L’art. 1112 del Code civil riformato introduce una disciplina della responsabilità che può insorgere nella fase delle trattative contrattuali. La riforma colma così il divario tra la lettera del Code civil del 1804 e il diritto positivo costruito dalla giurisprudenza negli ultimi decenni. La novella recepisce il diritto vivente della Cour de Cassation, ma non va minimizzata la sua “force symbolique”.
The article focuses on Article 1112 of the reformed French Civil Code, which governs pre-contractual liability. The legislative reform bridges the gap between the letter of the French Civil Code of 1804 and the substantive law constructed by jurisprudence in recent decades. The reform incorporates the case-law of the Cour de Cassation, but its “force symbolique” should not be underestimated.
Keywords: French Civil Code - Precontractual liability – Sources of obligations - Damage
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1. Prima della riforma del Code civil francese. - 2. La buona fede nelle trattative - 3. Il danno risarcibile - 4. La natura della responsabilità - 5. Segue. La prospettiva italiana… tra contratto e torto - 6. Conclusioni
Nel ridisegnare il diritto delle obbligazioni e dei contratti, la riforma francese introduce una specifica disciplina in materia di responsabilità precontrattuale [1]. La novella recepisce sostanzialmente il diritto vivente della Cour de Cassation [2]. Tuttavia, come è stato osservato nella dottrina francese [3], non va minimizzata la “force symbolique” di tale innovazione, che colma così il divario tra la lettera del Code civil del 1804 e il diritto positivo costruito dalla giurisprudenza negli ultimi decenni [4].
Non stupisce l’assenza, nel Code civil previgente, di una disciplina della responsabilità che può insorgere nella fase delle trattative contrattuali [5]. Anche il BGB (fino alla riforma del 2002) non dedicava alcuna norma alla fase precontrattuale, benché la dottrina tedesca avesse iniziato già nella metà dell’Ottocento a riflettere sul tema. All’epoca fu Rudolf von Jhering, nel suo celebre contributo sulla culpa in contrahendo [6], ad indagare il problema della colpa nel corso delle trattative, fornendone un inquadramento dogmatico destinato ad avere molto successo dapprima nella dottrina italiana [7], eppoi in quella francese [8].
Sugli studi dell’autore tedesco si tornerà più avanti, basti qui anticipare che l’originalità della teoria di Jhering, definita una «scoperta giuridica», consiste – con le parole di un autore – «nell’intuizione che un’adeguata tutela dei contraenti non poteva prescindere da una valutazione del loro comportamento nella fase antecedente la conclusione dell’accordo e che solo da un corretto e leale svolgimento delle trattative poteva derivare la moralizzazione dei rapporti negoziali» [9].
Quanto alla giurisprudenza della Cour de Cassation, occorre invece attendere gli anni ’70 del secolo scorso per un riconoscimento esplicito di un obbligo di buona fede nella fase delle trattative [10]. Nel silenzio del Code civil, la giurisprudenza francese, muovendosi sul terreno della responsabilità aquiliana, è giunta a riconoscere un illecito precontrattuale nei casi in cui, in violazione dell’obbligo di buona fede, si verificasse un’improvvisa e ingiustificata rottura delle trattative, purché in presenza di un ragionevole affidamento dell’altra parte circa la conclusione del contratto [11].
[1] Per alcuni riferimenti sul tema specifico della responsabilità precontrattuale v. F. Cohet, Le contrat, Presses Universitaires de Grenoble, 2020, 35 ss.; F. Ancel, B. Fauvarque Cosson J. Gest, Aux sources de la réforme du droit des contrats, Dalloz, 2017, 91 ss., spec. 153 ss.; M. Jaouen, Négociations et obligation de confidentialité, in AJ Contrats d’affaires, 2016, 275 ss.; L. Siguoirt, À la recherche de la négociation..., in AJ Contrats d’affaires, 2016, 268 ss.; M. Défossez, La bonne foi au coeur de la négociation, in AJ Contrats d’affaires, 2016, 327 ss.; Ph. Fournier, Les apports de l’ordonnance en matière de pourparlers et d’avant-contrats, in Dalloz IP/IT, 2016, 236; S. Lemarchand, Le devoir général d’information: un impact majeur dans la formation des contrats informatiques, in Dalloz IP/IT, 2016, 236. Nella dottrina italiana v. C. Granelli, Gli obblighi informativi nella formazione dell’accordo contrattuale, in Nuova giur. civ. comm., 2018, II, 1200 ss.; D. Di Sabato, La nuova disciplina della responsabilità precontrattuale francese, in Contr. impr., 2018, 84 ss.; Id., La formazione dell’accordo nell’ordinamento francese rinnovato, in Riv. dir. impr., 2019, 405 ss.; A. Federico, Négociations e obblighi di riservatezza, in Giur. it., 2018, 1309 ss.; E. Calzolaio, La responsabilità precontrattuale dopo la riforma del code civil francese. Profili comparatistici, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2017, 1301 ss.
[2] Sulla riforma in generale v. J.S. Borghetti, Le nouveau droit français des contrats, entre continuite et europeanisation, in Annuario del contratto, Giappichelli, 2016, 3 ss.; D. Mazeaud, Prime note sulla riforma del diritto dei contratti nell’ordinamento francese, in Riv. dir. civ., 2016, 432 ss.; Id., Diritto dei contratti: la riforma all’orizzonte, ivi, 2014, 800 ss.; G. Alpa, Sulla riforma del diritto dei contratti in Francia: una lettura sinottica del Projet e della Ordonnance, in Giustiziacivile.com, 2016; L. Klesta, La riforma francese del diritto delle obbligazioni: un atelier per il diritto codificato?, in Nuova giur. civ. comm., 2016, II, 1543 ss.; F. Benatti, Note sulla riforma del libro III del codice civile francese: molto rumore per nulla, in Banca borsa tit. cred., 2016, 627 ss.; L. Coppo, Gli ultimi sviluppi della riforma del Code civil: l’Ordonnance n. 131 del 2016 e il nuovo diritto francese delle obbligazioni e dei contratti, in Contr. impr. Europa, 2016, 328 ss.; G.B. Ferri, Une cause qui ne dit pas son nome. Il problema della causa del contratto e la riforma del III libro del codice civile, in Riv. dir. comm., 2017, 1 ss.; G. Terlizzi, Le nozioni abbandonate. La rivoluzione delle parole nella riforma francese del diritto dei contratti, in Riv. dir. civ., 2017, 695 ss.; L. Usunier, L’attractivité internationale du droit français au lendemain de la réforme du droit des contrats, ou le législateur français à la poursuite d’une chimère, in RTDCiv.: Revue trimestrielle de droit civil, 2017, 343 ss.; J. Cartwright, S. Whittaker, The Code Napoléon Rewritten: French Contract Law after the 2016 Reforms, Bloomsbury Publishing, 2017, 395 ss.; C. Crea, Riflessioni sulla ragionevolezza nel diritto privato francese, in G. Perlingieri, A. Fachechi, Ragionevolezza e proporzionalità nel diritto contemporaneo, Edizioni Scientifiche Italiane, 2017, I, 229 ss.; D. Valentino (a cura di), La riforma del Code Civil: una prospettiva italo-francese, Edizioni Scientifiche Italiane, 2018, passim; S. Grundmann, M.S. Schäfer, The French and the German Reforms of Contract Law, in Persona e mercato, 2018, 11 ss.; La riforma del Code civil, a cura di G. Vettori, E. Navarretta, S. Pagliantini, in Persona e mercato, 2018/1 (fascicolo monografico), passim; La riforma dei contratti in Francia, a cura di E. Gabrielli, A. Fusaro, in Giur. it., 2018, 1216 ss.; S. Balbusso, L’obiettivo del rafforzamento della attractivité nella riforma francese del diritto delle obbligazioni e dei contratti, in P. Sirena (a cura di), Dal “fitness check” alla riforma del codice civile. Profili metodologici della ricodificazione, Jovene, 2019, 389 ss.
[3] O. Deshayes, T. Genicon, Y.M. Laithier, Réforme du droit des contrats, du régime général et de la preuve des obligations, 2a ed., LexisNexis, 2018, 97. Cfr. anche N. Dissaux, C. Jamin, Réforme du droit des contrats, du régime général et de la preuve des obligations, Dalloz, 2016, 14 ss.
[4] Cfr. G. Chantepie, M. Latina, La réforme du droit des obligations. Commentaire théorique et pratique dans l’ordre du Code civil, Dalloz, 2016, 141: «L’article 1112 comble une lacune souvent releée celle de l’absence de toute disposition relative aux négociations contractuelles au sein du Code civil. Synthétisant la jurisprudence, il en conforte la teneur sans parverùr à éviter certaines ambiguïtés. Le Code Napoléon n’avait consacré aucun texte spécifique aux pourparlers, pas plus qu’à l’ensemble de la périod précontractuelle».
