Il saggio analizza l’impatto che, nell’ordinamento tedesco, le sopravvenienze variamente connesse alla pandemia SARS-Cov-2 hanno avuto sui rapporti negoziali sorti precedentemente allo scoppio della crisi sanitaria. A tal fine, il contributo esamina sia gli strumenti rimediali offerti dal diritto comune, sia le norme specificamente introdotte dal legislatore all’art. 240 EGBGB, le quali hanno riguardato: taluni rapporti di durata tra imprenditori e consumatori, e tra imprenditori e microimprese; i contratti di locazione e affitto; i contratti di mutuo stipulati con i consumatori; i titoli d’ingresso a manifestazioni e attività culturali, sportive o comunque inerenti al tempo libero; i contratti di viaggio organizzato.
The present essay concerns the impact of the SARS-Cov-2 pandemic on contractual relationships according to the German law. In particular, it investigates the remedies provided by the German Civil Code that can be adapted to the pandemic contingencies and the new rules specifically adopted by art. 240 EGBGB to discipline: certain continuous obligations between entrepreneurs and consumers, and entrepreneurs and microenterprises; lease and usufructuary lease contracts; consumer loan agreements; contracts related to recreational, sports or cultural events and activities; package travel contracts.
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Federico Azzarri - Corona-krise e diritto tedesco delle obbligazioni e dei contratti: le sopravvenienze della pandemia tra BGB e legislazione speciale
COMMENTOSommario:
1. La pandemia e il diritto. - 2. Il nuovo art. 240 EGBGB: inquadramento generale. - 3. Le regole di diritto comune: l’impossibilità della prestazione. - 4. (Segue) L’alterazione del fondamento negoziale. - 5. La moratoria delle obbligazioni del consumatore nei rapporti di durata. - 6. La moratoria delle obbligazioni delle microimprese nei rapporti di durata. - 7. Gli effetti del Leistungsverweigerungsrecht. - 8. La limitazione del diritto di disdetta del locatore nei contratti di locazione e affitto. - 9. Il differimento delle obbligazioni restitutorie nei contratti di mutuo con i consumatori. - 10. La Gutscheinlösung: i buoni rilasciati dall’organizzatore in seguito alla cancellazione di eventi o pacchetti turistici a causa della pandemia.
Anche in Germania l’emergenza sanitaria innescata dalla diffusione della pandemia SARS-CoV-2 ha provocato importanti stravolgimenti nel tessuto sociale ed economico[1], esigendo, al fine di contrastare l’avanzata dei contagi, l’adozione di misure che hanno rappresentato un inatteso “banco di prova” per lo stato di diritto[2]. L’interruzione delle attività commerciali, la chiusura di luoghi fondamentali della formazione e della vita civile – quali scuole, università, cinema, teatri, musei – e le norme di distanziamento e di riduzione dei contatti sono state costantemente al centro della discussione politica e di un dibattito pubblico che, senza smarrire la consapevolezza della gravità del momento, ha nondimeno guardato con apprensione al conflitto in cui la minaccia del virus precipitava improvvisamente diritti di rango primario[3]. Il serrato confronto tra attori istituzionali, e tra governo centrale e Länder, ha trovato riscontro in alcune autorevoli prese di posizione, registrate durante la prima fase dell’emergenza, che ben testimoniano la laboriosità del bilanciamento tra interessi apicali infine compiuto a beneficio della salute collettiva. Si pensi, per esempio, al monito del presidente dell’Ordine federale dei medici innanzi alle restrizioni delle libertà personali, temendone le ricadute che avrebbero potuto avere sulla salute psichica delle persone[4]; o, ancora, alle dichiarazioni di fine aprile del Presidente del Bundestag, che aveva stigmatizzato la prospettiva di una generalizzata compressione dei diritti fondamentali, quand’anche volta alla difesa del diritto alla vita, sostenendo che ai Grundrechte soltanto sarebbe immanente un contemperamento reciproco, laddove la dignità delle persone resterebbe, invece, assolutamente «unantastbar» (art. 1 GG), anche a costo di non escludere la possibilità di morire[5]. Al di là della complessità sociale, etica e normativa sottesa alle politiche di controllo dell’infezione, in questa sede ci si soffermerà sulla puntuale risposta del legislatore tedesco ai riflessi, sui rapporti negoziali, dei provvedimenti pubblicistici che, per ostacolare la trasmissione del virus, hanno comportato un inevitabile rallentamento dei traffici economici. [1] Per una prima analisi delle conseguenze economiche della pandemia, v. P. Bofinger-S. Dullien-G. [continua ..]
