Jus CivileISSN 2421-2563
G. Giappichelli Editore

La responsabilità civile e sportiva e i rapporti tra stato e sport: nota a Cass. ord. 18 febbraio 2020, n. 3997 (di Maria Cimmino)


La ricostruzione dello sport in termini di ordinamento giuridico solleva non poche questioni  in ordine alla definizione dei relativi rapporti con l’ordinamento statale.  L’ordinanza in commento offre al giusprivatista diversi spunti di riflessione sul tema dell’autonomia dello sport, sulla natura giuridica delle Federazioni sportive e dei regolamenti sportivi destinati ad essere apprezzati nei giudizi di responsabilità civile e, non da ultimo, essa intercetta, altresì, la problematica ricostruzione del concetto stesso di sport in diritto

The civil liability in sport and the relationship between the state legal system and the sport legal system: case note to Cass. Ord. 18 february 2020 no 3997

Sport is conceived as a legal system and as a part of the international sports system; however despite its autonomy and specificity, the interaction between sport system and national legal system has significatively increased. The sport activities raise various teoretical and pratical questions concerning the branch of private law in a most diverse range of topic – which in the event of a dispute the judge must evaluate-not only related to the protection of the personal right, but also to the nature of the sports rules, the legal regime of sports associations, and finally the criteria of imputation of liability. According to this study the civil liability plays a key role in defining the relationship between Sport system and State system

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Maria Cimmino - La responsabilità civile e sportiva e i rapporti tra stato e sport: nota a Cass. ord. 18 febbraio 2020, n. 3997

SOMMARIO:

1. Premessa. Il problema. - 2. I fatti di causa e i profili da esaminare. - 3. La natura giuridica dei regolamenti sportivi e quella delle Federazioni sportive alla luce delle recenti pronunce del giudice statale e di quello eurounitario e la rilevanza delle regole sportive nel giudizio di colpevolezza. - 4. Segue La responsabilità del gestore di un impianto sportivo: la responsabilità presunta e la qualità del praticante. Il problema delle linee guida e dei protocolli. - 5. Lo sport in attesa di un intervento organico del legislatore e il futuro ruolo della responsabilità spor-tiva: prospettive de iure condendo alla luce della normativa per l’emergenza covid-19.


1. Premessa. Il problema.

La responsabilità sportiva, rectius la responsabilità civile in ambito sportivo, è argomento ormai da tempo ampiamente dibattuto in dottrina[1] quanto diffusamente trattato in giurisprudenza[2] giusta la riconducibilità prima facie di molteplici occasioni di danno occorse durante la pratica dello sport non solo alla regola generale dell’art. 2043 c.c., considerata l’ atipicità del fatto ivi previsto[3], ma anche, e forse soprattutto, alle altre norme del codice civile in tema di illecito extracontrattuale, attinenti alla responsabilità degli istruttori e dei genitori, dei padroni e committenti, a quelle previste per l’esercizio di attività pericolose e per la responsabilità da cose o animali in custodia[4]. Il provvedimento in commento appare degno di nota poiché, ancora una volta, lascia trasparire, per obiter dicta, i limiti di un orientamento, che, pur muovendo dal proposito indubbiamente condivisibile di confermare l’ astratta valutazione di meritevolezza delle attività sportive e dunque di rimarcare l’importanza di tutte le iniziative volte al sostegno ed alla promozione dello sport in ogni sua espressione e manifestazione[5] , tuttavia sembra rinunciare ad una rivisitazione di quel percorso ricostruttivo che ha portato, decenni orsono, a configurare un’area di non punibilità per i praticanti, ovvero di sostanziale esonero da responsabilità civile[6], con conseguenti limitazioni anche della responsabilità di altri soggetti a vario titolo coinvolti nell’evento sportivo[7], sulla base della nota e dibattuta[8] teoria dell’accettazione del rischio sportivo, nonché presupponendo apoditticamente un’equiparazione tra amatorialità ed agonismo.  Alla luce della nota teoria del rischio consentito[9] , infatti, si può dire che ancora oggi vale la regola di elaborazione giurisprudenziale per la quale in presenza di talune circostanze la responsabilità civile può essere esclusa, non sorgendo alcun obbligo risarcitorio né a carico dell’atleta né a carico di altri[10]. Se è vero che, come si osserva in dottrina[11] , l’esclusione dell’illiceità di taluni fatti lesivi che si verifichino durante la pratica sportiva non è più dovuta ad una visione statocentrica, ovvero ad una paternalistica concessione da parte [continua ..]


