Jus CivileISSN 2421-2563
G. Giappichelli Editore

Locazione abitativa e sostenibilità del canone oltre l´emergenza (di Elena Bargelli)


Il presente contributo analizza l'impatto della pandemia sulle locazioni residenziali in Italia. Dopo aver segnalato le misure di emergenza messe in atto dal legislatore per sospendere gli sfratti e aiutare gli inquilini in mora, il contributo si sofferma sui temi dell'economicità a breve e lungo termine. In particolare, affronta gli attuali rimedi contrattuali come mezzi per prevenire lo sfratto degli inquilini morosi. In una prospettiva a lungo termine, sostiene che è necessaria una combinazione di misure di diritto pubblico e privato per prevenire e contrastare i problemi di accessibilità nel mercato residenziale.

Residential tenancies and affordability issues beyond the pandemic

The present contribution analyses the impact of the pandemic on residential tenancies in Italy. After reporting the emergency measures put in place by the legislator to suspend evictions and help tenants in arrears, the contribution focuses on the short- and long-term affordability issues. In particular, it addresses the current contractual remedies as means to prevent the eviction of tenants in arrears. In the long-term perspective, it argues that a combination of both private and public law measures are needed to prevent and counteract affordability issues in the residential market.         

Elena Bargelli - Locazione abitativa e sostenibilità del canone oltre l’emergenza

COMMENTO

Sommario:

1. Locazione ed emergenza sanitaria. - 2. “Cura Italia” e piano “microeconomico”: principi generali e norme eccezionali. - 2.1. Piano “macroeconomico” fra emergenza e gestione del medio periodo: la sospensione degli sfratti. - 2.2. Le misure di sostegno pubblico al pagamento del canone. - 3. I problemi causati dall’emergenza. - 3.1. Problemi contingenti: l’inutilità e l’impossibilità sopravvenuta del godimento. - 4. Oltre l’emergenza: “morosità incolpevole”, tolleranza e inesigibilità temporanea. - 4.1. L’eccessiva onerosità sopravvenuta del canone e i rimedi contrattuali. - 5. La sostenibilità oltre l’emergenza: l’innesto necessario fra privato e pubblico.


1. Locazione ed emergenza sanitaria.

Negli ultimi 15 anni la locazione abitativa ha subito il contraccolpo di due principali ondate di crisi: quella finanziaria del 2008, combinata con la crisi del mercato immobiliare e la recessione economica, fino alla più recente emergenza sanitaria da COVID-19, a sua volta portatrice di un’ulteriore crisi economica. In passato, alle crisi è seguita una legislazione speciale che ha introdotto misure di sostegno dei conduttori - appartenenti a categorie “vulnerabili” previamente individuate - tese a fronteggiare il rischio di sfratti e attinte a fondi pubblici all’uopo messi a disposizione, ma destinate a essere reiterate anche al di là della contingente onda d’urto: basti menzionare il Fondo per gli inquilini morosi incolpevoli (art. 6 c. 5, D.L. 31 agosto 2013, n. 102, convertito dalla legge 28 ottobre 2013, n. 124)[1]. Dalle misure di contenimento della pandemia è scaturita una vera e propria legislazione di emergenza, dal carattere tipicamente transitorio (D.L. n. 18 del 2020, c.d. Cura Italia). Rispetto al passato, essa ha posto soprattutto l’accento sul sottotipo non abitativo, per ragioni alquanto ovvie: la concreta destinazione all’attività economica o professionale che colora la causa del contratto, infatti, è resa temporaneamente impossibile o notevolmente più difficile dalle misure governative di contenimento e di prevenzione della diffusione del virus, così riducendo in modo drastico l’interesse locativo e alterando l’equilibrio economico del contratto a causa delle mutate condizioni del mercato[2]. La locazione abitativa è stata colpita in modo evidentemente differente dalle misure di contenimento della pandemia, che non hanno reso generalmente impossibile il godimento dell’alloggio, semmai rendendolo addirittura più intenso e necessario, se relativo alla dimora primaria. Piuttosto, i principali problemi conseguenti alla crisi sanitaria hanno riguardato: il temporaneo venir meno dello scopo abitativo “secondario”, nel caso delle locazioni per motivi di lavoro o di studio; l’impossibilità o notevole difficoltà oggettiva di rispettare il termine per il rilascio dell’immobile; l’onerosità sopravvenuta, determinata, alternativamente o cumulativamente, dalla difficoltà a onorare il pagamento del canone – in connessione con il clima generale di crisi [continua ..]


