Nell’assegnazione della casa familiare si intrecciano valori eminentemente esistenziali con interessi sostanzialmente economici, anche di soggetti estranei al nucleo familiare. Punto focale è l’interesse della prole, reputandosi la continuità di relazione ambientale un fattore essenziale nell’età dello sviluppo. E tuttavia anche l’ossequio ad una prospettiva paidocentrica non può far trascurare un corretto bilanciamento tra i diversi interessi coinvolti, anche per evitare di esasperare tensioni ed insoddisfazioni, con conseguenze negative a carico degli stessi figli. Il contributo si sofferma su questi temi, tenendo conto dell’impianto normativo e delle soluzioni proposte dagli interpreti.
The assignment of the family home involves existential values and economic interests, also towards subjects unrelated to the family. The focus is on the best interest of the child, considering that the continuity of domestic relation is an essential factor in growth. The respect of a child-centred perspective cannot neglect a correct balance between different interests, also to reduce stress and discontent for the children themselves. The paper focuses on these problems, considering the regulatory framework and the proposed solutions.
1. Premessa - 2. L’assegnazione della casa familiare. Responsabilità genitoriale e best interest of the child - 3. La casa familiare e la nozione di convivenza rilevante - 4. La revoca del provvedimento di assegnazione della casa familiare - 5. La casa familiare come utilità suscettibile di apprezzamento economico - 6. L’assegnazione della casa familiare e i diritti dei terzi - 7. Bilanciamento, ragionevolezza e autonomia privata - NOTE
L’assegnazione della casa familiare è un aspetto cruciale nella gestione della crisi della famiglia, oggetto di costante attenzione da parte degli interpreti, anche nell’intento di rimediare a carenze ed ambiguità legislative [1]. La casa è, d’altronde, un bene primario, rispetto al quale si intrecciano profili personali e patrimoniali, valori eminentemente esistenziali ed interessi sostanzialmente economici [2].
Di certo nella riorganizzazione delle relazioni a seguito della crisi si ravvisa una peculiare gerarchia di valori, riflesso del valore della solidarietà, in cui può riassumersi il significato stesso dell’esperienza familiare [3]. E tuttavia ciò non può far trascurare un corretto dimensionamento operativo e un adeguato bilanciamento degli interessi coinvolti, anche al fine di non esasperare tensioni ed insoddisfazioni.
Nel riordino delle dinamiche familiari, gli interpreti non mancano di sottolineare l’esigenza di proporzionalità e adeguatezza, altresì auspicando una valorizzazione dell’autonomia privata, in una prospettiva che tenga conto della specificità delle singole situazioni [4]. La questione è estremamente delicata e impone una valutazione attenta al fine di addivenire a soluzioni equilibrate e che limitino i disagi.
Secondo l’art. 337-sexies, comma 1, cod. civ. [5], il godimento della casa familiare è attribuito tenendo prioritariamente conto dell’interesse dei figli, reputandosi la continuità di relazione ambientale un fattore essenziale soprattutto nella delicata età dello sviluppo.
Ciò significa, di regola, che l’assegnazione spetta al genitore collocatario prevalente, sebbene si ammetta una diversa soluzione concordata, purché nell’interesse del minore [6]: è proprio l’interesse della prole alla stabilità dell’habitat domestico ad ispirare la disciplina, connotandola, anche per la collocazione codicistica, come esplicazione della responsabilità genitoriale nelle varie ipotesi di dissoluzione della comunità familiare [7].
La ratio consiste nel garantire continuità alla vita della prole, evitando di aggiungere al trauma della separazione dei genitori quello del forzoso allontanamento dall’ambiente domestico, luogo di affetti e condivisione [8].
La crisi della coppia, del resto, non menoma quel fascio composito di diritti e doveri verso i figli minori e (meno intensamente) verso i figli maggiorenni incolpevolmente non autosufficienti, nel quale si compendia la responsabilità genitoriale [9]. Ciò spiega una disciplina unitaria e conferma una prospettiva incentrata sull’interesse del figlio, non solo destinatario di protezione ma portatore di diritti [10].
Riecheggia il c.d. best interest of the child, non solo come interesse preminente, superiore ad altri nell’eventuale conflitto, ma anche come miglior interesse del figlio da ricostruire in base alle specifiche circostanze, per individuare una scelta che persegua il massimo benessere possibile e sia realmente modellata sulle peculiarità e le sfumature del caso [11]. Insomma, un criterio guida, di valenza sostanziale e procedurale, interpretativa e sistematica: esso si pone come fulcro del sistema che, in costante evoluzione, si riempie di contenuti, anche in rapporto con l’ordine pubblico e con gli interessi degli adulti e della società [12].
Con riferimento all’ambito che ci occupa, sebbene siano i genitori i protagonisti del procedimento, nonché formalmente i destinatari del provvedimento di assegnazione, è, dunque, la situazione giuridica soggettiva della prole ad assumere un ruolo centrale e a giustificare il sacrificio di altri interessi economici e morali [13]; è l’interesse dei figli a confermarsi direttiva di fondo nell’apprezzamento valoriale e nell’organizzazione normativa dell’esperienza familiare [14].
Per opinione consolidata la «casa familiare», più che la residenza, è il luogo in cui si svolge la vita della famiglia, in virtù di una convivenza duratura [15]: è spazio di affetti, abitudini, interessi, materiali e spirituali, complesso funzionale alle esigenze della famiglia e, al tempo stesso, luogo di sua massima aggregazione nella continuità delle relazioni domestiche [16]. Nella crisi del rapporto coniugale o della convivenza more uxorio essa viene in considerazione, in particolare, per la sua attitudine a soddisfare l’esigenza abitativa, che richiede una certa stabilità, di per sé incompatibile con un godimento segnato da provvisorietà ed incertezza [17].
Ciò impone anzitutto una riflessione sulla convivenza rilevante, non potendosi trapiantare i parametri adottati per l’assegno di mantenimento e richiedendosi una valutazione rigorosa dei presupposti della coabitazione [18], ancor più perché la vicenda può riguardare anche figli maggiorenni (non ancora economicamente autosufficienti) [19].
Nello sforzo di individuare soluzioni per le ipotesi connotate da una presenza non diuturna dei soggetti, a prescindere dal dato anagrafico della residenza, si ritiene che il riscontro di un rapporto stabile con l’abitazione del genitore debba ricavarsi in base alla prevalenza temporale dell’effettiva presenza del figlio (in una data unità di tempo), nonché alla luce del criterio della frequenza e della regolarità dei ritorni [20]. Il senso è evidentemente quello di non attribuire tutela rispetto ad un’abitazione che non è mai stata o non è più il centro principale degli affetti, ma soltanto luogo di brevi e occasionali visite e saltuaria frequentazione [21].
La questione non si presta a facili automatismi. Da un lato, un approccio troppo restrittivo risulterebbe anacronistico, data la propensione alla mobilità dei giovani, spesso impegnati «fuori sede» per ragioni di studio o di lavoro; dall’altro, pur ritenendosi fisiologici alcuni sporadici allontanamenti, il concetto di coabitazione rilevante non può ridursi a mera ospitalità. Si impone all’interprete un’indagine sulla stabilità della convivenza, che tenga conto della frequenza, delle abitudini quotidiane, ma anche della distanza e delle ragioni del distacco, con valutazione sempre più scrupolosa via via che aumenta l’età dei figli.
La revoca del provvedimento di assegnazione della casa familiare è prevista qualora l’immobile perda la natura di principale centro degli affetti, facendo così dissolvere le specifiche ragioni di tutela [22].
Secondo l’art. 337-sexies, comma 1, cod. civ. il diritto al godimento viene meno laddove l’assegnatario non abiti o cessi di abitare stabilmente nella casa familiare o conviva more uxorio o contragga nuovo matrimonio, tutte ipotesi che, come precisato dagli interpreti, devono comunque essere lette alla luce del criterio fondamentale di conformità all’interesse della prole [23]. Ai casi espressamente contemplati dalla norma, si aggiunge l’ipotesi in cui il figlio diventi adulto, nel processo di emancipazione e di raggiungimento dell’indipendenza economica, che pure fa venir meno l’esigenza di protezione della continuità delle abitudini e delle relazioni domestiche della prole [24]. Qui entra in gioco il prudente apprezzamento del giudice, secondo criteri di rigore proporzionalmente maggiore al crescere dell’età dei figli, e comunque entro ragionevoli limiti di tempo e misura.
Il tema si lega, evidentemente, al diritto al mantenimento del figlio maggiorenne, che persiste ove lo stesso versi in una situazione di non autosufficienza economica incolpevole, da valutarsi, caso per caso, secondo il principio di autoresponsabilità: il dovere di mantenimento si giustifica nei limiti del perseguimento del progetto educativo e del percorso di formazione, nel rispetto delle capacità, inclinazioni e aspirazioni dei figli, ma anche delle condizioni economiche dei genitori [25]; la valutazione varia a seconda dell’età, delle competenze professionali e tecniche acquisite, dell’impegno profuso per reperire un’occupazione, insomma in base alla complessiva condotta che dev’essere volta a raggiungere l’indipendenza economica [26].
Ciò naturalmente non esclude che il figlio, seppur non titolare del diritto al mantenimento, viva nell’abitazione di proprietà esclusiva del genitore, senza corrispondere alcunché: fuori dall’ambito dell’assegnazione della casa familiare, si tratta di un negozio giusfamiliare per fatti concludenti, fondato su solidarietà e affetto [27].
Pur incidendo di fatto nei rapporti patrimoniali tra coniugi, l’assegnazione non è misura assistenziale idonea a modificare la natura o il contenuto del titolo che regolava l’uso e il godimento dell’immobile [28]: il coniuge non proprietario, di per sé eventualmente tutelato sul distinto piano del mantenimento, ne è avvantaggiato in via riflessa in forza dello status di collocatario della prole e, dunque, di componente del residuo nucleo familiare di cui si vuole garantire qualità della vita e serenità [29].
L’assegnazione è, del resto, costruita come provvedimento a contenuto sostanzialmente negativo, orientato alla protezione della permanenza dei figli nell’habitat domestico: più che attribuire un diritto, esclude uno dei coniugi dall’uso del bene, concentrando la legittimazione al godimento in capo all’altro, così da consentire, ove ne ricorrano le condizioni e fino al dissolvimento delle necessità familiari, la conservazione dell’ambiente domestico [30].
Ciò non esclude l’incidenza sulla situazione giuridica dell’assegnatario, data anche la natura della dimora familiare come utilità suscettibile di apprezzamento economico, quantomeno in termini di risparmio di costi [31]. Posto, dunque, che il godimento della casa familiare è attribuito in base all’interesse dei figli [32], il giudice dovrà tener conto dell’assegnazione nella regolazione del complessivo assetto patrimoniale tra i coniugi, come d’altronde espressamente prescrive l’art. 337-sexies, comma 1, cod. civ. [33].
