance – come molte altre “novità” della riforma del 2016 – risulta così decisamente preannunciata dall’evoluzione del diritto vivente [9].
[1] Sul punto, cfr., per tutti, L. Andreu, N. Thomassin, Cours de droit des obligations, 5e éd., Paris, 2020, 124.
[2] L’ordinamento francese, a differenza di quello italiano, non conosce la distinzione fra nullità e annullabilità, prevedendo però un’articolazione fra le diverse figure di nullità. Si tratta, in estrema sintesi, di distinguere tradizionalmente nullità assoluta e relativa. Sulla distinzione la dottrina francese (c.d. “classica” e c.d. “moderna”) si è lungamente interrogata, rintracciando, di volta in volta, criteri discretivi e discipline differenti. Per alcuni minimi riferimenti alla letteratura francese precedente alla riforma, si rinvia – oltre che ai fondamentali (ma risalenti) studi di F. Drogoul (Essai d’une théorie général des nullités, Aix-en-Provence, 1902) e di R. Japiot (Des nullités en matière d’actes juridiques – Essai d’un théorie nouvelle, Dijon, 1909) – agli studi di E. Gaudemet, Thèorie générale des obligations, Paris, 1965, 147 ss.; Ph. Simler, La nullité partielle des actes juridiques, Paris, 1969; G. Couturier, La confirmation des actes nuls, Paris, 1972; Ch. Dupeyron, La régularisation des actes nuls, Toulouse, 1972; C. Guelfucci-Thibierge, Nullité, restitutions et responsabilité, Paris, 1992; M. Mekki, Nullité et validité en droit des contrats: un exemple de pensée par les contraires, in RDC, 2006, 679 ss.; e, più recentemente, all’interessante ricostruzione dottrinale di M. Boudot, Nullité, annulation et validation des actes dans la doctrine française des 19e et 20e siecles, in La théorie des nullités, a cura di M. Boudot e P. M. Vecchi, Paris, 2008, 79 ss. La riforma del 2016 ha cercato di fissare i caratteri fondamentali della disciplina della nullità (distinta in «judiciaire» e «conventionnelle» nonché, ai nostri fini, sempre in «absolue» e «relative»: artt. 1178-1185 Code civil), sollevando, per un verso, commenti positivi e, per un altro, vecchi e nuovi problemi. Per una panoramica della disciplina della nullità dopo la riforma, cfr. F. Terré, Ph. Simler, Y. Lequette, F.Chenedé, Droit civil. Les obligations, XII ed., 2019, 532, 611 ss.; M. Mekki, The French Reform of Contract Law: The Art of Redoing Without Undoing, in J. civ. l. stud., 2017, 244 ss.; G. Wicker, H. Boucard, Les sanctions relatives à la formation du contrat, in JCP, 2015, 21, 32 ss.; P. Puig, Le nullités abolues, quel avenir? – Les enjeux, in RDC, 2019, 130 ss.
Dalla nullité si distingue, invece, la caducité (che riguarda un contratto validamente perfezionato), cfr. Y. Buffelan-Lanore, Essai sur la otion de caducité des actes juridiques en droit civil, Paris, 1963; F. Garron, La caducité du contrat (Étude de droit privé), Aix-en-Provence, 1999; R. Chaaban, La caducitè des actes juridiques – Étude de droit civil, Paris, 2006; e, dopo la riforma del 2016 (che ha, fra l’altro, specificato i presupposti applicativi e gli effetti della caducité agli artt. 1186-1187), cfr. J.-B. Seube, L’article 1186 du projet: la caducité, in RDC, 2015, 769 ss.; Y.-M. Laithier, Dispositions relatives à la validité du cintrat, in La réforme du droit des contrats: du projet à l’ordonnance, a cura di Ph. Chauviré, Paris, 2016, 27 ss.; C. Zolynsky, Nullité et caducité, in Comparaison de la réforme du droit français des contrats et du régime de l’obligation avec le nouveau Code civil roumain, a cura di M. Bahar-Touchais, I, Paris, 2016, 261 ss.; Ph. Simmler, Commentaire de la réforme du droit des contrats et des obligations, II éd., Paris, 2018, 29 ss.; O. Deshayes, T. Genicon, Y.-M. Laithier, Réforme du droit des contrats, du régime général et de la preuve des obligations. Commentaire article par article, sub art. 1186, II éd., Paris, 2018, 392 ss.; N. Dissaux, C. Jamin, Réforme du droit des contrats du régime général et de la preuve des obligations: 10 articles à connaître, Paris, 2019, 34 ss. Nella letteratura italiana successiva alla riforma del Code civil, cfr. I. Maspes, Caducité et nullité successive: deux remedes en comparaison pour le controle fonctionnel du rapport contractuel, in Eur. dir. priv., 2020, 901 ss.
[3] Cfr. Cass. req. 27 avr. 1887, S. 1887, 1.372, D. 1888, 1, 263.
[4] Cfr. Cass. 5 juill. 1965, Bull. civ., V, n. 545.
[5] Per i problemi riconducibili alla disciplina dell’abuso di dipendenza (o di tematiche limitrofe) al di fuori del Code civil nonché per i problemi di coordinamento fra le diverse normative (generali e speciali) sull’argomento, v., infra, §§ 5 ss., spec. § 5.2.
[6] Nella letteratura francese, sul c.d. “solidarisme contractuel” (con riferimento anche al tema specifico dell’abuso di dipendenza), si rinvia alle diverse posizioni di J. Ghestin, Les obligations. Le contrat: formation, IV éd., Traités, Paris, 2013, 392, 294 ss.; S. Brunengo, Réforme du droit des obligations et modes amiables de résolutions des différends, in AA.VV., L’influence de la réforme du droit des obligations sur le droit des affaires, sous la direction de C. Bloch, A. Cerati-Gauthier, V. Perruchot-Triboulet, Paris, 2017, 4.13, 40-41; C. Jamin, Plaidoyer pour le solidarisme contractuel, in AA.VV., Études offertes à Jacques Ghestin, Paris, 2001, 441 s.; AA.VV., Le solidarisme contractuel, sous la direction de L. Grynbaum, M. Nicod, 2004; AA.VV., La nouvelle crise de contrat, sous la direction de C. Jamin, D. Mazeaud, Paris, 2003, 1 ss.; C. Jamin, Le solidarisme contractuel: un regard franco-québécois, IX conférence Albert Mayrard, Montréal, 2005, 5; A.-S. Courdier, Le solidarisme contractuel, Thèse Dijon, 2003; D. Mazeaud, Loyauté, solidarité, fraternité, la nouvelle devise contractuelle?, in AA.VV., Mélanges en hommage à F. Terré, Paris, 1999, 603; F. Terré, Ph. Simler, Y. Lequette, F.Chenedé, Droit civil. Les obligations, cit., 42, 46 ss.
[7] Cass. 30 mai 2000, n. 98-15.242, P I, n. 169; D. 2000, 879, note J.-P. Chazal; D. 2001, 1140, obs. D. Mazeaud, RTD civ., 2000, 827, obs. J. Mestre, B. Fages; RTD civ., 2000, 863, obs. P.-Y. Gautier.
[8] Cfr. Cass. 3 avr. 2002, n. 00-12.932, P I, n. 108, D. 2002, 1860, note J.-P. Gridel, note J.-P. Chazal; D. 2002, 2844, obs. D. Mazeaud; RTD civ., 2002, 502, obs. J. Mestre, B. Fages; RTD com., 2003, 86, obs. A. Françon. Nell’ottica di configurare una «violence économique» soltanto in presenza di un comportamento attivo dell’altro contraente, diretto ad approfittare delle circostanze per ottenere un vantaggio eccessivo, si muove anche Cass. 4 févr. 2015, n. 14-10920. Ancora di recente viene escluso ogni rimedio, a seguito dei presupposti applicativi particolarmente restrittivi di matrice pretoria, da Cass. 18 févr. 2015, n. 13-28.278, P I, n. 44; D. 2015, 432; D. 2016, 566; obs. M. Mekki; AJCA 2015, 221, obs. L. Perdrix, RTD Civ., 2015, 371, obs. H. Barbier.
[9] Secondo lo stesso “Rapport au Président de la République relatif à l’ordonnance no 2016-131 du février 2016 portant réforme du droit des contrats, du régime général et de la preuve des obligations”: «L’une des innovations essentielles du texte consiste à assimiler à la violence l’abus de la dépendance dans laquelle se trouve son cocontractant, ce que la jurisprudence de la Cour de cassation a admis dans des arrêts récents, et que la doctrine et les praticiens qualifient de «violence économique», même si le texte est en réalité plus large, et n’est pas circonscrit à la dépendance économique (article 1143)». Il testo integrale del Rapporto ufficiale del Ministero della Giustizia al Presidente della Repubblica è reperibile anche online: https://www.legifrance.gouv.fr/jorf/id/JORFTEXT0000
32004539. Questo Rapporto – seppure privo di portata (e, pertanto, di vincolatività) normativa (cfr. J.-S. Borghetti, Le nouveau droit français, entre continuité et européanisation, in Annuario del contratto 2016, a cura di A. D’Angelo, V. Roppo, Torino, 2017, 8; V. Rivollier, L’influence du droit européen et international des contrats sur la rèforme française du droit des obligations, in RIDC, 2017, 758-759) – fornisce sicuramente (come si avrà modo di apprezzare anche nel prosieguo della trattazione), specie in assenza dei lavori parlamentari della riforma del 2016 (data la scelta di procedere allora par ordonnance), numerosi utili elementi di riflessione sulla nuova disciplina del Code civil.
Nell’odierna (formulazione e) disciplina francese dell’abuso di dipendenza – già parzialmente nota, come si è visto, alla (dottrina e soprattutto alla) giurisprudenza nazionale – confluiscono peraltro significative suggestioni ed indicazioni provenienti dai più recenti modelli stranieri di ricodificazione, dai progetti di diritto privato europeo e di diritto uniforme (v., infra, § 3.1.), ma anche dai progetti nazionali susseguitisi, a partire dagli anni 2000, nelle diverse fasi dell’iter di riforma del Code civil (v., infra, § 3.2.).
L’intera riforma – consapevole, come dimostrato già dal Rapporto ufficiale del Ministro della Giustizia al Presidente della Repubblica, della sopravvenuta crisi di competitività dell’ordinamento francese [1] – mira a potenziare, seppur in osservanza dei principi di buona fede e giustizia contrattuale, soprattutto la sicurezza giuridica e l’attrattività complessiva del sistema [2].
Quest’aspirazione ad una maggior attrattività – “politico-culturale” (tale da riportar il Code civil ad essere “modello” per altri sistemi giuridici stranieri) ed “economica” (così da renderlo nuovamente appetibile come legge applicabile per opera delle parti) [3] – ha sicuramente contribuito a sviluppare nei redattori della riforma un’attenzione particolare nei confronti delle principali previsioni dei più recenti modelli nazionali stranieri di ricodificazione [4] nonché dei progetti di “soft law” europeo ed internazionale [5].
L’odierna disciplina dell’abuso di dipendenza s’inserisce così pienamente nell’alveo delle nuove disposizioni, più o meno direttamente, “ispirate” anche dall’esperienza giuridica straniera.
L’influenza maggiore sembra esercitata, nonostante le note premesse giuseconomiche di matrice perlopiù nordamericana [6], dai sistemi giuridici continentali e soprattutto – per ovvie ragioni di carattere, oltre che strettamente giuridico, socio-economico e culturale – dalla disciplina prospettata, anche all’esito della c.d. “Schuldrechtsmodernisierung”, dall’ordinamento tedesco [7].
Nell’ambito dell’odierno art. 138 del BGB – dopo la disciplina generale sulla nullità degli accordi stipulati in contrasto con la legge e con il buon costume – si prevede espressamente la nullità del contratto se prestazione e controprestazione «si pongono in evidente sproporzione» (i) e una delle parti ha sfruttato, per concludere l’accordo, «lo stato di costrizione, l’inesperienza, la mancanza di discernimento o la rilevante debolezza della volontà» dell’altra (ii) [8]. Si tratta di una scelta legislativa (condivisibile o meno, ma) chiara: l’art. 138 (§ 2) del BGB, in presenza dei suddetti presupposti applicativi, statuisce, infatti, la nullità del contratto. Ne deriva un indiscutibile riconoscimento della rilevanza – di carattere “generale” (e non più soltanto “speciale” o “particolare”) [9] – delle richiamate circostanze [10].
Nella stessa direzione, peraltro, si sono mossi – nonostante la resistenza ancor oggi manifestata dall’ordinamento (e, in particolare, dalla giurisprudenza) inglese [11] – diversi sistemi giuridici europei [12] ed altri li seguiranno presto [13].
Anche numerose previsioni contenute nei progetti di c.d. “soft law” europeo [14] – dall’art. 4:109 dei Principles of European Contract Law (P.E.C.L.) [15] all’art. II. – 7:207 del Draft Common Frame of Reference (D.C.F.R.) [16] – ed internazionale – a partire dall’art. 3.2.7 degli UNIDROIT Principles of International Commercial Contracts (cc.dd. “Unidroit Principles”) [17] – hanno riconosciuto, a loro volta, la rilevanza giuridica (e sistematica) dell’abuso dello stato di dipendenza [18].
Tali fonti (cc.dd. “persuasive”) – dopo avere riaffermato l’esigenza di riscontrare una significativa sproporzione fra le prestazioni contrattuali e, al contempo, un approfittamento da parte di un contraente della condizione di dipendenza dell’altro – hanno poi previsto, seppur attraverso formulazioni leggermente distinte fra loro, l’annullabilità dell’accordo, consentendo però, su domanda della parte legittimata all’annullamento, anche l’adeguamento giudiziale del contratto così da metterlo in armonia con quanto avrebbe potuto essere convenuto nel rispetto della buona fede e della correttezza. Al rimedio caducatorio del vincolo contrattuale si è così affiancato, ove possibile, il rimedio manutentivo dell’adeguamento [19].
[1] Nell’ambito del “Rapport au Président de la République relatif à l’ordonnance no 2016-131 du février 2016 portant réforme du droit des contrats, du régime général et de la preuve des obligations” s’individuano espressamente due obiettivi principali della riforma: «La sécurité juridique est le premier objectif poursuivi par l’ordonnance, qui vise tout d’abord à rendre plus lisible et plus accessible le droit des contrats, régime des obligations, et de la preuve [...] Le deuxième objectif poursuivi par l’ordonnance est de renforcer l’attractivité du droit français, au plan politique, culturel, et économique. La sécurité juridique conférée à notre droit des obligations, qui constitue le socle des échanges économiques, devrait ainsi faciliter son application dans des contrats de droit international».
[2] Quest’articolata impostazione emerge chiaramente laddove, sempre nel suddetto Rapport, si puntualizza come il perseguimento di una maggior attrattività del diritto francese non implica la rinuncia a «des solutions équilibrées, protectrices des parties, mais aussi efficaces et adaptées aux évolutions de l’économie du marché». Sul punto, cfr., per tutti, C. Champalaune, Les grands traits de la réforme, in AA.VV., Réforme du droit des contrats et pratique des affaires, diretto da Ph. Stoffel-Munck, Paris, 2015, 7 ss.; Ph. Stoffel-Munck, Les enjeux majeurs de la réforme «Attractivité, Sécurité, Justice», in AA.VV., Réforme du droit des contrats et pratique des affaires, diretto da Ph. Stoffel-Munck, Paris, 2015, 17 s., spec. 19 s.; A. Outin-Adam, F. Arnaud-Faraut, Attractivité. Les enjeux d’un droit français des affaires attractif et compétitif à l’international, in J.C.P., 2015, 25, 742.
[3] Questa duplice dimensione dell’attractivité – di carattere “politico-culturale” ed “economico” – è stata sottolineata dalla dottrina. Cfr., ex multis, G. Chantepie, M. Latina, Le nouveau droit des obligations. Commentaire théorique et pratique dans l’ordre du Code civil, II éd., Paris, 2018, 18 ss.; L. Usunier, L’attractivité du droit français au lendemain de la réforme du droit des contrats, ou le législateur à la pousuite d’une chimère, in RTDCiv., 2017, 344. Anche nella letteratura italiana l’aspetto è stato puntualmente rilevato: cfr. S. Balbusso, L’obiettivo del rafforzamento della attractivité nella riforma francese del diritto delle obbligazioni e dei contratti, in AA.VV., Dal “Fitness check” alla riforma del Codice civile. Profili metodologici della ricodificazione, a cura di P. Sirena, Napoli, 2019, 389 ss., spec. 395 ss.
[4] Anche quest’aspetto è stato puntualmente sottolineato nel “Rapport au Président de la République relatif à l’ordonnance no 2016-131 du février 2016 portant réforme du droit des contrats, du régime général et de la preuve des obligations”: «dans une économie mondialisée où les droits eux-mêmes sont mis en concurrence, l’absence d’évolution du droit des contrats et des obligations pénalisait la France sur la scène internationale. Tout d’abord, des pays qui s’étaient autrefois grandement inspirés du code Napoléon ont réformé leur propre code civil, en s’affranchissant du modèle français, trop ancien pour demeurer source d’inspiration, comme le Portugal, les Pays-Bas, le Québec, l’Allemagne ou l’Espagne, et il est apparu à cette occasion que le rayonnement du code civil français passait par sa rénovation. Mais en dehors même de cette dimension politique, l’enjeu au niveau international d’une telle réforme du droit français est économique: les rapports «Doing business» publiés par la Banque mondiale, mettant régulièrement en valeur les systèmes juridiques de Common law, ont notamment contribué à développer l’image d’un droit français complexe, imprévisible, et peu attractif. Dans ce contexte, se doter d’un droit écrit des contrats plus lisible et prévisible, en s’attachant à adopter une rédaction dans un style simple ainsi qu’une présentation plus claire et didactique, constitue un facteur susceptible d’attirer les investisseurs étrangers et les opérateurs souhaitant rattacher leur contrat au droit français». Quest’aspetto è stato sottolineato anche in letteratura. Cfr., per tutti, M. Mekki, The French Reform of Contract Law: The Art of Redoing Without Undoing, cit., 224 ss., spec. 227:«A stated objective is also to fit in with a globalized world where legal systems compete. French law must be modernized to remain a model or offer itself as a model again. While resisting the idea of restating French law as an attractive model, reforming the law of obligations projects the image of a rejuvenated and modern law, connected with the surrounding world».
Per una panoramica generale sull’argomento della concorrenza fra sistemi giuridici, si rinvia, senza pretese di completezza, ai contributi contenuti in AA.VV., La concorrenza tra ordinamenti giuridici, a cura di A. Zoppini, Roma-Bari, 2004 e in AA.VV., La competizione tra ordinamenti giuridici. Mutuo riconoscimento e scelta della norma più favorevole nello spazio giuridico europeo, a cura di A. Plaia, Milano, 2007.
[5] Lo stesso (più volte richiamato) “Rapport au Président de la République relatif à l’ordonnance no 2016-131 du février 2016 portant réforme du droit des contrats, du régime général et de la preuve des obligations” sottolinea l’influenza ed il ruolo dei progetti di “soft law” nel processo di riforma del Code civil: «Dans le même temps, au cours de ces vingt dernières années, les projets européens et internationaux d’harmonisation du droit des contrats se sont multipliés: les principes Unidroit relatifs aux contrats du commerce international publiés en 1994 et complétés en 2004, les principes du droit européen des contrats (PDEC) élaborés par la commission dite Lando, publiés entre 1995 et 2003, le projet de code européen des contrats ou code Gandolfi, publié en 2000, le projet de cadre commun de référence (DCFR), qui couvre tout le droit privé et a été remis officiellement au Parlement européen le 21 janvier 2008, et enfin les travaux menés par la société de législation comparée et l’association Henri Capitant des amis de la pensée juridique française qui ont abouti à la rédaction de principes contractuels communs (PCC) publiés en février 2008». Quest’aspetto è stato puntualmente sottolineato anche dalla dottrina italiana, cfr., ex multis, S. Patti, Il metodo scientifico di Reiner Schulze per l’armonizzazione del diritto privato europeo, in Riv. dir. civ., 2021, spec. 340-341.
