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G. Giappichelli Editore

La subfornitura. L'araba fenice del diritto civile: che vi sia ciascun lo dice, dove sia nessun lo sa (di Paolo Doria)


La disciplina della subfornitura è stata introdotta nel nostro ordinamento per tutelare il subfornitore quale contraente debole nell’ambito dei rapporti tra imprese. Il rapporto di subfornitura caratterizza il fenomeno economico del decentramento produttivo, in base al quale un’impresa, solitamente di grandi dimensioni, decentra la propria produzione presso imprese terziste, che spesso si trovano in condizioni di autentica sudditanza economica e tecnologica. Questa filiera produttiva è estremamente diffusa in ampie zone del paese. Tuttavia, nonostante gli importanti studi della dottrina, nella pratica giurisprudenziale l’istituto è stato poco applicato, anche considerando gli aspetti innovativi della normativa che, addirittura, per quel che riguarda l’abuso della dipendenza economica, ha una portata generale nei rapporti tra le imprese anche al di fuori della subfornitura.

Subcontracting. The arab phoenix of civil law: that there is each one says it, where no one knows

The subcontracting framework has been introduced into our legislation to protect the subcontractor as a weak contractor in the context of relations between undertakings.

The subcontracting relationship characterizes the economic phenomenon of decentralization of production, according to which a company, usually large, decentralises its production to third-party firms, which often find themselves in conditions of genuine economic and technological subjection.

This production chain is extremely widespread in large areas of the country.

However, despite important studies of doctrine, in case law the institute has been little applied, even considering the innovative aspects of the legislation which, even, as regards the abuse of economic dependence, has a general scope in relations between companies even outside subcontracting.

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Paolo Doria - La subfornitura. L’araba fenice del diritto civile: che vi sia ciascun lo dice, dove sia nessun lo sa

COMMENTO

Sommario:

1. Premessa: la subfornitura, il decentramento produttivo e la legge 18 giugno 1998 n. 192. - 2. La nozione di subfornitura recepita dall’art. 1 della legge n. 192/1998. - 3. Forma e contenuto del contratto di subfornitura a’ sensi dell’art. 2. - 4. Le modalità e i termini di pagamento di cui all’art. 3. - 5. La responsabilità del subfornitore ex art. 5 della legge n. 192. - 6. Gli artt. 6 e 7 della legge n. 192/1998: il regime delle nullità e i diritti di privativa industriale. - 7. Abuso di dipendenza economica ex art. 9 e la legge n. 57/2001. - 8. Problemi processuali in ordine all’art. 10 della legge n. 192: l’abrogazione della norma ad opera dell’art. 5, 2° comma, del d. lgs. 15/11/2016 n. 219. - 9. La casistica giurisprudenziale. - 10. Considerazioni finali.


1. Premessa: la subfornitura, il decentramento produttivo e la legge 18 giugno 1998 n. 192.

Il presente saggio si propone di fare sinteticamente il punto della situazione in relazione all’applicazione concreta della legge n. 192/98, dopo oltre vent’anni dall’entrata in vigore: infatti, mentre il testo normativo ha stimolato sin dall’inizio importanti e rilevanti contributi della dottrina, le pronunce giurisprudenziali risultano tuttora certamente timide[1], nonostante i vari dubbi sollevati dall’interpretazione di molte norme.

La legge sulla subfornitura[2] n. 192/98 è stata introdotta dal legislatore[3] per tutelare, nell’ambito dei rapporti tra imprese, il contraente più debole[4]. Nel nostro sistema, infatti, a partire dalla tutela dettata dagli artt. 1341 e 1342 c.c., sono stati disposti dei correttivi all’autonomia contrattuale delle parti per tutelare i soggetti in condizioni di inferiorità economica. In particolare, nel rapporto tra consumatore e professionista, sono state introdotte, ad esempio, le regole di cui al d.lgs. n. 50/92 in relazione alle vendite porta a porta, la legge n. 52/96 che ha modificato il titolo II del libro quarto del codice civile recependo la direttiva 93/13/CEE e introducendo la disciplina delle clausole vessatorie, il d. lgs. n. 195/99 in materia di contratti a distanza, il d. lgs. n. 24/2002 in materia di vendite di beni al consumo ed il d. lgs. n. 206/05 che ha disciplinato organicamente la materia con il codice del consumo.

Il legislatore, con la legge n. 192/98, è appunto intervenuto per la prima volta[5] nei rapporti tra imprese, tutelando, in linea di massima, il contraente in condizioni di soggezione economica[6], ovverosia il subfornitore[7].

La subfornitura è una manifestazione del fenomeno moderno del decentramento produttivo[8]: un’impresa, solitamente di grandi dimensioni, decentra la propria produzione commissionando l’esecuzione di una o più parti del proprio ciclo produttivo a varie imprese di dimensioni inferiori[9].  

La subfornitura può essere “congiunturale” o “strutturale” (quest’ultima detta anche specializzata): la prima si riscontra quando il committente commissiona l’esecuzione della prestazione al subfornitore semplicemente per propri motivi organizzativi; la seconda fattispecie si presenta quando il committente ricorre al prestatore per la realizzazione di un bene o di un servizio che non è in grado di produrre da se stesso[10]. Va subito precisato che oggetto della presente indagine è soltanto la categoria c.d. “congiunturale”: infatti solo questa presuppone il rapporto di soggezione tecnica o tecnologica (del subfornitore rispetto al committente) che costituisce elemento imprescindibile per l’applicazione della legge n. 192/1998, vista l’inequivocabile definizione dell’art. 1[11]

La subfornitura, infine, si distingue dalla fornitura perché la prestazione oggetto del contratto è destinata ad inserirsi nell’ambito del processo produttivo di un’altra impresa[12].

 

[1] Sulla sostanziale mancanza di applicazione pratica della legge n. 192: F.L. GAMBARO – A. MARTINI, La subfornitura cinque anni dopo, in Contratto e impresa – Europa, 2003, pag. 512 e 517; L. FARHANGHI, Verso la riforma della riforma: l’inapplicazione della legge sulla subfornitura, in Contratti, 2000, pag. 1073 e ss.; quest’ultimo A. precisa che più dell’ottanta per cento delle imprese rientranti nell’ambito di applicazione della legge opera tramite rapporti difformi dalla normativa in questione. Vedasi anche: P. DORIA, Note in tema di subfornitura tra i dubbi della dottrina e i timori della giurisprudenza, in Giur. it., 2007, 2899.

[2] Sulla subfornitura prima dell’entrata in vigore della legge n. 192/1998: G. ALPA, Il contratto di subfornitura, in Trattato dir. priv. diretto da P. RESCIGNO, Torino, 1989, 11, Obbligazioni e contratti, III, pag. 87 e ss.; Id. Subfornitura, in Novissimo dig. it., appendice, VII, Torino, 1987, pag. 596; G. VETTORELLO, Il contratto di subfornitura, in I contratti dell’industria e del mercato finanziario diretto da F. GALGANO, Torino, 1995, pag. 1351; R. LECCESE, Subfornitura (contratto di), in Dig. disc. priv., sez. comm., XV, Torino, 1998, pag. 242 e ss.; F. GALGANO, Il marchio nei sistemi produttivi integrati: sub-forniture, gruppi di società, licenze, merchandising, in Contratto e impresa, 1987, pag. 173 e ss.

[3] Sull’iter parlamentare: A. BERTOLOTTI, Il contratto di subfornitura, Torino, 2000, pag. 1 e ss.