[5] Cfr. E. Calzolaio, La responsabilità precontrattuale dopo la riforma del code civil francese, cit., 1301 ss., il quale sottolinea le radici giusrazionaliste del codice francese.
[6] R. Von Jhering, Culpa in contrahendo oder Schadensersatz bei nichttigen oder nicht zur Perfection gelante Verträgen (1861), trad it. di F. Procchi, Della culpa in contrahendo ossia del risarcimento del danno nei contratti nulli o non giunti a perfezione, Jovene, 2005. L’a. si interrogava sugli effetti, dal punto di vista risarcitorio, della teoria dell’errore essenziale (che determinava la nullità del contratto stesso), ossia il problema di sapere se la parte che ha commesso l’errore non rispondesse in alcun modo nei confronti della controparte del danno arrecatole colposamente. La problematicità della questione si basava sul fatto che, da un lato, non vi erano i presupposti per l’applicazione dei principi della culpa contrattuale, in quanto il contratto non si era perfezionato, e, dall’altro, nemmeno per un’azione extracontrattuale, poiché al danneggiato non potevano essere concesse né l’actio doli né l’actio legis Aquiliae. La prima presupponeva infatti l’esistenza di una condotta dolosa da parte del soggetto agente, mentre la seconda postulava una lesione alla persona o alle cose. Cfr. anche F. Benatti, voce Responsabilità precontrattuale, in Enc. giur. Treccani, XXVII, Roma, 1990, 1.
[7] È noto il saggio di G. Faggella, Dei periodi precontrattuali e della loro vera ed esatta costruzione scientifica, in Studi giuridici in onore di Carlo Fadda, Pierro, 1906, vol. III, 271 ss., il quale riprende e sviluppa proprio il pensiero di Jhering.
[8] L’anno dopo Raymond Saleilles pubblica uno studio dal titolo De la responsabilité précontractuelle. A propos d’une nouvelle étude sur la matière, in Revue dr. civ., 1907, 46, che analizza le riflessioni di Faggella e da queste tra ulteriori considerazioni.
[9] F. Benatti, voce Responsabilità precontrattuale, cit., 1 ss. Al modello della culpa in contrahendo è intimamente connessa la diversa categoria degli «obblighi di protezione» (Schutzpflichten) che trovano fondamento nel principio di affidamento (Vertrauenshaftung). Sull’argomento v. C.W. Canaris, Norme di protezione, obblighi del traffico, doveri di protezione, in Riv. crit. dir. priv., 1983, 793 ss.: «I primi [doveri di prestazione, ndr] sono finalizzati alla realizzazione ed alla promozione dell’interesse alla prestazione, i secondi [doveri di protezione, ndr] alla protezione dei restanti beni della controparte. La peculiarità decisiva dei “doveri di protezione” e, nel contempo, la loro differenza sostanziale con gli “obblighi del traffico”, sta nel fatto che la loro violazione determina una responsabilità alla stregua dei principi contrattuali». V. inoltre C. Castronovo, voce Obblighi di protezione, in Enc. giur. Treccani, XXI, Roma, 1991, 1 ss.; C. Scognamiglio, Il danno al patrimonio tra contratto e torto, in Resp. civ. prev., 2007, 1255 ss.; L. Lambo, Responsabilità civile e obblighi di protezione, in Danno e resp., 2008, 136 ss.; A. Di Majo, Il problema del danno al patrimonio, in Riv. crit. dir. priv., 1984, 322 ss., secondo cui, oltre ad essere autonomi e trascendere la prestazione, i doveri di protezione hanno dogmaticamente rappresentato una «categoria-cuscinetto tra la responsabilità contrattuale e quella da delitto, consentendo di colmare lacune dell’una e dell’altra».
[10] Cass. Com., 20 marzo 1972, in JCP, éd. G., 1973, II, n. 17543.
[11] V. anche E. Calzolaio, La responsabilità precontrattuale dopo la riforma del code civil francese, cit., 1302), il quale, come ulteriore eccezione alla regola dell’assenza di obblighi nella fase anteriore al contratto, ricorda la figura della revoca della proposta irrevocabile, laddove l’altra parte dimostrasse di aver affrontato delle spese confidando nella promessa di tener ferma la proposta. In questa ipotesi, pur in assenza di un vincolo contrattuale, un parte della dottrina francese riteneva possibile agire, sulla base di un principio di equità, per ottenere il risarcimento dei danni a titolo di responsabilità extracontrattuale, con esclusivo riferimento al rimborso delle spese e – in determinati casi – alla perdita di chance.
La sezione del Code civil riformato dedicata alla conclusione del contratto si apre con alcune norme in tema di trattative (les négociations), disciplinate agli artt. 1112, 1112-1 e 1112-2. In questa sede ci si soffermerà, in particolare, sulla fattispecie della rottura ingiustificata delle trattative, che costituisce l’illecito precontrattuale più significativo.
Preliminarmente va segnalato che le disposizioni dedicate a questa materia non si applicano ai contratti conclusi in assenza di negoziati, come i contratti per adesione (ai quali il legislatore della riforma dedica specifiche disposizioni). Tuttavia in dottrina è stato fatto notare come non si possa escludere, in via di principio, che la responsabilità precontrattuale derivante da un comportamento contrario a correttezza e buona fede possa insorgere anche con riferimento ai contratti per adesione [1].
Quanto al contenuto della norma, l’art. 1112 dispone: «L’initiative, le déroulement et la rupture des négociations précontractuelles sont libres. Ils doivent impérativement satisfaire aux exigences de la bonne foi. En cas de faute commise dans les négociations, la réparation du préjudice qui en résulte ne peut avoir pour objet de compenser la perte des avantages attendus du contrat non conclu, ni la perte de chance d’obtenir ces avantages».
La nuova formulazione dell’art. 1112 riprende nella sostanza quella contenuta negli avant-projets Catala e Terré [2]. La norma conferma il principio di libertà delle parti nello svolgimento delle trattative, ivi compresa quella di non proseguirle («L’initiative, le déroulement et la rupture des négociations…»). Se nella fase del negoziato è garantita una libertà dal contratto, durante le trattative le parti – come avviene sovente nella contrattazione tra imprese – potranno decidere di concludere accordi volti a limitare tale libertà fissando le condizioni del negoziato [3]. Si tratta di strumenti contrattuali di origine angloamericana ben noti anche nella prassi francese (calendrier obligatoire de négociation; répartition des frais de négociation; clause d’exclusivité de négociation; clause de confidentialité; clause de priorité de négociation; clause de prévenance, e via dicendo).
La norma in esame potrebbe inoltre avere qualche riflesso sotto il profilo della rinegoziazione di rapporti in corso. La riforma introduce all’art. 1195 un obbligo di rinegoziazione in risposta a situazioni di imprevedibilità. Trasposte nel contesto specifico della rinegoziazione, le tre libertà dettate dall’art. 1112 («L’initiative, le déroulement et la rupture…») potrebbero essere interpretate diversamente, specialmente con riguardo alla obligation d’entrer en négociation, ossia nell’ottica della libertà di entrare nelle trattative per una rinegoziazione del rapporto in corso [4].
In qualsiasi circostanza le tre libertà devono essere realizzate in maniera conforme a buona fede. Essa attiene naturalmente alla condotta delle parti e identifica le «modalità con cui una parte deve operare» [5]. Le trattative, dispone l’ultimo periodo dell’art. 1112, devono essere “impérativement” improntate al rispetto dell’obbligo di buona fede. L’avverbio indica chiaramente che la buona fede nella fase precontrattuale è questione “d’ordre public”, in linea con quanto prevede l’art. 1104, comma 2 [6].
L’art. 1112 ricalca inoltre quanto stabilito sempre dall’art. 1104, ove si afferma che «Les contrats doivent être négociés (…) de bonne foi». Potrebbe sembrare una ridondanza, ma alcuni commentatori l’hanno accolta con favore riconoscendo in essa un’utilità in chiave “pédagogique” [7]. La valutazione “in negativo” del requisito della buona fede svolge la funzione di identificare quei comportamenti sleali che debbono essere sanzionati [8] (ad esempio, chi entra nelle trattative senza avere alcuna intenzione di concludere il contratto) [9].
L’introduzione formale ed esplicita di un obbligo di buona fede appare poi conforme a quanto già affermato, dagli anni ’70 in poi, dalla giurisprudenza francese, la quale già aveva esteso alla fase prenegoziale quanto prescritto dal previgente art. 1134, comma 3, in tema di buona fede nell’esecuzione del contratto.