Per verificare l’effettività di un diritto occorre valutarne l’apparato rimediale, da considerare nel bilanciamento di interessi contrapposti. Non è un caso, dunque, che il dibattito sulla natura del godimento attribuito all’assegnatario si sia sviluppato sostanzialmente al fine di risolvere il problema dell’opponibilità del relativo provvedimento [34]. In proposito la formulazione dell’art. 337-sexies, comma 1, cod. civ. risulta piuttosto stringata, limitandosi a prevedere che «il provvedimento di assegnazione e quello di revoca sono trascrivibili e opponibili a terzi ai sensi dell’articolo 2643» [35].
Vigente il precedente contesto normativo (art. 6, comma 6, legge n. 898/1970, che rinvia all’art. 1599 cod. civ., esteso analogicamente alla separazione), le sezioni unite hanno riconosciuto un diritto personale di godimento atipico comunque opponibile al terzo acquirente nei limiti di un novennio (soddisfatto il requisito della data certa dal provvedimento giudiziale), e, per effetto di trascrizione, anche negli anni a seguire, ponendo così l’assegnatario al riparo da atti dispositivi del proprietario [36].
La soluzione, dichiaratamente ispirata a valori etici, ha suscitato opinioni discordanti. Il Supremo Consesso, nuovamente interpellato, ha ribadito l’esigenza di bilanciamento tra gli opposti interessi, entrambi di rilievo costituzionale, l’uno di tutela del residuo nucleo familiare e l’altro di disponibilità del bene da parte del titolare: ha così negato l’assoluta sacrificabilità del diritto di proprietà, statuendo che la successiva assegnazione non può modificare il contenuto dell’originario rapporto, in specie, di comodato, pregiudicando una situazione preesistente in capo ad un soggetto estraneo [37]. Esclusi effetti sostanzialmente espropriativi, si impone piuttosto un’indagine sul tipo negoziale e sul contenuto voluto dai contraenti, che valorizzi la specificità dell’interesse del comodatario nel suo rapportarsi a quello del comodante, così connotando il profilo causale (nell’accezione di causa in concreto) ed esaltando la flessibilità del comodato, strumento negoziale ai confini con i rapporti di cortesia. Solo il vincolo di destinazione alle esigenze abitative familiari impresso al contratto di comodato è idoneo a prolungare il rapporto oltre la definizione della crisi, cosicché il diritto del comodante alla restituzione cede di fronte al diritto alla permanenza dell’assegnatario, collocatario prevalente dei figli [38].
La soluzione, applicata anche alla crisi tra conviventi [39], ha suscitato le critiche di chi vi ha ravvisato un contrasto con la disciplina del comodato e la sua funzione causale tipica volta ad assicurare al proprietario la pronta restituzione del bene [40].
Mutato il quadro normativo e nuovamente interessate le sezioni unite, l’orientamento ha ricevuto sostanziale conferma [41]: grava sul coniuge collocatario della prole, che si opponga al rilascio, l’onere di provare che l’accordo con il terzo è sin dall’origine attributivo di un diritto personale di godimento in favore del nucleo familiare o che, all’insorgere della nuova situazione, il comodato sia stato confermato e/o integrato per soddisfarne i bisogni. Ciò richiede una specifica indagine, tramite una valutazione globale che tenga conto dei rapporti tra le parti, degli interessi perseguiti e di ogni altro elemento che possa far luce sull’effettiva intenzione di destinare il bene a dimora familiare: in tale ipotesi il rilascio non potrà essere concesso finché durano le esigenze abitative e, quindi, sostanzialmente sino al raggiungimento dell’indipendenza dei figli [42].
Respinta l’applicabilità dell’art. 1810 cod. civ., che, nel comodato c.d. precario, in mancanza di fissazione di un termine di durata, prevede la restituzione ad nutum, rimane salva, ex art. 1809, comma 2, cod. civ., l’ipotesi di un bisogno del comodante, urgente ed imprevedibile, restando irrilevanti bisogni non attuali e solo ipotizzabili, nell’ottica di un’attenta verifica di proporzionalità e adeguatezza tra esigenze familiari e necessità del proprietario [43].
Nel caso di immobile di proprietà esclusiva del coniuge non assegnatario o di comunione indivisa, il bilanciamento degli interessi va attuato alla stregua del dovere di solidarietà (ex art. 2 Cost.), che connota il rapporto coniugale, post-coniugale e quello more uxorio, ispirandosi ai reciproci obblighi di assistenza e, soprattutto, ai doveri verso i figli: esso perdura nella fase patologica, consentendo una momentanea compressione della facoltà di godimento del proprietario non assegnatario. Ciò significa anche che, qualora quest’ultimo alieni l’immobile, il vincolo di destinazione a casa familiare sarà opponibile al terzo acquirente ove l’assegnazione (atto avente data certa) preceda l’acquisto [44]. In caso contrario, ove cioè l’assegnazione sia successiva all’acquisto, ai fini dell’opponibilità, occorrerà indagare se il terzo acquirente abbia manifestato l’intenzione di rispettare le esigenze abitative della famiglia, sostanzialmente attribuendo un diritto di godimento in favore del nucleo familiare [45].
Nella diversa ipotesi di preesistente rapporto locativo, trova applicazione il principio emptio non tollit locatum (art. 1599 cod. civ.), con la peculiarità che, in caso di omessa trascrizione del provvedimento di assegnazione, la decorrenza del termine infranovennale si ritiene decorra dal deposito dello stesso o dalla pubblicazione della sentenza [46]. In caso di comodato, invece, come si è detto, l’estensione in fatto del godimento del comodatario in favore del nucleo familiare è opponibile al comodante solo se già prevista dai contraenti, o comunque concordemente ed inequivocabilmente considerata [47].
Il bilanciamento è una tecnica del giudizio di ragionevolezza cui si ricorre per risolvere il conflitto tra diritti antagonisti, coordinando valori collidenti, alla luce del dettato costituzionale. Dinanzi a valori pariordinati esso tende ad operare mediante un apprezzamento del caso concreto, condizionato, cioè, dalle circostanze in cui opera [48]. Nell’ambito in esame, la ricorrenza di valori ancorati all’art. 30 Cost. ed orientati a preservare le relazioni affettive della prole giustifica il peculiare bilanciamento con la tutela della proprietà ex art. 42 Cost., che d’altra parte rende altresì meritevole di salvaguardia il ragionevole affidamento dei terzi sull’inesistenza di oneri o pesi che limitino il godimento del bene [49].
Resta ferma in ogni caso l’esigenza di evitare effetti espropriativi, soluzione che escluderebbe a monte il bilanciamento, che richiede, invece, la verifica di adeguatezza del mezzo al fine e di proporzionalità della misura adottata, optando per quella meno invasiva rispetto alla situazione giuridica recessiva [50]. Del resto, la necessità di dare adeguato risalto a tutti gli interessi coinvolti nella sorte della casa familiare, tenendone presente la peculiare natura, sembra orientare gli interpreti anche verso un’idea di best interests of the child come valore sì centrale, ma che tuttavia non può assumere sempre e comunque una posizione egemonica e di automatica prevalenza [51].
Per altro verso, concentrare l’attenzione esclusivamente sulla sorte della casa familiare a seguito del provvedimento di assegnazione, senza, cioè, preservare preventivamente il vincolo di destinazione impresso sul bene, rischia di vanificare, in concreto, la tutela assicurata alle esigenze abitative nella disciplina della crisi della famiglia [52].
È stato notato, in particolare, come il comodato tra familiari si regga sui presupposti inespressi dell’affectio e della solidarietà che normalmente ne caratterizzano i rapporti, escludendo il bisogno di strumenti che disciplinino in modo formale e rigoroso la permanenza nell’abitazione o la sua restituzione: è la sopravvenuta separazione, solitamente neanche prefigurata, che, alterando la fiducia e la comunità di intenti, obbliga a regolare in modo puntuale il diritto al godimento. In tal senso può auspicarsi una valorizzazione dell’autonomia privata, in una prospettiva che dia valore alle peculiarità della fattispecie, considerando adeguatamente il particolare affidamento reciproco interno alla famiglia, e che permetta di addivenire a soluzioni equilibrate laddove esso sia alterato dal venir meno dell’unità [53].
Per il resto, non può che confidarsi nel buon senso dei soggetti coinvolti e in una conflittualità non esasperata a fronte di situazioni di crisi che si presentano come un’evoluzione dolorosa delle relazioni familiari [54].
[1] La frequenza delle pronunce conferma la centralità del tema, ma svela altresì la strumentalità di liti particolarmente accese sul collocamento dei figli, volte in realtà a beneficiare del provvedimento di assegnazione. In dottrina, E. Quadri, La casa familiare e la sua sorte a seguito della crisi della famiglia, in Fam. dir., 2022, 525 ss., denuncia le resistenze della giurisprudenza ad aprirsi a soluzioni esegetiche diverse da quelle consolidate, e sollecita l’interprete verso un più adeguato bilanciamento degli interessi, con particolare riguardo a quelli di carattere personale ed esistenziale, in attesa di pur auspicabili interventi legislativi; C. Rimini, Il diritto vivente: le prassi giurisprudenziali nella gestione della crisi della famiglia, in Familia, 2022, 299 ss., mette in luce il ruolo decisivo della prassi nella gestione della crisi, dato l’ampio margine di discrezionalità rimesso al giudice, sottolineando interferenze e reciproche influenze rispetto agli orientamenti di legittimità.
[2] Sul diritto di abitazione come diritto fondamentale della persona, che gode di tutela di rango costituzionale, U. Breccia, Il diritto all’abitazione, Giuffrè, 1980; più di recente anche Id., Itinerari del diritto all’abitazione, in A. Bucelli (a cura di), L’esigenza abitativa. Forme di fruizione e tutele giurisdizionali, in Quaderni della Rivista di diritto civile, Cedam, 2007, 123 ss.
[3] Secondo T. Auletta, Nuovi assetti della solidarietà nel rapporto di coppia, in Jus civile, 2021, 1300 ss., la solidarietà, come l’uguaglianza, è un tratto fondamentale che accomuna, nella fase fisiologica ma anche nella crisi, i vari modelli di comunità di vita contemplati dal nostro ordinamento.