La legge del 27 marzo 2020 “per la mitigazione delle conseguenze della pandemia COVID-19 nel diritto civile, fallimentare e della procedura penale” ha stabilito numerose misure provvisorie finalizzate a rimodulare una serie di rapporti e di situazioni il cui regolare svolgimento risultava compromesso dalle considerevoli – e fino a poche settimane prima inimmaginabili – limitazioni introdotte per contenere il numero dei contagi[1]. Come annunciato dall’intestazione, le disposizioni in parola hanno riguardato diversi ambiti[2]. L’art. 5 – dedicato al diritto contrattuale – ha inserito all’interno della legge introduttiva al codice civile (Einführungsgesetz zum Bürgerlichen Gesetzbuche – EGBGB) l’art. 240, che, inizialmente, si sviluppava in quattro paragrafi, ai quali, come vedremo, se ne sono più avanti aggiunti altri tre. La norma ha – in vario modo – attribuito a diverse categorie di debitori che, a causa della crisi sanitaria, si sono ritrovati nell’impossibilità materiale o economica di adempiere le proprie obbligazioni, specifiche forme di tutela consistenti nel riconoscimento di una temporanea facoltà di rifiutare, interrompere o rinviare l’esecuzione della prestazione. Il legislatore ha così inteso garantire al debitore – a seconda dei contesti, un consumatore o un imprenditore – la preservazione della liquidità necessaria, nel primo caso, a non intaccare il livello di sussistenza ritenuto intangibile, e, nel secondo caso, a non compromettere la stabilità finanziaria della sua attività, onde evitare che quest’ultima potesse restare irreparabilmente pregiudicata da una situazione eccezionale e transitoria. Di primo acchito, dall’art. 240 EGBGB emerge il seguente assetto: il § 1, con riferimento a taluni rapporti di durata, sorti da contratti stipulati prima dell’otto marzo 2020, assegna ai consumatori e alle microimprese il diritto di rifiutare fino al 30 giugno 2020 la prestazione a cui sono tenuti quando, a causa di circostanze riconducibili alla pandemia Covid-19, l’adempimento non possa avvenire senza mettere a rischio il mantenimento del consumatore (o dei familiari che da lui dipendono) o le basi economiche della microimpresa[3]. Il § 2, invece, appresta una regola specifica per i contratti di locazione e di affitto concernenti immobili o vani [continua ..]
