Jus CivileCC BY-NC-SA Commercial Licence ISSN 2421-2563
G. Giappichelli Editore

“Exécution forcée en nature” tra vecchi e nuovi modelli italo-francesi (di Daniela Maria Frenda. Professoressa associata di Diritto privato – Università Cattolica di Milano)


Lo studio in parallelo dei rimedi contrattuali specifici, rispettivamente, secondo il modello italiano e francese, conduce a riflessioni incrociate sul percorso seguito dal legislatore, e accompagnato dalle stratificazioni giurisprudenziali, nella disciplina dell’adempimento e dell’esecuzione in forma specifica. La sovrapposizione tra i diversi piani della cognizione e dell’esecuzione, veicolate da noi dalle norme di cui agli artt. 2930 ss. cod. civ., è incoraggiata, in Francia, dall’ambivalenza della stessa espressione “exécution forcée en nature” di cui agli artt. 1217 ss. code civil, che viene usata per indicare entrambi i concetti dell’adempimento e dell’esecuzione in forma specifica. Aggiunge complessità al quadro la figura del risarcimento in natura, che per le non rare interferenze con il rimedio restitutorio si sovrappone, in modi che a volte sono parsi inestricabili, agli effetti propri della tutela reintegratoria, data in questo contesto dall’azione di adempimento.

“Exécution forcée en nature” between old and new italo-french models

The parallel analysis of contractual remedies for specific enforcement following, respectively, the Italian and the French model, leads to crossed considerations on the path followed by the legislator in the ruling of the specific enforcement. The overlapping of the different trials levels of the cognizance and the execution, in our legal system trasmitted by the provisions of the articles 2930 ff. cod. civ., is encouraged in the French legal system by the ambivalence of the expression “exécution forcée en nature” of the articles 1217 ff. code civil, used to indicate both the notion of the enforcement of the debtor and the one of the enforcement under the rules of the forced execution. The complexity of this scenario is increased, eventually, by the notion of the specific compensation for damages, which interferes with the other specific remedies, overlapping significantly its effects to the ones of the specific enforcement.

Keywords: Specific enforcement - Compensation of damages

SOMMARIO:

1. Rimedi specifici contrattuali negli ordinamenti francese e italiano: una premessa - 2. Exécution forcée en nature tra adempimento ed esecuzione forzata. - 3. Condamnation en nature e risarcimento in forma specifica


1. Rimedi specifici contrattuali negli ordinamenti francese e italiano: una premessa

L’interesse che il giurista italiano ha per il diritto francese, mosso vuoi da ragioni di tradizione storica vuoi da affinità culturali, ci vede coinvolti in questa nuova fase di riforma del Code civil [1] non solo in veste di spettatori. Al contrario, la modifica di una parte considerevole del codice civile francese ha fatto insorgere alcuni interrogativi di base non soltanto sulle scelte governative francesi, quanto sulla situazione interna al nostro sistema.

Il tema della “exécution forcée en nature”, in particolare, si presenta come una buona cartina di tornasole per un’analisi parallela dei rimedi specifici contrattuali nei due sistemi italiano e francese per via delle affinità e delle analogie che si riscontrano nell’evoluzione dei due diritti, sicché uno sguardo oltralpe arricchisce la riflessione in questo campo tanto sugli istituti in vigore, quanto in una prospettiva de iure condendo.

Il parallelismo tra i due sistemi prende le mosse, in maniera incrociata, dal raffronto tra l’attuale disposizione del nostro art. 1218 cod. civ. e il previgente art. 1142 code civil francese, da un lato, e la formula del precedente art. 1218 del nostro cod. civ. con gli attuali artt. 1217 e 1221 code civil francese, dall’altro.

Invero, se la tradizionale convinzione della superiorità del rimedio risarcitorio rispetto a quello consistente nell’esatto adempimento della prestazione ineseguita ha voluto trovare una base, nel nostro ordinamento, nella formulazione attuale dell’art. 1218 cod. civ., che si concentra sulla previsione dell’obbligo risarcitorio in capo al debitore inadempiente senza nominare il suo obbligo di eseguire esattamente la prestazione dovuta [2], essa fa eco, nel diritto francese, al disposto del previgente art. 1142 code civil che, in caso di inadempimento, prevedeva la conversione automatica dell’obbligazione originaria in un obbligo risarcitorio per equivalente [3], tanto da suggerire l’idea che, in quest’ottica, le obbligazioni nascano già come obbligazioni di “indennità”, sì che per esse sia obliterato il passaggio dell’obbligo dell’adempimento in natura [4].

Tale impostazione trova il suo terreno elettivo in relazione agli obblighi di fare, con riferimento ai quali, più che ad altri, si giustificano le preoccupazioni, proprie di un sistema garantista e liberale, di non compressione della libertà individuale. Invero, l’idea dell’incoercibilità degli obblighi di fare, riflesso del dogma del­l’incoercibilità del volere, si è sviluppata in seno ad una società ispirata ai principi di eguaglianza formale, autonomia negoziale e libertà di iniziativa economica, propri del secolo passato, ed è forte altresì dell’eredità lasciataci dall’esperienza giuridica romana, di cui è figlio il principio nemo ad factum praecise cogi potest [5].

Così, l’apparenza che l’introduzione del nuovo testo dell’art. 1218 avesse il significato di un segnale di rottura con il precedente ha contribuito ad alimentare l’opinione secondo cui la tutela del creditore per crediti diversi da quelli pecuniari potesse essere sostanzialmente limitata alla pretesa di una somma di denaro in qualità di risarcimento per equivalente del danno procuratogli con l’inadempimento, in un contesto in cui il risarcimento del danno assumerebbe il ruolo di rimedio di carattere generale per l’inadempimento; sicché una tutela in forma specifica potrebbe ottenersi soltanto nel caso di debiti in denaro, per il tramite dell’ese­cuzione forzata del debitore [6].

Ma, come tale interpretazione del nostro art. 1218 cod. civ., e il suo accostamento al previgente art. 1142 code civil, è il portato di una lettura esasperata della norma da parte di una certa dottrina, più che essere una reale suggestione derivante dalla lettera, o dalla storia, della norma stessa [7], così neppure nel diritto francese, a sua volta, l’art. 1142 code civil pre-riforma ha condotto realmente, nella pratica, alla supremazia della tutela risarcitoria su quella dell’esatto adempimento.