[4] Gli interventi legislativi hanno inciso prevalentemente sulla collocazione sistematica della disposizione, con limitati aggiustamenti dovuti ad esigenze di adeguamento al rinnovato contesto giusfamiliare (in particolare rispetto al regime, preferenziale, di affidamento condiviso). L’art. 155, comma 4, cod. civ. («l’abitazione nella casa familiare spetta di preferenza, e ove sia possibile, al coniuge cui vengono affidati i figli») è stato dichiarato incostituzionale da Corte cost., 27 luglio 1989, n. 454, in Giust. civ., 1989, I, 2244 ss., in quanto non prevedeva la trascrizione del provvedimento di assegnazione, ai fini della opponibilità ai terzi. L’art. 1, legge 8 febbraio 2006, n. 54 ha poi introdotto l’art. 155-quater cod. civ., il cui contenuto è rimasto sostanzialmente invariato nell’attuale art. 337-sexies cod. civ. (v. An. Fusaro, Assegnazione della casa familiare e problemi di opponibilità, in Nuova giur. civ. comm., 2007, II, 391 ss.; P. Sirena, L’opponibilità del provvedimento di assegnazione della casa familiare dopo la legge sull’affidamento condiviso, in Riv. dir. civ., 2011, I, 559 ss.). Ripercorre l’evoluzione normativa dall’incostituzionalità dell’art. 155 cod. civ. sino all’introduzione dell’art. 155-quater cod. civ., soffermandosi, in particolare, sulle conseguenze relative all’opponibilità dell’assegnazione al locatore e al comodante, A. Zaccaria, Opponibilità e durata dell’assegnazione della casa familiare, dalla riforma del diritto di famiglia alla nuova legge sull’affidamento condiviso, in Fam. pers. succ., 2006, 775 ss.; M. Paladini, Le nuove cause di estinzione dell’assegnazione della casa familiare al vaglio del giudice delle leggi, in Fam. dir., 2007, 836 ss., tenendo conto della ratio dell’istituto, esamina le pronunce di merito (Trib. Busto Arsizio, 25 ottobre 2006; Trib. Firenze, decr., 16 maggio 2007; Trib. Firenze 13 gennaio 2007) che si sono interrogate sulla legittimità costituzionale dell’art. 155-quater cod. civ., nel prevedere l’estinzione del diritto al godimento della casa familiare nel caso in cui il genitore assegnatario contragga nuovo matrimonio o instauri una convivenza more uxorio (v. infra nel testo).
[5] La norma, introdotta dal d.lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, non è stata modificata dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149 (c.d. Riforma Cartabia), sebbene vada, naturalmente, letta nel mutato assetto normativo. Per una ricostruzione dell’evoluzione dell’istituto, cfr. M. Bianca, I diversi statuti della casa familiare nella complessità dei modelli familiari, in U. Salanitro (a cura di), Il sistema del diritto di famiglia dopo la stagione delle riforme, Pacini, 2019, 237 ss.; C. Irti, L’assegnazione della casa familiare nel processo di riforma del diritto di famiglia, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2021, 1203 ss. (l’A. rileva peraltro «l’ambivalenza (o plurivalenza) del bene casa: luogo di comunione di vita e degli affetti, che i fatti della vita possono tramutare in reggia o prigione, comunque capace di incidere sul benessere dell’individuo; bene economico il cui godimento è assicurato ai suoi abitanti in virtù di rapporti giuridici patrimoniali, comunque assoggettato alle regole della circolazione dei beni»; 1205).
[6] Per Cass., 2 agosto 2023, n. 23501, in CED Cassazione, 2023, nel regolare il godimento della casa familiare il giudice deve tener conto esclusivamente del primario interesse del figlio, con la conseguenza che l’abitazione in cui questi ha vissuto quando la famiglia era unita deve essere, di regola, assegnata al genitore collocatario prevalente, a meno che non venga esplicitata una diversa soluzione (anche concordata dai genitori) che meglio tuteli l’interesse del minore. In generale sulla disciplina dell’affidamento condiviso e sui relativi principi ispiratori, anche nel confronto con altri ordinamenti, S. Patti, L’affidamento condiviso dei figli, in Fam. pers. succ., 2006, 300 ss.; più diffusamente, C. Irti, Affidamento condiviso e casa familiare. Prole e abitazione dopo la disgregazione del nucleo familiare, Jovene, 2010; S. Patti-L. Rossi Carleo, L’affidamento condiviso, Giuffrè, 2006. Più di recente, F. Romeo, Responsabilità genitoriale, conflitti e prospettive di riforma dell’affidamento condiviso (d.d.l. s/735 del 1° agosto 2018), in Nuove leggi civ. comm., 2019, 528 ss., ricorda come l’essenza dell’affidamento condiviso e del principio di bigenitorialità non risieda nei tempi paritari di permanenza, bensì nella «significatività» della frequentazione, come pieno coinvolgimento di entrambi i genitori nella determinazione delle linee guida del progetto educativo, nell’assunzione delle decisioni fondamentali, nella tangibile partecipazione affettiva, morale e materiale alla vita del minore (in giurisprudenza, tra le tante, Cass., ord., 10 dicembre 2018, n. 31902, in Fam. dir., 2019, 250 ss., con nota di F. Danovi, La Cassazione si esprime (ante litteram?) sulla parità dei tempi dei genitori con il minore).
[7] Rientra nel dovere di mantenimento assicurare l’idoneità della dimora per la formazione e lo sviluppo psicofisico del figlio. Ciò spiega il regime unitario, in caso di nullità, annullamento del matrimonio, filiazione fuori dal matrimonio, separazione e divorzio (in tal caso si collega all’art. 6, legge 1° dicembre 1970, n. 898: «l’abitazione nella casa familiare spetta di preferenza al genitore cui vengono affidati i figli o con il quale i figli convivono oltre la maggiore età. In ogni caso ai fini dell’assegnazione il giudice dovrà valutare le condizioni economiche dei coniugi e le ragioni della decisione e favorire il coniuge più debole. L’assegnazione, in quanto trascritta, è opponibile al terzo acquirente ai sensi dell’art. 1599 del codice civile»; ma v. E. Quadri, Nuove prospettive in tema di assegnazione della casa familiare, in Corr. giur., 2006, 1141 ss., il quale argomenta la tacita abrogazione della norma a partire dalla citata novella del 2006).
[8] Gli interpreti valorizzano l’interesse della prole che il giudice deve perseguire, evitando automatismi e tenendo presenti le possibili alternative, con una valutazione discrezionale non sindacabile in sede di legittimità se logicamente e adeguatamente motivata. I criteri per la scelta dell’assegnazione debbono individuarsi nel concreto atteggiarsi dell’interesse dei figli, nelle modalità di permanenza presso ciascun genitore, nella localizzazione prevalente e nelle esigenze abitative (v. G.F. Basini-T. Bonamini, L’assegnazione della casa familiare, in G. Bonilini (diretto da), Trattato di diritto di famiglia, II, II ed., Utet, 2022, 1165 ss.; E. Quadri, Affidamento dei figli e assegnazione della casa familiare: la recente riforma, in Familia, 2006, 395 ss.).
[9] In generale, la responsabilità genitoriale descrive una situazione complessa, costituzionalmente tutelata anche nei confronti dello Stato e dei terzi, compatibile con l’idea aperta e comunitaria di famiglia e col principio di uguaglianza, giacché volta a sopperire, in un’ottica educativa e formativa, alla disuguaglianza sostanziale in cui versa il minore per incapacità di curare i propri interessi, personali ed economici: l’assetto attuale, evocato anche dal termine «responsabilità», è l’approdo di un lungo percorso di ridefinizione della relazione filiale che ha recepito un’evoluzione socio-culturale, prima che giuridica, affermando la visione puerocentrica che accentua la dignità del figlio anche nei confronti dei genitori (v. C.M. Bianca, Diritto Civile, 2.1, La famiglia, VII ed., a cura di M. Bianca-P. Sirena, Giuffrè, 2023, 393 ss.). Nella crisi l’esercizio della responsabilità postula, da un lato, un profondo rispetto dei ruoli e un’adeguata capacità collaborativa, dall’altro, tempi di frequentazione e di cura del figlio sufficientemente equilibrati. Sul contenuto, solo apparentemente invariato, della responsabilità genitoriale a seguito della riforma (legge 10 dicembre 2012, n. 219 e d.lgs. 28 dicembre 2013, n. 154), tra i molti, E. Al Mureden, Dalla potestà alla responsabilità genitoriale, in Giur. it., 2014, 1266 ss.; M. Bianca (a cura di), Filiazione. Commento al decreto attuativo. Le novità introdotte dal d.lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, Giuffrè, 2014, 88 ss.; V. Caredda, La responsabilità genitoriale: spunti di riflessione, in Dir. fam. pers., 2015, 1424 ss.; M. Costanza, I diritti dei figli: mantenimento, educazione, istruzione ed assistenza morale, in Nuove leggi civ. comm., 2013, 526 ss.; G. De Cristofaro, Dalla potestà alla responsabilità genitoriale: profili problematici di una innovazione discutibile, in Nuove leggi civ. comm., 2014, 782 ss.; E. La Rosa, Diritti dei figli e responsabilità genitoriale nell’evoluzione della famiglia, in Dir. succ. fam., 2020, 919 ss. Tra i contributi più recenti, ai quali si rinvia anche per i riferimenti di dottrina e giurisprudenza, B. Agostinelli, Diritti e doveri del figlio, in Commentario al Codice civile Scialoja-Branca-Galgano, a cura di G. De Nova, Zanichelli, 2024; S. Patti-L. Rossi Carleo (a cura di), L’esercizio della responsabilità genitoriale, in Commentario al Codice civile Scialoja-Branca-Galgano, a cura di G. De Nova, Zanichelli, 2021.
[10] La destinazione a casa familiare, come luogo in cui i coniugi hanno fissato il centro degli interessi della famiglia, è espressione di un accordo ex art. 144 cod. civ. da reputarsi ultrattivo rispetto alla crisi: l’assegnazione, oltre a rispondere ad una logica economica di abbattimento dei costi derivanti dalla separazione, fa sì che l’abitazione continui a costituire il punto fermo attorno al quale far ruotare l’organizzazione della vita di entrambi i genitori a vantaggio degli interessi dei figli. Cfr. Cass., ord., 28 gennaio 2021, n. 2020, in CED Cassazione, 2021 (su cui v. C. Irti, L’assegno di mantenimento per i figli maggiorenni economicamente non autosufficienti: fino a quando, come e a che fine, in Familia, 2022, 785 ss.); Cass., 27 ottobre 2020, n. 23473, in Quot. giur., 2020; Cass., 26 maggio 2017, n. 13354, in onelegale.wolterskluwer.it.