[4] O. CAGNASSO – G. COTTINO, Contratti commerciali, in Trattato di diritto commerciale diretto da G. COTTINO IX, Padova, 2000, pag. 358; G. DE NOVA, La subfornitura: una legge grave, in Riv. dir. priv., 1998, pag. 449; G. CASELLI, Osservazioni sulla legge 18 giugno 1998 n. 192, in materia di subfornitura con particolare riferimento al suo ambito di applicazione, in Contratto e impresa, 1998, pag. 1304 e ss.; F. GALGANO, Trattato di diritto civile, Milanofiori Assago (MI), 2015, II, p. 627-628; C. BERTI – B. GRAZZINI, La disciplina della subfornitura nelle attività produttive, Milano, 2005, pag. 5 e 77; E. RUSSO – C. CRIACO, L’appalto privato, Torino, 2005, pag. 32; A. BERTOLOTTI, Il contratto di subfornitura, cit., pag. 20; C.M. BIANCA, Diritto civile, 3, Il contratto, Milano, 2019, pag. 366; F. PADOVINI, La nuova disciplina della subfornitura nelle attività produttive, in Studium Iuris, 1999, pag. 1 e ss.; A. FRIGNANI, Disciplina della subfornitura nella legge n. 192/98: problemi di diritto sostanziale, In I contratti, 1999, 2, 188.  Per l’esperienza tedesca: B. FRITZINGER, La subfornitura in Germania: il rapporto fra committente e subfornitore e la legge sulle condizioni generali di contratto, in Contratto e impresa - Europa, 1999, pag. 147 e ss.; per la subfornitura internazionale: A.R. ADIUTORI, Subfornitura internazionale, in Nuovo diritto delle Società, 2016, 20.

[5] Va peraltro aggiunto che il legislatore ha inciso ancora significativamente nei rapporti tra imprese con il d. lgs. n. 231/02, che ha modificato l’art. 3 della legge n. 192 per armonizzare la disciplina in materia di transazioni commerciali; ma sul punto vedasi più diffusamente il paragrafo 3.

[6] Si è parlato a questo proposito di “terzo contratto”, ovverosia del contratto a tutela del c.d. “imprenditore debole”: M. TAMPONI, Liberalizzazioni, “terzo contratto” e tecnica legislativa, in Contratto e impresa, 2013, 1, pag. 91 e ss.; : E. RUSSO, Imprenditore debole, imprenditore-persona, abuso di dipendenza economica, “terzo contratto”, ivi, 2009, 1, pag. 130; G. DI LORENZO, Abuso di dipendenza economica e contratto nullo, Padova, 2009, pag. 8 e ss.; A. MATRORILLI, nota a Corte cassazione 18 settembre 2009 n. 20106, in Danno e resp., 2010, 4, p.352.  

[7] Sul punto è stato opportunamente chiarito che non sempre il subfornitore è il contraente più debole – G. NICOLINI, Subfornitura e attività produttive, Milano, 1999, pag. 5; G. CASELLI, Osservazioni sulla legge 18 giugno 1998 n. 192, in materia di subfornitura con particolare riferimento al suo ambito di applicazione, cit., pag. 1306; F.L. GAMBARO – A. MARTINI, La subfornitura cinque anni dopo, cit., pag. 514. Questi ultimi autori precisano che non è infrequente che anche la grande impresa possa talvolta trovarsi nelle vesti del subfornitore, essendo qualificante il contenuto del rapporto e non la qualità delle parti.

[8] P. ZANELLI, voce Decentramento produttivo, in Dig. disc. priv., sez. comm., IV, Torino, 1989, pag. 226 e ss.

[9] R. LECCESE, in La subfornitura, commento alla legge 18/6/1998 n. 192, a cura di G. ALPA e A. CLARIZIA, Milano, 1999, pag. 5.  

[10] R. LECCESE, in Dig. it., XV, Torino, 1998, voce Subfornitura, pag. 241.

 

[11] Trib. Torino 11 maggio 2005, in Giur. merito, 2005, 12, 2629; Trib. Torino 19 novembre 1999, in Foro it., 2000, I, 624, con nota di A. PALMIERI, La minorità tecnologica quale presupposto essenziale per l’applicazione degli strumenti di protezione previsti dalla legge sulla subfornitura; G. CASELLI, Osservazioni sulla legge 18 giugno 1998 n. 192, cit., pag. 1310; O. CAGNASSO – G. COTTINO, Contratti commerciali, cit., pag. 363; C. BERTI – B. GRAZZINI, La disciplina della subfornitura nelle attività produttive, cit. pag. 28; opportunamente questi Autori sottolineano: “Se dunque la l. 192/98 richiede la subordinazione progettual-tecnologica del subfornitore al committente, come più sopra rappresentata, tale caratteristica difficilmente potrà essere ravvisata nella cosiddetta subfornitura di “specialità”, laddove lo stesso ricorso al contratto in oggetto trova ragione proprio nella carenza “tecnologica” del committente, ed è dunque, caratterizzata dal prevalente e specialistico apporto del subfornitore”; contra C. ALVISI, Subfornitura e autonomia collettiva, Padova, 2002, pag. 42; secondo quest’ultimo A., la ratio di tutela della legge renderebbe scriminante non tanto il rapporto di subordinazione tecnologica, quanto piuttosto quello di dipendenza economica tra le parti.

[12] G. CASELLI, Osservazioni sulla legge 18 giugno 1998 n. 192, cit., pag. 1310; R. LECCESE, in La subfornitura, commento alla legge 18/6/1998 n. 192, cit,. pag. 7.


2. La nozione di subfornitura recepita dall’art. 1 della legge n. 192/1998.

L’art. 1 della legge 192 dispone testualmente:

Con il contratto di subfornitura un imprenditore si impegna ad effettuare per conto di un’impresa committente lavorazioni su prodotti semilavorati o su materie prime forniti dalla committente medesima, o si impegna a fornire all’impresa prodotti o servizi destinati ad essere incorporati o comunque ad essere utilizzati nell’ambito dell’attività economica del committente o nella produzione di un bene complesso, in conformità a progetti esecutivi, conoscenze tecniche e tecnologiche, modelli o prototipi forniti dall’impresa committente.

Sono esclusi dalla definizione di cui al comma 1° i contratti aventi ad oggetto la fornitura di materie prime, di servizi di pubblica utilità e di beni strumentali non riconducibili ad attrezzature.

Il tratto caratterizzante della subfornitura, come si è detto, è proprio l’inserimento della prestazione del subfornitore all’interno del ciclo produttivo del committente.

Vanno subito individuate due diverse fattispecie:

  • La subfornitura avente per oggetto le lavorazioni su prodotti semilavorati o materie prime forniti dalla committente;
  • La subfornitura avente per oggetto prodotti o servizi destinati ad essere utilizzati nell’ambito dell’attività economica del committente o nella produzione di un bene complesso.

La prima fattispecie è stata definita come subfornitura di “lavorazione”, la seconda di “prodotto”, con l’avvertenza che la sottocategoria di prodotto può avere per oggetto tanto un bene, quanto un servizio[1]. Secondo la ricostruzione dottrinale preferibile, il rapporto di subfornitura si instaura solitamente tra una grande impresa committente e una piccola o media impresa (subfornitore), in posizione di dipendenza[2] tecnologica[3] o economica[4].

Si è posto il problema se la legge n. 192/98 abbia introdotto un nuovo contratto d’impresa, tipizzando una diversa figura contrattuale; una tesi dottrinale minoritaria ha sostenuto che il contratto di subfornitura possa essere considerato tipico nel senso che, nel suo impianto complessivo e nelle singole norme che lo regolano, esso risponde adeguatamente alla esigenza di disciplinare il rapporto contrattuale della subfornitura, riconducendolo in una configurazione giuridica autonoma[5]; questa impostazione dottrinale riterrebbe che sia impossibile riportare il contratto di subfornitura nell’alveo dell’appalto[6]: infatti, nel rapporto di subfornitura, incentrato su una dipendenza tecnica del subfornitore verso il committente, sarebbe dedotta un’obbligazione di facere (id est di mezzi), costituita dalla prestazione attuata per il soddisfacimento della produzione del committente nell’ambito delle istruzioni tecniche impartite al subfornitore, mentre nell’appalto l’obbligazione a carico dell’appaltatore è di risultato; nella subfornitura, insomma, l’obbligazione del subfornitore sarebbe quella della mera esecuzione di quanto richiesto dalla controparte, con rischi in ordine ai progetti e alle prescrizioni tecniche a carico esclusivamente  del medesimo committente; visto l’art. 5 della legge n. 192/98, per questa tesi, il contratto di subfornitura non potrebbe poi rientrare nell’ambito della compravendita, avendo per oggetto una prestazione prevalente di facere rispetto a quella tipica di dare.

