L’articolo si propone di analizzare l’impatto degli smart contract sull’ordinamento giuridico italiano. Dopo aver esaminato la normativa domestica ed europea disciplinante la materia, si prendono in considerazione alcune ipotesi applicative degli smart contract nel settore finanziario e assicurativo. Infine, si affrontano alcune delle principali problematiche giuridiche inerenti alla possibilità di applicare in modo generalizzato e diffuso tale tecnologia.
The aim of this paper is to investigate the impact of smart contracts on the Italian legal system. After analysing the Italian and European legislation, some applications of smart contracts in FinTech and InsurTech are taken into consideration. Lastly, the major issues concerning a wider use of this technology are examined.
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Alba Cinque - Gli smart contract nell’ambito del FinTech e dell’InsurTech
COMMENTOSommario:
1. La normativa nazionale ed europea in materia. - 2. I possibili sviluppi degli smart contract in ambito finanziario. - 3. I possibili sviluppi degli smart contract in ambito assicurativo. - 4. L’«impasse» tecnologico. - 5. Conclusioni.
L’avvento di nuove tecnologie, tra le quali è possibile annoverare i sistemi di blockchain e gli smart contract, ha determinato l’insorgenza di numerose questioni relative agli strumenti regolativi applicabili e all’esigenza di un’interpretazione delle norme vigenti adeguata alle diverse innovazioni tecnologiche.
Il sintagma “smart contract”, coniato da Nick Szabo nel 1996[1], allude ad un contratto che, tradotto in un programma informatico, esegue quanto in esso previsto secondo lo schema logico “if this - then that”, suscettibile di contemplare una serie indefinita di variabili.
In particolare, l’accordo viene trasposto in un codice binario che esegue automaticamente la prestazione contrattualmente dedotta, senza necessità dell’ausilio umano. Il verificarsi di certe condizioni produce, come conseguenza immediata, diretta ed automatica, un particolare effetto[2]. Il sistema non opera una scelta, ma si limita a rispondere a un particolare impulso, conformemente a quanto accade nella tecnologia dei bitcoin[3].
L’automatismo e la rigidità, che contraddistinguono tale tecnologia, hanno suscitato numerosi dubbi interpretativi. Difatti, la dottrina si è interrogata sulla natura, contrattuale o non contrattuale[4], degli smart contract e sulla opportunità che le parti affidino interamente l’esecuzione delle prestazioni e la gestione dell’intero rapporto contrattuale a un algoritmo[5].
Il legislatore ha cercato di fornire una risposta a tali interrogativi, introducendo, all’art. 8-ter della l. 11 febbraio 2019, n. 12[6], una definizione univoca di “smart contract”, concepito come un programma per elaboratore operante su tecnologie basate su registri distribuiti, i c.d. DLT (distributed ledger technology)[7].
Tuttavia, la formula a cui ha fatto ricorso il legislatore presta il fianco a molteplici critiche, poiché risulta essere eccessivamente ampia e generica.
Innanzitutto, va sottolineata l’imprecisione lessicale di cui all’art. 8-ter, co. 1, della l. n. 12/2019, nella parte in cui si fa ricorso all’espressione “tecnologie basate su registri distribuiti”, come se fosse un sinonimo del termine “blockchain”, che rappresenta, invece, solo un particolare modello di registro distribuito[8].
Inoltre, il legislatore italiano, diversamente da quello maltese[9], non ha operato alcuna differenziazione tra lo smart contract in senso informatico e il c.d. smart legal contract, locuzione con cui ci si riferisce ad accordi contrattuali, redatti e conclusi, parzialmente o totalmente, in forma digitale[10]. Una tale distinzione è, però, estremamente importante, poiché consente di distinguere meri programmi informatici, gli smart contract (software posti in collegamento con un sistema DLT che ricorre alla logica condizionale), dagli smart legal contract, veri e propri contratti automatizzati[11].
Altrettanto criticata è la seconda parte della disposizione, ove si stabilisce che uno smart contract soddisfa il requisito della forma scritta se le parti sono previamente identificate in via informatica, in ossequio alle disposizioni dell’AgID. Difatti, secondo una parte della dottrina[12], tale disposizione sarebbe priva di utilità, poiché lo smart contract è un documento informatico ai sensi dell’art. 3 punto 35 del Regolamento eIDAS[13], secondo cui qualsiasi contenuto conservato in forma elettronica deve considerarsi un documento elettronico. Tale disposizione deve essere letta congiuntamente all’art. 1 lett. p del d.lgs. n. 82/2005 (c.a.d.)[14], secondo cui ogni documento elettronico che contiene la rappresentazione informatica di atti, fatti, o dati giuridicamente rilevanti rientra nella categoria del documento informatico. Peraltro, l’art. 20, co. 1-bis, del c.a.d.[15] disciplina l’efficacia probatoria di un documento informatico, stabilendo che l’apposizione di una firma digitale o di altra firma elettronica, qualificata o avanzata, a un documento informatico soddisfa il requisito della forma scritta e ha la stessa efficacia dell’atto pubblico. Inoltre, si osserva che uno smart contract soddisfa altresì i requisiti richiesti dal D.P.C.M. del 22 febbraio 2013[16] e dal D.P.C.M. del 13 novembre 2014[17] relativamente alla modalità di formazione del documento informatico, all’immutabilità e all’integrità dello stesso. Tale analisi ha indotto tale corrente dottrinale a denunciare l’assenza di sistematicità e la mancanza di coordinamento tra la normativa italiana in materia di smart contract e il c.a.d. Difatti, secondo questa tesi, sarebbe corretto ricondurre gli smart contract nell’alveo dei documenti informatici di cui agli art. 3, punto 35, del Regolamento eIDAS e art. 1 lett. p del c.a.d. Infine, si critica, altresì, la scelta volta ad incaricare l’AgID di redigere Linee Guida deputate ad individuare gli elementi in presenza dei quali uno smart contract soddisfa il requisito della forma scritta, poiché sarebbe stato sufficiente un generico richiamo all’art. 20, co. 1-bis, c.a.d.
Tuttavia, è plausibile ritenere che anche l’ordinamento italiano recepirà, nel prossimo futuro, una definizione di smart contract maggiormente articolata e puntuale. Difatti, il 4 dicembre 2018 i membri dell’Euromed7 hanno sottoscritto una dichiarazione con la quale si sono impegnati ad intraprendere una più stretta collaborazione tecnologica, al precipuo fine di promuovere lo sviluppo condiviso delle tecnologie basate sui registri distribuiti[18]. L’intento degli Stati firmatari è quello di implementare il ricorso allo strumento degli smart contract, specialmente nell’ambito dei trasporti e della mobilità in generale (inclusa la navigazione marittima), al fine di garantire la certificazione dell’origine dei prodotti e la trasparenza dei registri catastali e di quelli delle imprese.
L’iniziativa dell’Euromed7 si pone in linea di continuità con la Risoluzione adottata dal Parlamento europeo il 3 ottobre 2018[19] che, dopo aver sottolineato l’importanza degli smart contract, ha posto in luce la necessità di condurre un’analisi approfondita del quadro giuridico esistente nei vari Stati membri in materia, al fine di pervenire ad una normativa uniforme e coordinata tra i Paesi dell’Unione europea.
Questa tendenza è stata confermata dall’adozione del Libro Bianco sull’Intelligenza Artificiale[20], in cui si sottolinea l’esigenza di basare l’innovazione tecnologica europea su valori comuni e diritti fondamentali, condivisi da tutti i Paesi membri dell’Unione.