[11] Per Cass., 30 giugno 2021, n. 18603, in onelegale.wolterskluwer.it, la scelta a cui il giudice è chiamato nell’assegnazione non può prescindere dall’affidamento dei figli minori o dalla convivenza con i figli maggiorenni non autosufficienti che funge da presupposto inderogabile dell’assegnazione; essa non può essere condizionata dalla ponderazione tra interessi di natura solo economica dei coniugi o anche degli stessi figli, in cui non entrino in gioco le esigenze di permanenza di questi ultimi nel loro quotidiano habitat domestico, inteso come centro della vita e degli affetti: l’assegnazione della casa coniugale è «uno strumento di protezione della prole e non può conseguire altre e diverse finalità»; «detta assegnazione non ha più ragion d’essere soltanto se, per vicende sopravvenute, la casa non sia più idonea a svolgere tale essenziale funzione» (v. anche Cass., 22 novembre 2010, n. 23591, in Corr. giur., 2011, 1100 ss., con nota di F. Galluzzo, L’assegnazione della casa familiare: un difficile bilanciamento di interessi).
[12] Il concetto stesso di minore comprende realtà ben diverse, bambini, adolescenti, giovani, a cui riconoscere diritti e autodeterminazione, ma anche protezione e tutele. Tra i principali riferimenti normativi, l’art. 3, Convenzione di New York sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989 (ratificata in Italia con legge 27 maggio 1991, n. 176): «In tutte le decisioni relative ai fanciulli, di competenza sia delle istituzioni pubbliche o private di assistenza sociale, dei tribunali, delle autorità amministrative o degli organi legislativi, l’interesse superiore del fanciullo deve essere una considerazione preminente»: si tratta di una norma di diritto internazionale generalmente riconosciuta, dotata di rango sovraordinato ex art. 10 Cost.; di essa, tuttavia, si rileva la natura programmatica e dai contenuti incerti, espressione delle difficoltà nel negoziato e nel bilanciamento, secondo ragionevolezza e proporzionalità, con gli altri diritti coinvolti. Sulla stessa linea l’art. 24, comma 2, Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea («in tutti gli atti relativi ai minori, siano essi compiuti da autorità pubbliche o da istituzioni private, l’interesse superiore del minore deve essere considerato preminente»), ma anche l’art. 30 Cost. («È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio»), nonché il diritto vivente emerso nella giurisprudenza nazionale e sovranazionale. Sull’interesse del minore come indicazione di principio, di carattere valoriale, posta al centro del sistema, ma anche sui relativi punti critici, soprattutto in termini di indeterminatezza dei contenuti e bilanciamento con altri interessi, L. Lenti, Note critiche in tema di interesse del minore, in Riv. dir. civ., 2016, 86 ss. (v. amplius Id., Diritto della famiglia, in Trattato di diritto privato, a cura di G. Iudica-P. Zatti, Giuffrè, 2021, 73 ss.); sulla necessità di definire il contenuto dell’interesse del minore, nel silenzio del legislatore e nel conflitto con altri valori dell’ordinamento, G. Sicchiero, La nozione di interesse del minore, in Fam. dir., 2015, 72 ss.
[13] L’ordinamento riconosce la famiglia come portatrice di interessi distinti da quelli dei suoi membri, che al suo interno divengono comunità (cfr. artt. 24 Cost. e 180 cod. civ.): nulla di strano, dunque, che il provvedimento di assegnazione, fondato sull’affectio familiaris, abbia come reale beneficiario il nucleo familiare in sé.
[14] Per un approccio, necessariamente, interdisciplinare, v. M. Bianca (a cura di), The best interest of the child, Sapienza Università Editrice, 2021; sull’interesse dei figli come nuovo «interesse superiore della famiglia», M. Paradiso, Lo statuto dei diritti del figlio tra interesse superiore della famiglia e riassetto del fenomeno familiare, in Familia, 2016, 213 ss. In argomento, tra i molti, A. Palazzo, Famiglia e paidocentrismo tra Carta dei diritti fondamentali e ordinamenti civili, in Studi in memoria di Giovanni Gabrielli, II, Esi, 2018, 1523 ss.; M. Sesta, La prospettiva paidocentrica quale fil rouge dell’attuale disciplina giuridica della famiglia, in Fam. dir., 2021, 763 ss.
[15] Riflette sul profilo, poco indagato, del rapporto di fatto tra il coniuge (o convivente) non titolare e l’abitazione adibita a residenza familiare, nelle fasi fisiologiche della vita di coppia, V. Caredda, Casa familiare e godimento: spunti in tema di situazioni di fatto, in Fam. pers. succ., 2009, 487 ss., secondo la quale una corretta impostazione dell’argomento non può prescindere da un equilibrato interscambio tra regole di diritto privato «patrimoniale» e regole del diritto di famiglia.
[16] M.V. De Giorgi, La casa nella geografia familiare, in Eur. dir. priv., 2013, 761 ss., si concentra sull’importanza, anche emotiva, della casa, soprattutto al momento della disgregazione del nucleo familiare, tenendo anche conto della normativa sovranazionale e della giurisprudenza CEDU; C. Irti, La casa familiare come habitat domestico, in Fam. pers. succ., 2011, 655 ss. (anche a commento di Cass., 4 luglio 2011, n. 14553), si sofferma sui presupposti «imprescindibili» per l’emissione del provvedimento di assegnazione (la «sussistenza di una casa familiare» intesa come «habitat domestico», «luogo degli affetti, degli interessi e delle consuetudini della famiglia durante la convivenza dei suoi membri», e la «stabile convivenza del genitore assegnatario con i figli minorenni o maggiorenni, incolpevolmente privi di adeguati mezzi autonomi di sostentamento») e sulle finalità dello stesso, considerando anche l’ipotesi in cui la scelta di destinare ad abitazione familiare un immobile diverso da quello in cui si era svolta la vita della comunità sino alla crisi sia oggetto di un accordo congiunto dei genitori, che il giudice potrà accogliere ove valuti che tale soluzione effettivamente meglio realizzi il prioritario interesse dei figli.
[17] In generale sul diritto ad un’abitazione, ritenuto inviolabile, sebbene non espressamente contemplato in Costituzione, giacché inerente ad un bene di primaria importanza per la dignità umana, v. Corte cost., 9 marzo 2020, n. 44, in Foro it., 2020, I, 1885 ss.; Corte cost., 22 giugno 2021, n. 128, in Nuova giur. civ. comm., 2022, 44 ss., con nota di R. Martinoli, Sospensione delle procedure esecutive sulla “prima casa” del debitore: la decisione della Corte costituzionale.
[18] Qualora i figli si siano già trasferiti altrove, è escluso che l’immobile originariamente adibito a casa coniugale possa continuare a rappresentare l’habitat domestico (Cass., 10 maggio 2024, n. 16050, in Quot. giur., 2024). Per altro verso, ai fini dell’assegnazione non rileva l’eventuale precedente allontanamento del collocatario, così come, in generale, le liti tra i genitori non si riflettono sulle tutele approntate per i figli: Cass., 13 dicembre 2018, n. 32231, in CED Cassazione, 2018, nel ribadire il principio, ha assegnato la casa familiare alla madre collocataria del figlio minore, reputando non ostativa la circostanza che la donna se ne fosse allontanata per via della crisi nei rapporti con il padre, e non attribuendo rilievo alla durata dell’allontanamento dovuta alla lunghezza del processo; v. anche Trib. Milano, 8 ottobre 2013, in Fam. dir., 2014, 1027 ss., con nota di F. Ferrara, Allontanamento volontario e allontanamento forzato dalla casa familiare, su un caso di allontanamento determinato dall’esigenza di sottrarre sé e i figli dalle violenze del coniuge (ciò, di per sé, non impedisce l’assegnazione, giacché i figli potrebbero, comunque, legittimamente nutrire un’aspettativa di ritorno nella propria casa, una volta cessato il pericolo).
[19] Per Cass., 8 agosto 2023, n. 24106, in Notariato, 2023, 551 ss., l’assegnazione è consentita unicamente nell’esclusivo interesse del figlio minore e con riguardo all’immobile che sia stato effettivamente centro di aggregazione familiare durante la convivenza; può essere, quindi, limitata ad una porzione dell’immobile stesso purché lo consentano le sue caratteristiche strutturali, anche a tutela di legittime esigenze di privacy (così Cass., 15 ottobre 2020, n. 22266, in onelegale.wolterskluwer.it). Cfr. C. Ippoliti Martini, L’assegnazione parziale della casa familiare tra interesse dei figli, conflittualità dei genitori ed esigenze economiche della famiglia, in Fam. dir., 2015, 1086 ss. (anche a commento di Cass., 12 novembre 2014, n. 24156), per la quale tale soluzione dovrebbe meritare maggiore considerazione anche nell’ottica di ridurre la dispersione delle risorse economiche del nucleo familiare disgregato; valorizza il ruolo dell’autonomia privata nell’assegnazione della casa familiare, anche alla luce delle innovazioni procedurali apportate dalla c.d. Riforma Cartabia, A. Bernes, Assegnazione della casa familiare, autonomia privata e prioritaria considerazione degli interessi della prole, in Familia, 2024, 35 ss.
[20] Secondo un orientamento (Cass., 22 aprile 2002, n. 5857, in Giust. civ., 2002, I, 1805 ss., con nota di G. Frezza, Casa familiare e figli maggiorenni, tra convivenza e mantenimento), la nozione di convivenza rilevante presuppone la stabile dimora del figlio presso l’abitazione, con eventuali sporadici allontanamenti per brevi periodi (saltuari ritorni per i fine settimana configurerebbero, quindi, mera ospitalità). Esprime perplessità sull’assunto per il quale l’interesse dei figli al mantenimento della casa familiare verrebbe meno laddove si accerti che questi, seppur per legittime ragioni, trascorrono periodi più o meno lunghi lontano, tanto da far perdere il carattere della stabilità della permanenza nella dimora familiare, C. Irti, La casa familiare resta tale fin tanto che la prole vi dimora stabilmente, in Fam. pers. succ., 2008, 401 ss. In altre pronunce (Cass., 27 maggio 2005, n. 11320, in Nuova giur. civ. comm., 2006, 454 ss., con nota di U. Roma, La nozione di convivenza/coabitazione ai fini della legittimazione del genitore già affidatario a chiedere l’assegno di mantenimento per il figlio maggiorenne; Cass., 22 marzo 2010, n. 6861, in Fam. dir., 2010, 776 ss., con nota di E. Patania, Il figlio maggiorenne anche se lavora in un’altra città non perde il diritto ad abitare nella casa assegnata alla madre né il diritto al mantenimento), si ritiene sufficiente, pur in assenza di quotidiana coabitazione, un collegamento stabile, che, da un lato, consente di ritenere non interrotto il rapporto con la casa familiare, dall’altro, concreta la possibilità per il genitore di provvedere, sia pure con modalità diverse, alle esigenze della prole (il carattere del tutto saltuario della frequentazione da parte del figlio giustifica il provvedimento di revoca dell’assegnazione della casa che non rappresenta più il centro dei suoi affetti ed interessi, ormai evidentemente spostati altrove).