Ad avviso di chi scrive va invece preferita l’interpretazione largamente dominante in dottrina, secondo cui la legge n. 192/1998 non ha tipizzato un nuovo tipo contrattuale, distinto e autonomo dal contratto d’appalto (art. 1655 e s.s. c.c.), di vendita (art. 1470 e ss. c.c.), di somministrazione (art. 1559 e s.s. c.c.) od opera (art. 2222 e s.s. c.c.); la legge n. 192 sembra riferirsi, più che ad un singolo contratto, ad un gruppo di contratti tipologicamente differenziati (ad una categoria contrattuale), ma accomunati dal fatto che il rapporto si svolge nel regime di subfornitura come sussumibile dalla definizione dell’art. 1[7].

Le disposizioni della nuova legge non si sostituiscono, ma piuttosto si sovrappongono alle disposizioni del codice civile sui contratti tipici ai quali di volta in volta l’operazione negoziale concretamente posta in essere dalle parti possa ricondursi[8]. Infatti la definizione di cui all’art. 1 della Legge n. 192 appare talmente estesa da ricomprendere tutta una serie di fattispecie contrattuali assolutamente diverse tra loro sotto il profilo causale.

Di norma il contratto di subfornitura rientra nello schema dell’appalto: infatti il subfornitore si impegna usualmente a produrre beni o a fornire servizi, pur nell’ambito del ciclo produttivo del committente, a fronte della corresponsione del prezzo, rientrando nel paradigma causale tipico dell’art. 1655 c.c.[9]. E’ certamente vero che la definizione dell’art. 1655 c.c. non contiene alcun riferimento alle direttive tecniche del committente sull’esecuzione del contratto[10], ma deve ritenersi che le istruzioni per la realizzazione dell’opera o del servizio siano ordinariamente previste nel contratto d’appalto, anche alla luce della facoltà di variazione del progetto concesse dagli artt. 1659, 1660 e 1661 c.c.[11]. Non deve dimenticarsi, infatti, che anche nell’appalto è spesso prevista un’ingerenza tecnica nella realizzazione dell’opera: è frequente la nomina del direttore dei lavori e del progettista a cura del committente, che assume così una responsabilità tecnica propria nella gestione dell’affare[12].

Quando il subfornitore sia un piccolo imprenditore si configurerà un contratto d’opera[13], mentre il rapporto di subfornitura potrà essere disciplinato dalle disposizioni dettate in materia di somministrazione (art. 1559 c.c.) quando la prestazione dedotta abbia natura continuativa o periodica, come ammesso dall’art. 2, 3° comma, della legge n. 192. Più raro sembra il ricorso allo schema della compravendita[14]: infatti il subfornitore, essendo in soggezione tecnologica rispetto al committente, deve essere costretto ad adattare la propria produzione alle direttive e alle esigenze dell’altro contraente; quest’attività di adattamento[15] renderebbe quasi sempre prevalente l’opera rispetto alla materia, per cui la ricaduta nell’ambito dell’appalto pare inevitabile[16]; l’unica fattispecie ipotizzabile di contratto di vendita in regime di subfornitura sembra ravvisabile nella vendita di cosa futura quando, pur nel contesto di una produzione standardizzata, il subfornitore utilizzi know-how fornito direttamente dal committente[17].

Chiarito dunque che la legge n. 192 non introduce un nuovo contratto tipico, ma semplicemente disciplina varie fattispecie negoziali senza sostituire le relative regole codicistiche, nell’ottica della tutela del subfornitore, posto normalmente in posizione di soggezione economica e tecnologica rispetto al committente, rimane da riassumere nel dettaglio il contenuto del contratto di subfornitura ai sensi dell’art. 1 della legge n. 192. La prestazione del subfornitore riguarda dunque lavorazioni, beni o servizi che devono essere inseriti nel ciclo produttivo del committente. Si deve specificare che si avrà subfornitura di lavorazione soltanto quando i materiali o i semilavorati forniti dal committente debbano essere restituiti al committente medesimo per essere inseriti nel proprio ciclo produttivo[18]; non potrà applicarsi, inoltre, la legge n. 192, quando l’attività posta in essere dalle parti abbia natura meramente commerciale, risolvendosi in uno semplice scambio di beni[19].  Le lavorazioni, i beni o i servizi forniti dal subfornitore, inoltre, dovranno essere conformi a progetti esecutivi, conoscenze tecniche[20] e tecnologiche, modelli o prototipi dell’impresa committente[21], essendo sufficiente la sussistenza di uno solo di questi elementi anche alternativamente[22]. Questa direzione (e non collaborazione)[23] tecnologica potrà esplicitarsi concretamente nei disegni, nei progetti, nei brevetti, negli stampi e in generale nel know-how che il committente metta a disposizione del subfornitore per l’esecuzione del contratto.

Il problema fondamentale in questo apporto tecnologico e direttivo del committente, imprescindibile ai fini dell’applicazione della legge in esame[24], è la distinzione nel caso in cui il subfornitore non si presenti come mero esecutore materiale della tecnologia del committente.

Infatti, escludendo a priori che possa essere racchiusa nell’ambito della tutela di cui alla legge n. 192 la fattispecie della c.d. subfornitura “strutturale” o specializzata (riguardante la fornitura di beni o servizi che il  committente non è in grado di produrre da sé per mancanza di tecnologia), rimanendo quindi ricompresa solo la fornitura c.d. “congiunturale” (quella che si esplicita nel mero decentramento dell’attività produttiva per ragioni organizzative), non vi è dubbio che rientri a pieno titolo nella fattispecie tutelata la subfornitura in cui l’opus vede un apporto progettuale e tecnologico solo del committente[25].

Il problema interpretativo che si pone nella pratica riguarda i casi, molto più frequenti, in cui il subfornitore partecipi alla fase ideativa o progettuale[26], oppure disponga comunque in una certa misura del know-how necessario per la produzione o la lavorazione oggetto del contratto[27]. Infatti è concretamente impossibile che il committente si rivolga per la propria produzione a imprese terziste totalmente sfornite di qualsiasi tecnologia per la fornitura di lavorazioni, beni o servizi da inserire nel ciclo produttivo del medesimo committente. In questo caso bisogna adottare, ai fini dell’applicazione della legge n. 192, un criterio ermeneutico di prevalenza del contributo del committente rispetto a quello del subfornitore[28]: questo requisito è soddisfatto quando il subfornitore non sia tecnicamente in grado di fornire i beni o i servizi richiesti dal committente, oppure quando debba eseguire adattamenti o investimenti per soddisfare le esigenze dell’altro contraente[29]. In altre parole, non potrà essere applicata la disciplina di cui alla legge n. 192 ogni qual volta vi sia un apporto tecnologico di alto livello, o comunque non routinario, del subfornitore, anche se esso concorra con un uguale o prevalente apporto del committente[30].  Andranno esclusi, dunque, dal rapporto di subfornitura i contratti di partneriato industriale, come l’outsourcing[31] (id est il contratto relativo all’appalto di servizi d’impresa come la tenuta della contabilità, i servizi informatici, la guardiania, la manutenzione, la pulizia, la consulenza ecc.), l’engineering e la fornitura di lavoro interinale ex lege 24 giugno 1997 n. 196[32]. Né  d’altra parte pare inquadrabile nella definizione dell’art. 1, per gli stessi motivi, il contratto di franchising[33]. Non si può nascondere che la distinzione tra la prevalenza dei contributi, nella pratica, sia molto difficile[34], e questa è forse una delle ragioni per cui la legge sulla subfornitura ha avuto un’applicazione sostanzialmente limitata, come risulta documentato dalla scarsa giurisprudenza edita in materia in quasi vent’anni dall’entrata in vigore della legge n. 192[35].

A rafforzare questa timida applicazione giurisprudenziale, si è anche affermato un orientamento ancora più rigoroso secondo cui il requisito della dipendenza tecnologica ricorre solo nell’ipotesi in cui vi sia un integrale trasferimento al subfornitore dell’intero patrimonio conoscitivo dell’impresa committente necessario per la realizzazione della commessa[36]

Ritengo, invece, che l’eterodirezione tecnologica prevalente vada presunta ogni qual volta nella fattispecie concreta risulti che l’opera, il servizio o la lavorazione vengano realizzati secondo precise istruzioni tecniche impartite dal committente[37].

