Jus CivileISSN 2421-2563
G. Giappichelli Editore

Tutela degli affidamenti, criterio di giustificazione e rimedi (di Donato Maria Matera, Assegnista di ricerca in Diritto agrario – Università degli Studi di Brescia)


.

SOMMARIO:

1. Introduzione. - 2. Affermazione del «principio» di tutela dell’affidamento nell’ordinamento italiano. - 3. Definizione di affidamento: estensione semantica. - 4. Gli affidamenti tutelabili. - 4.1. Tutelabilità degli affidamenti, termini valutativi e clausole generali. - 5. Gli affidamenti giustificati. Il criterio di giustificazione. - 6. Le modalità di tutela e la pluralità di rimedi. - 7. Rilievi conclusivi. - Note


1. Introduzione.

La tutela degli affidamenti costituisce da tempo uno dei temi centrali nel discorso dei giuristi. Lo si intende dagli studi della dottrina [1], lo si rintraccia nei provvedimenti della giurisprudenza [2]. In essa viene spesso rintracciato uno degli elementi che più accomunano esperienze giuridiche tra loro molto lontane [3]. In senso ampio, infatti, la protezione degli stati di fiducia – variamente identificati come «affidamenti», «aspettative», etc. – è legata a doppio filo alla stessa idea di giustizia, rientrando in molte delle concezioni che di essa si sono proposte. È comune affermazione che il rispetto delle normali aspettative («expectations») sia un valore da tutelare in una società che voglia ambire ad essere «giusta» [4]. E ciò è confermato dal generale disfavore con cui, in contesti normativi anche culturalmente distanti, sono visti quei comportamenti pur formalmente conformi allo jus strictum, ma comunque lesivi di una fiducia ingenerata nella controparte. Comportamenti i cui esiti spesso si ritengono sostanzialmente ingiusti e che per tale ragione vengono comunemente qualificati come «scorretti» [5]. In senso più propriamente tecnico, la tutela degli affidamenti è elevata a ratio ispiratrice di norme o a principio direttamente utilizzato per la risoluzione di conflitti, così da assumere rilevanza in ambiti che vanno dal diritto privato al diritto pubblico [6]. I frequenti richiami alla protezione degli affidamenti e il riconoscimento generalizzato della necessità di tale protezione non eliminano, tuttavia, le difficoltà che emergono nell’elaborazione – specie in via interpretativa – e nell’applicazione di regole precise volte a garantirla. Infatti, sono numerosi i problemi pratici che derivano dall’aspirazione ad una generalizzata «tutela dell’affidamento»: dalla determinazione delle circostanze idonee a far sorgere questo affidamento, alla circoscrizione delle ipotesi in cui esso sia tutelabile, fino ai concreti strumenti messi a disposizione dall’ordinamento per la sua tutela. Probabilmente per questi motivi, l’analisi del tema predilige approcci settoriali e muove dalla considerazione secondo cui l’affidamento si manifesta in una pluralità di forme [continua ..]


2. Affermazione del «principio» di tutela dell’affidamento nell’ordinamento italiano.

Un lungo percorso storico ha portato all’affermazione di un «principio» di tutela dell’affidamento nell’ordinamento italiano. Esso ha dapprima trovato spazio nel diritto privato, inizialmente come argine ai problemi posti dal diritto naturale in relazione al dogma della volontà, secondo il quale può esserci contratto solo in quanto ne siano effettivamente e concretamente voluti gli effetti [10]. Il ricorso a questo principio contribuì infatti a risolvere il problema delle divergenze tra volontà e dichiarazione [11], ripercuotendosi sulla redazione del codice civile del 1942 in diverse disposizioni o istituti nello stesso ricompresi [12]. Oltre ai problemi legati al superamento del dogma della volontà, già prima del codice civile del ’42 l’angolo prospettico delle riflessioni intorno alla tutela dell’affidamento era in realtà orientato ai problemi posti dalle fattispecie di apparenza [13]. Com’è noto, tali riflessioni portarono all’affermazione di un principio generale (appunto il principio di apparenza) «secondo cui: tutte le volte che un soggetto crea per fatto proprio un’apparenza giuridica a sé sfavorevole non può opporre il vero stato di fatto e di diritto, difforme dall’apparenza, al terzo che abbia confidato (variante: che abbia confidato senza propria colpa) nell’apparenza ingannevole» [14]. Secondo questa linea metodologica, l’espressione « affidamento » indicherebbe tre fenomeni distinti, e cioè: a) l’erronea opinione di un certo soggetto intorno ad una determinata situazione di fatto o di diritto (erronea opinione intesa come fenomeno meramente psicologico); b) l’ingannevole apparenza di una determinata situazione di fatto o di diritto (fenomeno non più individuale, ma generale); c) la presenza di indici tipici – generalmente di pubblicità – non rispondenti alla effettiva situazione di fatto o di diritto (fenomeni obiettivi tipizzati dal legislatore) [15]. In continuità con questa impostazione, un’esigenza di tutela dell’affidamento è stata legata alle dinamiche procedimentali e costituisce la base della responsabilità precontrattuale di cui all’art. 1337 c.c. [16]. Com’è noto, [continua ..]