Infine va notato che il temperamento del principio di libertà contrattuale con la clausola di buona fede è ormai comune nel contesto delle varie codificazioni europee e si riflette anche nei progetti di diritto contrattuale europeo, tanto nei PECL [10] quanto nel DCFR [11].
[1] D. Di Sabato, La nuova disciplina della responsabilità precontrattuale francese, cit., 84 ss.
[2] Cfr. G. Chantepie, M. Latina, La réforme du droit des obligations, cit., 140 ss. Per un confronto v. anche B. Fauvarque-Cosson, in J. Cartwright, S. Vogenauer, S. Whittaker, Reforming the French Law of Obligations, Hart Publishing, 2009, 35 ss.
[3] Cfr. G. Chantepie, M. Latina, La réforme du droit des obligations, cit., 145, sottolinea come «… la jurisprudence admet-elle la nature contractuelle de la responsabilité encourue lorsque les négociations se sont déroulées à la suite d’un protocole d’accord».
[4] Cfr. O. Deshayes, T. Genicon, Y.M. Laithier, Réforme du droit des contrats, du régime général et de la preuve des obligations, cit., 98.
[5] Così V. Roppo, Il contratto2, Giuffrè, 2011, 466.
[6] Ar. 1104 Code civil: «Les contrats doivent être négociès, formés et exécutés de bonne foi. Cette disposition est d’ordre public». Sull’inderogabilità del dovere di buona fede in ragione dell’espressa connessione con l’ordine pubblico v. F. Piraino, La buona fede in senso oggettivo, Giappichelli, 2015, 287.
[7] O. Deshayes, T. Genicon, Y.M. Laithier, Réforme du droit des contrats, du régime général et de la preuve des obligations, cit., 97.
[8] Cfr., in tal senso, O. Deshayes, T. Genicon, Y.M. Laithier, Réforme du droit des contrats, du régime général et de la preuve des obligations, cit., 99: «Dans une période où la liberté doit trouver à s’épanouir tout particulièrement, c’est davantage la mauvaise foi qui sert de repère. Ainsi, s’agissant de l’initiative des négociations, sera sanctionné celui qui entame des négociations sans avoir l’intention de conclure le contrat envisagé».
[9] Una pronuncia della Cour de cassation riassume con chiarezza tale aspetto: «la cour d’appel a retenu à bon droit que M. X…, qui avait rompu sans raison légitime, brutalement et unilatéralement, les pourparlers avancés qu’il entretenait avec son partenaire qui avait déjà, à sa connaissance, engagé des frais et qu’il avait maintenu volontairement dans une incertitude prolongée en lui laissant croire que l’affaire allait être conclue à son profit, avait manqué aux règles de la bonne foi dans les relations commerciales et avait ainsi engagé sa responsabilité délictuelle envers M. Y…» (Com. 18 janv. 2011, n. 09-14.617, NP, in Gaz. Pal., 2011. 1, 1058, note D. Houtcieff; in Gaz. Pal., 2011. 1, 1711, 1re esp., note B. Dondero; in RJDA, 2011, no 430; in RTD civ., 2011. 345, obs. B. Fages).
[10] L’art. 2:301: «Negotiations Contrary to Good Faith» dispone: «(1) A party is free to negotiate and is not liable for failure to reach an agreement.; (2) However, a party who has negotiated or broken off negotiations contrary to good faith and fair dealing is liable for the losses caused to the other party. (3) It is contrary to good faith and fair dealing, in particular, for a party to enter into or continue negotiations with no real intention of reaching an agreement with the other party».
[11] Nel DCFR, l’art. 3:301: «Negotiations contrary to good faith and fair dealing» recita: «(1) A person is free to negotiate and is not liable for failure to reach an agreement. (2) A person who is engaged in negotiations has a duty to negotiate in accordance with good faith and fair dealing and not to break off negotiations contrary to good faith and fair dealing. This duty may not be excluded or limited by contract. (3) A person who is in breach of the duty is liable for any loss caused to the other party by the breach. (4) It is contrary to good faith and fair dealing, in particular, for a person to enter into or continue negotiations with no real intention of reaching an agreement with the other party».
Il comma 2 dell’art. 1112 disciplina le consenguenze della condotta colposa durante le trattative e fornisce un chiarimento sui danni [1] che possono essere risarciti in caso di colpa nella fase precontrattuale: «En cas de faute commise dans les négociations, la réparation du préjudice qui en résulte ne peut avoir pour objet de compenser la perte des avantages attendus du contrat non conclu, ni la perte de chance d’obtenir ces avantages».
La responsabilità sorge in presenza di un comportamento colposo durante le trattative («En cas de faute commise dans les négociations…»). La norma dispone che, nella fase prenegoziale, in caso di colpa (faute) – concetto che sembra andare anche oltre la buona fede [2] – il danno risarcibile consiste nell’interesse negativo [3]. Dunque, analogamente a quanto accade nell’ordinamento italiano [4], non è risarcibile ciò che gli inglesi definiscono l’expectation interest (ossia l’interesse alla prestazione), ma lo è soltanto l’interesse negativo, vale a dire il danno derivante dalla lesione della reliance [5] (ossia dell’affidamento che l’altra parte ha riposto nella conclusione del contratto) [6].
Tuttavia, nella formulazione della norma prima della conversione dell’ordonnance in legge, se risultava chiaro che la vittima di una rottura ingiustificata delle trattative avesse titolo per reclamare il rimborso delle spese e dei costi sostenuti, restava da chiarire se il risarcimento potesse spingersi fino a comprendere non solo il mancato guadagno atteso, ma anche la perdita di chance di conseguirlo. La norma infatti escludeva il risarcimento dei «vantaggi attesi» («des avantages attendues du contrat non conclu»), ma non la perdita di chance di ottenerli, sicché essa si prestava ad una lettura più estensiva [7]. Invece, in sede di conversione dell’ordonnance in legge, è stata introdotta la precisazione relativa all’esclusione del risarcimento da perdita di chance («ni la perte de chance d’obtenir ces avantages»), confermando così la soluzione già adottata dalla Cour de Cassation [8].
La giurisprudenza francese, in particolare, ha negato la sussistenza di un nesso causale tra l’interruzione ingiustificata delle trattative e il danno consistente nella perdita della chance di realizzare il guadagno atteso dalla conclusione del contratto. In questa prospettiva, l’unico danno risarcibile sarebbe la perdita di chance di concludere un contratto con un terzo, nel caso in cui le trattative siano state prolungate inutilmente [9].
È infine utile osservare, con riferimento agli elementi presi in considerazione nella valutazione della legittimità o meno della interruzione delle trattative, che la giurisprudenza francese ha attribuito rilevanza a circostanze che anche la giurisprudenza italiana [10] ritiene rilevanti, vale a dire – ad esempio – la presenza o meno di precedenti relazioni commerciali tra le parti, lo stato di avanzamento dei negoziati (che può raggiungere un’estensione e un livello di intensità tale da rendere meritevole di tutela l’affidamento di controparte nella conclusione del contratto), lo status professionale di uno o di entrambi i contraenti [11].
[1] Per alcuni riferimenti sul concetto di “danno” nel diritto francese, v. P. Sirena, Il concetto di «danno» nella disciplina italiana e francese della responsabilità civile, in Rass. dir. civ., 2019, 544 ss.
[2] Cfr. O. Deshayes, T. Genicon, Y.M. Laithier, Réforme du droit des contrats, du régime général et de la preuve des obligations, cit., 99: «Cela est parfaitement exact mais le texte va probablement au-delà puisqu’il vise, de façon plus générale, toute “faute commise dans les négociations”. Par conséquent, l’alinéa 2 a également vocation à appréhender des manquements autres que ceux qui sont faits à la bonne foi d’origine légale: on songe notamment à des manquements à des obligations de négociation contractuelles qu’aurait imposées un accord de négociation».
[3] Sul «quantum» del danno da responsabilità precontrattuale nell’ordinamento italiano, v. G. Afferni, Il «quantum» del danno nella responsabilità precontrattuale, Giappichelli, 2008, passim.
[4] V., da ultimo, Cass. 27 ottobre 2021, n. 30186, nella banca dati Foroplus: «In materia di responsabilità precontrattuale il pregiudizio risarcibile è circoscritto nei limiti (ed a tal fine il giudice di rinvio dovrà operare le relative necessarie valutazioni) dello stretto interesse negativo (contrapposto all’interesse all’adempimento), rappresentato sia dalle spese inutilmente sopportate nel corso delle trattative in vista della conclusione del contratto, sia dalla perdita di ulteriori occasioni per la stipulazione con altri di un contratto altrettanto o maggiormente vantaggioso, e dunque non comprende, in particolare, il lucro cessante risarcibile se il contratto non fosse stato poi adempiuto o fosse stato risolto per colpa della controparte».