[21] Secondo Cass., ord., 19 settembre 2022, n. 27374, in Fam. dir., 2023, 334 ss., con nota di R. Gelli, Revoca dell’assegnazione della casa familiare: quando cessa la coabitazione col figlio maggiorenne?, la nozione di convivenza rilevante ai fini dell’assegnazione della casa familiare comporta la stabile dimora del figlio maggiorenne presso la stessa, sia pure con eventuali sporadici, brevi allontanamenti, escludendo ipotesi di rari, ancorché regolari, ritorni, che configurano un rapporto di mera ospitalità: deve sussistere un collegamento stabile, caratterizzato da coabitazione che, ancorché non quotidiana, sia compatibile con le assenze del figlio (il quale faccia ritorno all’abitazione appena possibile), nonché una sua effettiva presenza temporalmente prevalente; v. già Cass., 22 marzo 2012, n. 4555, in Nuova giur. civ. comm., 2012, I, 712 ss., con nota di U. Roma, La nozione di convivenza del figlio maggiorenne con il genitore ai fini dell’assegnazione della casa familiare: «Volendo individuare dei criteri di giudizio, per accertare la sussistenza o meno della coabitazione, nelle zone grigie contrassegnate da una presenza non diuturna dei soggetti che si assumono coabitanti, è da ritenere che quello definibile come criterio della regolarità del ritorno, il collegamento stabile con l’abitazione del genitore di cui parla il più recente indirizzo, debba necessariamente coniugarsi con il criterio della prevalenza temporale, in relazione a una determinata unità di tempo (anno, semestre, mese) dell’effettiva presenza [...] del figlio, nel luogo di coabitazione con il genitore, o, in ogni caso, con il criterio della frequenza con cadenza regolare del ritorno, in rapporto a quella stessa unità di misura assunta per il criterio della prevalenza temporale». Per Cass., ord., 20 novembre 2023, n. 32151, in onelegale.wolterskluwer.it, sussiste convivenza rilevante allorché il figlio maggiorenne non autosufficiente rientri con frequenza settimanale presso la casa familiare.
[22] L’assegnazione è negata a monte quando la funzione di tutela dell’habitat domestico non abbia proprio modo di estrinsecarsi, come nel caso in cui la prole non abbia mai vissuto nell’immobile (v. Cass., ord., 14 settembre 2021, n. 24728, in onelegale.wolterskluwer.it, rispetto ad un’abitazione che era stata centro di aggregazione familiare solo nei primi due anni di matrimonio e, quindi, prima della nascita della figlia, la quale era cresciuta altrove), o quando, al momento dell’assegnazione, la dimora familiare non esista più, stante l’intervenuto allontanamento dei figli (Cass., 9 settembre 2002, n. 13065, in Fam. dir., 2002, 587 ss., con nota di A. Liuzzi, Assegnazione della casa coniugale e indennità sostitutiva del mancato godimento). Parimenti Cass., 27 febbraio 2009, n. 4816, in Giur. it., 2009, 2676 ss., con nota di M. Bellezza, La casa familiare e la valutazione degli interessi rilevanti ai fini del provvedimento di assegnazione, ha escluso che possa considerarsi casa coniugale un appartamento, diverso da quello in cui la famiglia aveva vissuto, seppur ritenuto più rispondente ai desideri e alle necessità quotidiane della figlia adolescente.
[23] Corte cost., 30 luglio 2008, n. 308, in Corr. giur., 2008, 1661 ss., con nota di E. Quadri, Vicende dell’assegnazione della casa familiare e interesse dei figli; e in Nuova giur. civ. comm., 2008, 411 ss., con nota di C. Irti, La revoca dell’assegnazione della casa familiare: dalle critiche della dottrina al giudizio della Consulta, ha dichiarato infondata la questione di legittimità dell’art. 155-quater, comma 1, cod. civ. nella parte in cui prevedeva (come oggi prevede l’art. 337-sexies cod. civ.) la revoca ove l’assegnatario inizi una convivenza more uxorio o contragga nuovo matrimonio, precisando che la norma va interpretata nel senso che la revoca dev’essere subordinata ad un giudizio di conformità all’interesse del minore (v. anche Cass., ord., 11 novembre 2021, n. 33610, in CED Cassazione, 2021, per un caso in cui il genitore collocatario aveva intrapreso nella casa una convivenza more uxorio). Cass., ord., 31 marzo 2022, n. 10453, in Fam. dir., 2023, 267 ss., con nota di C. Diquattro, L’assegnazione della casa familiare tra interesse del minore alla stabilità abitativa e tutela del genitore proprietario, considera legittima la revoca nel caso in cui risulti che l’ex coniuge collocatario abbia vissuto, insieme al figlio, per un considerevole lasso di tempo in un’altra città, non rilevando il successivo ritorno nella città di provenienza; per Cass., 24 febbraio 2023, n. 5738, in CED Cassazione, 2023, il provvedimento di revoca della casa familiare non può costituire un effetto automatico dell’esercizio paritetico del diritto di visita, dovendo il giudice di merito valutare se il mutamento del regime dell’assegnazione realizzi un maggior benessere del minore (la Corte ha cassato la decisione di merito che, nel disporre un regime di affido condiviso con diritto di visita paritetico, aveva revocato alla madre l’assegnazione della casa familiare ove il minore, in età prescolare, era cresciuto, senza valutare l’interesse di quest’ultimo a non veder modificato il proprio habitat domestico).
[24] Cfr. Cass., 17 giugno 2019, n. 16134, in CED Cassazione, 2019, che ha confermato la revoca dell’assegnazione della casa coniugale per l’accertato rientro della figlia (iscritta all’università in altra città) nell’abitazione del genitore divorziato solo per pochi giorni durante le vacanze natalizie, pasquali ed estive; Cass., 7 febbraio 2018, n. 3015, in CED Cassazione, 2018, per la quale la ratio protettiva dell’assegnazione non è configurabile in presenza di figli economicamente autosufficienti, sebbene ancora conviventi. Allo stesso modo, l’assegnazione va incontro all’estinzione quando sia accertato il protrarsi colposo della condizione di dipendenza economica da parte della prole (cfr. Cass., ord., 26 maggio 2022, n. 17075, in Quot. giur., 2022).
[25] Il criterio dell’autosufficienza economica si rivela talvolta opinabile (basti pensare a lavori part-time o a casi di perdita dell’impiego). In ogni caso, in ragione della presunzione di idoneità al reddito una volta raggiunta la maggiore età e del principio di vicinanza alla prova, graverà sul figlio l’onere di provare di essersi dedicato alla ricerca di un’occupazione, di essersi trovato nell’impossibilità di procurarsi il lavoro ambito per causa non imputabile e di non poter conseguire neppure un’altra occupazione tale da garantirgli l’automantenimento; v. la celebre Cass., ord., 14 agosto 2020, n. 17183, in Giur. it., 2021, 2593 ss., con nota di B. Agostinelli, Il mantenimento dei figli maggiorenni e la nuova declinazione dell’autoresponsabilità: il figlio divenuto maggiorenne ha diritto al mantenimento a carico dei genitori soltanto se, ultimato il prescelto percorso formativo scolastico, dimostri, con conseguente onere probatorio a suo carico, di essersi adoperato effettivamente per rendersi autonomo economicamente, impegnandosi attivamente per trovare un’occupazione in base alle opportunità reali offerte dal mercato del lavoro, se del caso ridimensionando le proprie aspirazioni, senza indugiare nell’attesa di un’occasione lavorativa consona alle proprie ambizioni (v. anche, tra le altre, Cass., ord., 29 luglio 2021, n. 21817, in onelegale.wolterskluwer.it; Cass., ord., 31 luglio 2023, n. 23245, in onelegale.wolterskluwer.it). D. Buzzelli, Interesse dei figli nell’assegnazione della casa familiare e durata dell’attribuzione, in Rass. dir. civ., 2023, 26 ss., suggerisce una revisione critica dell’orientamento che subordina la cessazione dell’assegnazione al raggiungimento dell’autonomia economica della prole maggiorenne: nell’ottica di un ragionevole e proporzionato bilanciamento con gli altri interessi coinvolti, propone di ancorare la durata dell’assegnazione al progressivo sviluppo della personalità dei figli che, di regola, si completa con il raggiungimento della maggiore età.
[26] Considera il ruolo del principio di autoresponsabilità nei rapporti familiari, anche rispetto ad una nozione di convivenza dai contorni sempre meno sfumati, I. Barone, Assegnazione della casa familiare e tutela della prole maggiorenne, in Dir. fam. pers., 2024, 773 ss., proponendo una lettura personalistica che tenga in giusta considerazione gli interessi esistenziali degli altri componenti della comunità familiare, risolvendo eventuali conflitti attraverso la tecnica del bilanciamento, secondo ragionevolezza e proporzionalità, senza che l’interesse del minore possa assurgere a valore tiranno. Sulla necessità di ricercare un punto di equilibrio tra la tendenza a valorizzare il sempre più richiamato principio di autoresponsabilità e l’esigenza dei maggiorenni al diritto al mantenimento fino all’acquisizione dell’indipendenza economica, C. Magli, L’obbligo di mantenimento del figlio maggiorenne tra la valorizzazione del principio di autoresponsabilità ed esigenze di solidarietà, in Jus civile, 2021, 947 ss.
[27] La situazione è assimilabile ad una detenzione qualificata precaria in forza di un comodato senza durata (v. Trib. Modena, 1° febbraio 2018, n. 165, in Fam. dir., 2018, 878 ss., con nota di R. Gelli, Il diritto del figlio maggiorenne a continuare ad abitare nella casa familiare tra principio di autoresponsabilità e tutela dell’affidamento).