Va preso in considerazione, infine, il 2° comma dell’art. 1 della legge n. 192, che esclude dall’applicazione della tutela la fornitura di materie prime e di servizi di pubblica utilità, nonché di beni strumentali non riconducibili ad attrezzature[38]. Quanto alle materie prime e ai servizi di pubblica utilità pare perfino intuitivo che non possano essere contenuti nella disciplina de qua, non essendo previsto in queste tipologie contrattuali alcun apporto tecnologico da parte del fornitore. Sembrano esclusi dalla disciplina in commento anche i contratti stipulati con la pubblica amministrazione[39]. Per quanto concerne le attrezzature[40], si è inteso che l’esclusione riguardi i beni strumentali[41], come ad esempio macchine e gli impianti, prodotti ad hoc per il committente, mentre non riguardi le attrezzature prodotte su ordine del committente per eseguire le lavorazioni e le produzioni in regime di subfornitura, come nel caso in cui la macchina, pur in formale proprietà del committente dopo la realizzazione, rimanga presso il subfornitore per la realizzazione del bene o del servizio richiesto[42].

 

[1] G. DE NOVA, in La subfornitura, a cura di G. DE NOVA, Milano, 1998, pag. 8.

[2] Trib. Torino ord. 19 novembre 1999, in Foro it., 2000, I, 624: il tribunale parla espressamente di “debolezza intrinseca” del subfornitore e di “dipendenza tecnica, tecnologica o progettuale”.

[3] V. FRANCESCHELLI, La subfornitura: un nuovo contratto commerciale, Milano, 1999, pag. 11; O. CAGNASSO – G. COTTINO, Contratti commerciali, cit., pag. 361; per questi A. il requisito della dipendenza tecnologica deve trovare riscontro in tutte le subfattispecie richiamate, ovverosia la subfornitura di lavorazione, di prodotto o di servizi.  

[4] In questo senso, ovverosia che la dipendenza economica del subfornitore, pur normalmente ricorrente, non sia strettamente necessaria: F. PROSPERI, in I contratti di appalto privato, a cura di V. CUFFARO, Milanofiori Assago (MI), 2011, p. 470-471; O. CAGNASSO – G. COTTINO, Contratti commerciali, cit., p. 633; G. MUSSO, La subfornitura, in Comm. del Cod. Civ. SCIALOJA-BRANCA, a cura di F. GALGANO, Bologna, 2003, p. 31; R. PARDOLESI, Il contratto di subfornitura (industriale): scampolo di fine millennio o prodromo di tempi migliori? In atti del convegno “La nuova legge sulla subfornitura”, Milano, 11/6/1998, p. 9. R. LECCESE, in La subfornitura. Commento alla legge 18 giugno 1998 n. 192, cit., p. 27; G. NICOLINI, Subfornitura e attività produttive, cit., pag. 5-6 (“Il tentativo di circoscrivere l’ambito applicativo della legge n. 192 del 1998, ai rapporti di subfornitura correnti tra grandi imprese committenti e piccole o medie imprese subfornitrici tecnologicamente ed economicamente dipendenti…suscita perplessità. Essa restringe ingiustificatamente l’ambito applicativo della legge n. 192…”); G. CASELLI, Osservazioni sulla legge 18 giugno 1998 n. 192, cit., pag. 1306 (“Ben può accadere, e infatti accade sovente, che le imprese minori siano committenti di imprese maggiori”). Contra, G. DE NOVA, La subfornitura, cit., pag. 8; A. FRIGNANI, Disciplina della subfornitura nella legge n. 192/98: problemi di diritto sostanziale, in Contratti, 1999, p. 189. Per questa tesi l’elemento determinante per ritenere che la legge n. 192/98 sia stata posta a sostegno del subfornitore risiede nella relazione alla proposta di legge dell’on. Pezzoli presentata alla Camera il 17 dicembre 1996 che parla testualmente di rapporto tra impresa “dominante” e impresa “dominata”. In giurisprudenza la seconda tesi è maggioritaria. Si è anche formulata una tesi intermedia secondo cui la dipendenza economica si paleserebbe attraverso la dipendenza tecnica del subfornitore. In questo senso Cass. 25 agosto 2014 n. 18186, in Giust. civ., Mass., 2014: “Sotto l’aspetto della realtà socio-economica del fenomeno, la dipendenza economica così intesa costituisce spesso, essa stessa, uno stato di sudditanza economica, imponendo al subfornitore di adeguare la propria produzione ed organizzazione del lavoro alle suddette direttive e specifiche. Si tratta di un adeguamento che può comportare, per il subfornitore, una o più meno intensa ed assorbente limitazione di sbocco commerciale e di offerta di mercato”. Trib. Modena 14 febbraio 2014 n. 132, in De Jure: “Il contratto di subfornitura presuppone rapporti caratterizzati da subalternità progettuale-tecnologica del subfornitore…. Tale contratto si differenzia quindi dall’appalto principalmente per la dipendenza tecnologica (presente solo nel rapporto di subfornitura) che comporta una forte riduzione dell’autonomia imprenditoriale del subfornitore e lo pone in una situazione di dipendenza economica rispetto al committente, che giustifica l’applicazione di una normativa mirata a tutelare il contraente debole”. Per una visione ancora più severa, nel senso che sia necessaria la dipendenza sia economica che tecnologica del subfornitore, da dimostrare a cura di quest’ultimo: Trib. Bologna 10 luglio 2018, in www.ilcaso.it. Per la tesi opposta, invece, ovverosia nel senso che sia sufficiente la sola dipendenza tecnologica: Trib. Lecce 12 settembre 2018 n. 2964, in De Jure.       

[5] C. BERTI, Subcontratto, subfornitura e decentramento produttivo tra imprese, Milano, 2000, pag. 79; V. FRANCESCHELLI, La subfornitura, un nuovo contratto commerciale, in La subfornitura, a cura di V. FRANCESCHELLI, Milano, 1999, pag. 2 e ss.; A. DE NICOLA – I. COLOMBO, La subfornitura nelle attività produttive, Milano, 1998, pag. 14 e ss.; M. PALAZZI, Il contratto di subfornitura: nozioni e distinzioni, in La disciplina del contratto di subfornitura nella L. 192/98, a cura di P. SPOSATO e M. COCCIA, Torino, 1999, pag. 10 e ss.; F. BORTOLOTTI, I contratti di subfornitura, Padova, 1999, pag. 48 e ss.; più incerto, anche se in definitiva favorevole a questa interpretazione, pare A. BERTOLOTTI, Il contratto di subfornitura, cit., pag. 20 e ss. (in particolare 44); infatti, se da un lato l’A. sottolinea che “… la mancanza di una disciplina sufficientemente completa ed organica porterebbe ad escludere la tipicità, e quindi l’esistenza di un regime giuridico sostitutivo delle norme sulla vendita e sull’appalto”, dall’altro rileva che “non può affermarsi incompatibilità di principio tra una norma che delinei solo taluni tratti della fattispecie … ed il riconoscimento del “tipo” subfornitura”.

[6] Nel senso invece che la subfornitura vada ricondotta preferibilmente nello schema causale dell’appalto: G. MUSSO, La subfornitura, cit., pag. 64 e ss.