[1] N. Szabo, Smart Contracts: Building Blocks for Digital Markets, consultabile sul sito: http://www.fon.hum.uva.nl/rob/Courses/InformationInSpeech/CDROM/Literature/LOTwinterschool2006/szabo.best.vwh.net/smart_contracts_2.html, definisce gli smart contract come «a set of promises, specified in digital form, including protocols within which the parties perform on these promises».
Deve precisarsi che il merito di aver collegato il linguaggio di programmazione degli smart contract alla blockchain va attribuito a Vitalik Buterin.
[2] Da ultimo, v. sul punto A.M. Pinelli, Il contratto giusto, in Riv. dir. civ., 2020, 679, che sottolinea come attraverso questa «tecnologia si possa recuperare quella certezza e calcolabilità nella gestione dei rapporti, pretesa dal mercato, che il diritto non riesce più ad assicurare sufficientemente, marginalizzando il ruolo del giudice: l’adempimento del contratto è certo, l’interpretazione del testo non è più richiesta».
[3] In materia di bitcoin e criptovalute merita di essere menzionata la recente pronuncia di Cass. 17 settembre 2020, n. 26807 (consultabile su: https://www.dejure.it), in cui si afferma che, se la compravendita della criptomoneta viene pubblicizzata dal venditore alla stregua di una proposta di investimento, tale negozio dovrà rispettare quanto disposto dagli artt. 91 e ss. T.U.F., rendendosi necessaria la pubblicazione di un prospetto informativo sottoposto all’approvazione della Consob.
[4] Tra i fautori della natura non contrattuale degli smart contract: S.A. Cerrato, Appunti su Smart Contract e diritto dei contratti, in Banca, borsa e tit. cred., 2020, I, 378 e ss.; F. Rampone, Smart contract: né smart, né contract, in Riv. dir. priv. 2019, 1 e ss.; P. Cuccuru, Blockchain ed automazione contrattuale. Riflessioni sugli smart contract, in Nuova giur. civ. comm., 2017, 107 e ss., secondo cui gli smart contract sono semplicemente strumenti per la negoziazione, conclusione e/o automatica applicazione di rapporti contrattuali o relazioni para-contrattuali. Contra, D. Di Sabato, Gli smart contracts: robot che gestiscono il rischio contrattuale, in Contr. e impr., 2017, 386 e ss.; L. Parola, P. Merati, G. Gavotti, Blockchain e smart contract: questioni giuridiche aperte, in Contratti, 2018, 683, secondo cui lo smart contract sarebbe un contratto digitale, autoeseguibile e irrevocabile; G. Finocchiaro, Il contratto nell’era dell’intelligenza artificiale, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2018, 443 e ss., che opera una distinzione tra smart contract intesi come meri atti esecutivi di un contratto e smart contract aventi natura contrattuale; M. Giaccaglia, Considerazioni su Blockchain e Smart Contratti (oltre le criptovalute), in Contr. e impr., 2019, 941 e ss., secondo cui sia le posizioni dottrinali che propendono per la natura contrattuale sia quelle che negano tale natura allo smart contract sono parziali e insufficienti. Sul punto, v. anche G. Salito, voce Smart contract, in Dig. disc. priv., Sez. civ., Agg., Torino, 2019, 393 e ss., secondo cui occorre distinguere «il caso in cui il mezzo informatico sia funzionale unicamente alla trasmissione e alla successiva esecuzione dell’accordo contrattuale che si è perfezionato al di fuori di esso, secondo le modalità classiche, dal caso in cui l’accordo si formi direttamente attraverso il mezzo informatico, il quale provvede, altresì, alla sua trasmissione» (nella prima ipotesi, lo smart contract è, più che un contratto, un mezzo per la conclusione e gestione di accordi; nella seconda ipotesi, integra gli estremi di un contratto, se ne contiene gli elementi essenziali).
[5] D. Di Sabato, Gli smart contracts: robot che gestiscono il rischio contrattuale, cit., 386 e ss.; S. Capaccioli, Smart contract: nuovi orizzonti del Fintech, in banca dati Pluris-cedam, 2016; M. Manente, Blockchain: la pretesa di sostituire il notaio, in Notariato, 2016, 211 e ss.; S. Omohundro, Cryptocurrencies, smart contracts, and artificial intelligence, in AI Matters, 1(2), 2014.
[6] Art. 8-ter, comma 2, l. 11 febbraio 2019, n. 12: «Si definisce “smart contract” un programma per elaboratore che opera su tecnologie basate su registri distribuiti e la cui esecuzione vincola automaticamente due o più parti sulla base di effetti predefiniti dalle stesse. Gli smart contract soddisfano il requisito della forma scritta previa identificazione informatica delle parti interessate, attraverso un processo avente i requisiti fissati dall’Agenzia per l'Italia digitale con linee guida da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto».
[7] Per tutti v.: G. Rinaldi, Smart contract: meccanizzazione del contratto nel paradigma della blockchain, in AA.VV., Diritto e Intelligenza Artificiale, a cura di G. Alpa, Pacini, Pisa, 2020, 365 e ss.
[8] Sul punto, occorre precisare che i registri distribuiti DLT sono il più vasto genus, di cui la blockchain non costituisce che una species. In argomento cfr. C. Bomprezzi, Commento in materia di Blockchain e Smart contract alla luce del nuovo Decreto Semplificazioni, che è possibile consultare sul sito: https://www.dimt.it.
[9] I testi normativi rilevanti in materia di DLT e smart contract nell’ordinamento maltese sono: il Virtual Financial Assets Act, il Malta Digital Innovation Autorty Act e l’Innovative Technology Arrangements and Services Act. In particolare, REPUBLIC OF MALTA, Act XXX of 2018, An act to regulate the field of Initial Virtual Financial Asset Offerings and Virtual Financial Assets and to make provision for matters ancillary or incidental thereto or connected terewith, definisce gli smart contract come: “a form of technology arrangement consisting of (A) a computer protocol; or (B) an agreement concluded wholly or partly in an electronic form, which is automatable and enforceable by computer code, although some parts may require human input and control and which may be also enforceable by ordinary legal methods or by a mixture of both”.
[10] G. Finocchiaro e C. Bomprezzi, A legal analysis of the use of blockchain technology for the formation of smart legal contracts, in MediaLaws, 2020, 2, 111 e ss. evidenziano che solo gli smart legal contracts presentano natura contrattuale, mentre lo smart contract inteso in senso informatico deve essere considerato alla stregua di un programma informatico che, al verificarsi di certe condizioni, è capace di essere eseguito in modo automatico.
[11] A.U. Janssen e F. P. Patti, Demistificare gli smart contracts, in Oss. dir. civ. e comm., 2020, 31 e ss.; H. Diedrich, Ethereum: Blockchains, Digital Assets, Smart Contracts, Decentralized Autonomous Organizations, Bristol, 2016, 3; G. Rinaldi, Smart contract: meccanizzazione del contratto nel paradigma della blockchain, cit., 365 e ss.
[12] R. Battaglini, La normativa italiana sugli smart contract, in AA. VV., Blockchain e Smart Contract, a cura di R. Battaglini e M. Giordano, Milano, 2019, 380 e ss., che considera l’art. 8-ter d.l. n. 135/18, conv. in l. n. 12/19, una disposizione scritta in modo maldestro e frettoloso.
[13]Art. 3, Regolamento eIDAS (electronic IDentification Authentication and Signature) - Regolamento UE n. 910/2014 del 23 luglio 2014, in materia di identificazione elettronica e servizi fiduciari per le transazioni elettroniche nel mercato interno, che abroga la Direttiva 1999/93/CE e che fornisce una base normativa comune, incrementando la sicurezza dei servizi elettronici e delle transazioni di e-business e commercio elettronico nell’Unione Europea: «Ai fini del presente regolamento si intende per (…) 35) “documento elettronico”, qualsiasi contenuto conservato in forma elettronica, in particolare testo o registrazione sonora, visiva o audiovisiva».