Per una ricostruzione dei rapporti (a dir poco altalenanti) fra sistema giuridico francese e diritto privato europeo, cfr. F. Ancel, B. Fauvarque-Cosson, J. Gest, Aux sources de la réforme du droit des contrats, Paris, 2017, 9 s., spec. 15 s., 31 ss. (con recensione di W. Doralt, in Zeutschrift für Europäisches Privatrecht, 2018, 496 ss.); J.-S. Borghetti, Réforme du droit des contrats: un projet s’en vient, l’autre s’en va, in Recueil Dalloz, 2015, 24, 1376-1377; per alcune riflessioni generali circa il ruolo svolto dal diritto comparato e dai progetti di “soft law” nel perseguire gli obiettivi della riforma francese del 2016, cfr. H. Muir Watt, The Reform of the French Civil Code at a Distance: an International and Comparative Perspective, in Eur. Rev. Contr. Law, 2017, 445 ss., spec. 456 ss.
[6] Si tratta, in particolare, della letteratura giuseconomica sugli investimenti specifici o cc.dd. “idiosincratici” (con i conseguenti rischi di c.d. “hold-up”) nell’ambito dei contratti fra imprese. Cfr., ex multis, P.L. Joskow, Asset specificity and vertical integration, in P. Newman (ed.), The New Palgrave. Dictionary of Economics and the Law, I, London-New York, 1998, 107 ss.; Id., Vertical Integration and Long-Term Contracts: The Case of Coal Burning Electric Generating Plants, in J. L. Econ. & Org., 1985, 33 ss.; Id., Contract duration and relationship specific investments, in A.E.R., 1987, 168 ss.; Id., Asset specificity and the structure of vertical relationships: empirical evidence, in J. L. Econ. & Org., 1988, 95 ss.; O.E. Williamson, The economic institutions of capitalism: firms, markets, relational contracting, New York, 1985 (trad. it., Le istituzioni economiche del capitalismo: imprese, mercati, rapporti contrattuali, Milano, 1992); Id., Transaction Costs Economics: The Governance of Contractual Relations, in J. L. & Econ., 1979, 233-261, 245 ss. (trad. it., Teoria dei costi di transazione: il controllo delle relazioni contrattuali, in L’organizzazione economica, Bologna, 1991, 135-174); B. Klein, Hold up problem, in P. Newman (ed.), The New Palgrave. Dictionary of Economics and the Law, II, London-New York, 1998, 241 ss.; D.A. Graham, E.R. Peirce, Contract Modification: An Economic Analysis of the Hold-up Game, in Law & Contemp. Probs., 1989, 9 ss.; P.W. Schmitz, The Hold-up Problem and Incomplete Contracts: a Survey of Recent Topics in Contract Theory, in Bull. Econ. Res., 53, 2001, 1 ss.; P.G. Klein, New Institutional Economics, in Encyclopedia of Law and Economics, I. B. Bouckaert, G. De Geest (eds.), Cheltenham, 2000, 456 ss.; B. Klein, Why Hold-Ups Occur: The Self-enforcing Range of Contractual Range of Contractual Relationship, in Econ. Inq., 34, 1996, 444 ss.; Id., Fisher-General Motors and the Nature of the Firm, in J. L. & Econ., 2000, 105 ss.; R. H. Coase, The Acquisition of Fisher Body by General Motors, in J. L. & Econ., 2000, 15 ss.; Id., The Conduct of Economics: the Example of Fisher Body and General Motors, in J. E. M. S., 2006, 255 ss. Per una riflessione sulle richiamate premesse giuseconomiche nella letteratura italiana, cfr., per tutti, M. Granieri, Il tempo e il contratto. Itinerario storico-comparativo sui contratti di durata, Milano, 2007, 226 ss.; A. Nicita, Contratti incompleti, investimenti specifici e opportunismo, in A. Nicita, V. Scoppa, Economia dei contratti, Roma, 2015, 195 ss.
[7] Si tratta di un’influenza ormai ammessa, seppur a denti stretti, dalla stessa dottrina francese. Da ultimo, cfr. M. Cannarsa, La rèforme del Code civil 5 anni dopo: un modello per la ricodificazione italiana?, in questo fascicolo.
[8] Questo l’originale testo dell’art. 138 (§§ 1 e 2) BGB: «(1) Ein Rechtsgeschäft, das gegen die guten Sitten verstöβt, ist nichtig. (2) Nichtig ist insbesondere ein Rechtsgeschäft, durch das jemand unter Ausbeutung der Zwangslage, der Unerfahrenheit, des Mangels an Urteilsvermögen oder der erheblichen Willensschwäche eines anderen sich oder einem Dritten für eine Leistung Vermögensvorteile versprechen oder gewähren lässt, die in einem auffälligen Missverhältnis zu der Leistung stehen». Nel testo si richiamano degli estratti della traduzione italiana ad opera di S. Patti (Codice civile tedesco. Bürgerliches Gesetzbuch, Milano, 2005, 69).
[9] Figure parzialmente similari erano già contenute (e continuano ad esserlo) anche in alcuni testi di diritto “speciale”. Per alcuni riferimenti al dibattito sulla disciplina “speciale” (tedesca e francese) del (recente) passato, v., per tutti, M. R. Maugeri, Abuso di dipendenza economica e autonomia privata, Milano, 2003, 23 ss., 67 ss. Sulla centralità della disciplina “speciale” nell’intento di ricostruire l’intero sistema dell’abuso dello stato di dipendenza contrattuale, cfr., infra, § 5.2.
[10] Per un’analisi compiuta, a partire dall’art. 138, § 2, BGB (ma con interessanti riferimenti anche al panorama dei diversi Stati nazionali e dei progetti di c.d. “soft law”), cfr. H. Kotz, S. Patti, Diritto europeo dei contratti, II ed., Milano, 2017, 187 ss., spec. 189 ss.
[11] Cfr. National Westminster Bank v. Morgan [1985], in 1 All E.R. 821, 830. Nella dottrina inglese non mancano, invece, voci di diverso avviso, cfr., per tutti, già S.M. Waddams, Unconscionability in Contracts, in Mod. L. Rev. 39, 1976, 369.
Una posizione decisamente diversa sembra essere stata assunta dell’ordinamento statunitense. In particolare, l’art. 2-302 UCC sancisce la nullità di un contratto o di una clausola contrattuale considerata “unconscionable” dal giudice. Per una riflessione sistematica di diritto comparato sulla disciplina statunitense e, in particolare, sulla unconscionability e sull’economic duress, v. B. Tassone, «Unconscionability» e abuso di dipendenza economica, in Riv. dir. priv., 2001, 527 ss. e, più di recente, F. Castronovo, Violenza economica e annullamento del contratto. Esperienze straniere e diritto italiano, Milano, 2021, 27 ss., 37 ss. Quest’ultimo autore sottolinea, in particolare, la funzione euristica del diritto comparato, suggerendo, a partire dall’economic duress (c.d. “violenza economica”), una rilettura della disciplina italiana dei vizi della volontà diretta a valorizzare – attraverso la figura della violenza economica – l’art. 1435 cod. civ. it. ed il rimedio dell’annullamento del contratto.
[12] Si pensi, per esempio, all’attuale disciplina del codice civile austriaco (§ 879, c. 2, n. 4, ABGB), greco (art. 179), portoghese (art. 282), polacco (art. 388), ungherese (artt. 201, c, 2, e 202), nonché alla legge svedese sui contratti (§ 31). Nello stesso senso, malgrado non sia richiesta la sproporzione delle prestazioni contrattuali, si muove anche il codice civile olandese (art. 3:44, III, BW).
[13] Il riferimento è soprattutto alla prossima riforma belga. Il 24 febbraio 2021 è stata ufficialmente depositata alla Camera dei Rappresentanti una proposta di riforma del Libro 5 “Les obligations” del codice civile belga con importanti riferimenti e novità sull’argomento. Questo il testo della proposta di riforma: «Art. 5.41. Abus de circonstances – (1) Il y a abus de circonstances lorsque, lors de la conclusion du contrat, il existe un déséquilibre manifeste entre les prestations par suite de l’abus par l’une des parties de circonstances liées à la position de faiblesse de l’autre partie. (2) En ce cas, la victime peut prétendre à l’adaptation de ses obligations par le juge et, si l’abus est déterminant, à la nullité relative». Si tratta di previsioni che confermano, come in altri Paesi, le riflessioni sviluppate dalla precedente dottrina e giurisprudenza sull’opportunità dell’introduzione legislativa di una figura di portata generale (la c.d. “lésion qualifiée”) nel caso di contratti caratterizzati ab initio da uno squilibrio manifesto fra le prestazioni derivante dall’abusivo sfruttamento da parte di un contraente della posizione di debolezza dell’altro contraente. Nella prospettiva rimediale si riconosce la centralità del rimedio manutentivo dell’adeguamento (seppur in assenza di criteri d’intervento giudiziale) e, nel caso di abuso determinante, della nullità (relativa) del contratto. Il 21 aprile 2022, la Camera dei rappresentanti ha ufficialmente adottato il Libro I (“Dispositions générales”) e il Libro V (“Droit des obligations”) del nuovo Codice civile: la loro definitiva entrata in vigore è prevista 6 mesi dopo la pubblicazione sul Moniteur belge (dunque, con ogni probabilità, per fine 2022 o inizio 2023). In letteratura, cfr. L. Cornelis, Algemene theorie, 2000, n° 54 ss.; A. De Bersaques, L’oeuvre prétorienne de la jurisprudence en matière de lésion, in Mélanges Jean Dabin, II, Bruxelles, 1963, 487-518; C. Goux, L’erreur, le dol et la lésion qualifiée: analyse et comparaisons, in T.B.B.R./R.G.D.C., 2000, 6-41; J.-F. Romain, Regain de la lésion qualifiée en droit des obligations, in Journal des tribunaux, 1993, 749 ss.; Id., Théorie critique du principe général de bonne foi en droit privé, Bruxelles, 2000, n° 176 ss. La giurisprudenza, pur ammettendola, ha sempre fatto un’applicazione modesta della figura (e soltanto in casi piuttosto chiari dove ricorrevano chiaramente tutti i presupposti applicativi richiamati dall’elaborazione dottrinale sull’argomento). Nella giurisprudenza di legittimità, cfr. Cass., 9 novembre 2012 in R.W., 2012-13, 1416, note E. Adriaens, in T.B.B.R., 2013, 168, in T. Not., 2013, 363, in Not. Fisc. M., 2013, 119, note H. Casman; Cass. 29 avril 1993, in Journal des tribunaux, 1993, 749 ss.; e nella giurisprudenza di merito, cfr. Anvers, 5 septembre 2011, in T.B.B.R./R.G.D.C., 2014, 76; Mons, 14 février 2000, in Journal des tribunaux, 2000, 469.
[14] Sempre nell’ambito del c.d. “soft law” rientra anche il Progetto di codice europeo dei contratti dell’Accademia dei Giusprivatisti europei di Pavia (c.d. “Progetto Gandolfi”). In particolare, l’art. 30, c. 3, recita così: «Est rescindable, [...], tout contrat par lequel une des parties, abusant de la situation de danger, de nécessité, d’incapacité de comprendre et de vouloir, d’inexpérience, d’assujettissement économique ou moral de l’autre partie, fait promettre ou fournir à elle-même ou à des tiers une prestation ou d’autres avantages patrimoniaux manifestement disproportionnés par rapport à la contrepartie qu’elle a fournie ou promise». Sul punto, cfr. Code Europeen des Contrats, Avant-projet, I, Milano, 2002, spec. 146. Nella (più recente) letteratura francese, cfr. H. Barbier, La violence par abus de dépendance, in JCP, 2016, 15, 421 ss.; E. Claudel, L’abus de dépendance économique: un sphinx renaissant de ses cendres? (commentaire de l’article 1143 nouveau du code civil et de la proposition de loi visant à mieux définir l’abus de dépendance économique), in RTD com., 2016, 460 ss.
[15] Ai sensi dell’art. 4:109 dei Principles of European Contract Law (PECL): «(1) A party may avoid a contract if, at the time of the conclusion of the contract: (a) it was dependent on or had a relationship of trust with the other party, was in economic distress or had urgent needs, was improvident, ignorant, inexperienced or lacking in bargaining skill, and (b) the other party knew or ought to have known of this and, given the circumstances and purpose of the contract, took advantage of the first party’s situation in a way which was grossly unfair or took an excessive benefit. (2) Upon the request of the party entitled to avoidance, a court may, if it is appropriate, adapt the contract in order to bring it into accordance with what might have been agreed had the requirements of good faith and fair dealing been followed. (3) A court may similarly adapt the contract upon the request of a party receiving notice of avoidance for excessive benefit or unfair advantage, provided that this party informs the party who gave the notice promptly after receiving it and before that party has acted in reliance on it». Per un’attenta riflessione sull’art. 4:109 dei PECL, cfr. C. Castronovo, Un contratto per l’Europa, in Principi di diritto europeo dei contratti, I e II, a cura di C. Castronovo, Milano, 2001, XIII ss., spec. XXXVI ss.
[16] L’Article II. – 7:207 (Unfair exploitation) del Draft Common Frame of Reference (DCFR) recita: «(1) A party may avoid a contract if, at the time of the conclusion of the contract: (a) the party was dependent on or had a relationship of trust with the other party, was in economic distress or had urgent needs, was improvident, ignorant, inexperienced or lacking in bargaining skill; and (b) the other party knew or could reasonably be expected to have known this and, given the circumstances and purpose of the contract, exploited the first party’s situation by taking an excessive benefit or grossly unfair advantage. (2) Upon the request of the party entitled to avoidance, a court may if it is appropriate adapt the contract in order to bring it into accordance with what might have been agreed had the requirements of good faith and fair dealing been observed. (3) A court may similarly adapt the contract upon the request of a party receiving notice of avoidance for unfair exploitation, provided that this party informs the party who gave the notice without undue delay after receiving it and before that party has acted in reliance on it». Sul punto, cfr., per tutti, Principles, Definitions and Model Rules of European Private Law. Draft Common Frame of Reference (D.C.F.R.), a cura di C. von Bar e E. Clive, Full edition, v. I, Munich 2009, spec. 507 ss.
[17] Questo il testo dell’articolo 3.2.7 (Gross disparity) dei cc.dd. “Unidroit Principles” (versione 2016): «(1) A party may avoid the contract or an individual term of it if, at the time of the conclusion of the contract, the contract or term unjustifiably gave the other party an excessive advantage. Regard is to be had, among other factors, to (a) the fact that the other party has taken unfair advantage of the first party’s dependence, economic distress or urgent needs, or of its improvidence, ignorance, inexperience or lack of bargaining skill, and (b) the nature and purpose of the contract. (2) Upon the request of the party entitled to avoidance, a court may adapt the contract or term in order to make it accord with reasonable commercial standards of fair dealing. (3) A court may also adapt the contract or term upon the request of the party receiving notice of avoidance, provided that that party informs the other party of its request promptly after receiving such notice and before the other party has reasonably acted in reliance on it. Article 3.2.10(2) applies accordingly». Sull’argomento, anche per un rapporto con l’art. 4:109 dei PECL, si rinvia alla recente analisi di F. Castronovo, Violenza economica e annullamento del contratto. Esperienze straniere e diritto italiano, cit., 121 ss.
[18] Per una panoramica francese sull’argomento nell’ambito della disciplina dei progetti di c.d. “soft law” si rinvia alle riflessioni di G. Loiseau, Les vices du consentement, in CCC, 2016, 18. Nella letteratura italiana, cfr., ex multis, A. Gorgoni, I vizi del consenso nella riforma del Code civil: alcuni profili a confronto con la disciplina italiana, in Pers. merc., 2018, 107, nt. 103; Id., I vizi del consenso nel Code civil: un confronto con la disciplina italiana, in Giur. it., 2018, 1231, nt. 102; F. Rende, Abus de dépendance e controllo del regolamento contrattuale, in Pers. merc., 2021, 21 ss., spec. 26 ss.; M. Farina, Unfair Terms and Supplementation of the Contract, in ERPL, 2021, 461, nt. 51.
[19] Tale disciplina – sostanzialmente condivisa, come si è detto, da PECL, DCFR e Unidroit Principles – dev’essere tenuta distinta, invece, dalla soluzione rimediale prospettata dal c.d. “Progetto Gandolfi”, laddove si delinea soltanto, in presenza dei medesimi presupposti applicativi, la rescindibilità del contratto.
Un’attenzione particolare è stata poi riservata allo stato di dipendenza dei contraenti da tutti i principali progetti francesi di riforma del diritto dei contratti che hanno preceduto l’odierna formulazione dell’art. 1143 del Code civil.
Già il primo progetto di riforma – il c.d. “Avant-projet Catala” [1] (2005) – dedicava una disciplina specifica all’argomento, assimilando, anche ai fini più strettamente rimediali, all’ipotesi della violenza «lorsqu’une partie s’engage sous l’empire d’un état de nécessité ou de dépendance, si l’autre partie exploite cette situation de faiblesse en retirant de la convention un avantage manifestement excessif» (art. 1114-3, al. 1) [2]. Si trattava – come sottolineato allora nel Rapporto ufficiale della Commissione al Ministro della Giustizia – di una “innovation réelle” diretta a consacrare, per la prima volta anche a livello legislativo, la rilevanza giuridica dell’abuso di dipendenza [3]. A tal fine, probabilmente anche sulla scia dei primi suddetti progetti di c.d. “soft law”, si richiedeva la verifica dell’eccessivo vantaggio conseguito da un contraente a seguito dell’abusivo sfruttamento della situazione di debolezza (“situation de faiblesse”) derivante da uno stato di necessità o di dipendenza dell’altro contraente [4].
Anche il secondo progetto di riforma – il c.d. “Projet Terré” [5] (2008) – disciplinava, dopo avere stabilito l’irrilevanza generale dello squilibrio tra le prestazioni (laddove non espressamente previsto e regolato dal legislatore), l’abuso dello stato (di necessità o) di dipendenza. Questo secondo progetto [6] non riconduceva più l’istituto – seppur in presenza sostanzialmente dei medesimi presupposti applicativi – ad una nuova forma di violenza, preferendo delineare, invece, una “lésion qualifiée” [7]. Non solo: l’art. 66 del “Projet Terré” consentiva alla parte pregiudicata di conseguire prioritariamente l’adeguamento giudiziale – pur in assenza d’indicazioni chiare su modalità e criteri di revisione contrattuale – al fine di ristabilire l’equilibrio fra le prestazioni. Soltanto laddove tale riequilibrio risultasse materialmente impossibile, il giudice avrebbe dovuto dichiarare la nullità del contratto.
Nell’ambito del più recente “Projet de la Chancellerie” [8] (2015), sulla cui base è stata poi forgiata l’attuale riforma del diritto dei contratti [9], si è tornati, invece, a ricondurre l’abuso dello stato di dipendenza alla violenza [10] e – dopo la fase successiva di consultazione pubblica [11] (apertasi nel 2015, subito dopo la presentazione ufficiale del “Projet de la Chancellerie”, fra istituzioni, imprese e categorie professionali e accademiche interessate) [12] – si è poi ristretto l’ambito applicativo dell’intera disciplina: si è previsto, per un verso, l’inserimento fra i presupposti normativi (oltre allo sfruttamento abusivo e determinante dello stato di dipendenza) del conseguimento di un vantaggio manifestamente eccessivo (tralasciato dall’originario testo dell’art. 1142 del “Projet de la Chancellerie”, ma noto all’esperienza tedesca e dei progetti di “soft law”) [13] e, per un altro, l’eliminazione di ogni (confuso e generico) riferimento (presente nei precedenti progetti nazionali di riforma) all’état de nécessité e alla situation de faiblesse dalla formulazione dell’art. 1143 dell’ordonnance n. 2016-131 del 10 febbraio 2016 [14].
