Jus CivileISSN 2421-2563
G. Giappichelli Editore

L'exordium praescriptionis dei diritti nell'assicurazione sulla vita (di Salvatore Monticelli, Professore ordinario di Diritto privato – Università degli Studi di Foggia)


Il “tormentoso rompicapo” del dies a quo della prescrizione rappresenta una tra le più controverse e rilevanti questioni che connotano l’istituto della prescrizione; infatti, il legame necessario tra la sussistenza del diritto ed il trascorrere del tempo finisce per essere gravemente pregiudicato qualora sussista incertezza circa la data di inizio della decorrenza del termine, riflettendosi tale incertezza inevitabilmente sulla funzione stessa dell’istituto, che, di fatto, ne può risultare in taluni casi compromessa. Il tema, ampiamente studiato nelle sue linee generali con riferimento agli artt. 2935 e 2947 c.c., si è peculiarmente riproposto, a fare data dal 2006, con riferimento al contratto di assicurazione sulla vita all’esito di una serie di provvedimenti legislativi che hanno variamente inciso sul termine di prescrizione dei diritti dei beneficiari alla liquidazione delle polizze, onerando nel contempo le Compagnie a devolvere al “Fondo per l’indennizzo dei risparmiatori vittime di frodi finanziarie” gli importi dovuti se non reclamati entro il termine di prescrizione.

 

The exordium praescriptionis of rights in life insurance

The “tormenting puzzle” of the dies a quo of the prescription represents one of the most controversial and relevant issues that characterize the institution of the prescription; in fact, the necessary link between the existence of the law and the passage of time ends up being seriously affected if there is uncertainty about the starting date of the term, this uncertainty inevitably reflecting on the very function of the institution, which, in fact, it can be compromised in some cases. The theme, extensively studied in its general lines with reference to arts. 2935 and 2947 of the Italian Civil Code, with reference to the life insurance contract as of 2006, it was specifically proposed again as a result of a series of legislative measures that have variously affected the limitation period of the beneficiaries' rights to liquidate policies, at the same time charging the Companies to donate to the "Fund for the compensation of savers victims of financial fraud" the amounts due if not claimed within the limitation period.

Keywords: Prescription – dies a quo – life insurace.

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SOMMARIO:

1. Il “tormentoso rompicapo” del dies a quo della prescrizione: considerazioni introduttive - 2. Segue. Brevi cenni dell’evoluzione interpretativa delle Corti - 3. Il dies a quo della prescrizione nell’assicurazione sulla vita - 4. Segue. Cronaca di un “guazzabuglio” legislativo - 5. Segue. La mutata prassi assicurativa, le motivazioni del contenzioso e l’orientamento della giurisprudenza - 6. La ratio della prescrizione breve di cui all’art. 2952, comma 2, cod. civ., ante-riforma - 7. Il ruolo centrale dell’interesse del debitore nella prescrizione (breve e non) e i censurabili approdi di taluna giurisprudenza - 8. Rilievi conclusivi - NOTE


1. Il “tormentoso rompicapo” del dies a quo della prescrizione: considerazioni introduttive

Nella recensione di Brunetto Carpino – edita nel 1973 [1] – al volume di Alberto Auricchio – “Appunti sulla prescrizione” – edito nel 1971 [2], “si discorreva della prescrizione come di un istituto che sembrava aver ricevuto una sistemazione soddisfacente, se non addirittura definitiva”, si ricordava, altresì, che tale giudizio era condiviso anche al di fuori della cerchia degli studiosi del diritto civile. Quanto tali convinzioni potessero dirsi poco profetiche [3] lo ha dimostrato la successiva evoluzione giurisprudenziale ed il dibattito della dottrina, sviluppatosi su molteplici aspetti dell’istituto, rispetto al quale, può ben dirsi, che le incertezze, a tutt’oggi, sono l’unica vera certezza. E ciò, in particolare, si riscontra sulla questione, storicamente centrale dell’istituto, del cd. exordium praescriptionis, ossia della determinazione del dies a quo dal quale inizia a decorrere il termine entro il quale si compie la prescrizione. È proprio a tal riguardo, infatti, che può affermarsi senz’altro che il “tormentoso rompicapo della prescrizione” [4] è tema ancora irrisolto, quanto meno nel nostro ordinamento, che, da un lato, in argomento, prospetta l’affermarsi di un diritto vivente, che in maniera fin troppo disinvolta e non sempre appieno consapevole delle conseguenze, spesso abnormi per il debitore, lega il dies a quo della decorrenza del termine a parametri talvolta eccessivamente incerti ed in talune ipotesi del tutto irragionevoli, dall’altra registra, a differenza di altri sistemi giuridici [5], l’assenza di interventi legislativi, volti a risistemare la materia, restituendo, così, all’istituto quella fisiologica e prioritaria funzione che è tradizionalmente destinato a svolgere, di presidio della certezza del diritto e dell’ordine sociale. Funzione sul cui “altare” ben si giustifica quello che Carnelutti [6], con la consueta efficacia, descrisse come “una specie di miracolo per cui il diritto diventa non diritto e viceversa. Per essa, soprattutto, si rende manifesto che anche il diritto, come un essere vivente, nasce e muore”. Con questa iconica descrizione Francesco Carnelutti metteva efficacemente in evidenza il legame necessario tra la sussistenza (nascita e morte [7]) del diritto ed il trascorrere del [continua ..]