3. Definizione di affidamento: estensione semantica.

Prima di affrontare alcuni dei punti problematici legati al tema che ci occupa, è utile soffermarci qualche istante sulla definizione del concetto di «affidamento». Nonostante, come si è visto, il ricorso a questo termine sia assai frequente, la sua estensione semantica non è così univoca. Si afferma che il termine sia legato all’esistenza di uno stato di fiducia e che esso consista in qualcosa di più di una mera speranza o aspettativa di fatto, figure rispetto alle quali sarebbe connotato da «contorni più netti» [30]. Una esatta ricostruzione della portata semantica del termine «affidamento» non si traduce in una mera operazione classificatoria, giacché mentre l’affidamento – a determinate condizioni – è oggetto di tutela da parte dell’ordinamento, assumendo rilevanza in chiave giuridica, la speranza e le aspettative di fatto non ricevono – almeno di per sé – questo tipo di trattamento [31]. In altri termini, distinguere sul piano semantico tra «affidamento», «speranze» e «aspettative di fatto» è necessario – almeno nel settore di nostro interesse – per delimitare l’oggetto di una specifica protezione: l’affidamento può riceverla, speranze ed aspettative no. Ciò evidentemente non significa che speranze ed aspettative di fatto non ricevano in nessun caso tutela da parte dell’ordinamento; ma solo che, quando la protezione è riservata all’affidamento, nell’ambito di operatività delle regole che la governano, tutto ciò che si trovi sotto la soglia minima dell’affidamento – come appunto le speranze o le aspettative di fatto – non può ricevere quella determinata protezione. La nozione di «affidamento» elaborata dalla dottrina a cui comunemente si tende a far riferimento, cioè quella di Rodolfo Sacco che lo identifica come «erronea opinione» (in senso soggettivo) o «ingannevole apparenza» (in senso oggettivo), non sembra sufficiente a distinguere univocamente questo termine rispetto agli altri legati all’esistenza di uno stato di fiducia («speranza», «aspettativa di fatto», in primis; ma in senso più atecnico anche «aspirazione», etc.) [32]. [continua ..]


4. Gli affidamenti tutelabili.

Tenendo presente la definizione di «affidamento» che si è appena proposta, risultano innumerevoli i casi nei quali un soggetto potrebbe fare affidamento su una data circostanza (passata, presente o futura che sia), dando la stessa per garantita. Il problema giuridico che si pone, e che accomuna indistintamente tutte le ipotesi in cui la tutela di un affidamento viene in rilievo, non è solo quello di stabilire se un affidamento c’è o non c’è, ma anche di capire quando l’ordinamento fornisca tutela a tali stati di fiducia. Non tutti gli affidamenti, infatti, ricevono tutela su un piano giuridico. In via preliminare occorre effettuare una distinzione. Innanzitutto, è ben noto che la tutela dell’affidamento è ratio o criterio ispiratore alla base di diverse disposizioni o istituti previsti nel nostro sistema. Così è, per restare ad esempi racchiusi nel Codice civile e limitandoci solo ad alcuni esempi senza pretesa di esaustività, nel caso delle norme che disciplinano gli effetti della simulazione rispetto ai terzi [36]; nella necessaria riconoscibilità dell’errore ai fini dell’annullamento del contratto; alcuni ravvedono una specifica esigenza di tutela dell’affidamento dell’oblato anche nel procedimento di conclusione del contratto di cui all’art. 1327 c.c., nella misura in cui l’inizio di esecuzione conclude il contratto [37]. Così come le norme dettate in tema di pubblicità immobiliare di cui agli artt. 2643 ss. c.c.; e quelle che attribuiscono rilievo all’acquisto del possesso in buona fede ai fini dell’acquisto di beni mobili (com’è noto, sono questi i casi del c.d. possesso vale titolo di cui all’art. 1153 c.c. e dell’acquisto di beni mobili di più acquirenti dal medesimo dante causa di cui all’art. 1155 c.c.) [38]. Solo per riportare un esempio esterno al diritto privato, la ratio della protezione dell’affidamento si rinviene anche in ambito pubblicistico, ad es. nell’art. 21-quinquies della legge n. 241/1990, ove si prescrive un indennizzo per il privato a fronte della possibilità per la P.A. di revocare un provvedimento amministrativo ad efficacia durevole (per sopravvenuti motivi di pubblico interesse o nel caso di mutamento della situazione di fatto o di nuova valutazione [continua ..]


