Jus CivileCC BY-NC-SA Commercial Licence ISSN 2421-2563
G. Giappichelli Editore

M. Stürner, Europäisches Vertragsrecht. Institutionelle und methodische Grundlagen, materielles Recht, Kollisionsrecht, Berlin/Boston, 2021, pp. 821 (di Mauro Tescaro)


Il diritto privato europeo, specialmente in materia contrattuale, è assai difficile da dominare soprattutto per le continue ma non sempre lineari innovazioni che lo caratterizzano, oltre che per la sua spiccata interdisciplinarità.

La difficoltà in parola è acuita dal fatto che negli ultimi anni il processo di armonizzazione ha perso molto del dinamismo che lo aveva caratterizzato in precedenza, come dimostrato tra l’altro dalla mancata adozione della proposta – COM(2011) 635 – di regolamento relativo a un diritto comune europeo della vendita, essendo pertanto oggi più arduo che in passato individuare chiare tendenze evolutive.

segue

Ne deriva un mosaico o se si preferisce essere più ottimisti un dipinto puntinistico per la lettura del quale è fondamentale l’apporto della dottrina, chiamata però a superare i tradizionali approcci dogmatici nazionali e ad aprirsi alla prospettiva comparatistica ovverosia alla considerazione delle regole e più in generale delle culture giuridiche di numerosi Paesi.

Proprio in questa direzione si muove il volume in esame: esso intende indagare il diritto privato dell’Unione europea in materia (in senso ampio) contrattuale al fine di ordinarlo e ricostruirlo per quanto possibile sistematicamente, sia pure senza nasconderne contraddizioni e mancanze, tenendo conto pure delle normative interne soprattutto della Germania ma non di rado anche di Francia, Regno Unito e Italia (nonché talvolta di altri Paesi membri), specialmente ove sia possibile scorgere nelle stesse tradizioni o anche solo tendenze recenti comuni.

L’opera è divisa in quattro parti concernenti rispettivamente (i) i fondamenti istituzionali e metodologici, (ii) il diritto contrattuale sostanziale, (iii) il diritto internazionale privato e, infine, (iv) il diritto contrattuale nel contesto generale.

La prima parte del volume (i) introduce alla materia, innanzi tutto rammentando come gli obiettivi essenziali dell’armonizzazione del diritto privato europeo consistano nella uniformazione degli standard di protezione dal lato della domanda di beni e servizi, così da rafforzare la fiducia nel mercato unico, e al tempo stesso nella uniformazione pure delle condizioni di concorrenza per gli imprenditori. In un simile contesto, il diritto contrattuale è di centrale importanza in quanto può fungere da fondamento normativo per l’attività economica degli operatori del mercato comune ma anche ostacolarne lo sviluppo, ove consista in norme imperative notevolmente differenziate nei vari Stati membri.

Per quanto concerne le nozioni di base, si sostiene come, anche dopo l’entrata in vigore (il 1° dicembre 2009) del Trattato di Lisbona, ben si possa continuare a parlare di diritto privato comunitario (Gemeinschaftsprivatrecht), sebbene tale espressione sia sempre più di frequente sostituita da diritto privato dell’Unione europea (Unionsprivatrecht), che quantomeno dal punto di vista formale può apparire preferibile. In merito invece alla nozione di diritto contrattuale europeo (Europäisches Vertragsrecht), per quanto essa restrittivamente intesa riguarderebbe solo fonti del diritto dell’Unione europea, si ritiene indispensabile concepirla più ampiamente comprendendo al suo interno pure le normative nazionali degli Stati membri attuative di tale diritto o anche solo in qualche misura collegate a esso. Dal punto di vista contenutistico, peraltro, è arduo tracciare confini precisi continuando a mancare già solo la formalizzazione di una definizione generale di contratto valevole a livello europeo.

Sempre nella parte introduttiva, sono approfondite pure le nozioni più rilevanti in tema di armonizzazione e unificazione del diritto dell’Unione europea, a seconda dei casi sostanziale o internazionale privato, distinguendosi varie forme di armonizzazione come quella – per lungo tempo dominante – minima, quella – negli ultimi anni sempre più perseguita – massima e la figura per così dire intermedia della piena armonizzazione mirata (targeted full harmonisation).