[7] R. LECCESE, in La subfornitura, cit., pag. 32; L. RENNA, L’abuso di dipendenza economica come fattispecie transtipica, in Contratto e impresa, 2013, 2, pag. 391; G. NICOLINI, Subfornitura e attività produttive, cit., pag. 10; R. PARDOLESI – R. CASO, La nuova disciplina del contratto di subfornitura (industriale): scampolo di fine millennio o prodromo di tempi migliori?, in Riv.  dir. priv., 1998, 712; G. MUSSO, La subfornitura, cit., pag. 66 e ss.; O. CAGNASSO – G. COTTINO, Contratti commerciali, cit., pag. 365; A. LUMINOSO, La compravendita, Torino, 2011, pag. 203; U. RUFFOLO, Il contratto di subfornitura nelle attività produttive. Le nuove regole della legge 18 giugno 1998 n. 192: correzione della autonomia contrattuale e tutela del subfornitore come professionista debole, in Resp. comunicazione e impresa, 3, 1998, pag. 403 e ss.; F. PROSPERI, Il contratto di subfornitura e l’abuso di dipendenza economica, Napoli, 2002, pag. 77 e ss.; F.L. GAMBARO – A. MARTINI, La subfornitura cinque anni dopo, cit., pag. 515; C. ALVISI, Subfornitura e autonomia collettiva, Padova, 2002; F.D. TONIATO, Commento sub art. 4, in Legge 18 giugno 1998 n. 192. Disciplina della subfornitura nelle attività produttive, a cura di N. LIPARI, in Le nuove leggi civili comm., 2000, fasc. 1-2, pag. 396 e ss.; B. GRAZZINI, Subforniture industriali: problemi applicativi della L. 18 giugno 1998 n. 192, in Resp. comunicazione e impresa, I, 2000, pag. 59; G. GIOIA, La subfornitura nelle attività produttive. Commento alla L. 18 giugno 1998 n. 192, in Corr. giur., 1998, n. 8, pag. 882 e ss.; Id., I rapporti di subfornitura, in Giur. it., 1999, pag. 671 e ss.; C.M. BIANCA, Diritto civile, 3, Il contratto, cit., pag. 369 e s.s.; G. IUDICA, La disciplina della subfornitura nelle attività produttive, Commento alla legge 18 giugno 1998 n. 192, in Contratti, 1998, pag. 411; G. DE NOVA, La subfornitura, cit., pag. 5; D. RUBINO – G. IUDICA, Appalto, in Comm. Cod. Civ. SCIALOJA - BRANCA, diretto da F. GALGANO, Bologna – Roma, 2007, pag. 85.  Molto interessante è la posizione di C. BERTI e B. GRAZZINI, in La disciplina della subfornitura nelle attività produttive, cit., pag. 10 e ss., specialmente pagg. 25 e 26; i due Autori, infatti, singolarmente, come si è visto, sono su diverse impostazioni; Berti è per la tipicità del contratto di subfornitura, Grazzini è per l’atipicità; nella trattazione congiunta, pur sottolineando che tra appalto e subfornitura è ravvisabile un rapporto di genere a specie, ritengono che si possa parlare di un nuovo tipo contrattuale “solo accogliendo una concezione ampia di causa, intesa come il complesso degli elementi, soggettivi e oggettivi, confluenti a delineare l’operazione economica alla cui realizzazione è preordinato il rapporto”. In giurisprudenza nel senso indicato dalla dottrina maggioritaria: Trib. Bassano del Grappa 2 maggio 2013, in Giur. commerciale, 2015, 4, II, 774, con nota di D. ARCIDIACONO, Abuso di dipendenza economica e mercato rilevante. Il caso della delocalizzazione produttiva.      

[8] G. DE NOVA, op. ult. cit., pag. 5; G. IUDICA, La disciplina della subfornitura nelle attività produttive, cit., pag. 412.

[9] R. LECCESE, in La subfornitura, cit., pag. 36.

[10] Si deve sottolineare quell’opinione dottrinale secondo cui la distinzione tra appalto e subfornitura va ricercata nella mancanza di autonomia dell’organizzazione del lavoro del subfornitore rispetto all’appaltatore, essendovi la totale soggezione alla direzione tecnica del committente: E. RUSSO – C. CRIACO, L’appalto privato, Torino, 2005, pag. 77 e ss.. Personalmente riterrei che si possa parlare più che di distinzione tra contratti, di appartenenza del contratto di subfornitura a quello di appalto come species ad genus, quando ricorrano ovviamente le condizioni di cui all’art. 1655 c.c.

[11] Va peraltro ricordato che la giurisprudenza riconosce da molti anni il contratto c.d. “a regia”, quando l’appaltatore è tenuto ad agire sotto la direzione del committente e si presenta quale suo nudus minister, con l’esclusione di ogni rischio in capo all’appaltatore anche ai sensi dell’art. 1669 c.c. – Cass. 29 gennaio 2002 n. 1154, in Danno e resp., 2002, pag. 739, con nota di G. DE MARZO; Cass. 31 marzo 1987 n. 3092, in Mass. Foro it., 1987; F. GALGANO, Trattato di diritto civile, cit., II, pag. 750-751; G. COTTINO, Diritto commerciale, II,2, Padova, 1996, pag. 236; D. RUBINO, L’appalto, in Trattato di diritto civ. it., VII, 3, Torino, 1980, pag. 346 e ss.

[12] Il direttore dei lavori assume la rappresentanza del committente limitatamente alla materia tecnica per la realizzazione dell’opera e dirige l’esecuzione dei lavori. Così Cass. 28 maggio 2001 n. 7242, in Rep. Foro it. 2001, 528. Il progettista è colui che è incaricato di redigere il progetto dell’opera. Entrambe le figure possono essere nominate sia dal committente, sia dall’appaltatore. Per una disamina completa dei due ruoli, vedasi E. RUSSO – C. CRIACO, L’appalto privato, cit., pag. 113 e ss. 

[13] Per la distinzione tra appalto e contratto d’opera: M.C. CERVALE, La responsabilità dell’appaltatore, Milano, 1999, pag. 27, E. RUSSO – C. CRIACO, L’appalto privato, cit., pag. 41; F. BALLATI, La responsabilità dell’appaltatore e del direttore dei lavori per vizi e difformità delle opere, Macerata, 2006, pag. 23.

[14] Trib. Monza 10 gennaio 2005, in De Jure: si esclude espressamente che la compravendita di beni che non divengono parte integrante nella produzione di altri beni complessi sia da ricondurre allo schema della subfornitura.

[15] C.M. BIANCA, Diritto civile, 3, Il contratto, cit., pag. 370: per questo A. lo schema della vendita può permanere “quando il subfornitore abbia organizzato la propria attività produttiva al fine di soddisfare particolari esigenze del committente”.

[16] R. LECCESE, in La subfornitura, cit., pag. 38.

[17] Forse potrebbe ravvisarsi questa fattispecie nell’ipotesi decisa dal Trib. di Udine, in relazione alla fornitura di alcune migliaia di metri lineari di “mobiletti sottofinestra”, eseguiti in base a progetti esecutivi della committente. Trib. di Udine, sez. dist. di Cividale del Friuli, 27 aprile 2001, in Foro it., 2001, I, 2677.

[18] R. LECCESE, in La subfornitura, cit., pag. 14.

[19] R. LECCESE, op. ult. cit., ibidem.

[20] Si deve sottolineare che le specifiche tecniche non devono riguardare il risultato della produzione, quanto piuttosto gli strumenti tecnologici per realizzare il ciclo produttivo; conseguentemente sono esclusi dalla definizione dell’art. 1 della legge 192 la concessione di vendita, il franchising e in generale il settore della distribuzione. Così C. BERTI – B. GRAZZINI, La disciplina della subfornitura nelle attività produttive, cit., pag. 32.

[21] G. NICOLINI, Subfornitura e attività produttive, cit., pag. 20; G. CASELLI, Osservazioni sulla legge 18 giugno 1998 n. 192, cit., pag. 1308; in giurisprudenza, vedasi Trib. Civitavecchia 5 aprile 2006, in De Jure; secondo questa pronuncia, la subfornitura si esplicita quando un committente isoli una o più fasi del processo produttivo affidandole all’esterno ad altro imprenditore, il quale dovrà attenersi alle indispensabili direttive di carattere tecnico del committente.

[22] R. PARDOLESI – R. CASO, La nuova disciplina del contratto di subfornitura (industriale): scampolo di fine millennio o prodromo di tempi migliori?, cit., 728; R. LECCESE, Disciplina della subfornitura nelle attività produttive, in Codice dei contratti commentato, a cura di G. ALPA e V. MARICONDA, Milanofiori Assago (MI), 2017, p. 2834.

[23] G. NICOLINI, op. ult. cit., pag. 8; in giurisprudenza vedasi Trib. Torino 11 maggio 2005, in Giur. merito, 2005, 2629, dove si parla espressamente di soggezione tecnologica del subfornitore rispetto al committente.

