Jus CivileCC BY-NC-SA Commercial Licence ISSN 2421-2563
G. Giappichelli Editore

I principi sovranazionali tra poteri pubblici e poteri privati (di Mario Trimarchi, Professore ordinario di Diritto civile – Università degli Studi di Messina)


Le modalità di esercizio della sovranità tradizionalmente proprie dello Stato vanno riconsiderate nell’attuale tempo della complessità in cui il diritto non è più unidirezionale, monistico e a struttura verticale, ma piuttosto pluridimensionale, pluralistico e a struttura reticolare. In tale contesto, l’indicazione di valori e di diritti fondamentali e di correlati obiettivi da realizzare appare il percorso privilegiato per tentare il difficile ma essenziale processo di integrazione delle diverse e molteplici regole che segnano la contemporaneità.

Supranational principles between public and private powers

The traditional ways of exercising sovereignty of the State must be reconsidered in the current time of complexity in which the law is no longer unidirectional, monistic and vertically structured, but rather multidimensional, pluralistic and networked. In this context, the indication of fundamental values ​​and rights and related objectives to be achieved appears to be the privileged path to attempt the difficult but essential process of integration of the diverse and multiple rules of contemporaneity.

SOMMARIO:

1. I poteri, pubblici e privati, di porre regole giuridiche - 2. La funzione dei principi sovranazionali nel tempo della complessità - 3. Principi e limitazione dei poteri che pongono le regole - 4. Il principio dello sviluppo sostenibile - NOTE


1. I poteri, pubblici e privati, di porre regole giuridiche

Una delle più interessanti prospettive in cui può cogliersi la dicotomia pubblico-privato attiene al problema della individuazione dei centri che detengono ed esercitano il potere di porre regole giuridiche. La modernità, pur con le limitate eccezioni rappresentate dal diritto consuetudinario e dal diritto internazionale, è basata stabilmente sull’attribuzione allo Stato e per esso ad organi di diritto pubblico democraticamente eletti, del potere di porre ed emanare regole giuridiche nel rispetto di determinate competenze e procedure. Anche le norme del diritto privato – e lo stesso codice civile –, che recepiscono interessi e stili di vita dei consociati ma talora anche li limitano o li conformano, sono formalmente poste nel rispetto della sovranità statale e garantite, al di là del loro rispetto spontaneo da parte dei cittadini, da apparati pubblici. Si è detto che questa dicotomia pubblico-privato è la forma della politica moderna [1], ma ora forse meglio si dovrebbe dire “è stata” la forma della politica moderna. Il rapporto pubblico-privato, infatti, si è affermato e sviluppato negli ultimi secoli essenzialmente con riguardo ad un dato territorio, delimitato da precisi confini e dalla vigenza della sovranità statale. Nel momento della storia in cui vari importanti interessi e bisogni dei cittadini non sono più emersi in via prevalente spazialmente definiti, ma presentano un’origine e una dimensione sovranazionale o addirittura mondiale, lo Stato, come imprigionato nelle sue statiche strutture e geloso delle sue prerogative, non ha saputo, o non ha potuto, nemmeno in sinergia con altri Stati, dare una risposta a quelle esigenze apprestando tutele e garanzie. In altri termini, è rimato indietro rispetto agli enormi e rapidi progressi realizzati dalla scienza e dalla tecnica nell’ultimo mezzo secolo, specie nei settori del bene vita, della salute, dell’informatica, ma anche della finanza. Né tantomeno è stato in grado di prospettare soluzioni adeguate ai grandi problemi dell’ambiente e delle energie, anch’essi localmente non controllabili. In particolare nei campi delle tecnologie digitali e delle biotecnologie gli equilibri preesistenti sono stati travolti e poche grandi imprese private, fornendo servizi innovativi e mirabolanti ai cittadini, in mancanza di regolamentazioni [continua ..]


2. La funzione dei principi sovranazionali nel tempo della complessità

Se questa è la situazione che si è andata formando e imponendo a cavallo del secolo, va rilevato che nell’ultimo decennio si va sviluppando una certa consapevolezza, anche presso alcune Autorità, della gravità del contesto contemporaneo. La pervasività della tecnica e dei capitali che la sorreggono e la sfruttano, gestiti oltretutto a livello mondiale in regimi prevalentemente oligopolistici, sta producendo, accanto ad importanti vantaggi e al soddisfacimento di bisogni della popolazione, notevoli guasti e pericoli all’ambiente e alla vita dei consociati. Ci si sta in altri termini rendendo conto che, se da un lato è opportuno promuovere lo sviluppo tecnologico, dall’altro appare necessario un intervento genericamente di tipo pubblicistico che regolamenti almeno in qualche misura le materie oggetto a livello mondiale dell’esplosione tecnologica, introducendo limiti e controlli alle relative attività per evitare gli eccessi e garantire la tutela degli interessi della comunità e dei singoli. Si tratta, invero, di un processo che ben può dirsi solo agli inizi, talora contrastato ed oltretutto dagli esiti incerti e dalla portata non sempre adeguatamente definita. Spesso, infatti, si propongono regole non assistite da un apparato idoneo a farle rispettare o aventi una valenza, quella europea, limitata spazialmente rispetto alla dimensione mondiale dei problemi affrontati. E però va al tempo stesso evidenziata la loro grande rilevanza costituendo il primo importante tentativo di mettere ordine e proporre giuste soluzioni all’indeterminatezza del presente, segnato da forti disuguaglianze e lesioni di diritti fondamentali delle persone. Il processo che si sta sviluppando, quello che auspicabilmente potremmo appellare come di “ritorno al diritto” comporta il parziale superamento dello strumentario tradizionale del giurista. Occorre infatti perseguire l’armonizzazione delle norme disposte a rete con un approccio soprattutto attento alla comparazione e al riconoscimento della piena operatività dei principi, quali regole adeguate alla complessità, espressione di una razionalità né puramente giuspositivista né puramente giusnaturalista [7]. Il giurista, in altri termini, deve essere attento ai reali problemi della società ed evitare di assumere concetti a priori assolutamente astratti; piuttosto occorre [continua ..]