Poste simili basi concettuali, è dedicato ampio spazio all’evoluzione del diritto contrattuale europeo, opportunamente premettendosi l’importanza per comprenderne gli sviluppi attuali della prospettiva storica e così anche della tradizione romanistica. Si sottolinea quindi come un cambiamento epocale sarebbe stato segnato dall’adozione di un vero e proprio Codice civile dell’Unione europea, obiettivo questo che – pur essendo sempre stato controverso – era sembrato in anni passati non impossibile da raggiungere, ma che risulta oggi abbandonato. Lo dimostra la rilevanza ormai solo dottrinale del Draft Common Frame of Reference (DCFR) – che come noto intendeva invece anche fungere da modello per la codificazione del diritto patrimoniale a livello europeo – cui si aggiunge il già rammentato insuccesso persino della meno ambiziosa proposta di regolamento relativo a un diritto comune europeo della vendita.

Ciò considerato, le più importanti sfide future che l’Unione europea ha di fronte nella nostra materia sono rappresentate da un lato dal miglioramento della disciplina del mercato unico digitale, come testimoniato tra l’altro dalla direttiva (UE) 2019/770 su determinati aspetti dei contratti di fornitura di contenuto digitale e di servizi digitali, cui si collega la direttiva (UE) 2019/771 su determinati aspetti dei contratti di vendita di beni, e dall’altro dalle conseguenze della Brexit, che potrebbero a lungo andare anche rivelarsi positive, se in assenza della fiera impostazione di common law incarnata dal Regno Unito risulterà più semplice armonizzare o persino uniformare le normative degli Stati membri. Ciò nonostante è secondo il nostro Autore necessario che l’Unione europea rimanga anche in futuro aperta alla cultura giuridica di common law, non solo perché quest’ultima – piaccia o no – è quella dominante nel commercio mondiale ma anche perché il reciproco avvicinamento tra tale cultura giuridica e quella di civil law è un processo sviluppatosi ampiamente da vari decenni anche oltre il livello dell’Unione europea e che non sarebbe comunque possibile arrestare.

Quanto all’apporto dei vari progetti dottrinali in materia di diritto privato europeo, il volume in esame ne pone in rilievo, nel complesso, il fondamentale ruolo propulsivo, approfondendo i rispettivi pregi e difetti. In quest’ambito è dedicato adeguato spazio anche a due iniziative provenienti dall’Italia, innanzi tutto quella dell’Accademia dei giusprivatisti europei di Pavia, verso almeno alcuni aspetti della quale (per esempio la tendenziale svalutazione delle norme imperative, in contrasto con l’evoluzione normativa europea non solo in materia di tutela del consumatore, e l’impiego probabilmente eccessivo di clausole generali, che può complicare piuttosto che favorire l’avvicinamento dei diversi ordinamenti giuridici) si segnalano crescenti perplessità tra gli studiosi; ma non se ne disconosce la perdurante utilità anche pratica dimostrata dai riferimenti sovente compiuti a essa pure dagli avvocati generali della Corte di Giustizia dell’Unione europea nelle loro conclusioni. Il secondo progetto dottrinale italiano preso in considerazione è il Common Core of European Private Law di Trento, di cui si apprezza l’impostazione spiccatamente comparatistica e al tempo stesso casistica, ma il giudizio sul quale si ritiene che possa variare notevolmente a seconda dei contenuti di ciascuna delle numerose opere pubblicate nella omonima serie.

Tra le iniziative dottrinali più recenti, è poi presentata quella, prevalentemente franco-tedesca, diretta a elaborare un Code européen des affaires, il cui futuro è peraltro attualmente assai difficile da prevedere. L’opera qui recensita si sofferma quindi sull’ulteriore progetto scientifico, realizzato per lo più presso o in collegamento con il Max-Planck-Institut di Amburgo, dei Commentaries on European Contract Laws a cura di Nils Jansen e Reinhard Zimmermann, che con il loro tentativo di un esame ordinato dei variegati testi reperibili in materia di diritto contrattuale europeo risultano particolarmente utili in una fase storica come quella attuale, nella quale non è ragionevolmente immaginabile che possa giungersi a un atto normativo unitario dell’Unione europea che copra tutta la citata materia.