[24] In senso parzialmente contrario, però, si è eccepito che il requisito della dipendenza tecnica possa essere inserito nella definizione della subfornitura solo se venga identificato nella conformità della prestazione alle specifiche tecniche del committente, senza che sia necessario che debba sussistere una minorità progettuale o tecnologica. Il rapporto di subfornitura sussisterebbe solo in base al dato oggettivo della conformità della prestazione alla tecnologia del committente secondo le specifiche tecniche indicate, indipendentemente dal fatto (soggettivo) che il subfornitore disponga di una capacità tecnologica propria. Con questa interpretazione si eviterebbe la zona grigia del raffronto del contributo prevalente delle tecnologie delle parti. Così A. MUSSO, La subfornitura, cit., pag. 31 e ss.. A mio avviso questa opinione, peraltro minoritaria, presenta due gravi problemi: il primo è il contrasto con la ratio legis, ovverosia con lo scopo di tutela del contraente debole che si rinviene in più parti del testo legislativo; il secondo è l’eccessivo allargamento della disciplina anche a fattispecie che sembrano ricadere in normali di rapporti di fornitura, soprattutto dove non vi sia uno squilibrio economico e tecnologico tra le parti.       

[25] R. LECCESE, in La subfornitura, cit., pag. 16; G. CASELLI, Osservazioni alla legge 18 giugno 1998 n. 192, cit., pag. 1309; va peraltro evidenziato come questa figura di subfornitore si avvicini e si sovrapponga a quella dell’appaltatore nell’appalto “a regia”.

[26] La stessa legge n. 192/1998, infatti, sembra non escludere un apporto tecnologico proprio del subfornitore: sovviene, in questo senso, il disposto del terzo comma dell’art. 6, che commina la sanzione della nullità per i patti che dispongano a favore del committente di diritti di privativa industriale o intellettuale senza congruo corrispettivo.

[27] O. CAGNASSO - G. COTTINO, Contratti commerciali, cit., pag. 363: “Occorre stabilire – la risposta pare sicuramente positiva – se possa sussistere un patrimonio tecnologico del subfornitore e se comunque il flusso tecnologico proveniente dal committente debba avere carattere prevalente rispetto a quello proveniente dal subfornitore”.

[28] R. PARDOLESI, Il contratto di subfornitura (industriale): scampolo di fine millennio o prodromo di tempi migliori?, in atti del convegno su “La nuova legge in materia di subfornitura”, Milano, 11/6/1998, pag. 8; per questo A., bisognerà verificare di volta in volta “l’assenza” o la “sostanziale minorità dell’apporto progettuale/tecnologico da parte del subfornitore”.

[29] R. LECCESE, in La subfornitura, cit., pag. 18.

[30] G. CASELLI, Osservazioni sulla legge 18 giugno 1998 n. 192, cit., pag. 1313; si è ritenuto, però, in giurisprudenza, che la dipendenza tecnologica sussista, anche in mancanza di un apporto di “know-how” da parte del committente, pure nell’ipotesi in cui il subfornitore, per soddisfare le esigenze del committente, debba apportare dei significativi adattamenti ai propri mezzi di produzione e sostenere investimenti specifici; in questo senso Trib. Bari 11/10/2004, in Giur. Loc., Bari, 2004.

[31] Ma, in senso contrario, F.L. GAMBARO – A. MARTINI, La subfornitura cinque anni dopo, cit., pag. 521: anche i contratti di outsourcing potrebbero ricadere nel rapporto di subfornitura e andrebbero valutati caso per caso.

[32] G. NICOLINI, Subfornitura e attività produttive, cit., pag. 22; R. LECCESE, in La subfornitura, cit. pag. 24 e ss.

[33] Trib. Taranto 22 dicembre 2003, in Foro it. 2004, I, 262 e Danno e resp., 2004, 424, con nota di A. PALMIERI, Abuso di dipendenza economica: battuta dì arresto o pausa di riflessione?

[34] O. CAGNASSO – G. COTTINO, Contratti commerciali, cit., pag. 360 e 363.

[35] Sul punto vedasi l’apposito paragrafo 9.

[36] Trib. Padova 10 settembre 2015, in Leggi d’Italia; Trib. Bologna 5 febbraio 2015, in Leggi d’Italia; Trib. Modena 14 febbraio 2014, in De Jure; Trib. Modena 12 aprile 2012, in De Jure; Trib. Milano 30 novembre 2011 in De Jure; C. Appello Firenze 16 agosto 2011 in Leggi d’Italia; Trib. Catania sez. dist. di Bronte 9 luglio 2009, in Foro it., 2009, I, 2813; Trib. Bari 11 gennaio 2007 in De Jure; Trib. Bari 13 luglio 2006, in Foro it., 2006, I, 2934; in dottrina, G. NICOLINI, Subfornitura e attività produttive. Commento alla legge 18 giugno 1998 n. 192, cit., p. 8; G. GIOIA, Outsourcing: nuove tecniche di gestione aziendale e rapporti contrattuali, in Corriere giur., 1999, p. 901; F. DELFINI, in La subfornitura. Legge 18 giugno 1998 n. 192, a cura di G. DE NOVA, Milano, 1998, p. 69 e ss.; F.L. GAMBARO – A. MARTINI, La subfornitura cinque anni dopo, in Contratto e impresa / Europa, 2003, p. 520 e ss.; M. PANDIMIGLIO, La “dipendenza tecnologica” nella subfornitura, in Contratto e impresa, 2017, p. 523 e ss.; nel senso, invece sostenuto dal testo, ovverosia del prevalente ma non esclusivo contributo dell’impresa committente: C. Appello Ancona 9 novembre 2012, in De Jure; Trib. Firenze 8 settembre 2008, in De Jure; Trib. Civitavecchia 5 aprile 2006, in Giur. comm., 2007, II, p. 1269 e ss.; Trib. Genova 13 dicembre 2005 in Leggi d’Italia; Trib. Torino 11 maggio 2005 in De Jure; Trib. L’Aquila 13 dicembre 2002, in Foro it., 2003, I, 1275 e ss.; Trib. Torino 19 novembre 1999, in Foro it., 2000, I, 624 e ss..  In dottrina, sempre nel senso sostenuto dal testo:  R. PARDOLESI, Il contratto di subfornitura (industriale): scampolo di fine millennio o prodromo di tempi migliori?, in atti del convegno su “La nuova legge in materia di subfornitura”, Milano, 11 giugno 1998, pag. 8; R. LECCESE, Disciplina della subfornitura nelle attività produttive, in Codice dei contratti commentato, cit., p. 2834; O. CAGNASSO – G. COTTINO, Contratti commerciali, cit., pag. 363 e ss.; A. MORA, Subfornitura e dipendenza economica, in Contratti, 1999, p. 96 e ss.; 8; L. PRATI – A. CARDINI, I rapporti di subfornitura, in Pratica del diritto civile, diretta da G. IUDICA, Milano, 1999, p. 4 e ss.; C. BERTI – B. GRAZZINI, La disciplina della subfornitura nelle attività produttive, cit., pag. 17.

[37] Mi sembra che si esprimano in questo senso: Corte Cassazione 25 agosto 2014 n. 18186, in Giust. civ. Mass., 2014; C. Appello Brescia 11 maggio 2016, in Argomenti di diritto del lavoro, 2016, 4-5, pag. 1033, con nota di A. TAGLIENTE, Il rapporto di subfornitura tra elementi tipici e derivati dall’appalto: la questione della responsabilità solidale.

[38] M. GRANIERI, I rapporti esclusi “ex lege” dalla disciplina della subfornitura industriale, in Urbanistica e appalti, 2000, 2, 121.

[39] A. MUSSO, La subfornitura, cit., pag. 234; A. FRIGNANI, Disciplina della subfornitura nella legge n. 192/98: problemi di diritto sostanziale, in Contratti, 1999, pag. 190 e ss.; quest’ultimo A. definisce mozartianamente la p.a. come “il convitato di pietra” della legge in esame.

[40] Per un caso di esclusione dall’applicazione della legge n. 192 di contratti aventi ad oggetto impianti elettrici sotterranei e linee aeree non ritenuti attrezzature, vedasi Trib. Bari 13/7/2006, in Foro it., 2006, 10, 2394.

[41] O. CAGNASSO – G. COTTINO, Contratti commerciali, cit., pag. 362; è esclusa dall’applicazione della legge n. 192/98, ad esempio, la produzione di stampi per il committente.

[42] G. DE NOVA, La subfornitura, cit., pag. 8.


3. Forma e contenuto del contratto di subfornitura a’ sensi dell’art. 2.

Il contratto di subfornitura, ai sensi dell’art. 2 della legge n. 192/1998, deve essere stipulato in forma scritta, a pena di nullità[1]; il requisito della forma si considera assolto quando la comunicazione degli atti di consenso avvenga anche a mezzo del telefax[2] o per via telematica[3].