[28] Cfr. Corte cost., 27 luglio 1989, cit.; pur rappresentando un capo a sé della sentenza di separazione, l’assegnazione della casa familiare è strettamente connessa alle disposizioni economiche (per Cass., ord., 11 novembre 2021, n. 33606, in Fam dir., 2022, 483 ss., con nota di P. Widmann, Assegnazione della casa familiare e definizione dei rapporti economici fra i genitori: considerazioni sull’effetto devolutivo “allargato” del gravame, la modifica della statuizione relativa all’assegnazione comporta il potere-dovere del giudice del gravame di procedere d’ufficio alla rivalutazione del contributo di mantenimento fissato in primo grado). Per Cass., 20 luglio 2020, n. 15397, in Quot. giur., 2020, il giudice deve determinare la misura dell’assegno di mantenimento in relazione alle circostanze ed ai redditi dell’obbligato, mentre l’assegnazione della dimora familiare è finalizzata unicamente alla tutela della prole e non può essere disposta come se fosse una componente dell’assegno stesso: ciò esclude un rapporto di necessaria conseguenzialità o automaticità tra il provvedimento di assegnazione (o di revoca) e l’assegno, tale che il primo determini un obbligo del giudice di adeguamento del secondo (v. anche Cass., ord., 19 gennaio 2022, n. 1642, in Quot. giur., 2022; Cass., ord., 6 aprile 2023, n. 9500, in onelegale.wolterskluwer.it; Cass, ord., 24 giugno 2022, n. 20452, in CED Cassazione, 2022, per cui la revoca dell’assegnazione della casa familiare al coniuge beneficiario dell’assegno divorzile non giustifica l’automatico aumento dello stesso).
[29] Benché autorevole dottrina vi ravvisi in certe condizioni un diritto reale di abitazione ex art. 1022 cod. civ. (C.M. Bianca, Diritto Civile, 2.1, La famiglia, cit., 212 ss., seguito da L.A. Scarano, La casa familiare, in Familia, 2001, 131 ss.; la tesi è ritenuta incompatibile con la tassatività dei modi di costituzione dei diritti reali, cfr. E. Zanetti Vitali, La separazione personale dei coniugi, Artt. 150-158, in Il Codice Civile. Commentario, fondato da P. Schlesinger e diretto da F.D. Busnelli, Giuffrè, 351 ss.), dopo varie ricostruzioni, la soluzione consolidata vi rintraccia un diritto personale di godimento sui generis opponibile a terzi (v., ad es., Cass., 15 marzo 2019, n. 7395, in onelegale.wolterskluwer.it; Cass., 12 aprile 2011, n. 8361, in Nuova giur. civ. comm., 2011, 1157 ss., con nota di R. Galasso, Questioni in tema di assegnazione consensuale della casa familiare; Cass., 16 marzo 2007, n. 6192, in Fam. dir., 2007, 775 ss., con nota di A. Salvati, Assegnazione della casa familiare e imposta comunale sugli immobili; sul punto G.F. Basini, Il diritto del genitore assegnatario della casa familiare. Alcuni profili problematici, in Fam. pers. succ., 2010, 291 ss.; sulle situazioni giuridiche, proprietarie o personali, dei vari soggetti coinvolti nelle vicende della casa familiare e sui relativi strumenti di tutela, M. Sesta, Comunione di vita e “diritti” sulla casa familiare, in Fam. dir., 2013, 511 ss.). Su questa scia, si supera anche l’orientamento che configura un’ipotesi di compossesso, ravvisando piuttosto una detenzione, e ancor più una detenzione qualificata: una posizione assimilabile a quella del comodatario, pur nella peculiarità del rapporto fondato sulla solidarietà familiare, che, in funzione dell’interesse prioritario dei figli, travalica la convivenza tra coniugi. Sottolinea come la materia abitativa si presti a scardinare la dogmatica proprietaria D. Poletti, A proposito del diritto di abitazione del coniuge superstite (e interessi creditori), in Riv. trim. dir. proc. civ., 2015, 403 ss., la quale ricorda U. Breccia, Il diritto all’abitazione, cit., spec. 334 ss.
[30] Mette in risalto il valore economico della casa familiare, Cass., sez. un., 9 giugno 2022, n. 18641, in Giur. it., 2023, 299 ss., con note di M. D’Auria, Diritto abitativo dell’assegnatario e doveri modali di destinazione, e di E. Al Mureden, Divisione della casa familiare in comunione e “relatività” dei riflessi economici del provvedimento di assegnazione: in sede di divisione, l’attribuzione dell’immobile adibito a casa familiare in proprietà esclusiva dell’assegnatario configura una causa automatica di estinzione del diritto di godimento con tale destinazione; in tal caso il valore dell’immobile non può risentire del godimento già assegnato all’affidatario della prole a titolo di casa coniugale, poiché esso viene ad essere assorbito o a confondersi con la proprietà attribuitagli per intero; conseguentemente, ai fini della determinazione del conguaglio in favore dell’altro coniuge, bisognerà far riferimento, in proporzione alla quota di cui era comproprietario, al valore venale dell’immobile, risultando, a tal fine, irrilevante la circostanza che in esso continuino a vivere i figli minori o non ancora autosufficienti, in quanto tale aspetto rientra nell’ambito dei complessivi e reciproci obblighi di mantenimento della prole da regolare in sede propria, con eventuale modificazione dell’assegno di mantenimento (in argomento, già E. Al Mureden, Scioglimento della comunione, attribuzione della casa coniugale e computo del preesistente diritto ad abitarla, in Familia, 2002, 872 ss.). Sull’attribuzione della dimora familiare in proprietà esclusiva dell’assegnatario in sede di divisione come causa automatica di estinzione del diritto, la cui pubblicità potrà eseguirsi sulla base di un atto ricognitivo del già titolare del diritto di godimento divenuto esclusivo proprietario, C. Irti, Divisione giudiziale della casa familiare in comunione e incidenza economica del vincolo discendente dal provvedimento di assegnazione, in Fam. dir., 2017, 436 ss.
[31] Per Cass., ord., 23 luglio 2020, n. 15773, in Fam. dir., 2020, 1101 ss., con nota di F. Danovi, Sempre più complessi i dati per l’assegno divorzile (patrimoni, eredità, disoccupazione, nuove famiglie, casa familiare e durata del matrimonio), l’assegnazione della casa coniugale, anche se dovuta alla presenza di figli maggiorenni non autosufficienti, in ogni caso si traduce in un risparmio di spesa che incide sulla situazione economica del coniuge assegnatario e che deve, perciò, essere valutato nella determinazione dell’assegno. Più in generale, R. Caterina, La redistribuzione della ricchezza dopo lo scioglimento della coppia. Una griglia concettuale e qualche riflessione sull’ordinamento italiano, in Riv. dir. civ., 2024, 11 ss., mette a fuoco i criteri e i fattori limitanti in caso di redistribuzione della ricchezza dopo la separazione di una coppia, anche di fatto, e riflette sulle conseguenze della valorizzazione degli stessi. Si sofferma, in generale, sulle conseguenze economiche della crisi coniugale E. Quadri, Gli effetti economici delle crisi coniugali, in Jus civile, 2021, 1347 ss., individuando, anche alla luce della giurisprudenza, principi di fondo e finalità della regolamentazione, e prospettando possibili interventi legislativi.
[32] Ripercorre l’evoluzione giurisprudenziale in tema di mantenimento dei figli adulti, anche nel confronto con il sistema nordamericano, V. Brizzolari, La cessazione del diritto al mantenimento del figlio maggiorenne tra legittime aspirazioni, autoresponsabilità e costi sociali, in Familia, 2021, 55 ss. In giurisprudenza, v. Cass., 30 marzo 2012, n. 5174, in Giust. civ., 2012, I, 1435 ss.; Cass., 24 luglio 2012, n. 12977, in Fam. dir., 2013, 1112 ss., con nota di F. Astiggiano, Considerazioni in merito all’assegnazione della casa coniugale in presenza di figli maggiorenni portatori di handicap grave.
[33] Ciò non impone il diritto ad una contropartita economica ma, all’occorrenza, potrebbe comportare una diminuzione degli obblighi periodici o comunque avere dei riflessi nella regolamentazione dei rapporti patrimoniali, anche alla luce dell’effettiva possibilità per il genitore non collocatario di reperire altra sistemazione (la revoca dell’assegnazione della casa familiare di proprietà esclusiva dell’altro ex coniuge è considerata sopravvenienza valutabile per l’assegno di divorzio da Cass., 25 marzo 2024, n. 7961, in Quot. giur., 2024, che sottolinea il valore anche economico dell’abitazione non solo per l’assegnatario, che ne viene privato per effetto della revoca, ma anche per l’altro coniuge, che si avvantaggia dalla revoca stessa, potendo abitare la casa o concederla in locazione o comunque impiegarla in attività produttive, suscettibili di valutazione economica).
[34] Sull’opponibilità, oltre ai contributi già citati, v. M. Acierno, L’opponibilità dell’assegnazione della casa coniugale, in Fam. dir., 2005, 561 ss.; G. Gabrielli, I problemi dell’assegnazione della casa familiare al genitore convivente con i figli dopo la dissoluzione della coppia, in Riv. dir. civ., 2003, 127 ss. L’originario contrasto in giurisprudenza può essere sintetizzato da Cass., 10 dicembre 1996, n. 10977, in Giur. it., 1997, I, 1510 ss., con nota di A. Quaranta, Osservazioni in tema di opponibilità ai terzi del provvedimento giudiziale di assegnazione della casa familiare, per cui il diritto dell’assegnatario è comunque opponibile, anche se non trascritto, entro il novennio dall’assegnazione ex art. 1599 cod. civ., e Cass., 6 maggio 1999, n. 4529, in Fam. dir., 1999, 554 ss., con nota di F. Padovini, Sull’inopponibilità ai terzi di assegnazioni non trascritte della casa familiare, che considera la trascrizione requisito necessario ai fini della opponibilità.
[35] L’esigenza di certezza nella circolazione è valorizzata dal richiamo alla disciplina della trascrizione. Si segnala che, in assenza di norme che prevedano la trascrizione della domanda di assegnazione (problema, a dire il vero, relativo data la consueta rapidità di emissione del provvedimento), frustrato il tentativo di incostituzionalità (Corte cost., 27 aprile 2007, n. 142, in www.giurcost.org, e Corte cost., 11 febbraio 2011, n. 47, in Fam. dir., 2012, 17 ss., con nota di V. Alvisi, Trascrivibilità ed opponibilità ai terzi della domanda di assegnazione della casa familiare), talune Corti di merito (Trib. Milano, 26 aprile 1997, in Dir. fam. pers., 1999, 669 ss., con nota di A. Fraccon, Trascrivibilità della domanda di assegnazione della casa familiare; Trib. Venezia, 20 luglio 1993, in Giust. civ., 1994, I, 262 ss.) hanno proposto di ammetterla in forza di un’«interpretazione sistematica» delle norme sulla trascrizione (preclusa però dalla loro tassatività secondo Trib. Pisa, 27 febbraio 2008, in Dir. fam. pers., 2008, 737 ss., con nota di F. Gazzoni, Assegnazione della casa familiare e trascrivibilità della domanda giudiziale).