2. “Cura Italia” e piano “microeconomico”: principi generali e norme eccezionali.

La legislazione di emergenza ha reagito ai problemi sopra enunciati predisponendo due ordini di disposizioni, collocabili sul piano “microeconomico” e “macroeconomico”. Sotto quest’ultimo profilo viene in gioco essenzialmente una disposizione dal tenore generale, destinata a incidere sul ritardo o, più in generale, sull’inadempimento di obbligazioni contrattuali dovute all’attuazione delle stesse misure di contenimento (art. 91 Decreto “Cura Italia”). Nel puntualizzare la necessità di valutare il rispetto di tali misure nell’applicazione degli artt. 1218 e 1223 c.c. al fine di escludere la responsabilità del debitore - anche relativamente all’operare di decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti -, tale norma si rivolge, idealmente, all’autorità giudiziaria, cui viene imposto di valutare, nel giudizio sull’an o sul quantum della responsabilità del debitore, il factum principis. Con riguardo alla sfera di operatività dell’art. 1218 c.c., la disposizione è pressoché ridondante se riferita all’adempimento delle prestazioni di cose determinate o di servizi, in quanto la mancata responsabilità per il ritardo si ricaverebbe comunque dall’applicazione dell’impossibilità temporanea o, più in generale, della causa non imputabile. Meno scontata, a prima vista, sembrerebbe l’esenzione dalla responsabilità per il ritardo con riguardo alle obbligazioni pecuniarie, in virtù dell’adagio che ritiene inconciliabile l’impossibilità della prestazione con l’appartenenza a un genus[1]. In realtà, le misure di contenimento della pandemia hanno dato linfa e fertile terreno di applicazione alla corrente di pensiero che, attenuando il rigore del requisito dell’assolutezza, assume una nozione relativa dell’impossibilità, commisurata al contenuto del concreto rapporto[2] e per altro verso, ammette, anche rispetto alle obbligazioni pecuniarie, il concetto di inesigibilità[3]; nonché a quella che, rileggendo la causa non imputabile alla luce della clausola della correttezza (art. 1175 c.c.), conferisce rilevanza anche alla notevole difficoltà di adempiere: al fine di liberare il debitore o, comunque, per esonerarlo dalla responsabilità per il ritardo[4]. Tenuto conto di questo sfondo [continua ..]