Le regole appena riassunte sono andate ad arricchire il quadro del diritto comune normalmente preposto al trattamento delle alterazioni sopravvenute del rapporto sinallagmatico: quadro sul quale conviene intanto soffermarsi, sia per comprendere la valenza delle previsioni speciali, sia perché queste non escludono che uno spazio di operatività continui comunque a esserci pure per le norme codicistiche. Orbene, quando la prestazione sia impossibile per il debitore o per chiunque, la pretesa del creditore viene meno ai sensi del § 275 I BGB, e, di conseguenza, anche quest’ultimo è liberato dall’obbligo di eseguire la controprestazione (§ 326 I BGB). Il § 275 I BGB si riferisce all’impossibilità “autentica” (echte Unmöglichkeit), che ricorre quando si è innanzi a un impedimento insormontabile, di natura fisica o giuridica, oggettiva o soggettiva; diversamente, in questa fase non rileva ancora l’eventuale imputabilità al debitore dell’impedimento, la quale entra invece in gioco per gli ulteriori profili risarcitori inerenti alla responsabilità dell’obbligato[1]. La norma attiene essenzialmente all’impossibilità definitiva, mentre non regola in modo specifico l’impossibilità temporanea (che è poi quella che principalmente dovrebbero comportare gli impedimenti legati all’emergenza sanitaria): secondo la dottrina prevalente, tuttavia, il precetto ivi contenuto copre pure l’impossibilità transitoria, la quale esclude dunque l’obbligo del debitore alla prestazione solo per il tempo in cui sussiste l’impedimento[2]. Anche l’incidenza della pandemia sui rapporti obbligatori non può prescindere da una valutazione circostanziata. Per esempio, di fronte all’obbligazione di realizzare una certa opera, in adempimento di un Werkvertrag, l’impossibilità appare configurabile là dove si sia avuta una chiusura dell’impresa o una carenza di lavoratori[3]; mentre, rispetto all’obbligazione di procurare al creditore beni determinati solo nel genere, in adempimento stavolta di un contratto di vendita, i margini di liberazione dalla prestazione divengono più stretti, atteso che il § 275 I BGB non è in sé incompatibile con i Gattungsschulden, ma, tuttavia, esso richiede la completa scomparsa dal mercato dell’intero genere [continua ..]
L’altro istituto che potrebbe poi tornare utile nel nostro discorso è quello dell’alterazione del fondamento negoziale (Störung der Geschäftsgrundlage). In base al § 313 BGB, quando le circostanze che costituiscono il fondamento del contratto sono notevolmente mutate in seguito alla stipulazione, al punto che le parti non lo avrebbero concluso o lo avrebbero concluso ad altre condizioni, se avessero previsto tali mutamenti, può allora essere preteso l’adeguamento del medesimo là dove, considerate tutte le circostanze del caso concreto, e in particolare la distribuzione pattizia o legale del rischio, da una parte non possa essere preteso il mantenimento del negozio al suo contenuto originario[1]. A dispetto della generalità del testo, la norma configura invero una fattispecie residuale, attivabile cioè solo in mancanza di previsioni convenzionali o normative[2] che provvedano specificamente a regolare la distribuzione del rischio che si è manifestato[3]. Tuttavia, nel contesto di cui ci occupiamo, essa potrebbe acquisire un non trascurabile rilievo, atteso che gli inconvenienti legati alla pandemia sono tendenzialmente estranei all’ordinaria ripartizione dei rischi compiuta dal Leistungsstörungsrecht, né gli stessi sono di solito presi in considerazione dalle clausole comunemente impiegate in materia di sopravvenienze (con l’eccezione delle clausole di “forza maggiore” e delle clausole “MAC”)[4]. Inoltre, come vedremo, anche le previsioni introdotte ad hoc dalla legge di mitigazione non risultano prevalenti rispetto al § 313 BGB, stante la diversità dei profili trattati. La fattispecie della Störung der Geschäftsgrundlage consta di tre requisiti: quello “fattuale”, dato dal consistente mutamento delle circostanze che, al tempo della conclusione del contratto, le parti hanno comunemente assunto come presupposto della loro volontà contrattuale, o che almeno una di esse ha assunto come tale, ma in modo riconoscibile all’altra e senza che le venisse contestata questa rappresentazione[5]; quello “ipotetico”, che richiede di indagare se i contraenti, qualora avessero previsto detto mutamento, avrebbero concluso l’affare a condizioni diverse o non lo avrebbero concluso affatto; e, infine, quello “normativo”, in base al quale la pretesa di mantenere inalterate la [continua ..]