Al contrario, il ridimensionamento dell’ambito di applicazione dell’art. 1142 code civil è avvenuto in Francia sia per il tramite di un orientamento dottrinale volto a sovvertire l’impianto tradizionale che assegna priorità al rimedio risarcitorio e ad affermare, prima di tutto su di un piano culturale, i valori dell’adem­pimento in natura dell’obbligazione, sia per via giurisprudenziale, atteso che la stessa Cour de cassation ha assegnato al creditore delle obbligazioni contrattuali il diritto alla loro esecuzione coattiva, affermando che “la partie envers laquelle l’engagement n’a point été exécuté peut forcer l’autre à l’exécution lorsque celle-ci est possible” [8]. E, infine, per via della creazione, prima giurisprudenziale, poi legislativa, delle astreintes [9], le quali, supplendo alla mancanza di strumenti esecutivi idonei, hanno segnato “una linea di sviluppo dell’istituto della coazione al facere” grazie alla previsione di sanzioni crescenti per il mancato ottemperamento alle sentenze di condanna [10].

Fa da cornice a tale quadro l’evoluzione della società verso un sistema industriale moderno; in essa, poiché i beni rilevano, nella loro individualità, in quanto parti di un ciclo produttivo e non già come mere fonti di reddito, una tutela per il solo equivalente pecuniario non risulta più adeguata a soddisfare l’interesse del creditore. Si assiste, all’orizzonte, al tramonto del principio del liberismo economico, che in passato aveva alimentato la tesi dell’incoercibilità del volere e, con esso, al declino del principio del favor debitoris e del dogma della parità formale tra le parti [11].

È su questo sfondo che ha buon gioco l’affermarsi del concetto di obbligazione come rapporto in cui la priorità dell’adempimento discende da struttura, contenuto e profilo teleologico del rapporto obbligatorio [12], secondo l’idea per cui la norma di cui all’attuale art. 1218 cod. civ. avrebbe non già la precipua funzione di fondare l’obbligo risarcitorio, bensì sarebbe rivolta ad assicurare al creditore l’utilità che doveva derivargli dal titolo originario e, solo in seconda istanza, a risarcire il danno, consistente non già nello stesso mancato adempimento, ma nel pregiudizio conseguente all’inadempimento.

Lungo il filo dell’affermazione del primato della tutela specifica reintegratoria si pongono i nuovi artt. 1217 e 1221 code civil – il primo ad inaugurazione della sezione sulla “inéxecution du contrat” [13] – che ricordano, in una certa misura, la norma espressa dal nostro art. 1218 cod. civ. prev.: come, invero, “chi ha contratto una obbligazione è tenuto ad adempierla esattamente”, sicché il creditore può rivolgersi al debitore infedele domandando innanzitutto la prestazione, così il creditore dell’obbligazione inadempiuta può “poursuivre l’exécution forcée en nature de l’obligation”.

In questo scenario, il primato dell’adempimento in natura sul rimedio risarcitorio trova, invero, fondamento nel “carattere vincolante dell’obbligazione e nella concezione di quest’ultima come vincolo di mezzi in funzione del conseguimento di un risultato” [14]: la supremazia dell’esatto adempimento discende perciò, innanzitutto, dall’essenza stessa dell’obbligazione, la quale postula sempre, come finalità sua prima, l’attri­buzione al creditore della prestazione originariamente attesa [15]. Il che equivale a dire che l’obbligazione non perde mai la sua direzione originaria, neppure a seguito dell’inadempimento da parte del debitore (fintantoché, ovviamente, la prestazione rimanga possibile) [16], e perciò che l’obbligazione è in grado di sopravvivere alla sua violazione, sicché il rimedio specifico si pone in prima istanza sul piano del giudizio di cognizione e, solo in una seconda fase, sul piano dell’esecuzione [17].

Le due fasi, se concettualmente e temporalmente ben distinte – il giudizio di cognizione essendo il momento, per il debitore, di porre in essere, a seguito del ricevimento di una sentenza di condanna, l’adem­pimento mancato (o, altrettanto spontaneamente, di pagare il risarcimento del danno), quello di esecuzione, invece, essendo il terreno di attuazione di quei diritti del creditore non adempiuti spontaneamente dal debitore – sono al contempo tra loro necessariamente correlate nel perseguimento della soddisfazione in natura del creditore, in linea con l’assunto secondo cui “l’eseguibilità in forma specifica è in primo luogo un corollario dell’astratto principio della priorità dell’adempimento” [18].

La stretta correlazione esistente tra i due piani ha portato a facili sovrapposizioni tra essi, nel nostro ordinamento veicolate, come diremo, dalle norme sull’esecuzione forzata in forma specifica di cui agli artt. 2930 ss. cod. civ., a loro volta eredi dei precedenti artt. 1220-1222. Ma ad ancora maggiori ambiguità si piega oggi il sistema francese, dove l’espressione “exécution forcée en nature” di cui agli artt. 1217 ss. code civil viene usata per indicare entrambi i concetti dell’adempimento (anche detta “exécution forcée directe”) e dell’ese­cuzione in forma specifica (la cd. “exécution forcée indirecte”): il primo, rispettivamente, nell’art. 1217, dove “poursuivre l’exécution forcée” è un’alternativa alla richiesta di risoluzione del contratto, di riduzione del prezzo e di risarcimento del danno, nonché nell’art. 1221, anch’esso contenente la possibilità, per il creditore, di “poursuivre l’exécution en nature” e si collocano, perciò, nella fase di cognizione; il secondo nell’art. 1222, che prevede che il creditore provveda egli stesso a far eseguire la prestazione (da un terzo da lui scelto e) a spese del debitore, rinviando perciò alla fase esecutiva del giudizio [19]. Anche se, ad aumentare la complessità, l’espressione “exécution forcée directe” viene usata ad indicare in realtà anche l’esecuzione in forma specifica, e la locuzione “exécution forcée indirecte”, per contro, le altre modalità esecutive [20].

In un ideale dialogo tra i due sistemi italiano e francese – all’indomani della imponente riforma che ha coinvolto il secondo, e nell’auspicio che questa possa fornire spunti di riflessione al dibattito avente ad oggetto un possibile rinnovamento anche del primo – è al rapporto tra adempimento ed esecuzione specifica, da un lato, ed alle sovrapposizioni di questi ultimi con il rimedio del risarcimento in natura, dall’altro, che queste pagine sono dedicate.

 

[1] Come noto, si tratta della riforma inaugurata dalla Ordonnance no 2016-131 du 10 février 2016 portant réforme du droit des contrats, du régime général et de la preuve des obligations.

[2] “Il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno…”.

[3] Toute obligation de faire ou de ne pas faire se résout en dommages et intérêts, en cas d’inexécution de la part du débiteur”.

[4] Così F. Terré, P. Simler, Y. Lequette, F. Chénedé, Les obligations, 12° ed., Paris, 2018, 832 s.; nonché G.A. Monteleone, Riflessioni sulla tutela esecutiva dei diritti di credito, in Studi in onore di E.T. Liebman, III, Milano, 1979, 2257 s. e, in particolare, 2310; e, sotto il vigore del vecchio codice, cfr. G. Pacchioni, Il concetto dell’obbligazione, in Riv. dir. comm., 1924, I, 209 s. e, in particolare, 227, secondo cui “il diritto del creditore è un diritto sul patrimonio del debitore”.

