Jus CivileISSN 2421-2563
G. Giappichelli Editore

Gli smart contract nell'ambito del FinTech e dell'InsurTech (di Alba Cinque)


L’articolo si propone di analizzare l’impatto degli smart contract sull’ordinamento giuridico italiano. Dopo aver esaminato la normativa domestica ed europea disciplinante la materia, si prendono in considerazione alcune ipotesi applicative degli smart contract nel settore finanziario e assicurativo. Infine, si affrontano alcune delle principali problematiche giuridiche inerenti alla possibilità di applicare in modo generalizzato e diffuso tale tecnologia.

Smart contracts in FinTech and InsurTech

The aim of this paper is to investigate the impact of smart contracts on the Italian legal system. After analysing the Italian and European legislation, some applications of smart contracts in FinTech and InsurTech are taken into consideration. Lastly, the major issues concerning a wider use of this technology are examined.

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Alba Cinque - Gli smart contract nell’ambito del FinTech e dell’InsurTech

COMMENTO

Sommario:

1. La normativa nazionale ed europea in materia. - 2. I possibili sviluppi degli smart contract in ambito finanziario. - 3. I possibili sviluppi degli smart contract in ambito assicurativo. - 4. L’«impasse» tecnologico. - 5. Conclusioni.


1. La normativa nazionale ed europea in materia.

L’avvento di nuove tecnologie, tra le quali è possibile annoverare i sistemi di blockchain e gli smart contract, ha determinato l’insorgenza di numerose questioni relative agli strumenti regolativi applicabili e all’esigenza di un’interpretazione delle norme vigenti adeguata alle diverse innovazioni tecnologiche. Il sintagma “smart contract”, coniato da Nick Szabo nel 1996[1], allude ad un contratto che, tradotto in un programma informatico, esegue quanto in esso previsto secondo lo schema logico “if this - then that”, suscettibile di contemplare una serie indefinita di variabili. In particolare, l’accordo viene trasposto in un codice binario che esegue automaticamente la prestazione contrattualmente dedotta, senza necessità dell’ausilio umano. Il verificarsi di certe condizioni produce, come conseguenza immediata, diretta ed automatica, un particolare effetto[2]. Il sistema non opera una scelta, ma si limita a rispondere a un particolare impulso, conformemente a quanto accade nella tecnologia dei bitcoin[3]. L’automatismo e la rigidità, che contraddistinguono tale tecnologia, hanno suscitato numerosi dubbi interpretativi. Difatti, la dottrina si è interrogata sulla natura, contrattuale o non contrattuale[4], degli smart contract e sulla opportunità che le parti affidino interamente l’esecuzione delle prestazioni e la gestione dell’intero rapporto contrattuale a un algoritmo[5]. Il legislatore ha cercato di fornire una risposta a tali interrogativi, introducendo, all’art. 8-ter della l. 11 febbraio 2019, n. 12[6], una definizione univoca di “smart contract”, concepito come un programma per elaboratore operante su tecnologie basate su registri distribuiti, i c.d. DLT (distributed ledger technology)[7]. Tuttavia, la formula a cui ha fatto ricorso il legislatore presta il fianco a molteplici critiche, poiché risulta essere eccessivamente ampia e generica. Innanzitutto, va sottolineata l’imprecisione lessicale di cui all’art. 8-ter, co. 1, della l. n. 12/2019, nella parte in cui si fa ricorso all’espressione “tecnologie basate su registri distribuiti”, come se fosse un sinonimo del termine “blockchain”, che rappresenta, invece, solo un particolare modello di registro distribuito[8]. Inoltre, il legislatore italiano, diversamente da quello maltese[9], non ha operato alcuna [continua ..]


2. I possibili sviluppi degli smart contract in ambito finanziario.

Dopo aver analizzato la legislazione domestica ed europea, è necessario prendere in considerazione alcune peculiari ipotesi applicative degli smart contract nel settore finanziario ed assicurativo. Difatti, queste macro-aree costituiscono il campo di sviluppo ottimale di tale tecnologia, poiché dall’automatizzazione del contratto e dal ricorso alla tecnologia blockchain discende una completa tracciabilità delle informazioni e dei dati delle varie operazioni economiche. La rilevanza della questione è dimostrata dal fatto che il Financial Stability Board (FSB), organismo preposto al coordinamento delle autorità finanziare nazionali e degli organismi di regolamentazione del settore finanziario, ha espressamente riconosciuto le potenzialità innovative del FinTech nei servizi finanziari, sottolineando anche i rischi connessi a una possibile destabilizzazione e a un indebolimento del sistema. Sulla base di queste premesse, il FSB ha pubblicato due rapporti generali con lo scopo di delineare delle linee guida a cui fare riferimento nell’utilizzo e nello sviluppo della tecno-finanza[1]. In particolare, il primo rapporto è finalizzato precipuamente all’individuazione delle principali minacce alla stabilità finanziaria derivanti dallo sviluppo del FinTech e le conseguenti implicazioni del crescente utilizzo dell'intelligenza artificiale (I.A.) e, in particolare, del ricorso alle c.d. machine learning nel settore finanziario[2]. Il secondo rapporto rilasciato dal FSB (realizzato in collaborazione con la Committee on the Global Financial System) concerne più specificamente l’analisi delle ripercussioni che il generale ricorso alle piattaforme FinTech di erogazione del credito potrebbe avere sul mercato finanziario. Difatti, si evidenzia che, se da una parte tali sistemi potrebbero determinare un aumento del livello concorrenziale tra i diversi operatori commerciali, dall’altro il ricorso generalizzato alle piattaforme FinTech di erogazione del credito potrebbe abbassare gli standard richiesti per la concessione di un prestito, con conseguenze nefaste sulla stabilità finanziaria[3]. I rischi connessi al ricorso generalizzato (e non regolamentato) alla tecno-finanza sono stati posti in evidenza anche dall'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE), che ha sottolineato come le tecnologie FinTech, costituendo un fattore di novità nel [continua ..]


