Jus CivileISSN 2421-2563
G. Giappichelli Editore

La reticenza prenegoziale nel progetto di riforma del codice civile (di Matteo De Poli)


Lo scritto approfondisce la tematica della reticenza prenegoziale alla luce del progetto di riforma del codice civile italiano ispirato dalle recenti modifiche al code civil francese. In particolare, lo scritto si focalizza sull’introduzione di un obbligo di informativa nel corso delle trattative, su quale sia la portata di detto obbligo e sulle conseguenze della sua violazione sul piano della responsabilità precontrattuale e della validità del contratto eventualmente stipulato. Lo scritto si conclude con una proposta de iure condendo.

The reform project of the Italian Civil Code: The reticence in contractual negotiations

The Author examines the current reform project of the Italian Civil Code as inspired by the recent amendments to the French Civil Code, focusing on the issue of the reticence in contractual negotiations. Thus, the Author analyzes the introduction of a duty of disclosure during the negotiations, the extent of that duty, and the consequences of its violation in terms of pre-contractual liability and validity of the contract. The conclusions include a proposal “de iure condendo”.

Matteo De Poli - La reticenza prenegoziale nel progetto di riforma del codice civile

COMMENTO

Sommario:

1. Premessa. - 2. Sull’obbligo di informazione nel corso delle trattative: ambito, contenuto, destinatari. - 2.1. Sull’inderogabilità dell’obbligo. - 3. Le conseguenze della violazione dell’obbligo tra responsabilità precontrattuale e dolo. - 4. Una proposta di articolato.


1. Premessa.

È noto che la lettera degli artt. 1337 e 1338 c.c. sia stata progressivamente erosa dall’azione giurisprudenziale, con l’effetto di creare una disciplina della materia collaterale a quella prodotta dal diritto scritto[1]. È al fine di positivizzare il diritto vivente, mi sembra, più che di porre rimedio ad una grave situazione di incertezza, che il Governo è intervenuto con un progetto di riforma del Codice Civile, il disegno di legge S.1151 Delega al Governo per la revisione del codice civile, del 19 marzo 2019. Il d.d.l., al suo art. 1, co. 1, lett. f), delega il Governo a «prevedere, nel corso delle trattative per la conclusione del contratto, che la parte che sia a conoscenza di una informazione di rilievo determinante per il consenso sia inderogabilmente tenuta a comunicarla all’altra parte quando questa la ignori e abbia fatto necessario affidamento sulla lealtà della controparte; sono escluse le informazioni concernenti il valore dell’oggetto del contratto». Il testo ricalca, quasi pedissequamente, il disposto dei primi due commi dell’art. 1112-1 del Codice Civile francese - introdotto dall’art. 2 dell’Ordinanza 131 del 10 febbraio 2016[2] -, il quale, al primo comma, sancisce che  «Celle des parties qui connaît une information dont l’importance est déterminante pour le consentement de l’autre doit l’en informer dès lors que, légitimement, cette dernière ignore cette information ou fait confiance à son cocontractant», precisando poi, al secondo comma, che «Néanmoins, ce devoir d’information ne porte pas sur l’estimation de la valeur de la prestation». La Relazione dedicata a questa parte della riforma merita una particolare attenzione e, così, essa diviene un utile strumento di comprensione della volontà del Governo. Ivi[3], tra l’altro, si chiarisce che tale riforma mira a «colmare una riconosciuta lacuna dell’attuale sistema codicistico della responsabilità precontrattuale quale risultante dagli articoli 1337 e 1338 del codice civile, pur fatti oggetto di una significativa valorizzazione giurisprudenziale dell’obbligo di comportarsi secondo buona fede nello svolgimento delle trattative e della tutela del legittimo affidamento nella validità del vincolo»[4], e che «Nel dettare i principi e i [continua ..]


2. Sull’obbligo di informazione nel corso delle trattative: ambito, contenuto, destinatari.

Il cuore della lettera f) sta nell’introduzione di un obbligo della parte trattante di comunicare all’altra parte, nel corso delle trattative, le informazioni rilevanti per la determinazione di contrarre delle quali, a differenza dell’altra parte, essa sia a conoscenza. Balza immediatamente agli occhi il confino di tale obbligo alla fase delle trattative[1], ossia a tutto quel complesso di atti - incontri, colloqui, scambi di idee, proposte, controproposte - che precede la stipula del contratto. Nulla lascia pensare che il Governo abbia pensato di escludere la sussistenza di tale obbligo nella successiva fase della formazione del contratto[2]. Di più: la relazione al Disegno di Legge, a p. 9, spinge a ritenere che di una svista, una sottovalutazione, più che di una scelta, si sia trattato, forse perché «trattative» e «formazione del contratto» sono state (impropriamente) considerate quali sinonimi. Infatti, ivi si legge che «Nel dettare i principi e i criteri direttivi di cui all’articolo 1, comma 1, lettere da f) a i), si prevede un insieme di misure, volte a tutelare, prevalentemente, ma non solo, il contraente che si venga a trovare in una situazione di asimmetria, che coprono l’intero arco della vicenda contrattuale, dalla fase delle trattative a quella della formazione del contratto fino alla fase esecutiva». Quanto all’art. 1112-1 del Codice francese, esso non contiene alcun esplicito riferimento alle négociations: vero è, tuttavia, che la norma si inserisce proprio nella sottosezione rubricata «Les négociations», sicché questo appare essere il suo vero ambito applicativo[3]. Il mancato riferimento alla fase della formazione del contratto si pone in modo distonico non solo con quanto previsto dall’art. 1337 c.c. - secondo cui le parti sono tenute a comportarsi secondo buona fede nella fase delle trattative e, anche, nella formazione del contratto - ma anche con la disposizione francese corrispondente al nostro art. 1337 c.c., l’art. 1104 del Code Civil, che impone l’obbligo di comportarsi secondo buona fede tanto nella fase delle trattative quanto in quella di formazione del contratto, stabilendo che «Les contrats doivent être négociés, formés et exécutés de bonne foi»[4]. Ciò detto, è auspicabile che la Legge Delega o il Decreto [continua ..]


