Jus CivileISSN 2421-2563
G. Giappichelli Editore

Prelazione, e «alienazione» di un diritto (di Giovanni Bonilini)


Alla luce dei numerosi dati di fatto illustrati, soprattutto rannodati a una non perspicua scrittura privata racchiudente un riconoscimento di diritto di usufrutto su quote sociali, senza menzione del titolo di sua nascita, e attraverso l’argomentazione basata, altresì, sul possibile, supposto, rapporto fondamentale sottostante, si conclude nel senso che non possa avere efficacia il riconoscimento di diritto reale (nella specie, diritto di usufrutto su quote sociali). In tal senso depone, fra l’altro, la circostanza che il riconoscimento di un diritto reale è detto inefficace da una consolidata giurisprudenza, altresì di legittimità.

On the recognition of rights in rem

The numerous facts illustrated are mainly linked to an unclear private writing containing a recognition of the right of usufruct on shares, without mention of the constitutive title, and through the argument based, also, on the possible, supposed, underlying fundamental relationship. In such context, it is concluded that the recognition of right in rem cannot be effective - in the case at hand, referred to the right of usufruct on company shares. This is supported, among other things, by the fact that the recognition of a right in rem is said to be ineffective by a consolidated jurisprudence, also of legitimacy.

Giovanni Bonilini - Prelazione, e «alienazione» di un diritto

SOMMARIO:

1. Alienazione del diritto, cui sia riferito il diritto di preferenza, e inadempimento della prelazione. - 2. L’alienazione del diritto posto a oggetto di prelazione testamentaria. - 3. Diritto di prelazione, e “alienazione” per mezzo della donazione. - 4. Considerazioni conclusive.


1. Alienazione del diritto, cui sia riferito il diritto di preferenza, e inadempimento della prelazione.

Non è infrequente, che il patto di prelazione, oppure la clausola di prelazione, o, ancóra, la disposizione testamentaria contemplante la prelazione, riferisca il diritto di preferenza alla “alienazione” di un dato diritto. Altrettanto è a dirsi, con riguardo a talune norme di legge e, per tutte, si rammenti quella affidata all’art. 732 cod. civ., che riferisce, appunto, la prelazione ereditaria, alla “alienazione”, a un estraneo alla comunione, di quota ereditaria o di parte di essa. La valenza generale, se non la genericità, del termine “alienazione”, comporta, non di rado, problemi interpretativi, in relazione, soprattutto, all’invocato inadempimento della prelazione.  In altri termini, un ulteriore profilo della questione: «inadempimento della prelazione», è rappresentato, appunto, dalle fattispecie, in ordine alle quali, l’obbligazione di preferire, sorgente da clausola, patto, oppure testamento, si riferisca. È intuitivo che non dovrebbero sorgere problemi, allorquando la clausola, o la disposizione testamentaria, di prelazione sia confezionata nel senso che debba essere rispettata, a titolo di esempio, solo se si venderà un dato diritto; altrettanto è a dirsi, su altro piano, allorquando essa alluda alla locazione, al dare a mutuo, oppure in comodato, etc. In altri termini, dovrebbero essere assenti interrogativi ermeneutici, là dove la manifestazione di volontà sia stata formulata in termini tecnicamente precisi, inequivoci, esaustivi. Altresì è a dirsi, allorquando il contesto, in cui sia stata calata la previsione del diritto di prelazione, consenta un’agevole, quasi immediata, individuazione del mezzo tecnico di trasmissione del diritto divisato, come è a dirsi, a modo di esempio, allorché sia indiscutibile che il diritto di prelazione sia operativo solo allorquando debba essere erogato un prezzo, il che riporta, con immediatezza, al contratto di compra-vendita. Può darsi l’ipotesi, peraltro frequente, che le parti, o il testatore, facciano invece impiego, anziché di un vocabolo, tecnico, perspicuo, quindi immediatamente intelligibile, di un termine, che si presti, invece, ad abbracciare più di uno schema negoziale. Il termine «alienazione», appunto, è impiegato spesso, data anche la riscontrata prevalenza statistica delle [continua ..]