[14] Codice dell’amministrazione digitale (d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82), art. 1: «Ai fini del presente codice si intende per: (…) p) documento informatico: il documento elettronico che contiene la rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti».
[15] Codice dell’amministrazione digitale (d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82), art. 20, comma 1-bis: «Il documento informatico soddisfa il requisito della forma scritta e ha l'efficacia prevista dall'articolo 2702 del Codice civile quando vi è apposta una firma digitale, altro tipo di firma elettronica qualificata o una firma elettronica avanzata o, comunque, è formato, previa identificazione informatica del suo autore, attraverso un processo avente i requisiti fissati dall’AgID ai sensi dell'articolo 71 con modalità tali da garantire la sicurezza, integrità e immodificabilità del documento e, in maniera manifesta e inequivoca, la sua riconducibilità all'autore. In tutti gli altri casi, l’idoneità del documento informatico a soddisfare il requisito della forma scritta e il suo valore probatorio sono liberamente valutabili in giudizio, in relazione alle caratteristiche di sicurezza, integrità e immodificabilità. La data e l'ora di formazione del documento informatico sono opponibili ai terzi se apposte in conformità alle Linee guida».
[16] D.P.C.M. del 22 febbraio 2013, contenente Regole tecniche in materia di generazione, apposizione e verifica delle firme elettroniche avanzate, qualificate e digitali, ai sensi degli articoli 20, comma 3, 24, comma 4, 28, comma 3, 32, comma 3, lettera b), 35, comma 2, 36, comma 2, e 71.
[17] D.P.C.M. del 13 novembre 2014, contenente Regole tecniche in materia di formazione, trasmissione, copia, duplicazione, riproduzione e validazione temporale dei documenti informatici nonché di formazione e conservazione dei documenti informatici delle pubbliche amministrazioni ai sensi degli articoli 20, 22, 23-bis, 23-ter, 40, comma 1, 41, e 71, comma 1, del Codice dell’amministrazione digitale di cui al d.lgs. n. 82/2005.
[18] Dichiarazione ministeriale dei Paesi dell’Europa meridionale sulle tecnologie basate su registri distribuiti, Bruxelles, 2018, su: https://www.mise.gov.it/images/stories/documenti/Dichiarazione%20MED7%20versione%20in%20italiano.pdf .
[19] Risoluzione del Parlamento europeo del 3 ottobre 2018. Tecnologie di registro distribuito e blockchain: creare fiducia attraverso la disintermediazione, P8_TA-PROV(2018)0373, su: https://www.europarl.europa.eu/doceo/document/TA-8-2018-0373_IT.html.
[20] White Paper on Artificial Intelligence: a European approach to excellence and trust COM(2020) 65 final, 19 febbraio 2020 (consultabile su: www.ec.europa.eu), in cui si stabilisce, inter alia, che la Commissione rafforzerà ulteriormente l'accesso ai finanziamenti per l’I.A. nell’ambito di InvestEU, stanziando un fondo pilota per gli investimenti del valore di 100 milioni di euro per l’I.A. e la blockchain.
Dopo aver analizzato la legislazione domestica ed europea, è necessario prendere in considerazione alcune peculiari ipotesi applicative degli smart contract nel settore finanziario ed assicurativo.
Difatti, queste macro-aree costituiscono il campo di sviluppo ottimale di tale tecnologia, poiché dall’automatizzazione del contratto e dal ricorso alla tecnologia blockchain discende una completa tracciabilità delle informazioni e dei dati delle varie operazioni economiche.
La rilevanza della questione è dimostrata dal fatto che il Financial Stability Board (FSB), organismo preposto al coordinamento delle autorità finanziare nazionali e degli organismi di regolamentazione del settore finanziario, ha espressamente riconosciuto le potenzialità innovative del FinTech nei servizi finanziari, sottolineando anche i rischi connessi a una possibile destabilizzazione e a un indebolimento del sistema. Sulla base di queste premesse, il FSB ha pubblicato due rapporti generali con lo scopo di delineare delle linee guida a cui fare riferimento nell’utilizzo e nello sviluppo della tecno-finanza[1].
In particolare, il primo rapporto è finalizzato precipuamente all’individuazione delle principali minacce alla stabilità finanziaria derivanti dallo sviluppo del FinTech e le conseguenti implicazioni del crescente utilizzo dell'intelligenza artificiale (I.A.) e, in particolare, del ricorso alle c.d. machine learning nel settore finanziario[2].
Il secondo rapporto rilasciato dal FSB (realizzato in collaborazione con la Committee on the Global Financial System) concerne più specificamente l’analisi delle ripercussioni che il generale ricorso alle piattaforme FinTech di erogazione del credito potrebbe avere sul mercato finanziario. Difatti, si evidenzia che, se da una parte tali sistemi potrebbero determinare un aumento del livello concorrenziale tra i diversi operatori commerciali, dall’altro il ricorso generalizzato alle piattaforme FinTech di erogazione del credito potrebbe abbassare gli standard richiesti per la concessione di un prestito, con conseguenze nefaste sulla stabilità finanziaria[3].
I rischi connessi al ricorso generalizzato (e non regolamentato) alla tecno-finanza sono stati posti in evidenza anche dall'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE), che ha sottolineato come le tecnologie FinTech, costituendo un fattore di novità nel mercato finanziario, possono incidere negativamente sugli investimenti e, più in generale, sulla crescita economica di un Paese[4]. Inoltre, l’OCSE ha denunciato una disparità di trattamento e un’ingiustificata assenza di regolamentazione per le società che offrono servizi FinTech, le quali, molto spesso, non sono tenute al rispetto degli stessi vincoli normativi che i tradizionali operatori economici del settore finanziario devono rispettare.
Tuttavia, l’approccio cauto adottato dalle organizzazioni internazionali de quibus non ha intaccato l’entusiasmo di una parte della dottrina[5], che, al contrario, ha posto in luce i numerosi vantaggi e le innumerevoli declinazioni evolutive che il ricorso a questa tecnologia potrebbe innescare nell’ambito dell’ordinamento domestico. Difatti, con specifico riferimento al settore finanziario, la trasparenza e la maggiore sicurezza degli scambi potrebbero determinare un aumento del livello di fiducia degli investitori e, di conseguenza, un incremento degli investimenti. D’altronde, l’enorme crescita del settore del FinTech è provata dalla diffusione dei sistemi di mobile payment e dei trasferimenti di denaro c.d. peer to peer. In particolare, il settore bancario potrebbe beneficiare di una semplificazione delle transazioni e di un innalzamento del livello di prevenzione nella lotta al riciclaggio di danaro. Inoltre, mediante gli smart contract potrebbero realizzarsi forme di garanzie atipiche, in cui la somma versata dal garante potrebbe essere trattenuta virtualmente lungo la catena di blocchi ed essere collegata sia al conto corrente bancario di tale soggetto, sia all’oracolo[6] che recepisce gli input esterni e verifica l’avveramento delle condizioni contrattuali secondo lo schema “if/then”. In tale ipotesi, il soggetto garantito avrebbe la certezza di ottenere il soddisfacimento del suo credito, poiché l’algoritmo, una volta processato il dato fornito dall’oracolo, realizzerebbe in modo automatico il trasferimento di denaro.
Deve, quindi, concordarsi con quella parte della dottrina[7] che configura il crescente impiego delle nuove tecnologie nel settore finanziario come una nuova sfida che l’interprete deve essere pronto ad affrontare. A questo fine, è importante prendere in considerazione le esperienze giuridiche di altri Stati europei e, in particolare, quella inglese e quella svedese.
