Jus CivileISSN 2421-2563
G. Giappichelli Editore

Cointestazione del conto corrente bancario e morte di uno dei correntisti (di Sara Scola)


La cointestazione del conto corrente bancario solleva problematiche di indubbia complessità che risultano ancor più evidenti alla morte di uno degli intestatari del conto.

Sul piano della legittimazione a operare sul conto corrente bancario, lo scarno dato normativo di riferimento – costituito dall’art. 1854 c.c. – deve necessariamente coordinarsi con le altre regole che governano la materia; tra esse figura, in particolare, la normativa fiscale, della quale – come opportunamente rimarcato da talune pronunce dell’Arbitro bancario finanziario – non può non tenersi conto.

Al contempo, non par dubbio che la generale presunzione di titolarità in parti uguali delle somme giacenti sul conto corrente cointestato – desumibile dall’art. 1854 c.c. – non esclude, nei rapporti interni tra i correntisti, la prova di una situazione giuridica diversa; in tale contesto, si innesta il problema dell’eventuale prova di una donazione indiretta compiuta da un correntista in favore dell’altro, i cui aspetti necessitano di essere ulteriormente indagati.

The joint bank account and the death of one of the holders

The existence of the joint bank account in the Italian legal order raises complex legal issues, especially following the death of one of the account holders.

As to the right to use the bank account, the scant relevant provision (art. 1854 of the Italian Civil Code) must be coordinated with the other rules governing the matter; among them is the tax legislation, which cannot be disregarded, as appropriately pointed out by some rulings of the Arbitro Bancario Finanziario.

As to the ownership of the joint bank account, art. 1854 of the Italian Civil Code suggests a general presumption of ownership in equal parts of the money contained therein. Such a presumption does not exclude, however, that the internal relations between the holders be arranged in different terms. In this last scenario, problematic and in need to be further investigated is the proof of an indirect donation made between the account holders.

Sara Scola - Cointestazione del conto corrente bancario e morte di uno dei correntisti

COMMENTO

Sommario:

1. Introduzione. - 2. La cointestazione del conto corrente bancario: inquadramento della fattispecie. - 3. La sorte del contratto di conto corrente bancario alla morte di uno dei correntisti. - 4. La legittimazione del cointestatario superstite a operare sul conto corrente bancario già cointestato anche al de cuius. - 5. La titolarità delle somme giacenti sul conto corrente già cointestato al correntista superstite e al correntista defunto.


1. Introduzione.

La cointestazione del conto corrente bancario solleva da molto tempo problematiche di indubbia complessità che si agitano lungo diversi piani di indagine e risultano a tutt’oggi prive di una univoca soluzione. Un primo ordine di problemi è legato al riferimento normativo – quantomai scarno – che impone all’interprete un’intensa e per nulla agevole attività ermeneutica; a ciò, si aggiunge il fatto che, sul piano applicativo, l’operatore del diritto è, sovente, chiamato a compiere un necessario – e a sua volta per nulla agevole – coordinamento con altre regole che, più o meno direttamente, governano la materia e, di fatto, alimentano il novero delle questioni controverse. Peraltro, il quadro si arricchisce – e al contempo si complica – allorquando si discuta delle sorti del conto corrente bancario cointestato alla morte di uno dei correntisti e vengano, così, a contrapporsi, da un lato, le pretese del cointestatario superstite e, dall’altro, quelle degli eredi del cointestatario defunto. Premessa del discorso per un’indagine del fenomeno in parola non può che essere, dunque, l’esile dato legislativo dedicato alla fattispecie: entro le maglie della già lacunosa disciplina dedicata al conto corrente bancario[1], si inserisce, infatti, l’unica norma contemplata dal Codice civile in materia di cointestazione dello stesso. Si tratta, evidentemente, dell’art. 1854 c.c., il quale, parlando della cointestazione del conto corrente bancario – con facoltà, per i correntisti, di compiere operazioni anche separatamente –, afferma che gli intestatari sono considerati creditori o debitori in solido dei saldi del conto. Il legislatore intende, così, disciplinare la fattispecie – di gran lunga più frequente nella pratica e sulla quale si concentreranno le riflessioni delle pagine che seguono – della cointestazione con firma e disponibilità disgiunte per ciascun correntista, benché non si tratti di un effetto ex lege, ma di una conseguenza che necessita di apposita pattuizione, come disvela lo stesso tenore della norma[2]. Molteplici sono le ricadute applicative della disposizione in esame, la quali, come vedremo, coinvolgono tanto il profilo della legittimazione a operare sul conto quanto la questione della titolarità delle somme oggetto del conto [continua ..]