A proposito delle fonti del diritto, è ripetutamente sottolineata la centralità del principio di attribuzione (e dei collegati principi di sussidiarietà e proporzionalità) previsto dall’art. 5 del TUE, da cui deriva che l’Unione europea può emettere atti normativi solo nella misura in cui nelle fonti primarie le sia assegnata la relativa competenza (si pensi per esempio alla protezione dei consumatori di cui all’art. 169 del TFUE), ciò che non avviene mai esplicitamente con riguardo al diritto privato in genere. Nondimeno sono numerosi e importanti i provvedimenti normativi già emessi dall’Unione in tema di diritto contrattuale, ripartiti dall’opera in esame nelle due categorie del Kernzivilrecht e del weiteres Zivilrecht, alla prima delle quali afferiscono le tre fondamentali direttive 2011/83/UE sui diritti dei consumatori, 1999/44/CE sulla vendita di beni di consumo e 93/13/CEE sulle clausole vessatorie, cui si sono aggiunte in tempi più recenti le direttive (UE) 2019/770 sui contenuti e sui servizi digitali nonché (UE) 2019/771 sulla riformata vendita di beni. Alla seconda categoria sono invece ricondotti ulteriori provvedimenti concernenti specifici tipi contrattuali, per esempio la direttiva 2008/122/CE sui contratti di multiproprietà nonché la direttiva (UE) 2015/2302 sui pacchetti turistici.

Nel complesso, prendendosi le mosse dall’idea che le norme costituzionali di ogni ordinamento giuridico nazionale debbano considerarsi, alla luce della loro sovraordinazione gerarchica e delle conseguenze dalla stessa derivanti, una Metaordnung per il diritto privato, analogamente si ragiona del diritto dell’Unione come di una zweite Metaordnung für das nationale Vertragsrecht, sia pure evidenziandosi come il primato del diritto europeo sul diritto domestico si trovi non di rado diversamente concepito nelle prospettive della Corte di Giustizia da un lato e delle corti costituzionali dei singoli Stati membri dall’altro.

Non vi è dubbio, comunque, che tradizionalmente e ancora oggi l’atto normativo più rilevante per l’avvicinamento del diritto privato in Europa sia la direttiva, in relazione alla quale si pongono numerose questioni complesse, come quella del rapporto tra la semplice armonizzazione e la vera e propria unificazione giuridica, per la quale ultima lo strumento più adeguato è a rigore il regolamento, anche se non mancano direttive di armonizzazione massima (o completa) che a quello strumento almeno per certi versi finiscono per assomigliare, rendendo le categorie in discorso mutevoli e difficili da definire con precisione. Si pensi, ancora, alle diverse modalità di fondo con cui le varie direttive europee possono essere recepite in ogni Stato membro, che consistono in leggi speciali sempre diverse, in un apposito Codice del consumo secondo la via italiana e prima ancora francese o persino in una modifica della codificazione civile generale nel caso della Schuldrechtsmodernisierung tedesca del 2001, strada quest’ultima che l’opera in esame lascia intendere di apprezzare soprattutto per il suo obiettivo di riduzione del divario tra diritto del consumo di provenienza europea e diritto privato comune, nel segno della valorizzazione del primo. Altra questione delicata è quella dell’interpretazione delle direttive europee, così come delle normative emanate a livello nazionale per la loro attuazione, per la quale occorre rammentare che – come il nostro Autore auspica in modo pienamente condivisibile – il diritto dell’Unione europea dovrebbe essere in linea di massima interpretato autonomamente, cioè prescindendo dai principi interni al singolo Stato membro in cui si tratti di volta in volta di applicarlo, conseguentemente tenendo conto delle formulazioni dei testi europei in varie lingue ufficiali e ricorrendo all’interpretazione sistematica e a quella teleologica con cautela maggiore di quanto può farsi in ambito puramente nazionale, considerata la perdurante frammentarietà del diritto privato europeo.