Esaminati gli aspetti di diritto generale delle obbligazioni e dei contratti, possiamo adesso soffermarci sull’art. 240 EGBGB, il cui carattere contingente è sottolineato fin dall’emblematica rubrica “regole di diritto contrattuale dovute alla pandemia COVID-19”. Il § 1 I assegna al consumatore – a certe condizioni – il diritto di rifiutare l’adempimento di una prestazione, originata da un contratto di durata concluso prima dell’otto marzo 2020, quando la sua solvibilità sia stata compromessa a causa della diffusione del virus SARS-CoV-2[1]. Il § 1 II conferisce poi un’analoga eccezione alle microimprese, adattandone i presupposti sostanziali al diverso profilo soggettivo. Tali norme non possono essere derogate in senso sfavorevole al debitore (§ 1 V); tuttavia, esse non si applicano (§ 1 IV) ai contratti di locazione e affitto di cui al § 2, né ai contratti di mutuo, che (ove conclusi da consumatori) del pari ricevono una disciplina specifica al § 3, né ai contratti di lavoro, per i quali la vigente normativa di settore già presenta soluzioni diversificate allorquando la prestazione del lavoratore risulti impedita[2]. L’eccezione riservata ai consumatori postula, in primo luogo, e in linea con la definizione che di Verbraucher dà il § 13 BGB, che il negozio sia stato concluso per uno scopo personale, e dunque che non sia riconducibile in modo prevalente all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta dal debitore. Deve inoltre trattarsi di un autentico rapporto privatistico: restano pertanto estranei al campo dell’eccezione, per esempio, gli obblighi contributivi della previdenza sociale e le prestazioni pecuniarie basate su vincoli di diritto pubblico[3]. In secondo luogo, come accennato, il contratto deve essere stato stipulato prima dell’otto marzo 2020, indicando tale data il “Pandemiestichtag”, ossia il termine fino al quale è stato ritenuto plausibile che le implicazioni della crisi sanitaria non fossero ancora concretamente immaginabili alla gran parte dei consociati; viceversa, coloro che abbiano concluso in seguito l’affare, si suppone lo abbiano fatto nella consapevolezza di tale rischio, e dunque accettando di sopportarne gli eventuali riflessi sulla loro condizione finanziaria[4]. Inoltre, il contratto deve aver dato luogo a un [continua ..]
Come anticipato, anche il secondo comma del § 1 dell’art. 240 EGBGB conferisce alle microimprese una Einrede simile a quella prevista al primo comma[1]. Pure qui, l’eccezione postula che il rapporto obbligatorio di durata[2] sia originato da un contratto concluso prima dell’otto marzo 2020 e che si tratti altresì di un rapporto “essenziale”: ovvero, volto a procurare quelle prestazioni necessarie all’adeguata continuazione dell’impresa. Rientrano in tale categoria i contratti di somministrazione di acqua, gas, energia elettrica e teleriscaldamento, quelli relativi ai servizi di telecomunicazione, quelli di locazione o leasing di macchinari, strumenti e veicoli aziendali, così come i contratti di assistenza e di magazzinaggio e le assicurazioni obbligatorie. Il limite dell’adeguatezza sottintende, invece, che i servizi in parola debbono essere commisurati a un utilizzo ragionevole basato sull’attuale fabbisogno della microimpresa, volendosi evitare che l’eccezione costituisca l’alibi di piani di sviluppo che, nelle contingenze economiche del caso, apparirebbero ingiustificatamente avventurosi[3]. Un’importante differenza rispetto all’eccezione del consumatore sta nel fatto che, mentre quella può essere opposta, in definitiva, solo nei confronti della pretesa di carattere pecuniario del creditore, l’eccezione delle microimprese, diversamente, è opponibile anche verso la pretesa del creditore all’esecuzione di una prestazione in natura o di un servizio. Ciò si evince tanto dai lavori preparatori[4], quanto dalla sistematica del § 1[5] e dalla nozione di wesentliche Dauerschuldverhältnisse rilevante ai fini del secondo comma (§ 1 II S. 3)[6], la quale è infatti suscettibile di racchiudere pure quei rapporti di durata in cui la microimpresa sia obbligata a una Sach- o Dienstleistung in cambio di un corrispettivo[7]. La microimpresa può sollevare l’eccezione in due ipotesi, che debbono nondimeno essere determinate da circostanze riconducibili alla pandemia, ovvero: quando non possa eseguire la prestazione, e quando non possa eseguirla senza mettere in pericolo i fondamenti economici della propria attività (§ 1 II Nr. 1 e 2). La prima ipotesi ricorre là dove vi sia un’impossibilità (anche solo parziale o transitoria) di eseguire la prestazione ai sensi del § [continua ..]