2. Segue. Brevi cenni dell’evoluzione interpretativa delle Corti

Benché non possa essere questa la sede per ripercorrere, neppure nelle grandi linee, i termini del complesso dibattito, svoltosi in circa 80 anni, sul dettato dell’art. 2935 cod. civ., sembra utile, con riferimento al tema più circoscritto che qui si affronta del dies a quo della prescrizione nel contratto di assicurazione sulla vita, ricordare le motivazioni che furono espresse nella relazione al codice civile a sostegno dell’allora neonata disposizione. Ebbene, nella relazione del Ministro Guardasigilli al codice civile, si legge che la finalità della norma è quella di colmare una lacuna circa il momento iniziale della decorrenza della prescrizione, e perciò l’articolo in questione “dà formulazione legislativa al principio che la prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere”, con la significativa precisazione che “l’espressione deve essere intesa con riferimento alla possibilità legale, non influendo sul decorso della prescrizione, salve le eccezioni stabilite dalla legge, l’impossibilità di fatto di agire in cui venga a trovarsi il titolare del diritto”. In coerente rispondenza a tale orientamento interpretativo, nella successiva giurisprudenza, tanto di merito quanto di legittimità, si andò così affermando la massima secondo la quale l’espressione “la prescrizione comincia a decorrere dal momento in cui il diritto può essere fatto valere” doveva essere intesa nel senso restrittivo volta a circoscrivere alle sole cause giuridiche impeditive dell’esercizio del diritto il decorso e non già ai semplici ostacoli di fatto che può incontrare il suo titolare. L’interpretazione tradizionale tendeva, così, a conformare il sistema della prescrizione a favore dei convenuti, e, perciò, il dies a quo veniva “concepito come coincidente con il momento della verificazione dell’evento dannoso”. In altri termini si tendeva ad interpretare la locuzione di cui all’art. 2935 cod. civ. quale riferimento alla possibilità legale di esercitare il diritto, con la conseguenza che non si ritenevano rilevanti limiti fattuali alla decorrenza dei termini di prescrizione, ma solo impedimenti legali circoscritti, in linea di principio, alla soggezione del diritto in questione ad una condizione sospensiva [continua ..]