La parte più estesa dell’opera è poi quella sul diritto contrattuale sostanziale (ii), la quale inizia con l’illustrazione dei due principi generali dell’autonomia contrattuale, da intendersi come implicito presupposto fondamentale per il mercato interno, che ai sensi dell’art. 3 TUE deve basarsi su una economia (sociale) di mercato, e della vincolatività contrattuale (pacta sunt servanda), anche quest’ultimo alla pari del primo ricollegabile niente meno che alla dignità umana e più precisamente all’autodeterminazione dell’individuo, che include pure la libertà di impegnarsi (nonostante che storicamente e anche oggi a livello comparatistico essa si atteggi in modi talvolta assai diversi, come dimostrato per esempio dalla consideration inglese). È quindi affrontato pure il controverso tema della giustizia contrattuale, in relazione al quale la tradizionale prospettiva puramente formale espressa dalla massima stat pro ratione voluntas è posta in discussione alla luce di un processo evolutivo di Materialisierung der Vertragsgerechtigkeit nel cui ambito trovano crescente spazio meccanismi diretti in vario modo a sindacare il contenuto delle intese contrattuali.

Segue l’illustrazione delle principali categorie emerse nell’ambito del citato processo evolutivo con particolare riferimento al diritto contrattuale europeo.

Viene a questo proposito in rilievo, innanzi tutto, la parità di trattamento, approfondita anche dal punto di vista storico evocando la distinzione aristotelica tra iustitia distributiva, la quale in ambito contrattuale può rilevare solo eccezionalmente, e iustitia commutativa, la quale è invece centrale per i rapporti giuridici tra soggetti in posizione paritaria e così anche per i contratti traducendosi peraltro in relazione a questi ultimi in una equivalenza puramente formale o soggettiva, non in una oggettiva parità di prestazione e controprestazione né nell’idea del giusto prezzo.

Si considera inoltre la protezione dei più deboli, che per quanto sia piuttosto intensa per esempio e in particolare in favore del consumatore non può reputarsi oggetto di un principio giuridico di portata generale, proprio alla luce del suo carattere derogatorio rispetto alla summenzionata impostazione di iustitia commutativa che continua a dominare la materia contrattuale.

Si esamina quindi la buona fede, che il diritto secondario dell’Unione europea menziona per il momento solo sporadicamente, come nel caso dell’art. 3 della direttiva 93/13/CEE sulle clausole vessatorie, ma che anche alla luce di spinte dottrinali del tipo di quella che si è tradotta nel DCFR potrebbe divenire un concetto centrale negli sviluppi futuri, a maggior ragione in seguito alla Brexit, per quanto l’opera in esame opportunamente avverta come il crescente impiego di un simile concetto sia da valutare con notevole cautela, rischiando di comportare l’attribuzione ai giudici dei singoli Stati membri – non sempre a ciò abituati – del potere su decisioni valoriali che dal punto di vista della certezza del diritto sarebbe preferibile fossero lasciate al legislatore.

È poi preso in considerazione il divieto dell’abuso del diritto, strettamente collegato alla buona fede e da tempo valorizzato dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia, nonostante la scarsità di riferimenti espliciti a esso nel diritto dell’Unione europea.

Viene inoltre in rilievo la proporzionalità (tema su cui il nostro Autore ha compiuto fondamentali studi – il riferimento è soprattutto a Der Grundsatz der Verhältnismäßigkeit im Schuldvertragsrecht, Tubinga, 2010 – con i quali la dottrina anche italiana varrebbe la pena che si confrontasse maggiormente in futuro), oggetto di un importante principio generale (oltre che del diritto pubblico, anche) del diritto privato non solo europeo complementare a quello già citato della equivalenza soggettiva delle prestazioni e che, per quanto possa dirsi perseguire lo scopo ultimo di una giustizia del caso concreto, assume in questa sua veste di principio generale, a rigore, il carattere eminentemente formale di uno strumento di semplice giustizia procedurale, nella misura in cui offre appunto solo una procedura per il contemperamento di interessi in conflitto, non anche valori sostanziali destinati senz’altro a prevalere e con essi soluzioni precostituite.

