Jus CivileISSN 2421-2563
G. Giappichelli Editore

Smart legal contract e “giusto rimedio civile” del re-coding: legal protection by design e nuove declinazioni del favor contractus (di Francesco Longobucco, Professore ordinario di Diritto privato – Università degli Studi Roma Tre)


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SOMMARIO:

1. Il ruolo del giurista nell’interpretazione ed integrazione dell’“effetto informatico” (o “code-risultato” o “fruit contract macchinico”) - 2. Smart legal contract tra “a-rimedialità” e teoria della doppia normatività: critica. - 3. Dai rimedi off-chain ai rimedi in-chain: il ruolo della Rule by Design e le nuove declinazioni del favor contractus. - 3. Dai rimedi off-chain ai rimedi in-chain: il ruolo della Rule by Design e le nuove declinazioni del favor contractus. - 4. Lo smart legal contract non conforme all’ordinamento giuridico: spunti per una ricostruzione del “giusto rimedio civile” del re-coding tra demolizione e ricostruzione conservativa del regolamento informatico. - Note


1. Il ruolo del giurista nell’interpretazione ed integrazione dell’“effetto informatico” (o “code-risultato” o “fruit contract macchinico”)

L’ampia letteratura relativa al fenomeno della “contrattualizzazione” dell’algoritmo, oggi ammessa [1] e da noi recentemente condivisa [2], suggerisce di porre un’attenzione privilegiata al processo di adeguamento del “testo informatico” (il c.d. linguaggio computazionale), al quale sono attribuibili effetti giuridici tra due o più parti ex art. 1321 c.c., alla Rule of Law per il tramite della Rule by Design. Ciò sull’assunto che la qualificazione in termini “contrattuali” del c.d. smart legal contract, da un lato, impone sempre di valutare la conformità del prodotto informatico ai princípi e alle regole dell’ordinamento giuridico, dall’altro lato, suggerisce di indagare se la tecnica adoperabile nella costruzione della tecnologia (la Rule by Design) possa consentire al giurista di conformare il “code contrattuale”, inteso come “effetto” dell’algoritmo, alla Rule of Law nel caso concreto – che chiameremo, d’ora in poi, “casus digitalis” – nel quale si stagliano gli interessi delle parti. In questo processo di adeguamento il tech-lawyer è chiamato ad assumere un ruolo senz’altro responsabile sia nel momento originario della predisposizione del “code informatico” sia nella fase successiva al funzionamento dell’algoritmo; questi, in prima persona, è chiamato infatti ad effettuare anzitutto una scelta di campo tra i vari modelli possibili di smart legal contracts, prediligendo quello maggiormente adatto a governare le circostanze e gli interessi nel concreto “casus digitalis”. Segnatamente, una volta predisposto il testo informatico da parte dello sviluppatore, il giurista è chiamato ad optare tra il c.d. “modello esterno”, ossia uno smart legal contract in grado di automatizzare soltanto talune clausole contenute in un contratto off-chain ed il c.d. “modello solo codice”, ossia uno smart legal contract scritto unicamente in linguaggio informatico e, in quanto tale, scambiato ed accettato dalle parti [3]; rimane, invero, una terza via, che è quella dell’adozione del c.d. “modello ibrido”, ovvero di un testo informatico al quale accede, [continua ..]