2. La cointestazione del conto corrente bancario: inquadramento della fattispecie.

La possibilità, per ciascun intestatario, di prelevare in ogni momento l’intero saldo del conto corrente bancario – liberando così la banca da ogni responsabilità per il caso in cui esegua il pagamento o l’accreditamento delle somme depositate in favore di uno solo dei titolari del conto – rappresenta, senza dubbio, una delle conseguenze applicative più dirompenti che discendono dal dettato normativo dell’art. 1854 c.c.[1]. Ben possiamo affermare, quindi, che attraverso la previsione in parola si sia voluto codificare un generale principio in virtù del quale la cointestazione del conto bancario (con firma e disponibilità disgiunte)[2] conferisce ad ogni correntista la piena legittimazione a operare sullo stesso, secondo il criterio della solidarietà attiva. Tuttavia, da lungo tempo si è da più parti rimarcato che altra, e diversa, questione è quella attinente all’effettiva titolarità delle somme giacenti sul conto bancario cointestato. Per quanto concerne quest’ultimo profilo, vi è senz’altro una presunzione circa il fatto che le somme appartengano, in egual misura, a tutti i correntisti, la quale trova, del resto, un fondamento nel fatto che, in tale circostanza, anche i terzi sono ragionevolmente portati a credere che le somme giacenti sul conto bancario siano comuni a tutti gli intestatari e che, quindi, vi sia una contitolarità sostanziale e non soltanto formale del denaro versato sullo stesso. Tuttavia, si tratta di una presunzione senz’altro vincibile attraverso idonea prova contraria. È pur vero, infatti, che l’art. 1854 c.c., laddove prevede semplicemente che «gli intestatari sono considerati creditori o debitori in solido dei saldi del conto», non contempla la possibilità di alcuna prova contraria in ordine alla reale appartenenza delle somme presenti sul conto intestato a più persone, chiudendo così, in apparenza, le porte alla possibilità per i correntisti di provare una diversa situazione giuridica riguardo alla titolarità delle somme versate sul conto bancario. Tuttavia, a ben vedere, l’art. 1854 c.c. riguarda esclusivamente i rapporti esterni tra i correntisti e la banca depositaria, non anche, invece, i rapporti interni tra i singoli intestatari del rapporto bancario. In quest’ultimo caso, la norma in esame cede il passo [continua ..]