3. Il dies a quo della prescrizione nell’assicurazione sulla vita

Il tema controverso del dies a quo del decorso della prescrizione, come sopra del tutto sommariamente accennato, è oggetto di un dibattitto ciclicamente ricorrente, non sempre legato al dato positivo e non scevro da prese di posizione ideologiche, probabilmente giustificabili in ragione dell’esigenza di una risistemazione della materia, peraltro, come già detto, avvenuta in sistemi giuridici vicini al nostro, per cultura e tradizione. Tuttavia, si rileva che se il tema è stato ampiamente studiato nelle sue linee generali con riferimento alle citate norme del codice civile, non ha, invece, riscosso la necessaria attenzione con riferimento alla specifica disciplina dettata, per il contratto di assicurazione, dall’art. 2952 cod. civ. Ed invero, se può affermarsi che la norma non ha posto insormontabili problemi interpretativi con riferimento al primo comma di detto articolo, laddove stabilisce che “Il diritto al pagamento delle rate di premio si prescrive in un anno dalle singole scadenze”, viceversa ha visto il proliferare, negli ultimi quindici anni, di un rilevante contenzioso con riferimento all’individuazione del dies a quo della prescrizione in relazione al disposto del II comma concernente gli “altri diritti derivanti dal contratto di assicurazione”. Disposizione quest’ultima che nel prevedere, nella sua formulazione originaria, il termine brevissimo di un anno per tutti “gli altri diritti” derivanti dal contratto di assicurazione, è stata oggetto, a partire dal 2008, di due interventi riformatori incidenti proprio sul termine di prescrizione, discriminando, infine, tra “gli altri diritti” quelli derivanti dalla liquidazione delle polizze vita. Ed infatti, il termine in questione è stato, in un primo momento, elevato a due anni dall’art. 3, comma 2 ter, d.l. 28 agosto 2008, n. 134, conv. in l. 27 ottobre 2008, n. 166, per tutti gli “altri diritti” derivanti dal contratto di assicurazione, e, poi, portato a dieci anni (con d.l. 18 ottobre 2012, n. 179) per i soli diritti, al pagamento del capitale o della rendita, derivanti dal contratto di assicurazione sulla vita. E così, il legislatore recependo le indicazioni della dottrina circa “l’inadeguatezza del termine breve in relazione ai contratti assicurativi connotati da funzione previdenziale” [14] ha opportunamente discriminato il tempo [continua ..]


4. Segue. Cronaca di un “guazzabuglio” legislativo

Così individuato il quadro codicistico di riferimento e la “china scivolosa” di applicazione di esso, la questione, come si diceva, ha acquisito particolare rilievo in ragione di un accavallarsi di norme speciali emanate a fare data dal 2006, per le polizze vita stipulate anteriormente al 2012, anno in cui, il testo del II^ comma dell’art. 2952 cod. civ. è stato finalmente riformato con la fissazione in dieci anni del termine di prescrizione dei diritti derivanti da tali tipi di polizza. Ed infatti, la legge finanziaria per l’anno 2006, 23 dicembre 2005, n. 266, all’art. 1, comma 343, istituiva un Fondo per l’indennizzo dei risparmiatori vittime di frodi finanziarie alimentato “dall’importo dei conti correnti e dei rapporti bancari definiti come dormienti all’interno del sistema bancario nonché del comparto assicurativo e finanziario”. Successivamente, come si fatto cenno, con il d.l. n. 134/2008, convertito nella l. n. 166/2008, veniva modificato il testo dell’art. 2952 cod. civ. elevando il termine di prescrizione degli “altri diritti” derivanti dal contratto di assicurazione a due anni “dal giorno in cui si è verificato il fatto su cui il diritto si fonda” ma, nel contempo, con la medesima disposizione di legge, si imponeva agli operatori, e, quindi, alle Compagnie di assicurazioni, la devoluzione al “Fondo per l’indennizzo dei risparmiatori vittime di frodi finanziarie”, istituito presso il Ministero dell’Economia e delle Finanze (c.d. MEF), degli importi dovuti ai beneficiari di polizze assicurative, non reclamati entro il nuovo termine di prescrizione di cui all’art. 2952 cod. civ. Segnatamente il Decreto aggiungeva alla disciplina dei rapporti definiti “dormienti” di cui alla menzionata legge finanziaria 2006, alcune specifiche previsioni anche in relazione ai contratti di assicurazione sulla vita; introduceva, infatti, il comma 345-quater, intitolato in Rubrica “Provvista del fondo: importi dovuti ai beneficiari dei contratti di assicurazione ramo vita non reclamati entro il termine di prescrizione del relativo diritto” che così recita: “Gli importi dovuti ai beneficiari dei contratti di cui all’articolo 2, comma 1, del codice delle assicurazioni private, di cui al decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, che non sono reclamati entro il termine di [continua ..]