[1] Per una panoramica sul c.d. “avant projet Catala”, senza nessuna pretesa di completezza, cfr. P. Catala, Présentation générale de l’avant projet, in Avant-projet de réforme du droit des obligations et de la prescription, Paris, 2006, 2 ss.; B. Fauvarque-Cosson, La réforme du droit français des contrats: perspective comparative, in RDC, 2006, 147 ss.; R. Cabrillac, Réforme du droit des contrats: révision-modification ou révision-compilation?, in RDC, 2006, 25 ss.; P. Malaurie, Présentation de l’avant projet de réforme du droit des obligations et du droit de la prescription, in RDC, 2006, 7 ss.; D. Tallon, Teneur et valeur du projet appréhendé dans une perspective comparative, in RDC, 2006, 131 ss.; O. Lando, L’avant-projet de réforme du droit des obligations et les principes du droit européen du contrat: analyse de certaines différences, in RDC, 2006, 167 ss.
[2] Questo il testo ufficiale dell’art. 1114-3 del c.d. “Avant-projet Catala”: «(1) Il y a également violence lorsqu’une partie s’engage sous l’empire d’un état de nécessité ou de dépendance, si l’autre partie exploite cette situation de faiblesse en retirant de la convention un avantage manifestement excessif (2) La situation de faiblesse s’apprécie d’après l’ensemble des circonstances en tenant compte, notamment, de la vulnérabilité de la partie qui la subit, de l’existence de relations antérieures entre les parties ou de leur inégalité économique».
[3] Queste le considerazioni contenute nel Rapporto ufficiale della Commissione al Ministro della Giustizia: «L’innovation réelle provient de la consécration de l’idée d’exploitation abusive d’une situation de faiblesse provoquée par un état de nécessité ou de dépendance. L’opportunité de retenir en ce cas la violence, récemment débattue, se trouve reconnue sous la forme d’un nouvel article 1114-3 qui précise également les critères en fonction desquels ce cas particulier de violence sera apprécié» (Validité du contrat – Consentement (art. 1108 à 1115-1), par Y. Lequette, G. Loiseau, Y.-M. Serinet, in AA.VV., Avant-Projet de reforme du droit des obligations (Articles 1101 à 1386 du Code civil) et du droit de la prescription (Articles 2234 à 2281 du Code civil) – Rapport à Monsieur Pascal Clément, Garde des Sceaux, Ministre de la Justice, 22 Septembre 2005).
[4] Lo stesso Catala ha sottolineato l’influenza significativa dei progetti di “soft law” europeo (e, in particolare, dei Principles of European Contract Law) già sull’avvio delle prime proposte di riforma del Code civil: «Le déclic provint d’un colloque organisé par la faculté de Sceaux qui mettait en parallèle le droit français avec le ‘principes européens du droit des contrats’issus des travaux de M. Landö» (P. Catala, Présentation générale de l’avant-projet, in L’‘avant projet Catala’ (progetto di riforma del diritto delle obbligazioni e della prescrizione – artt. 1101/1386 e 2234/2281 del Code civil – redatto da una Commissione di civilisti francesi diretta da Pierre Catala), a cura di G.B. Ferri, P. Spada, Milano, 2008, 16). Nello stesso senso, cfr. F. Ancel, B. Fauvarque-Cosson, J. Gest, Aux sources de la réforme du droit des contrats, cit., 20 s.; Iid., The Process of Elaboration of the Reform of the Law of Contract, in J. Cartwright, S. Whittaker (eds.), The Code Napoléon rewritten. French Contract Law after the 2016 Reforms, Oxford-Portland, 2017, 21 (l’opera collettanea è stata peraltro pubblicata successivamente anche in lingua francese: J. Cartwright, B. Fauvarque-Cosson, S. Whittaker (eds.), La réécriture du Code civil. Le droit français des contrats après la réforme de 2016, Paris, 2018). Sottolinea peraltro come la genesi dell’«Avant projet Catala» possa leggersi come una sorta di reazione nazionale ai progetti di «soft law», rilevando così anche un orientamento complessivamente antieuropeo dell’epoca, D. Mazeaud, La rèforme du droit français des contrats: trois projets en concurrence, in Liber amicorum Christian Larroumet, Paris, 2009, 330.
[5] Per un’interessante panoramica delle principali caratteristiche del c.d. “Projet Terrè”, cfr., ex multis, D. Mazeaud, Nouvelle rhapsodie doctrinale pour une réforme du droit des contrats, in Recueil Dalloz, 2009, 1364 ss. Nella nostra letteratura, cfr. L. Falletti, L’Avant-projet di riforma del libro III del Code civil dell’Académie des sciences morales et politiques, in Eur. dir. priv., 2010, 1133 ss.
[6] L’art. 66, al. 1, del c.d. “Projet Terré” recitava così: «Toutefois, lorsqu’un contractant, en exploitant l’état de nécessité ou de dépendance de l’autre partie ou sa situation de vulnérabilité caractérisée, retire du contrat un avantage manifestement excessif, la victime peut demander au juge de rétablir l’équilibre contractuel. Si ce rétablissement s’avère impossible, le juge prononce la nullité du contrat».
[7] Cfr. F. Chénedé, Le nouveau droit des obligations et des contrats. Consolidations – Innovations – Perspectives, Paris, II ed., 2018, 63; nella letteratura italiana recente, cfr. F. Rende, Abus de dépendance e controllo del regolamento contrattuale, in Pers. merc., 2021, 21 ss., spec. 22, nt. 5.
[8] Il richiamato “Projet de la Chancellerie” non è, in verità, il primo progetto di riforma elaborato dal Ministero della Giustizia e denominato “Projet de la Chancellerie”. Già nel 2008, infatti, il Ministero – interpellando anche il mondo delle professioni (cfr. Table ronde: Le regnard des professionnels, in RDC, 2009, 351 ss.) – aveva, poco prima della diffusione del c.d. “Projet Terré”, predisposto un altro progetto di riforma del Code civil. Per una prima ricostruzione del dibattito dottrinale generato dal “Projet de la Chancellerie” del 2008, cfr., ex multis, F. Ancel, Genése, sources, esprit, structure et méthode, in RDC, 2009, 275; R. Cabrillac, Le projet de réforme du droit des contrats (premières impressions), in JCP, 2008, 40, 17 s.; D. Mazeaud, Réforme du droit des contrats: haro, en Hérault, sur le projet!, in Recueil Dalloz, 2008, 2675 ss.; M. Fabre-Magnan, Réforme du droit des contrats: «un très bon projet», in JCP, 2008, 43, 14; P. Malinveaud, Le «contenu certain» du contrat dans l’avant-projet «chancellerie» de code des obligations ou le «stoemp» bruxellois aux légumes, in Recueil Dalloz, 2008, 36, 2551 ss; P. Ancel, P. Brun, V. Forray, O. Gout, G. Pignarre, S. Pimont, Points de vue convergents sur le projet de réforme du droit des contrats, in JCP, 2008, 48, 19; P. Malaurie, Petite note sur le projet de réforme du droit des contrats, in JCP, 2008, 44, 17 ss.; A. Ghozi, Y. Lequette, La réforme du droit des contrats: brèves observations sur le projet de la Chancellerie, in Recueil Dalloz, 2008, 2609 ss., 2612. Nella letteratura italiana, anche in un’ottica comparativa con l’“Avant projet Catala” e con il “Projet Terré”, cfr. M. Girolami, Modernità e tradizione nel diritto dei contratti: i progetti di riforma del Code Napoléon nella prospettiva del diritto italiano, in Riv. dir. civ., 2012, 243 ss., spec. 258 ss.
[9] Sull’iter di approvazione della riforma del Code civil (avviato con la promulgazione della legge n. 2015-177 del 16 febbraio 2015, che affida al Governo il compito di modificare «par voie d’ordonnance» il Libro III del codice civile) e sul ruolo assunto dal c.d. “Projet de la Chancellerie” (presentato il 25 febbraio 2015 e, dopo le modifiche conseguenti ad una consultazione pubblica con le istituzioni, le categorie professionali interessate e i cittadini nonché dopo il parere favorevole del Consiglio di Stato, portato all’approvazione del Consiglio dei Ministri), cfr. G. Alpa, Réflexions sur le projet français de reforme du droit des contrats, in R.I.D.C., 2015, 878 s. (pubblicato anche in italiano: Note sul progetto francese di riforma del diritto dei contratti, in Riv. crit. dir. priv., 2015, 177 s.); C. Champalaune, Les grands traits de la réforme, cit., 14. Per una panoramica generale sul c.d. “Projet de la Chancellerie” (2015), cfr., per tutti, M. Mekki, Les principes généraux du droit des contrats au sein du projet d’ordonnance portant sur la réforme du droit des obligations, in Recueil Dalloz, 2015, 14, 816 ss.
[10] L’art. 1142 del c.d. “Projet d’ordonnance” recitava così: «Il y a également violence lorsqu’une partie abuse de l’état de nécessité ou de dépendance dans lequel se trouve l’autre partie pour obtenir un engagement que celle-ci n’aurait pas souscrit si elle ne s’était pas trouvée dans cette situation de faiblesse». Anche con interessanti richiami alla giurisprudenza francese precedente, cfr. P. Ancel, Article 1142: violence économique, in RDC, 2015, 747; H. Barbier, Le vice du consentement, pour cause de violence économique, in Dr. et patr., 2014, 240, 50.
[11] La consultazione pubblica – nonché le discussioni e le modifiche successive – hanno comportato novità non soltanto nel contenuto, ma anche nella numerazione del Code civil. L’abus de l’état de dépendance, anziché essere disciplinato nell’ambito dell’art. 1142, è stato così trasposto nell’ambito dell’odierno art. 1143.
[12] Centrale nelle diverse fasi di elaborazione della riforma del Code civil è sempre stato il dialogo fra i formanti nonché fra le parti sociali. Sul punto, cfr., per tutti, M. Mekki, The French Reform of Contract Law: The Art of Redoing Without Undoing, cit., 224-225, 238-239.
[13] Sulla previsione del presupposto applicativo del vantaggio manifestamente eccessivo nell’odierno art. 138 BGB (ed in numerosi progetti di “soft law”), cfr., supra, § 3.1.
[14] Sul riferimento (spesso confuso e generico) all’état de nécessité e alla situation de faiblesse nell’ambito dei precedenti progetti nazionali di riforma, cfr., supra, § 3.2. Questa la formulazione ufficiale dell’art. 1143 Code civil contenuta nell’ordonnance del 2016: «Il y a également violence lorsqu’une partie, abusant de l’état de dépendance dans lequel se trouve son cocontractant, obtient de lui un engagement qu’il n’aurait pas souscrit en l’absence d’une telle contrainte et en tire un avantage manifestement excessif». Il processo di ridimensionamento della portata della disciplina è stato così chiaramente descritto: «Devant la crainte d’une utilisation trop fréquente du texte qui aurait conduit à l’annulation de conventions en raison de l’état de faiblesse de l’une des parties, état potentiellement inconnu de l’autre, l’ordonnance a fait le choix d’en restreindre doublement l’application: tout d’abord seul l’état de dépendance est désormais visé (la référence à l’état de faiblesse a disparu), ensuite la nullité n’est encourue que lorsque le cocontractant a tiré un avantage excessif de la situation» (O. Deshayes, La formation des contrats, in RDC, 2016, 21 ss.).
Neanche la formulazione dell’art. 1143 dell’ordonnance ha rappresentato, però, la fine dell’«epopea» della disciplina dell’abuso di dipendenza nell’ordinamento francese poiché la versione definitiva è frutto delle ulteriori modifiche apportate al testo nell’ambito della successiva loi de ratification n. 2018-287 del 20 aprile 2018 [1].
In quest’occasione, il legislatore francese – posto davanti alla contrapposizione (prevalentemente dottrinale) fra chi suggeriva di «ratifier sans aucune modification» [2] e chi, viceversa, proponeva di «véritablement réformer la réforme» [3] – ha scelto, in effetti, d’intervenire soltanto in alcuni (limitati) settori specifici fra cui, però, proprio la disciplina dell’abuso di dipendenza [4]. A seguito delle persistenti critiche riguardanti la precedente formulazione, ritenuta troppo generica e potenzialmente foriera di situazioni d’incertezza, la loi de ratification del 2018 è tornata così specificamente a rivedere la disciplina dell’abuso di dipendenza, confermando tutti i suddetti presupposti applicativi e precisando, al contempo, la rilevanza esclusiva, ai fini dell’applicazione della norma, della dipendenza di una parte nei confronti della controparte («son cocontractant à son égard») senza riconoscere nessun rilievo alla condizione generale di dipendenza di un contraente nei confronti di terzi [5]. Ne deriva un’inevitabile (ed ulteriore) limitazione dell’ambito applicativo della norma [6] che suggerisce all’interprete di valutare, seppure brevemente, l’odierna complessiva incidenza dei presupposti e delle possibili conseguenze della nuova disciplina del Code civil [7].
[1] Per una visione generale sulla loi de ratification, si rinvia – oltre ai saggi contenuti rispettivamente in Revue des contrats, 2018 (hors-série), Le nouveau droit des obligations après la loi de ratification du 20 avril 2018 (Paris, 7 juin 2018), in Actualité Juridique Contrat, 2018, 251 ss., Dossier – La ‘réforme de la réforme’ du droit des obligations: (I) Le contrat, e (sempre) in Actualité Juridique Contrat, 2018, 303 ss., Dossier – La ‘réforme de la réforme’ du droit des obligations: (II) Régime des obligations et application de la loi de ratification dans le temps – all’analisi di B. Mallet-Bricout, Une ratification multidimensionnelle – À propos de la loi de ratification n. 2018-287 du 20 avril 2018, in RTDCiv., 2018, 740 ss.; P. Delebecque, ‘Rèforme de la réforme’ du droit des contrats: en attendant la jurisprudence, la parole est aux pouvoirs publics, in Actualité Juridique Contrat, 2018, 197; D. Houtcieff, Loi de ratification de l’ordonnance de réforme du droit des contrats, de la preuve et du régime général des obligations: le droit schizophréne, in Gazette du Palais, 2018, 15, 14 ss.; T. Andrieu, La réforme du droit des contrats ratifiée: la cohérence et la sécurité juridique préservées, in Gaz. Pal., 2018, 16, 13 ss.; A. Bénabent, Application dans le temps de la loi de ratification de la réforme des contrats (art. 16 de la loi du 20 avr. 2018), in Recueil Dalloz, 2018, 1024 ss.
[2] Cfr. M. Mekki, Plaidoyer pour une ratification à la marge de l’ordonnance du 10 février 2016 sur la réforme du droit des obligations, in Gaz. Pal., 2017, 11; Id., Pour une ratification minimaliste de l’ordonnance du 10 février 2016, Propositions en droit des contrats: Less is more..., in AJ contrat, 2017, 462; N. Molfessis, Pour une ratification séche de l’ordonnance du 10 février 2016 portant réforme du droit des contrats, in JCP, 2017, 1045.
[3] Questo, per esempio, l’orientamento emergente dall’intero dossier Améliorer les textes issus de la réforme du droit des contrats, in RDC, 2017, 165 ss. Per una panoramica sulla richiamata contrapposizione dottrinale, cfr., per tutti, S. Pellet, La formation du contrat, in AJ Contrat, 2018, 254 ss.
[4] Cfr., ex multis, D. Mazeaud, Quelques mots sur la réforme de la réforme du droit des contrats, in Recueil Dalloz, 2018, 912 ss.; O. Deshayes, T. Genicon, Y.M. Laithier, Ratification de l’ordonnance portant réforme du droit des contrats, du régime général et de la preuve des obligations. Loi n. 2018-287 du 20 avril 2018, in JCP, 2018, 885 ss., spec. 886. Questi ultimi parlano espressamente di una «ratification-rectification, dont l’ampleur est finalement modeste au regard du nombre de dispositions du Code civil réécrites par l’ordonnance». Nella letteratura italiana, per una specifica ricostruzione delle modifiche alla disciplina dell’abuso di dipendenza nell’ambito dell’approvazione della loi de ratification, cfr. D. Imbruglia, La Loi de ratification dell’Ordonnance di ricodificazione e il ruolo del giudice, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2019, 1257 ss., spec. 1278 ss.
[5] Questa, invece, la formulazione definitiva dell’art. 1143 Code civil (dopo l’approvazione della loi de ratification): «Il y a également violence lorsqu’une partie, abusant de l’état de dépendance dans lequel se trouve son cocontractant à son égard, obtient de lui un engagement qu’il n’aurait pas souscrit en l’absence d’une telle contrainte et en tire un avantage manifestement excessif».
[6] La natura di vera e propria riduzione dell’ambito applicativo della norma (e non di una semplice interpretazione restrittiva della stessa) è sottolineata con decisione da M. Mekki, La loi de ratification de l’ordonnance du 10 février 2016 – Une réforme de la réforme?, in Recueil Dalloz, 2018, 900 ss. Quest’orientamento risulta peraltro sostanzialmente pacifico nella dottrina francese, cfr., ex multis, B. Fages, Droit des obligations, X éd., Paris, 2020, 123.
[7] Per una panoramica dei presupposti applicativi della norma, cfr., per tutti, F. Terré, Ph. Simler, Y. Lequette, F.Chenedé, Droit civil. Les obligations, cit., 320, 358 ss.
Alla (più recente) limitazione della nuova disciplina soltanto ai rapporti fra contraenti – all’esito, come si è detto, dell’esclusione di ogni rilevanza della violenza esercitata dal terzo [1] – si affiancano, infatti, gli ulteriori (e precedenti) presupposti dello stato di dipendenza (i), della prova dello sfruttamento abusivo della situazione di dipendenza (ii), del carattere determinante della violenza (iii) e del conseguimento di un vantaggio manifestamente eccessivo (iv).
Innanzitutto, il presupposto generale dello stato di dipendenza (i) se, per un verso, conferma la scelta di non limitare la disciplina (come pure era stato richiesto, da ultimo, dal Senato nell’iter di approvazione della loi de ratification) alle circostanze di dipendenza “economica” (nell’ambito dei rapporti fra imprese) [2], per un altro, conferma anche l’esclusione, ormai definitiva, di ogni generico richiamo ad un’indistinta “situation de faiblesse” (pur presente, come si è visto, nella maggior parte delle versioni dei precedenti progetti di riforma). Ne deriva un presupposto ancor oggi molto generale, ma forse leggermente più certo del passato [3].
Sembra poi difficile trascurare l’esigenza – pur assai dibattuta nella dottrina francese [4] – di provare specificamente l’abuso della situazione di dipendenza (ii). In alternativa, si rischia, in assenza di una puntuale dimostrazione, di ridurre ogni riferimento all’abuso – di fatto, neutralizzandolo – ad una mera descrizione dello stato di fatto (di dipendenza). Nella stessa direzione sembra militare peraltro l’odierno art. 1168 del Code civil: «le défaut d’équivalence des prestations n’est pas une cause de nullité du contrat».
La violenza – così la riforma ricostruisce, come si è detto, lo sfruttamento abusivo da parte di un contraente dello stato di dipendenza dell’altro contraente – dev’essere stata poi determinante per la conclusione dell’accordo («un engagement qu’il n’aurait pas souscrit en l’absence d’une telle contrainte») (iii). Si tratta, con ogni evidenza, di una quaestio facti da sottoporsi, di volta in volta, all’attenzione dell’interprete. Non c’è dubbio pertanto che anche la giurisprudenza – più o meno restrittiva – sarà chiamata a svolgere al riguardo un ruolo decisivo nell’ampliare o ridurre concretamente la portata della novità legislativa.
Infine, l’abusivo sfruttamento dello stato di dipendenza di un contraente, determinante per la conclusione dell’accordo, deve comportare per l’altro contraente un vantaggio manifestamente eccessivo (iv). Sulla scorta, oltre che dei vari progetti di “soft law”, dei vari modelli stranieri di ricodificazione (e soprattutto dell’art. 138, § 2, BGB), si prevede così anche un parametro di carattere quantitativo – peraltro molto elevato («manifestement excessif») e lontano, di conseguenza, dall’eventuale semplice scarto dall’ideale di equivalenza delle prestazioni – dello squilibrio contrattuale. Sembra richiedersi un vantaggio di carattere economico o finanziario (riguardante, con ogni probabilità, soprattutto il prezzo), ma un ruolo fondamentale sarà svolto – oltre, com’è ovvio, dal contenuto dell’accordo – dalle caratteristiche e condizioni dello specifico settore nonché, più genericamente, dagli sviluppi e dalle evoluzioni del mercato [5].