[5] Cfr. M. Talamanca, Obbligazioni (dir. rom.), in Enc. dir., XXIX, Milano, 1979, 6 s.; P. Rescigno, Obbligazioni (nozioni), in Enc. dir., XXIX, Milano, 1979, 206; G. Pacchioni, Il concetto dell’obbligazione, cit., 212 s.; cfr., inoltre, S. Mazzamuto, Le nuove frontiere della responsabilità contrattuale, in Eur. dir. priv., 2014, 713 s. e, in particolare, 729; Id., L’attuazione degli obblighi di fare, Napoli, 1978, 17 s., 121.

[6] Di quest’avviso S. Satta, L’esecuzione forzata, in Tratt. Vassalli, XV, I-2, Torino, 1950, 9 s.; G.A. Monteleone, Riflessioni sulla tutela esecutiva dei diritti di credito, cit., 2264, che indica il risarcimento del danno come «unica e precisa conseguenza del­l’inadempimento dell’obbligazione», e 2309 s.; L. Montesano, Esecuzione specifica, in Enc. dir., XV, Milano, 1966, 524 s. e, in particolare, 527; F. Cosentino, Efficienza economica dell’inadempimento e diritto delle obbligazioni: una verifica delle norme sul­l’inadempimento del contratto, in Quadr., 1988, 484 s. e specificamente, 501; R. Paradolesi, Tutela specifica e tutela per equivalente nella prospettiva dell’analisi economica del diritto, in Processo e tecniche di attuazione dei diritti, a cura di S. Mazzamuto, I, Napoli, 1989, 515 s. e, in particolare, 543.

[7] La differenza tra i due testi dell’art. 1218, dal vecchio al nuovo codice civile, è dovuta al fatto che la nuova formulazione dell’art. 1218 non aveva come riferimento la precedente versione dello stesso articolo, il cui contenuto si dava in qualche modo per scontato perché inerente al concetto stesso di obbligazione, bensì era corrispondente al contenuto dell’art. 1225 c.c. prev., il quale appunto prevedeva che “il debitore sarà condannato al risarcimento dei danni, tanto per l’inadempimento dell’obbligazione quanto pel ritardo nell’esecuzione, ove non provi che l’inadempimento o il ritardo sia derivato da una causa estranea a lui non imputabile, ancorché non sia per sua parte intervenuta mala fede”, e dell’art. 1226 c.c. prev., che invece prevedeva che “il debitore non è tenuto a verun risarcimento dei danni, quando in conseguenza di una forza maggiore o di un caso fortuito fu impedito di dare o di fare ciò a cui si era obbligato, od ha fatto ciò che gli era vietato”: cfr. I. Pagni, Tutela specifica e tutela per equivalente. Situazioni soggettive e rimedi nelle dinamiche dell’impresa, del mercato, del rapporto di lavoro e dell’attività amministrativa, Milano, 2004, 22; ne è conferma la Rel. al codice civile, che riporta come, con l’art. 1218, “il nuovo codice ha voluto porre principi più precisi di quelli che il codice del 1865 esprimeva negli articoli 1225 e 1226, [...essendo] noto che entrambe le norme diedero luogo, nella loro applicazione, a gravi dissensi dottrinali, non ancora del tutto sopiti”.

[8] V. Cass. 11 maggio 2005, n. 03-21.136, in Bull. civ. III, n. 103; in Rev. juridique, 2005, 299, con nota di P. Malinvaud; in Rev. juridique, 2006, 307, con nota di O. Tournafond; Cass. 16 gennaio 2007, in Bull. civ. I, n. 19; in Rec. Dalloz, 2007, 1119, con nota di O. Gout; Cass. 22 maggio 2013, n. 12-16.217, in Rev. de contrats, 2014, 22, con nota di Y.-M. Laithier.

[9] Consistenti “dans la condamnation du débiteur à payer au créancier, à titre de peine privée, telle somme d’argent fixée par le juge, de manière globale ou, plus fréquemment, par jour (ou semaine, ou mois...) de retard, s’il s’agit d’une obligation de faire, ou par infraction constatée, s’il s’agit d’une obligation de ne pas faire”: così F. Terré, P. Simler, Y. Lequette, F. Chénedé, Les obligations, cit., 1606.

[10] Contiene una disciplina delle astreintes la L. 5-7-1992 n. 72-626, successivamente modificata con la L. 9-7-1991 n. 91-650, che ne contiene una generale. Cfr. anche Mazzamuto, L’attuazione degli obblighi di fare, cit., 52 s. e F. Piraino, Adempimento e responsabilità contrattuale, Napoli, 2011, 31 s.

[11] Così G. Gandolfi, In tema di rapporto obbligatorio e di «inibitoria», in Riv. dir. civ., 1996, II, 160; cfr., altresì, S. Mazzamuto, L’attuazione degli obblighi di fare, cit.,124 s. e Id., Problemi e momenti dell’esecuzione in forma specifica, in questa Rivista, 1988, 74 s. e, in particolare, 88.

[12] Così Piraino, Adempimento e responsabilità contrattuale, cit., 95 s.; in questo senso già S. Mazzamuto, L’attuazione degli obblighi di fare, cit., 40, 122.

[13] E idealmente opposta alla “exécution forcée en équivalent”: F. Terré, P. Simler, Y. Lequette, F. Chénedé, Les obligations, cit., 832. Cfr. altresì O. Deshayes, T. Genicon, Y. Laithier, Réforme du droit des contrats, du régime géneral et de la preuve des obligations. Commentaire article par article, 2° ed., Paris, 2018, 553.

[14] S. Mazzamuto, Le nuove frontiere della responsabilità contrattuale, cit., 732.

[15] Così F. Piraino, Adempimento e responsabilità contrattuale, cit., 81 s. e 94 s.; A. di Majo, L’adempimento «in natura» quale rimedio (in margine a un libro recente), in Eur. dir. priv., 2011, 1149 s. e, in particolare, 1158; v. anche Id., Forme e tecniche di tutela, in Foro it., 1989, V, 132 s.; S. Mazzamuto, L’attuazione dell’obbligazione e l’adempimento in natura, in Eur. dir. priv., 2011, 513 s. e, in particolare, 518; G. Grisi, Inadempimento e fondamento dell’obbligazione risarcitoria, in Studi in onore di Davide Messinetti, a cura di F. Ruscello, II, Napoli, 2009, 111 s. e, in particolare, 120 s.; e, nel senso in cui si dirà nel prosieguo, anche C.A. Cannata, L’inadempimento delle obbligazioni, Padova, 2008, 5 s.

