Jus CivileISSN 2421-2563
G. Giappichelli Editore

Ordinante e società. Appunti sui formanti del diritto di famiglia (a proposito di una riflessione di Alberto Benedetti) (di Ugo Salanitro)


Il saggio si inserisce in un dibattito sul rapporto tra legislazione e giurisprudenza nel diritto di famiglia: chi reputa che la frammentazione sociale ostacoli scelte appropriate e univoche in sede legislativa deve tenere conto che i medesimi problemi, e non solo, possono sorgere per la soluzione dei conflitti familiari in giurisprudenza.

Law and society. Remarks on family law formants (about a reflection by Alberto Benedetti)

The essay is part of a debate on the relationship between legislation and case law in family conflicts : those who believe that social fragmentation hinders appropriate and unambiguous choices in the legislative context must take into account that the same problems, and not only, can arise for the solution of family problems in case law.

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Ugo Salanitro - Ordinante e società. Appunti sui formanti del diritto di famiglia (a proposito di una riflessione di Alberto Benedetti)

SOMMARIO:

1. Quale ruolo per le legge nel diritto di famiglia? - 2. L’interesse del minore e la rilevanza del case law. - 3. Un confronto tra formanti. - 4. Appunti per le conclusioni.


1. Quale ruolo per le legge nel diritto di famiglia?

Vorrei partire dalla bella riflessione di Alberto Benedetti, il quale, in un recente dibattito a più voci sul futuro del diritto di famiglia[1], ha messo in dubbio l’opportunità di ulteriori riforme legislative, invocando la centralità del ruolo della magistratura[2]. Il ruolo del formante legale, secondo Benedetti, è posto in crisi dalla sopravvenuta centralità dell’interesse individuale, che in materia familiare connota il rapporto tra ordinamento e società: i fenomeni della vita affettiva tendono, infatti, ad autoregolarsi, attratti dal modello dell’autonomia privata, intesa “nella sua dimensione più pura di libertà”. Il giudice, in questa prospettiva, è considerato “l’unico fattore di ordine in un contesto difficile e complesso”, al quale si richiede di valorizzare, accanto al valore della libertà, quella dimensione altruistica senza la quale verrebbe meno il senso del diritto di famiglia. Non è una novità che il diritto di famiglia sia scosso e forse travolto dall’emersione della visione individualistica dei rapporti affettivi, come già denunziato dalla dottrina più sensibile. Il tentativo che emerge con forza dal pensiero di Benedetti è di imbrigliare il soggettivismo che rende frammentaria la nostra società, utilizzando lo strumento più duttile con il quale si può esprimere l’ordinante, individuato nel potere regolativo della giurisprudenza. La proposta di Benedetti deve essere inserita, pertanto, in quel dialogo serrato, sul quale è impegnata illustre dottrina, che ha quale oggetto la rilevanza dei formanti e che segna, in una visione più ampia, l’ennesimo momento di crisi del positivismo e del potere legislativo[3]. In questa prospettiva, le domande possono essere articolate in modo da ricondurle al dibattito corrente. E’ ragionevole mantenere un ruolo predominante al formante legislativo sul diritto di famiglia nell’attuale momento storico, caratterizzato da una società che non è soltanto portatrice di valori plurali, ma che appare frammentata e caratterizzata da un ruolo dominante del soggettivismo individualista? Non sarebbe auspicabile promuovere un maggiore protagonismo del formante giurisprudenziale, quale organo tecnico volto a mediare e a bilanciare i diversi interessi, non più classificabili a priori [continua ..]