2. Smart legal contract tra “a-rimedialità” e teoria della doppia normatività: critica.

Il descritto processo di “contrattualizzazione” dello smart legal contract, attraverso il richiamo all’esistente disciplina negoziale, specie in tema di rimedi civili esperibili, si è tuttavia dipanato finora attraverso una metodologia secondo la quale la norma giuridica sarebbe essa stessa una variabile dipendente della tecnica. L’idea di fondo manifestata dagli interpreti è, infatti, quella di individuare la normativa applicabile al concreto “casus digitalis” muovendo dalle caratteristiche strutturali del “code informatico”, con ciò, tuttavia, limitando enormemente il bagaglio delle prerogative delle quali la parte contrattuale dispone invece nella negoziazione classica. Il Νόμος, mutatis mutandis, si dovrebbe arrendere dinanzi alla Tέχνη: sulla scorta di tale assunto, lo smart legal contract sarebbe presieduto non soltanto da una normatività e da una ermeneutica macchiniche, distinte da quelle classicamente impiegate per il comune contratto [18], bensì dal connesso crisma della “a-rimedialità” in ragione del noto carattere (tecnicamente) auto-esecutivo del “code informatico”. Evocativa di una tale sensibilità è l’opinione secondo la quale «gli automatismi, anche estremi, delle Blockchain potrebbero realizzare il caso di contratti invalidi o sciolti per la legge dell’uomo, ma perfettamente operanti nel mondo digitale, quando l’automatismo esecutivo, è inarrestabile» [19]. In questa prospettiva, dunque, milita la suggerita inapplicabilità allo smart legal contract della disciplina dettata in materia di patologie contrattuali. Si osserva, infatti, che risulterebbe difficile, se non impossibile, estendere la normativa dettata in materia di nullità, annullabilità e rescissione del contratto al fenomeno in esame in ragione della rigidità che connota lo smart legal contract e l’inaccessibilità al contenuto dello stesso per i soggetti non esperti della materia informatica e del linguaggio computazionale [20]; per esempio, si esclude la possibilità di ritenere lo smart legal contract attinto da nullità totale o parziale (art. 1419 c.c.) [21], [continua ..]


3. Dai rimedi off-chain ai rimedi in-chain: il ruolo della Rule by Design e le nuove declinazioni del favor contractus.

Ma si può andare ancora oltre, poiché la stessa tecnologia può diventare solidale alla norma attraverso la Rule of Law by Design che consente un “adeguamento” dello smart legal contract alla Law direttamente on-chain. In questo senso la tecnologia diventa strumento per attuare, in una chiave evolutiva, il noto canone ermeneutico della “conservazione” dello smart contract (arg. ex art. 1367 c.c.) [37]. D’altronde, se il postulato del favor contractus, come posto in evidenza dagli interpreti, si connota per il suo slancio assiologicamente orientato [38], la proposta “tecnologia adeguatrice” del “code informatico” originario diventa dirimente per conciliare il testo algoritmico con i valori dell’ordinamento. Su tale fronte si convalida quanto già dietro osservato in merito alla circostanza che l’ordinamento giuridico rimane costantemente sullo sfondo sia nella fase di inziale predisposizione dell’algoritmo sia nella successiva opera di interpretazione-integrazione del “regolamento informatico” che consente di pervenire ad un “regolamento definitivo” conforme alla normativa vigente. La predisposizione di una tecnologia la quale aspiri a rendere conforme l’algoritmo alla Rule of Law, al pari di quanto già avviene in tema di privacy, rafforza il ruolo del giurista, propriamente del Legal Engineer [39], nel dialogo costante con lo sviluppatore che è chiamato a “disegnare” ab origine una architettura informatica solidale ai canoni ermeneutici tradizionali del contratto. Ma, se è vero che il favor contractus può essere attuato attraverso la Rule of Law by Design, allorquando venga accertata dall’interprete l’inconciliabilità insanabile dello smart legal contract all’ordinamento giuridico, dunque la necessità di procedere alla destituzione semantica del “code-risultato” nel contesto della attuale normatività giuridica, ci si potrebbe anche spingere fino a teorizzare e sistematizzare un nuovo rimedio specifico, di portata generale ed extra ordinem che prende corpo nel c.d. re-coding. Si tratta di una misura evidentemente rivolta all’attuazione diretta dell’interesse a [continua ..]