[16] E, cioè, fintantoché l’inadempimento non sia definitivo: cfr. L. Nivarra, Alcune precisazioni in tema di responsabilità contrattuale, in Eur. dir. priv., 2014, 95; Id., I rimedi specifici, in Eur. dir. priv., 2011, 157 s. e, in particolare, 170 s.; S. Mazzamuto, Le nuove frontiere della responsabilità contrattuale, cit., 734 e, altresì, F. Piraino, Adempimento e responsabilità contrattuale, cit., 37.

[17] Così A. Motto, Note per uno studio sull’azione di condanna nella giurisdizione civile, in Riv. dir. civ., 2015, 914.

[18] S. Mazzamuto, L’attuazione degli obblighi di fare, cit., 129.

[19] V. F. Terré, P. Simler, Y. Lequette, F. Chénedé, Les obligations, cit., 832 ss., 838 ss.

[20] V. F. Terré, P. Simler, Y. Lequette, F. Chénedé, Les obligations, 1597 ss. Se, in quest’ultima accezione, l’exécution forcée indirecte comprende le astreintes, il dibattito rimane aperto in tema di obbligazioni de donner: v. infra, par. 3.


2. Exécution forcée en nature tra adempimento ed esecuzione forzata.

Benché, nel nostro ordinamento, la distinzione tra adempimento ed esecuzione forzata possa dirsi ormai chiara nell’impianto normativo del codice civile attuale, il rapporto tra detti due termini ancora forti porta i segni di una confusione passata, tramandatasi con gli artt. 1220 ss. del nostro cod. civ. prev., aventi ad oggetto l’esecuzione coattiva degli obblighi di fare e di non fare.

Il disordine tra i concetti di adempimento e di esecuzione in forma specifica, invero, ha da noi radici nell’equivoco, sorto a inizio secolo scorso e solo di recente smentito con decisione, dato dalla credenza che la tutela in natura dovesse essere costretta entro i limiti della possibilità dell’esecuzione in forma specifica [1]: la qual convinzione, portando a sovrapporre la fase dell’adempimento (e dunque della coazione all’adem­pimento, propria della dimensione della cognizione), alla fase esecutiva, ha spinto gli interpreti, alle prese con la tutela specifica dei diritti di credito, a spostare il problema della realizzazione in natura del credito tutto a ridosso del processo esecutivo, provocando, conseguentemente, la confusione tra i concetti di “tutela specifica”, nel senso dell’adempimento in natura dell’obbligazione originaria, e di “esecuzione forzata in forma specifica”, nel senso fatto proprio dall’espressione posta ad introduzione della sezione II, titolo IV, del libro VI cod. civ. [2].

Un siffatto errore nell’impostazione della questione ha portato all’ovvia conseguenza che la credibilità del primato dell’esatto adempimento sia stata compromessa dall’assenza – a lungo nella nostra tradizione giuridica – di adeguati strumenti in grado di garantire, sul piano dell’esecuzione, quanto predicato in punto di cognizione [3].

L’equivoco nasceva già nel vigore del nostro cod. civ. prev., nonostante che l’allora testo dell’art. 1218 formulasse espressamente l’obbligo del debitore di eseguire esattamente la prestazione dovuta, e dunque sancisse apertamente la priorità logico-giuridica dell’adempimento in natura; ciò in quanto, malgrado l’esistenza degli artt. 1220-1222 cod. civ., pur volti all’esecuzione forzata degli obblighi di fare e di non fare e corrispondenti agli odierni artt. 2931 e 2933 cod. civ., mancava, dietro all’affermazione della facoltà del creditore di ottenere l’attuazione di dette obbligazioni, un adeguato corredo di strumenti processuali idonei a fargli ottenere il risultato perseguito [4]. Gli artt. 1220 ss. cod. civ. prev., peraltro, collocati appresso alla norma sull’obbligo del debitore di eseguire esattamente la prestazione dovuta (di cui all’art. 1218 cod. civ. prev.), ed insieme con essa raggruppati sotto il Capo intitolato “Degli effetti delle obbligazioni”, davano l’impressione di continuare senza soluzione di continuità la fase dell’adempimento, anziché di cominciare la successiva fase dell’esecuzione.

Il medesimo malinteso si è protratto anche dopo l’entrata in vigore dell’attuale cod. civ., nonostante che esso abbia introdotto, agli artt. 2930-2933, misure esecutive in forma specifica per l’attuazione di obblighi di consegna e di obblighi di fare fungibile e di non fare, e nonostante il richiamo da dette norme operato, per le modalità attuative, alle forme stabilite dal cod. proc. civ. di cui agli artt. 612 ss. (di modo che potesse affidarsi agli organi esecutivi, e non già più al creditore, il compito di provvedere all’attuazione del proprio diritto a spese dell’obbligato).

Detto malinteso è stato alimentato, da un canto, dalla mancanza di riferimenti normativi cui ancorare, sotto il vigore del nostro codice civile attuale, il primato dell’adempimento in natura, il che ha fatto sì che tutto il peso delle aspettative, al riguardo, fosse addossato sulle norme aventi ad oggetto l’esecuzione in forma specifica, favorendo così l’indebita sovrapposizione dei piani [5].

Schema per molti versi analogo si ripete oggi, in Francia, con la nuova architettura delle norme sulla “inéxecution du contrat”: essa, nel fare perno sugli artt. 1217 e 1221, da un lato, e 1222, dall’altro – tutti collocati nel capitolo IV su “les effets du contrat” – ripropone nel sistema francese quella stessa ambivalenza tra adempimento ed esecuzione che nel nostro ordinamento ha potuto affermarsi in virtù dell’originaria previsione codicistica, che come abbiamo visto raggruppava insieme sotto lo stesso capo – in un contesto di apparente omogeneità dei rimedi – tanto l’obbligo del debitore di eseguire esattamente la prestazione dovuta, quanto la facoltà del creditore di farla eseguire a spese del debitore.

Così, da un canto, l’art. 1217 code civil, aprendo la sezione su “l’inexécution du contrat”, prevede il rimedio reintegratorio dell’adempimento (contrattuale) accanto a – e sullo stesso piano di – altri rimedi specifici, quali la sospensione dell’adempimento dell’obbligazione della controparte, la riduzione del prezzo, il rimedio risolutivo o, ancora, quello risarcitorio [6], e, dunque, tutti propri del giudizio di cognizione. Da un altro canto, l’art. 1221 code civil, che ne introduce la sotto-sezione su “l’exécution forceé en nature”, contiene la possibilità, per il creditore della prestazione ineseguita, di pretenderne l’esecuzione da parte del debitore [7], confermando anche qui il significato dell’exécution forcée nel senso di azione di adempimento (quella che parte della dottrina chiama, come si è detto, exécution forcée directe).