5. Segue. La mutata prassi assicurativa, le motivazioni del contenzioso e l’orientamento della giurisprudenza

L’irrigidimento delle Assicurazioni, per le ragioni innanzi esposte, ha comportato l’incardinamento di una serie di contenziosi nei quali il tema dell’exordium praescriptionis è tornato, così, alla ribalta prepotentemente, giacché i beneficiari, quali eredi dell’assicurato deceduto ab intestato o quali terzi beneficiari della polizza designati nel testamento a norma dell’art. 1920 cod. civ., hanno reclamato il loro diritto alla liquidazione delle polizze, argomentando, a sostegno la mancata prescrizione del diritto fatto valere, dalla circostanza della mancata conoscenza di tale diritto maturato in loro favore avendo appreso dell’esistenza di esso solo con il rinvenimento della polizza o del testamento, avvenuti allorquando erano già trascorsi i due anni dalla morte dell’assicurato. Si è riproposta così, anche nel campo assicurativo, la irrisolta e controversia problematica generale dell’incidenza o meno dell’elemento soggettivo, rappresentato dalla consapevolezza in capo al soggetto creditore del diritto vantato, sul dies a quo del decorso della prescrizione; tempo che andrebbe, quindi, conteggiato dall’acquisizione di tale soggettiva contezza e non già dall’elemento oggettivo, che, nell’assicurazione in caso di morte, è rappresentato dall’evento morte dell’assicurato, individuato, invece, dalle Compagnie, quale “giorno in cui si è verificato il fatto su cui il diritto si fonda”. Nonostante qualche sporadica adesione manifestata a tali argomentazioni [18], deve tuttavia segnalarsi che esse hanno avuto uno scarso seguito in giurisprudenza, che, perlomeno in relazione alla questione in oggetto, sembra orientata a prediligere il criterio oggettivo in ordine alla fissazione del dies a quo della prescrizione. E così si rileva, in più di una decisione, che il fatto su cui si fonda il diritto alla liquidazione della polizza non può coincidere con la circostanza o l’accadimento – assolutamente incerto e rimesso esclusivamente alla valutazione del creditore – in cui il soggetto legittimato ad esigere la liquidazione della polizza viene a scoprire l’esistenza di essa o della sua designazione quale terzo beneficiario contenuta nel testamento, ma, necessariamente, coincide con il verificarsi dell’evento preso in considerazione dal contratto di [continua ..]


6. La ratio della prescrizione breve di cui all’art. 2952, comma 2, cod. civ., ante-riforma

Preso atto di quanto sopra c’è da interrogarsi sulle ragioni di tale dicotomico orientamento, anche per comprendere se esso si giustifichi in ragione della scelta legislativa, a monte, di sottoporre determinati diritti ad un termine di prescrizione breve. Ebbene, per i diritti derivanti in generale dal contratto di assicurazione la ratio di una durata particolarmente contenuta, anche raffrontandola con le prescrizioni brevi in altri campi, dei termini di prescrizione contenuti nel II comma dell’art. 2952 cod. civ. (prima della riforma relativa alla durata della prescrizione dei diritti derivanti dall’assicurazione sulla vita), è stata individuata nell’opportunità di un rapido accertamento delle circostanze a cui è collegata la prestazione assicurativa, nonché nelle esigenze organizzative e gestionali delle imprese assicurative [23], unitamente ad una considerazione di carattere generale che ravvisa nella previsione di un tempo breve del maturare della prescrizione il riflesso della finalità dell’istituto, accentuato nelle cd. prescrizioni brevi, di far conseguire certezza a determinati rapporti [24]. Tutte ragioni queste che vanno condivise e che possono senz’altro accreditarsi come fondate ed incompatibili con un decorso del termine legato a vicende soggettive del creditore, che, per di più, sarebbero ben difficilmente conciliabili con il favor debitoris che, soprattutto nelle prescrizioni brevi, ma non solo, ispira la disciplina in questione. Ed infatti, non sempre è adeguatamente valutato, che è proprio nella prioritaria considerazione di tale connotato che si esplicita la funzione della prescrizione, consistente nel garantire la certezza del diritto, collegandola all’interesse privato del soggetto passivo dell’obbligazione alla liberazione attraverso l’estinzione del correlativo diritto di credito [25]. Attorno a tale combinazione ruota tutta la disciplina ed il funzionamento stesso della prescrizione, giacché è il soggetto debitore ad avere la disponibilità dell’effetto estintivo del rapporto attraverso la rinuncia esplicita alla prescrizione o tenendo un comportamento incompatibile con l’intento di volersene avvalere. È appena il caso di ricordare, infatti, che l’art. 2938 cod. civ. sancisce che il giudice non può rilevare d’ufficio la prescrizione non [continua ..]