[1] Ciò si desume soprattutto dall’espresso riferimento allo stato di dipendenza in cui si ritrova «son cocontractant à son égard». Nel resoconto dei lavori parlamentari del Senato, in seconda lettura, può leggersi, infatti, come l’espressione «à son égard» sia diretta proprio ad indicare «explicitement que l’état de dépendance de l’une des parties au contrat s’entend bien à l’égard de son cocontractant, c’est-à-dire dans le cadre expressément défini du contrat entre les deux parties» (Rapport n. 247 fait au nom de la commission des lois del 24 gennaio 2018, specificamente reperibile online: http://www.senat.fr/rap/l17-247/l17-2471.pdf, 19).
[2] Risulta decisamente interessante ripercorrere l’iter dei lavori parlamentari che hanno portato all’approvazione della loi n. 287 del 2018. In particolare, per quanto concerne il Senat, si rinvia alle osservazioni contenute nel Rapport n. 22 fait au nom de la commission des lois e nel Rapport n. 247 fait au nom de la commission des lois presentate dal senatore F. Pillet rispettivamente giorno 11 ottobre 2017 e 24 gennaio 2018; per quanto attiene, invece, all’Assemblée Nationale, si richiamano le considerazioni contenute nel Rapport n. 429 fait au nom de la commission des lois e nel Rapport n. 639 fait au nom de la commission des lois depositati dal parlamentare S. Houlié rispettivamente giorno 29 novembre 2017 e 7 febbraio 2018. Infine, per una panoramica complessiva, può rimandarsi al Rapport fait au nom de la commission mixte-paritaire depositato il 14 maggio 2018. Tutti i documenti delle commissioni legislative nonché tutti i resoconti dei lavori dei due rami del Parlamento francese sono semplicemente reperibili online sul sito ufficiale del Senat e dell’Assemblée Nationale: http://www.senat.fr/dossier-legislatif/pjl16-578.html; www.assemblee-nationale.fr/dyn/
15/dossiers/alt/ratification_ordonnance_2016_131. Quest’analisi può risultare peraltro di grande interesse anche per apprezzare i cc.dd. “travaux postparatoires”: «Une autre originalité du processus d’élaboration de la loi de ratification est l’importance attribuée dans cette réforme aux travaux «postparatoires», néologisme exprimant la détermination a posteriori de la «ratio legis» par des interprètes qui ne sont pas à l’origine du texte» (M. Mekki, La loi de ratification de l’ordonnance du 10 février 2016 – Une réforme de la réforme?, cit., 901).
[3] Risultano esplicite al riguardo già le parole del Rapporto ufficiale del Ministero della Giustizia al Presidente della Repubblica (reperibile anche online, cfr. https://www.legifrance.gouv.fr/jorf/id/JORFTEXT000032004539): «toutes le hypothèses de dépendence sont visées, ce qui permet une protection des personnes vulnérables et non pas seulement des entreprises dans leurs rapports entre elles». Sul punto, cfr., ex multis, O. Deshayes, La formation des contrats, in «La réforme du droit des contrats: quelles innovations? (Paris, 16 février 2016)», in RDC, 2016, 21 ss.
[4] Sul punto, cfr. M. Mekki, La loi de ratification de l’ordonnance du 10 février 2016 – Une réforme de la réforme?, cit., 900 ss.; Id., Droit des contrats, in Recueil Dalloz, 2017, 375 ss.
[5] Per una panoramica critica sui presupposti della formulazione legislativa dell’art. 1143 del Code civil, cfr. H. Barbier, La violence par abus de dépendance, cit., 421 ss.; e, successivamente alle modifiche sopravvenute nell’ambito della legge (di ulteriore riforma) del 2018, cfr. F. Terré, Ph. Simler, Y. Lequette, F.Chenedé, Droit civil. Les obligations, cit., 320, 358 ss.; O. Deshayes, T. Genicon, Y.-M. Laithier, Réforme du droit des contrats, du régime général et de la preuve des obligation. Commentaire article par article, sub art. 1143, cit., 257 ss.
La disciplina dell’abuso di dipendenza solleva, però, significative problematiche anche sul versante più strettamente rimediale.
In particolare, la riconduzione della figura all’alveo dei vizi del consenso – e, in particolare, alla violenza – comporta l’applicazione dell’art. 1131 del Code civil («Les vices du consentement sont une cause de nullité relative du contrat»). Ne deriva l’applicazione delle regole sulla nullità relativa del contratto con riferimento, in particolare, alla legittimazione attiva dell’azione riservata soltanto alla parte che l’ordinamento vuole proteggere (art. 1181 cod. civ.) e al decorso del termine di prescrizione (art. 1144 cod. civ.) [1].
Tale soluzione rimediale – già criticata dalla dottrina (francese e non solo) [2] – non sembra lasciare nessun margine, perlomeno prima facie, alla conservazione (e all’adeguamento) dell’originario contratto, distinguendosi così significativamente, fra l’altro, dai progetti di c.d. “soft law” [3]. Nel caso dell’abuso di dipendenza, infatti, non sembra esser applicabile neanche la disciplina della nullità parziale ai sensi dell’art. 1184 Code civil [4]. Quest’ultima norma statuisce l’invalidità dell’intero contratto laddove la clausola nulla (o le clausole nulle) abbia(no) costituito «un élément déterminant de l’engagement des parties ou de l’une d’elles» come nell’ipotesi (qui considerata) dell’abuso di dipendenza, cui si riconosce, ai sensi dell’odierna formulazione dell’art. 1143, rilevanza giuridica soltanto se determinante ai fini della stipulazione dell’accordo (richiedendosi, fra i suddetti presupposti applicativi, «un engagement qu’il n’aurait pas souscrit en l’absence d’une telle contrainte») [5].
Alcuni studiosi – constatata l’impossibilità di ricorrere, in assenza peraltro di specifiche previsioni legislative, ad ogni rimedio manutentivo dell’originario contratto – hanno allora rivolto lo sguardo al risarcimento del danno, rilevando peraltro come, ai sensi del rinnovato art. 1178 Code civil, «indépendamment de l’annulation du contrat, la partie lésée peut demander réparation du dommage subi dans les conditions du droit commun de la responsabilité extracontractuelle» [6]. La parte lesa, rinunciando a far valere la nullità, sembra così poter ottenere – secondo parte della dottrina francese – un risarcimento in misura tale da riequilibrare il contenuto dell’originario contratto [7].
Questa proposta rimediale – seppur interessante (già solo perché induce a riflettere, ancor una volta, l’interprete sul complesso rapporto fra regole di validità e di comportamento) [8] – può sollevare però, a sua volta, delle perplessità.
Non è semplice – anche dopo avere sciolto le possibili riserve di natura dogmatica [9] – affrontare così, per esempio, la problematica dei contratti di durata: si pensi, per esempio, alle fattispecie (potenzialmente frequenti) di abuso di dipendenza nell’ambito di un contratto di somministrazione o di lavoro subordinato. Alle difficoltà di determinazione del quantum risarcibile – già di per sé aggravate, almeno in parte, dal protrarsi nel tempo dell’esecuzione dei rapporti fra contraenti – si aggiungono, infatti, le perplessità derivanti dall’esigenza di garantire l’adeguamento a condizioni contrattuali (e non soltanto economiche) complessivamente più eque [10] (come pure era stato specificamente proposto in alcuni progetti di riforma del passato nonché nella maggior parte dei progetti di c.d. “soft law”) [11].
Ad oggi, fermo restando le persistenti suddette perplessità, la ricostruzione più lineare del dato normativo sembra pertanto riscontrare nella nullità (relativa) del contratto la principale soluzione rimediale, rilevando peraltro come la parte lesa possa, ai sensi dell’art. 1178 Code civil, scegliere di agire (in aggiunta o in alternativa) per il risarcimento del danno. Ciò non esclude chiaramente né la possibilità di rinunciare al rimedio contrattuale per avvalersi soltanto del rimedio obbligatorio né la possibilità di cumulare i due rimedi, che, però, rimangono del tutto indipendenti e derivanti peraltro da fonti diverse (l’uno dal contratto, l’altro dal fatto illecito) senza riuscire, specie nell’ambito dei contratti di durata, a risultare sempre pienamente calibrati alla luce dei principali interessi (e delle fondamentali esigenze) dei contraenti [12].
[1] A tale conclusione si perviene (piuttosto linearmente) anche solo ripercorrendo l’attuale testo dell’art. 1181 – «(1) La nullité relative ne peut être demandée que par la partie que la loi entend protéger. (2) Elle peut être couverte par la confirmation. (3) Si l’action en nullité relative a plusieurs titulaires, la renonciation de l’un n’empêche pas les autres d’agir» – e dell’art. 1144 Code civil – «Le délai de l’action en nullité ne court, en cas d’erreur ou de dol, que du jour où ils ont été découverts et, en cas de violence, que du jour où elle a cessé».
[2] Per una critica alla soluzione rimediale proposta – già a partire dal projet d’ordonnance – si rinvia a J. P. Chazal, Violence économique ou abus de faiblesse?, in Dr. et patr., 2014, 49. Nella letteratura italiana, invece, una posizione critica è stata espressa da F. Rende, Abus de dépendance e controllo del regolamento contrattuale, cit., spec. 35 ss.
[3] Cfr., supra, nt. 26 ss. Si rimanda, in particolare, alla seconda parte dell’articolo 4:109 dei PECL («[…] (2) Upon the request of the party entitled to avoidance, a court may, if it is appropriate, adapt the contract in order to bring it into accordance with what might have been agreed had the requirements of good faith and fair dealing been followed. (3) A court may similarly adapt the contract upon the request of a party receiving notice of avoidance for excessive benefit or unfair advantage, provided that this party informs the party who gave the notice promptly after receiving it and before that party has acted in reliance on it»), dell’articolo II – 7:207 del DCFR («[…] (2) Upon the request of the party entitled to avoidance, a court may if it is appropriate adapt the contract in order to bring it into accordance with what might have been agreed had the requirements of good faith and fair dealing been observed. (3) A court may similarly adapt the contract upon the request of a party receiving notice of avoidance for unfair exploitation, provided that this party informs the party who gave the notice without undue delay after receiving it and before that party has acted in reliance on it») nonché dell’articolo 3.2.7 dei cc.dd. “Unidroit Principles” («[…](2) Upon the request of the party entitled to avoidance, a court may adapt the contract or term in order to make it accord with reasonable commercial standards of fair dealing. (3) A court may also adapt the contract or term upon the request of the party receiving notice of avoidance, provided that that party informs the other party of its request promptly after receiving such notice and before the other party has reasonably acted in reliance on it. Article 3.2.10(2) applies accordingly»).
Sempre più spesso – e non soltanto nell’ambito dei progetti di c.d. “soft law” – la disciplina di matrice eurounitaria prevede, nel caso di squilibri contrattuali derivanti dall’approfittamento dell’altrui condizione di debolezza, un intervento di rimodellamento del programma negoziale (anche soltanto circoscrivendo l’effetto demolitorio alle clausole frutto della condotta abusiva). Nella stessa direzione sembra muoversi, per esempio, la disciplina complessiva delle clausole vessatorie nei contratti del consumatore e dei ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali (già a partire dalla direttiva 93/13/CE e dalla direttiva 2011/7/UE). Sul punto, cfr., ex multis, S. Whittaker, Unfair Contract Terms, Public Services and the Construction of a European Conception of Contract, 116 L. Q. Rev., 2000, 95; S. Weatherill, EU Consumer Law and Policy, II ed., Cheltenham, 2013, 1 ss., 143 ss.; H. Collins (ed.), Standard Contract Terms in Europe: A Basis and a Challenge to European Contract Law, The Hague, 2008; S. Orlando, The Use of Unfair Contractual Terms as an Unfair Commercial Practice, in ERCL, 2011, 25 ss.; H.-W. Micklitz, Unfair Terms in Consumer Contracts, in N. Reich, H.-W. Micklitz, P. Rott & K. Tonner (eds.), European Consumer Law, II ed., Cambridge, 2014, 142 ss.; P. Rott, Unfair contract terms, in C. Twigg-Flessner (ed.), Research Handbook on EU Consumer and Contract Law, Cheltenham, 2016, 287 ss.; S. Delle Monache, Unfair Contracts in European Contract Law, in Oss. dir. civ. comm., 2019, 153 ss.; F. Delfini, The Control of Contract Power and Standard Terms in Italy and Canada: a Comparative “Overview”, in Riv. dir. priv., 2020, 9 ss.; e, più recentemente, M. Farina, Unfair Terms and Supplementation of the Contract, cit., spec. 443 ss.
[4] L’attuale versione dell’art. 1184 Code civil recita: «(1) Lorsque la cause de nullité n’affecte qu’une ou plusieurs clauses du contrat, elle n’emporte nullité de l’acte tout entier que si cette ou ces clauses ont constitué un élément déterminant de l’engagement des parties ou de l’une d’elles. (2) Le contrat est maintenu lorsque la loi répute la clause non écrite, ou lorsque les fins de la règle méconnue exigent son maintien».
[5] Sul punto, cfr., per tutti, O. Deshayes, T. Genicon, Y.-M. Laithier, Réforme du droit des contrats, du régime général et de la preuve des obligation, sub art. 1143, cit., spec. 263.
[6] Questa la formulazione completa dell’art. 1178 Code civil: «(1)Un contrat qui ne remplit pas les conditions requises pour sa validité est nul. La nullité doit être prononcée par le juge, à moins que les parties ne la constatent d’un commun accord. (2) Le contrat annulé est censé n’avoir jamais existé. (3) Les prestations exécutées donnent lieu à restitution dans les conditions prévues aux articles 1352 à 1352-9. (4) Indépendamment de l’annulation du contrat, la partie lésée peut demander réparation du dommage subi dans les conditions du droit commun de la responsabilité extracontractuelle».
[7] Tale ricostruzione rimediale è fornita già dai tempi dell’art. 1142 del c.d. “Projet d’ordonnance” (o “Projet de la Chancellerie”), laddove, come si è visto, si delineava peraltro un ambito di applicazione della nuova disciplina sull’abuso di dipendenza decisamente più ampio: «Sans doute la victime aura, comme le prévoit l’article 1178, la possibilité, au lieu d’agir en nullité, de demander des dommages-intérêts à son cocontractant, ce qui peut avoir, en fait, les mêmes effets qu’un rééquilibrage du contrat, et il n’est pas exclu que la jurisprudence, comme l’a fait la Cour de cassation en matière de dol, reconnaisse au contractant la faculté de demander directement une réduction du prix» (P. Ancel, Article 1142: violence économique, cit., 748). Nello stesso senso si sviluppano le riflessioni di F. Chénedé, L’équilibre contractuel dans le projet de réforme, in RDC, 2015, 655 ss.; E. Claudel, L’abus de dépendance économique: un sphinx renaissant de ses cendres?, cit., 460 ss., spec. 474.
[8] L’argomento, come noto, ha lungamente occupato (anche) la letteratura italiana. Sulla distinzione del piano degli obblighi di condotta da quello dei requisiti di validità del contratto (nonché sulla piena autonomia fra rimedi risarcitori e contrattuali) si rinvia, per tutti, a G. D’Amico, Regole di validità e regole di comportamento nella formazione del contratto, cit., 37 ss.; Id., «Regole di validità» e principio di correttezza nella formazione del contratto, cit., 7 ss., 44 ss. Per una diversa (e recente) lettura, che rimette in discussione il principio di non interferenza fra regole di validità e di comportamento, cfr. G. Perlingieri, L’inesistenza della distinzione tra regole di comportamento e di validità nel diritto italo-europeo, cit., 31 ss.
[9] Solleva perplessità dogmatiche sulla fattibilità dell’operazione ermeneutica testé delineata A. Andrieux, La codification de la «violence-dépendance»: une confirmation prudente des solutions prétoriennes. Réflexions à propos du futur article 1143 du Code civil, in LPA, 22 août 2016, 167, 6 (laddove afferma che il ricorso al rimedio risarcitorio per conseguire un risultato assimilabile al riequilibrio contrattuale «heurte la logique bien établie de la distinction de nature de fondement des actions»). Nell’ottica di sostenere la compatibilità dogmatica dei due tipi di rimedi sembra ormai orientata, oltre alla dottrina francese maggioritaria, la letteratura italiana prevalente: «i due rimedi possono operare in via cumulativa oppure in via alternativa, a scelta della vittima: questa può chiedere l’annullamento del contratto, con (o senza) il risarcimento; oppure rinunciare all’annullamento del contratto pur annullabile, e limitarsi a chiedere il risarcimento. Il risarcimento si calcola in modo diverso nell’uno e nell’altro caso» (V. Roppo, Il contratto, in Tratt. dir priv., a cura di G. Iudica, P. Zatti, Milano, II ed., 2011, 759 e 774). Nello stesso senso, cfr. L. Mengoni, Violenza e responsabilità precontrattuale, in Scritti, a cura di C. Castronovo, A. Albanese, A. Nicolussi, Milano, 2011, II, 571; F. Benatti, Responsabilità precontrattuale, Milano, 1963, 68; G. Iudica, Impugnative contrattuali e pluralità di interessati, Padova, 1973, 84; M. Mantovani, Vizi incompleti del consenso e rimedio risarcitorio, Torino, 1995, 245; R. Sacco, voce Nullità e annullabilità, in Dig. disc. priv., sez. civ., XII, Torino, 1995, 462; G. Afferni, Il quantum del danno nella responsabilità precontrattuale, Torino, 2008, 187; e, da ultimo, F. Castronovo, Violenza economica e annullamento del contratto. Esperienze straniere e diritto italiano, cit., 126, spec. nt. 380. Contra, A. Renda, Obblighi informativi e responsabilità precontrattuale, in Jus, 2020, 134.
[10] Considerazioni critiche simili, specie con riferimento ai contratti di durata, sono state sviluppate da F. Rende, Abus de dépendance e controllo del regolamento contrattuale, cit., 35 ss., spec. 37.
[11] Si pensi all’art. 66 del “Projet Terré” che, come si è visto (cfr., supra, § 3.2., spec. nt. 36), consentiva alla parte pregiudicata di conseguire prioritariamente l’adeguamento contrattuale al fine di ristabilire l’equilibrio fra le prestazioni, lasciando spazio al rimedio caducatorio della nullità del contratto solo laddove tale riequilibrio risultasse materialmente impossibile. Numerosi riferimenti a rimedi contrattuali manutentivi (e non soltanto estintivi) si riscontrano peraltro, come si è già riportato, nell’ambito di tutti i principali progetti di c.d. “soft law” (cfr., supra, § 3.2., spec. nt. 25 ss.). Anche P. Ancel (Article 1142: violence économique, cit., 748) sottolinea, infatti, quest’aspetto: «Dans de nombreux textes étrangers et dans les projets européens, le déséquilibre provoqué par l’exploitation de la situation de faiblesse ouvre au juge un pouvoir de révision du contrat, à la demande soit de la partie lésée, soit du cocontractant, soit des deux, et le projet Terré faisait même de ce rééquilibrage contractuel la solution de principe», concludendo come, nonostante la suddetta ricostruzione dell’apparato rimediale predisposto dalla riforma, «sur ce point comme sur d’autres, le projet nous semble manquer d’audace, et, dans l’entreprise de modernisation qu’il poursuit, rester en quelque sorte au milieu du gué».
[12] Questa sembra essere, per esempio, la posizione assunta da O. Deshayes, T. Genicon, Y.-M. Laithier, Réforme du droit des contrats, du régime général et de la preuve des obligation, sub art. 1143, cit., spec. 263.