Da un altro canto ancora, l’art. 1222 code civil, riproponendo, con qualche modifica, i precedenti artt. 1143-1144 del precedente code civil, dispone invece che “le créancier peut aussi, dans un délai et à un coût raisonnables, faire exécuter lui–même l’obligation” e, in maniera speculare, che le créancier possa, “sur autorisation préalable du juge, détruire ce qui a été fait en violation de celle-ci” e che, a tal fine, egli “peut demander au débiteur le remboursement des sommes engagées”: riecheggiando con la prima di tali norme la disposizione dell’art. 1220 del nostro cod. civ. prev. in tema di esecuzione specifica, che autorizzava il creditore a far eseguire egli stesso l’obbligazione a spese del debitore; e con la seconda ricordando, invece, il testo dell’art. 1222 ns. cod. civ. prev., sempre in tema di esecuzione specifica, secondo cui il creditore poteva domandare che fosse distrutto ciò che dal debitore fosse stato fatto in violazione dell’obbligo di non fare, oltre ad essere autorizzato a distruggerlo egli stesso a spese del debitore.

Sicché la medesima exécution forcée, che negli artt. 1217 e 1221 equivale all’azione di adempimento, nell’art. 1222, pur collocato nella stessa sotto-sezione dell’art. 1221, tale espressione indica invece i rimedi specifici della fase esecutiva, come si evince dal suo declinarsi nel faire exécuter o détruire a spese del debitore.

In particolare, l’accostamento degli artt. 1221 e 1222 sotto la stessa rubrica (denominata, peraltro, proprio exécution forcée en nature), suggerisce l’esistenza di due rimedi paralleli, poiché lascia pensare che la scelta tra essi da parte del creditore sia libera, solo preceduta – ugualmente, peraltro, per entrambi i casi – dalla “mise en demeure” del debitore [8]; come peraltro intende quella dottrina che ritiene che “le creancier est libre, entre autres, de preferer l’execution forcee directe par son debiteur, plutot que de chercher lui-meme des solutions de remplacement” [9]. Quando, invece, dovrebbe trattarsi di fasi temporali diverse: la richiesta di adempimento, come prima risposta, rivolta al debitore infedele (e già moroso); e, soltanto in un secondo momento, la scelta del creditore di procurarsi da sé la prestazione mancata a spese del debitore, per la quale occorre un titolo esecutivo, che il creditore si procurerà tramite la condanna del debitore, se non ne sia già provvisto ai sensi dell’art. 111-3 Code des procédures civiles d’exécution [10].

Il doppio binario di facoltà che si presenta al creditore lastrica così la strada dell’ambivalenza tra i rimedi offerti dall’ordinamento francese avverso l’inadempimento. E tale ambivalenza, se certamente si annida nel contenuto e nella collocazione delle norme indicate (emblematici sono tanto il parallelismo del richiamo alla “mise en demeure”, quanto la sequenza degli artt. 1221 e 1222), è però altrettanto certamente veicolata dalla terminologia in uso al giurista francese, dove l’espressione “exécution (forcée) en nature” indica sia il rimedio dell’adempimento da parte del debitore, sia l’esecuzione forzata in forma specifica ad opera di un terzo su impulso del creditore [11], per la quale peraltro ora, in seguito alla riforma, non occorre più un’auto­rizzazione giudiziale preventiva, se non per far distruggere ciò che il debitore ha fatto in spregio all’obbli­gazione assunta [12].

Di tale ambiguità è conferma il dibattito, non ancora sopito, sull’appartenenza delle obbligazioni pecuniarie alle obbligazioni de donner o invece a quelle de faire: propendere, come fa parte della dottrina, per questa seconda soluzione porta ad una sovrapposizione di piani, poiché “bypassa” la distinzione tra il pagamento di una somma da parte dello stesso debitore (i.e. adempimento) ed il soddisfacimento del creditore direttamente sul patrimonio del debitore, tramite l’esecuzione forzata (ma indiretta). In questa seconda situazione non dovremmo parlare di obligation de faire, perché il fatto che al creditore si trasferisca comunque una somma di denaro discende unicamente dalla coincidenza dell’obbligazione primaria con gli effetti del pignoramento (stante a monte il principio generale di cui all’art. 2284 code civil [13]), senza che rilevi che, attesa la non necessità di una vendita forzata, il risultato coincida nel concreto con un paiement forcé [14].

La previsione di cui al novellato art. 1222 code civil sembra, allora, riportarci indietro all’art. 1220 del ns. cod. civ. prev., ove si affidava al creditore, in mancanza di organi esecutivi, il compito di provvedere all’at­tuazione del proprio diritto a spese dell’obbligato. All’ambivalenza delle norme codicistiche sull’exécution forcée, che per la loro formulazione sembrano far arretrare la tutela del creditore alla fase del giudizio di cognizione anche quando egli provveda all’attuazione del proprio diritto a spese dell’obbligato, l’ordinamento francese sopperisce però con le astreintes [15]: la previsione di un sistema atipico di misure coercitive, infatti, consente al sistema rimediale francese di non arroccarsi sul principio della “correlazione tra condanna ed esecuzione forzata” [16], così da non limitare, com’è stato invece a lungo nel nostro ordinamento, la portata del titolo esecutivo cui la sentenza di condanna tende [17].

 

[1] O che è lo stesso, dell’esecuzione diretta, così denominata per indicare il contrasto con l’esecuzione processuale indiretta che, avendo ad oggetto le obbligazioni di fare infungibile, non può attuarsi tramite la surrogazione del debitore, bensì soltanto mediante la coercizione di questi all’adempimento.

[2] Così osserva F. Piraino, Adempimento e responsabilità contrattuale, cit., 53, 55; cfr., al riguardo, in particolare, F. Carnelutti, Appunti sull’obbligazione. Distinzione fra diritti reali e diritti di credito, in Riv. dir. comm., 1915, I, 533 s. e Id., Obbligo del debitore e dovere del creditore, in Riv. dir. comm., 1927, I, 295 s.

[3] Cfr. S. Mazzamuto, L’attuazione degli obblighi di fare, cit., 129.

[4] Cfr. S. Mazzamuto, L’attuazione degli obblighi di fare, cit., 69 s.; G.A. Micheli, Dell’esecuzione forzata, in Comm. Scialoja-Branca-Galgano, Bologna-Roma, 1964, 183; A. Ciatti Caimi, L’esecuzione processuale indiretta (astreinte) e l’infungibilità convenzionale della prestazione, in Riv. dir. civ., 2015, 23 s.