Tutto ciò chiarito, la parte dell’opera dedicata al diritto contrattuale sostanziale prosegue affrontando, nell’ordine, la conclusione del contratto, il suo contenuto, la sua esecuzione, il diritto antidiscriminatorio e infine i singoli tipi contrattuali del diritto privato europeo.

In merito alla conclusione del contratto, sono trattati innanzi tutto i doveri di informazione previsti a tutela del consumatore, considerato contraente debole soprattutto in quanto è d’ordinario meno informato rispetto alla sua controparte professionale, nell’art. 5 della direttiva 2011/83/UE in generale e in ulteriori previsioni concernenti specifiche tipologie contrattuali, approfondendo altresì i rimedi particolari (si pensi alla possibile incidenza sul termine per l’esercizio del diritto di recesso dettagliatamente prevista dalla normativa europea) e generali (si pensi alla eventualità di un risarcimento del danno secondo la disciplina nazionale di volta in volta applicabile) esperibili a tutela di tale soggetto in caso di violazione dei citati doveri.

L’opera in esame si occupa quindi del necessario incontro di (almeno) due diverse volontà affinché possa dirsi formato l’accordo e così concluso il contratto, ovverosia del Konsensprinzip che il diritto dell’Unione europea attualmente vigente non disciplina con proprie previsioni generali, dandolo peraltro per scontato. Tale incontro di volontà dovrebbe in linea di massima poter essere vestito in qualsiasi modo, in ossequio al principio di libertà della forma che è parte del più ampio principio dell’autonomia privata, alla base come abbiamo veduto anche del diritto privato europeo, nell’ambito del quale non mancano peraltro numerosi requisiti formali (che dovrebbero dunque considerarsi eccezionali) nonché alcuni testi normativi che mirano per converso a semplificare forme e procedure, come dimostrato per esempio dal regolamento (UE) n. 910/2014 – eIDAS.

Sempre in tema di conclusione del contratto, vi è infine un ampio approfondimento sul diritto di recesso o meglio sui diritti di recesso del diritto privato europeo e sulle relative conseguenze. Siffatto approfondimento non poteva mancare, trattandosi come l’opera in esame ha cura di sottolineare di uno dei più importanti strumenti a tutela del consumatore inteso come contraente debole soprattutto sotto il già segnalato profilo informativo. L’indagine della disciplina di dettaglio dell’Unione europea e di quella interna specialmente ma non solo tedesca non è disgiunta da dotte riflessioni dogmatiche, come quella concernente il controverso rapporto tra il recesso consumeristico e il principio della vincolatività contrattuale che si conclude con la classificazione del primo come «eine der Vertragsbindung inhärente Beschränkung […], die den Grundsatz pacta sunt servanda nicht grundsätzlich in Frage stellt».

Venendo al contenuto del contratto, l’opera qui recensita rammenta come l’autonomia privata si estenda ampiamente anche a tale profilo e pertanto significhi libertà di stipulare in linea di massima pure contratti svantaggiosi, non potendo ammettersi, nemmeno sulla base del sia pure importante principio di buona fede, un generale controllo equitativo sulle pattuizioni (essendo tradizionalmente un controllo di tal fatta, in un sistema liberale, un Fremdkörper), per quanto con particolare riferimento al diritto nazionale tedesco già a partire dalla seconda metà del secolo scorso le divaricazioni rispetto a questa impostazione si siano fatte via via più significative. Affinché possa darsi qualsivoglia controllo contenutistico sul contratto, occorre in ogni caso che l’accordo sia già stato fissato attraverso l’interpretazione, tema quest’ultimo di cui peraltro il diritto dell’Unione europea attualmente vigente non si occupa (a differenza del DCFR e nella sua scia della sia pure sfortunata proposta di regolamento relativo a un diritto comune europeo della vendita), dovendosi pertanto ricorrere alle discipline nazionali di volta in volta applicabili, in alcune delle quali non mancano significative differenze (basti pensare al diritto inglese, che risulta incentrato sul significato letterale delle parole, per esempio, assai più di quello tedesco, ove è invece maggiormente rilevante a fini interpretativi lo scopo economico dell’accordo).