L’odierno art. 1143 costituisce sicuramente una delle novità più significative, perlomeno nell’originaria intentio legis, della riforma del 2016, rappresentando addirittura una sorta di “norma-manifesto” del rinnovato Code civil [1]. S’intende, infatti, far emergere – per esplicita ammissione governativa [2] – i «valeurs humanistes du droit français» attraverso la predisposizione di «règles équilibrées, à la fois efficaces et protectrices, toujours dans un cadre clair et précis, permettant des anticipations rationnelles des acteurs économiques» [3]. Non stupisce allora – come avvertito dalla dottrina francese già all’indomani dell’approvazione della riforma [4] – la duplice posta in gioco riconducibile al successo (o meno) dell’istituto generale dell’abus de l’état de dépendance: all’indiscutibile rilevanza pratica (perlomeno potenziale) della disciplina si aggiunge la sua collocazione nevralgica nel dibattito teorico generale sul contratto. È stata – almeno finora – “vera gloria”?
[1] Sul punto, cfr., ex multis, G. Helleringer, The Anatomy of the New French Law of Contract, in ERCL, 2017, 355 ss., spec. 361; B. Fauvarque-Cosson, The French Contract Law Reform and the Political Process, in ERCL, 2017, 337 ss., spec. 348.
[2] L’orientamento risulta chiaro tanto nel Rapporto del Ministero della Giustizia al Presidente della Repubblica quanto nel Rapporto Ufficiale del Consiglio dei Ministri del 10 febbraio 2016 (si tratta di documenti ufficiali reperibili online, cfr. https://www.
legifrance.gouv.fr/jorf/id/JORFTEXT000032004539; https://www.gouvernement.fr/conseil-des-ministres/2016-02-10).
[3] Così recita testualmente il già richiamato Rapporto Ufficiale del Consiglio dei Ministri del 10 febbraio 2016.
[4] Alcuni studiosi pronosticavano alla disciplina dell’abuso di dipendenza un «bel avenir» (M. Mekki, Droit des contrats, cit., 375 ss.; E. Claudel, L’abus de dépendance économique: un sphinx renaissant de ses cendres?, cit., 460 ss.; F. Chénedé, L’équilibre contractuel dans le projet de réforme, cit., 655 ss.), altri dubitano «que ce texte conduise la jurisprudence à se faire violence au point d’accueillir plus largement ce vice du consentement» (D. Houtcieff, L’admission mesurée de la violence économique, in Gaz. Pal., 9 juill. 2015, 190, 16).
Nell’ottica di cominciare a considerare l’effettiva portata della novità normativa – dopo averne richiamato presupposti e rimedi – sembra necessario prender in considerazione le prime pronunce giurisprudenziali sull’argomento.
Se, infatti, è vero che nell’ambito del Rapporto Ufficiale del Consiglio dei Ministri del 10 febbraio 2016 si sottolinea(va) con enfasi, per esempio, come, all’esito della riforma del 2016, «la cession des droits d’auteur d’un salarié à une entreprise qui n’aurait été obtenue que dans la crainte d’une compression de personnel sera nulle», non è meno vero che la giurisprudenza di legittimità – fermo restando l’ingente numero di problematiche riguardanti i diritti della proprietà intellettuale astrattamente riconducibili nell’alveo della nuova disciplina [1] – aveva già, ben prima dell’entrata in vigore della riforma, finito per ammettere autonomamente l’invalidità per “violenza economica” di numerosi accordi, caratterizzati da un abuso dello stato di dipendenza, nell’ambito del diritto d’autore [2].
Questo dialogo fra legge e giurisprudenza se, per un verso, ha sicuramente agevolato l’introduzione dell’istituto specifico dell’abuso di dipendenza nella riforma del Code civil, per un altro, sembra comportare, perlomeno nei primi anni di applicazione dell’art. 1143, un’interpretazione giurisprudenziale del rinnovato testo normativo che sembra distaccarsi solo minimamente dal diritto vivente precedente. Anzi, talvolta l’entrata in vigore della riforma sembra destinata – come peraltro già rilevato da parte della dottrina francese – a porre dei limiti a talune precedenti “fughe in avanti” della stessa giurisprudenza [3].
Si pensi, per esempio, al caso giurisprudenziale di una proprietaria che, in uno stato di dipendenza psicologica nei confronti del compagno, aveva venduto il proprio immobile ad una coppia di acquirenti. Questi, poco dopo, hanno, a loro volta, trasferito lo stesso immobile al doppio del suo prezzo di acquisto. Successivamente l’originaria proprietaria ha chiesto – prima ancora dell’entrata in vigore della nuova disciplina – la nullità del contratto iniziale (e di quello successivo) per vizio del consenso. La Corte d’appello di Rennes, poi confermata dalla Corte di Cassazione, ha dichiarato la nullità di entrambi i contratti per violenza [4]. Tale decisione – proprio alla luce del presupposto, introdotto dalla loi 2018-287 du 20 avril 2018, dell’irrilevanza della violenza del terzo – difficilmente sarebbe oggi confermata in applicazione dell’art. 1143 Code civil [5].
Nel complesso, si osserva, le prime pronunce giurisprudenziali (di merito e di legittimità), successive all’entrata in vigore della riforma, sembrano restìe ad ampliare ulteriormente (ed indiscriminatamente) l’ambito di applicazione dell’abuso di dipendenza, preferendo valutare con estrema cautela la ricorrenza delle condizioni legislative fissate nel 2016 e nel 2018: l’impatto della nuova disciplina dell’art. 1143 Code civil nel diritto vivente risulta così, ancor oggi, relativamente modesto [6].
[1] Sul punto, cfr. P-D. Cervetti, Réforme du droit des obligations et propriété intellectuelle, in AA.VV., L’influence de la réforme du droit des obligations sur le droit des affaires, sous la direction de C. Bloch, A. Cerati-Gauthier, V. Perruchot-Triboulet, Paris, 2017, 8.22, 90.
[2] Cfr. Cass. 3 avril 2002, n. 00.12.932, in Bull. civ., I, 2002, n. 108, Comm. com. électr., 2002, comm. 80, obs. Ch. Caron; Comm. com. électr., 2002, comm. 89, obs. Ph. Stoffel-Munck.
[3] Nello stesso senso, cfr. B. Fages, La conclusion du contrat et les vices du consentement dans la loi de ratification du 20 avril 2018, in RDC, 2018, 15 ss., spec. 18 ss.; e, più di recente, M. Cannarsa, La rèforme del Code civil 5 anni dopo: un modello per la ricodificazione italiana?, cit. Nella letteratura italiana, v., per tutti, A. Gambaro, R. Sacco, Sistemi giuridici comparati, in Trattato di diritto comparato, diretto da R. Sacco, Milano, IV ed., 2018, 227.
[4] Cass., 4 mai 2016, n° 15-12.454, AJDI 2016. 539; D. 2017, 375, obs. M. Mekki; LPA, 19 oct. 2016, n° 209, p. 6, note S. Lequette.
[5] Meno scontata risulta l’esclusione del ricorso alla nuova disciplina, se mai, nel caso di un abuso esercitato da parte di un intermediario o di una filiale, che fanno parte dello stesso gruppo della società che conclude poi materialmente il contratto.
[6] Cass. Com. 9 juill. 2019, n. 18-12.680, in RTDCiv., 2019, 854 ss., laddove non si riscontrano gli estremi per un abuso di dipendenza (economica) nell’ambito della stipulazione di un contratto fra una compagnia di trasporto aereo ed una società di manutenzione degli aeromobili (malgrado le parti avessero concluso l’accordo con un aumento significativo del prezzo rispetto alle tariffe applicate in passato, la Corte di Cassazione ha ritenuto che non potesse riscontrarsi nel caso di specie un’ipotesi di abuso di dipendenza poiché non risultava provata la particolare rilevanza economica dell’affare, derivante dall’impossibilità di sostituire l’accordo sul mercato, per il contraente che ne invoca la nullità). Nella più recente giurisprudenza di merito rigettano istanze fondate sulla pretesa applicabilità dell’art. 1143 cod. civ.: Cour d’appel de Nancy, 30 septembre 2021, n° 20/01993; Cour d’appel de Poitiers, 8 décembre 2020, n° 19/01006; Cour d’appel de Versailles, 12 novembre 2020, n° 19/07628; Cour d’appel d’Aix-en-Provence, 4 décembre 2018, n° 17/10400 (reperibili online in Repertoire Dalloz – Doctrine). In letteratura, cfr. M. Latina, L’abus de dépendance: premiers enseignements des juridictions du fond, in Recueil Dalloz, 2020, 2180.
La disciplina sull’abuso di dipendenza ha dato pertanto veste legislativa ad un diritto vivente ormai da tempo foriero di soluzioni distanti dalla lettera dell’originaria formulazione del Code Napoléon, ma fatica ad ergersi come l’espressione più diretta del solidarismo contrattuale nel diritto vivente per una pluralità di ragioni di carattere, per così dire, “interno” ed “esterno”.
Innanzitutto, la giurisprudenza successiva alla riforma – forse anche per evitare di frustrare gli scopi di sicurezza giuridica e maggior attrattività politica, culturale ed economica del diritto francese (anch’essi richiamati, come si è visto, già nel Rapporto del Ministro della Giustizia al Presidente della Repubblica) – ha sostanzialmente preso atto, per un verso, dei numerosi presupposti applicativi della formulazione legislativa della disciplina e, per un altro, dell’apparato rimediale caratterizzato, come si è visto, da soluzioni spesso poco confacenti ad interessi ed esigenze dei contraenti.
Inoltre, la nuova disciplina generale dell’abuso di dipendenza non ha stravolto l’attuale panorama contrattuale francese anche per ragioni di carattere “esterno” perché derivanti dall’applicazione di altri (e diversi) istituti. Questa riforma s’inserisce, infatti, in un ordinamento nazionale già decisamente articolato: s’impone pertanto un’attività significativa di coordinamento della disciplina generale dell’abuso di dipendenza con una serie di altre disposizioni, a loro volta, interne ed esterne al Code civil [1].
In primo luogo, si tratta d’individuare, per la nuova normativa, un ambito applicativo distinto da quello riservato alle previsioni generali sul “classico” vizio del consenso della violenza e alla disciplina sulle clausole abusive (di cui rispettivamente all’art. 1140 e all’art. 1171 dell’odierno Code civil) [2]. Come si è detto, infatti, la disciplina dell’abuso di dipendenza nasce e si sviluppa (specie nell’evoluzione giurisprudenziale precedente al 2016-2018) come una sorta di “violenza economica” e, ancora oggi, mantiene rapporti molto stretti con il vizio del consenso “classico” della violenza, di cui finisce per costituire, nell’impianto (anche sistematico) della riforma, una sorta di “sotto-categoria” [3]: l’odierna disciplina, seppur estesa ad ogni forma (anche non economica) di dipendenza, mantiene, infatti, la medesima qualificazione (come vizio della volontà) e la stessa soluzione rimediale della violenza tradizionale (la nullité relative), distinguendosi soprattutto con riferimento alle «conditions relatives à l’appréciation du caractère déterminant de la violence et à la admission de la violence exercée par un tiers» [4] (come si è visto, infatti, la loi de ratification del 2018 ha precisato specificamente la rilevanza esclusiva, ai fini dell’applicazione della nuova disciplina, della dipendenza di una parte nei confronti della controparte senza riconoscere stavolta nessun valore all’eventuale violenza esercitata da un terzo) [5]. Non è poi possibile trascurare – nonostante la disciplina dell’abuso di dipendenza e quella delle clauses abusives risultino entrambe emblematiche dell’intentio legis di contrastare, in una prospettiva ormai generale, le diverse forme di squilibrio contrattuale – le principali differenze fra l’art. 1143 e l’art. 1171 Code civil [6]: mentre la disciplina dell’abuso di dipendenza si applica (perlomeno potenzialmente) ad ogni genere di contratto, le regole sulle clausole abusive riguardano solamente i “contratti di adesione” [7]; mentre l’art. 1143 attiene alla fase di formazione dell’accordo e soggiace alle previsioni sui vizi del consenso, l’art. 1171 sembra poter trovare applicazione anche nell’ipotesi in cui lo squilibrio significativo sia emerso durante l’esecuzione del rapporto contrattuale; infine, sotto il profilo strettamente rimediale, mentre l’abuso di dipendenza comporta la nullità del contratto (e/o il risarcimento del danno), le clausole abusive sono (soltanto) considerate come non scritte [8].
In secondo luogo, si deve coordinare, come preannunciato, la disciplina sull’abuso di dipendenza del Code civil anche con alcune figure limitrofe delineate rispettivamente dal Code de la consommation nonché dal Code du commerce.
La disciplina di settore sull’abus de faiblesse (di cui agli articoli da L. 121-8 a L. 121-10 del Code de la consommation) – oltre a trovar applicazione soltanto ai contratti conclusi fra professionisti e consumatori – ruota, per l’appunto, attorno allo sfruttamento abusivo di una situazione di debolezza («Est interdit le fait d’abuser de la faiblesse […] d’une personne pour lui faire souscrire […] des engagements au comptant ou à crédit sous quelque forme que ce soit, lorsque les circonstances […] font apparaître qu’elle a été soumise à une contrainte») [9]. Ai numerosi profili comuni fra le due fattispecie (dallo sfruttamento abusivo, passando per la sottoscrizione di un accordo e per la subordinazione a controparte, fino alla condivisa previsione della nullità del contratto) si aggiunge, pertanto, la specificità della situazione di debolezza (peraltro, come si è visto, originariamente considerata, ma poi soppressa, nell’ambito dell’art. 1142 del c.d. “projet de la Chancellerie”) riguardante però la singola persona più che il rapporto fra i contraenti nonché l’elencazione normativa di tutta una serie di caratteristiche e circostanze (talvolta sconosciute all’abuso dello stato di dipendenza). La disciplina speciale sull’abus de faiblesse mostra così, per un verso, significativi elementi comuni con la normativa generale sull’abuso di dipendenza e, per un altro, presupposti (soggettivi e oggettivi) non sempre del tutto coincidenti.
All’esigenza di coordinamento con l’abus de faiblesse del Code de la consommation si affiancano poi le problematiche sollevate dalle necessità di comprendere le possibili interferenze con alcune disposizioni del Code du commerce.
In particolare, l’art. L. 420-2, al. 2, del Code du commerce, nel disciplinare le condotte anticoncorrenziali, sanzionava specificamente lo sfruttamento abusivo dello stato di dipendenza economica [10]. Si tratta, però, di una normativa diretta prevalentemente, anche dopo le recenti modifiche legislative dell’estate del 2019, a tutelare il funzionamento e la struttura del mercato concorrenziale pure tramite l’esclusione dell’abusivo sfruttamento dello stato di dipendenza economica di un’impresa o di un gruppo di imprese [11].
Inoltre, l’art. L. 442-6, I – oggi sostituito dall’art. L. 442-1 (sempre nell’ambito del Code du commerce) [12] – delinea(va) regole, su specifiche pratiche restrittive della concorrenza, che mirano a contrastare determinati squilibri contrattuali [13]. Anche stavolta – nonostante la diversa ratio complessiva delle disposizioni (ancora dirette prioritariamente a tutelare la struttura concorrenziale del mercato più che la situazione del contraente dipendente), l’ambito di applicazione delle stesse (limitato ai rapporti business-to-business) ed alcune peculiari differenze riconducibili a profili procedurali e sostanziali specifici della disciplina (puntualizzati nell’ampia formulazione odierna dell’art. L. 442-1) – non può nascondersi che, ancor oggi, «l’identité entre ces textes et l’article 1143 du Code civil est èvidente: il s’agit de sanctionner une partie qui se comporte de manière fautive (abusive) dans le but d’obtenir ou de tenter de obtenir l’accord de son cocontractant qui, même si ce n’est pas indiqué explicitement, se trouve dans une situation de dépendance économique» [14].
Emergono così – tanto nella disciplina dell’abus de faiblesse del Code de la consommation quanto nelle diverse previsioni del Code du commerce (dirette a sanzionare condotte anticoncorrenziali attraverso specifiche condotte di sfruttamento abusivo dello stato di dipendenza economica) – non solo rilevanti differenze, ma anche parziali sovrapposizioni fra la disciplina “generale” del Code civil e le diverse discipline “speciali” dei due codici di settore.
Nessun particolare problema sembra porsi, com’è ovvio, nel caso di fattispecie riconducibili, di volta in volta, esclusivamente all’ambito di applicazione della norma “speciale” (perché caratterizzate, per esempio, soltanto da una delle peculiari situazioni di debolezza personale del singolo contraente legislativamente richiamate) o della norma “generale” (perché, per esempio, estranee a contesti B2C o B2B oppure caratterizzate da un abuso di dipendenza non economica).
Sorge invece la necessità d’individuare un criterio valido per evitare problemi nel caso di fattispecie astrattamente riconducibili tanto all’alveo della norma “generale” quanto a quello della disciplina “speciale”. Viene in soccorso dell’interprete lo stesso Code civil, che sancisce che «les règles générales s’appliquent sous réserve de ces règles particulières» (art. 1105, al. 3). Tale previsione (espressione di un principio, noto anche all’ordinamento italiano, di “specialità”) – pur avendo già sollevato un ampio dibattito dottrinale (con illustri studiosi che hanno sottolineato diverse perplessità già all’indomani della riforma complessiva del Code civil) [15] – rappresenta, come rilevato già nel Rapporto ufficiale del Ministro della Giustizia al Presidente della Repubblica, «une nouveauté importante et attendue des praticiens», puntualizzando come «les règles générales posées par l’ordonnance seront notamment écartées lorsqu’il sera impossible de les appliquer simultanément avec certaines règles prévues par le code civil pour régir les contrats spéciaux, ou celles résultant d’autres codes tels que le code de commerce ou le code de la consommation».
Ne deriva, nel caso di specie, un’ulteriore riduzione dell’effettivo ambito di applicazione (già, come si è visto, relativo) della disciplina “generale” dell’art. 1143 Code civil anche a seguito della prevalenza – sancita, come si è detto, dalla stessa riforma ai sensi dell’art. 1105, al. 3 – delle diverse discipline “speciali” del Code de la consommation e del Code du commerce [16].
[1] Per una panoramica complessiva, prima e dopo l’avvento della riforma del 2016, sui rapporti fra disciplina generale e leggi speciali sull’abuso di dipendenza si rinvia ai contributi raccolti in AA.VV., La violence économique. À l’aune du nouveau droit des contrats et du droit économique, cit., spec. 51 ss. nonché in AA.VV., L’influence de la réforme du droit des obligations sur le droit des affaires, cit., 16 ss. Con riferimento specifico ai rapporti fra la rinnovata disciplina del Code civil e quella del Code du commerce, cfr., ex multis, E. Claudel, L’abus de dépendance économique: un sphinx renaissant de ses cendres?, cit., 460 ss.
[2] In realtà, la creazione di un sistema “generale” di tutela della parte debole, a seguito dell’introduzione della categoria dei cc.dd. “contratti di adesione”, si sviluppa – com’è stato puntualmente sottolineato – su una “triade normativa” costituita dall’art. 1110, dall’art. 1171 e dall’art. 1190 c.c. (così G. Terlizzi, Il contrat d’adhésion nel Code civil riformato: problemi e prospettive, in questo fascicolo). Ai fini della presente trattazione è però l’art. 1171 Code civil a rappresentare sicuramente la disposizione fondamentale per individuare possibili interferenze e distinzioni della disciplina delle clausole abusive con quella dell’abuso di dipendenza.
[3] Tale considerazione sembra suffragata, oltre che da significativi elementi testuali, dalla collocazione sistematica della norma (inserita nello stesso Paragraphe 2 – Vices du consentement – della Sous-section 1 – Le consentement – della Section 1 – La validité du contrat – del Chapitre II – La formation du contrat – e, in particolare, subito dopo la disciplina specificamente dedicata alla violenza) e dall’incipit dello stesso art. 1143 Code civil («Il y a egalement…»).
[4] O. Deshayes, T. Genicon, Y.-M. Laithier, Réforme du droit des contrats, du régime général et de la preuve des obligations. Commentaire article par article, sub art. 1143, cit., 254.
[5] Sul punto, cfr., supra, § 4.