Messi in luce gli elementi costitutivi dell’eccezione dilatoria, possono adesso esserne meglio illustrati gli effetti, i quali, a prescindere da chi sia il debitore (se un consumatore o una microimpresa), restano sempre i medesimi. L’eccezione, attivabile senza particolari formalità[1], postula il diritto del debitore di rifiutare provvisoriamente l’esecuzione della prestazione (Leistungsverweigerungsrecht), la cui coercibilità è quindi temporaneamente sospesa. Il debitore non può pertanto cadere in mora nell’arco di durata dell’eccezione, né è obbligato al pagamento degli interessi di cui al § 288 BGB[2]. Dal canto suo, invece, il creditore continua a essere tenuto a eseguire la controprestazione senza potersi avvalere della comune eccezione di inadempimento (§ 320 BGB): se così non fosse, del resto, sarebbe vanificato l’intento della norma di evitare al debitore di restare privo dell’utilità apportata dalla controparte[3]. Qualora il servizio ricevuto fosse quantitativamente eccessivo rispetto al fabbisogno normale del consumatore, o alla misura richiesta dalla normale conduzione della microimpresa, il Leistungsverweigerungsrecht avrà un’efficacia parziale, ossia circoscritta alla sola quota di prestazione riferibile al margine di tutela accordato dalla legge[4]. La stabilità degli effetti dell’eccezione, entro il lasso di validità della stessa, è subordinata alla permanenza dei requisiti che ne hanno legittimato l’esercizio: se, dunque, i redditi del consumatore o la situazione finanziaria della microimpresa avessero in seguito un miglioramento tale per cui l’adempimento dei loro obblighi non rappresentasse più un fattore di rischio, l’efficacia dell’eccezione verrebbe, a quel punto, inesorabilmente meno[5]. Comunque, pur in presenza di tutti i suoi presupposti, l’effetto dilatorio non è inevitabile. Esso, infatti, può essere impedito dalla c.d. clausola di ragionevolezza, che realizza un contemperamento tra gli interessi delle due parti, posto che il creditore, in seguito all’eccezione, si ritrova a subire un rinvio della prestazione attesa e finanche a dover rinunciare alle utilità (gli interessi moratori) che di regola discenderebbero dal ritardo. La ragione di questo bilanciamento risiede nella tutela costituzionale dei diritti di [continua ..]