2.1. Piano “macroeconomico” fra emergenza e gestione del medio periodo: la sospensione degli sfratti.

La legislazione emergenziale si è concentrata prevalentemente su un piano più generale rispetto a quello strettamente privatistico. Gli interventi collocabili sul livello “macro” hanno attinto al bagaglio degli attrezzi delle politiche pubbliche già predisposti in occasione di crisi precedenti e volti a fronteggiare situazioni di precarietà abitativa derivanti, alternativamente o cumulativamente, dall’insostenibilità del canone, ovvero dalla scarsità dell’offerta degli alloggi, suscettibile di rendere intollerabili gli sfratti che, per le condizioni di vulnerabilità del conduttore o dei suoi familiari, avrebbero rischiato, in ultima analisi, di gravare sulla collettività[1]. Si è dunque provveduto, innanzitutto, a una (inizialmente generalizzata) sospensione di tutti i provvedimenti di rilascio degli immobili (anche a uso non abitativo), operante automaticamente, senza necessità di istanza da parte del conduttore, fino al 1° settembre 2020 (art. 103 c. 6). La sospensione è stata in seguito reiterata, dal D.L. n. 34/2020 (c.d. decreto “Rilancio”), fino al 31 dicembre 2020 e, con il successivo Decreto Milleproroghe, fino al 30 giugno 2021, “limitatamente ai provvedimenti di rilascio adottati per mancato pagamento del canone alle scadenze e ai provvedimenti di rilascio conseguenti all’adozione, ai sensi dell’articolo 586, comma 2, c.p.c., del decreto di trasferimento di immobili pignorati ed abitati dal debitore e dai suoi familiari.” Tale sospensione, inizialmente fondata sull’impossibilità di eseguire i provvedimenti di rilascio a causa delle misure di contenimento disposte per contrastare la pandemia - oltre che sulla loro inopportunità in una fase di persistenti rischi e incertezze, dove la casa (home) acquisisce il ruolo quasi primigenio di rifugio – si è trasformata, in seguito, in una misura di sostegno dei conduttori in difficoltà nel pagamento del canone (e, in generale, dei debitori abitanti l’immobile pignorato). Tale sospensione, evidentemente, ha un’ispirazione del tutto differente rispetto a quella disposta dall’art. 6 della legge n. 431/1998 e in seguito reiterata, tramite leggi speciali e temporanee: motivata dall’inadeguata offerta di abitazioni in aree geografiche densamente popolate, unita all’inesigibilità [continua ..]


2.2. Le misure di sostegno pubblico al pagamento del canone.

Il provvedimento “Cura Italia” si è altresì preoccupato delle difficoltà economiche indotte dalla crisi sanitaria: ampiamente noti, infatti, sono i nessi del mercato “degli affitti” con altri mercati (del lavoro, degli acquisti immobiliari), nonché con la domanda di residenze turistiche o, più generalmente, secondarie. Al fine di fronteggiare l’incipiente problema della sostenibilità del canone, quindi, esso ha rivitalizzato il Fondo nazionale per il sostegno all’accesso alle abitazioni in locazione (art. 65) - istituito dalla legge n. 431/1998 (art. 11) e più recentemente divenuto desueto - mettendo a disposizione 60 milioni di euro; ha rimpinguato con 9.5 milioni il sopra citato Fondo destinato agli inquilini in mora incolpevole: per tali intendosi quella dovuta alla perdita di lavoro per licenziamento; ad accordi aziendali o sindacali con consistente riduzione dell'orario di lavoro; alla cassa integrazione ordinaria o straordinaria che limiti notevolmente la capacità reddituale, al mancato rinnovo di contratti a termine o di lavoro atipici; alle cessazioni di attività libero-professionali o di imprese registrate, derivanti da cause di forza maggiore o da perdita di avviamento in misura consistente; a malattia grave, infortunio o decesso di un componente del nucleo familiare che abbia comportato o la riduzione del reddito complessivo del nucleo medesimo o la necessità dell'impiego di parte notevole del reddito per fronteggiare rilevanti spese mediche e assistenziali (art. 6 comma 5 d.l. 102/2013). Si tratta di misure che, ora, si sommano alla sospensione degli sfratti[1] e tornano a soccorrere la fascia di popolazione che, pur non potendo accedere alla locazione pubblica - perché non ne possiede i requisiti o perché, pur essendone dotata, è rimasta fuori dalle graduatorie per mera insufficienza degli alloggi disponibili -, non riesce a sostenere i canoni alle condizioni di mercato, né ha i mezzi per l’acquisto di un’abitazione. Considerata la prevedibile onda lunga della pandemia sull’occupazione e sui redditi, tali misure avranno una proiezione temporale che andrà oltre l’attuale contingenza, riproponendo le perplessità già avanzate in passato. Ciò può dirsi, in particolare, a proposito del sostegno economico all’accesso alle abitazioni in locazione, che [continua ..]