[36] Cass., sez. un., 26 luglio 2002, n. 11096, in Fam. dir., 2002, 461 ss., con nota di Carbone, Assegnazione della casa coniugale: la Cassazione compone il contrasto giurisprudenziale sull’opponibilità ai terzi; più di recente per Cass., 24 gennaio 2018, n. 1744, in CED Cassazione, 2018, il provvedimento in favore del coniuge (o convivente) affidatario di figli minori (o maggiorenni non autosufficienti senza colpa) è opponibile nei limiti del novennio, ove non trascritto, anche al terzo acquirente dell’immobile, ma solo finché ne perdura l’efficacia, sicché il venire meno del diritto di godimento (perché la prole è divenuta maggiorenne ed economicamente indipendente) legittima il terzo a proporre un’ordinaria azione di accertamento per conseguire la declaratoria di inefficacia del titolo e la condanna degli occupanti al pagamento dell’indennità di occupazione.
[37] Cass., sez. un., 21 luglio 2004, n. 13603, in Corr. giur., 2004, 1439 ss., con nota di E. Quadri, Comodato e “casa familiare”: l’intervento delle Sezioni Unite: «Nell’ipotesi di concessione in comodato da parte di un terzo di un bene immobile di sua proprietà perché sia destinato a casa familiare, il successivo provvedimento di assegnazione in favore del coniuge affidatario di figli minorenni o convivente con figli maggiorenni non autosufficienti senza loro colpa, emesso nel giudizio di separazione o di divorzio, non modifica la natura ed il contenuto del titolo di godimento sull’immobile, ma determina una concentrazione, nella persona dell’assegnatario, di detto titolo di godimento, che resta regolato dalla disciplina del comodato, con la conseguenza che il comodante è tenuto a consentire la continuazione del godimento per l’uso previsto nel contratto, salva l’ipotesi di sopravvenienza di un urgente ed impreveduto bisogno, ai sensi dell’art. 1809, comma 2, c.c.». Cfr. C. Rimini, L’assegnazione della casa familiare: l’art. 155 quater c.c. alla luce delle più recenti affermazioni giurisprudenziali, in Fam., pers. succ, 2007, 497 ss.
[38] Secondo Trib. Mantova, 21 novembre 2022, in Fam. dir., 2023, 353 ss., con nota di D. Giunchedi, Comodato d’uso, disgregazione del nucleo familiare e famiglia ricostituita, il contratto di comodato di immobile destinato ad uso familiare non subisce effetti ablativi, se, a seguito della crisi, il comodatario prosegue ad utilizzarlo quale residenza dei suoi successivi gruppi familiari (i componenti della famiglia originaria del comodatario non si considerano parti contrattuali, quindi, non vi è alterazione né della composizione soggettiva, né della struttura causale del contratto). In tema di fallimento, Cass., ord., 13 gennaio 2021, n. 377, in CED Cassazione, 2021, precisa che la declaratoria di inefficacia nei confronti della procedura dell’atto traslativo dell’immobile già oggetto di assegnazione come casa familiare non travolge il «diritto personale di godimento sui generis» sorto in capo all’assegnatario, che, in quanto contenuto in un provvedimento di data certa, è suscettibile d’essere opposto, ancorché non trascritto, anche al terzo acquirente in data successiva per nove anni dalla data dell’assegnazione, e, qualora il titolo sia stato in precedenza trascritto, anche oltre i nove anni; in termini simili Trib. Brescia, 23 gennaio 2019, in Nuova giur. civ. comm., 2019, 1330 ss., con nota di M. Paladini, Assegnazione convenzionale della casa familiare e opponibilità al terzo acquirente, con riferimento al patto fra i coniugi sull’assegnazione della casa familiare nell’ambito di un accordo di separazione consensuale.
[39] In proposito, ad es., Cass., 21 giugno 2011, n. 13592, in Contratti, 2011, 1103 ss., con nota di D. Colucci, Comodato di immobile e destinazione ad abitazione della famiglia di fatto: anche in tale ipotesi finché non cessano le esigenze abitative familiari, il rilascio dell’immobile può essere richiesto, ai sensi dell’art. 1809, comma 2, cod. civ., solo in caso di bisogno contrassegnato da urgenza e imprevedibilità (v. anche Cass., ord., 29 agosto 2019, n. 21785, in Notariato, 2019, 519 ss.). Si soffermano sulle tutele rispetto all’abitazione di comune residenza approntate dalla legge 20 maggio 2016, n. 76 (in particolare, v. art. 1, commi 42 e 43) e sulle persistenti disparità di trattamento, C. Irti, I diritti sulla “casa di comune residenza” nelle convivenze di fatto disciplinate dalla l. 76 del 20 maggio 2016, in Nuova giur. civ. comm., 2018, 1665 ss.; R. Pacia, Unioni civili e convivenze: profili di diritto successorio, in Riv. dir. civ., 2019, 409 ss.
[40] Cfr. M. Acierno, L’opponibilità dell’assegnazione della casa coniugale, cit.; L.A. Scarano, Comodato di casa familiare e provvedimento di assegnazione in sede di separazione personale dei coniugi o di divorzio, in Familia, 2004, 874 ss.; in giurisprudenza, Cass., 7 luglio 2010, n. 15986, in Nuova giur. civ. comm., 2011, 1 ss., con nota di F. Scia, Casa familiare in comodato e durata della relativa assegnazione, per cui non rileva, neanche in via interpretativa, la circostanza che l’immobile sia stato adibito ad uso familiare e sia stato assegnato, in sede di separazione, all’affidatario dei figli, configurandosi comunque, in mancanza di un termine di efficacia, un comodato precario con facoltà di recesso ad nutum; v. anche Cass., 11 agosto 2010, n. 18619, in Riv. notariato, 2011, 410 ss., con nota di E. Andreola, Casa familiare tra comodato e assegnazione.
[41] Cass., sez. un., 29 settembre 2014, n. 20448, in Nuova giur. civ. comm., 2015, 123 ss., con nota di L. Pellegrini, Comodato di immobile ad uso di casa familiare. Il coniuge assegnatario può opporre al comodante che chieda il rilascio dell’immobile l’esistenza di un provvedimento di assegnazione, pronunciato in un giudizio di separazione o divorzio, solo se tra il comodante e almeno uno dei coniugi (salva la concentrazione del rapporto in capo all’assegnatario, ancorché diverso) il contratto in precedenza insorto abbia contemplato la destinazione del bene a casa familiare: in tal caso il rapporto, riconducibile al tipo regolato dagli artt. 1803 e 1809 cod. civ., sorge per un uso determinato e, in assenza di espressa scadenza, ha una durata determinabile per relationem, in base alla destinazione della casa familiare, indipendentemente, dunque, dall’insorgere di una crisi coniugale; esso è destinato a persistere o a venir meno con la sopravvivenza o il dissolversi delle necessità familiari. Illustra efficacemente l’evoluzione dell’istituto l’ordinanza di rimessione: Cass., ord., 17 giugno 2013, n. 15113, in Nuova giur. civ. comm., 2013, 978 ss., con nota di L. Pellegrini, Comodato di “casa familiare” senza espressa previsione del termine finale e crisi del rapporto coniugale: una questione da ripensare. Per Cass., ord., 29 settembre 2023, n. 27634, in CED Cassazione, 2023, resta ferma in ogni caso la necessità che il giudice eserciti «con massima attenzione» il controllo di «proporzionalità e adeguatezza» nel comparare le particolari esigenze di tutela della prole e il contrapposto bisogno del comodante.
[42] La verifica della volontà delle parti di destinare l’immobile alle esigenze abitative familiari, indagando il motivo comune caratterizzante l’assetto di interessi, pone un delicato problema interpretativo, da risolvere alla luce dei criteri di ermeneutica contrattuale, attraverso una non facile valutazione d’insieme sull’effettiva intenzione di dare e ricevere il bene con specifica destinazione.
[43] Sull’applicazione del principio di priorità della trascrizione, Cass., 20 aprile 2016, n. 7776, in Fam. dir., 2017, 33 ss., con nota di C. Chiusoli, Assegnazione della casa familiare e opponibilità ai terzi: la “disarmante semplicità” del principio di priorità della trascrizione; sul bisogno del comodante, Cass., 10 febbraio 2017, n. 3553, in Nuova giur. civ. comm., 2017, 911 ss., con nota di A. Salomoni, La clausola «fino al reperimento di altra abitazione» apposta in un comodato di immobile ad uso familiare; deve trattarsi di bisogno imprevisto e urgente, ma non necessariamente grave, per Cass., 17 ottobre 2016, n. 20892, in Mass. Giust. civ., 2017.
[44] Secondo Cass., ord., 17 marzo 2017, n. 7007, in CED Cassazione, 2017, il coniuge, già comodatario della casa familiare ed assegnatario della stessa, può opporre il proprio titolo, ma solo entro il limite del novennio, al terzo acquirente del medesimo bene, ancorché la trascrizione del titolo di acquisto di quest’ultimo sia anteriore a quella del provvedimento giudiziale. Recenti pronunce di legittimità hanno però ritenuto che l’assegnazione della casa familiare, che già a seguito dell’introduzione dell’art. 155-quater cod. civ.è trascrivibile come tale, e non più agli effetti dell’art. 1599 cod. civ., sia opponibile ai terzi solo se trascritta anteriormente al titolo del diritto del terzo sull’immobile e non anche nei limiti del novennio, ove non trascritta (Cass., 15 aprile 2022, n. 12387, in Nuova giur. civ. comm., 2022, 1083 ss., con nota di M. Paladini, Ipoteca, assegnazione della casa familiare e presunta abrogazione “tacita” dell’art. 6, comma 6, l. n. 898/70; Cass., 19 aprile 2024, n. 10686, in Giust. civ. Mass., 2024).
