Jus CivileISSN 2421-2563
G. Giappichelli Editore

Tommaso dalla Massara, Il consenso annichilito. La critica radicale del contratto in Siegmund Schlossmann (Collana Atlante della cultura giuridica europea), Bologna, il Mulino, 2021, pp. 159 (di Mauro Grondona)


Questo è un libro colto, ambizioso, difficile.

È un libro colto, perché il lettore (cui si richiede un certo impegno intellettuale), dalla prima all’ultima pagina viene condotto (ma non direi preso per mano, perché Tommaso dalla Massara, come autore, non sembra affetto da alcuna pulsione paternalistica, spiegando al lettore quello che già dovrebbe sapere o che comunque dovrebbe, o potrebbe, capire da solo) lungo un sentiero culturalmente affollatissimo. Può anche darsi che non tutto si tenga (ma qui avranno voce in capitolo i singoli specialisti chiamati in causa: romanisti, civilisti, comparatisti, politologi, antropologi, e l’elenco potrebbe continuare – l’autore, a p. 16, precisa, ma in realtà non è così, che ragionerà «in termini rigorosamente giusprivatistici»; al contrario, il volume di dalla Massara è il tentativo riuscito di un metodo interdisciplinare, che attinge, con beneficio, da molti e diversificati ambiti del sapere), ma, se è indubbio che (come una volta scrisse Arnaldo Momigliano) la più grande qualità di un libro (e quindi di un autore) è ‘the courage to be wrong, which, sometimes, turns out to be the courage to be right’(che vuole dire, anche, avere il coraggio di rischiare: e la ricerca è, prima di tutto, rischio intellettuale; e rischiando, appunto, si può, alla fine, aver ragione), le pagine di questo volume sono soprattutto coraggiose nella loro, per dir così, forza e compattezza (una forza compatta, direi) connettiva. Dunque, pagine estremamente ricche di connessioni (tutte all’insegna del rapporto tra attuale e inattuale, cercando l’attuale nell’inattuale, e viceversa: ma in effetti è proprio questo uno degli obiettivi della nuova, e bella – anche esteticamente – collana del Mulino), e quindi di esiti inaspettati. Leggere questo libro è perciò un’av­ventura intellettuale: occorre affidarsi all’autore, ma occorre anche avere fiducia in sé stessi (perché l’autore sfida il lettore, come vedremo).

segue

È un libro ambizioso, perché dalla Massara, ben consapevolmente (e, appunto, anche coraggiosamente), compie un percorso che, molto in sintesi, si snoda lungo i seguenti tornanti (enumero i principali, ma i 39 paragrafi lungo i quali si articola il discorso sono fedeli testimoni del molto che qui ometto): il senso del vincolo contrattuale; il rapporto tra libertà individuale e volontà individuale; la legittimità del potere, individuale e statale; il rapporto tra diritto civile romano e diritto civile moderno e contemporaneo; il rapporto tra diritto (e in particolare il contratto) ed economia (e in particolare, lo scambio, il mercato: «L’intento di Schlossmann era dunque quello di colpire il contratto per attaccare la libertà economica?», si chiede dalla Massara, a p. 52); il passaggio dal dono al contratto; il ruolo del nichilismo quale presenza, disturbante, (anche) nel ‘giuridico’ (dalla Massara parla di «dirompente nichilismo» di Schlossmann, p. 95).

È perfettamente chiaro come tutti questi temi e questi rapporti ben potrebbero meritare svolgimenti autonomi; ma l’ambizione (che non è però compiacimento; e faccio di proposito questa notazione, apparentemente superflua, perché, in un lavoro del genere, il rischio di non resistere alla tentazione dello snobismo intellettuale è ovviamente forte: ma a me pare che non vi sia una riga del lavoro in cui il lettore – anche il più smaliziato, e magari pure non benevolo – avverta il suono falso della posa) di Tommaso dalla Massara si rivela, a mio giudizio, soprattutto in ciò: egli si prefigge di mostrare che la radicale critica di Siegmund Schlossmann al contratto, e in particolare all’idea contrattuale base (tuttora vittoriosa, e forse è bene così, anche per evidenti ragioni pratiche), cioè che il contratto è un accordo tra volontà che si incontrano, ha una funzione benefica (senza dubbio, culturalmente, ma forse anche antropologicamente), nonché liberatoria (anche in chiave psicoanalitica: pp. 35-37). Il contratto è un qualcosa che ha la sua propria materialità (anche concettuale: pure il non giurista, quando parla di contratto, sa esattamente cosa voglia intendere, impiegando questa parola; o meglio, sa per certo, in negativo, cosa ‘contratto’ non è); ma la materialità del contratto (dunque, il contratto come oggetto sociale, come pilastro dell’economia, come strumento, anche, di realizzazione della persona) è la dimensione visibile di un vuoto: è ciò che si vede di un qualcosa che non c’è.

La volontà, apparentemente saldissima alla base del contratto, e dunque [continua..]

Fascicolo 2 - 2022