3. I problemi causati dall’emergenza.

Se si eccettua l’art. 91, la legislazione di emergenza ha in larga misura lasciato i problemi più attinenti al piano “micro” ai rimedi messi a disposizione dalla disciplina generale del contratto e da quella speciale della locazione. Quattro sono i principali scenari problematici che si aprono all’interprete: a) l’impossibilità temporanea di fruire dell’alloggio; b) la sopravvenuta inutilità dello stesso; c) l’insostenibilità del canone dovuta al repentino peggioramento delle condizioni economiche del conduttore, oppure d) al mutamento repentino delle condizioni del mercato delle locazioni e alla drastica riduzione del livello dei canoni in rapporto a quello pattuito. I primi due problemi rivestono un carattere più contingente, i secondi pongono problemi destinati a sopravvivere alla fase emergenziale. Tutti offrono, per un verso, terreno fertile per l’applicazione della clausola generale della correttezza nel suo ruolo classico di “valvola di sicurezza” del diritto delle obbligazioni; per un altro verso, sfidano l’attuale parte generale del contratto, evidenziandone le lacune e rivitalizzando istituti pressoché desueti, come la risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta (art. 1467 c.c.).


3.1. Problemi contingenti: l’inutilità e l’impossibilità sopravvenuta del godimento.

Il tema del venir meno dell’interesse abitativo è venuto in gioco a seguito della chiusura o dello svolgimento online delle attività didattiche o lavorative, su cui si è innestata la libera scelta del conduttore di trasferirsi in un’altra residenza costituente domicilio familiare. La posizione del conduttore abitativo, prima facie, è diversa da quella di chi ha preso in locazione un immobile per svolgere un’attività professionale, commerciale o alberghiera, il cui svolgimento viene inibito dalle misure del Governo: nel caso in questione, infatti, non è impedito né reso più disagevole l’uso abitativo convenuto. La legislazione di emergenza, come si è visto, contempla l’impossibilità sopravvenuta e temporanea del godimento derivante da circostanze soggettive, seppure di patente oggettività (il prolungato ricovero ospedaliero da COVID o una misura restrittiva della libertà di spostamento): il debitore può essere così esonerato da responsabilità per il ritardo nel pagamento del canone (art. 91 del decreto “Cura Italia, art. 1218 c.c.), oppure, eventualmente, nell’inesigibilità di una quota del canone (per esempio, per le utenze, se in questo incluse), in base al bilanciamento di interessi che l’applicazione della clausola di buona fede, calata nel caso concreto, porta con sé. All’impossibilità temporanea e/o parziale del godimento neppure la disciplina del tipo e del sottotipo offre soluzioni ad hoc, contemplando, nondimeno, la possibile riduzione del corrispettivo là dove la privazione del godimento derivi da vizi (art. 1578 c.c.) o dalla necessità di riparazioni (art. 1584 c.c.): cioè da una parziale e oggettiva impossibilità della prestazione dal lato del locatore, in sé e per sé considerata. In condizioni di normalità, la legislazione speciale mette a unilaterale disposizione del conduttore un rimedio efficace rispetto al sopravvenire di circostanze anche attinenti alla sua sfera privata – purché oggettivamente rilevanti - che gli abbiano reso gravosa la prosecuzione del rapporto[1]: il recesso per gravi motivi (art. 4 della legge n. 431/1998). Esso è assoggettato, però, a un preavviso di 6 mesi, che, nello scenario dell’emergenza pandemica, rischia di renderlo concretamente ineffettivo. A [continua ..]


