Jus CivileCC BY-NC-SA Commercial Licence ISSN 2421-2563
G. Giappichelli Editore

Patto di famiglia e liquidazione dei non assegnatari: nota a Cass., 24 dicembre 2020, n. 29506 (di Giovanni Passagnoli)


Il commento analizza la sentenza Cass., n. 29605/2020, nella quale, affrontando il problema del trattamento fiscale del patto di famiglia, la Corte opera una innovativa qualificazione civilistica della fattispecie. La liquidazione della quota ai potenziali legittimari non assegnatari del patto di famiglia non costituisce una liberalità tra fratelli, bensì una liberalità indiretta dello stesso disponente, con tutti i riflessi fiscali di tale costruzione. La sentenza offre così l'occasione per riflettere sulla natura giuridica del patto di famiglia, il cui inquadramento è da lungo tempo dibattuto.

“Family agreement” and liquidation of not assignees: note to supreme court of cassation, 24th december 2020, n. 29506

The paper analyses the Supreme Court's judgement n. 29605/2020, which concerns the problem of the tax treatment of the “family agreement”, providing an innovative civil qualification of such agreement. The liquidation of quota in favour of potential forced heirs, who are not assignees of the “family agreement”, can not be considered a donation among brothers/sisters, but it is a settler's indirect donation, with all the tax consequences of such theory. Thus the judgement offers the occasion to reflect upon the legal nature of the “family agreement”, since its framework among the legal system is debated for a long time.

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Giovanni Passagnoli - Patto di famiglia e liquidazione dei non assegnatari: nota a Cass., 24 dicembre 2020, n. 29506

SOMMARIO:

1. La vicenda tributaria: l’esigenza di qualificazione civilistica della fattispecie. - 2. Il patto di famiglia secondo la Corte. - 3. La liquidazione del non assegnatario: il nuovo orientamento di legittimità. - 4. Postilla.


1. La vicenda tributaria: l’esigenza di qualificazione civilistica della fattispecie.

Con la sentenza 24 dicembre 2020, n. 29506[1] la sezione tributaria della Corte di Cassazione torna a occuparsi di patto di famiglia, modificando il proprio precedente orientamento[2] circa la disciplina fiscale[3] della liquidazione della quota spettante al potenziale legittimario non assegnatario.

La Corte - che come vedremo accoglie la tesi dei contribuenti – incentra la propria motivazione proprio sulla qualificazione dell’istituto[4], che così trascende i limiti della fattispecie tributaria decisa ed assume rilevanza per il civilista.

Questo, in estrema sintesi e per quanto qui rileva, il punto controverso: se - a fronte di un patto di famiglia, con il quale l’imprenditore trasferisca la partecipazione di controllo di una società a uno dei figli, il quale a sua volta provveda a liquidare ad altro figlio non assegnatario un importo corrispondente alla di lui potenziale quota di legittima - la liquidazione anzidetta debba esser trattata, per i suoi riflessi fiscali, come una liberalità tra fratelli [5], ovvero e più favorevolmente come una liberalità indiretta dello stesso disponente.

 