[6] L’art. 1171 deve, a sua volta, necessariamente coordinarsi, oltre che con l’art. 1143 Code civil, con le disposizioni del Code de la consommation e del Code du commerce. Per una visione complessiva sulle diverse interferenze, cfr. M. Chagny, Les contrats d’affaires à l’épreuve des nouvelles règles sur l’abus de l’état de dépendance et le déséquilibre significatif, in AJ Contrats, 2016, 116 ss.; J.-D. Pellier, L’extension de la protection contre les clauses abusives, in RDC, 2020, 4, 75; H. Barbier, De l’articulation de l’article 1171 du code civil avec l’article L.442-1 du code de commerce, in RTDCiv., 2020, 375.
[7] Sulla problematica definizione di contrat d’adhésion nell’ordinamento francese – prima e dopo le modifiche apportate, anche su quest’argomento, dalla loi de ratification – si rinvia alle riflessioni (contraddistinte da impostazioni anche molto diverse fra loro) di T. Revet, Le projet de réforme et les contrats structurellement déséquilibrés, in D., 2015, 1220 ss.; Id., L’incohérent contonnement, par l’Assemblée nationale, du domaine du contrat d’adhésion aux contrats de masse, in D., 2018, 126; Id., L’achévement de la réforme du droit commun des contrats, du régime général et de la preuve des obligations, regard général, in RDC, 2018, 4; F. Chénedé, Le contrat d’adhésion dans le projet de réforme, in D., 2015, 1226 ss.; Id., Le contrat d’adhésion de l’article 1110 du Code civil, in SJ, 2016, 1334 ss.; Id., Interprétation et amélioration du nouveau droit des contrats, in D., 2017, 2014; S. Pellet, Contrat d’adhésion et clauses abusives, in Defrénois, 2018, 40, 18; L. andreu, Le nouveau contrat d’adhésion, in AJContrat, 2018, 262 ss.; D. Mazeaud, Le nouveau droit des obligations: observations conclusives, in RDC, 2018, 115, 65 ss., 15. Nella letteratura italiana, v. E. Minervini, Contratti per adesione e clausole abusive nel codice civile francese riformato, in Contr. impr., 2018, 621; D. Imbruglia, La Loi de ratification dell’Ordonnance di ricodificazione e il ruolo del giudice, cit., 1267 ss.; e, più recentemente, G. Terlizzi, Il contrat d’adhésion nel Code civil riformato: problemi e prospettive, cit.
[8] Tale considerazione trova riscontro anche nella giurisprudenza recente: cfr. Cass., 13 mars 2019, n. 17-23.169, in D., 2019, 1033; in RTD civ., 2019. 334 e s., con nota di H. Barbier. Di recente, nella letteratura italiana, sottolinea quest’aspetto (senza tralasciare le incongruenze sistematiche della disciplina complessiva del contratto di adesione e delle clausole abusive) – oltre a G. Terlizzi (Il contrat d’adhésion nel Code civil riformato: problemi e prospettive, cit.) – D. Imbruglia, La Loi de ratification dell’Ordonnance di ricodificazione e il ruolo del giudice, cit., 1267 ss., spec. 1273.
[9] Questa l’attuale normativa sull’abus de faiblesse contenuta nell’ambito del Code de la consommation (dopo le modifiche dell’ordonnance del 14 marzo 2016, n. 301): «Article L121-8. Est interdit le fait d’abuser de la faiblesse ou de l’ignorance d’une personne pour lui faire souscrire, par le moyen de visites à domicile, des engagements au comptant ou à crédit sous quelque forme que ce soit, lorsque les circonstances montrent que cette personne n’était pas en mesure d’apprécier la portée des engagements qu’elle prenait ou de déceler les ruses ou artifices déployés pour la convaincre à y souscrire ou font apparaître qu’elle a été soumise à une contrainte. Article L121-9. Est interdit le fait d’abuser de la faiblesse ou de l’ignorance d’une personne pour obtenir des engagements: 1° Soit à la suite d’un démarchage par téléphone ou télécopie; 2° Soit à la suite d’une sollicitation personnalisée, sans que cette sollicitation soit nécessairement nominative, à se rendre sur un lieu de vente, effectuée à domicile et assortie de l’offre d’avantages particuliers; 3° Soit à l’occasion de réunions ou d’excursions organisées par l’auteur de l’infraction ou à son profit; 4° Soit lorsque la transaction a été faite dans des lieux non destinés à la commercialisation du bien ou du service proposé ou dans le cadre de foires ou de salons; 5° Soit lorsque la transaction a été conclue dans une situation d’urgence ayant mis la victime de l’infraction dans l’impossibilité de consulter un ou plusieurs professionnels qualifiés, tiers au contrat. Article L121-10. Est interdit le fait d’abuser de la faiblesse ou de l’ignorance d’une personne pour se faire remettre, sans contreparties réelles, des sommes en numéraire ou par virement, des chéques bancaires ou postaux, des ordres de paiement par carte de paiement ou carte de crédit ou bien des valeurs mobilières, au sens de l’article 529 du code civil».
[10] Questo l’attuale testo dell’art. L420-2 (come modificato a seguito dell’entrata in vigore, di recente, dell’art. 2 dell’ordonnance n°2019-698 del 3 luglio 2019): «(1) Est prohibée, dans les conditions prévues à l’article L. 420-1, l’exploitation abusive par une entreprise ou un groupe d’entreprises d’une position dominante sur le marché intérieur ou une partie substantielle de celui-ci. Ces abus peuvent notamment consister en refus de vente, en ventes liées ou en conditions de vente discriminatoires ainsi que dans la rupture de relations commerciales établies, au seul motif que le partenaire refuse de se soumettre à des conditions commerciales injustifiées. (2) Est en outre prohibée, dès lors qu’elle est susceptible d’affecter le fonctionnement ou la structure de la concurrence, l’exploitation abusive par une entreprise ou un groupe d’entreprises de l’état de dépendance économique dans lequel se trouve à son égard une entreprise cliente ou fournisseur. Ces abus peuvent notamment consister en refus de vente, en ventes liées, en pratiques discriminatoires visées aux articles L. 442-1 à L. 442-3 ou en accords de gamme».
[11] L’argomento è stato negli ultimi anni oggetto di numerose riflessioni dottrinali e pronunce giurisprudenziali (complessivamente sempre orientate ad evidenziare le peculiarità della normativa speciale). Già prima della richiamata riforma del 2019, v. E. Claudel, L’abus de dépendance économique: un sphinx renaissant de ses cendres?, cit., 460 ss.; M. Chagny, Dix ans de droit de la concurrence: Rétrospectives et perspectives – Rapport introductif, in CCC, 2016, 11. Per alcune pronunce giurisprudenziali di legittimità (complessivamente dirette a non estender eccessivamente l’ambito di applicazione dell’art. 420-2, al. 2), cfr. Com. 12 févr. 2013, n° 12-13.603, D. 2013. 494; Com. 3 mars 2004, n° 02-14.529, SA Concurrence c/ SA Sony, D., 2004, 1661, note Y. Picod; ivi, 874, obs. E. Chevrier; RTD com., 2004. 463, obs. E. Claudel; Com. 9 avr. 2002, n° 00-13.921, RTD com., 2003. 75, obs. E. Claudel; Com. 10 déc. 1996, n° 95-20.931, D., 1997. 16.
[12] Ecco l’odierno testo legislativo dell’art. L 442-1 (come recentemente modificato dopo l’approvazione e la successiva entrata in vigore degli artt. 7 e 8 della legge n°2021-1357 del 18 ottobre 2021): «(1) Engage la responsabilité de son auteur et l’oblige à réparer le préjudice causé le fait, dans le cadre de la négociation commerciale, de la conclusion ou de l’exécution d’un contrat, par toute personne exerçant des activités de production, de distribution ou de services: 1° D’obtenir ou de tenter d’obtenir de l’autre partie un avantage ne correspondant à aucune contrepartie ou manifestement disproportionné au regard de la valeur de la contrepartie consentie; 2° De soumettre ou de tenter de soumettre l’autre partie à des obligations créant un déséquilibre significatif dans les droits et obligations des parties; 3° D’imposer des pénalités logistiques ne respectant pas l’article L. 441-17; 4° S’agissant des produits alimentaires et des produits destinés à l’alimentation des animaux de compagnie soumis au I de l’article L. 441-1-1, de pratiquer, à l’égard de l’autre partie, ou d’obtenir d’elle des prix, des délais de paiement, des conditions de vente ou des modalités de vente ou d’achat discriminatoires et non justifiés par des contreparties réelles prévues par la convention mentionnée à l’article L. 443-8 en créant, de ce fait, pour ce partenaire, un désavantage ou un avantage dans la concurrence. (2) Engage la responsabilité de son auteur et l’oblige à réparer le préjudice causé le fait, par toute personne exerçant des activités de production, de distribution ou de services de rompre brutalement, même partiellement, une relation commerciale établie, en l’absence d’un préavis écrit qui tienne compte notamment de la durée de la relation commerciale, en référence aux usages du commerce ou aux accords interprofessionnels. En cas de litige entre les parties sur la durée du préavis, la responsabilité de l’auteur de la rupture ne peut être engagée du chef d’une durée insuffisante dès lors qu’il a respecté un préavis de dix-huit mois. Les dispositions du présent II ne font pas obstacle à la faculté de résiliation sans préavis, en cas d’inexécution par l’autre partie de ses obligations ou en cas de force majeure. (3) Engage la responsabilité de son auteur et l’oblige à réparer le préjudice causé le fait, par toute personne proposant un service d’intermédiation en ligne au sens du règlement (UE) 2019/1150 du Parlement européen et du Conseil du 20 juin 2019 promouvant l’équité et la transparence pour les entreprises utilisatrices de services d’intermédiation en ligne, de ne pas respecter les obligations expressément prévues par le même règlement. Toute clause ou pratique non expressément visée par ledit règlement est régie par les autres dispositions du présent titre».
[13] Altre (significative e) recenti modifiche all’originaria disciplina del Code du commerce erano già state apportate dall’ordonnance n° 2019-359 del 24 aprile 2019 (“portant refonte du titre IV du livre IV du Code de commerce relatif à la transparence, aux pratiques restrictives de concurrence et aux autres pratiques prohibées”), specie con riferimento alla “Section 1: Des pratiques restrictives de concurrence: Articles L442-1 à L442-8” (anche se gli artt. L442-1 e L442-3 sono stati poi modificati dalla legge n° 2021-1357 del 18 ottobre 2021, v., supra, nt. 90) e alla “Section 2: Des autres pratiques prohibées (Articles L442-9 à L442-11)”.
[14] O. Deshayes, T. Genicon, Y.-M. Laithier, Réforme du droit des contrats, du régime général et de la preuve des obligations. Commentaire article par article, sub art. 1143, cit., 256.
[15] Cfr. M. Mekki, La loi de ratification de l’ordonnance du 10 février 2016 – Une réforme de la réforme?, cit., 900 ss., spec. n. 15.
[16] Per una panoramica complessiva, cfr., per tutti, O. Deshayes, T. Genicon, Y.-M. Laithier, Réforme du droit des contrats, du régime général et de la preuve des obligations. Commentaire article par article, sub art. 1143, cit., 253 ss. Nello stesso senso della riflessione sviluppata nel testo, cfr. M. Latina, L’abus de dépendance: premiers enseignements des juridictions du fond, cit., 2180.
L’analisi dell’esperienza d’Oltralpe – considerata la formulazione specifica (delle diverse tappe) della réforme e le sue prime applicazioni giurisprudenziali nonché la sua portata complessiva e sistematica nell’ordinamento francese – sembra così permettere di spostare più consapevolmente l’attenzione sulla prospettiva di un eventuale complessivo ripensamento delle problematiche e della disciplina riguardanti l’abuso dello stato di dipendenza nell’ambito del nostro sistema giuridico [1].
Se, per un verso, non c’è dubbio, infatti, che le problematiche affrontate dal legislatore francese siano (comuni e) presenti anche nel nostro ordinamento, per un altro, minori certezze possono aversi circa l’opportunità di recepire – rectius, di imitare [2] – la disciplina generale dell’abuso di dipendenza (così come adottata dalla réforme) in occasione di una possibile ricodificazione italiana [3]. Quest’ultima riflessione deriva, però, non soltanto dalle considerazioni finora svolte con riferimento all’ordinamento francese, ma anche dalle problematiche emergenti da un’analisi (qui necessariamente sommaria) della disciplina del nostro Paese.
Come noto, nell’ottica di contrastare l’abusivo sfruttamento di talune (particolari) circostanze, l’ordinamento italiano riconosce che un contratto concluso in una situazione di pericolo e a condizioni inique (art. 1447 cod. civ.) oppure in uno stato di bisogno economico, purché la sproporzione ecceda la metà del valore che la prestazione aveva al tempo dell’accordo (art. 1448 cod. civ.), possa essere rescisso dalla parte svantaggiata [4] (fermo restando la possibilità per il contraente contro il quale è domandata la rescissione di evitarla offrendo, ai sensi dell’art. 1450 cod. civ., una modificazione del contratto tale da ricondurlo ad equità) [5].
Alla disciplina (generale?) del codice civile del ’42 – complessivamente estintiva del rapporto (seppure, come si è detto, con il diritto, riconosciuto al contraente avvantaggiato contro il quale è domandata la rescissione, di offrire una riconduzione del contratto ad equità) – si affianca poi una disciplina speciale [6] – riguardante specificamente l’abuso di dipendenza economica – contenuta nell’art. 9 della l. 18 giugno 1998, n. 192 (come successivamente modificato dalla l. 5 marzo 2001, n. 57 e dalla l. 11 novembre 2011, n. 180) [7]. Come noto, la normativa delinea – accanto alle possibili azioni giudiziarie inibitorie e per il risarcimento dei danni (e fermo restando l’ulteriore possibilità per l’AGCM, laddove si ravvisi un comportamento potenzialmente rilevante, d’irrogare delle sanzioni a tutela della concorrenza e del mercato) – la nullità del patto che realizza un abuso di dipendenza economica, sollevando, in aggiunta alle questioni di coordinamento fra le diverse suddette soluzioni rimediali, non pochi problemi d’integrazione e successivo adattamento dell’intero accordo contrattuale. Quest’articolata disciplina “speciale” – ritenuta oggi applicabile non soltanto alla subfornitura, ma potenzialmente ad ogni rapporto contrattuale fra imprese (cc.dd. B2B) – ha posto numerosi problemi, testimoniati da rilevanti dibattiti e contrasti sorti in dottrina [8] e (seppur in misura minore) in giurisprudenza [9]. Sono, infatti, numerose e rilevanti – già solo limitandosi all’abuso di dipendenza economica – le questioni ancor oggi solo parzialmente risolte: dall’individuazione di specifiche fattispecie applicative della disciplina nonché di margini e criteri chiari di conservazione e adattamento del contratto alla necessità di un’interazione più efficiente fra public e private enforcement.
Ulteriori (sovrapposizioni ed) interferenze con un’eventuale disciplina generale dell’abuso dello stato di dipendenza possono, fra l’altro, derivare – al pari che nell’ordinamento francese (data anche la comune origine eurounitaria della normativa) [10] – dall’articolata regolamentazione (passata, attuale e, con ogni probabilità, futura) sulle pratiche commerciali scorrette [11].
Già quest’excursus, seppure necessariamente molto rapido e sommario, sull’odierno nostro panorama legislativo nazionale sembra pertanto suggerire cautela – avvalorando le perplessità emerse nel corso dell’analisi riguardante l’ordinamento transalpino e scoraggiando, al contempo, un’acritica imitazione dell’art. 1143 del Code civil – nell’intento di risolvere genericamente tutte le problematiche riconducibili, più o meno direttamente, alla complessa materia dell’abuso dello stato di dipendenza senza preoccuparsi dell’opportuno (o, meglio, necessario) coordinamento fra le diverse fattispecie e discipline.
Non a caso, di recente, il d.d.l. n. 1151/2019 aveva previsto un’ampia proposta di delega al Governo (poi, come noto, neanche approvata dal Parlamento) per «adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi per la revisione e integrazione del codice civile, nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi: […] g) disciplinare i casi in cui pratiche negoziali ingannevoli, aggressive o comunque scorrette, o circostanze quali la distanza tra le parti, la sorpresa, la situazione di dipendenza di una parte rispetto all’altra determinano l’invalidità del contratto concluso» [12]. Tale proposta – pur operando una (sicuramente discutibile) scelta di fondo nell’assimilare diverse fattispecie, finora tenute distinte, nell’unica prospettiva rimediale dell’invalidità contrattuale [13] – ha sicuramente avuto il merito di provar a ripensare complessivamente l’intera materia, riscrivendo le diverse discipline previgenti e coordinandole fra loro [14]. Anche un eventuale ripensamento futuro della disciplina non può pertanto che avere l’ambizione di sviluppare una riforma di carattere pienamente sistematico, coordinando fra loro diverse problematiche e soluzioni rimediali, in armonia con la prospettiva nazionale ed eurounitaria.
[1] Nello stesso spirito si muove l’attenta analisi dei diversi progetti francesi di riforma del Code civil condotta da M. Girolami, Modernità e tradizione nel diritto dei contratti: i progetti di riforma del Code Napoléon nella prospettiva del giurista italiano, in Riv. dir. civ., 2012, 243 ss., spec. 246-247: «I fermenti evolutivi del Code civil francese, dopo aver potuto analizzare, in tempi recenti, le scelte rese definitive dalla Schuldrechtsmodernisierung tedesca che nel 2002 è pesantemente intervenuta sull’originaria formulazione del BGB, può fornire al giurista e al legislatore italiano spunti e stimoli utili per intraprendere quell’opera di revisione del sistema privatistico vigente già diffusamente auspicata». L’Autrice suggerisce così espressamente di adottare la «logica di un confronto costruttivo».
[2] In generale, a proposito del possibile miglioramento del diritto nazionale mediante (la comparazione e) l’imitazione di modelli stranieri, cfr., per tutti, R. Sacco, P. Rossi, Introduzione al diritto comparato, in Trattato di diritto comparato, diretto da R. Sacco, Milano, VII ed., 2019, 15-16.
[3] Tuttavia, secondo autorevole dottrina, già oggi «non si può escludere l’utile applicazione delle regole a tutela del consumatore (ad esempio, quelle sulle clausole vessatorie) a protezione di tutte le posizioni di debolezza contrattuale, a beneficio cioè di chiunque abbia subíto un approfittamento o un abuso della parte di maggior forza negoziale a prescindere dalla qualificazione soggettiva, in termini di “consumatore” o di “professionista”» (P. Perlingieri, Stagioni del diritto civile, Napoli, 2021, 139; Id., Il diritto civile nella legalità costituzionale secondo il sistema italo-europeo delle fonti, IV ed., Napoli, 2020, IV, 145).