4. Oltre l’emergenza: “morosità incolpevole”, tolleranza e inesigibilità temporanea.

Le questioni riconducibili all’insostenibilità sopravvenuta del canone sono destinate ad avere un impatto non transeunte, in quanto riconnesse agli effetti della pandemia, nel medio e lungo corso, sul mercato del lavoro e delle locazioni. Punto di avvio della riflessione è il concetto di “morosità incolpevole”, già coniato dalla legislazione speciale in conseguenza della prima crisi immobiliare successiva a quella finanziaria del 2008. Definita come una situazione di sopravvenuta impossibilità a provvedere al pagamento del canone locativo a ragione della perdita o consistente riduzione della capacità reddituale del nucleo familiare" (art. 1 decreto del Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti del 14 maggio 2014), della “morosità incolpevole” si è fatto un reiterato uso in conseguenza del ricorrere delle crisi del settore immobiliare o che su questo si riverberano, al fine di giustificare il sostegno di diritto pubblico nei confronti dei conduttori che si trovano nella situazione sopra descritta. Ai fini dell’accesso al fondo, la “morosità incolpevole” acquisisce rilievo allorché i conduttori, oltre a rispettare i parametri ISE/ISEE previsti dal decreto e risiedere nell’alloggio da oltre un anno, siano destinatari di un atto di intimazione di sfratto per morosità: la valutazione della situazione di difficoltà economica del conduttore, quindi, ha luogo a contratto risolto, nella fase dell’esecuzione dello sfratto. A un concetto analogo di mora incolpevole si è ispirata altresì la legislazione dell’emergenza in soccorso dei mutuatari in difficoltà in conseguenza della crisi finanziaria, nell’istituire un fondo perspicuamente destinato a finanziare le richieste di sospensione dei pagamenti delle rate (il c.d. fondo Gasparrini: art. 2, commi 475 ss L. n. 244 del 24/12/2007). Inizialmente destinato ai mutui accesi per l'acquisto della prima casa, il fondo, rifinanziato dal Decreto Cura Italia, confermato dal Decreto Liquidità e, poi, dal Decreto Ristori (Decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137), ha visto allargata la platea di potenziali beneficiari in conseguenza della pandemia. Rispetto alla misura adottata nel settore della locazione, questa, più convincentemente, mira a prevenire la morosità e l’attivazione delle procedure esecutive, ma si ispira [continua ..]


4.1. L’eccessiva onerosità sopravvenuta del canone e i rimedi contrattuali.

La questione sollevata alla fine del paragrafo precedente scaturisce dai dati statistici messi a disposizione dai professionisti del mercato immobiliare, che hanno registrato un aumento dell’offerta di immobili quale conseguenza del calo della domanda di abitazioni, dovuto al crollo dei mercati collaterali rispetto a quello della dimora primaria (B&B e locazioni per ragioni di studio e di lavoro, colpite dalla riduzione dei flussi turistici e dalla diffusione dello smart working e della didattica a distanza)[1]. In tale situazione, si registra una tendenza al ribasso del livello dei canoni, anche dovuta all’aumento statistico dei casi di opzione a favore del canone concordato. È appena il caso di ricordare che a una contingenza opposta dovette far fronte la legislazione d’emergenza conseguente alle crisi causate dalle due guerre mondiali, quando la drastica riduzione di alloggi disponibili impose al legislatore provvedimenti eccezionali di congelamento dei canoni[2].   All’obiettivo di prevenire incrementi in corso di rapporto, invero, si è ispirata sempre la legislazione speciale sul tipo abitativo: anche quella attualmente vigente, infatti, si basa sull’assunto dell’immodificabilità del canone per tutta la durata del contratto e fino al secondo rinnovo, quando le parti possono attivare la procedura che consente la prosecuzione del rapporto a nuove condizioni (art. 2 L. n. 431/1998). L’evidente obiettivo è quello di mettere in sicurezza il conduttore, impedendo incrementi di canone non solo nel corso di un rapporto avente una durata minima legale (a parte l’aggiornamento in base all’indice ISTAT, ove previsto dal contratto: art. 32 L. n. 392/1978), ma anche per l’ulteriore periodo di rinnovo. Non è consentito, infatti, dare disdetta alla prima scadenza al fine di maggiorare il corrispettivo, anche qualora tale richiesta fosse motivata dalla parziale ristrutturazione dell’immobile (fra le ragioni di recesso alla prima scadenza, infatti, è annoverata solo “l'integrale ristrutturazione dell’immobile” nel quale si trova l’appartamento ovvero la sua demolizione o radicale trasformazione per realizzare nuove costruzioni: art. 3 lett. e) L. n. 431/1998)[3]. La rigidità della disciplina del tipo abitativo sotto il profilo dell’equilibrio economico del contratto ha, dunque, una sua intima coerenza, anche [continua ..]


5. La sostenibilità oltre l’emergenza: l’innesto necessario fra privato e pubblico.