Difatti, nel Regno Unito, l’autorità preposta alla supervisione e alla regolamentazione dei mercati, la Financial Conduct Authority (FCA), ha realizzato il c.d. "Global Financial Innovation Network" (GFIN)[8], con l’obiettivo di promuovere la comunicazione e l'interazione tra le società FinTech e le autorità di regolamentazione e, soprattutto, di predisporre un “global sandbox”, attraverso cui le imprese FinTech potranno interagire direttamente con le autorità di regolamentazione e presentare le soluzioni che intendono fornire su base transfrontaliera[9]. Peraltro, tale autorità collabora con la Banca d’Inghilterra e con l’International Swaps and Derivatives Association (ISDA) a un progetto di digitalizzazione delle transazioni in derivati[10]. Difatti, l’ISDA, associazione deputata allo sviluppo del mercato internazionale dei derivati, ha pubblicato, il 20 marzo 2019, il Common Domain Model 2.0 (ISDA CDM 2.0), volto a fornire una prima regolamentazione unitaria delle innovazioni tecnologiche incidenti sui derivati e dei processi di negoziazione degli stessi, fruibile da tutti gli operatori economici[11].
D’altronde, l’ISDA ha sempre dimostrato di nutrire un particolare interesse per le possibili applicazioni degli smart contract alle transazioni in derivati, pubblicando numerose Linee Guida e Whitepaper sull’argomento[12]. Tuttavia, una parte della dottrina[13] ha messo in evidenza la necessità di una validazione legale dell’algoritmo disciplinante lo smart contract, affinché lo smart derivative contract possa raggiungere un livello di certezza paragonabile a quello assicurato dall’ISDA Master Agreement tradizionale[14].
Merita menzione, altresì, l’esperienza della Svezia, che è destinataria di quasi un quinto degli investimenti europei in tale settore. Al fine di conservare questo primato, l'Autorità di vigilanza finanziaria svedese ha istituito il FinTech Regulatory Sandbox, una piattaforma in cui le società che forniscono prodotti FinTech possono presentare idee e progetti e richiedere indicazioni normative direttamente all’autorità. L’utilità del sistema svedese è evidente: da una parte le società operanti nel settore tecno-finanziario potranno ottenere le informazioni necessarie e assicurarsi che i prodotti immessi sul mercato siano conformi alla normativa in vigore, e, dall’altro, l'Autorità di vigilanza finanziaria potrà monitorare più facilmente l’attività posta in essere dalle società FinTech.
Sulla scia di altri Paesi europei, il legislatore italiano, con l. 28 giugno 2019, n. 58, ha introdotto nell'ordinamento nazionale il regulatory sandbox (art. 36, commi da 2-bis[15] a 2-septies), affinché agli operatori commerciali siano consentite applicazioni sperimentali della tecno-finanza. Sebbene la sperimentazione avrà una durata massima di diciotto mesi e sarà consentita solo ai soggetti in possesso di specifici requisiti preventivamente individuati da un regolamento del Ministero dell'economia e delle finanze (MEF), può ritenersi che l’interrelazione del FinTech con l’Intelligenza Artificiale e i registri distribuiti condurrà a una profonda innovazione del settore finanziario e creditizio.
Il legislatore ha, inoltre, istituito un Comitato FinTech presso il Ministero delle Finanze e ha demandato alle Autorità indipendenti operanti in campo bancario, finanziario e assicurativo (Banca d’Italia, Consob e IVASS), il compito di redigere una relazione annuale di analisi del settore della tecno-finanza.
Inoltre, le Authorities hanno il compito di indicare al MES tutte le eventuali modifiche normative o regolamentari necessarie per lo sviluppo del settore FinTech, senza pregiudicare la stabilità finanziaria e la tutela del risparmio.
Non nuoce ricordare che la Consob, nella Relazione per l’anno 2019, adottata ai sensi dell’art. 2 septies legge n. 58/19[16], ha sottolineato l’importanza dell’applicazione della disciplina sui servizi di investimento alle cripto-attività[17]. A tal fine, nella Relazione del 19 marzo 2019, l’Autorità garante ha preso in considerazione le c.d. Initial Coin Offerings (ICOs), svolgendo un’analisi comparata con le iniziative poste in essere da altri Paesi europei, e delineando, nella terza parte del documento, un approccio regolatorio da applicare alle offerte di cripto-attività in sede di prima emissione[18].
Le iniziative internazionali e nazionali riportate confermano l’idea che nel prossimo futuro si assisterà a una considerevole diffusione degli smart contract nel settore finanziario, creditizio ed assicurativo[19]. D’altronde, sono innegabili i vantaggi che l’utilizzo di tale tecnologia potrebbe apportare ai settori menzionati in termini di trasparenza ed efficienza degli scambi[20].
[1] Osservatorio Fintech & Insurtech. Definizioni, startup e servizi della Tecnofinanza: «Il termine Fintech nasce dalla contrazione di Finance (Fin) e Technology (Tech), a indicare le due radici forti a cui fare riferimento. Con l’accezione più ampia del termine si intende un qualunque utilizzo di strumenti digitali applicati in ambito finanziario», disponibile on line: https://blog.osservatori.net/it_it/fintech-significato.
Sul punto è possibile consultare anche la Relazione sulla tecnologia finanziaria: l’influenza della tecnologia sul futuro del settore finanziario (2016/2243 INI) della Commissione per i problemi economici e monetari del Parlamento Europeo, 2017, che definisce la tecno-finanza «un’attività finanziaria resa possibile o offerta attraverso le nuove tecnologie, che interessa l’intero settore finanziario in tutte le sue componenti, dal settore bancario a quello assicurativo, i fondi pensione, la consulenza in materia di investimenti, i servizi di pagamento e le infrastrutture di mercato».
[2] Financial Stability Board, Artificial Intelligence and machine learning in financial services: Market developments and financial stability implications, 1° November 2017, disponibile in www.fsb.org.
[3] V. FinTech credit: Market structure, business models and financial stability implications, Report prepared by a Working Group established by the Committee on the Global Financial System (CGFS) and the Financial Stability Board (FSB), 22 Maggio 2017, disponibile in www.fsb.org.
[4] OECD, Directorate for Financial and Enterprise Affairs, Statistics Directorate, Working Party on Financial Statistics, FinTechs and the Financial Side of Global Value Chains – Statistical Implications, 18 October 2017, disponibile in www.oecd.org.
[5] Sul punto, v. E. Battelli, E.M. Incutti, Gli smarts contracts nel diritto bancario tra esigenze di tutela e innovativi profili di applicazione, in Contr. e impr., 2019, 925 e ss.; M. Cavallo, M. L. Montagnani, L’industria finanziaria tra Fintech e Techfin: prime riflessioni su Blockchain e smart contract, in AA. VV., Fintech: diritti, concorrenza, regole: le operazioni di finanziamento tecnologico, a cura di G. Finocchiaro e V. Falce, Bologna, 2019, 329 e ss.
[6] Gli oracoli assolvono la funzione di trasmettere informazioni, riguardanti dati esterni alla blockchain, agli smart contracts. Per una disamina più approfondita: M.T. Giordano, Il problema degli oracoli, in AA.VV., Blockchain e Smart contract, a cura di R. Battaglini e M. Giordano, Milano, 2019, 255 e ss.
[7] G. Alpa, Fintech: un laboratorio per i giuristi, in Contr. e impr., 2019, 377.
[8] Il Global Financial Innovation Network è reperibile su www.fca.org.uk.
[9] Per un’analisi più approfondita in merito ai rapporti tra gli smart contracts e la contract law del Regno Unito: M. Durovic e F. Lech, The enforceability of smart contract, in Italian Law Journal, 2019, 493 ss.