2. L’interesse del minore e la rilevanza del case law.

Al riguardo, nell’attuale momento storico, la tensione tra potere giudiziale e potere legislativo emerge in particolare nella valutazione dell’interesse del minore, il quale deve essere assunto in tutte le controversie che lo riguardano, secondo il canone di prevalenza sancito dalla Convenzione di New York. L’interesse del minore, in effetti, non è stato preso in considerazione soltanto quale criterio per deciderne l’affidamento in caso di crisi familiare, né per valutare in concreto l’esercizio della responsabilità genitoriale, ma ha anche tradizionalmente rivestito un ruolo importante nei giudizi di stato[1]. In tal senso, le esigenze del minore sono state prese in considerazione ogni qualvolta occorre decidere in concreto se proporre in nome del minore un’azione giudiziale in materia di stato (ad es. nelle procedure ex artt. 244, 264, 273 c.c.). In questi casi, non potendo essere rimessa al minore la valutazione dell’interesse, deve essere affidata agli organi competenti in sede di nomina del curatore: ma la valutazione si riferisce alla fase, esterna al processo, in cui si deve decidere se promuovere un giudizio o resistere all’azione altrui. L’interesse del minore non incide quindi sul risultato del giudizio, come invece avviene in altri casi in cui costituisce il parametro per decidere il conflitto tra le posizioni di soggetti terzi, diversi dal minore: situazione che ricorre quando la legge sottopone a cautele la costituzione del rapporto (riconoscimento della filiazione incestuosa, opposizione dell’altro genitore), non potendone stabilire a priori la positività. La giurisprudenza più recente, tuttavia, sembra spingere oltre la rilevanza del potere assegnato all’organo giudiziale, aderendo all’idea per cui, ogni qualvolta il giudizio coinvolga il minore, bisogna valutare in concreto il suo interesse al fine di risolvere il conflitto, anche in quelle fattispecie in cui il bilanciamento sia già stato considerato in astratto dal legislatore[2]. Si può tuttavia dubitare della persuasività di tale lettura. In realtà, l’orientamento giurisprudenziale richiamato, che ha trovato anche condivisione nella Corte costituzionale, si limita ad attribuire direttamente a chi decide nel giudizio di stato - e non al giudice della volontaria giurisdizione che ha nominato il curatore - la valutazione della persistenza [continua ..]


3. Un confronto tra formanti.

Il formante legislativo è reputato inidoneo a risolvere in maniera appropriata i conflitti di un’organizzazione sociale caratterizzata da mutamenti troppo veloci e quasi inafferrabili, per cui - chiosa Benedetti - il legislatore o non arriva o arriva tardi; le soluzioni, inoltre, si rivelano spesso distanti dai bisogni della società (si portano ad esempio il regime legale della comunione, minato dal suo abbandono, o la disciplina del contratto di convivenza, disertata perché ritenuta poco appetibile) ovvero forniscono risposte troppo prudenti e suscettibili di superamento (si pone l’esempio delle unioni civili). Per affrontare i dubbi sollevati da Alberto Benedetti, è necessario fare un passo indietro e chiedersi come sia strutturato, quantomeno in questo momento storico, il rapporto tra ordinante e società. E’ forte il dubbio che i difetti, imputati al legislatore, scontino un eccesso di fiducia nella giurisprudenza: per contro, mi sembra che emerga una costante nel modo con il quale i diversi formanti dell’ordinamento, legislativo e giudiziale (un discorso a parte vale, come vedremo, per il formante dottrinale), si siano rapportati a quelle esigenze, di natura familiare, che emergono (o che riemergono) e chiedano spazio nella società, ponendosi a volte in conflitto con gli assetti consolidati. Non è possibile dare una risposta definitiva, anche per la frammentarietà degli studi sociologici e di storia della famiglia[1]. Si percepisce tuttavia che l’intervento normativo – che provenga dal legislatore o da un orientamento giurisprudenziale condiviso – tende a riconoscere e regolare gli interessi emergenti soltanto quando questi siano già consolidati nella società, ancorché minoritari. A differenza della dottrina che, in certe sue frange più sensibili, richiede tutela anche per interessi di nicchia o socialmente marginali, il legislatore e la giurisprudenza maggioritaria sembrano caratterizzare l’espressione del loro potere normativo al rispetto di quel frammento del dettato costituzionale per cui la famiglia è da tutelare perché “società naturale”: frammento che, in questa prospettiva, è inteso nel senso che gli interessi familiari assumono rilevanza, sul piano della necessità di regolamentazione giuridica, nella misura in cui si siano preventivamente e spontaneamente [continua ..]


4. Appunti per le conclusioni.