[5] Sul ruolo dell’affidamento v. recentemente A.M. Garofalo, Il ruolo dell’affidamento nella responsabilità precontrattuale, in Teoria e Storia del Diritto Privato, n. XI, 2018, 79 ss.
[6] Cfr. Y.-M. Laithier, La distinction entre “intérêt positif” et “intérêt négatif” à l’épreuve des avant-contrats, in O. Deshayes (dir.), L’avant-contrat. Actualité du processus de formation des contrats, PUF, 2008, 153 ss.
[7] V. E. Calzolaio, La responsabilità precontrattuale dopo la riforma del code civil francese. Profili comparatistici, cit., 1301 ss.
[8] V. Cass. com., 26 novembre 2003, n. 00-10.243 et 00-10.949, in Bull. civ., 2003, IV, n. 186 (si tratta della decisione del celebre caso Manoukian). Nello stesso senso v. Cass., ch. civ. 3, 28 giugno 2006, n. 04-20040, in Bull. civ., 2006, III, n. 164, 136; Cass., ch. comm. 18 settembre 2012, n. 11-19629, in Bull. civ., 2012, IV, n. 163. Sul punto v. anche J.S. Borghetti, Rottura delle trattative e perdita di chances, in Annuario del contratto, Giappichelli, 2012, 405 ss.
[9] Così avviene anche nell’ordinamento italiano, v. di recente Cass. 27 ottobre 2021, n. 30186, cit.: «In materia di responsabilità precontrattuale il pregiudizio risarcibile è circoscritto nei limiti (ed a tal fine il giudice di rinvio dovrà operare le relative necessarie valutazioni) dello stretto interesse negativo (contrapposto all’interesse all’adempimento), rappresentato sia dalle spese inutilmente sopportate nel corso delle trattative in vista della conclusione del contratto, sia dalla perdita di ulteriori occasioni per la stipulazione con altri di un contratto altrettanto o maggiormente vantaggioso, e dunque non comprende, in particolare, il lucro cessante risarcibile se il contratto non fosse stato poi adempiuto o fosse stato risolto per colpa della controparte».
[10] Sui presupposti della responsabilità precontrattuale, v. recentemente Cass. 16 novembre 2021, n. 34510, nella banca dati Foroplus: «Per ritenere integrata la responsabilità precontrattuale occorre che tra le parti siano in corso trattative; che queste siano giunte ad uno stadio idoneo ad ingenerare, nella parte che invoca l’altrui responsabilità, il ragionevole affidamento sulla conclusione del contratto; che esse siano state interrotte, senza un giustificato motivo, dalla parte cui si addebita detta responsabilità; che, infine, pur nell’ordinaria diligenza della parte che invoca la responsabilità, non sussistano fatti idonei ad escludere il suo ragionevole affidamento sulla conclusione del contratto. La verifica della ricorrenza di tutti tali elementi si risolve in un accertamento di fatto riservato al giudice di merito, incensurabile in sede di legittimità, ove non inficiato da omesso esame circa un fato decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti».
[11] Cfr. P. Le Tourneau, Contrats du numérique; informatiques et électroniques, 11e éd., Dalloz, 2021, 118 ss.
La nuova formulazione dell’art. 1112 non precisa la natura della responsabilità in caso di violazione dell’obbligo di comportarsi secondo buona fede. La dottrina francese, conformemente al tradizionale orientamento della giurisprudenza, non sembra dubitare della natura aquiliana della responsabilità precontrattuale [1]. Anche la Relazione di presentazione all’ordonnance la inquadra nel campo del torto; tale soluzione inoltre si desume sia dal tenore dell’art. 1116 sulla revoca illegittima della proposta contrattuale [2], sia dall’art. 1112-2 ove la locuzione “le droit commun” rimanda proprio alla responsabilità extracontrattuale degli artt. 1240 e 1241 Code civil.
Nell’ordinamento italiano, invece, il tema della natura della responsabilità precontrattuale è ancora molto dibattuto [3].
Le radici del dibattito risalgono al già citato studio di Jhering, che merita qui di essere ricordato, vista la sua influenza nella riflessione della dottrina italiana e francese. È movendo dai suoi studi che nell’ordinamento tedesco la culpa in contrahendo è stata inserita nell’alveo della responsabilità contrattuale, facendo ricorso alla fictio iuris del «contatto negoziale».
Il giurista tedesco all’epoca si poneva il problema se e in quali limiti il soggetto che è stato causa della nullità del contratto dovesse risarcire il danno sofferto dall’altra parte per avere confidato nella validità del negozio [4]. Le regole di quel tempo non apprestavano specifica tutela in tale ipotesi e Jhering riteneva che una soluzione positiva a tale quesito fosse aderente al comune senso di giustizia.
Egli notava come, durante le trattative, tra le parti si costruisse un rapporto di fiducia particolare (Sonderverbindung) avente natura quasi contrattuale [5]; fonte, pertanto, di obblighi reciproci di lealtà ispirati al principio di correttezza e buona fede [6].
Nel contestualizzare la condotta colposa all’interno di un progetto contrattuale, Jhering individuava una connessione non meramente esteriore [7] tra culpa e (futuro) rapporto contrattuale, mettendo in rilievo un legame anche “interno”, in virtù della forza obbligatoria che assume la culpa in seno ad una relazione contrattuale, che, diversamente, non sarebbe riconosciuta al di fuori di tale rapporto [8].
In definitiva, secondo l’autore non era ragionevolmente possibile ritenere che le parti in contatto, in previsione della stipulazione del futuro contratto, fossero tra esse esenti da qualsivoglia obbligo reciproco. Al contrario egli sosteneva l’esistenza di obblighi positivi in capo alle parti: il venditore ha l’obbligo di garantire, entro certi limiti, le condizioni di validità del contratto imputabili alla sua persona; se egli viene meno a tale obbligo induce la controparte in errore, avendo generato la «falsa apparenza di un contratto» e dunque un affidamento meritevole di protezione. «Chi», si interrogava Jhering, «è così insensibile da non avvertire in questo caso l’esigenza di un’azione per il risarcimento dei danni?» [9].
Del resto è vero che il fine di ogni contratto è l’adempimento, ma ciò non impedisce affatto che il contratto possa comunque produrre obbligazioni di altro tipo, come appunto quella risarcitoria [10]: «La diligentia contrattuale viene richiesta nello stesso modo tanto nei rapporti contrattuali ancora in fase di formazione, quanto in quelli già perfezionatisi. L’inosservanza di questa diligentia dà luogo, in entrambi i casi, all’azione contrattuale per il risarcimento del danno» [11].
[1] V. R. Sefton-Green, Formation of Contract: Negotiation and the Process of Agreement, in J. Cartwright, S. Whittaker, The Code Napoléon Rewritten, Hart Publishing, 2017, 60 ss.
[2] Per un approfondimento v. il contributo di F.P. Patti, Revoca della proposta contrattuale: un confronto con la disciplina francese, in questo fascicolo.
[3] V. infra par. 5.
[4] L’autore rilevava nelle fonti di diritto romano la presenza, in tema di vendita, di un’actio ex contractu che veniva accordata al contraente di buona fede nonostante la nullità del contratto, allorché il venditore non avesse comunicato all’acquirente il carattere extra commercium del bene (AA.VV., Diritto romano privato, a cura di A. Schiavone, Piccola Biblioteca Einaudi, 2003, 415). I giureconsulti ammettevano l’esperibilità dell’actio ex empto qualora il venditore dichiarasse, anche informalmente, l’esistenza di requisiti non corrispondenti allo stato della cosa o nascondesse, dolosamente, i suoi vizi. La condanna pecuniaria poteva corrispondere, in questi casi, o al valore integrale della cosa o alla differenza di valore determinata dal vizio. Di qui sorgeva la necessità di individuare il motivo in base al quale concedere un’azione contrattuale, malgrado il contratto fosse invalido, e come tale soluzione potesse conciliarsi con la nullità del contratto.
[5] Cfr., nella prospettiva dell’ordinamento francese moderno, A. Zaccaria, Le fonti delle obbligazioni nel Code civil riformato, in Rass. dir. civ., 2018, 454 ss.