3. Principi e limitazione dei poteri che pongono le regole

Ma occorre precisare quali sono questi principi. Si potrebbe al riguardo prospettarne il quadro molto ampio emerso negli ultimi decenni in ambito sovranazionale nella logica di introdurre forme di controllo e/o di limitazione di poteri e attività in grado di dettare regole e orientare condotte a livello mondiale. In questa sede non è possibile considerarli analiticamente. Si distingue, com’è noto, tra principi comuni e inespressi (tipicamente pacta sunt servanda) e principi fondamentali ed espressi, quali risultanti dalle grandi Dichiarazioni di diritti, dalla Carta europea, dalle Costituzioni e da altre fonti. E ricorrono principi con portata generalissima, ad esempio quello di uguaglianza, e principi relativi a determinate macromaterie, ad esempio quello di responsabilizzazione dei soggetti che trattano dati personali. Per quanto di interesse del privatista vanno ricordati i principi di tutela della dignità umana e delle varie forme di estrinsecazione della libertà e poi quelli di tutela della trasparenza, dell’equità, della partecipazione, per segnalarne solo alcuni. Al riguardo, però, sembra di particolare importanza rifarsi ad alcune previsioni contenute nelle disposizioni finali della Carta di Nizza, che rappresentano una sicura indicazione metodologica per cogliere l’ordine mobile interno all’odierno sistema complesso. E, così, va soprattutto evidenziato il principio dell’assoluto rispetto del contenuto minimo essenziale di ogni diritto fondamentale o, se si vuole, come si è espressa la nostra Corte costituzionale in materia di interruzione di gravidanza e di fine vita, della garanzia di un livello minimo di tutela legislativa; ed ancora, in una logica simile, quello di divieto dell’abuso del diritto nonché quello di proporzionalità.


4. Il principio dello sviluppo sostenibile

Vorrei comunque soffermarmi sul principio più innovativo, significativo e caratterizzante del tempo recente e cioè sul principio di sostenibilità, ormai espressamente sancito da una vasta legislazione. Al riguardo vanno quantomeno segnalate a livello internazionale la Risoluzione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite del 2015 e la connessa Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile che fissa 17 obiettivi utili al suo perseguimento, fondati su tre pilastri, la sostenibilità economica che consiste nell’uso delle risorse da parte delle imprese funzionale allo stabile mantenimento dei propri parametri, la sostenibilità ambientale che si concretizza in un consumo delle risorse naturali proporzionato alla loro capacità di rigenerarsi e la sostenibilità etico-sociale che si sostanzia nella riduzione delle differenze sociali, nella garanzia di giuste retribuzioni e nella conseguente maggiore coesione sociale. E, poi, a livello europeo vanno ricordati, oltre l’art. 37 della Carta di Nizza, dove si prescrive che la tutela dell’ambiente deve essere garantita “conformemente al principio di sviluppo sostenibile”, numerosi Regolamenti e così tra gli ultimi il Digital Market Act (n. 1925 del 14 settembre 2022) e il Regolamento sul ripristino della natura (n. 1991 del 24 giugno 2024) che contengono espressi riferimenti allo sviluppo sostenibile, o ancora il Data Act (n. 2854 del 13 dicembre 2023) e il Regolamento sull’Intelligenza artificiale (n. 1689 del 13 giugno 2024) che implicitamente o nei considerando richiamano o presuppongono il principio di sostenibilità. Ed infine, a livello nazionale, rilevano gli artt. 9 e 41 Cost., come riformati nel febbraio 2022 dove si prevede, tra l’atro, la tutela degli interessi delle future generazioni. Ora, dall’insieme della legislazione vigente appena ricordata può trarsi che il valore della sostenibilità è stato a tutti gli effetti trasfuso in un principio fondamentale dell’ordinamento, destinato a orientare la condotta sia dei soggetti pubblici, in primo luogo degli organi dello Stato, sia dei soggetti privati ed in specie delle imprese che devono impegnarsi a contribuire alla realizzazione di un progresso sociale più equo (come pure dispone di recente la Direttiva europea n. 1760 del 13 giugno 2024 relativa al dovere di diligenza delle imprese ai fini della [continua ..]


NOTE