4.1. Tutelabilità degli affidamenti, termini valutativi e clausole generali.

Come è emerso dalla breve analisi della giurisprudenza che si è svolta nel capitolo precedente, tendenzialmente un affidamento è ritenuto tutelabile ove sia «meritevole», «incolpevole», «legittimo», «corretto», «ragionevole», «apprezzabile». In dottrina si è proposto poi l’utilizzo della formula «affidamento qualificato» [49]. Dunque, per stabilire dei criteri di tutelabilità degli affidamenti, gli interpreti rinviano a termini semanticamente caratterizzati da quella vaghezza o indeterminabilità, proprie – tra l’altro – dei termini valutativi. Il che pone dinanzi al dubbio che i sintagmi «affidamento meritevole», «affidamento incolpevole», «affidamento legittimo», etc. siano sintagmi di natura valutativa. Com’è noto, in estrema sintesi, i termini o sintagmi valutativi sono predicati che incorporano o veicolano un giudizio di valore [50]. Più precisamente, essi sono termini o sintagmi: a) che esprimono in generale approvazione o disapprovazione (e in questo senso ogni termine o sintagma valutativo ha un corrispondente termine o sintagma contrario, uno con significato di approvazione, l’altro di disapprovazione. Si pesi così a «buono-cattivo», «bello-brutto», «corretto-scorretto», etc.) [51]; b) caratterizzati da una peculiare indeterminatezza semantica [52]; c) la cui indeterminatezza si traduce proprio in ciò, che ai fini di una determinazione del loro significato si rende necessario il ricorso a criteri variabili e in competizione, cioè a parametri di giudizio concorrenti [53]. In questo senso, i termini valutativi si contrappongono ai termini descrittivi, proprio perché il significato di un termine descrittivo può essere identificato in base a criteri fattuali, mentre per ricostruire il significato di un termine o sintagma valutativo è necessaria la formulazione di un giudizio di valore [54]. L’operazione necessaria per attribuire significato ai termini o sintagmi valutativi è appunto denominata integrazione valutativa [55]. I termini o sintagmi valutativi sono ampiamente presenti in ambito normativo [56]. Ove poi gli stessi vengano incorporati in disposizioni che esprimono regole, si [continua ..]


5. Gli affidamenti giustificati. Il criterio di giustificazione.

Prima di chiarire in che senso un affidamento può essere ritenuto «meritevole» «incolpevole» «legittimo» «ragionevole», e se cioè in senso valutativo o no, occorre ora riprendere una questione che si era lasciata aperta nelle parti iniziali di questo lavoro. Dopo aver brevemente passato in rassegna le argomentazioni della giurisprudenza in relazione a quelli che abbiamo definito criteri di tutelabilità, ci siamo chiesti se nella ricerca di tali criteri i giudici indaghino su parametri differenti caso per caso o se invece, nonostante le divergenze terminologiche, il criterio di tutelabilità possa essere ricondotto a un nucleo comune, e se dunque i giudici non vadano fondamentalmente alla ricerca di uno stesso criterio o di un criterio unificante, pur declinato nelle singole ipotesi. In prima approssimazione, da quanto si è riportato, sembra in effetti che quando i giudici si chiedono se un affidamento sia «meritevole», «incolpevole», «legittimo», «ragionevole», etc., a meglio vedere si interrogano in generale sulla idoneità dei fatti che hanno ingenerato quell’affidamento a giustificarlo. In altre parole, le scelte terminologiche della giurisprudenza – e anche di parte della dottrina – pur ricadendo su vocaboli non unitari non sono tese ad esprimere dei concetti diversi. Non si riscontrano, cioè, divergenze significative nella scelta tra l’aggettivo «meritevole», «ragionevole» o degli altri di volta in volta utilizzati, ma tutti esprimono fondamentalmente la ricerca di una qualche forma di giustificazione, che renda l’affidamento tutelabile: infatti, quei termini vengono spesso richiamati come sinonimi, anche in una sorta di pleonasmo. Dunque, in questo senso, già su un piano terminologico, si può osservare come vi sia un punto in comune tra tutte le ipotesi in cui viene in rilievo un problema di tutela degli affidamenti. Per tale ragione, piuttosto che utilizzare indistintamente i termini ai quali si è fatto riferimento, che invece assumono spesso una connotazione specifica in altri contesti (si pensi così, ancora una volta, al termine «meritevole», che è comunemente riferito al dibattito di cui all’art. 1322, comma 2, c.c.; ma anche ai termini «ragionevole», «legittimo», [continua ..]