Sempre con riguardo al contenuto del contratto, le discipline più rilevanti dal punto di vista del diritto dell’Unione europea sono indubbiamente la direttiva 93/13/CEE sulle clausole vessatorie e le varie normative interne che la hanno attuata nei Paesi membri. La citata direttiva, comunque, derogandola solo in modo limitato conferma nel complesso la già menzionata tradizionale e ancora oggi perdurante assenza di un generale controllo equitativo sul contenuto dei contratti. In relazione alla medesima direttiva, si attribuisce inoltre un ruolo fondamentale alla proporzionalità (la cui più generale rilevanza nel diritto privato europeo abbiamo già avuto modo di evocare), descritta come un Leitbild der Missbrauchskontrolle. Quanto poi alle diverse soluzioni nazionali di recepimento, l’opera in esame comprensibilmente giudica particolarmente interessante – soprattutto per la sua già accennata finalità di estensione dell’ambito di applicazione della normativa europea – quella tedesca, che in seguito alla Schuldrechtsmodernisierung del 2001 si trova contenuta direttamente nei §§ 305 ss. BGB.

Passando all’esecuzione del contratto, l’approfondimento più significativo è dedicato alla Vertragsverletzung. A tale riguardo, si segnala come il primo problema con cui ogni tentativo di armonizzazione a livello europeo dovrebbe fare i conti sia la circostanza che, sebbene tutti gli ordinamenti giuridici nazionali contemplino sanzioni per la violazione del programma contrattuale, vi possano essere notevoli differenze. Tra queste, spicca quella di fondo tra il civil law continentale, ove può in linea di principio pretendersi l’adempi­mento di ogni obbligazione come originariamente convenuta (Naturalerfüllung), e il common law, ove un simile esito (specific performance) è solo eccezionalmente garantito, prospettiva questa prendendo le mosse dalla quale risulta particolarmente interessante il DCFR, che esprime un tentativo di compromesso tra le due diverse impostazioni in discorso.

Per quanto concerne il diritto dell’Unione europea attualmente vigente, l’argomento della Vertragsverletzung risulta peraltro ancora privo di una disciplina generale e affrontato, oltre che settorialmente in materia di vendita e di alcune altre tipologie contrattuali che menzioneremo tra breve, soprattutto in tema di lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali attraverso la direttiva 2000/35/CE, poi sostituita dalla direttiva 2011/7/UE.

Quanto al diritto antidiscriminatorio, si segnala come negli ultimi anni proprio su impulso dell’Unione europea sia significativamente mutata la tradizionale impostazione, risalente al tempo dell’Illuminismo, secondo la quale arbitrio e discriminazione erano nel diritto privato senz’altro permessi, stante la generale libertà (salve limitatissime eccezioni) di cercarsi la controparte preferita e di determinare autonomamente il contenuto del contratto. Sono infatti numerose le direttive dell’Unione emanate con l’obiettivo di affermare sotto vari profili, anche (sebbene non solo) in ambiti di rilevanza per il diritto privato, il principio della parità di trattamento (Gleichbehandlung). L’opera in esame, oltre a elencare tali direttive illustrando le loro principali caratteristiche e quelle della normativa di recepimento quantomeno tedesca, sottolinea peraltro come la crescente affermazione di tale principio inevitabilmente avvenga a discapito della libertà o per meglio dire autonomia contrattuale, essendo dunque necessario risolvere il conflitto di interessi in parola alla luce del principio di proporzionalità, e come possa paradossalmente persino accadere che discriminazioni siano poste in essere attraverso direttive antidiscriminatorie (Diskriminierung durch Antidiskriminierungsrichtlinien).