[6] Jhering distingueva i rapporti a seconda che essi appartenessero all’area delle trattative contrattuali – e dunque meritevoli di tutela in caso di colpa precontrattuale – oppure alla sfera delle relazioni amicali o di mera cortesia, e perciò indegne di particolare protezione da parte dell’ordinamento giuridico. Nella prima ipotesi, la fonte dell’obbligo non trova evidentemente fondamento nel futuro contratto, che può anche non perfezionarsi, bensì scaturisce dall’affidamento della controparte. Elemento – quello dell’affidamento – che ritroveremo quale fattore costitutivo della moderna responsabilità derivante dal «contatto sociale». La letteratura sul “contatto sociale” è ampia. Mettono in luce il legame con la teoria della culpa in contrahendo, C. Castronovo, Responsabilità civile, Giuffrè, 2018, 521 ss.; Id., La Cassazione supera sé stessa e rivede la responsabilità precontrattuale, in Eur. dir. priv., 2012, 1227 ss.; F.D. Busnelli, Itinerari europei nella «terra di nessuno» tra contratto e fatto illecito: la responsabilità da informazioni inesatte, in Contratto e impresa, 1991, 539; Id., Quale futuro per le categorie del diritto civile?, in Riv. dir. civ., 2015, 4 ss.; A. Di Majo, L’obbligazione senza prestazione approda in Cassazione, in Corr. giur., 1999, 446 ss.; C.-W. Canaris, Il “contatto sociale” nell’ordinamento giuridico tedesco, in Riv. dir. civ., 2017, 1 ss.; A. Zaccaria, Der aufhaltsame Aufstieg des sozialen Kontakts (la resistibile ascesa del “contatto sociale”), in Riv. dir. civ., 2013, 77 ss.; Id., La natura della responsabilità per culpa in contrahendo secondo il punto di vista del gambero, in Riv. dir. civ., 2015, 344 ss.; Id., Rappresentanza apparente e “contatto sociale”: considerazioni circa il ruolo dell’affidamento nel diritto civile italiano, in Studium iuris, 2016, 1161 ss.; Id., “Contatto sociale” e affidamento, attori protagonisti di una moderna commedia degli equivoci, in questa Rivista, 2017, 185 ss.; E. Navarretta, Riflessioni in margine all’ingiustizia del danno, in Resp. civ. prev., 2008, 2419 ss.; Id., L’ingiustizia del danno e i problemi di confine tra responsabilità contrattuale e extracontrattuale, in La responsabilità e il danno, in Tratt. dir. civ., diretto da N. Lipari e P. Rescigno, vol. IV, III, Giuffrè, 2009, 234 ss.; C. Tenella Sillani, Culpa in contrahendo, contatto sociale e “incoerenze” della Suprema Corte, in Rass. dir. civ., 2015, 1247 ss.; C. Scognamiglio, Responsabilità precontrattuale e “contatto sociale qualificato”, in Resp. civ. prev., 2016, 1950 ss.; C. Cicero, La responsabilità (pre)contrattuale come responsabilità da contatto sociale, in Corr. giur., 2016, 1510 ss.; A. Palmieri, Trattative, contatto sociale qualificato e “culpa in contrahendo”: verso la tesi contrattualistica, in Foro it., 2016, I, 2695 ss.; E. Tagliasacchi, Dialogo con la giurisprudenza in tema di responsabilità precontrattuale e contatto sociale: “looking back, thinking forward”, in Contr. impr., 2017, 233 ss.; F. Della Negra, Culpa in contrahendo, contatto sociale e modelli di responsabilità, in Contratti, 2012, 238 ss.; S. Faillace, La responsabilità da contatto sociale, Cedam, 2004. Con particolare riferimento alla responsabilità medica, v. M. Paradiso, La responsabilità medica dal torto al contratto, in Riv. dir. civ., 2001, 337 ss.; M. Franzoni, Il contatto sociale non vale solo per il medico, in Resp. civ. prev., 2011, 1693 ss.; C. Scognamiglio, La natura della responsabilità del medico inserito in una struttura ospedaliera nel vigore della l. n. 189/2012, in Resp. civ. prev., 2013, 1988 ss.; G. Vettori, La responsabilità medica e il danno non patrimoniale fra legge e giudice. Un invito al dialogo, in Pers. e merc., 2013, 351 ss.; E. Vincenti, La responsabilità da contatto sociale nella giurisprudenza di legittimità, in Resp. civ. prev., 2016, 2065 ss.; I. Sarica, Il contatto sociale tra le fonti della responsabilità civile: recenti equivoci nella giurisprudenza di merito, in Contr. impresa, 2005, 97 ss.; F. Venosta, Prestazioni non dovute, “contatto sociale” e doveri di protezione “autonomi”, in Europa dir. priv., 2014, 109 ss.
[7] R. Von Jhering, Della culpa in contrahendo, cit., 53: «In effetti, non possiamo nasconderci come essa abbia una direzione nettamente pronunciata in questo senso. Prima di tutto grazie alla causa esteriore che l’ha fatta nascere. La conclusione di un contratto, progettata e portata a termine esteriormente o in apparenza, si ripresenta in tutti i casi di applicazione di questa domanda, e deve quindi farci immediatamente presumere che sia proprio nel legame che viene ad instaurarsi in questi casi tra la responsabilità ed il rapporto contrattuale che si trova racchiusa l’intima natura della nostra pretesa risarcitoria. Del resto è incredibilmente sorprendente che, fuori da questo cerchio strettamente limitato, l’idea di attribuire alla culpa una forza obbligatoria assoluta appaia come un’impossibilità, mentre in questo stesso cerchio essa si presenta come una necessità irrinunciabile, imposta dalle esigenze della giustizia. Questo legame tra la culpa ed il rapporto contrattuale lo si può concepire come meramente esteriore […] Ma questo legame è in realtà un legame interno; la culpa che si presenta qui è esattamente della stessa specie di quella che noi incontriamo solamente nei rapporti contrattuali».
[8] R. Von Jhering, Della culpa in contrahendo, cit., 15: «Un errore di scrittura, una commissione mal eseguita, un dispaccio telegrafico trasmesso con errori non generano in alcun modo, nel mondo delle relazioni extracontrattuali, una obbligazione per il risarcimento dei danni. Questo era innegabile. Quanto all’opzione di rendere responsabile delle conseguenze dannose della propria culpa chi ha commesso un errore, comunicando per mera cortesia gli ultimissimi andamenti di mercato o una importante notizia politica capace di influenzarli, io non mi sentivo in alcun modo spinto a farlo, mentre nei tre casi sopra menzionati la mia sensibilità mi spingeva senza esitazione alcuna a riconoscere la responsabilità. Qual è dunque la differenza degli elementi di fatto che caratterizza questo genere di casi? Nell’ultimo, la culpa è commessa in occasione di un progetto di rapporto contrattuale. Una delle parti ha sofferto un danno in ragione dell’esecuzione di un negozio proposto dall’altra e perfezionatosi successivamente sulla base delle condizioni apparenti. Per questa via ero giunto ad una netta delimitazione del campo di azione della nostra culpa, vale a dire la culpa nella conclusione dei contratti: culpa in contrahendo».
[9] R. Von Jhering, Della culpa in contrahendo, cit., 11.
[10] Jhering, aderendo all’opinione di Richelmann, sosteneva che la nullità del contratto escludesse sicuramente l’azione diretta all’esecuzione di quest’ultimo, ma non anche l’azione risarcitoria a titolo di culpa (R. Von Jhering, Della culpa in contrahendo, cit., 7). Così la vendita di una res extra commercium escludeva la possibilità dell’adempimento, ma non l’obbligo del risarcimento che si ricollega al contratto (cfr. F. Benatti, voce Responsabilità precontrattuale, cit., 1 ss.). Egli, in altre parole, sosteneva che l’espressione «nullità», riferita ovviamente al contratto, designasse l’assenza, non di tutti, ma solo di alcuni effetti (R. Von Jhering, Della culpa in contrahendo, cit., 59).
[11] R. Von Jhering, Della culpa in contrahendo, cit., 105 e 84 s.: «… vedremo che essa [la culpa, ndr] consiste nel fatto che il venditore contratta senza poter garantire le condizioni della validità del contratto imputabili alla sua persona, ed induce la controparte in errore per la falsa apparenza di un contratto. Il contraente esce in questo preciso momento dalla sfera meramente negativa dei rapporti extra-contrattuali, per entrare nell’ambito positivo dei contratti».
Molti dei problemi e degli obiettivi affrontati dal legislatore francese in occasione della riforma del codice sono comuni e presenti anche nell’ordinamento italiano. Un interrogativo che ha molto impegnato la dottrina italiana riguarda proprio la natura della responsabilità precontrattuale, su cui non è stata ancora raggiunta una posizione unanime [1]. È forse prevalente l’opinione di chi ne afferma la natura extracontrattuale, ma vi sono voci autorevoli anche tra chi, sulla scorta degli insegnamenti di Jhering e della più recente dottrina tedesca, sostengono la tesi della natura contrattuale. Non mancano poi coloro che propongono soluzioni intermedie (la responsabilità precontrattuale come «terzo genere» di responsabilità) o miste (la responsabilità sarebbe contrattuale nel caso di rottura delle trattative, extracontrattuale in altri casi).