2. I fatti di causa e i profili da esaminare.

La controversia trae origine da un incidente avvenuto durante una partita di calcetto “giocata a titolo amatoriale”, o almeno così qualificata dal giudicante, nel corso della quale a seguito di una scivolata uno dei partecipanti batteva il capo lungo un muretto di recinzione, riportando gravissimi danni alla propria persona. Instaurata la lite nei confronti dell’associazione dilettantistica, nonchè della polisportiva cui questa era affiliata, che avevano a loro volta chiamato in giudizio l’ente locale e la compagnia assicurativa, e soccombendo in prime cure e in appello, il danneggiato ricorre per Cassazione a mezzo della madre, suo legale rappresentante in qualità di suo amministratore di sostegno. In buona sostanza, l’istante sostiene- tra i motivi di ricorso -che il campo di calcetto non fosse a norma, assumendo, in particolare, che la presenza di un muretto ad una distanza reputata inferiore a quella prescritta nei regolamenti sportivi, e in quanto tale  irregolare e contrastante con i regolamenti disciplinanti le norme di sicurezza per la costruzione e la gestione degli impianti sportivi, non avrebbe garantito la sicurezza necessaria e che la Corte aveva erroneamente ritenuto il contrario, peraltro omettendo di valutare l'assenza di schermature idonee ad evitare una situazione di pericolo per i giocatori.  Secondo la Corte di merito, viceversa, posto che il muretto contro il quale il ricorrente si era andato ad imbattere, si trovava ad una distanza superiore a quella minima prevista, con la conseguenza che, esclusa una condizione obiettiva di pericolosità, non poteva predicarsi la responsabilità per danni ex art. 2051 c.c.; osservava, inoltre, il giudice in appello che le dimensioni erano conformi a quelle previste per i campi di calcetto visto che le disposizioni invocate dall’attore disciplinavano al contrario la più ampia struttura dei campi di calcio, e non le gare come quella relativa al caso concreto che prevedevano il coinvolgimento di squadre con composizione più che dimezzata chiamate a disputare il gioco su terreni per i quali è prevista una misura ridotta, e comunque differente da quella relativa ad eventi con un più alto numero di partecipanti. Il giudice di legittimità, nel confermare le gravate decisioni nei limiti della non sindacabilità in Cassazione delle questioni di mero fatto, in relazione all’allegazione [continua ..]


3. La natura giuridica dei regolamenti sportivi e quella delle Federazioni sportive alla luce delle recenti pronunce del giudice statale e di quello eurounitario e la rilevanza delle regole sportive nel giudizio di colpevolezza.