[5] V. F. Piraino, Adempimento e responsabilità contrattuale, cit., 53.

[6] Secondo un ordine che dia conto delle reazioni del creditore: così F. Terré, P. Simler, Y. Lequette, F. Chénedé, Les obligations, cit., 809.

[7] V. a patto che questa sia possibile e non esista una evidente sproporzione tra il costo della prestazione in natura per il debitore e l’interesse del creditore: v. infra, par. 3. O. Deshayes, T. Genicon, Y. Laithier, Réforme du droit des contrats, cit., 553. L’art. 1217 e l’art. 1221 code civil, peraltro, utilizzano la medesima formula di “poursuivre l’exécution en nature” dell’obbligazione: v. par. prec.

[8] Seguendo l’idea, appiattita per entrambe le norme sul medesimo istituto, secondo cui “l’exécution en nature directe bénéficie en quelque sorte d’une priorité”: O. Deshayes, T. Genicon, Y. Laithier, Réforme du droit des contrats, cit., 554.

[9] O. Deshayes, T. Genicon, Y. Laithier, Réforme du droit des contrats, cit., 553. Mentre, per contro, se il debitore è libero di offrire l’adempimento, egli non può comunque pretendere che il creditore continui a richiederlo (al posto del risarcimento, o, stante l’assenza di soluzione di continuità tra le norme contenute negli artt. 1221 e 1222 code civil, invece dell’esecuzione in forma specifica: v. il prosieguo del par.), atteso che “l’article 1221 ne confère pasa u debiteur un «droit de correction»” (ivi, 548).

[10] F. Terré, P. Simler, Y. Lequette, F. Chénedé, Les obligations, cit., 1582 s.

[11] Allo stesso modo in cui il termine “enforcement” designa sia l’adempimento, sia l’esecuzione forzata negli ordinamenti di common law e nei draft di diritto privato europeo.

[12] O. Deshayes, T. Genicon, Y. Laithier, Réforme du droit des contrats, cit., 554 s.

[13] Secondo cui “Quiconque s’est obligé personnellement, est tenu de remplir son engagement sur tous ses biens mobiliers et immobiliers, présents et à venir” e corrispondente a quello del nostro art. 2740 cod. civ.

[14] F. Terré, P. Simler, Y. Lequette, F. Chénedé, Les obligations, cit., 1597 s.

[15] Che consistono “dans la condamnation du débiteur à payer au créancier, à titre de peine privée, telle somme d’argent fixée par le juge, de manière globale ou, plus fréquemment, par jour (ou semaine, ou mois...) de retard, s’il s’agit d’une obligation de faire, ou par infraction constatée, s’il s’agit d’une obligation de ne pas faire”: così F. Terré, P. Simler, Y. Lequette, F. Chénedé, Les obligations, cit., 1606. V. supra, nota 9.

[16] Cfr. C. Mandrioli, Sulla correlazione necessaria tra condanna ed eseguibilità forzata, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1976, 1342 s.; Id., L’esecuzione specifica dell’ordine di reintegrazione nel posto di lavoro, in Riv. dir. priv., 1975, 20 s.; e, nello stesso senso, G. Monteleone, Spu nti per una revisione del concetto di condanna come titolo esecutivo, in Processo e tecniche di attuazione dei diritti, cit., 173 s.

[17] Cfr. S. Mazzamuto, L’attuazione degli obblighi di fare, cit., 154. La previsione generale di una misura coercitiva indiretta ha fatto ingresso nel nostro codice di procedura civile, all’art. 614-bis, soltanto nel 2009, con la l. 18 giugno 2009, n. 69, e successivamente modificata nella rubrica dalla d.l. 27 giugno 2015, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla l. 6 agosto 2015, n. 132.


3. Condamnation en nature e risarcimento in forma specifica

Arricchisce il quadro così tratteggiato l’istituto del risarcimento in forma specifica, che in generale, configurando una modalità risarcitoria alternativa a quella per equivalente, consente al danneggiato di restaurare “il valore d’uso di un proprio bene”, così come di ripristinare “il pieno godimento di un proprio diritto” [1], e in particolare, nel campo della responsabilità contrattuale, interviene laddove danni cd. materiali siano derivati dall’inadempimento dell’obbligazione.

Se, già in ambito extracontrattuale, il risarcimento in forma specifica è stato al centro di un annoso dibattito circa la sua natura, restitutoria o risarcitoria, per via delle peculiarità di detta modalità risarcitoria e delle non rare interferenze che essa ha con il rimedio restitutorio [2], perplessità ancora maggiori esso ha generato nell’ambito della responsabilità contrattuale, dove le attitudini restitutorie del risarcimento in forma specifica si sono sovrapposte, in un modo che a volte è parso inestricabile, agli effetti propri della tutela reintegratoria, data in questo contesto dall’azione di adempimento.

Il disordine concettuale che accompagna la figura del risarcimento in forma specifica in ambito contrattuale affonda le sue radici, nel nostro ordinamento, nella sistemazione del codice civile del 1865, in cui nessuna norma prevedeva la possibilità di un risarcimento in natura per il danno derivante da illecito aquiliano; sicché gli interpreti usavano argomentare l’ammissibilità del risarcimento in forma specifica del danno extracontrattuale per il tramite dell’applicazione analogica delle norme di cui agli artt. 1220 ss. cod. civ. (prev.), aventi ad oggetto l’esecuzione coattiva degli obblighi di fare e di non fare [3]. In questi termini, il risarcimento in natura appariva pertanto come l’equivalente, in campo aquiliano, delle norme sull’esecuzione in forma specifica, confluite oggi negli artt. 2930-33 cod. civ.

Tale impostazione sembrò trovare una conferma nei lavori di preparazione al codice civile vigente, atteso che la Relazione al Re, n. 802, riporta che “al pari del creditore nelle obbligazioni ex contractu, il danneggiato, in quelle per fatto illecito, ha diritto innanzitutto alla reintegrazione in forma specifica della situazione patrimoniale anteriore: questa norma è consacrata nel primo comma dell’art. 2058”; dando così a credere che il risarcimento in natura altro non fosse che il risvolto, nel campo dell’illecito, del rimedio avverso l’inadempimento delle obbligazioni in campo contrattuale; e stabilendo, per via del tradizionale richiamo alle norme sull’esecuzione coattiva, quel parallelismo tra esecuzione coattiva e risarcimento in natura che ancora oggi inquina il dibattito sull’ammissibilità del risarcimento in forma specifica in tema di responsabilità contrattuale [4].