I §§ 2 ss. dell’art. 240 EGBGB sono dedicati a specifici contratti. Il § 2 concerne i contratti di locazione e affitto di fondi o vani immobiliari. La norma – inderogabile a svantaggio del conduttore e dell’affittuario – stabilisce che il locatore non può sciogliere mediante disdetta un rapporto di locazione o affitto per il solo fatto che il locatario o l’affittuario non abbia pagato regolarmente i canoni scaduti nel periodo compreso tra il primo aprile e il trenta giugno 2020[1], allorquando tale inadempimento sia dovuto alle ripercussioni della pandemia Covid-19. Il nesso tra il mancato pagamento del canone e l’emergenza sanitaria, prosegue la disposizione, deve essere adeguatamente dimostrato, mentre restano impregiudicate le eventuali altre ragioni che potrebbero legittimare una disdetta del locatore. La tacitazione del diritto di disdetta, infine, vale fino al 30 giugno 2022[2]: se dopo tale data il conduttore seguitasse ancora a non corrispondere i canoni arretrati, l’inadempimento diverrebbe a quel punto idoneo a giustificare lo scioglimento del contratto senza preavviso[3]. A differenza della disciplina della moratoria (§ 1) e di quella sui contratti di mutuo (§ 3), la tutela del conduttore e dell’affittuario non dipende dalla data in cui il contratto è stato concluso, cosicché essa spetta anche al contraente che abbia stipulato il negozio in un momento in cui era già consapevole delle ricadute che la pandemia avrebbe potuto avere sulla sua sfera patrimoniale[4]. L’esclusione della disdetta, come accennato, riguarda solo l’inadempimento dell’obbligo di corresponsione del canone. Pertanto, la disdetta non potrà essere impedita, tra l’altro, quando sia motivata dall’esigenza del locatore di adibire l’immobile ad abitazione propria o dei suoi familiari (§ 573 II Nr. 2 BGB); quando il mancato pagamento del canone discenda non dalla pandemia, ma magari dalla volontà del debitore o da una situazione di insolvenza non imputabile alla crisi sanitaria; quando, ancora, il conduttore si renda inadempiente rispetto al pagamento di somme che non appartengono tecnicamente al canone (ma integrano, per esempio, cauzioni o spese di gestione dell’immobile), oppure ad obblighi contrattuali di altro genere (§§ 543 I, 573 II Nr. 1 BGB)[5]. Quanto al nesso tra l’inadempimento e la [continua ..]
Come già le disposizioni in precedenza esaminate, pure il § 3 dell’art. 240 EGBGB, dedicato ai contratti di mutuo conclusi dai consumatori[1], mira a scongiurare quell’“effetto domino” che la pandemia potrebbe avviare nelle sfere patrimoniali dei privati. La norma persegue un obiettivo di stabilizzazione del sistema economico che riflette un impiego funzionalizzante del diritto privato in vista della realizzazione di un interesse pubblico[2]. Storicamente, essa si inserisce nel solco di quelle ipotesi di Vertragshilfe, apparse dopo la seconda guerra mondiale, che ammettevano una dilazione, e talora perfino una riduzione, degli obblighi del debitore; con la differenza, però, che in quei casi tali esiti non si verificavano ex lege, ma in virtù di un pronunciamento del giudice[3]. Di base, la disciplina stabilisce, per i contratti di mutuo conclusi dai consumatori prima del 15 marzo 2020, che, a certe condizioni, le obbligazioni restitutorie del mutuatario, previste nel periodo intercorrente tra il primo aprile e il trenta giugno 2020, siano di diritto differite di tre mesi dal giorno della loro scadenza. Inoltre, si dispone una limitazione dell’ordinario diritto del mutuante di sciogliere il contratto mediante disdetta. Il diverso Stichtag, rispetto a quello del § 1, si spiega col fatto che normalmente la stipulazione di un mutuo richiede una più lunga fase precontrattuale e che, di solito, nel credito immobiliare, il contratto di vendita precede quello di finanziamento[4]. Il § 3 si applica ai negozi che, ai sensi del § 491 BGB, rappresentano un contratto di mutuo ai consumatori, restando invece indifferente che si tratti di Allgemein - o Immobiliarverbraucherdarlehensverträge, secondo la distinzione compiuta al § 491 II e III BGB. Vengono così in gioco tutti i contratti di mutuo onerosi che non rientrino nelle eccezioni annoverate al § 491 II S. 2, III S. 2 e 4 BGB[5]. Perché operi il differimento delle obbligazioni del mutuatario occorrono due requisiti: che il consumatore abbia sofferto una perdita di entrate riconducibile a circostanze straordinarie causate dalla pandemia Covid-19; e che, alla luce di tali perdite, la pretesa del mutuante al pagamento di quanto dovuto appaia inesigibile. Il primo requisito postula un collegamento tra la diminuzione delle entrate e la crisi sanitaria da intendersi, anche qui, in senso ampio, ossia in via [continua ..]