Il 2° comma dell’art. 2 dispone che, nel caso in cui vi sia stata regolare proposta contrattuale da parte del committente, seguita non dall’accettazione ma dall’esecuzione del contratto a cura del subfornitore, il contratto si considera regolarmente stipulato per iscritto. La legge, in sostanza, considera che la conclusione del contratto avvenga per iscritto anche nel caso in cui la proposta (del solo committente) sia espressa in forma scritta ma venga seguita dall’accettazione per esecuzione a’ sensi dell’art. 1327 c.c.[4], ovverosia dall’accettazione tacita della proposta per fatto concludente[5]. Nel contratto, o quanto meno nella proposta contrattuale, devono essere contenuti i requisiti specifici del bene e del servizio richiesti dal committente, mediante precise indicazioni che consentano l’individuazione delle caratteristiche costruttive e funzionali[6]; inoltre, dovranno essere ben individuati il prezzo, “determinato o determinabile in modo chiaro e preciso”, i termini e le modalità di consegna, di collaudo e di pagamento[7]. Nel caso in cui non venga osservato il requisito richiesto della forma scritta, il contratto sarà sanzionato con la nullità assoluta, rilevabile anche d’ufficio[8]. L’art. 2, anche in caso di declaratoria di nullità, contiene espressamente e opportunamente la salvezza del diritto al pagamento del subfornitore in relazione alle prestazioni già effettuate[9] e al risarcimento delle spese sostenute in buona fede ai fini dell’esecuzione del contratto.

In sostanza, anche in presenza della nullità assoluta per violazione della forma scritta prevista ad substantiam, per il periodo nel quale la prestazione del subfornitore è stata eseguita, si producono gli stessi effetti del contratto di subfornitura valido, essendo unicamente precluso alle parti di pretendere la conservazione del contratto nullo[10]. La tutela del diritto al pagamento è garantita solo in relazione alle prestazioni già eseguite e che siano state accettate dal committente.

Un dubbio si pone nel caso in cui il subfornitore, pur nella ricorrenza della nullità del contratto per carenza di forma, chieda, oltre al pagamento del corrispettivo, anche gli interessi ultralegali e la penale di cui all’art. 3, 3° comma, così come modificato dall’art. 10 del d. lgs. n. 231/02: secondo un autore[11], il subfornitore non avrebbe diritto ad essere pagato con le modalità di cui all’art. 3 della legge n. 192/1998, non essendo espressamente previsto dalla norma eccezionale di cui all’art. 2, da interpretarsi in senso restrittivo. Credo, invece, che, anche alla luce dell’intervento del d. lgs. n. 231/02, si debba ritenere che la salvezza del diritto al corrispettivo prevista dall’art. 2 sia la più ampia possibile, comprendendo le modalità di pagamento disposte dall’art. 3[12]: infatti, come si è visto, il contratto, pur nullo, mantiene i propri effetti per le prestazioni già eseguite come se si trattasse di un ordinario contratto di subfornitura.

 

[1] E. MINERVINI, Le regole di trasparenza nel contratto di subfornitura, in Giur. comm., 2000, 2, p. 216.

[2] In precedenza, per la stipula dei contratti a mezzo del fax, vedasi P. CARDARELLI, La conclusione del contratto mediante fax, in Contratto e impresa, 1994, pag. 53.

[3] A. MUSSO, La subfornitura, cit., pag. 98 e ss.

[4] Si tratta di un’eccezione alla regola generale stabilita dall’art. 1327 c.c., secondo cui l’accettazione tacita non è ammissibile per i contratti che richiedano la forma scritta ad substantiam. Così L. PRATI – A. CARDINI, Rapporti di subfornitura, Milano, 1999, pag. 27 e ss.; A. MUSSO, La subfornitura, cit., pag. 104.

[5] F. GALGANO, Diritto privato, Milano, 2019, pag. 248; O. CAGNASSO – G. COTTINO, Contratti commerciali, in Trattato di diritto commerciale diretto da Cottino, cit., pagg. 366 e 367; per questi ultimi A. trova applicazione anche il secondo comma dell’art. 1327, per cui l’accettante deve prontamente avviso all’altra parte dell’iniziata esecuzione e, in mancanza, è tenuto al risarcimento del danno. Tuttavia rimane valida anche la regola di cui all’art. 1341 c.c., per cui, se vi sono clausole standard qualificabili come onerose, la mera accettazione tramite esecuzione non è sufficiente e occorre l’approvazione scritta e separata da parte del subfornitore. Per A. BERTOLOTTI, in Contratto di subfornitura, cit., pag. 68 e ss., rimane applicabile, a pena di illegittimità costituzionale, il quarto comma dell’art. 1326 c.c. che consente al committente di chiedere la formale accettazione, con conseguente esclusione della formalità tacita. Così anche F. DELFINI, in La subfornitura, a cura di G. DE NOVA, cit., pag. 18; L. PRATI, La sanzione della nullità nel contratto di subfornitura, in Contratti, 1999, pag. 294; F. BORTOLOTTI, Contratti di subfornitura, cit., pag. 82; A. MUSSO, La subfornitura, cit., pag. 109.    

[6] Sussiste un vero e proprio diritto del subfornitore ad avere le specifiche tecniche dettagliate da parte del committente; dette specifiche tecniche devono riguardare in via esemplificativa la struttura, la forma, le dimensioni ed il colore del bene o della lavorazione, il materiale da utilizzare, le relative proprietà, le tolleranze richieste, i gradi di finitura e ogni altra caratteristica tecnica della commessa. Detto diritto deriva dal combinato disposto di cui agli artt. 2, 5° comma, e 7; la prima norma prescrive che siano indicati nel contratto gli specifici requisiti del bene, mentre la seconda norma cita le prescrizioni di carattere tecnico che devono essere comunicate al fornitore; le due norme fanno emergere con chiarezza l’obbligo del committente di trasferire al subfornitore precise prescrizioni tecniche sia costruttive che funzionali. Dette specifiche tecniche debbono riguardare non solo il bene o il servizio, ma anche il processo produttivo; Così M. PANDIMIGLIO, La “dipendenza tecnologica” nella subfornitura, cit., pag. 570 e ss., in particolare pag. 580.

[7] G. NICOLINI, Subfornitura e attività produttive, cit., pag. 29.

[8]In questo senso G. NICOLINI, Subfornitura e attività produttive, cit., pag. 30-31; contra, A. CLARIZIA, in La subfornitura a cura di G. ALPA e A. CLARIZIA, cit., pag. 85; per questo autore non si dovrebbe parlare di nullità assoluta, ma di nullità relativa posta a tutela del contraente debole che solo avrebbe legittimazione ad agire per l’invalidità.

[9] A. MUSSO, La subfornitura, cit., pag. 115.

[10] R. NICOLINI, Subfornitura e attività produttive, cit., pag. 40-41.

[11] G. FRANCO, Guida al procedimento di ingiunzione, Milano, 2009, pag. 1281.

[12] Così anche B. GRAZZINI, in C. BERTI – B. GRAZZINI, La disciplina della subfornitura nelle attività produttive, cit., pag. 62.


4. Le modalità e i termini di pagamento di cui all’art. 3.

L’art. 10 del d. lgs. n. 231/02, intervenuto a regolare la materia delle transazioni commerciali, in recepimento della direttiva 2000/35/CE[1], ha modificato l’originario 3° comma dell’art. 3 della legge n. 192/1998. La norma, successivamente, è stata ulteriormente modificata dall’art. 2, comma 1°, del d. lgs. n. 192/2012. Il nuovo testo essenzialmente equipara il tasso degli interessi di mora nel rapporto di subfornitura al tasso previsto dall’art. 5 del d. lgs. n. 231/02 per le transazioni commerciali: “in caso di mancato rispetto del termine di pagamento il committente deve al subfornitore, senza bisogno di costituzione in mora, un interesse determinato in misura pari al saggio d’interesse del principale strumento di rifinanziamento della Banca centrale europea applicato alla sua più recente operazione di rifinanziamento principale effettuata il primo giorno di calendario del semestre in questione, maggiorato di otto punti percentuali, salva la pattuizione tra le parti di interessi moratori in  misura superiore e salva la prova del danno ulteriore”.