[10] ISDA, ISDA CDM Deployed to Help Deliver UK Digital Regulatory Reporting Pilot, 21 maggio 2019, in www.isda.org.
[11] ISDA, ISDA Publishes CDM 2.0 for Deployment and Opens Access to Entire Market, 20 marzo 2019, in www.isda.org.
[12] Tra le principali, è opportuno menzionare: ISDA, King&Wood Mallesons, Whitepaper Smart Derivatives Contracts: from Concept to Construction, in https://www.isda.org/a/cHvEE/Smart-Derivatives-Contracts-From-Concept-to-Construction-Oct-2018.pdf, ISDA, Legal Guidelines for Smart Derivatives Contracts: introduction, in https://www.isda.org/a/MhgME/Legal-Guidelines-for-Smart-Derivatives-Contracts-Introduction.pdf; ISDA, Legal Guidelines for Smart Derivatives Contracts: Equity Derivatives, in https://www.isda.org/a/CLXTE/ISDA-Legal-Guidelines-for-Smart-Derivatives-Contracts-Equities.pdf; ISDA, Legal Guidelines for Smart Derivatives Contracts: Interest Rate Derivatives, in https://www.isda.org/a/I7XTE/ISDA-Legal-Guidelines-for-Smart-Derivatives-Contracts-IRDs.pdf; ISDA, Legal Guidelines for Smart Derivatives Contracts: the ISDA Master Agreement, in https://www.isda.org/a/23iME/Legal-Guidelines-for-Smart-Derivatives-Contracts-ISDA-Master-Agreement.pdf.
[13] Per un’analisi più approfondita, v. D. Davico, Gli smart contract applicati alle transazioni in derivati “OTC”, in AA.VV., Blockchain e Smart contract, a cura di R. Battaglini e M. Giordano, Milano, 2019, 537 e ss.
[14] Si tratta di un set documentale che si compone di un master agreement, accordo quadro destinato a regolare le transazioni in derivati pattuite dalle parti in modo standardizzato, di una schedule, un documento allegato al master agreement con cui l’assetto contrattuale realizzato dalle parti viene personalizzato, di una confirmation, un documento con cui le parti definiscono i termini economici delle singole operazioni.
[15] Legge 28 giugno 2019, n. 58, art. 2-bis: «Al fine di promuovere e sostenere l’imprenditoria, di stimolare la competizione nel mercato e di assicurare la protezione adeguata dei consumatori, degli investitori e del mercato dei capitali, nonché di favorire il raccordo tra le istituzioni, le autorità e gli operatori del settore, il Ministro dell’economia e delle finanze, sentiti la Banca d’Italia, la Commissione nazionale per le società e la borsa (CONSOB) e l’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni (IVASS), adotta, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, uno o più regolamenti per definire le condizioni e le modalità di svolgimento di una sperimentazione relativa alle attività di tecno-finanza (FinTech) volte al perseguimento, mediante nuove tecnologie quali l’intelligenza artificiale e i registri distribuiti, dell'innovazione di servizi e di prodotti nei settori finanziario, creditizio, assicurativo e dei mercati regolamentati».
[16] L. 28 giugno 2019, n. 58, art. 2-septies: «La Banca d’Italia, la CONSOB e l’IVASS redigono annualmente, ciascuno per quanto di propria competenza, una relazione d’analisi sul settore tecno-finanziario, riportando quanto emerge dall'applicazione del regime di sperimentazione di cui al comma 2-bis, e segnalano eventuali modifiche normative o regolamentari necessarie per lo sviluppo del settore, la tutela del risparmio e la stabilità finanziaria».
[17] Per un’analisi approfondita circa le interrelazioni tre le Autorità Indipendenti e le nuove tecnologie: cfr. da ultimo G. Gitti, Disciplina contrattuale del mercato e decisione robotica, Scholé, 2020.
[18] Le offerte iniziali e gli scambi di cripto-attività, 19 marzo 2019, reperibile in www.consob.it.
[19] Merita menzione il progetto nazionale “Fideiussioni digitali” promosso da Cetif, Sia, Reply, con la collaborazione della Banca d’Italia e dell’Ivass, articolo del 30 aprile 2020, reperibile in www.cetif.it.
[20] Condivide la tesi che prospetta una rilevante diffusione degli smart contract nel settore tecno-finanziario: P. Cuccuru, Blockchain ed automazione contrattuale. Riflessioni sugli smart contract, cit., 107 e ss.: «non sembra (…) particolarmente azzardato affermare che in un futuro non troppo lontano la digitalizzazione dei servizi finanziari e bancari possa fondarsi su multiple blockchain private, interconnesse tra di loro e gestite dagli stessi attori finanziari quali nodi “attivi” del sistema decentralizzato. Nato per superare l’intermediazione di banche e prestatori di servizi finanziari nell’economia digitale, la blockchain potrebbe, paradossalmente, rivelarsi un supporto inaspettato alle stesse strutture alle quali intende(va) contrapporsi, rivoluzionando – e, auspicabilmente, migliorando – le infrastrutture organizzative e le modalità di elaborazione dati del settore finanziario e bancario nel suo complesso».
Per un’analisi approfondita delle potenzialità applicative degli smart contract e, in particolare, dei rapporti con la disciplina consumeristica, v. A.U. Janssen e F.P. Patti, Demistificare gli smart contracts, cit., 44 e ss.
Un’ulteriore declinazione evolutiva degli smart contract concerne, come detto, il settore assicurativo. Difatti, anche nel campo dell’InsurTech[1], le potenzialità applicative dei contratti automatizzati sono significative[2].
L’OCSE, al fine di adottare un approccio unitario e coerente volto ad assicurare che l’evoluzione digitale si traduca in una crescita economica, ha realizzato il progetto “Going Digital”[3], attualmente impiegato per aiutare i Paesi a porre in essere un impianto politico integrato nella regolazione della trasformazione digitale.
Anche l’International Association of Insurance Supervisors (IAIS) (l’ente finalizzato ad individuare gli standard internazionali necessari per realizzare un’efficace supervisione del settore assicurativo) ha affrontato il tema delle possibili applicazioni della tecnologia in campo assicurativo[4]. L’IAIS ha previsto che la vera evoluzione dell’Insurtech si realizzerà solo allorquando gli ordinamenti nazionali procederanno ad adeguare la normativa interna alle innovazioni tecnologiche e gli operatori del settore porranno in essere condotte collaborative e di dialogo con gli enti di supervisione[5].
Queste indicazioni sono state recepite dall’Insurance Authority (IA) di Hong Kong, che ha promosso numerose iniziative[6] per favorire l’innovazione e l’utilizzo delle nuove tecnologie nel settore assicurativo. Tra queste, la più rilevante è l’istituzione di una “InsurTech Sandbox”, in cui le compagnie di assicurazione e i fornitori di prodotti tecnologici possono confrontarsi e testare prodotti e soluzioni innovative prime della loro immissione sul mercato.
Con riferimento all’ordinamento europeo, sussistono numerosi impieghi embrionali di tale tecnologia. A titolo esemplificativo, si menziona il prodotto assicurativo della startup britannica Neos[7], consistente in un’assicurazione domestica continua (attiva 24/24h) realizzata attraverso sensori intelligenti che, al verificarsi di determinati eventi, inviano una comunicazione agli assicurati tramite un’App per Smartphone. Si tratta di una particolare applicazione di uno smart contract connesso al c.d. Internet of Thing (IoT), che permette di trasmettere informazioni in tempo reale agli utilizzatori. Tale tecnologia è stata utilizzata anche da AXA, che ha realizzato i c.d. smart flight insurance products[8]. Si tratta di smart contract in grado di operare automaticamente rimborsi causati da ritardi o cancellazioni di un volo, poiché capaci di attingere direttamente alle informazioni sullo stato del volo fornite dagli oracoli.