[1] Cass., sez. trib., 24 dicembre 2020, n. 29506, in Giust. civ. Mass., 2021; in Corr. giur., 2021, 7, p. 910 ss., con nota di I. Riva, Un auspicato revirement sul trattamento fiscale del patto di famiglia; in Not., 2021, 2, p. 211 ss., con nota di M. Peta, Il nuovo orientamento della Cassazione in tema di trattamento fiscale del patto di famiglia; in Jus civile, 2021 2, p. 584 ss., con nota di G. Tantillo, Sulla natura del patto di famiglia: breve rassegna di dottrina alla luce di un recente arresto della Cassazione; in Riv. giurisp. trib., 2021, 5, p. 419 ss., con nota di S. Loconte, Ridefinito dalla Cassazione un nuovo trattamento fiscale per il patto di famiglia. La vicenda origina da un avviso di rettifica e di liquidazione emesso dalla Agenzia delle Entrate in relazione a un patto di famiglia con il quale un imprenditore trasferisce a uno dei figli la partecipazione di controllo di una società di diritto rumeno, mentre quest'ultimo provvede a liquidare alla sorella la somma corrispondente al valore di quella partecipazione. L'Agenzia delle Entrate ritiene che al pagamento effettuato dal figlio assegnatario in favore della sorella si debba applicare l'aliquota del 6% prevista per le donazioni tra fratello e sorella, con la franchigia di 100.000 euro. A fronte del ricorso proposto dai contribuenti, che annulla l'avviso di liquidazione, l'Agenzia delle Entrate vede accolto l'appello da essa proposto davanti alla CTR dell'Abruzzo. Contro la sentenza della CTR i contribuenti propongono ricorso per Cassazione formulando tre motivi di impugnazione. Il primo motivo concerne un aspetto procedurale e, segnatamente, viene lamentato il vizio di ultrapetizione in quanto la CTR avrebbe mutato le circostanze di fatto alla base dell'avviso di liquidazione, nella parte in cui reputa che il pagamento effettuato dal beneficiario sia da qualificare come donazione indiretta. Con il secondo e il terzo motivo, i ricorrenti contestano la qualificazione della liquidazione del legittimario non assegnatario come una liberalità indiretta. A loro avviso, infatti, non sarebbe stata considerata «la causa unitaria del patto o comunque il collegamento funzionale tra le attribuzioni ivi effettuate»; tanto nell'idea che queste ultime «impongono un unico trattamento fiscale o, almeno, l'esclusione della qualificazione in termini di donazione della menzionata liquidazione, costituendo l'adempimento di un obbligo previsto dalla legge». La Corte di Cassazione reputa il primo motivo infondato, non ravvisando alcuna violazione dell'art. 112 c.p.c.. Anche nel contenzioso tributario, infatti, l'applicazione del principio iura novit curia fa salva la possibilità, per il giudice, di dare una diversa qualificazione giuridica ai fatti e ai rapporti dedotti. Inoltre, nella specie, non è possibile sostenere che la CTR avrebbe statuito considerando elementi di fatto non dedotti dalle parti, in quanto la CTR ha condiviso la tesi sostenuta dall'Agenzia delle Entrate, secondo la quale nei patti di famiglia le somme corrisposte dal beneficiario ai coeredi legittimari costituiscono donazioni indirette. Dunque, nessun nuovo elemento di fatto può dirsi introdotto dal giudice del gravame. La Corte di Cassazione accoglie, invece, gli altri due motivi di ricorso, reputando applicabile alla fattispecie in esame l'art. 58 del d.lgs. n. 346/1990, secondo cui «gli oneri da cui è gravata la donazione, che hanno per oggetto prestazioni a soggetti terzi determinati individualmente, si considerano donazioni a favore dei beneficiari». Ciò in considerazione della natura non corrispettiva dell'obbligo dell'assegnatario di procedere alla liquidazione in denaro dei legittimari non assegnatari: tale obbligo viene ricostruito, infatti, come un onere gravante sulla operata attribuzione dell'azienda o della partecipazione societaria. Conseguentemente, la Corte conclude per l'applicabilità al patto di famiglia della disciplina fiscale prevista per la donazione modale: in particolare, l'imposta sulla donazione trova attuazione sia per il trasferimento dell'azienda o delle partecipazioni operato dall'imprenditore a favore del discendente assegnatario, sia per la liquidazione del conguaglio di cui all'art. 768 quater c.c. operato dall'assegnatario a favore degli altri legittimari non assegnatari.

[2] Cass., sez. trib., 19 dicembre 2018, n. 32823, in Giust. civ. Mass., 2019; in Giur. comm., 2020, II, p. 1140 ss.; in Nuova giur. civ. comm., 2019, p. 474 ss..

[3] Per un approfondimento sui profili fiscali della disciplina del patto di famiglia si vedano: M. Manente, I patti di famiglia. Profili fiscali del nuovo passaggio generazionale d'azienda, in Fisco, 2006, p. 2951 ss.; M. Beghin, La disciplina fiscale del patto di famiglia, in Nuove leggi civ. comm., 2006, p. 107 ss.; G. Gaffuri, Aspetti tributari del patto di famiglia, in Boll. Trib., 2006, 13, p. 1081 ss.; G. Cipollini, Profili fiscali del patto di famiglia, in U. La Porta (a cura di), Il patto di famiglia, Torino, 2007; D. Stevanato, L'agevolazione delle trasmissioni d'impresa nel tributo successorio, in Dialoghi di dir. trib., 2007, p. 587 ss.; G. Beltramelli, Aspetti fiscali del patto di famiglia, in Dir. e pratica trib., 2008, p. 529 ss.; M.V. Cernigliaro Dini, Il trattamento fiscale del patto di famiglia, ivi, p. 562 ss.; M. Travaglione, La disciplina tributaria dei patti di famiglia alla luce delle recenti modifiche normative, ivi, p. 607 ss.; P. Puri, Prime riflessioni sul trattamento fiscale del patto di famiglia, in Dir. prat. trib., 2008, p. 565 ss.; A. Benni De Sena, Patto di famiglia e rilevanza fiscale dell'atto di liquidazione a favore dei legittimari non assegnatari, in Nuova giur. civ. comm., 2019, p. 477 ss..