L’indagine sui tipi contrattuali del diritto privato europeo è aperta da una riflessione generale sulla Vertragstypenlehre, cioè l’impostazione di fondo che porta molti Paesi nei quali pure ha ampio riconoscimento l’autonomia privata ad adottare regole nazionali non solo sul contratto e/o sull’obbligazione in generale ma anche su un gran numero di specifiche figure contrattuali. La conoscenza di tale impostazione di fondo, condivisa anche nel DCFR, risulta utile pure per rapportarsi al diritto privato europeo, le categorie impiegate dal quale sono peraltro da interpretare autonomamente ed è dunque assai difficile che coincidano con precisi concetti nazionali (si pensi per esempio alla nozione di «contratto di prestazione di servizi» di cui all’art. 4, par. 1, lett. b del regolamento Roma I, che nonostante la notevole somiglianza testuale deve considerarsi assai diversa e più ampia della nozione tedesca di Dienstleistungsvertrag di cui al § 611 BGB), senza contare le ipotesi (come i contratti di multiproprietà o quelli concernenti pacchetti turistici) in cui il diritto privato europeo ha introdotto tipologie senz’altro nuove. La sfida futura più rimarchevole in quest’ambito è, in ogni caso, posta dalla digitalizzazione, le regole adottate dall’Unione europea per governare la quale, con riguardo alla materia contrattuale, più che introdurre nuovi tipi, sembrano destinate a incidere trasversalmente su numerose figure già esistenti, come nel caso della direttiva (UE) 2019/770 su determinati aspetti dei contratti di fornitura di contenuto digitale e di servizi digitali.

L’opera qui recensita dedica quindi specifici approfondimenti alla compravendita, con particolare attenzione da un lato alla genesi e ai vari contenuti della direttiva (UE) 2019/771 nonché dall’altro alla sia pure per il momento sfortunata proposta del 2011 di regolamento relativo a un diritto comune europeo della vendita, e poi proprio al diritto contrattuale nell’età digitale, nel cui ambito sono trattati non solo la già citata direttiva (UE) 2019/770 ma anche il regolamento (UE) 2019/1150 che promuove equità e trasparenza per gli utenti commerciali dei servizi di intermediazione online e pure lo scivoloso e ancora privo di disciplina organica argomento degli algoritmi e dei c.d. smart contracts, che in quanto forme espressive dell’autonomia privata debbono comunque reputarsi in linea di principio non in contrasto con il diritto dell’Unione europea.

Seguono ulteriori approfondimenti sulle normative in tema, rispettivamente, di credito al consumo, pacchetti turistici, multiproprietà, agenzia e contratti di trasposto, soprattutto aereo, con particolare riguardo al regolamento (CE) 261/2004 che istituisce regole comuni in materia di compensazione e assistenza ai passeggeri in caso di negato imbarco, di cancellazione del volo o di ritardo prolungato.

La terza parte del volume (iii) è poi dedicata interamente al diritto internazionale privato, la cui centralità per il diritto privato e specialmente contrattuale europeo è già solo tramite questa – dal punto di vista italiano non scontata – scelta espositiva opportunamente resa evidente.

In quest’ottica sono innanzi tutto chiariti il ruolo, la funzione e la particolare metodologia del diritto internazionale privato in genere, così come la sua rilevanza anche dai vari punti di vista della formazione giuridica, della prassi e della tecnica di formulazione delle leggi. Segue una illustrazione dei più importanti principi del diritto internazionale privato in materia contrattuale, primo fra tutti quello – sia pure non privo di limiti – dell’autonomia privata, la quale si conclude con una critica a quella che sembra essere una tendenza degli ultimi tempi se non senz’altro a politicizzare quantomeno a strumentalizzare la materia così da favorire l’applicazione del proprio diritto nazionale, in contrasto con l’approccio classico di tipo più spiccatamente multilateralistico.

Con specifico riguardo al diritto internazionale privato dell’Unione europea, in seguito a una sintesi del processo evolutivo vissuto dallo stesso, delle principali questioni generali che esso pone e delle prospettive future (comprese le ipotesi, per la realizzazione delle quali non è peraltro riscontrabile, allo stato, la necessaria volontà politica, di un European Code on Private International Law oppure di un regolamento «Roma 0» contenente una sorta di parte generale), l’opera in esame inevitabilmente dedica notevole spazio al regolamento (CE) n. 593/2008 sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali (Roma I).