6. Le modalità di tutela e la pluralità di rimedi.

Circoscritto un possibile criterio unificatore ed utile a guidare l’interprete nella definizione del significato di «giustificazione» degli affidamenti, resta ora da chiarire quali rimedi sono predisposti a favore del soggetto il cui stato di fiducia sia stato leso. Il problema abbraccia antiche questioni e nuove tematiche, e non può essere compiutamente affrontato in questo lavoro. È comunque il caso di porre subito in risalto che non vi è – né può esservi – una sola modalità di tutela di questi affidamenti. D’altronde, se della protezione degli affidamenti si parla come di un «principio», è proprio una caratteristica dei principi la non predeterminabilità in maniera esaustiva di tutte le conseguenze derivanti dalla la sua applicazione [69]. Tralasciando dunque le disposizioni che già tipizzano specifiche modalità di tutela (e che per questo esulano dalla nostra riflessione), ad una analisi della giurisprudenza emergono almeno due classi di rimedi, che il sistema assicura per garantire protezione a un affidamento considerato tutelabile dagli interpreti. Da un lato, un rimedio di tipo risarcitorio. Ad esso si fa ricorso non solo, com’è noto, nelle ipotesi di responsabilità precontrattuale (e cioè quando l’affidamento leso sia quello alla futura stipulazione di un contratto), nei limiti dell’interesse negativo [70]. Ma anche in altre fattispecie, come in quelle nelle quali la lesione dell’affidamento abbia avuto luogo nell’ambito di rapporti tra privato e Pubblica Amministrazione. Il riferimento è, ad esempio, all’annullamento – giurisdizionale o d’ufficio – di un provvedimento amministrativo, che abbia leso l’affidamento del privato sugli effetti favorevoli derivanti dal provvedimento stesso [71]. Dall’altro, una sorta di rimedio in forma specifica, che si traduce nell’attribuzione alla lesione dell’affi­damento degli stessi effetti (o di effetti sostanzialmente analoghi a quelli) che si sarebbero originati dalla fattispecie sulla cui esistenza si confidava [72]. Ciò accade, ad esempio, quando trova applicazione il principio di apparenza, in ambito privatistico; quando l’ordinamento dà prevalenza all’affidamento del destinatario di una dichiarazione rispetto alla volontà [continua ..]


7. Rilievi conclusivi.

Sebbene dunque, come più volte si è osservato, la tutela dell’affidamento non possa essere compiutamente considerata istituto unitario, unitario è il discorso che le esigenze comuni, che la contraddistinguono nei diversi settori in cui essa viene richiamata, hanno comunque consentito di svolgere. In particolare, nei precedenti paragrafi, si è tentato di circoscrivere con maggiore accuratezza un significato del termine «affidamento», utile a distinguerlo da termini affini come «speranza» o «aspettativa di fatto». Si è visto che – pur nella apparente diversità che le scelte linguistiche della giurisprudenza lascerebbero intendere – il criterio di rilevanza giuridica degli affidamenti può essere ricostruito in linee generali come un criterio di giustificazione uniforme. E che tale criterio non ha una portata valutativa, ma piuttosto semantica. Si è dato atto del fatto che, invece, l’apparato rimediale per la lesione di tali affidamenti non può essere unico. Da ciò è possibile dedurre che il principio di tutela dell’affidamento è da intendersi in senso ampio, come strumento volto a proteggere determinati stati di fiducia, sorti in capo a soggetti che non potevano razionalmente pensare diversamente da come hanno pensato. All’esito di questo discorso, il ruolo dell’interprete nella protezione degli affidamenti risulta più chiaro. Contrariamente a quanto potrebbe far pensare il continuo accostamento tra il principio di cui ci si è occupati e altri principi, come la tutela della buona fede o la solidarietà, il giurista qui non è chiamato ad esprimere giudizi di valore, dovendo piuttosto ricostruire la portata semantica di segni che hanno suscitato l’affida­mento; e ricercare l’apparato rimediale più coerente. L’auspicio è che uno sguardo più consapevole al tema della tutela degli affidamenti e una migliore definizione dei concetti e delle modalità operative di questo principio, consentano di evitare scorciatoie argomentative. Scorciatoie che invece si imboccherebbero ove la sua applicazione non fosse adeguatamente motivata in tutti i passaggi logici che si sono illustrati.


Note