[4] Per alcuni minimi riferimenti necessari per delineare una panoramica sulle principali problematiche interpretative, ormai classiche, sollevate nel corso del tempo dalla riportata disciplina della rescissione in Italia, si rinvia, senza nessuna pretesa di completezza, agli studi di M. Comporti, Fondamento e natura giuridica della rescissione del contratto per lesione, in Studi senesi, 1956, 7 ss.; G. Mirabelli, La rescissione del contratto, Napoli, 1962, VIII ss.; V. Rizzo, Sulla nozione di stato di bisogno nella rescissione, in Rass. dir. civ., 1980, 166 ss.; M. Sesta, La rescissione del contratto, in Nuov. giur. civ. comm., 1991, II, 73 ss.; S. Orrù, La rescissione del contratto, Padova, 1997; E. Minervini, La rescissione del contratto, in Rass. dir. civ., 1997, 764 ss.; M. Prosperetti, Mercato e rescissione, in Riv. dir. civ., 1999, 686 ss.; G. Schiavone, Approfittamento e lesione “infra dimidium”, Napoli, 2004, X ss.; R. Lanzillo, A. Riccio, Rescissione del contratto (artt. 1447-1452), in Comm. cod. civ., a cura di A. Scialoja e G. Branca, Bologna-Roma, 2005, 1 ss.; U. Perfetti, La rescissione, in Diritto civile, vol. III, t. II, diretto da N. Lipari e P. Rescigno, coordinato da A. Zoppini, Milano, 2009, 1099 ss.; M. De Poli, La rescissione del contratto, in Tratt. dir. civ. del Consiglio Nazionale del Notariato, diretto da P. Perlingieri, Napoli, 2011, 1 ss.; Id., Rescissione del contratto (artt. 1447-1452), in Il Codice civile. Commentario, fondato e già diretto da P. Schlesinger, continuato da F.D. Busnelli, Milano, 2015, 3 ss. Come noto, la formulazione codicistica prova a trovare complessivamente una (prima) soluzione di mediazione; già G. Marini (voce Rescissione (dir. vig.), in Enc. dir., XXXIX, Milano, 1988, spec. 985), infatti, rileva: «Con la generalizzazione del rimedio operato dal codice del 1942, l’ordinamento mirava a realizzare una mediazione fra gli obiettivi di massima libertà di acquisizione e massima libertà di conservazione dei beni e, al tempo stesso, recuperando il profilo dell’usura interpolato con la lesione, si predisponeva a colpire solo alcuni dei comportamenti più devianti a lato della determinazione contrattuale […] Non è necessario infatti soltanto un accordo, ma è necessario anche sapere in quali circostanze tali decisioni siano state prese per verificare quali fra loro rendano l’accordo involontario e perciò non vincolante. Se c’è allora un ampio consenso intorno a quei vantaggi che non possono essere assolutamente concessi, come la coazione fisica o morale oppure la deliberata induzione in errore dell’altra parte, il cui uso è prevenuto a prescindere dal contenuto del contratto, è ovviamente più difficile stabilire in che misura i contraenti possano sfruttare i vantaggi relativi alle loro condizioni economiche, alla loro capacità ed intelligenza, alla qualità delle informazioni di cui dispongono».
Anche nell’ordinamento francese si riscontra talvolta il riferimento alla «rescision». Si tratta, in verità, di un arcaico richiamo decisamente secondario e ormai pressocché privo di un autonomo rilievo dopo la riforma del 2016-2018. Emblematiche, al riguardo, le seguenti considerazioni riassuntive: «Pour désigner les nullités, les rédacteurs du code civil, imprégnés par la terminologie de l’Ancien droit, utilisaient à la fois les notions de «nullité» et de «rescision». En effet, autrefois, l’action en rescision se démarquait nettement de l’action en nullité, tant par ses sources que par son délai de prescription. Ainsi, lorsque le plaideur invoquait une nullité tirée du droit romain, il disposait, après obtention d’une autorisation royale, d’une action en rescision qui se prescrivait par dix ans. Les autres nullités relatives, fondées sur les ordonnances et les coutumes, ouvraient, sans formalité préalable, une action en nullité se prescrivant par trente ans. Cette distinction a perdu son sens initial dans le langage du code civil, toutes les actions en nullité puisant leur source dans la loi. Aussi les rédacteurs du code Napoléon employaient-ils indifféremment le terme «rescision» ou «nullité» (C. civ., anc. art. 1117, 1304, 1338). Mais le terme «rescision» a été gommé en tant que synonyme de nullité à l’occasion de la réforme du droit des contrats, laquelle a opéré un toilettage». Un’autonoma rilevanza, seppure del tutto eccezionale, sembra permanere soltanto con riferimento alla c.d. “rescision pour lésion”: «Subsiste néanmoins l’«action en rescision» pour les cas de lésion (C. civ., art. 889, en matière de partage; art. 1674, en matière d’immeuble). Sous cet angle, l’action en rescision présente, du fait de son caractère exceptionnel, quelques particularités par rapport à l’action en nullité relative» (per altro con non pochi caratteri, ancor oggi, comuni all’istituto italiano della rescissione per lesione). Sul punto, oltre alle richiamate parole di Y. Picod (Nullité [en ligne], Répertoire de droit civil, Paris, [consultè le 20 mars 2022], § 4, n. 35, 36), si rinvia, nella letteratura italiana, alle considerazioni di R. Sacco, G. De Nova, Il contratto, IV ed., Milano, 2016, 1484-1485.
[5] La lettera del codice civile non sembra porre particolari problemi interpretativi («il contraente contro il quale è domandata la rescissione può evitarla offrendo una modificazione del contratto sufficiente per ricondurlo ad equità», art. 1450 c.c.). Nello stesso senso, con riferimento al soggetto deputato ad avanzare eventualmente l’offerta di riconduzione a equità (nell’ambito della disciplina sulla rescissione come di quella sulla risoluzione del contratto), cfr. F. Panuccio Dattola, L’offerta di riduzione a equità, Milano, 1990, 163 ss., 170 ss.; Ead., voce Offerta di riduzione ad equità, in Dig. disc. priv., sez. civ., XVII, Torino, 1997, 603 ss.; S. D’Andrea, L’offerta di equa modificazione del contratto, Milano, 2006, 202. Sulla formulazione della disciplina (nonché sui profili processuali dell’offerta di riconduzione a equità), si rinvia, seppure senza pretese di completezza, alle “classiche” riflessioni di E. Redenti, L’offerta di riduzione a equità, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1947, 576 ss.; F. Carnelutti, Preclusione dell’effetto di riduzione del contratto a equità, in Riv. dir. proc., 1953, II, 108 ss.; G. Mirabelli, La rescissione del contratto, cit., 343; E. Quadri, La rettifica del contratto, Milano, 1973, 125 ss.; B. Carpino, La rescissione del contratto (artt. 1447-1452), in Il Codice civile. Commentario, fondato e già diretto da P. Schlesinger, continuato da F.D. Busnelli, Milano, 2000, 99 ss.
[6] Sull’interazione fra l’istituto della rescissione e dell’abuso di dipendenza nell’ordinamento italiano (e non solo), cfr., ex multis, B. Tassone, «Unconscionability» e abuso di dipendenza economica, cit., 576 ss., spec. 578 ss.; V. Bachelet, Abuso di dipendenza economica e squilibrio nei conratti tra imprese, cit., 250 ss.; F. Volpe, La rilevanza dello squilibrio contrattuale nel diritto dei contratti, in Riv. dir. priv., 2002, 305 ss.
[7] Questa è l’odierna formulazione dell’art. 9 della l. 18 giugno 1998, n. 192: «1. È vietato l’abuso da parte di una o più imprese dello stato di dipendenza economica nel quale si trova, nei suoi o nei loro riguardi, una impresa cliente o fornitrice. Si considera dipendenza economica la situazione in cui un’impresa sia in grado di determinare, nei rapporti commerciali con un’altra impresa, un eccessivo squilibrio di diritti e di obblighi. La dipendenza economica è valutata tenendo conto anche della reale possibilità per la parte che abbia subito l’abuso di reperire sul mercato alternative soddisfacenti. 2. L’abuso può anche consistere nel rifiuto di vendere o nel rifiuto di comprare, nella imposizione di condizioni contrattuali ingiustificatamente gravose o discriminatorie, nella interruzione arbitraria delle relazioni commerciali in atto. 3. Il patto attraverso il quale si realizzi l’abuso di dipendenza economica è nullo. Il giudice ordinario competente conosce delle azioni in materia di abuso di dipendenza economica, comprese quelle inibitorie e per il risarcimento dei danni. 3-bis. Ferma restando l’eventuale applicazione dell’articolo 3 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, l’Autorità garante della concorrenza e del mercato può, qualora ravvisi che un abuso di dipendenza economica abbia rilevanza per la tutela della concorrenza e del mercato, anche su segnalazione di terzi ed a seguito dell’attivazione dei propri poteri di indagine ed esperimento dell’istruttoria, procedere alle diffide e sanzioni previste dall’articolo 15 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, nei confronti dell’impresa o delle imprese che abbiano commesso detto abuso. In caso di violazione diffusa e reiterata della disciplina di cui al decreto legislativo 9 ottobre 2002, n. 231, posta in essere ai danni delle imprese, con particolare riferimento a quelle piccole e medie, l’abuso si configura a prescindere dall’accertamento della dipendenza economica».
[8] Per una panoramica sulla molteplicità di orizzonti d’interesse sollevati dall’istituto nell’ambito della dottrina italiana, cfr., ex multis, A. Barba, L’abuso di dipendenza economica: profili generali, in AA.VV., La subfornitura nelle attività produttive, a cura di V. Cuffaro, Napoli, 1998, 297 ss., spec. 321 ss.; A. Albanese, Abuso di dipendenza economica: nullità del contratto e riequilibrio del rapporto, in Eur. dir. priv., 1999, 1179 ss.; T. Longu, Il divieto di abuso di dipendenza economica nei rapporti tra le imprese, in Riv. dir. civ., 2000, II, 345 ss.; A. Gemma, Abuse of economic dependance between competition and contract law, in Eur. dir. priv., 2000, 357 ss.; F. Prosperi, Il contratto di subfornitura e l’abuso di dipendenza economica, Napoli, 2002; R. Natoli, Abuso di dipendenza economica. Il contratto e il mercato, Napoli, 2004, 11 ss.; Id., voce Abuso di dipendenza economica, in Dig. disc. priv., sez. comm., Agg. I, Torino, 2003, 7 ss.; M.R. Maugeri, Abuso di dipendenza economica e autonomia privata, Milano, 2003; G. Colangelo, L’abuso di dipendenza economica tra disciplina della concorrenza e diritto dei contratti, Torino, 2004, 63 ss.; P.P. Ferraro, L’impresa dipendente, Napoli, 2004, 196 ss.; M. Treccani, Subfornitura e abuso di dipendenza economica, in Riv. dir. priv., 2005, 704 ss.; Ph. Fabbio, L’abuso di dipendenza economica, Milano, 2006, 7 ss.; L. Delli Priscoli, Abuso di dipendenza economica e contratti di distribuzione, in Riv. dir. impr., 2007, 549 ss.; R. Pardolesi, La subfornitura, in AA.VV., Manuale di diritto privato europeo, a cura di C. Castronovo, S. Mazzamuto, II, Milano, 2007, 1061 ss., 1072 ss.; G. Agrifoglio, Abuso di dipendenza economica e l’asimmetria nei contratti d’impresa (B 2 b), in Contr. impr., 2008, 1333 ss.; G. Di Lorenzo, Abuso di dipendenza economica e contratto nullo, Padova, 2009, 7 ss.; Id., Contratto e divieto di discriminazione, in Nuov. giur. civ. comm., 2014, II, 567 ss.; L. Nonne, Contratti tra imprese e controllo giudiziale, Torino, 2013, 217 ss.; M. Libertini, La responsabilità per abuso di dipendenza economica, in Contr. impr., 2013, 1 ss.; N. Lipari, Le categorie del diritto civile, Milano, 2013, spec. 161 ss.; C. Castronovo, Eclissi del diritto civile, Milano, 2015, 103 ss.; F. Macario, Genesi, evoluzione e consolidamento di una nuova clausola generale: il divieto di abuso di dipendenza economica, in Giust. civ., 2016, 509 ss.; e, più recentemente, V. Bachelet, Abuso di dipendenza economica e squilibrio nei conratti tra imprese, Milano, 2020, 21 ss.; Id., Abusi “contrattuali” tra imprese: per una rilettura del’art. 9 della legge sulla subfornitura industriale, in Riv. dir. comm., 2021, 587 ss. Si richiamano poi le riflessioni (caratterizzate anche da impostazioni metodologiche abbastanza differenti fra loro) contenute nella collettanea AA.VV., Il terzo contratto, a cura di G. Gitti e G. Villa, Bologna, 2008.
[9] Si pensi, per esempio, all’ampio dibattito sollevato da Cass., sez. un., ord. 25 novembre 2011, n. 24906, in Foro it., 2012, I, 805 ss.; in Giust. civ., 2013, 3-4, I, 739; in Giust. civ. mass., 2011, 11, 1674; in Nuov. giur. civ. comm., 2012, 300, con nota di V.C. Romano; Cass. 12 ottobre 2018, n. 25606, in Foro it., 2019, I, 1350; e, nella giurisprudenza di merito, cfr. Trib. Trieste, ord. 21 settembre 2006, in Contr., 2007, 112, con nota di P. Quarticelli; in Giur. it., 2007, 1737, con nota di C. Spaccapelo; Trib. Massa, ordd. 26 febbraio 2014 e 15 maggio 2014, in Nuov. giur. civ. comm., 2015, I, 218 ss., con nota di V. Bachelet; Trib. Monza 27 dicembre 2018, in Nuov. giur. civ. comm., 2019, I, 960, con nota di M.R. Maugeri; in Foro it., 2019, I, 2965, con nota di M. Natale; Trib. Roma 20 settembre 2019, in Leggi d’Italia.
[10] Anche il panorama normativo francese è destinato ad evolversi ulteriormente a seguito dell’avvenuta approvazione dell’ordonnance n° 2021-1734 del 22 dicembre 2021, che traspone l’ultima (comune) direttiva 2019/2161 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 novembre 2019 (per consultare online il testo legislativo cfr. https://www.legifrance.gouv.fr/loda/id/JORFTE
XT000044546235?init=true&page=1&query=DIRECTIVE+%28UE%29+2019%2F2161+DU+PARLEMENT+EUROP%C3%89EN+ET+DU+CONSEIL&searchField=ALL&tab_selection=all). Le disposizioni contenute nell’ordonnance sono destinate ad entrar in vigore il 28 maggio 2022.
[11] Sull’articolata disciplina delle pratiche commerciali scorrette, cfr., per tutti, C. Granelli, voce Pratiche commerciali scorrette: le tutele, in Enc. dir., I Tematici, I, Il contratto, diretto da G. D’Amico, Milano, 2021, 825 ss. L. Guffanti Pesenti, Scorrettezza delle pratiche commerciali e rapporto di consumo, Napoli, 2020, 191 ss.; E. Labella, Pratiche commerciali scorrette e autonomia privata, Torino, 2018, spec. 93 ss.; G. De Cristofaro, voce Pratiche commerciali scorrette, in Enc. dir., Ann. V, Milano, 2012, 1103 ss.; V. Di Cataldo, Pratiche commerciali scorrette e sistemi di enforcement, in Giur. comm., 2011, I, 808 ss.; G. Guizzi, Il divieto delle pratiche commerciali scorrette tra tutela del consumatore, tuela del concorrente e tutela del mercato: nuove prospettive (con qualche inquietudine) nella disciplina della concorrenza sleale, in Riv. dir. comm., 2010, 1130 ss. Per un’aggiornata panoramica (italiana, ma non solo) – in attesa, anche in Italia, del completo recepimento della direttiva 2019/2161/UE (intervenuta ad inserire il nuovo art. 11-bis nella direttiva 2005/29/CE) – si rinvia ai contributi di C. Granelli (L’art. 11-bis della direttiva 2005/29/CE: ratio, problemi interpretativi e margini di discrezionalità concessi agli Stati membri ai fini del recepimento), G. De Cristofaro (Uno sguardo oltre confine: le soluzioni adottate nei Paesi UE anteriormente e posteriormente al recepimento della direttiva (UE) 2019/2161), S. Pagliantini (I rimedi risarcitori: profili problematici) e M. Maugeri (Invalidità del contratto stipulato a seguito di pratica commerciale sleale), tutti pubblicati, da ultimo, in Jus civile, 2022, 2 (che rappresentano la rielaborazione delle relazioni presentate in occasione del recente convegno “Pratiche commerciali scorrette e rimedi ‘individuali’ esperibili dai consumatori”, tenuto presso il Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Ferrara e co-organizzato con il Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Siena, il 28 aprile 2022).
[12] La riforma del codice civile, come noto, sembra essere (almeno per il momento) sfumata, ma resta una possibile proposta di decreto attuativo realizzata e discussa nell’ambito dell’Associazione “Civilisti italiani” (e presentata in un webinar il 14 maggio 2021): «Sono inseriti nel codice civile i seguenti articoli: Art. 1448-bis – Abuso di una condizione di vulnerabilità o di soggezione. 1. Qualora la controparte induca una persona fisica a stipulare un contratto sfruttando il suo stato di infermità, ovvero la sua fragilità psichica, o la sua particolare vulnerabilità o inesperienza, o ancora abusando del potere e dell’influenza che possono esercitare in ragione dei rapporti familiari o affettivi con essa intercorrenti, il contratto può essere rescisso su domanda della persona che sia stata in tal modo indotta a concluderlo. 2. La rescissione può essere domandata anche dalla persona fisica che, alle condizioni descritte nel comma 1, è stata indotta a stipulare il contratto da un terzo, se tale circostanza era nota alla controparte che ne abbia tratto vantaggio. Art. 1448-ter – Abuso di uno stato di dipendenza economica. Qualora una parte stipuli un contratto abusando dello stato di dipendenza economica nel quale si trovi, nei suoi riguardi, la controparte, e i contenuti del contratto risultino ingiustificatamente gravosi o discriminatori ai danni di quest’ultima, il contratto può essere rescisso su domanda della parte vittima dell’abuso. La disposizione di cui al comma 1 trova applicazione ai soli contratti conclusi, anche per il tramite di intermediari, tra imprenditori, tra lavoratori autonomi non imprenditori, ovvero ancora fra imprenditori e lavoratori autonomi non imprenditori. Art. 1469-ter – Pratiche commerciali scorrette. 1. Il consumatore ha diritto al risarcimento dei danni patrimoniali sofferti a causa della pratica commerciale scorretta posta in essere nei suoi confronti dal professionista. Grava sul consumatore l’onere di fornire la prova dei danni patrimoniali sofferti e del nesso di causalità intercorrente fra tali danni e la pratica commerciale scorretta posta in essere nei suoi confronti. 2. Qualora la pratica commerciale scorretta abbia influenzato in modo determinante la decisione di un consumatore di concludere un contratto con un professionista, il consumatore ha diritto di recedere dal contratto così concluso. Il recesso non può essere esercitato dopo che il contratto ha ricevuto completa e compiuta esecuzione. 3. Il comma 2 trova applicazione anche nelle ipotesi in cui il contratto venga concluso dal consumatore con un professionista diverso da quello che ha posto in essere la pratica commerciale scorretta, ancorché sia ignota alla controparte la circostanza che la decisione del consumatore di stipulare il contratto sia stata influenzata in modo determinante da una pratica commerciale scorretta. 4. Nei giudizi in cui venga invocata l’applicazione delle disposizioni di cui ai precedenti commi si ritiene definitivamente accertata, nei confronti dell’autore, la violazione del divieto di cui al comma 1 dell’art. 20 constatata da una decisione dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato ai sensi dell’art. 27, non più soggetta ad impugnazione davanti al giudice del ricorso, o da una sentenza del giudice del ricorso passata in giudicato».
La riportata proposta di decreto – talvolta anche restringendo l’ambito (soggettivo e oggettivo) della delega (si pensi, per esempio, al richiamo “generale” soltanto all’abuso di dipendenza economica) – tenta(va) complessivamente di coordinare la disciplina delle diverse fattispecie richiamate dall’art. 1, comma 1, lett. g) del d.d.l. n. 1151/2019, valorizzandone le specificità (e talvolta compiendo persino delle interpretazioni – perlomeno – “correttive” del testo della delega, specie nella prospettiva rimediale). Per alcune considerazioni critiche, si rinvia al testo di P. Gaggero, La proposta dell’Associazione “Civilisti italiani” di attuazione della delega ipotizzata dall’art. 1, co. 1, lett. g), D.D.L. n. S. 1151 della XVIII legislatura (comminatoria d’invalidità derivanti da pratiche negoziali scorrette o da talune altre circostanze), reperibile online sul sito dell’Associazione “Civilisti italiani”.
[13] Per alcune notazioni critiche sulla formulazione del d.d.l. n. 1151/2019 (seppure con specifico riferimento soltanto ai profili riguardanti la disciplina delle pratiche commerciali scorrette), v. C. Granelli, voce Pratiche commerciali scorrette: le tutele, cit., 837 ss.; Id., Pratiche commerciali scorrette: le tutele individuali nel disegno di legge-delega di riforma del codice civile, in Contr., 2019, 493 ss.; Id., Pratiche commerciali scorrette: tutele individuali, in Nuov. giur. civ. comm., 2019, 1074 ss.; Id., Pratiche commerciali scorrette e invalidità del contratto: il d.d.l. S1151 di revisione del codice civile, in questa Rivista, 2020, 179 ss.; L. Guffanti Pesenti, Pratiche commerciali scorrette e invalidità del contratto nel ddl delega n. 1151 del 2019, ivi, 2020, 157 ss.