[45] Cfr. Cass., 18 gennaio 2016, n. 664, in Nuova giur. civ. comm. 2016, 837 ss., con nota di L. Pellegrini, Inopponibilità a terzi del contratto di comodato e risarcimento del danno, cui può aggiungersi Cass., 4 maggio 2005, n. 9253, in Fam. dir., 2005, 599 ss., con nota di E. Al Mureden, L’opponibilità del provvedimento di assegnazione della casa familiare tra tutela dei figli e diritti del comodante, che espressamente esclude la funzionalizzazione del diritto di proprietà alle esigenze familiari. Più di recente Cass., 10 aprile 2019, n. 9990, in CED Cassazione, 2019, respinge il percorso argomentativo dell’isolato precedente richiamato in fase di gravame (Cass., 11 settembre 2015, n. 17971, in Nuova giur. civ. comm., 2016, 243 ss., con nota di M. Paladini, Limiti all’opponibilità del diritto dell’assegnatario di casa familiare), che affermava l’opponibilità all’acquirente del vincolo di destinazione impresso in sede giudiziale successivamente all’alienazione e a prescindere dall’assolvimento dell’onere pubblicitario, assumendo come prevalente l’interesse della prole; in caso di cessione al terzo, effettuata in costanza di matrimonio dal coniuge esclusivo proprietario, dell’immobile utilizzato per le esigenze della famiglia, il provvedimento di assegnazione all’altro coniuge collocatario della prole, emesso in data successiva all’acquisto del terzo, è a questi opponibile soltanto se, a seguito di accertamento in fatto, si ravvisi l’instaurazione di un preesistente rapporto, in corso di esecuzione, tra il terzo ed il predetto coniuge dal quale derivi il diritto di godimento funzionale alle esigenze della famiglia; sul contenuto di tale rapporto viene a conformarsi il successivo vincolo disposto dal provvedimento di assegnazione (l’ipotesi ricorre nel caso in cui il terzo abbia acquistato la proprietà con clausola di rispetto del titolo di detenzione qualificata derivante dal negozio familiare, ovvero nel caso in cui il terzo abbia inteso concludere un contratto di comodato, in funzione delle esigenze del residuo nucleo familiare, con il coniuge occupante l’immobile, non essendo sufficiente a tal fine la mera consapevolezza del terzo, al momento dell’acquisto, della pregressa situazione di fatto di utilizzo del bene da parte della famiglia).
[46] Cass., 7 novembre 2019, n. 28615, in Studium juris, 2020, 736 ss.: nella separazione personale, il provvedimento di assegnazione della casa familiare determina una cessione ex lege del relativo contratto di locazione a favore del coniuge assegnatario e l’estinzione del rapporto in capo al coniuge che ne fosse originariamente conduttore (e così anche nell’ipotesi in cui entrambi avessero sottoscritto il contratto).
[47] Trib. Milano, 14 giugno 2023, n. 4949, in Fam. dir., 2024, 483 ss., con nota di F. Trolli, Sul diritto alla restituzione dell’immobile concesso in comodato per esigenze familiari: il termine finale del comodato che ha ad oggetto la casa familiare è desumibile dall’uso per il quale l’immobile è stato consegnato, pertanto, avrà durata finché permangono le esigenze abitative della famiglia del comodatario; resta inteso che il comodante possa richiederne la restituzione immediata qualora sopravvenga un urgente ed impreveduto bisogno, non potendosi risolvere l’assegnazione in una sostanziale espropriazione del diritto di proprietà. Cass., ord., 18 agosto 2017, n. 20151, in CED Cassazione, 2017: nel comodato di immobile, stipulato senza determinazione di termine, la volontà di assoggettare il bene a vincoli d’uso particolarmente gravosi, quali la destinazione a dimora familiare, non può essere presunta ma va positivamente accertata; parimenti, nell’ipotesi in cui il vincolo matrimoniale del comodatario sopravvenga in corso di rapporto, occorre la prova che il proprietario abbia inteso trasformare la natura del comodato, ancorando la destinazione del bene alle esigenze del nucleo familiare neocostituito (nel caso di specie la Corte ha accolto il ricorso incidentale della comodante e, decidendo nel merito, ha dichiarato il diritto di questa al risarcimento del danno per illegittima occupazione dell’immobile, negando che la destinazione familiare del bene fosse desumibile per il fatto di avere, la ricorrente principale, nuora della comodante, vissuto nell’immobile con il marito-comodatario, anche prima del matrimonio in regime di famiglia di fatto).
[48] Tra i molti contributi, E. del Prato, Ragionevolezza e bilanciamento, in Riv. dir. civ., 2010, I, 23 ss.; S. Patti, Ragionevolezza e clausole generali, II ed., Giuffrè, 2016; G. Perlingieri, Profili applicativi della ragionevolezza nel diritto civile, Esi, 2015, spec. 93 e 103 ss.; P. Perlingieri, Il diritto civile nella legalità costituzionale, IV, Attività e responsabilità, Esi, 2020, spec. 115 ss.; S. Troiano, La «ragionevolezza» nel diritto dei contratti, Cedam, 2005. Sulla natura «intrinsecamente relazionale e dinamica» della ragionevolezza, che esige «una valutazione raccordata alla specificità della situazione concreta, alle peculiarità dei soggetti implicati, alla natura ed alla misura degli interessi coinvolti», di recente N. Lipari, Contratto e principio di ragionevolezza, in Enc. dir., I tematici, I, Il contratto, Giuffrè, 2021, 356 ss.
[49] Come si è detto, è convinzione diffusa che il provvedimento di assegnazione non possa essere pronunciato se non in favore del coniuge collocatario, trattandosi, altrimenti, di provvedimento aspecifico non opponibile al titolare di diritti reali sull’immobile: il contesto spiega il trattamento di favore per il comodatario, solitamente poco tutelato quale destinatario di un negozio gratuito, che riceve qualcosa per cui non dà nulla in cambio.
[50] Cfr. E. Quadri, La casa familiare e la sua sorte a seguito della crisi della famiglia, cit., spec. 530 ss.
[51] Insomma, una prospettiva che coniughi il best interest of the child, quantomeno, con il best interest of the family, come formazione sociale in cui si svolge la personalità di tutti i familiari. Per C. Irti, L’assegnazione della casa familiare nel processo di riforma del diritto di famiglia, cit., 1203, il dato normativo (cfr. il «prioritariamente» dell’art. 337-sexies cod. civ.) «non esclude e anzi sembra presupporre che altri interessi ritenuti meritevoli di attenzione da parte dell’ordinamento giuridico possano assumere rilevanza in sede di assegnazione della casa familiare, specie allorquando si tratti di veri e propri bisogni, come quelli manifestati da un soggetto anziano, malato o portatore di handicap»; v. anche R. Russo, Assegnazione della casa familiare a tutela del coniuge disabile, in Fam. dir., 2013, 1009 ss., secondo la quale considerare sempre e comunque l’interesse dei minori prevalente su quello dei genitori potrebbe comportare una «distorsione di prospettiva», essendo il minore anzitutto partecipe del nucleo familiare, il cui benessere incide sulla sua armonica crescita. Ragiona sul tema, con relativi riferimenti giurisprudenziali e dottrinali, ai quali si rinvia, A. Conti, L’assegnazione della casa familiare tra interpretazione letterale e bilanciamento costituzionale in Fam. dir., 2024, 84 ss. (anche a commento di Trib. Ravenna, 10 maggio 2023, n. 320, ivi, 83 s., che, in mancanza di figli, ha escluso l’adottabilità di un provvedimento di assegnazione della casa coniugale). In giurisprudenza, per l’orientamento minoritario che, in assenza di figli, sosteneva la possibilità di assegnare la casa familiare al coniuge economicamente debole, cfr. Cass., 19 giugno 1980, n. 3900, in Foro it., 1981, I, 1831 ss., con nota di A. Jannarelli, L’assegnazione della casa familiare nella separazione personale dei coniugi; Cass., 30 agosto 1995, n. 9163, in Giur. it., 1996, I, 1 ss., con nota di G. Frezza, Diversa ratio dell’assegnazione della casa familiare nella separazione e nel divorzio; Cass., 11 aprile 2000, n. 4558, in Giur. it., 2000, 2235 ss., con nota di A. Massafra, Nota in tema di distinzione tra assegno di mantenimento in sede di separazione e assegno di divorzio; Trib. Viterbo, 12 ottobre 2006, in Fam. dir., 2007, 371 ss., con nota di M. Acierno, La nuova disciplina dell’assegnazione della casa coniugale al vaglio dei giudici di merito. Più di recente per Trib. Perugia, ord., 22 marzo 2024, in Dir. fam. pers., 2024, 1108 ss., con nota di G. Fleres, Assegnazione della casa familiare: cointeressenza genitori-figli e progressivo ridimensionamento del “dogma” della continuità abitativa, qualora il trasferimento del genitore non convivente affetto da una grave patologia possa pregiudicare la sua serenità, comportando altresì difficoltà nel reperimento di un’abitazione adatta alle sue esigenze, l’assegnazione della casa familiare a questi non è confliggente con l’interesse dei minori, in quanto le condizioni di vita quanto più possibile serene e stabili per il genitore sono le uniche che possono consentire ai figli di essere esposti nella minor misura possibile all’inevitabile sofferenza legata alla malattia del primo.
[52] Cfr. E. Quadri, La casa familiare e la sua sorte a seguito della crisi della famiglia, cit., 527 ss., il quale rileva in proposito l’inadeguatezza degli strumenti tradizionali rispetto ad atti dispositivi incompatibili con la destinazione familiare, anche alla luce della peculiare gerarchia di valori che entra in gioco in quest’ambito, come espressione non tanto di una deroga ai principi generali patrimoniali, ma della piena operatività di principi differenti. In giurisprudenza, v. Cass., ord., 30 settembre 2021, n. 26541, in Nuova giur. civ. comm., 2021, 386 ss., con nota di S. Previti, L’abuso del diritto e gli atti dispositivi della casa familiare: un possibile rimedio?, che nella stipula di due contratti a parti invertite (l’alienazione in permuta ed il comodato a termine) tra soggetti legati da vincoli di parentela, avvenuta proprio nell’imminenza del deposito del ricorso per separazione giudiziale, cui ha fatto seguito l’esercizio tardivo dell’azione di rilascio del bene, disvela «un intento elusivo riconducibile ad ipotesi di abuso del diritto» volto ad aggirare la disciplina in materia di assegnazione di casa familiare, idoneo pertanto a paralizzare la domanda di rilascio del bene avanzata dal comodante.
[53] Valorizzano l’autonomia privata E. Al Mureden, Casa in comodato, crisi coniugale e persistenti doveri di solidarietà tra familiari, in Fam. dir., 2012, 694 ss., che spiega il bilanciamento alla luce di tre elementi: «la destinazione ad abitazione familiare, la presenza di figli non autosufficienti del comodatario ed uno stretto rapporto di parentela tra comodante ed i figli del comodatario»; L. Balestra, Gli effetti della dissoluzione della convivenza, in Riv. dir. priv., 2000, 468 ss.; C. Irti, Casa familiare e autonomia negoziale, in Fam. pers. succ., 2012, 53 ss., dove anche riferimenti alla separazione consensuale.
[54] Ravvisa come fondamentale l’esigenza di avviare un percorso teso alla «normalizzazione» e alla «sdrammatizzazione» della crisi familiare F. Romeo, Responsabilità genitoriale, conflitti e prospettive di riforma dell’affidamento condiviso, cit., 550 ss.