Analogamente, in Francia, la figura del risarcimento in forma specifica si è fatta strada, nonostante il silenzio del code civil pre-riforma, per via giurisprudenziale; l’istituto della condamnation en nature, che la giurisprudenza francese ha introdotto nel sistema a fronte dell’unico riferimento codicistico del risarcimento del danno extracontrattuale nell’art. 1382 code civil, si è affermato con contorni incerti, in una forma ibrida tra risarcimento ed esecuzione [5]. Esso, imitando in ambito aquiliano – similmente a quanto avvenuto da noi – le norme sull’esecuzione degli obblighi di fare e di non fare, di cui agli artt. 1142 e 1143 del code civil pre-riforma, si è caricato di profili di ambiguità dati dalla sovrapposizione di strumenti riparatori del danno (la vera e propria réparation en nature) a strumenti esecutivi operanti invece direttamente sulla sua fonte (più propriamente riconducibili alla locuzione della condamnation en nature, e, in ambito obbligatorio, attratti nell’orbita della exécution forcée[6].

Nel code civil attuale, in seguito alla riforma data dalla l. n. 2016-1087 sulla riconquista della biodiversità [7], una norma fondativa esplicita della reparation en nature è presente all’art. 1249, con riguardo al risarcimento del danno ecologico (préjudice écologique), la cui réparation “…s’effectue par priorité en nature” e, solo in via subordinata nel caso in cui la prima soluzione non sia (più) attuabile, per mezzo dell’equiva­lente monetario.

Senza che gli sia accordata una via prioritaria, il risarcimento in forma specifica viene tradizionalmente ammesso però anche in via generale: dottrina e giurisprudenza francesi sono pressoché d’accordo nel ritenere che, di regola, il giudice possa disporre il risarcimento in natura anziché quello per equivalente, tutte le volte che egli lo ritenga più adatto a cancellare la situazione dannosa per la vittima e a ripristinare lo stato delle cose, sempre che ciò non si traduca in una misura coercitiva sulla persona del danneggiante [8].

E, altrettanto tradizionalmente, la riparazione in natura è ammessa in Francia nell’ambito della responsabilità contrattuale, che pure la giurisprudenza francese ha aperto all’applicazione dell’istituto della condamnation en nature. Quest’ultimo, in tale ambito, si presta in modo particolare ad intrecciare i rimedi dell’ese­cuzione e del risarcimento in natura, aggiungendo così ulteriore ambiguità alla figura dell’exécution forcée, i cui due rami reintegratorio ed esecutivo si incrociano, qui, con lo strumento della réparation, potendo indurre finanche a credere – similmente a quanto si riteneva sotto il vigore del nostro previgente codice – che in ambito contrattuale il contraltare della réparation en nature sia proprio l’exécution forcéè, nella sua veste di adempimento o in quella esecutiva (che entrambe, come si è visto, l’espressione designa).

Una tale incertezza sembra incoraggiata dal testo dell’art. 1221 code civil attuale che, nell’accordare al creditore il diritto di “poursuivre l’exécution en nature” di un’obbligazione, ne indica ora come limite non soltanto quello tradizionale dell’impossibilità, bensì anche quello di una “disproportion manifeste” tra il costo dell’adempimento per il debitore e l’interesse che ad esso possa avere il creditore [9].

Il confronto, richiamando alla mente il nostro art. 2058 cod. civ. – ed ora anche la norma pensata per sostituire l’art. 1261 code civil all’interno del Projet de reforme de la responsabilite civile [10], che pure contiene i limiti dell’impossibilité e della disproportion manifeste – evoca un parallelismo tra adempimento e risarcimento in natura, che a ritroso, tramite il doppio filo che lega l’introduzione del secondo all’esecuzione degli obblighi di fare e di non fare, ci riporta ancora al disordine concettuale intorno al rapporto tra adempimento ed esecuzione coattiva [11].

Ma se la scelta compiuta dal legislatore francese del 2016 con il nuovo testo dell’art. 1221 code civil appare disorientante, essa non è però inedita: limiti all’esercizio dell’azione di adempimento, che rievocano le condizioni che da noi presidiano l’attuazione del risarcimento in forma specifica, si rinvengono anche nei vari progetti di diritto contrattuale europeo.

Così, ad esempio, l’art. 7.2.2 dei Principi dei contratti commerciali internazionali elaborati dall’Istituto Unidroit (PICC), sotto la Sezione II “Right to performance” appartenente al Capitolo 7, “Non performance” dispone, tra i limiti del creditore al conseguimento della sua pretesa creditoria, sia che “performance is impossible in law or in fact”, sia che “performance or, where relevant, enforcement is unreasonably burdensome or expensive”; similmente, l’art. 9:102 dei Principi di diritto europeo dei contratti elaborati dalla Commissione Lando (PECL), fissa il limite della pretesa all’adempimento, tra gli altri, al caso in cui “performance would be unlawful or impossible” ed al caso in cui “performance would cause the obligor unreasonable effort or expense” [12].

L’incerta applicazione cui in ambito contrattuale il rimedio del risarcimento in natura va incontro, vuoi per le sue attitudini restitutorie, vuoi per l’interferenza della tutela esecutiva diretta, vuoi per l’assonanza tra la “disproportion manifeste” della exécution en nature, l’”unreasonably burdensome or expensiveperformance e l’”eccessiva onerosità” della reintegrazione in forma specifica, restituisce un’immagine piuttosto opaca e disorganica del panorama dei rimedi specifici contrattuali.

In questo scenario, tuttavia, un messaggio positivo arriva proprio dall’ordinamento francese: il nuovo art. 1217 code civil sembra confermare l’idea, già tramandata dalla giurisprudenza con la condamnation en nature, della réparation come di uno strumento di portata generale, oltre che trasversale agli ambiti di responsabilità. Tra i rimedi avverso l’inexécution du contrat, invero, l’art. 1217 enumera, in coda a quelli reintegratori e caducatori, altresì il rimedio risarcitorio della “réparation des conséquences de l’inexécution”: qui, il termine “réparation” potrebbe evocare, più di quanto non avrebbe fatto il termine “compensation des dommages et intérêts”, un risarcimento in forma specifica, in aggiunta agli altri rimedi, cumulabili tra loro.

Chiudono il cerchio, in quest’ultimo senso, le norme pensate per sostituire gli artt. 1259 e 1260 code civil nel Projet de reforme de la responsabilite civile, in cui, all’interno del capitolo su “Les effets de la responsabilité” – tanto aquiliana quanto contrattuale – si prevede, rispettivamente, che “[l]a réparation peut prendre la forme d’une réparation en nature ou de dommages et intérêts”, e che “[l]a réparation en nature doit être spécifiquement propre à supprimer, réduire ou compenser le dommage”.

Da queste ultime norme, e dalle suggestioni provenienti dall’art. 1217 code civil, potremmo allora partire per districare l’intreccio di rimedi eterogenei che compongono, anche da noi, il nodo della tutela contrattuale specifica; al fine decifrare, di volta in volta, la richiesta di “riparazione in natura” formulata dal creditore.