[4] Per tutti, in ampio arco temporale: G. Oppo, Patto di famiglia e “diritti della famiglia”, in Riv. dir. civ., 2006, p. 439 ss.; F. Gazzoni, Appunti e spunti in tema di patto di famiglia, in Giust. civ., 2006, II, p. 220 ss.; C. Caccavale, Appunti per uno studio sul patto di famiglia: profili strumentali e funzionali della fattispecie, in Not., 2006, p. 297 ss.; G. Petrelli, La nuova disciplina del “patto di famiglia”, in Riv. not., 2006, p. 432 ss.; F. Tassinari, Il patto di famiglia per l'impresa e la tutela dei legittimari, in Giur. comm., 2006, 5, p. 808 ss.; L. Balestra, Prime osservazioni sul patto di famiglia, in Nuove leggi civ. comm., 2006, II, p. 369 ss.; M.C. Andrini, Il patto di famiglia: tipo contrattuale e forma negoziale, in Vita not., 2006, p. 31 ss.; P. Manes, Prime considerazioni sul patto di famiglia nella gestione del passaggio generazionale della ricchezza familiare, in Contr. e impr., 2006, p. 539 ss.; S. Landini, Il c.d. patto di famiglia: patto successorio o liberalità?, in Fam., 2006, p. 839 ss.; A. Palazzo, Il patto di famiglia tra tradizione e rinnovamento del diritto privato, in Riv. dir. civ., 2007, II, p. 263 ss.; S. Delle Monache, Funzione, contenuto ed effetti del patto di famiglia, in Tradizione e modernità nel diritto successorio: dagli istituti classici al patto di famiglia, in Padova, 2007, p. 323 ss.; G. Bonilini, Patto di famiglia e diritto delle successioni mortis causa, in Fam. pers. e succ., 2007, p. 390 ss.; G. Palermo, Patto di famiglia, Milano, 2009; M. Ieva, Il patto di famiglia, in Trattato breve delle successioni e delle donazioni, diretto da P. Rescigno, II, Padova, 2010, p. 327 ss.; G. Vidiri, I difficili rapporti tra patti di famiglia e patti successori, in Giust. civ., 2010, 9, c. 1903; F. Volpe, Patto di famiglia, in Il codice civile. Commentario Schlesinger, a cura di F.D. Busnelli, Artt. 768 bis-768 octies, Milano, 2012; P. Matera, Il patto di famiglia. Uno studio di diritto interno e comparato, Torino, 2012, p. 29 ss.; I. Riva, Patto di famiglia (Artt. 768 bis-768 octies), in Commentario del codice civile Scialoja-Branca-Galgano, a cura di G. De Nova., Bologna, 2021.

[5] Questo, appunto, il precedente orientamento della Corte (Cass., sez. trib., 19 dicembre 2018, n. 32823, cit.): “Il patto di famiglia di cui agli artt. 768 bis c.c. e ss. è assoggettato all'imposta sulle donazioni per quanto concerne sia il trasferimento dell'azienda o della partecipazione dal disponente al discendente (fatto salvo il ricorso delle condizioni di esenzione di cui al D.Lgs. n. 346 del 1990, art. 3, comma 4 ter), sia la corresponsione di somma compensativa della quota di legittima dall'assegnatario dell'azienda o della partecipazione ai legittimari non assegnatari; - quest'ultima corresponsione è assoggettata ad imposta in base all'aliquota ed alla franchigia relative non al rapporto tra disponente ed assegnatario, e nemmeno a quello tra disponente e legittimario, bensì a quello tra assegnatario e legittimario”.


2. Il patto di famiglia secondo la Corte.

La Corte di Cassazione tenta preliminarmente di mettere a fuoco la ratio della disciplina. Muove, così, dalla ricognizione del suo excursus storico[1] e dal substrato economico del passaggio generazionale nell’impresa[2]; e sottolinea – ma sono cose note - l’acuirsi dell’attenzione, specie delle istituzioni europee, per la rimozione dei vincoli, ancora diffusamente operanti negli Stati membri, con riferimento ai patti successori[3]

Il patto di famiglia, secondo la Corte, pur non abrogando il divieto di questi ultimi, vi apporta una deroga esplicita; sì da consentire all'imprenditore di operare una sorta di successione anticipata nell'impresa[4], purché ciò avvenga con l'accordo di tutti coloro che, in caso di apertura della successione al momento della stipula del patto, assumerebbero la qualifica di legittimari.

Dal punto di vista funzionale, il patto di famiglia realizzerebbe “da un lato, […] una liberalità nei confronti del discendente assegnatario e, da un altro lato,[…] una funzione solutoria, per quanto attiene alla liquidazione della quota dei legittimari non destinatari dell'assegnazione, anticipando gli effetti non solo dell'apertura della successione, ma anche della divisione tra legittimari”[5]. Alla base del patto, dunque, non vi sarebbe la sola l'esigenza di tutela dell'interesse a favorire il passaggio generazionale dell'impresa, ma anche ulteriori interessi rilevanti: quello dell'imprenditore a rendere stabile l'attribuzione operata a favore del beneficiario, mediante la liquidazione del conguaglio agli altri legittimari non assegnatari; quello di questi ultimi a ottenere da subito la liquidazione della quota di potenziale riserva sul valore di tale attribuzione.

 Una ratio composita pertanto, nella quale l'interesse generale a favorire la continuità dell'attività d'impresa si coniuga a quelli particolari anzidetti.