Secondo la tesi extracontrattuale, la relazione qualificata che si creerebbe tra le parti nella prospettiva della conclusione di un contratto non sarebbe sufficiente a determinare la natura contrattuale della responsabilità. Ciò anche a voler ammettere che sulle parti gravino speciali doveri a protezione dei reciproci interessi. Tale relazione, secondo questa tesi, sarebbe infatti presente anche in altri contesti, ove tuttavia non sfiora l’idea di ricondurre l’illecito al campo diverso da quello della responsabilità ex art. 2043 cod. civ. In questo senso si propongono gli esempi delle relazioni fra i protagonisti della circolazione stradale oppure fra gli imprenditori che competono sullo stesso mercato [2]. In sostanza, pur ammettendo la presenza di doveri di condotta in capo ai soggetti agenti, questa dottrina non ritiene che essi siano tali da essere considerati alla stregua di vere e proprie obbligazioni. L’obbligazione e la responsabilità contrattuale, secondo questa impostazione, proteggono l’interesse del creditore rappresentato (solo) dall’aspettativa della prestazione; gli altri interessi messi a rischio nelle relazioni sociali andrebbero invece protetti all’interno dell’area della responsabilità extracontrattuale [3].
Il noto saggio di Luigi Mengoni, Sulla natura della responsabilità contrattuale [4], scritto negli anni ’50, rappresenta il punto di riferimento della dottrina italiana che sposa la tesi avversa, ossia quella della natura contrattuale. Mengoni sosteneva che, secondo quanto emerge dal tenore letterale degli artt. 1337 e 1338 cod. civ., l’obbligo di comunicare le cause di invalidità del contratto fosse un «obbligo relativo» [5], imposto alle parti e non ad altri soggetti indeterminati, e dunque ascrivibile all’area della responsabilità contrattuale.
Un’obiezione alla tesi dell’autore consisteva nel ritenere l’art. 1337 cod. civ. non interpretabile alla stregua di una norma in grado di instaurare un rapporto obbligatorio protettivo di interessi specifici tra le parti, poiché «specifici» in realtà potrebbero non esserlo in quanto già protetti dalla responsabilità aquiliana collegata alla violazione del generico dovere di «alterum non laedere». A tale obiezione Mengoni replicava affermando l’inesistenza nel nostro ordinamento del dovere generale di «neminem laedere»: tale espressione, secondo l’autore, può essere accettata soltanto come «sintesi terminologica, come indicazione breviloquia di una serie indefinita di doveri specifici, a noi derivanti dai fatti costitutivi di situazioni giuridiche assolute a favore di altri» [6].
In tale prospettiva, dunque, l’art. 1337 cod. civ. determinerebbe un’estensione della buona fede contrattuale alla fase delle trattative [7], perciò andrebbe attribuita identica natura alla responsabilità per violazione del dovere di buona fede, sia che esso si ricolleghi al rapporto contrattuale sia che si fondi sul rapporto prenegoziale [8].
Tale impostazione è stata successivamente ripresa e affinata dalla moderna dottrina [9], che è giunta a coniare la controversa figura della «obbligazione senza obbligo di prestazione» [10]. Il punto di contatto tra la culpa in contrahendo così intesa e la moderna applicazione del danno da «contatto sociale» sembra intravedersi nelle parole dello stesso Mengoni: «Quando una norma giuridica assoggetta lo svolgimento di una relazione sociale all’imperativo della buona fede, ciò è un indice sicuro che questa relazione sociale si è trasformata, sul piano giuridico, in un rapporto obbligatorio». Alla stregua dell’art. 1337 cod. civ., infatti, si è ritenuto che altre ipotesi di responsabilità meritassero medesimo trattamento in quanto analogamente presiedute dalla regola di buona fede. In tal senso talune fattispecie di «contatto sociale», diverse da rapporti precontrattuali ma comunque caratterizzate dalla figura del «rapporto obbligatorio senza prestazione», ben potrebbero possedere le medesime caratteristiche formali e comportare quindi una responsabilità di pari natura [11].
In conclusione, merito della culpa in contrahendo è quello di aver dato rilevanza al principio di affidamento mediante l’identificazione ed il riconoscimento di obblighi la cui violazione sottrae la responsabilità dall’area del torto. D’altro canto, l’enfatizzazione della responsabilità di tipo “contrattuale” ha comportato, specie in Germania, la riconducibilità ad essa di ogni ipotesi di affidamento con esito dannoso; pure quelle che in realtà non si radicavano in un rapporto volto alla stipulazione di un contratto [12].
In Italia la giurisprudenza è stata per molto tempo monolitica nel ritenere la responsabilità precontrattuale di tipo extracontrattuale, senza tuttavia mai entrare nel vivo delle questioni sollevate in dottrina [13]. Tale atteggiamento è stato definito un’anomalia [14], un orientamento «tanto granitico, quanto sordo ad ogni contraria sollecitazione, nel ripetere tralaticiamente lo slogan sulla natura extracontrattuale della responsabilità» [15]. La giurisprudenza più recente della Cassazione sembra però aver nettamente mutato indirizzo in favore della natura contrattuale della responsabilità precontrattuale, proprio in virtù dell’applicazione della teoria del «contatto sociale qualificato» [16]. Sotto questo profilo, dunque, il sistema italiano pare oggi avvicinarsi più alla soluzione del BGB piuttosto che a quella del Code civil.
[1] Sulla responsabilità precontrattuale nella dottrina italiana v., tra gli altri, G. Stolfi, In tema di responsabilità precontrattuale, in Foro it., 1954, I, 1107 ss.; L. Mengoni, Sulla natura della responsabilità precontrattuale, in Riv. dir. comm., 1956, II, 361 ss.; M. Trimarchi, Appunti in tema di responsabilità precontrattuale, Giuffrè, 1958; F. Benatti, La responsabilità precontrattuale, Giuffrè, 1963; Id., Culpa in contrahendo, in Contr. impresa, 1987, 292 ss.; M. Bessone, Rapporto precontrattuale e doveri di correttezza, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1972, 962 ss.; G. Alpa, Appunti sulla responsabilità precontrattuale nella prospettiva della comparazione giuridica, in Resp. civ. prev., 1981, 535 ss.; V. Cuffaro, voce Responsabilità precontrattuale, in Enc. dir., XXXIX, Milano, 1988, 1 ss.; G. Patti, S. Patti, Responsabilità precontrattuale e contratti standard, Giuffrè, 1993; P.G. Monateri, La responsabilità contrattuale e precontrattuale, Utet, 1998; M. Barcellona, Strutture della responsabilità e ingiustizia del danno, in Eur. dir. priv., 2000, 400 ss.; M. De Poli, Asimmetrie informative e rapporti contrattuali, Cedam, 2002; G. Perlingieri, Regole e comportamenti nella formazione del contratto. Una rilettura dell’art. 1337 c.c., Edizioni Scientifiche Italiane, 2003; G. D’Amico, La responsabilità precontrattuale, nel Trattato del contratto, diretto da Roppo, Rimedi, V, 2, Giuffrè, 2006, 1025 ss.; P. Gallo, Responsabilità precontrattuale e problemi di quantificazione del danno, in Studi in onore di Cesare Massimo Bianca, IV, Giuffrè, 2006, 497 ss.; P. Sirena, Responsabilità precontrattuale e obblighi informativi, in L. Frediani, V. Santoro (a cura di), L’attuazione della direttiva Mifid, Giuffrè, 2009, 102 ss.; C. Castronovo, Responsabilità civile, cit., 534 ss.; Id., Vaga culpa in contrahendo: invalidità e responsabilità e la ricerca della chance perduta, in Eur. dir. priv., 2010, 19 ss.; E. Navarretta, Le trattative e la responsabilità precontrattuale, in Aa.Vv., Diritto privato, I, Utet, 2010; C. Scognamiglio, Tutela dell’affidamento, violazione dell’obbligo di buona fede e natura della responsabilità precontrattuale, in Resp. civ. prev., 2012, 1949 ss.; C. Tenella Sillani, Brevi note circa la natura della responsabilità precontrattuale secondo la Cassazione, in Studi in onore di Giovanni Iudica, Università Bocconi Editore, 2014, 1377 ss.; A. Zaccaria, La natura della responsabilità per culpa in contrahendo secondo il punto di vista del gambero, cit., 344 ss.; A. Di Majo, Il contatto sociale – la culpa in contrahendo tra contratto e torto, in Giur. it., 2016, 2565 ss.; A. Albanese, La responsabilità precontrattuale, in Le parole del diritto. Scritti in onore di Carlo Castronovo, III, Jovene, 2018, 1695 ss.; M. Orlandi, voce La responsabilità precontrattuale, in Enc. dir., Contratto, I, Giuffrè, 2021, 996 ss.