 

[1] Il risarcimento in forma specifica, in generale, configura una modalità risarcitoria alternativa a quella per equivalente, consentendo al danneggiato di restaurare “il valore d’uso di un proprio bene”, così come di ripristinare “il pieno godimento di un proprio diritto”: v. A. D’Adda, Risarcimento in forma specifica e criteri di quantificazione del danno, in Resp. civ., 2004, 198. Ex multis, al riguardo, R. Scognamiglio, Il risarcimento in forma specifica, in Riv. trim. d. proc. civ., 1957, 201 ss.; C. Salvi, Il risarcimento del danno in forma specifica, in Processo e tecniche di attuazione dei diritti, cit., 582 ss.; C. Ebene Cobelli, Il risarcimento in forma specifica, in Riv. dir. civ., 1991, II, 485 ss.

[2] La tesi – minoritaria – contraria alla natura risarcitoria della fattispecie ex art. 2058 cod. civ. e a sostegno, invece, di una sua natura restitutorio-reintegratoria è sostenuta da M. Libertini, Nuove riflessioni in tema di tutela civile inibitoria e di risarcimento del danno, in Riv. crit. d. priv., 1995, 389 ss., che sulla norma di cui all’art. 2058 cod. civ. fonda l’azione inibitoria; da G. Ceccherini, Risarcimento in forma specifica e diritti della persona?, in Riv. crit. d. priv., 1993, 92 s. e A. D’Urso, Tutelabilità dell’immagine e limiti della tutela inibitoria, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1979, 392 ss. Contra invece, tra gli altri, A. Di Majo, Forme e tecniche di tutela, in Foro. it., 1989, V, 136; A. Bellelli, Risarcimento del danno in forma specifica e azioni dirette alla tutela dei diritti reali, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1977, 1292 ss.; M. Mocciola, Problemi del risarcimento del danno in forma specifica nella giurisprudenza, in Riv. crit. dir. priv., 1984, 367 ss.; D’Adda, Il risarcimento in forma specifica, cit., 26 ss.

[3] Al riguardo cfr. A. Bellelli, Risarcimento del danno in forma specifica e azioni dirette alla tutela dei diritti reali, cit., 1295 s., nt. 13. V., più di recente, anche C. Prussiani, Il risarcimento in forma specifica dei danni da responsabilità contrattuale: lo spazio di operatività della tutela risarcitoria nei rapporti con l’adempimento coattivo e l’esecuzione forzata, in Contr. impresa, 2019, 1113 ss.

[4] Così avviene ad esempio in Cass. 21 luglio 1949, n. 1924, in Foro it., 1950, 560 ss., con nota contraria di T. Pacifici, In tema di risarcimento del danno in forma specifica nelle obbligazioni contrattuali; e ancora, in Cass. 29 luglio 1950, n. 2170, in Mass. giur. it., 1950; Cass. 3 ottobre 1972, n. 2843, in Giur. it., 1973, I, 1, 1089 ss.; Cass. 17 febbraio 2004, n. 3004, in Mass. giust. civ., 2004. Nello stesso senso A. De Cupis, Teoria generale della responsabilità civile, 2a ed., Milano, 1976, 300 s.; e G. Ceccherini, Nuove ricerche in tema di risarcimento in forma specifica, in Contr. impr., 1991, 796 s. Di affinità tra risarcimento in forma specifica ed esecuzione forzata parla anche E. Betti, Sul cosiddetto risarcimento del danno in forma specifica in materia contrattuale, in Giur. it., 1948, I-2, 262; in modo critico invece R. Scognamiglio, Il risarcimento del danno in forma specifica, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1957, 224 ss.

[5] V. C. Ebene Cobelli, Le «grandi braccia» del risarcimento in forma specifica e della condamnation en nature (Note critiche sulla giurisprudenza italiana e francese), in Processo e tecniche di attuazione dei diritti, cit., 703.

[6] V. ancora C. Ebene Cobelli, Le «grandi braccia» del risarcimento in forma specifica, cit., 703 s. Dei riflessi sistematici dei “confini mobili” della condamnation en nature non sembra peraltro essersi troppo avveduta la giurisprudenza, che con l’uso disinvolto, e sovente incerto, di detto istituto tanto in funzione riparatoria quanto esecutiva, è andata incontro in maniera forse poco consapevole a soluzioni confuse, anche atteso il carattere obbligatorio dell’esecuzione (nel senso dell’obbligo del giudice di dare corso all’esecuzione su richiesta del creditore) e quello facoltativo che le corti hanno impresso alla riparazione in natura (nel senso che viene lasciato al giudice il potere discrezionale nella scelta della modalità risarcitoria): V. C. Ebene Cobelli, Le «grandi braccia» del risarcimento in forma specifica, cit., 703, 713. Ma v. anche F. Terré, P. Simler, Y. Lequette, F. Chénedé, Les obligations, cit., 1201 s., che disegnano anche i limiti di tale discrezionalità giudiziale.

[7] Loi n° 2016-1087 du 8 août 2016 pour la reconquête de la biodiversité, de la nature et des paysages.

[8] V. F. Terré, P. Simler, Y. Lequette, F. Chénedé, Les obligations, cit., 1201. Così, il giudice potrà ordinare la riparazione in natura quando sia la vittima a richiederlo, purché in quest’ultimo caso la decisione del giudice non si traduca in un’imposizione al danneggiante oppure allorché entrambe le parti – vittima e danneggiante – siano d’accordo, o ancora quando il danneggiante stesso offra alla vittima la riparazione in natura.

[9] Cfr. ancora O. Deshayes, T. Genicon, Y. Laithier, Réforme du droit des contrats, cit., 549.

[10] Projet de reforme de la responsabilite civile présenté le 13 mars 2017, par Jean-Jacques Urvoas, garde des sceaux, ministre de la justice suite à la consultation publique menée d’avril à juillet 2016.

[11] Scriveva, invero, F. Carnelutti, Studi di diritto processuale, 2, Padova, 1928, 212, che “d’altra parte l’art. 1220 c.c., in quanto si tratti di obbligazione di fare, contempla non una forma propria di esecuzione, ma una forma mista di esecuzione e risarcimento”.

[12] Peraltro, tanto nel diritto contrattuale europeo quanto nel diritto civile francese, un contributo all’ambiguità gioca il linguaggio che veicola i concetti in parola, atteso che, come nel primo l’espressione “enforcement” traduce sia “adempimento”, sia “esecuzione in forma specifica”, nel secondo è la locuzione “exécution forcée en nature” a designare il rimedio dell’adempimento (exécution forcée directe) e, al contempo, quello esecutivo diretto (exécution forcée indirecte).