Nella quarta e ultima parte (iv) sono quindi contenute riflessioni conclusive di taglio generale nonché attuativo-processuale.

Ci si chiede tra l’altro se il diritto privato dell’Unione europea possa essere trattato come un vero e proprio sistema, ciò che è dubbio alla luce della sua più volte segnalata frammentarietà. Tale dubbio è rafforzato dall’insuccesso di alcune ambiziose iniziative degli ultimi, quali il Draft Common Frame of Reference e la proposta di regolamento relativo a un diritto comune europeo della vendita, che avrebbero potuto portare maggiore sistematicità e che l’opera in esame però considera ancora meritevoli di grande attenzione, anche in prospettiva futura. D’altra parte è assai valorizzato il ruolo svolto, nel tentativo di dare maggiore coerenza alla nostra materia, dalla prassi e specialmente dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea, per quanto non possa disconoscersi come i giudici dei singoli Paesi membri continuino non di rado a rimanere fortemente legati alle loro tradizioni giuridiche nazionali.

Nemmeno la domanda sulla presenza oppure non di una Methodenlehre comune a livello europeo può ricevere risposte senz’altro affermative, rimanendo anzi in linea di principio ferma la competenza dei singoli Stati membri al riguardo, per quanto sia già da molto tempo riscontrabile una convergenza spontanea a livello metodologico che coinvolge sotto vari profili non solo Paesi tradizionalmente caratterizzati da impostazioni simili ma anche il common law inglese (nonostante che a esso sia tradizionalmente estranea l’idea continentale dell’ordinamento giuridico come un coerente e sistematico tutto) da un lato e il civil law europeo dall’altro.

In conclusione, l’opera in esame è a parere dello scrivente meritevole di incondizionato apprezzamento, oltre che per i profili più specifici già segnalati, per le sue spiccate e non comuni caratteristiche di interdisciplinarità, essendo i suoi contenuti al tempo stesso civilistici, comparatistici, processualistici, internazional-privatistici nonché di diritto dell’Unione europea, senza contare i riferimenti talvolta pure al diritto del lavoro, al diritto commerciale, etc.

Come si è già lasciato intendere, ulteriore filo rosso dell’opera è il continuo confronto anche tra civil law e common law, che potrebbe a prima vista sembrare di minore importanza rispetto al passato a causa della recente Brexit ma che rimane invece fondamentale per il diritto contrattuale europeo, tra gli altri motivi per la innegabile centralità della Corte di Giustizia, il cui ruolo risulta almeno sotto alcuni profili paragonabile a quello della giurisprudenza di ultima istanza di common law.

Sempre tra le caratteristiche generali maggiormente degne di menzione e di lode, vi è pure la circostanza che una pubblicazione di tali estensione e complessità è stata realizzata da un unico Autore. Per quanto nelle numerose opere collettane sul diritto privato europeo possa esservi una talvolta anche notevole affinità metodologica tra i vari studiosi coinvolti, magari accompagnata da una intensa attività di coordinamento dei rispettivi lavori, solo una singola penna garantisce infatti fino in fondo quel respiro unitario che può sempre arricchire una ricerca giuridica ma che diviene particolarmente prezioso ove si tratti di confrontarsi con una materia così frastagliata e complessa come quella del diritto contrattuale europeo.

Il nostro Autore, insomma, ha profuso uno sforzo straordinario, indubbiamente protrattosi per molti anni di lavoro, dei cui eccellenti risultati raccolti nel volume che qui si presenta anche la dottrina italiana dovrebbe essergli grata. L’auspicio finale di chi scrive è che questo sforzo non si esaurisca bensì si traduca in successive edizioni quando l’incessante evoluzione del diritto contrattuale europeo le renderà necessarie. Se questo auspicio sarà soddisfatto, i giuristi europei continueranno a ricevere un fondamentale ausilio nell’ar­duo ma ineludibile tentativo di costruire un vero e proprio sistema del diritto contrattuale dell’Unione e al tempo stesso di superare lo scetticismo che, non senza alcune ragioni, ripetutamente si manifesta al riguardo, in vari Paesi membri così come in Italia.

Fascicolo 2 - 2022