Va rilevato che le potenzialità applicative degli smart contract in ambito assicurativo possono estendersi oltre la gestione dei sinistri e dei pagamenti, giungendo ad includere finanche l’automatico calcolo del premio[9]. In particolare, gli smart contract possono svolgere un ruolo significativo nella predeterminazione dei premi avvalendosi dei big data. Nel settore delle assicurazioni automobilistiche, i dati GPS potrebbero essere utilizzati per determinare i premi in relazione al numero di chilometri percorsi, oppure potrebbero essere istallati dispositivi di monitoraggio della velocità e dei sistemi di frenata, consentendo di ricostruire con precisione le dinamiche di un sinistro. I vantaggi economici, in termini di risparmio di spesa ed efficienza, sarebbero enormi, poiché le compagnie assicurative eviterebbero il rischio di un’indebita locupletazione del cliente e potrebbero, altresì, ridurre il premio pagato dall’assicurato. Difatti, alla riduzione del rischio sopportato dall’assicuratore dovrebbe conseguire la corrispondente riduzione del premio pagato dal cliente.
Questo meccanismo di automatica regolazione del premio in conseguenza dell’aumento o della riduzione del rischio sopportato dall’assicuratore è fatto proprio da alcuni contratti di assicurazione dentale: i c.d. smart toothbrush[10]. In particolare, questo prodotto assicurativo regola il premio in modo automatico sulla base delle abitudini e dell’igiene dentale dell’assicurato. In tale ipotesi, uno smart contract, dopo aver elaborato i dati, calcolerà automaticamente il premio, riducendolo o aumentandolo sulla base di una valutazione complessiva del rischio.
Peraltro, merita di essere menzionata una delle applicazioni di maggior successo dell’I.A. agli smart contract, rappresentata dell’assicurazione offerta da Lemonade, che è in grado di calcolare il risarcimento dovuto agli assicurati in meno di dieci secondi[11]. Si tratta di un sistema innovativo sotto plurimi aspetti, poiché il guadagno dell’assicurazione consiste nella percezione di una commissione fissa calcolata sul premio mensilmente corrisposto dall’assicurato. Se viene presentata una richiesta di risarcimento, gli smart contract, dopo aver determinato il quantum risarcibile e aver approvato la richiesta, liquideranno il danno in meno di tre secondi. Se non viene avanzata alcuna richiesta di risarcimento, gli smart contract ricorreranno all’opzione del “giveback”, che prevede la devoluzione dei premi pagati dal cliente (detratte le commissioni fisse spettanti all’assicuratore) ad un ente di beneficienza indicato, al momento di acquisto della polizza, dal cliente stesso. In particolare, i premi pagati dagli assicurati che scelgono il medesimo ente benefico vanno a costituire un unico fondo a copertura dei sinistri. Alla fine di ogni anno, il danaro non utilizzato per il risarcimento dei sinistri è devoluto, in modo automatico, all’ente prescelto da quel gruppo.
Inoltre, è ragionevole presumere che il campo di applicazione dell’Intelligenza Artificiale agli smart contract più florido e promettente in ambito assicurativo riguarderà non solo il calcolo automatico del premio, ma anche l’aprioristica determinazione del rischio e, di conseguenza, dell’opportunità di concludere un contratto[12]. Un tale scenario induce a una rimeditazione del contratto di assicurazione inteso in senso tradizionale, tenendo in considerazione gli attuali sviluppi tecnologici e le possibili evoluzioni dell’utilizzo degli smart contract in tale settore. Difatti, l’art. 1898 c.c. stabilisce che grava sull’assicurato l’onere di dare immediato avviso all’assicuratore di tutti i mutamenti suscettibili di aggravare il rischio. Tale disposizione, a fronte di un prodotto assicurativo che provvede al calcolo automatico del premio, risulterebbe inapplicabile o quantomeno desueta. D’altronde, è plausibile ritenere che un’assicurazione smart, che provvede ad adeguare in modo automatico il premio e a calcolare il rischio ex ante, indurrebbe l’assicurato ad affidarsi al calcolo algoritmico. Sarebbe, dunque, iniquo ritenere che l’assicurato, il quale confidi legittimamente sull’automatico regolamento del premio, abbia l’onere di verificare che il contratto, dopo un certo evento, abbia effettivamente provveduto all’adeguamento del premio. Dovrebbe, allora, concludersi per l’inapplicabilità in siffatti casi del comma 1 dell’art. 1898 c.c.
[1] P. Tereszkiewicz, Digitalisation of Insurance Contract Law: Preliminary Thoughts with Special Regard to Insurer’s Duty to Advise, in AA.VV., InsurTech: A Legal and Regulatory View, Springer, 2020, 127 e ss; V. Chatzara, FinTech, InsurTech, and the Regulators, in AA. VV., InsurTech: A Legal and Regulatory View, Springer, 2020, 3 e ss.
[2] A. Borselli, Smart Contracts in Insurance: A Law and Futurology Perspective, in AA. VV., InsurTech: A Legal and Regulatory View, Springer, 2020, 101 e ss.; Lloyd’s, Triggering Innovation – How smart contracts bring insurance to life, report del 10 luglio 2019, in www.lloyds.com, in cui si sottolinea che gli smart contract potrebbero essere utilizzati per incrementare l’efficienza, aumentare il valore dei servizi offerti e fornire supporto agli assicuratori nell’offrire ai clienti prodotti e servizi migliori.
Sull’applicazione degli smart contract nel settore assicurativo giapponese, v. T. Koezuka, New Technologies and Issues with Insurance Contracts in Japan, in AA. VV., InsurTech: A Legal and Regulatory View, Springer, 2020, 147 e ss.
[3] Per una più approfondita analisi del progetto “Going Digital”, v. http://www.oecd.org/going- digital/project/.
[4] IAIS, FinTech Developments in the Insurance Industry, 21 February 2017, disponibile in www.iaisweb.org.
[5] L’IAIS ha rinnovato queste raccomandazioni nell’“Issues Paper on the Increasing Use of Digital Technology in Insurance and its Potential Impact on Consumer Outcomes” del 25 luglio 2018, sottolineando l’importanza di una collaborazione attiva e la necessità di realizzare delle linee-guida per un uso responsabile delle nuove tecnologie.
[6] Informazioni più dettagliate in merito alle iniziative intraprese dall’Insurance Authority di Hong Kong possono essere consultate in www.ia.org.hk/en/aboutus/insurtech_corner.html.
[7] Per maggiori informazioni in merito al prodotto assicurativo realizzato da Neos è possibile consultare: www.neos.co.uk.
[8] Va precisato che Axa ha ritirato dal mercato la polizza assicurativa “Fizzy”, una piattaforma permissioned che si avvaleva della blockchain per erogare rimborsi aerei in modo automatico ai clienti, sostenendo che la decisione fosse determinata dal basso grado di appealing suscitato dal prodotto.
[9] Svolge un’analisi approfondita della questione: A. Borselli, Smart Contracts in Insurance: A Law and Futurology Perspective, cit., 101 e ss.
[10] Per un approfondimento circa il funzionamento di tale tecnologia, v. https://beam.dental.
[11] Sul punto è possibile consultare il sito www.lemonade.com.