3. I possibili sviluppi degli smart contract in ambito assicurativo.

Un’ulteriore declinazione evolutiva degli smart contract concerne, come detto, il settore assicurativo. Difatti, anche nel campo dell’InsurTech[1], le potenzialità applicative dei contratti automatizzati sono significative[2]. L’OCSE, al fine di adottare un approccio unitario e coerente volto ad assicurare che l’evoluzione digitale si traduca in una crescita economica, ha realizzato il progetto “Going Digital”[3], attualmente impiegato per aiutare i Paesi a porre in essere un impianto politico integrato nella regolazione della trasformazione digitale. Anche l’International Association of Insurance Supervisors (IAIS) (l’ente finalizzato ad individuare gli standard internazionali necessari per realizzare un’efficace supervisione del settore assicurativo) ha affrontato il tema delle possibili applicazioni della tecnologia in campo assicurativo[4]. L’IAIS ha previsto che la vera evoluzione dell’Insurtech si realizzerà solo allorquando gli ordinamenti nazionali procederanno ad adeguare la normativa interna alle innovazioni tecnologiche e gli operatori del settore porranno in essere condotte collaborative e di dialogo con gli enti di supervisione[5]. Queste indicazioni sono state recepite dall’Insurance Authority (IA) di Hong Kong, che ha promosso numerose iniziative[6] per favorire l’innovazione e l’utilizzo delle nuove tecnologie nel settore assicurativo. Tra queste, la più rilevante è l’istituzione di una “InsurTech Sandbox”, in cui le compagnie di assicurazione e i fornitori di prodotti tecnologici possono confrontarsi e testare prodotti e soluzioni innovative prime della loro immissione sul mercato. Con riferimento all’ordinamento europeo, sussistono numerosi impieghi embrionali di tale tecnologia. A titolo esemplificativo, si menziona il prodotto assicurativo della startup britannica Neos[7], consistente in un’assicurazione domestica continua (attiva 24/24h) realizzata attraverso sensori intelligenti che, al verificarsi di determinati eventi, inviano una comunicazione agli assicurati tramite un’App per Smartphone. Si tratta di una particolare applicazione di uno smart contract connesso al c.d. Internet of Thing (IoT), che permette di trasmettere informazioni in tempo reale agli utilizzatori. Tale tecnologia è stata utilizzata anche da AXA, che ha realizzato i c.d. smart flight insurance products[8]. [continua ..]


4. L’«impasse» tecnologico.

Messi in luce i possibili sviluppi degli smart contract, occorre illustrarne i limiti. Difatti, tale tecnologia divide gli interpreti tra coloro che ne esaltano le potenzialità[1] e quelli, più scettici, che considerano i limiti degli smart contract insormontabili[2]. Innanzitutto, si pone un problema di comprensibilità degli smart contract, poiché il linguaggio umano viene sostituito da un codice informatico, la cui intelligibilità è oscura ai soggetti non esperti della materia. Inoltre, tale tecnologia si connota per un’eccessiva rigidità, poiché gli smart contract sostituiscono al linguaggio umano, ricco di espressioni polisenso e suscettibili di plurime interpretazioni, un codice binario, compreso tra 0 e 1[3]. La rigidità che contraddistingue la struttura degli smart contract e la barriera “linguistica” che accompagna tali tecnologie hanno indotto una parte della dottrina a dubitare della compatibilità dei “contratti intelligenti” con la disciplina domestica in materia di vizi del consenso[4]. Difatti, l’impossibilità delle parti di controllare il contenuto e la portata dell’accordo ha indotto una parte degli interpreti a guardare con scetticismo a tale strumento. La questione riveste una certa rilevanza pratica, poiché l’automazione che contraddistingue gli smart contract rende impossibile, una volta che sono stati avviati, annullare l’esecuzione, sempre che non sia stata prevista la c.d. funzione “kill”[5]. Tuttavia, le problematiche nascenti dalla mancanza di intelligibilità di uno smart contract possono essere agevolmente superate collegando il contratto de quo a un documento contrattuale elettronico, redatto ricorrendo al linguaggio umano e riproducente il contenuto del codice informatico in cui si sostanzia lo smart contract. I fautori di questa soluzione suggeriscono di articolare gli smart contract in tre elementi interconnessi e consistenti nello smart contract (inteso quale codice informatico), nel documento elettronico riproducente il contenuto dello smart contract, e nei parametri che incidono sull’esecuzione dello stesso[6]. Questa soluzione, che presuppone una “traduzione” del codice binario in un linguaggio umano, comporta il ricorso ai c.d. ricardian smart contract[7]. Peraltro, una parte della dottrina ha osservato che gli smart contract, in quanto contratti [continua ..]


5. Conclusioni.