Siffatta ratio giustifica la deroga al divieto dei patti successori e appare coerente col limitato ambito soggettivo del contratto, quindi che destinatari dell'attribuzione dei beni d’impresa possano essere solo i discendenti, con esclusione del coniuge e degli ascendenti. Riflessamente coerenti risultano a tal punto le regole poste per i legittimari non assegnatari: da un lato, il loro consenso è essenziale, dall’altro, essi maturano un diritto di credito, nei confronti dell’assegnatario, che salvo dilazioni concordate è immediatamente esigibile[6].

Su queste premesse la Corte prende posizione rispetto alla dibattuta natura giuridica dell'istituto.

Ricorda, così, l’orientamento che vi scorge un contratto a favore di terzo[7]: lo stipulante sarebbe l'imprenditore, interessato alla prosecuzione dell'impresa, promittente sarebbe il legittimario assegnatario e  terzi sarebbero i virtuali legittimari non assegnatari[8].

Menziona, ancora, la Corte la tesi di quanti valorizzano la funzione divisionale[9] del contratto. Con esso si realizzerebbe un'assegnazione del patrimonio produttivo dell'imprenditore a un solo discendente, ma al contempo si soddisferebbero le aspettative divisorie degli altri potenziali legittimari con denaro o altri beni. Tuttavia, come la stessa Corte rileva ed è stato osservato[10], non pare che l'intento primario del disponente sia quello di realizzare una divisione tra i legittimari, bensì quello di assegnare l'azienda o le partecipazioni a uno di essi. Tanto che, per alcuni, sarebbe vano tentare di ricondurre l'istituto in esame a figure già tipizzate dal legislatore, dovendosi piuttosto considerare il patto di famiglia come un contratto del tutto nuovo, con causa legale tipica e complessa, derogatorio del divieto dei patti successori[11].

La Corte, pur con qualche ambiguità lessicale, si schiera con quell’ampia parte della dottrina che qualifica il patto di famiglia come una ipotesi di donazione speciale: benché la legge non rechi alcun riferimento esplicito alla donazione, la natura donativa del patto di famiglia trarrebbe sostegno da due principali argomenti. Per un verso, vi sarebbe l’assunto logico-sistematico che la testuale esclusione da collazione e riduzione di quanto ricevuto dai contraenti (art. 768 quater, quarto comma, c.c.) abbia senso solo se la fattispecie integri una liberalità. Per altro verso, la natura donativa riposerebbe sugli effetti del patto: l’arricchimento dell'assegnatario, a fronte dell'impoverimento del disponente, nullo iure cogente.

 

[1] Ricorda la Corte in qual modo il patto di famiglia sia stato introdotto all'interno del codice civile (artt. 768 bis ss. c.c.) con la legge n. 55/2006, che ha recepito la  Raccomandazione n. 94/1069/CE, del 7 dicembre 1994: con essa gli Stati membri, in cui vigeva ancora il divieto di patti successori (Italia, Francia, Belgio, Portogallo, Spagna, Lussemburgo), venivano invitati ad abrogarlo o a ridurne l'ambito di operatività; con l'obiettivo di rafforzare la tutela del patrimonio aziendale in occasione del passaggio generazionale dell'impresa.

[2] G. Oppo, Diritto di famiglia e diritto dell'impresa, in Riv. dir. civ., 1977, p. 366 ss.; P. Schlesinger, Interessi dell'impresa e interessi familiari nella vicenda successoria, in La trasmissione familiare della ricchezza. Limiti e prospettive di riforma del sistema successorio, Padova, 1995; G. Tonon, L'azienda da una generazione all'altra. Padri e figli a confronto. Una sfida tra tradizione e rinnovamento, Milano, 1996; E. Calò, Le piccole e medie imprese: cavallo di Troia di un diritto comunitario delle successioni?, in Nuova giur. civ. comm., 1997, II, p. 220 ss.; A. Bucelli, G. Galli, La successione generazionale nell'impresa, in Studi in onore di Pietro Schlesinger, IV, Milano, 2004, p. 2379 ss.; P. Piscitello, Passaggi generazionali e gestione dell'impresa nelle società di persone, in Riv. dir. soc., 2004, p. 36 ss.; N. Canessa, Family governance. La continuità d'impresa. Il passaggio generazionale, Milano, 2006; A. Dell'Atti, Il passaggio generazionale nelle imprese familiari, Bari, 2007; L. Salvatore, Il trapasso generazionale nell'impresa tra patto di famiglia e trust, in Not., 2007, p. 553 ss.; L. Balestra, Attività d'impresa e rapporti familiari, Padova, 2009; C. Vallone, Il passaggio generazionale nel family business e i fattori strategici di successo per la continuità aziendale. Analisi comparata tra Italia e Gran Bretagna, Milano, 2009; Aa.Vv., Imprese a base familiare. Strumenti di successione, I quaderni di Persona e mercato, a cura di A. Bucelli e R. Bencini, 2015; M. Giuliano, Diritti successori, beni d'impresa e passaggio generazionale, in Nuova giur. civ. comm., 2016, p. 929 ss..