[12] Tra i primi contributi sull’argomento, v. M. Mekki, Intelligence Artificielle et contrats, in AA.VV., Droit de l’intelligence artificielle, a cura di A. Bensamoun, G. Loiseau, 2019, Paris, 131; G. Cattalano, La decision du contractant au prisme de l’Intelligence Artificielle, in AA.VV., La decisione nel prisma dell’Intelligenza Artificiale, a cura di E. Calzolaio, Milano, 2020, 77 e ss.; F. Dournaux, La legitimité des décisions contractuelles émanant d’une intelligence artificielle, ibidem, 96 e ss., il quale dubita che una I.A. potrà mai essere in grado di comprendere ciò che è “juste et bon”, sottolineando che l’I.A. è un buon servitore, ma un pessimo padrone. Secondo l’Autore, l’I.A. applicata al diritto dei contratti costituirebbe «le cheval de Troie de l’analyse économique du droit».
Messi in luce i possibili sviluppi degli smart contract, occorre illustrarne i limiti. Difatti, tale tecnologia divide gli interpreti tra coloro che ne esaltano le potenzialità[1] e quelli, più scettici, che considerano i limiti degli smart contract insormontabili[2].
Innanzitutto, si pone un problema di comprensibilità degli smart contract, poiché il linguaggio umano viene sostituito da un codice informatico, la cui intelligibilità è oscura ai soggetti non esperti della materia. Inoltre, tale tecnologia si connota per un’eccessiva rigidità, poiché gli smart contract sostituiscono al linguaggio umano, ricco di espressioni polisenso e suscettibili di plurime interpretazioni, un codice binario, compreso tra 0 e 1[3].
La rigidità che contraddistingue la struttura degli smart contract e la barriera “linguistica” che accompagna tali tecnologie hanno indotto una parte della dottrina a dubitare della compatibilità dei “contratti intelligenti” con la disciplina domestica in materia di vizi del consenso[4]. Difatti, l’impossibilità delle parti di controllare il contenuto e la portata dell’accordo ha indotto una parte degli interpreti a guardare con scetticismo a tale strumento.
La questione riveste una certa rilevanza pratica, poiché l’automazione che contraddistingue gli smart contract rende impossibile, una volta che sono stati avviati, annullare l’esecuzione, sempre che non sia stata prevista la c.d. funzione “kill”[5].
Tuttavia, le problematiche nascenti dalla mancanza di intelligibilità di uno smart contract possono essere agevolmente superate collegando il contratto de quo a un documento contrattuale elettronico, redatto ricorrendo al linguaggio umano e riproducente il contenuto del codice informatico in cui si sostanzia lo smart contract. I fautori di questa soluzione suggeriscono di articolare gli smart contract in tre elementi interconnessi e consistenti nello smart contract (inteso quale codice informatico), nel documento elettronico riproducente il contenuto dello smart contract, e nei parametri che incidono sull’esecuzione dello stesso[6]. Questa soluzione, che presuppone una “traduzione” del codice binario in un linguaggio umano, comporta il ricorso ai c.d. ricardian smart contract[7]. Peraltro, una parte della dottrina ha osservato che gli smart contract, in quanto contratti auto-eseguibili, potrebbero essere costituiti in modo da ovviare a tale impasse programmando un codice che, in presenza di determinati vizi, ponga rimedio a questi ultimi, correggendoli[8].
Un’ulteriore, e forse più pregnante, critica viene mossa agli smart contract: si obietta che tali tecnologie non sono in grado di riprodurre concetti astratti come quello espresso dalla clausola generale di buona fede[9]. In effetti, una tecnologia, basata su un codice binario che esegue quanto in esso previsto secondo lo schema logico “if this - then that”, non è in grado di riprodurre concetti e significati astratti o generali[10]. Tale impasse è confermato dalla decisione, assunta da due dei maggiori operatori economici nel settore tecnologico statunitense, di ricorrere alla contrattualistica “tradizionale” per regolare un rapporto di partnership commerciale. Difatti, Ripple, una delle principali società produttrici di tecnologie basate sulla blockchain, tra cui la criptomoneta XRP, e R3, società operante, inter alia, nel settore dello sviluppo di prodotti basati su DLT per il mercato finanziario, hanno stipulato un Technology Provider Agreement nel 2016, ricorrendo al modello classico di contratto. La ragione che ha indotto le due società statunitensi a non affidarsi al contratto “smart” per disciplinare il loro assetto di interessi va probabilmente rinvenuta nell’impegno che le parti si assumevano di rinegoziare ex fide bona la conclusione di una successiva partnership commerciale. L’inadempimento di tale obbligo ha spinto Ripple a citare in giudizio R3 dinanzi alla Superior Court dello Stato della California nel settembre del 2017[11].
È sufficiente osservare che, se le parti fossero riuscite a trasporre in un codice binario l’obbligo di rinegoziazione ex fide bona, non sarebbe stato necessario ricorrere in giudizio, poiché lo smart contract avrebbe adempiuto l’obbligazione in modo automatico[12]. Si tratta di una problematica particolarmente sentita e, al momento, difficilmente superabile, poiché gli smart contract, collegati ai registri distribuiti, si sostanziano in un programma informatico che non opera una scelta, ma si limita a rispondere a un particolare impulso.
Si sta cercando di superare tale impasse ponendo in relazione la tecnologia blockchain e la semantica, il cui scopo è quello di consentire ai sistemi di comprendere, in modo sempre più preciso, determinati significati (anche quelli polisenso).
Al riguardo, merita menzione il software “Claudette – automated CLAUse DETectEr”[13], il cui sviluppo è finalizzato a identificare e segnalare preventivamente ai consumatori, la presenza di eventuali clausole abusive. Si tratta di un ambizioso progetto che mira alla creazione di un software in grado di individuare in modo automatico e preventivo una clausola contrastante con l’obbligo derivante ex fide bona.
Sembrerebbe, quindi, che la soluzione al problema concernente l’impossibilità degli smart contract di processare concetti astratti vada rinvenuta nell’utilizzo delle c.d. “machine learning”, software in grado di apprendere il concetto di buona fede e di riprodurne i corollari in modo automatico nel rapporto tra le parti. L’obiettivo è quello di applicare le soluzioni dettate per il meta-learning agli smart contract, avvicinando in questo modo Intelligenza Artificiale, blockchain e machine learning. Tuttavia, tale tecnologia pone un ulteriore problema in termini di certezza e prevedibilità degli scambi[14], poiché solo nel momento in cui sarà possibile prevedere, con un grado di approssimazione vicino alla certezza, il processo che conduce il software a compiere una certa scelta, sarà possibile imputare quella scelta alle parti del contratto[15].
[1] Ex multis, cfr. F. Di Giovanni, Intelligenza artificiale e diritto - Attività contrattuale e intelligenza artificiale, in Giur. it., 2019, 1677 e ss.; V. Cappelli, Blockchain e fornitura di energia: riflessioni in materia di responsabilità tra decentralizzazione e tutela dei consumatori, in Oss. dir. civ. e comm., 2019, 335 e ss., che evidenzia le potenzialità della blockchain e degli smart contract nel settore dell’energia eco-sostenibile; V. Moscon, Tecnologie blockchain e gestione digitale del diritto d’autore e connessi, in Dir. ind., 2020, 137 e ss., secondo cui la tecnologia blockchain potrebbe essere utilizzata al fine di fornire supporto alla costruzione di un registro pubblico per i diritti d’autore.
[2] Per un approccio maggiormente “critico” si rinvia a F. Rampone, Smart contract: né smart, né contract, cit., 1 e ss.; G. Castellani, Smart contracts e profili di diritto civile, in www.comparazionedirittocivile.it, 11 e ss.; R. Mattera, Decisione negoziale e giudiziale: quale spazio per la robotica?, in Nuova giur. civ. comm., 2019, 198 e ss.; F. Delfini, Blockchain, Smart Contracts e innovazione tecnologica: l’informatica e il diritto dei contratti, in Riv. dir. priv. 2019, 2, 176 e ss.; R. Pardolesi, A. Davola, «Smart contract»: lusinghe ed equivoci dell’innovazione purchessia, in Foro it. 2019, V, 195 e ss.