2. L’alienazione del diritto posto a oggetto di prelazione testamentaria.

La questione interpretativa presentata, potrà porsi anche relativamente alla disposizione testamentaria di prelazione[1]; analogamente, potrà essere superata solo mediante il criterio-guida dell’ermeneutica testamentaria; vale a dire, tramite la ricerca dell’intento del testatore [2]. Sarà, anche qui, quaestio voluntatis; vale a dire, occorrerà appurare se il testatore volesse sì attribuire la prelazione, epperò solo nell’ipotesi in cui l’istituito-onerato voglia vendere il bene, oppure anche nel caso in cui voglia renderlo oggetto di permuta; invero, è in relazione ai fini, che il testatore si propose, e agli interessi, che volle salvaguardare, che il termine «alienazione» potrà assumere un significato concreto, atto a variare, appunto, in funzione di quegli interessi [3]. Da lunga data, è stata costatata l’insufficienza della regola, secondo la quale, deve essere rispettato il senso grammaticale e ordinario delle parole [4], giacché la volontà del testatore deve essere ricercata anche oltre il senso letterale dei termini impiegati [5]. A questa stregua, pertanto, è fondamentale la ricerca dell’interesse, che animò la disposizione [6], non già per conferire una particolare meritevolezza di protezione a quell’interesse, bensì per capire, al riguardo del problema in esame, se il testatore, facendo impiego del termine «alienazione», volesse alludere soltanto alla vendita del bene, oppure anche ad altri negozî. Sempre eccettuando, intuitivamente, la donazione, come di seguito preciserò.   [1] Al riguardo, v. G. Bonilini, La prelazione testamentaria, in Il testamento. Lineamenti, Padova, 1995, p. 129 ss. (e in Riv. dir. civ., 1984, I, p. 223 ss.). [2] La questione è largamente dibattuta; in luogo di tanti, si vedano: A. Trabucchi, Il rispetto del testo nell’interpretazione degli atti di ultima volontà, in Scritti giuridici in onore di F. Carnelutti, vol. III, Padova, 1950, p. 686 ss.; P. Rescigno, Interpretazione del testamento, Napoli, 1952, spec. p. 120 ss.; P. Trimarchi, Integrazione del testamento mediante elementi ad esso estranei, in Giur. it., 1956, I, 1, c. 445 ss.; M. Scialoja, Interpretazione testamentaria in riferimento ai criteri di delimitazione del potere d’autonomia del testatore, in Dir. e giur., 1966, p. 827 ss.; M. Casella, [continua ..]


3. Diritto di prelazione, e “alienazione” per mezzo della donazione.

Appare sin ovvio rilevare, che, nell’àmbito del concetto di “alienazione”, possa essere collocata, altresì, la donazione, per mezzo della quale, invero, il donante, per spirito di liberalità, arricchisce il donatario mediante la trasmissione della titolarità di un proprio diritto, oppure con l’assunzione, in capo a sé, di una obbligazione (art. 769 cod. civ.). Gli interpreti, da lunga data, si occupano dell’incidenza, sulla donazione, dei così detti accordi preparatorî[1]. Secondo l’insegnamento tradizionale, la donazione è insuscettibile di vedersi impacciata da qualsivoglia vincolo preliminare[2], quali possono essere la prelazione[3] e il contratto preliminare[4]. Quanto alla prelazione volontaria, si può ricordare come, fatte salve isolate voci contrarie[5], si faccia discendere, dall’inammissibilità dell’obbligazione a donare, l’inammissibilità di un obbligo di donare al soggetto preferito[6], poiché la spontaneità occorre che sia riscontrata, non già al momento in cui si ponga in essere l’obbligazione (a donare, o) a preferire, bensì al momento, in cui si concreti la locupletazione[7]. Non manca, tuttavia, chi sostiene che il patto di prelazione non snaturi il carattere di liberalità[8]. Di là dell’èsito da riconoscere all’eventuale previsione di un diritto di preferenza[9], che avvantaggi un dato soggetto, allorquando un altro soggetto si determinerà a donare un dato diritto, balza all’evidenza la marginalità pratica dell’ipotesi in cui sia previsto che, ove si dia attualità allo spirito di liberalità, lo si indirizzerà a vantaggio di un soggetto, piuttosto che di un altro. Merita accennare, infine, come l’interpretazione, assolutamente prevalente, del concetto di alienazione, al quale l’art. 732 cod. civ. rannoda il diritto di prelazione ereditaria, sia nel senso che non abbracci, in codesta fattispecie normativa, il contratto di donazione, sicché i coeredi non vantano punto il diritto prelazione, allorquando un altro coerede doni la propria quota, o frazione di essa, a un estraneo[10]. Basti ricordare, infine, che la ragione fondamentale dell’esclusione della sottoposizione, a retratto successorio, della donazione, risiede nella circostanza che essa è, per eccellenza, [continua ..]


4. Considerazioni conclusive.