[3] Sul rapporto tra divieto di patti successori e successione di impresa si vedano: V. Roppo, Per una riforma del divieto dei patti successori, in Riv. dir. priv., 1997, p. 5 ss.; M. Ieva, Il trasferimento di beni produttivi in funzione successoria, in Riv. not., 1997, 6, p. 1371 ss.; Id., Il profilo giuridico della trasmissione dell'attività imprenditoriale in funzione successoria: i limiti all'autonomia privata e le prospettive di riforma, in Riv. not., 2000, p. 2343 ss.; C. Caccavale, F. Tassinari, Il divieto di patti successori tra diritto positivo e prospettive di riforma, in Riv. dir. priv., 1997, p. 94 ss.; E. Del Prato, Sistemazioni contrattuali in funzione successoria: prospettive di riforma, in Riv. not., 2001, p. 625 ss.; G. Amadio, Divieto dei patti successori e attualità degli interessi tutelati, in Aa.Vv., Patti di famiglia per l'impresa, in Quaderni della Fondazione Italiana per il Notariato, 2006; A. Bolano, I patti successori e l'impresa alla luce di una recente proposta di legge, in Contr., 2006, 1, p. 90 ss.; G. Fietta, Divieto dei patti successori e attualità degli interessi tutelati. Prime osservazioni sul patto di famiglia, in Patti di famiglia per l'impresa, in Quaderni della Fondazione Italiana per il Notariato, Milano, 2005, p. 88 ss.;  B. Inzitari, P. Dagna, M. Ferrari, V. Piccinini, Il patto di famiglia. Negoziabilità del diritto successorio con la legge 14 febbraio 2006, n. 55, Torino, 2006;  A. Merlo, Divieto dei patti successori e attualità degli interessi tutelati. Profili civilistici del patto di famiglia, in Aa.Vv., Patti di famiglia per l'impresa, in Quaderni della Fondazione Italiana per il Notariato, 2006, p. 100 ss.; A. Restuccia, Divieto dei patti successori, successione nell'impresa e tutela dei legittimari: esigenze di protezione a confronto, in U. La Porta (a cura di), Il patto di famiglia, Torino, 2007; C. Mazzù, Nuove regole di circolazione del patrimonio familiare e tutela dei legittimari, in Not., 2008, p. 419 ss.; L. Rossi Carleo, Il patto di famiglia: una monade nel sistema?, in Not., 2008, p. 434 ss..

[4] Già nella sentenza n. 32823/2018 la Corte di Cassazione aveva affermato il carattere anticipatorio della successione: tale carattere «risulta particolarmente evidente nella disciplina dell'art. 768 quater, là dove stabilisce che quanto ricevuto dai legittimari non assegnatari venga appunto imputato “alle quote di legittima loro spettanti”; e che, a garanzia della definitività e stabilità dell'assegnazione anticipata, quanto da costoro così ricevuto non sia suscettibile né di collazione né di riduzione» (così Cass., 19 dicembre 2018, n. 23823, cit.). Sulla c.d. successione anticipata: G. Amadio, Anticipata successione e tutela dei legittimari, in Scienza e insegnamento del diritto civile in Italia, Milano, 2004, p. 653 ss.; A. Zoppini, Profili sistematici della successione “anticipata” (note sul patto di famiglia), in Riv. dir. civ., 2007, p. 290 ss.; Id., L'emersione della categoria della successione “anticipata” (note sul patto di famiglia), in Riv. dir. civ., 2007, p. 287 ss., a parere del quale: «Sul piano causale, il patto di famiglia realizza un trasferimento in funzione successoria avente struttura divisionale, ciò che giustifica la collocazione topografica nel codice»; L. Carota, Il contratto con causa successoria. Contributo allo studio del patto di famiglia, Padova, 2008, secondo il quale, il patto di famiglia costituisce «un patto successorio anticipatorio, eccezionalmente ammesso per scongiurare relativamente ai beni produttivi il rischio di crisi normalmente collegato al naturale momento successorio mortis causa»; E. Moscati, Il patto di famiglia, in Diritto civile, diretto da N. Lipari, P. Rescigno, II, Successioni, Donazioni, Beni, I, Le successioni e le donazioni, Milano, 2009, p. 368; G. Capozzi, Successioni e donazioni, Milano, 2015, p. 1453 ss..

[5] Così, Cass., n. 29506/2020, cit, in motivazione, § 7.

[6] Con la precisazione che la somma spettante ai non assegnatari non soddisfa l'intera legittima, ma solo la porzione di essa che a ciascun legittimario spetterebbe sul singolo bene o sul complesso di beni oggetto di trasferimento col patto di famiglia, fermo restando che quanto ricevuto da tali legittimari non è soggetto a collazione o riduzione. Una volta aperta la successione, nei rapporti tra i legittimari, i beni trasferiti con il patto di famiglia non entrano a far parte del relictum, né vengono considerati ai fini della ricostruzione del donatum.