[2] Cfr. V. Roppo, Il contratto, cit., 177.
[3] Cfr. C. Castronovo, Rresponsabilità civile, cit., 521 ss.; F. Benatti, voce Responsabilità precontrattuale, cit., 8; R. Scognamiglio, Responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, in Noviss. dig. it., XV, Utet, 1968, 675; G. Visintini, voce Responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, in Enc. giur. Treccani, Roma, 1991, con Postilla di aggiornamento, 2008, 2.
[4] L. Mengoni, Sulla natura della responsabilità precontrattuale, cit., 361 ss.
[5] L’Autore riteneva che: «L’obbligo di comportarsi secondo buona fede, e in particolare l’obbligo di comunicare le cause di invalidità del contratto, è formulato dagli artt. 1337-1338 come obbligo inter partes, cioè imposto a una o più determinate persone (l’altra parte): non si tratta dunque di un dovere assoluto, bensì di un obbligo relativo che, in quanto rispondente ai requisiti dell’art. 1174 cod. civ., costituisce un rapporto di obbligazione» (L. Mengoni, Sulla natura della responsabilità precontrattuale, cit., 361).
[6] Ibidem.
[7] Ibidem: «Con la disposizione dell’art. 1337 il nuovo legislatore ha esteso l’imperativo della buona fede alla fase delle trattative e della formazione del contratto, e ciò importa che gli obblighi reciproci di correttezza, di cui parla l’art. 1175, sorgono già in questa fase in funzione dello specifico interesse di protezione di ciascuna parte nei confronti dell’altra in quanto tale, in quanto cioè, attraverso la relazione instaurata dalle trattative, viene investita di una specifica possibilità (che altrimenti non avrebbe) di ingerenze dannose nella sfera giuridica di controparte. Quando una norma giuridica assoggetta lo svolgimento di una relazione sociale all’imperativo della buona fede, ciò è un indice sicuro che questa relazione sociale si è trasformata, sul piano giuridico, in un rapporto obbligatorio, il cui contenuto si tratta appunto di specificare a stregua di una valutazione di buona fede».
[8] F. Benatti, Responsabilità precontrattuale, cit., 8.
[9] C. Castronovo, Responsabilità civile, cit., 521 ss.: «se la linea discretiva è la preesistenza di obblighi, che caratterizza la responsabilità contrattuale e invece manca nella responsabilità aquiliana, la responsabilità da violazione di obblighi che pur siano altri dall’obbligo di prestazione non potrà che mettere capo ugualmente a responsabilità contrattuale».
[10] V. C. Castronovo, Responsabilità civile, cit., 521 ss.; Id., Ritorno all’obbligazione senza prestazione, in Europa dir. priv., 2009, 708; Id., La relazione come categoria essenziale dell’obbligazione e della responsabilità contrattuale, in Europa dir. priv., 2011, 55 ss. Cfr. anche R. Scognamiglio, Responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, cit., 675; A. Di Majo, L’obbligazione senza prestazione approda in Cassazione, cit., 446 ss., il quale sostiene si debba piuttosto parlare di «prestazione senza obbligazione»; e per una ricca trattazione critica v. M. Maggiolo, Il risarcimento della pura perdita patrimoniale, Giuffrè, 2003, spec. 90 ss. e 142 ss. e la bibliografia ivi richiamata.
[11] C. Castronovo, Responsabilità civile, cit., 538 ss.
[12] Si sono fatti gli esempi del danno da prodotti e quello da informazioni non veritiere. Proprio in Germania fu avanzata la tesi secondo cui tra produttore e consumatore si instaurerebbe una relazione precontrattuale: la presentazione del prodotto sul mercato con determinate caratteristiche provocherebbe un ragionevole affidamento nel consumatore, per cui il danno cagionato dal prodotto verrebbe a configurarsi nei termini di una delusione di tale affidamento alla stregua di quanto accade nella culpa in contrahendo. Siffatta impostazione è stata però criticata in dottrina, ritenendo che si possa fondatamente parlare di responsabilità precontrattuale soltanto quando il comportamento delle parti sia oggettivamente orientato alla stipulazione di un contratto (C. Castronovo, Responsabilità civile, cit., 546 ss.). Allo stesso modo, nella categoria delle informazioni non veritiere, la culpa in contrahendo fu pensata come involucro dogmatico esclusivo di una responsabilità da violazione dell’affidamento. Secondo Castronovo, dopo la recente riforma del 2002 che ha interessato alcuni paragrafi del BGB, il § 311, comma 3, sembra orientato nella prospettiva che l’affidamento come tale faccia nascere un rapporto obbligatorio non necessariamente precontrattuale (v. C. Castronovo, Responsabilità civile, cit., 552). La norma dispone che: «un rapporto obbligatorio contenente obblighi accessori secondo la previsione del § 241, comma 2, può sorgere anche tra soggetti che non sono destinati a diventare parti di un contratto. Un tale rapporto obbligatorio sorge in particolare nei confronti di un terzo che abbia suscitato in misura rilevante un affidamento, influenzando in maniera significativa le trattative contrattuali o la conclusione del contratto».
[13] Cfr. C. Castronovo, Eclissi del diritto civile, Giuffrè, 2012, 128 ss.; C. Scognamiglio, Verso il definitivo accreditamento della tesi della natura “contrattuale” della responsabilità precontrattuale, in Nuova giur. civ. comm., II, 2016, 1516 ss.; F. Piraino, La natura contrattuale della responsabilità precontrattuale (ipotesi sull’immunità), in Contratti, 2017, 35 ss.; A. Albanese, La lunga marcia della responsabilità precontrattuale: dalla culpa in contrahendo alla violazione di obblighi di protezione, in Europa dir. priv., 2017, 1129 ss.
[14] Così C. Scognamiglio, Verso il definitivo accreditamento della tesi della natura “contrattuale” della responsabilità precontrattuale, cit., 1516.
[15] L. Rovelli, La responsabilità precontrattuale, nel Trattato Bessone, XII, 2, Il contratto in generale, Giappichelli, 2000, 347 ss. V. anche G. D’Amico, La responsabilità precontrattuale, cit., 1107, il quale nota: «la singolarità di un dibattito pressoché esclusivamente dottrinale, a fronte di un indirizzo giurisprudenziale assolutamente (monolitico e) consolidato nell’affermazione della natura aquiliana della responsabilità per culpa in contrahendo».
[16] Cass. 12 luglio 2016, n. 14188, in Nuova giur. civ. comm., I, 2016, 1451 ss. con nota di A. Iuliani, La Cassazione riafferma la natura contrattuale della responsabilità precontrattuale. In dottrina v. C. Scognamiglio, Verso il definitivo accreditamento della tesi della natura “contrattuale” della responsabilità precontrattuale, cit., 1515 ss.
Nella prospettiva di riforma del codice civile italiano, l’ormai abortito disegno di legge delega (d.d.l. S 1151) presentato al Senato nella XVIII legislatura, oggetto di ampio e approfondito studio da parte dell’Associazione Civilisti Italiani [1], rivolgeva al legislatore delegato l’appello di «prevedere, nel corso delle trattative per la conclusione del contratto, che la parte che sia a conoscenza di un’informazione di rilievo determinante per il consenso sia inderogabilmente tenuta a comunicarla all’altra parte quando questa la ignori e abbia fatto necessario affidamento sulla lealtà della controparte; sono escluse le informazioni concernenti il valore dell’oggetto del contratto» (art. 1, comma 1, lett. f) del predetto d.d.l.). Nella Relazione di accompagnamento al disegno di legge si invocava inoltre la necessità di allineare l’attuale disciplina «agli approdi giurisprudenziali più recenti in tema di responsabilità precontrattuale» [2].
A tale riguardo, è lampante l’evoluzione del nostro ordinamento nel senso di un ampliamento e amplificazione dei doveri d’informazione precontrattuali [3]. Basti pensare alla crescente valorizzazione del principio di buona fede in ambito contrattuale e precontrattuale, che talora impone «obblighi di parlare là dove prima si riconosceva la facoltà di tacere» [4]. Sintomatico di tale tendenza è il moltiplicarsi di norme ispirate alla “trasparenza”, le quali prevedono un dovere d’informazione chiara e veritiera verso l’altro contraente.