7. Il ruolo centrale dell’interesse del debitore nella prescrizione (breve e non) e i censurabili approdi di taluna giurisprudenza

Quanto innanzi, invero, appare inspiegabilmente ben poco considerato da taluna giurisprudenza, se non addirittura completamente negletto nelle decisioni, specie recenti, che, nel determinare in base a fattori sempre più soggettivi il dies a quo della prescrizione, sembrano dimentiche che l’istituto in questione, per il quale come ricordavo, Carnelutti diceva che si avvera quella “specie di miracolo per cui il diritto diventa non diritto”, è concepito nell’interesse del debitore [27]. Angolo di prospettiva questo, ovviamente tanto più da considerare quanto minore è il tempo della prescrizione, giacché proprio nelle prescrizioni brevi il ridotto o ridottissimo tempo in cui matura la facoltà per il soggetto debitore di eccepire l’estinzione del diritto, è espressione di una precisa scelta del legislatore che, con l’intento di dare certezza a determinate situazioni giuridiche, enfatizza in misura inversamente proporzionale al tempo della prescrizione l’interesse del debitore a liberarsi del vincolo [28]. Ed è evidente che se ciò non è prioritariamente tenuto in conto, si rischia di compromettere il funzionamento stesso dell’istituto in una prospettiva interpretativa distorsiva e ben poco legata al dato normativo, che, in talune ipotesi, finisce per negarne, di fatto, l’operatività, tradendone le finalità. E, perciò, se si considera quanto innanzi appaiono del tutto evidenti quanto siano abnormi ed errate talune decisioni che, anche quando rese con riferimento a fattispecie in cui opera il tempo ordinario di prescrizione, finiscono per spostare talmente in avanti il “giorno in cui il diritto può essere fatto valere” rispetto alla data in cui il diritto è sorto, da determinare di fatto una sorta d’imprescrittibilità del diritto, in una lettura del­l’istituto in questione che lascia in ombra e, perciò, sacrifica pesantemente l’interesse soggettivo attorno al quale esso, per espressa scelta del legislatore, ruota. Gli esempi emblematici non mancano: si pensi a quanto si legge in una recentissima decisione del Tribunale delle imprese di Napoli [29] ove il Collegio si spinge ad affermare, a proposito della prescrizione del danno da intesa anticoncorrenziale reclamato dai sottoscrittori di fideiussione omnibus asseritamente nulla, che “se [continua ..]


8. Rilievi conclusivi

Quanto innanzi, così come emerge da un’interpretazione legata al dato normativo dell’intera disciplina della prescrizione, comporta che ogni qual volta l’interprete, segnatamente il Giudice, ritenga di dover aggravare la posizione del debitore, spostando in avanti il dies a quo del decorso del termine, rispetto al fatto che ha determinato l’insorgere del diritto, ciò debba essere motivato in maniera solida e circostanziata, in funzione delle effettive specifiche peculiarità di determinate fattispecie dannose, nella consapevolezza che la ratio dell’istituto si fonda su un preciso favor debitoris [35], rischiando altrimenti di tradire anche il basilare principio di ragionevolezza [36]. Senza tacere, con specifico riferimento alla responsabilità professionale, che interpretazioni come quelle appena citate rischiano di creare anche un perverso cortocircuito in danno del professionista laddove questi, trascorsi molti anni dalla data in cui ha malamente eseguito la prestazione d’opera professionale senza ricevere alcuna richiesta risarcitoria, abbia dismesso l’assicurazione professionale per cessazione dell’attività. In tale ipotesi, operando il regime claims made, unico di fatto esistente sul mercato delle assicurazioni professionali, non è affatto detto che, anche le recenti previsioni legislative che per la responsabilità professionale degli avvocati e degli operatori del comparto sanitario obbligano le Compagnie a fornire una postuma decennale, siano sufficienti ad assicurare da un lato al danneggiato il ristoro del pregiudizio subito e, dall’altro, al danneggiante ed ai suoi eredi la tranquillità [37] della copertura assicurativa [38].


NOTE
Fascicolo 2 - 2022