[7] Cfr. U. La Porta (a cura di), Il patto di famiglia, cit.; M.C. Andreini, Il patto di famiglia: tipo contrattuale e forma negoziale, in Vita not., 2006, p. 39 ss..

[8] La tesi in esame è criticata da quanti osservano che la liquidazione a favore dei legittimari non assegnatari non rappresenta un effetto esclusivamente favorevole, ma comporta la trasformazione del diritto di legittima e la perdita del diritto alla collazione e all'azione di riduzione: cfr. G. Amadio, Patto di famiglia e funzione divisionale, in Vita not., 2006, p. 868 e, ivi, nota 3; F. Gazzoni, Appunti e spunti in tema di patto di famiglia, cit., p. 222; G. Perlingieri, Il patto di famiglia tra bilanciamento dei principi e valutazione comparativa degli interessi, in Rass. dir. civ., 2008, p. 188 ss.; D. Achille, Il divieto dei patti successori. Contributo allo studio dell'autonomia privata nella successione futura, Napoli, 2012, p. 189 ss..        

[9] Cfr. G. Amadio, Patto di famiglia e funzione divisionale, cit., p. 867 ss.; Id., Profili funzionali del patto di famiglia, in Riv. dir. civ., 2007, 5, p. 356 ss.; B. Inzitari, Il patto di famiglia. Negozialità del diritto successorio con la legge 14 febbraio 2006, n. 55, Torino, 2006, p. 71 ss.; A. Zoppini, Profili sistematici della successione “anticipata” (note sul patto di famiglia), cit., p. 290 ss..

[10] Cfr. F. Tassinari, Il patto di famiglia per l'impresa e la tutela dei legittimari, in Giur. comm., 2006, I, p. 826 ss.; N. Di Mauro, sub Art. 768 bis, in E. Minervini, V. Verdicchio (a cura di), Il patto di famiglia, in Commentario alla Legge 14 febbraio 2006, n. 55, Milano, 2006, p. 54 ss..

[11] Cfr. G. Petrelli, La nuova disciplina del “patto di famiglia”, cit., p. 440, secondo il quale occorre «rinunciare ad “incasellare” il patto di famiglia in uno degli schemi tipici preesistenti alla novella: semplicemente si tratta di un ulteriore contratto, avente una sua funzione tipica di natura complessa, irriducibile a quella dei tipi contrattuali precedentemente disciplinati dal codice civile»: P. Perlingieri, G. Recinto, Manuale di diritto civile, Napoli, 2007, p. 942 ss.; M. Avagliano, Patti di famiglia e impresa, in Riv. not., 2007, I, p.14 ss..


3. La liquidazione del non assegnatario: il nuovo orientamento di legittimità.

Giunta a tanto, la Cassazione riconsidera il proprio ricordato orientamento del 2018 - che, del resto aveva suscitato ampie perplessità in dottrina[1] - circa la qualificazione della liquidazione dei legittimari non assegnatari disposta dall’art. 768 quater secondo comma, c.c..

In quel precedente – il primo, a quanto consta, nel quale la Cassazione si è soffermata sul regime fiscale del patto di famiglia – la Corte aveva affermata la natura donativa tanto del trasferimento dal disponente al discendente assegnatario[2], quanto della liquidazione da parte di quest'ultimo ai legittimari non assegnatari. Essa aveva, tuttavia, reputato che quest'ultima attribuzione fosse assoggettata ad imposta in base all'aliquota ed alla franchigia relative non al rapporto tra disponente ed assegnatario, e nemmeno a quello tra disponente e legittimario, bensì a quello tra assegnatario e legittimario.

Come se si trattasse, appunto, di una donazione tra fratelli.

La Cassazione riconsidera ora questo aspetto ed opta per la insussistenza di qualsivoglia animus donandi in capo all’assegnatario. Questi, evidentemente, è obbligato ex lege alla liquidazione dei non assegnatari, che non vi rinunzino in tutto o in parte.

Né la sussistenza di un tale obbligo contraddice la unitaria funzione donativa del patto di famiglia: si tratterebbe pur sempre di donazione, per quanto modale[3].

Certo – è la stessa Cassazione a prospettarsi l’obiezione - mentre il modus è elemento accidentale del negozio, l'obbligo liquidatorio nel patto di famiglia costituisce un effetto legale tipico, essenziale per la qualificazione della fattispecie [4]. Sicché l'assimilazione alla donazione modale potrebbe operarsi solo dal punto di vista delle conseguenze giuridiche, non anche da quello genetico, giacché il modus non avrebbe qui fonte negoziale, né carattere accidentale, come invece può dirsi nella donazione modale ex art. 793 c.c..

E, tuttavia, secondo la Corte, “la necessità che il beneficiario liquidi ai legittimari non assegnatari la quota di riserva non snatura il carattere liberale del trasferimento a lui fatto dall'imprenditore. Tuttavia, per il tramite di tale liquidazione, viene dato spazio alla tutela di interessi ulteriori rispetto a quelli legati al mero passaggio generazionale dell'impresa, anch'essi ritenuti rilevanti dal legislatore, quale è quello dello stesso imprenditore di rendere stabile l'attribuzione operata”.