3. La sorte del contratto di conto corrente bancario alla morte di uno dei correntisti.

Così delineato il fenomeno della cointestazione del conto corrente bancario, v’è ora da chiedersi cosa accada nel caso di morte di uno dei correntisti. Sotto questo profilo, un primo ordine di problemi riguarda la sorte del contratto di conto corrente bancario medesimo in siffatta ipotesi. Evidentemente, la tematica involge la ben più ampia e delicata questione relativa alla trasmissione mortis causa dei rapporti contrattuali, da lungo tempo indagata in dottrina anche autorevolmente[1]. A tale proposito, è appena il caso di rammentare come sia ormai un principio immanente al sistema quello in forza del quale, di regola, le posizioni contrattuali si trasmettono agli eredi del contraente defunto[2]. Non è, infatti, in grado di minare la stabilità di detto assunto neppure il, pur pertinente, rilievo incentrato sulla mancanza nel nostro diritto vigente di una previsione corrispondente all’art. 1127 del Codice civile del 1865, che era stato mutuato da analoga disposizione già contenuta nel Code civil francese[3]. La scelta di non riprodurre la norma previgente è stata verosimilmente dettata dalla convinzione che il principio precedentemente codificato fosse ormai «consolidato e non più bisognoso di una declamazione espressa»[4], ed è stata peraltro seguita, in tempi ben più recenti, persino dal legislatore d’Oltralpe, il quale, con la nota riforma del diritto dei contratti, ha abrogato la disposizione che enucleava il criterio in parola[5], secondo la dottrina francese senza incidere sulla persistente regola generale di trasmissione del contratto ai successori del contraente defunto[6]. Volgendo nuovamente lo sguardo entro i confini nazionali, possiamo ulteriormente rammentare che, sia pure senza trovare mai una esplicita affermazione generale, il principio della successione mortis causa nei rapporti contrattuali trova conferma in numerose disposizioni codicistiche, in particolare in ambito successorio, ma anche in materia di singoli contratti[7]. Al contempo, deve rimarcarsi che la regola di continuazione dei rapporti contrattuali non è monolitica ma conosce deroghe, come del resto già precisava l’art. 1127 del Codice previgente[8]. Così, nulla vieta alle parti di configurare un rapporto contrattuale intuitu personae, destinato, dunque, a sciogliersi per morte di un contraente; inoltre, ben può essere il [continua ..]


4. La legittimazione del cointestatario superstite a operare sul conto corrente bancario già cointestato anche al de cuius.

Posto che il decesso di uno dei correntisti non determina lo scioglimento del contratto di conto corrente bancario già intestato al de cuius e al cointestatario superstite, occorre ora soffermarsi su alcune implicazioni operative di non poco momento che ben possono verificarsi dopo la morte del cointestatario del conto. Così, focalizzando l’attenzione sulla posizione del cointestatario superstite, egli potrebbe non avere vita facile per almeno due ragioni, l’una attinente al profilo della legittimazione a operare sul conto, l’altra relativa alla titolarità delle somme oggetto del conto medesimo. Procedendo con ordine e indagando dapprima il profilo della legittimazione a disporre delle somme giacenti sul conto, si impone ancora una volta l’analisi di quell’unico dato legislativo di riferimento per la fattispecie che qui ci occupa, costituito dall’art. 1854 c.c. Orbene, se è vero che la regola in parola consente a ciascun correntista di operare liberamente sul conto, ben possiamo affermare che – quantomeno sul piano prettamente civilistico – sotto questo profilo nulla cambia in caso di morte di uno dei correntisti, poiché, anche in tale ipotesi, l’intestatario superstite sarà legittimato a prelevare l’intero saldo del conto bancario[1]. La conclusione testé enunciata si impone in ragione della corretta applicazione che deve darsi alla seppur sintetica formulazione della norma qui evocata, che considera «creditori o debitori in solido» i cointestatari del conto, con conseguente richiamo ai criteri che governano la solidarietà nel rapporto obbligatorio, anche nel caso di morte di un condebitore o concreditore[2]. Inoltre, tale conclusione trova d’ordinario conforto in quella specifica pattuizione negoziale che – sulle orme dell’art. 9 delle condizioni generali emanate dall’ABI – gli istituti bancari sono soliti inserire all’interno dei contratti che stipulano con i propri clienti, la quale prevede che «nel caso di morte (...) di uno dei cointestatari del rapporto, ciascuno degli altri conserva il diritto di disporre separatamente sul rapporto»[3]. Tale clausola, che nella prassi viene, pressoché pedissequamente, riprodotta dagli istituti bancari nelle condizioni generali di contratto[4] va di fatto a consacrare, in favore del cointestatario superstite, un principio di [continua ..]


5. La titolarità delle somme giacenti sul conto corrente già cointestato al correntista superstite e al correntista defunto.