Emerge dai motivi di ricorso che in appello si era discusso se i regolamenti sportivi dovessero considerarsi alla stregua delle fonti di diritto e quindi in quanto tali reputarsi soggetti al principio iura novit curia, oppure se, contrariamente, essi ricadessero nel novero dei fatti da allegare dalle parti. Sul punto la Corte di Cassazione sembra condividere la posizione assunta dal giudice di secondo grado secondo cui, essendo atti volti a disciplinare le attività sportive di associazioni private, ispirati alla Regolamentazione del CONI, essi (cioè i regolamenti) dovevano essere considerati meri atti amministrativi, da assoggettare al regime di cui all'art. 345 cpc.; in argomento, peraltro,  la Corte richiama il proprio orientamento secondo cui l'obbligo del giudice di ricercare le fonti del diritto applicabili alla fattispecie dedotta in giudizio non opera con riferimento alle norme giuridiche secondarie ed agli atti amministrativi che devono essere depositati tempestivamente dalla parte che intende avvalersene" (cfr.Cass.16089/2007; Cass. 2737/2015). In ordine a questo primo aspetto, non è chiaro perché pur considerati atti di soggetti privati essi vengano qualificati dalla Corte come atti amministrativi. E’ anzi doveroso rilevare che il tema non può dirsi pacificamente esauritosi nel dibattito dottrinario e giurisprudenziale, nell’ambito del quale esso è stato affrontato in particolare in relazione al profilo della validità dei contratti sportivi conclusi in violazione delle previsioni del cd. ordinamento sportivo[1] e della possibilità di una cosiddetta doppia qualificazione di un atto realizzato in àmbito sportivo, una dall’ordinamento sportivo e un’altra dall’ordinamento statale; discutendosi, in tal caso, se le norme sportive, in quanto frutto di una potestà normativa delegata dal legislatore statale alle singole federazioni sportive, fossero suscettibili di assimilazione alle norme dell’ordinamento statale[2]. Secondo parte degli studiosi[3] la questione rimanderebbe innanzitutto all’interpretazione dell’art. 23 del cd. Decreto Pescante, il quale nell’assegnare a detti enti compiti a valenza pubblicistica non contempla fra questi la potestà normativa e regolamentare, essendo le Federazioni enti con personalità giuridica di diritto privato; di conseguenza i regolamenti sportivi sarebbero atti di autonomia [continua ..]


4. Segue La responsabilità del gestore di un impianto sportivo: la responsabilità presunta e la qualità del praticante. Il problema delle linee guida e dei protocolli.

Del resto la propensione ad una valutazione in concreto della colpa l’unica possibile “in mancanza i analisi precise dei modelli di giudizio seguite dai giudici”[1], nella ricostruzione dell’elemento soggettivo della colpevolezza, sembra voler superare la spinosa valutazione della conoscenza e/o conoscibilità del comportamento precauzionale da tenere in vista dell’evitabilità dell’evento; se come rileva la dottrina sul piano processuale la colpa si risolve nell’inosservanza di una regola cautelare di condotta finalizzata alla prevenzione del danno[2] e se la colpa generica è accertata secondo i criteri della prevedibilità[3], l’apprezzamento del grado di rimproverabilità dell’agente in relazione alla regola di condotta violata e cioè a dire dell’abilità del praticante e del grado di esperienza da lui eventualmente acquisito, risulta un passaggio ancor più delicato in presenza di attività che richiedono speciali abilità ovvero l’applicazione di regole e conoscenze tecniche; circostanza vieppiù rilevante anche ai fini della configurabilità di ipotesi speciali di responsabilità e quindi anche sotto il profilo distribuzione dell’onere probatorio. L’analisi della responsabilità del gestore di impianti sportivi, oggetto dell’ordinanza de qua, sembra comprovare la delicatezza delle richiamate questioni, come conferma l’orientamento giurisprudenziale formatosi in tema di responsabilità dei gestori dei maneggi; sulla base di una distinzione tra responsabilità presunta e per colpa presunta,  la giurisprudenza nel ricostruire la responsabilità del gestore “in qualità di proprietario o utilizzatore del cavallo, dal cui utilizzo trae profitto”[4],  ha ritenuto in linea di prima approssimazione che sia l’applicazione della norma dell’art. 2050 c.c. dettata in tema di attività pericolosa che quella dell’art. 2052 c.c. relativa alla custodia di animali, condurrebbero allo stesso risultato pratico, in quanto entrambe configurerebbero ipotesi di responsabilità presunta e non per colpa presunta, richiedendosi quindi come prova liberatoria non la semplice prova dell’uso della normale diligenza nella custodia dell’animale stesso o della mansuetudine di questo, “essendo che è irrilevante [continua ..]


5. Lo sport in attesa di un intervento organico del legislatore e il futuro ruolo della responsabilità spor-tiva: prospettive de iure condendo alla luce della normativa per l’emergenza covid-19.