Vi sarebbe, quindi, una operazione negoziale complessa, caratterizzata da una innegabile causa di liberalità, ma connotata al contempo dalla necessaria - per quanto dispensabile dall’avente diritto - presenza del conguaglio in denaro a favore degli altri legittimari non assegnatari[5].

Ciò consentirebbe di equiparare il patto di famiglia alla liberalità gravata da un onere, almeno quoad effectum.

Appare così alla Corte – ed a chi scrive – che sia coerente col sistema e con la ratio dell’istituto scorgere nell’unitaria operazione anche una liberalità indiretta, attuata dal disponente verso il non assegnatario,  onerando l’assegnatario della relativa prestazione[6].

Immediato, a tal punto, il riflesso fiscale della qualificazione civilistica,  con riferimento alla fattispecie prevista dall'art. 58, comma 1, del d.lgs. n. 346/1990, secondo cui: «gli oneri da cui è gravata la donazione, che hanno per oggetto prestazioni a soggetti terzi determinati individualmente, si considerano donazioni a favore dei beneficiari»[7]. In tal modo, l'attribuzione effettuata dal legittimario assegnatario a favore degli altri assegnatari, lungi dal poter essere considerata come una donazione del primo a favore questi ultimi, costituisce, appunto, una liberalità indiretta del disponente[8]. Da ciò, il più favorevole trattamento sul piano tributario enunciato dalla Corte.

 

[1] Cass., Sez. trib., 19 dicembre 2018, n. 32823, cit..

[2] Cui pertanto si applicherebbe astrattamente l’imposta sulle donazioni, salva l'esenzione di cui all'art. 3, comma 4 ter, del d.lgs. n. 346/1990, al ricorrere delle condizioni di legge, con l'obiettivo di facilitare il passaggio generazionale delle piccole e medie imprese.

[3] C. Caccavale, Divieto dei patti successori e attualità degli interessi tutelati: appunti per uno studio sul patto di famiglia, in Quaderni della Fondazione italiana per il notariato, 2006, 2/3, p. 32 ss.; A. Merlo, Divieto dei patti successori e attualità degli interessi tutelati. Profili civilistici del patto di famiglia, cit., p. 106 ss.; A. Palazzo, Il patto di famiglia tra tradizione e rinnovamento del diritto privato, in Riv. dir. civ., 2007, II, p. 263 ss..

[4] Cfr. G. Petrelli, La nuova disciplina del “patto di famiglia”, cit., p. 442, il quale esclude la qualificazione del patto di famiglia come una donazione modale in quanto «l'eventuale obbligazione dell'assegnatario rappresenta “elemento necessario della fattispecie” ai fini della sua “qualificazione” (mentre il modus donativo è sempre un elemento puramente accidentale, la cui presenza non è necessaria ai fini della qualificazione del negozio giuridico». Nello stesso senso: G. Oberto, Il patto di famiglia, Padova, 2006, p. 412-413, che respinge la tesi della donazione modale argomentando «non solo e non tanto dal fatto che l'adempimento dell'onere sia contestuale alla conclusione del contratto (ciò che potrebbe spiegarsi in base al fatto che gli stessi beneficiari del modo sono presenti in atto), quanto dalla considerazione che, se i legittimari non rinunciano in tutto o in parte ai loro diritti, la liquidazione della quota di costoro è elemento costitutivo ad validitatem (e non già meramente accidentale) del patto: ciò che appare evidentemente incompatibile con il concetto di modo»; G. Perlingieri, Il patto di famiglia tra bilanciamento dei principi e valutazione comparativa degli interessi, cit., p. 123: «il modo della donazione è elemento accidentale dipendente dalla volontà dei contraenti, mentre nel patto di famiglia l'obbligo della liquidazione a carico dell'assegnatario o degli assegnatari è un effetto tipico imposto dalla legge (effetto legale; art. ex art. 768 quater, comma 2, c.c.)».

[5] Proprio la presenza dell'obbligo legale di effettuare il conguaglio in favore dei potenziali legittimari, come è stato notato, finirebbe così col far assumere alla fattispecie i tratti del negotium mixtum cum donationem. Cfr., E. Del Prato, Sistemazioni contrattuali in funzione successoria: prospettive di riforma, cit., p. 635 ss.; M.C. Lupetti, Patti di famiglia: note a prima lettura, in C.N.N. Notizie 14 febbraio 2006; G. Oberto, Il patto di famiglia, cit., p. 52 ss.. Altri osserva che “la necessaria presenza di un fine di liquidazione dei legittimari – salva la facoltà di rinuncia da parte di questi ultimi - qualifica causalmente il contratto come patto di famiglia” (G. Petrelli, La nuova disciplina del “patto di famiglia”, cit., p. 440).