2.1. Sull’inderogabilità dell’obbligo.

Il Disegno di Legge qualifica come inderogabile la previsione che impone alle parti di comunicarsi le informazioni rilevanti. Così dispone anche - con un grado di precisione maggiore - il comma 5 dell’art. 1112-1 del Code Civil, secondo il quale «Les parties ne peuvent ni limiter, ni exclure ce devoir». Pertanto, le parti non dovrebbero poter convenire alcuna deroga al dovere di comunicare le informazioni rilevanti di cui siano a conoscenza, né, dunque, escludendo tale obbligo né limitandone la portata. Tale conclusione sembrerà scontata a chi riporta l’obbligo di informazione a quello di buona fede e considera lo stesso come uno dei «doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale» di cui all’art. 2 Cost., trattando, dunque, l’art. 1337 c.c. come norma imperativa inderogabile[1]. Questa convinzione trova terreno fertile in Francia, dove il legislatore sancisce espressamente, all’art. 1104, co. 2, del Code, che l’obbligo di comportarsi secondo buona fede nelle trattative, nella formazione e nell’esecuzione del contratto è una disposizione di ordine pubblico: «Cette disposition est d’ordre public»[2]. Una simile impostazione - che, facendo divenire imperativa una regola di comportamento[3], comporterebbe la nullità tanto dell’accordo prenegoziale che legittima la reticenza di una o di entrambe le parti, tanto del contratto successivamente stipulato - pare lungi dall’essere accolta nel nostro ordinamento. Ed infatti la Suprema Corte, da tempo, sostiene che «la disposizione dell’art. 1337 cod. civ. - che impone alle parti l’obbligo di comportarsi secondo buona fede nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto - è (al pari di quelle degli artt. 1175 e 1375 cod. civ.) norma meramente precettiva o imperativa positiva, dettata a tutela ed a limitazione degli interessi privatistici nella formazione ed esecuzione dei contratti, e non può, perciò, essere inclusa tra le ‘norme imperative’, aventi invece contenuto proibitivo, considerate dal comma 1 dell’art. 1418 cod. civ., la cui violazione determina la nullità del contratto anche quando tale sanzione non sia espressamente comminata»[4]. Esprimo la mia contrarietà verso la scelta di definire l’obbligo come «inderogabile». Nei contratti [continua ..]


3. Le conseguenze della violazione dell’obbligo tra responsabilità precontrattuale e dolo.

La Relazione al Disegno di Legge fa intuire con certezza che il legislatore voglia attribuire alla parte che non abbia ricevuto le informazioni rilevanti che le spettavano, quantomeno, una tutela risarcitoria. Infatti, come già accennato, si legge[1] che «Il criterio direttivo di cui alla lettera f) risulta in linea con gli approdi giurisprudenziali più recenti in tema di responsabilità precontrattuale (compendiati nella massima secondo cui “La violazione dell’obbligo di comportarsi secondo buona fede nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto, previsto dagli artt. 1337 e 1338 c.c., assume rilievo in caso non solo di rottura ingiustificata delle trattative e, quindi, di mancata conclusione del contratto o di conclusione di un contratto invalido o inefficace, ma anche di contratto validamente concluso quando, all’esito di un accertamento di fatto rimesso al giudice di merito, alla parte sia imputabile l’omissione, nel corso delle trattative, di informazioni rilevanti le quali avrebbero altrimenti, con un giudizio probabilistico, indotto ad una diversa conformazione del contratto stesso”, Corte di cassazione, sezione prima, sentenza n. 5762 del 23 marzo 2016)»[2]. Resta però da sciogliere il nodo, già segnalato, della «soglia» di attivazione della tutela perché, se sarà confermato il testo dell’articolato, essa, posizionandosi all’altezza dell’informazione che, se vi fosse stata, avrebbe legittimato la parte a recedere dalla trattativa, priverà incomprensibilmente dell’azione di danni tutti coloro che avrebbero ugualmente concluso il contratto, seppure a condizioni diverse. Inutile spendere troppe parole, poi, sul fatto che la parte che abbia fatto necessario affidamento sulla lealtà della controparte, venuta a sapere del silenzio di questa su una circostanza determinante, potrà recedere giustificatamente dalle trattative. Nel caso, poi, in cui la parte che abbia fatto necessario affidamento sulla lealtà della controparte e abbia subito dei danni a causa della condotta reticente di questa - basti pensare ai costi di assistenza legale, o a quelli di trasporto per giungere nel luogo delle trattative, etc. - avrà diritto al risarcimento degli stessi, sia nell’ipotesi in cui non abbia concluso il contratto sia in quella in cui lo abbia concluso (sia questo valido ovvero [continua ..]


4. Una proposta di articolato.