[14] A sottolineare l’esigenza di una sorta di actio finium regundorum fra i vari istituti dell’ordinamento italiano (nella prospettiva soprattutto di un ripensamento dei vizi della volontà), v., di recente, F. Castronovo, Violenza economica e annullamento del contratto. Esperienze straniere e diritto italiano, cit., 6 ss.
All’esito dell’analisi finora sviluppata, a partire dall’introduzione dell’abus de l’état de dépendance nel Code civil, sembra di non essere davanti ad un’epocale rivoluzione (come, viceversa, sostenuto, soprattutto dal governo francese, in sede di riforma), ma, se mai, davanti ad una revisione più simbolica che sostanziale.
Si tratta, però, di una considerazione che – proprio nell’ottica di un ampio confronto costruttivo sull’evoluzione dei due sistemi giuridici – merita di esser ulteriormente (e criticamente) sviluppata attraverso diversi ordini di riflessioni conclusive rispettivamente condotte prestando una particolar attenzione non soltanto all’ordinamento francese, ma anche a quello italiano ed eurounitario.
Dalla prospettiva dell’ordinamento francese, in particolare, non sembra possibile trascurare come la previsione di così significativi presupposti applicativi, specie all’esito dell’ultima tappa della riforma nel 2018, finisca per ridurre fortemente l’attuale ambito di applicazione dell’art. 1143 Code civil. Ciò – in combinato, come si è visto, con l’esigenza di coordinare la nuova normativa generale con alcune rilevanti discipline di settore (a loro volta in evoluzione) – comporta una significativa riduzione dell’impatto concreto della riforma [1]. Emerge così l’impressione che l’introduzione della disciplina generale (e non più soltanto speciale) dell’abuso di dipendenza – lungi dal rappresentare, come più volte proclamato, una rivoluzione nell’ambito del diritto civile francese – rappresenti, più che altro, un argine legislativo all’imprevedibile evoluzione giurisprudenziale – sviluppatasi, come si è visto, già a partire dalla fine del XIX secolo (e rafforzatasi soprattutto dall’inizio degli anni duemila) sotto la vigenza del Code Napoléon – derivante dall’esigenza, percepita nella prassi, di superare l’assoluto silenzio sull’argomento dell’originario assetto normativo [2]. Nell’ottica complessiva sembra prevalere, in altri termini, l’esigenza di rafforzare così la sicurezza giuridica del sistema francese, scongiurando un’eventuale rincorsa giurisprudenziale verso un’indistinta (e sregolata) giustizia del caso concreto. Si tratta di un approccio che, com’è stato puntualmente rilevato da parte della stessa dottrina francese, risulta perfino gênant. E ciò non a seguito di una scelta legislativa – quella di applicare concretamente l’istituto soltanto ad un numero molto limitato di fattispecie (anche perché, come si è visto, non mancano nell’ordinamento disposizioni speciali dirette comunque a tutelare spesso i contraenti dipendenti) – ma per «l’insincérité du discours qui consiste, d’un côté, à défendre la présence d’un texte dans le Code civil en le présentant comme l’un des apports majeurs de la réforme et, de l’autre, à faire en sorte qu’il ne puisse en réalité jamais s’appliquer». Anziché «faire croire à la révolution et attiser les attentes d’une partie de la doctrine toujours prompte à la soutenir» sarebbe forse stato «plus honnête de reconnaître ouvertement que, dans un souci de sécurité juridique et de prévisibilité, certains textes-clés de la réforme ont été pensés pour verrouiller plutôt que pour ouvrir. L’article 1143 fait incontestablement partie de ceux-là» [3].
Anche considerato che sia stato opportuno delineare una siffatta disciplina generale sull’abuso di dipendenza, la previsione della nullità del contratto solleva poi, a sua volta, non poche perplessità [4].
Innazitutto, per come l’istituto è stato tratteggiato (ed inserito nell’odierno sistema codicistico francese), sembra sostanzialmente preclusa – a differenza, per esempio, delle formulazioni normative proposte nell’ambito di numerosi progetti di c.d. “soft law” – ogni forma di adattamento contrattuale. Il rischio è che le parti finiscano sostanzialmente per accantonare l’art. 1143 Code civil nell’intento di evitare la protezione demolitoria a vantaggio di una tutela esclusivamente risarcitoria. Quest’ultima soluzione – oltre ad esautorare l’opzione rimediale legislativa – rischia però di lasciar insoddisfatti coloro che auspicano, in occasione dello sfruttamento abusivo di una situazione di dipendenza, l’adattamento a condizioni contrattuali (e non soltanto economiche) complessivamente più eque (si pensi, per esempio, alle parti coinvolte nell’ambito dei contratti di durata) [5]. Se pertanto la soluzione demolitoria della nullité relative, così come delineata dalla riforma, non convince appieno, neanche l’eventuale ricorso al rimedio risarcitorio sembra destinato a risolvere ogni problematica rimediale.
Dalla prospettiva italiana, proprio per evitare d’incorrere nelle medesime criticità finora rilevate nell’ambito dell’ordinamento francese, sembra necessario procedere – prima di metter in cantiere un’eventuale riforma generale del codice civile – ad un ripensamento profondo e complessivo dell’intera materia: si devono coordinare fra loro, come si è visto, numerose discipline potenzialmente rilevanti (fra cui emergono anche diverse normative di matrice eurounitaria) per individuare, per un verso, confini chiari fra le diverse figure e, per un altro, soluzioni rimediali efficaci. Solo così sembra possibile provare a tratteggiare un assetto sistematico coerente caratterizzato da novità concrete (e non soltanto da mere “norme-manifesto”).
Nel panorama giuridico italiano, l’eventuale riflessione de iure condendo sulla disciplina dell’abuso di situazioni di dipendenza merita pertanto di essere sviluppata perlomeno su due livelli.
Il primo è di politica del diritto. Si tratta di comprendere fino a che punto l’ordinamento vuole spingersi nella prospettiva di tutela del “contraente dipendente”: una scelta, con ogni evidenza, “politica” che presuppone una riforma capace di sciogliere, a sua volta, quanto meno due questioni nodali. La prima attiene all’effettiva ripartizione dei ruoli fra diritto pubblico e diritto privato [6]: se la materia, infatti, rimane di competenza prevalentemente privatistica (magari nella prospettiva, oggi particolarmente valorizzata, del c.d. “diritto privato regolatorio”) [7], non c’è dubbio, però, che le situazioni di dipendenza costringano legislatore ed interprete ad interrogarsi sull’effetto, talvolta non soltanto privatistico, dell’esercizio abusivo del potere (si pensi, per esempio, agli interrogativi suscitati dal ruolo dell’AGCM già nell’attuale disciplina dell’abuso di dipendenza economica e delle pratiche commerciali scorrette). Lungi dal ridurre l’intero ragionamento ad astratte tassonomie, magari distinguendo (o, peggio ancora, contrapponendo) solo teoricamente diritto pubblico e privato [8], si vuole pertanto richiamare l’attenzione sull’esigenza pratica d’individuare coerentemente gli strumenti più adatti ed efficaci per affrontare, di volta in volta, le diverse possibili situazioni problematiche. D’altronde, ad oggi, l’esperienza di diversi settori riconducibili – almeno in parte – alla materia dell’abuso di dipendenza ha mostrato quanto sia centrale individuare un adeguato equilibrio e contemperamento fra strumenti di private e public enforcement (contraddistinti da caratteristiche ed effetti diversi fra loro e funzionali a perseguire risultati spesso complementari ma distinti) [9]. La seconda questione nodale da sciogliere – sempre nell’ambito della riflessione, per così dire, di politica del diritto – riguarda la necessità di coordinare al meglio le scelte dell’ordinamento nazionale con una serie non indifferente, come si è visto, di prese di posizione a livello eurounitario. Nella dinamica di un sistema di tutela multilivello sembra ormai impossibile prescindere, infatti, da un confronto e da un coordinamento fra le diverse fonti del diritto, anche per evitare, come dimostra l’esperienza francese, sovrapposizioni ed incongruenze poi foriere di complesse problematiche ermeneutiche [10]. Solo una visione complessiva del problema, delle possibili scelte legislative (nazionali ed eurounitarie) e delle loro conseguenze sul sistema possono consentire ad un’eventuale riforma di prendere posizioni chiare ed equilibrate.
Il secondo livello della riflessione de iure condendo sulla disciplina dell’abuso di situazioni di dipendenza in Italia non può che essere rappresentato, invece, dai profili più strettamente tecnici chiamati poi a tradurre concretamente le scelte legislative di politica del diritto.
A tal fine, occorre, però, avere preliminarmente delimitato con esattezza l’ambito di applicazione delle diverse possibili figure così da evitare, dapprima, pericolose sovrapposizioni fra problematiche diverse (si pensi, per esempio, alle distinte tematiche riconducibili alla situazione di dipendenza, economica o meno, dei contraenti oppure all’eventuale condizione di vulnerabilità dei singoli soggetti) e, successivamente, confusioni rimediali derivanti da soluzioni poco coerenti ed efficaci. Solo dopo avere chiarito le caratteristiche fondamentali delle figure che si pensa di delineare (o di ridisegnare) sembra possibile, infatti, intervenire sull’aspetto più strettamente rimediale. Si tratta, in particolare, di prendere posizione sulla specifica previsione di rimedi caducatori e/o manutentivi del contratto, per identificare poi la categoria più adeguata fra nullità, annullabilità e rescissione senza tralasciare, nell’eventuale prospettiva di conservazione del rapporto, di riconoscer un ruolo, sancendone previamente criteri e caratteristiche, all’adattamento contrattuale e/o al risarcimento dei danni.
Dall’analisi dell’esperienza francese, sviluppata nella prospettiva del giurista italiano, emerge così la necessità d’intraprendere un percorso impegnativo – articolato su più livelli – per sviluppare una riflessione complessiva delle problematiche riconducibili all’abuso della situazione di dipendenza. Ne deriva un impegno rilevante da portar avanti senza trascurare – oltre alle preliminari scelte di politica del diritto – tutte le più opportune ed efficaci formulazioni tecniche e combinazioni rimediali [11]. L’art. 1, comma 1, lett. g) del d.d.l. n. 1151/2019, sebbene mai approvato dal Parlamento, ha rappresentato, come si è visto, un importante (e recente) primo tentativo legislativo di riforma complessiva della materia: l’auspicio è di riuscire a farsi trovare scientificamente (oltre che politicamente) più pronti (e forse anche più consapevoli) nel prossimo futuro. L’ottantesimo anniversario del codice civile del 1942 rappresenterà l’occasione – com’è stato per il bicentenario del Code Napoléon – per iniziare a riflettere anche noi più fattivamente sulle possibili scelte di politica del diritto da prendere nonché sulle formulazioni tecniche e soluzioni rimediali da predisporre?
[1] Tale considerazione – supportata chiaramente, come si è detto, dalle modifiche del dato normativo nonché dall’interpretazione sistematica (oltre che dall’analisi dei lavori parlamentari che hanno portato all’approvazione della legge di ratifica) – risulta ormai patrimonio acquisito dalla letteratura non soltanto francese, ma anche italiana. Nel complesso, secondo D. Imbruglia (La Loi de ratification dell’Ordonnance di ricodificazione e il ruolo del giudice, cit., 1282), «se già l’ordonnance n. 131 del 2016 aveva realizzato un primo restringimento circa i poteri affidati al giudice rispetto alle varie discipline presentate nel Projet del 2015, la loi n. 287 del 2018 segna un nuovo e ulteriore ridimensionamento del suo ruolo nella protezione della parte debole in diritto comune».
[2] Cfr., supra, § 2.
[3] B. Fages, La conclusion du contrat et les vices du consentement dans la loi de ratification du 20 avril 2018, cit., 19.
[4] Cfr., supra, § 4.2.
[5] Cfr., supra, § 4.2.
[6] Si tratta di un argomento giuridico, a dir poco, “classico”. Non è qui possibile dare conto pertanto della sterminata bibliografia e delle diverse possibili ricostruzioni della distinzione. Nella nostra letteratura nazionale, si rinvia, senza pretese né di completezza né di esaustività, allo studio di S. Pugliatti (voce Diritto pubblico e diritto privato, in Enc. dir., XII, Milano, 1964, 696 ss., spec. 696-697, cui spetta, fra gli altri, il merito di avere rilevato, fin dall’incipit, come, in una prospettiva storica, «Ogni crisi nel campo del diritto riconduce lo studioso alla distinzione tra diritto pubblico e diritto privato: e quando più acuta è la crisi, i più inclinano a negare la distinzione; cioè si fermano alla superficie, e dimenticano che l’esigenza razionale del diritto come ordinamento è nella dinamica dei due termini: pubblico e privato. Infatti, negata la distinzione, si dissolve il diritto: tutto pubblico, espressione di forza non controllata né limitata di chi detiene il potere; tutto privato, organismo senza la forza di un potere – quello, privo di garanzia, questo, privo di vitalità») e alle più recenti riflessioni (sviluppate secondo le diverse sensibilità, che riflettono percorsi formativi e culturali distinti, dei due autori) di A. Zoppini (Il diritto privato e i suoi confini, Bologna, 2020, 9 ss.) e di B. Sordi (Diritto pubblico e diritto privato. Una genealogia storica, Bologna, 2020, 7 ss.). Nella letteratura francese, si rinvia, per tutti, alle riflessioni di F. Terré, Le présent du passé. Sur la distinction du droit public et du droit privé, in AA.VV., A l’Europe du troisieme millenaire. Mélanges offerts à Giuseppe Gandolfi, Milano, 2009, 1809 ss.
[7] Si rinvia, ex multis, alle riflessioni contenute nel volume AA.VV., Funzioni del diritto privato e tecniche di regolazione del mercato, in M. Maugeri, A. Zoppini, Bologna, 2009 e, seppur in una prospettiva più ampia, in AA.VV., L’autonomia privata e le autorità indipendenti, a cura di G. Gitti, Bologna, 2006 e in AA.VV., Il terzo contratto, cit. Nella letteratura straniera, cfr., per tutti, H.-W. Micklitz, Europäisches Regulierungprivatrecht: Plädoyer für ein neues Denken, in Zeitschreift für Gemeinschaftsprivatrecht, 2009, 254 ss.; Id., The Visible Hand of European Regulatory Private Law – The Transformation of European Private Law from Autonomy to Functionalism in Competition and Regulation, in Yearbook of European Law, 2009, 3 ss.
[8] Sono volte a scongiurare futili contrapposizioni fini a se stesse, seppur alla luce d’impostazioni metodologiche diverse fra loro, tutte le più recenti (e rilevanti) riflessioni sull’argomento. Oltre alle già richiamate opere di A. Zoppini (Il diritto privato e i suoi confini, cit.) e di B. Sordi (Diritto pubblico e diritto privato. Una genealogia storica, cit.), cfr., ex multis, P. Perlingieri, Stagioni del diritto civile, cit., 7; Id., Tendenze e metodi della civilistica italiana, Napoli, 1979, 56 ss., 130; Id., Il diritto dei contratti fra persona e mercato. Problemi del diritto civile, Napoli, 2003, 58 ss.; S. Cassese, L’arena pubblica. Nuovi paradigmi per lo Stato, in Riv. trim. dir. pubbl., 2001, 607 ss.; Id., La crisi dello Stato, Roma-Bari, 2002; Id., Il diritto amministrativo: storia e prospettive, Milano, 2010, 523 ss.
[9] Quest’aspetto è stato recentemente già ben evidenziato, seppure con sensibilità talvolta distinte, a proposito dell’attuale disciplina sull’abuso di dipendenza economica e sulle pratiche commerciali scorrette da V. Bachelet, Abuso di dipendenza economica e squilibrio nei conratti tra imprese, cit., 354 ss., spec. 358 ss.; L. Nonne, Contratti tra imprese e controllo giudiziale, cit., 217 ss.; L. Guffanti Pesenti, Scorrettezza delle pratiche commerciali e rapporto di consumo, cit., spec. 90 ss., 279 ss.; E. Labella, Pratiche commerciali scorrette e autonomia privata, cit., 93 ss.; G. De Cristofaro, voce Pratiche commerciali scorrette, cit., 1108 ss.; V. Di Cataldo, Pratiche commerciali scorrette e sistemi di enforcement, cit., 808 ss.; G. Guizzi, Il divieto delle pratiche commerciali scorrette tra tutela del consumatore, tuela del concorrente e tutela del mercato: nuove prospettive (con qualche inquietudine) nella disciplina della concorrenza sleale, cit., 1130 ss.; C. Granelli, voce Pratiche commerciali scorrette: le tutele, cit., 825 ss. Nella nostra letteratura giusprivatistica, un interessante (e pienamente condivisibile) ripensamento generale della materia è stato elaborato da E. Navarretta. L’Autrice ha così sintetizzato il suo pensiero (sviluppato, prima e dopo, anche in una serie di rilevanti e recenti saggi): «Il ricorso allo strumento contrattuale per perseguire, attraverso la giustizia contrattuale plasmata sulle debolezze nel mercato, una finalità generale di regolamentazione del mercato modulata sull’efficienza, ha determinato una duplice sollecitazione: ipotizzare un controllo sulla giustizia contrattuale plasmato su asimmetrie diverse da quelle macroeconomiche, secondo un modello liberal-egualitarista, e immaginare il perseguimento attraverso il contratto di un obiettivo generale di giustizia sociale. […] Per costruire un modello di giustizia contrattuale secondo la logica liberal-egualitarista è necessario che o il legislatore o l’interprete identifichino alcune asimmetrie microeconomiche giuridicamente rilevanti, tramite un approccio tipologico non rigido, e dunque suscettibile di progressiva evoluzione, capace di bilanciare con equilibrio e con cautela le ragioni dell’uguaglianza e quelle della diversità, evitando che le infinite diseguaglianze fra le persone possano rimettere costantemente in discussione la vincolatività del contratto. Per consentire, invece, al contratto di perseguire anche una finalità di giustizia sociale, occorre evitare che ricada casualmente su tale istituto tutto il peso delle inadeguatezze dello Stato e dei fallimenti dell’economia, con il rischio che il mercato reagisca proprio estromettendo i più deboli e fragili. Per questa ragione devono ipotizzarsi meccanismi di collaborazione fra pubblico e privato finalizzati ad accompagnare i soggetti socialmente deboli dentro i meccanismi del mercato» (Costituzione, Europa e diritto privato. Effettività e Drittwirkung ripensando la complessità giuridica, Torino, 2017, spec. 57-58).
[10] Per un’analisi delle problematiche derivanti dall’ordinamento multilivello, cfr., ex multis, M. Cantero Gamito, H.-W. Micklitz (eds.), The Role of EU in Transnational Legal Ordering: Standards, Contracts and Codes, Cheltenham (UK)-Northampton (MA), 2020; A. Hartkamp, C. Sieburgh, W. Devroe (eds.), Cases, Materials and Text on European Law and Private Law, Oxford-Portland, 2017; D. Leczykiewicz, S. Weatherill (eds.), The Involvement of EU Law in Private Law Relationships, Oxford-Portland, 2013; R. Brownsword, H.-W. Micklitz, L. Niglia, S. Weatherill (eds.), The Foundations of European Private Law, Oxford-Portland, 2011.
[11] L’eventuale sistema rimediale dev’essere, infatti, sempre modulato sull’interesse concreto fatto valere in giudizio (P. Perlingieri, Il «giusto rimedio» nel diritto civile, in Il giusto processo civile, 2011, spec. 4-5; e, con riferimento specifico all’argomento della presente trattazione, A. Gorgoni, I vizi del consenso nella riforma del Code civil: alcuni profili a confronto con la disciplina italiana, cit., spec. 111) nonché caratterizzato dall’efficacia complessiva della tutela (derivante soprattutto dall’appetibilità dello strumento per il contraente debole; v. C. Granelli, voce Pratiche commerciali scorrette: le tutele, cit., 871-872).