[6] Tale impostazione trova, peraltro, autorevole riscontro in dottrina. Cfr. G. Rizzi, Compatibilità con le disposizioni in tema di impresa familiare e con le differenti tipologie societari, in AA.VV., Patti di famiglia per l'impresa, Milano, 2006, p. 245 ss.; U. La Porta (a cura di), Il patto di famiglia, cit., p. 7 ss.; G. Perlingieri, Il patto di famiglia tra bilanciamento dei principi e valutazione comparativa degli interessi, cit., p. 156 ss.; G. Collura, Patto di famiglia e compatibilità con l'impresa familiare, in Nuova giur. civ. comm., 2009, 2, p. 104 ss..

[7] Secondo la sentenza in esame, «non pare ostativa all'applicazione nella specie dell'art. 58 in esame la circostanza che quest'ultimo si riferisca alle prestazioni attribuite a soggetti "terzi" (quali di regola non sono, per le indicate ragioni di necessaria partecipazione al contratto, i legittimari non assegnatari), dal momento che tale qualifica va nella norma fiscale riferita ai soggetti non destinatari degli effetti della donazione diretta (nei cui confronti sono considerati, appunto, terzi), e non alla necessaria estraneità dei medesimi al contratto ed alla sua unitarietà di causa».

[8] In tal senso, v. già S. Ghinassi, La Suprema Corte interviene sulla tassazione del patto di famiglia, in Riv. dir. trib., 10 gennaio 2019; A. Fedele, La Cassazione e il patto di famiglia, in Riv. dir. trib., 22 gennaio 2019; I. Riva, Patto di famiglia (Artt. 768 bis-768 octies), cit., p. 173-174: «L'atto è a titolo gratuito e integra, piuttosto, una liberalità successoria indiretta eseguita dal disponente in conto di legittima per il tramite dell'assegnatario, imponendo cioè a quest'ultimo un'obbligazione di dare. Non può pertanto condividersi la recente presa di posizione della sezione tributaria della Corte di Cassazione la quale, ai fini dell'imposizione fiscale, ha qualificato l'attribuzione quale atto liberale dell'assegnatario a favore del legittimario (con conseguente applicazione, nel caso di specie, delle aliquote per le donazioni tra fratelli), trattandosi di una lettura che non coglie il significato reale dell'operazione giuridico patrimoniale posta in essere».


4. Postilla.

La Corte tenta dunque di accrescere l’appeal tributario dell’istituto, lungamente negletto nella prassi, benché potenzialmente assai rilevante per la regolazione della successione d’impresa.

In tale prospettiva, va pur detto che, per quanto la Corte non vi fosse sollecitata dalla fattispecie concreta, essa avrebbe potuto cogliere l’occasione – la ricognizione della ratio gliene avrebbe offerta la sede – per tentare almeno obiter una sistemazione dei connessi gravi problemi che la formulazione dell’art. 768 quater pone all’interprete e da sempre ostano al diffuso impiego del patto.

Primo fra tutti, quello della rinunzia, totale o parziale, alla liquidazione della potenziale quota di legittima. Atto dispositivo[1], reso possibile dall’art. 768 quater, secondo comma, c.c. e, e nella prassi spesso necessario per due concorrenti ragioni.

Ovvero, da un lato, la normale mancanza, nel patrimonio dell’assegnatario, di mezzi adeguati per far luogo alla liquidazione medesima.  Dall’altro, la pressoché totale incertezza , sul piano interpretativo, circa le conseguenze della liquidazione diretta del non assegnatario, da parte del disponente, mediante l’attribuzione di beni diversi dall’azienda o dalle partecipazioni.

Ma questo è, evidentemente, un altro capitolo.

 

[1] Una tal rinunzia è gravida, specie tra collaterali, di futuri riflessi successori, nella misura in cui essa possa apprezzarsi quale liberalità indiretta da parte del non assegnatario rinunziante. Per una riflessione sul tema v.: L. MENGONI, Successioni per causa di morte. Successione necessaria, Milano, 2000, p. 335 ss.; G. Fietta, Divieto dei patti successori e attualità degli interessi tutelati. Prime osservazioni sul patto di famiglia, cit., p. 88 ss.; G. Petrelli, La nuova disciplina del “patto di famiglia”, cit.; P. Manes, Prime considerazioni sul patto di famiglia nella gestione del passaggio generazionale della ricchezza familiare, cit., p. 539 ss.; G. Baralis, Attribuzioni ai legittimari non assegnatari dell'azienda o delle partecipazioni sociali, in Atti del Convegno della Fondazione Italiana del Notariato sul tema Patti di famiglia per l'impresa, Milano, 2006; C. Caccavale, Il patto di famiglia, Contratto e successioni, in AA.VV., Trattato del contratto, a cura di V. Roppo, VI, Interferenze, a cura di V. Roppo, Milano, 2006, p. 563 ss.; A. Merlo, Divieto dei patti successori e attualità degli interessi tutelati. Profili civilistici del patto di famiglia, cit., p. 100 ss..

Fascicolo 6 - 2021