[3] L. Piatti, Dal Codice Civile al Codice binario: blockchain e smart contracts, in Ciberspazio e Diritto, 2016, vol. 17, n. 56, 337 e ss.
[4] L. Parola-P. Merati-G. Gavotti, Blockchain e smart contract: questioni giuridiche aperte, cit., 686, secondo i quali sussiste il rischio che il codice informatico non contenga una corretta trasposizione della volontà della parte contraente e vi siano, conseguentemente, discrepanze tra l’accordo contrattuale e la traduzione nell’algoritmo. Cfr. anche P. Sirena, Le questioni degli smart contract con riguardo alla struttura e alla patologia del contratto, Relazione tenuta a Roma nel contesto del Convegno dal titolo Il robot tra diritto e processo, tenutosi presso la Suprema Corte di cassazione il 21 febbraio 2019, il quale sostiene che le parti dello smart contract possono accedere al sistema con chiavi crittografate e non come esseri umani; M. Giaccaglia, Considerazioni su Blockchain e Smart Contratti (oltre le criptovalute), cit., 941 e ss., pone in luce le criticità dello strumento relativamente alla questione dell’ammissibilità del linguaggio informatico e della governabilità delle sopravvenienze.
[5] La funzione kill permette alle parti di uno smart contract di interromperne l’esecuzione. Un’accurata spiegazione circa il funzionamento della modalità di “autodistruzione” è offerta da D. Felker, Self Destructing Smart Contracts in Ethereum, consultabile su: https://articles.caster.io/blockchain/self-destructing-smart-contracts-in-ethereum/.
[6] K. Werbach, Trust, But Verify: Why the Blockchain Needs the Law, in 33 Berkeley Technology Law Journal, 2, 545 ss. (2018).
[7] Formulati da I. Grigg nel 1996, i Ricardian contracts traggono il nome da David Ricardo: cfr. I. Grigg, The Ricardian Contract, in Proceedings of the First IEEE Workshop on Electronic Contracting, in www.researchgate.net; T. Belardi, Gli Smart Contract: storia e definizioni di un ibrido contratto/software, in AA.VV., Blockchain e Smart Contract, a cura di R. Battaglini e M. Giordano, Milano, 2019, 226.
[8] N. Gentile, Vicende patologiche del contratto in forma di smart contract, in AA.VV., Blockchain e Smart Contract, a cura di R. Battaglini e M. Giordano, Milano, 2019, 318 e ss.
[9] G. Cattalano, La decision du contractant au prisme de l’Intelligence Artificielle, cit., 87 e ss.; H. Surden, Computable Contracts, in 46 UC Davis Law Review, n. 629, 2012, 683 e ss.; J.M. Sklaroff, Smart Contracts and the Cost of Inflexibility, in 166 U. PA. L. Rev., 2018, 263 ss.; F. Dournaux, La legitimité des décisions contractuelles émanant d’une intelligence artificielle, cit. 98.
[10] Sul punto, v. N. Gentile, Vicende patologiche del contratto in forma di smart contract, cit., 339, che sottolinea la necessità di connettere gli smart contract al mondo esterno e avvalersi dell’interpretazione di un soggetto terzo o del giudice tutte le volte in cui, in un rapporto contrattuale, vi sia un richiamo alla buona fede. La problematicità della questione è stata colta anche da D. Fauceglia, Il problema dell’integrazione dello smart contract, in Contratti, 2020, 607.
[11] Deve precisarsi che, sebbene Ripple abbia citato R3 in giudizio dinanzi alla Superior Court dello Stato della California, sostenendo che la convenuta avesse violato il Technology Provider Agreement e chiedendo al giudice la risoluzione del contratto ed il risarcimento dei danni, le società hanno raggiunto un accordo che ha posto fine alla controversia. Difatti, il 10 settembre 2018, Ripple ha rilasciato la seguente comunicazione: “R3 HoldCo LLC, R3 LLC, Ripple Labs Inc. and XRP II, LLC announce that they have reached a settlement of all outstanding litigation between the parties. The terms of the agreement will remain confidential and both sides look forward to putting these disputes behind them”.
Sul punto, è possibile consultare l’articolo di J. Wilmoth, Ripple, R3 Reach Settlement in Multibillion Dollar Cryptocurrency Lawsuit, su: https://www.ccn.com/ripple-r3-reach-settlement-in-multibillion-dollar-cryptocurrency-lawsuit/.
In dottrina, cfr.: G. Rinaldi, Smart contract: meccanizzazione del contratto nel paradigma della blockchain, cit., 365 e ss.
[12] J.M. Sklaroff, Smart Contracts and the Cost of Inflexibility, cit., 293.
[13] Si tratta di un progetto di ricerca interdisciplinare, guidato dai professori G. Sartor e H.W. Micklitz dell’Istituto Universitario Europeo. Per maggiori ragguagli e informazioni, v. http://claudette.eui.eu
[14] R. Mattera, Decisione negoziale e giudiziale: quale spazio per la robotica?, cit., 202 sottolinea che «la rigidità è il punto di forza dello stesso, la quale però non lo rende adatto alle realtà giuridiche articolate come la nostra».
[15] Opina in modo parzialmente difforme F. Di Giovanni, Intelligenza artificiale e diritto - Attività contrattuale e intelligenza artificiale, cit., 1685: «La volontà, o la conoscenza, o la autodeterminazione della macchina (vale a dire la sua “psicologia”) non hanno autonoma rilevanza, perché la macchina non è “il contraente”, secondo ciascuno dei significati che possono attribuirsi a questo termine, ma è l’autrice di processi psicologici (cognitivi e volitivi) a cui il contraente umano affida la conclusione del contratto. Tuttavia, proprio il fatto che quei processi siano in qualche modo “portati fuori” dalla mente umana, cioè dalla sede degli stati psicologici del contraente-uomo, ne consente l’osservazione e la verifica obbiettiva. (…) Se (…) il contratto stesso è una macchina, affidare il suo funzionamento ad una intelligenza artificiale consentirà prima o poi (se è lecita l’espressione) un controllo strumentale di tale funzionamento, e consentirà di applicare i rimedi preordinati a tutelare il contraente sulla base della verifica controllabile dei presupposti di quei rimedi».
Le considerazioni che precedono confermano, da un lato, i notevoli vantaggi che gli smart contract potrebbero apportare in settori nevralgici dell’economia e, dall’altro lato, le problematiche, tuttora insolute, che il ricorso a tale tecnologia pone all’interprete. Difatti, le potenzialità applicative degli smart contract nel settore finanziario ed assicurativo sono significative, poiché, attraverso l’automatizzazione del contratto e il ricorso alla tecnologia blockchain, si realizza una completa tracciabilità delle informazioni e dei dati delle varie operazioni economiche e si assicura la certezza dello scambio, oltre che l’adempimento delle prestazioni.
Tuttavia, i contratti “intelligenti” non hanno conquistato il favore di tutti gli operatori del settore. L’atteggiamento critico esibito da alcune voci dottrinali discende dal differente peso che viene conferito alle problematiche, ancora irrisolte, che il ricorso a tale tecnologia comporta.
A tal riguardo, deve precisarsi che, sebbene non sia ancora possibile parificare in toto gli smart contract ai contratti tradizionali, ciò non esclude che questa nuova tecnologia possa essere utilizzata, nel prossimo futuro, con successo (seppur con qualche accorgimento), in particolari settori dell’economia.
Si registrano, infatti, già nel tempo presente, numerose applicazioni embrionali della tecnologia blockchain in campo assicurativo e finanziario, che confermano l’utilità degli smart contract e dei registri DLT.