La previsione del d.d.l. in materia di reticenza precontrattuale appare chiaramente ispirata all’analoga disposizione inserita nel Code civil riformato, che ha introdotto l’art. 1112-1, secondo il quale «Celle des parties qui connaît une information dont l’importance est déterminante pour le consentement de l’autre doit l’en informer dès lors que, légitimement, cette dernière ignore cette information ou fait confiance à son cocontractant» (comma 1), con la precisazione che «Néanmoins, ce devoir d’information ne porte pas sur l’estimation de la valeur de la prestation» (comma 2) [5].
Sul fronte italiano, è stato fatto notare che il legislatore delegante intendeva approntare un’esplicita disciplina delle semplici “condotte omissive reticenti” – dalla giurisprudenza non considerate, allo stato, come causa di invalidità né di risarcimento – allargando «la tutela sul (solo) terreno della responsabilità precontrattuale, con un ampliamento significativo […] dell’area di operatività di questa forma di responsabilità, nella direzione auspicata anche da una parte della dottrina, che è del resto alla base dell’evoluzione giurisprudenziale che verrebbe in tal modo recepita anche legislativamente» [6].
Il nuovo diritto francese dispone esplicitamente che la violazione dell’obbligo di informazione possa comportare anche l’annullamento del contratto [7], oltre la responsabilità precontrattuale. Sul punto è stato rilevato che «la posizione del legislatore francese sembrerebbe dunque nel senso che l’obbligazione risarcitoria (per responsabilità precontrattuale) possa sorgere sia in presenza di una fattispecie di contratto annullabile sia in presenza di una fattispecie di contratto valido» [8].
Anche con riguardo alla nozione – piuttosto vaga – di «informazione di rilievo determinante per il consenso» (art. 1, comma 1, lett. f) del predetto d.d.l.) [9], è utile osservare come il legislatore francese abbia precisato che «Ont une importance déterminante les informations qui ont un lien direct et nécessaire avec le contenu du contrat ou la qualité des parties» (art. 1112-1). Nel Code civil riformato il carattere determinante del consenso viene inteso in senso ampio: errore, dolo e violenza sono considerati determinanti del consenso allorché senza di essi la parte protetta non avrebbe concluso il contratto o avrebbe pattuito condizioni sostanzialmente diverse (art. 1130).
Sempre in sintonia con il modello francese, il d.d.l. escludeva dal contenuto dell’obbligo di comunicazione «le informazioni concernenti il valore dell’oggetto del contratto»; la proposta di attuazione in esame prevedeva che le parti non fossero tenute a scambiarsi informazioni in ordine al «valore delle prestazioni» [10].
In conclusione, si può affermare che la riforma francese sulla responsabilità precontrattuale sia volta per lo più a consolidare il diritto vivente. Specialmente l’art. 1112, oggetto di questa breve analisi, non presenta novità rispetto all’attuale orientamento della giurisprudenza francese. Ciò nonostante il nuovo diritto francese merita una riflessione non soltanto per gli aspetti forse più innovativi degli 1112-1 e 1112-2, che affrontano nello specifico il tema degli obblighi d’informazione, ma anche per aver esplicitato una “cornice” di principi che costituiscono ora un punto fermo della responsabilità precontrattuale, rispetto al quale la Cour de Cassation sarà ora chiamata a pronunciarsi.
[1] V. il volume a cura di V. Cuffaro, A. Gentili, Materiali per una riforma del codice civile, vol. I, Giuffrè, 2021. Si segnalano, in particolare, i contributi di G. D’Amico, Proposta di attuazione della delega contenuta nell’art. 1, comma 1, lett. f) del d.d.l. s. 1151 e M. Dellacasa, L’informazione precontrattuale nel disegno di legge di riforma del codice civile (xviii legislatura), in corso di pubblicazione nel vol. II.
[2] Viene citata, in particolare, la sentenza Cass. n. 5762/2016 della Prima Sezione, e segnatamente la massima secondo cui: «La violazione dell’obbligo di comportarsi secondo buona fede nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto, previsto dagli artt. 1337 e 1338 c.c., assume rilievo in caso non solo di rottura ingiustificata delle trattative e, quindi, di mancata conclusione del contratto o di conclusione di un contratto invalido o inefficace, ma anche di contratto validamente concluso quando, all’esito di un accertamento di fatto rimesso al giudice di merito, alla parte sia imputabile l’omissione, nel corso delle trattative, di informazioni rilevanti le quali avrebbero altrimenti, con un giudizio probabilistico, indotto ad una diversa conformazione del contratto stesso».
[3] Per alcuni riferimenti sul tema degli obblighi precontrattuali v. G. Visintini, La reticenza nella formazione del contratto, Cedam, 1972, 108 ss.; G. Grisi, L’obbligo precontrattuale di informazione, Jovene, 1990, 94; Id., voce Informazione (obblighi di), in Enciclopedia del diritto. Annali IV, Giuffrè, 2011, 595 ss.; D. Caruso, La culpa in contrahendo. L’esperienza statunitense e quella italiana, Giuffrè, 1993, 103 ss.; D. Valentino, Obblighi di informazione, contenuto e forma negoziale, Edizioni Scientifiche Italiane, 1999, 10 ss.; A.C. Nazzaro, Obblighi d’informare e procedimenti contrattuali, Edizioni Scientifiche Italiane, 1999, 12 ss.; A. Gentili, Informazione contrattuale e regole dello scambio, in Riv. dir. priv., 2004, 555 ss.; A. Albanese, L’obbligo di informazione nelle trattative, in questa Rivista, 2020, 154 ss.
[4] V. Roppo, Il contratto, cit., 765.
[5] Tali disposizioni sono esaminate con molta chiarezza da Andrea Garofalo nel contributo pubblicato in questo fascicolo, ma qui è appena il caso di evidenziare alcune divergenze tra la disciplina che il ddl-delega prevedeva di introdurre nell’ordinamento italiano e la disposizione francese appena citata. Per un approfondimento v. anche C. Granelli, Gli obblighi informativi nella formazione dell’accordo contrattuale, cit., 1205 ss.; A. Federico, Négociations e obblighi di riservatezza, cit., 1309 ss.; P. Sirena, Verso una ricodificazione del diritto privato italiano? Il modello del nuovo Code Napoléon, in Osservatorio di Diritto Commerciale, 2018, 41, il quale è critico sulla scelta finale di compromesso operata dal legislatore francese: «Il contenuto dell’obbligo di informazione sancito dal nuovo art. 1112-1 Cod. Nap. è eccessivamente ampio e suscita una certa perplessità dal punto di vista della politica del diritto. L’esistenza di asimmetrie informative tra le parti contraenti è generalmente fisiologica e costituisce anzi un presupposto necessario affinché sia esercitata la libertà di iniziativa economica privata, e pertanto anche quella di autonomia privata. Al di fuori delle ipotesi in cui può verificarsi un fallimento del mercato, come accade soprattutto qualora il contratto sia unilateralmente redatto da un professionista e sottoposto all’adesione di un consumatore, un generale obbligo di informazione nella fase precontrattuale si pone dunque in contrasto con un presupposto naturale dell’economia capitalistica e può risultare pregiudizievole per il benessere economico e anche sociale della collettività, per quanto il nuovo art. 1112-1, al. 1, Cod. Nap. richieda che la controparte “légitimement […] ignore cette information ou fait confiance à son cocontractant”».
[6] Così G. D’Amico, Proposta di attuazione della delega contenuta nell’art. 1, comma 1, lett. f) del d.d.l. s. 1151, cit. Cfr. anche M. De Poli, La reticenza prenegoziale nel progetto di riforma del codice civile, in questa Rivista, 2021, 254 ss. Con particolare riferimento alla dottrina che ha sostenuto la risarcibilità del danno in presenza di c.d. “vizi incompleti del contratto”, v. M. Mantovani, I “vizi incompleti” del contratto, Torino, 1996, passim, e la letteratura ivi richiamata.
[7] Cfr. l’ultimo comma dell’art. 1112-1, il quale statuisce che «Outre la responsabilité de celui qui en était tenu, le manquement à ce devoir d’information peut entraîner l’annulation du contrat dans les conditions prévues aux articles 1130 et suivants».
[8] G. D’Amico, Proposta di attuazione della delega contenuta nell’art. 1, comma 1, lett. f) del d.d.l. s. 1151, cit.
[9] Secondo M. Dellacasa, L’informazione precontrattuale nel disegno di legge di riforma del codice civile (xviii legislatura), cit., è preferibile sostituire tale locuzione con «informazione rilevante in ordine alla conclusione del contratto».
[10] Cfr. ancora G. D’Amico, Proposta di attuazione della delega contenuta nell’art. 1, comma 1, lett. f) del d.d.l. s. 1151, cit.