3. Dai rimedi off-chain ai rimedi in-chain: il ruolo della Rule by Design e le nuove declinazioni del favor contractus.

Ma si può andare ancora oltre, poiché la stessa tecnologia può diventare solidale alla norma attraverso la Rule of Law by Design che consente un “adeguamento” dello smart legal contract alla Law direttamente on-chain. In questo senso la tecnologia diventa strumento per attuare, in una chiave evolutiva, il noto canone ermeneutico della “conservazione” dello smart contract (arg. ex art. 1367 c.c.) [37]. D’altronde, se il postulato del favor contractus, come posto in evidenza dagli interpreti, si connota per il suo slancio assiologicamente orientato [38], la proposta “tecnologia adeguatrice” del “code informatico” originario diventa dirimente per conciliare il testo algoritmico con i valori dell’ordinamento. Su tale fronte si convalida quanto già dietro osservato in merito alla circostanza che l’ordinamento giuridico rimane costantemente sullo sfondo sia nella fase di inziale predisposizione dell’algoritmo sia nella successiva opera di interpretazione-integrazione del “regolamento informatico” che consente di pervenire ad un “regolamento definitivo” conforme alla normativa vigente. La predisposizione di una tecnologia la quale aspiri a rendere conforme l’algoritmo alla Rule of Law, al pari di quanto già avviene in tema di privacy, rafforza il ruolo del giurista, propriamente del Legal Engineer [39], nel dialogo costante con lo sviluppatore che è chiamato a “disegnare” ab origine una architettura informatica solidale ai canoni ermeneutici tradizionali del contratto. Ma, se è vero che il favor contractus può essere attuato attraverso la Rule of Law by Design, allorquando venga accertata dall’interprete l’inconciliabilità insanabile dello smart legal contract all’ordinamento giuridico, dunque la necessità di procedere alla destituzione semantica del “code-risultato” nel contesto della attuale normatività giuridica, ci si potrebbe anche spingere fino a teorizzare e sistematizzare un nuovo rimedio specifico, di portata generale ed extra ordinem che prende corpo nel c.d. re-coding. Si tratta di una misura evidentemente rivolta all’attuazione diretta dell’interesse a [continua ..]


4. Lo smart legal contract non conforme all’ordinamento giuridico: spunti per una ricostruzione del “giusto rimedio civile” del re-coding tra demolizione e ricostruzione conservativa del regolamento informatico.

Il teorizzato “rimedio civile” del re-coding dell’algoritmo ha ad oggetto una totale “riscrittura” del precedente “code informatico” che, in tale maniera, verrebbe sostituito da un successivo nuovo “code informatico” [43], questa volta conforme ai princípi ed alle norme dell’ordinamento giuridico. Si tratterebbe di una tutela insieme distruttiva e costruttiva, ben solidale con la funzione attiva del giurista nel dialogo con lo sviluppatore, coerentemente con la Risoluzione del Parlamento europeo 20 ottobre 2020 che auspica l’adozione di “misure atte ad assicurare che i contratti intelligenti siano dotati di meccanismi in grado di arrestarne e invertirne l’esecuzione” [44]. Una prospettiva del genere, al pari di quanto già paventato in tema di Self-Destruct Function, potrebbe, tuttavia, alimentare i timori degli informatici di interventi malevoli sullo smart legal contract atti a minare l’integrità complessiva del sistema di Blockchain. Tuttavia, di là dal fatto che è sempre possibile, anche per le piattaforme che non lo consentano, cambiare la semantica e che di tutte le versioni “cronologiche” di smart legal contract, non più cancellabili, resterebbe comunque una traccia, può osservarsi, nell’ottica di rintuzzare la portata di questi timori, che il proposto rimedio del re-coding andrebbe consentito unicamente a seguito di una decisione giurisdizionale esterna (previa “esecuzione condivisa” in Blockchain) [45] o, più realisticamente, di un accordo stragiudiziale ADR/ODR tra i membri partecipanti al sistema informatico. Sul piano poi della teoria generale, non servirebbe obiettare che, alla stregua dell’impostazione tradizionale dei remedies, la strategia del re-coding non abbia un corrispettivo diritto soggettivo (codificato) sul quale fondarsi [46]. È noto, infatti, che, come gli ordinamenti di common law sono più recettivi ad individuare nuovi diritti, quelli di civil law, di contro, mostrano una maggiore propensione a predisporre nuovi rimedi e forme di tutela, senza definire la posizione sostanziale della quale i fruitori della protezione sarebbero titolari [47]. Si tratta, infatti di [continua ..]


Note