Il legislatore è opportunamente intervenuto equiparando il trattamento del subfornitore al “fornitore” nelle transazioni commerciali: infatti, in mancanza dell’indicato correttivo, il subfornitore avrebbe ricevuto un trattamento deteriore rispetto al creditore non subfornitore, potendo godere in precedenza solo della maggiorazione del cinque per cento (anziché dell’otto) sul tasso ufficiale di sconto (piuttosto che sul tasso principale di rifinanziamento della banca centrale europea). Non vi è dubbio che la legge n. 192/98 e il d. lgs. n. 231/02 si pongano, giustamente, nella tradizionale linea comune della tutela del favor creditoris[2], pur con le peculiarità particolarmente accentuate caratterizzanti il rapporto di subfornitura.

L’art. 10 del d. lgs. 231/2002 e l’art. 2 del d. lgs. n. 192/2012 non hanno peraltro inciso sulla clausola penale contenuta nell’originario art. 3 della legge n. 192/1998: al subfornitore è garantita, nel caso in cui il ritardo ecceda i trenta giorni dal termine di pagamento previsto dalle parti o comunque disposto dal 2° comma dell’art. 3, una penale[3] pari al cinque per cento dell’importo in relazione al quale non è stato rispettato il termine di pagamento.

In sostanza gli interessi di mora dovuti hanno un doppio trattamento: fino al trentesimo giorno dalla scadenza del termine seguono la disciplina disposta dall’art. 10 del d. lgs. n. 231/02 (identica peraltro a quanto disposto ex art. 5 per le transazioni commerciali); dopo la scadenza di detto termine subiscono un ulteriore aumento del 5% a titolo di penale, salva la debenza di interessi moratori superiori pattuiti tra le parti[4]. La disciplina sugli interessi rappresenta un nuovo caso di mora ex re[5], assimilabile all’ipotesi di cui al n. 3 dell’art. 1219 c.c., in relazione alle obbligazioni che devono essere adempiute presso il domicilio del creditore.

La nuova fattispecie si pone come norma speciale in rapporto all’art. 1224 c.c. e quindi è destinata a prevalere secondo l’antico brocardo lex specialis derogat legi generali[6]. La disposizione in esame fuoriesce dalla logica codicistica nell’ambito della maggior tutela possibile per il subfornitore: infatti, non solo il tasso di mora è stato sganciato rispetto all’art. 1224 c.c. dal saggio legale, ma è stata prevista la possibilità per il creditore di provare e ottenere il maggior danno anche in presenza di interessi moratori ultralegali[7].

Si deve accennare ora brevemente ai termini previsti per il pagamento dalla legge n. 192: l’art. 2, nei commi 3° e 4°, prevede che il contratto debba specificare il prezzo pattuito, i  termini e le modalità di consegna, di collaudo e di pagamento; il prezzo dei beni deve essere determinato o determinabile in modo chiaro e preciso; l’art. 3, 1° comma, precisa che il contratto deve fissare i termini di pagamento della subfornitura, che non possono essere superiori a sessanta giorni decorrenti dal momento della consegna del bene o dal momento della comunicazione dell’avvenuta esecuzione della prestazione; l’atto, inoltre, deve precisare gli eventuali sconti in caso di pagamento anticipato rispetto alla consegna. Il termine di regolamento può essere differito fino a novanta giorni, in caso di accordi collettivi nazionali o territoriali[8].

Le problematiche sulla formulazione dei primi due commi dell’art. 3 sono piuttosto complesse, per cui in questa sede si ritiene di dover svolgere solo una sintesi delle questioni più concrete che si verificano nella pratica. Può succedere, infatti, che le parti non abbiano previsto un termine per il pagamento, o ne abbiano individuato uno superiore. La soluzione nettamente preferibile imporrebbe, nel primo caso, l’integrazione del contratto a’ sensi dell’art. 1374 c.c., riportando la data di regolamento a quella massima legale di sessanta giorni[9], mentre, nel secondo caso, il termine superiore convenuto dovrebbe essere automaticamente ridotto a sessanta giorni in applicazione dei principii discendenti dagli artt. 1339 e 1419 c.c.[10].

Va ricordato, infine, che il subfornitore, in caso di mancato regolamento del credito nel termine pattuito o comunque disposto dal 2° comma dell’art. 3, può chiedere, ai sensi e per gli effetti del 4° comma della medesima norma, l’emissione di un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo; è appena il caso di ricordare che l’emissione di detto decreto con la concessione della provvisoria esecuzione prescinde dai requisiti richiesti dall’art. 642 c.p.c., ma non certamente da quelli disposti dagli artt. 633 e 634 c.p.c. in ordine alla liquidità, all’esigibilità e alla prova del credito vantato[11].

Si evidenzia, peraltro, che nella pratica i tribunali, per la diffidenza con cui si accompagna la scarsa applicazione della legge n. 192/98, sono molto prudenti nel concedere la provvisoria esecuzione del decreto, soprattutto in mancanza della stipula del contratto per iscritto[12].

 

[1] Per la disciplina sulle transazioni commerciali: V. PANDOLFINI, La nuova normativa sui ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, Milano, 2003; G. DE MARZO, Commento al d. lgs. n. 231/2002, in I contratti, 2002, pag. 1158 e ss.; R. CONTI, Il d. lgs. n. 231/2002 di trasposizione della direttiva sui ritardati pagamenti nelle transazioni commerciali, in Corr. giur. 2003, pag. 99 e ss.

[2] F. GALGANO, Diritto privato, cit., pag. 221.

[3] V. GIORGI, in La subfornitura a cura di G. ALPA e A. CLARIZIA, cit., pag. 120; L. PRATI – A. CARDINI, Rapporti di subfornitura, cit., pag. 56; A. MUSSO, La subfornitura, cit., pag. 184.

[4] Rimane salva la possibilità per il committente, però, di chiedere la riduzione ad equità ex art. 1384 c.c. degli interessi pattizi eccessivi. Così D. FEOLA, Prime riflessioni sulla legge 18 giugno 1998 n. 192, recante disciplina della subfornitura nelle attività produttive, in Resp. civ., 1998, pag. 1238. Inoltre, ovviamente resta il limite del tasso d’usura sanzionato dalla legge n. 108/1996. Vedasi a questo proposito V. GIORGI, in La subfornitura, cit., pag. 121; F. PROSPERI, Contratto di subfornitura e l’abuso di dipendenza economica, cit., pag. 374 e ss.; A. MUSSO, La subfornitura, cit., pag. 183.

[5] G. NICOLINI, Subfornitura e attività produttive, cit., pag. 68; V. FRANCESCHELLI, Un nuovo contratto commerciale: la subfornitura, cit., pag. 12; G. GIORGI, in La subfornitura, cit., pag. 120; A. MUSSO, La subfornitura, cit., pag. 181. Sulla mora ex re vedasi C.M. BIANCA, Diritto civile, V, La responsabilità, Milano, 1994, pag. 95 e ss.. 

[6] V. FRANCESCHELLI, Un nuovo contratto commerciale, cit., pag. 12.

[7] V. GIORGI, in La subfornitura, cit., pag. 121; G. NICOLINI, Subfornitura e attività produttive, cit., pag. 67.

[8] G. GITTI, Gli accordi interprofessionali “in deroga” alla disciplina legale del contratto di subfornitura, in Contratti, 1999, pag. 300 e ss.; A. MUSSO, La subfornitura, cit., pag. 167 e ss.; C. ALVISI, Disparità di potere contrattuale, apparati di protezione e autonomia collettiva. Il caso della subfornitura nelle attività produttive, Bologna, 2000, pag. 78 e ss. 

[9] G. DE NOVA, La subfornitura, cit., pag. 26. Va peraltro evidenziato che ci si è posti anche il dubbio se questa integrazione del termine contrattuale vada riportata al termine massimo previsto dalla norma o a un termine compreso tra uno o sessanta giorni – V. GIORGI, in La subfornitura, cit., pag. 112; a mio avviso rimane preferibile, in termini di semplicità interpretativa, la tesi dell’inserimento del termine massimo previsto di sessanta giorni.

[10] V. FRANCESCHELLI, Un nuovo contratto commerciale: la subfornitura, cit., pag. 13; F. BORTOLOTTI, I contratti di subfornitura, cit., pag. 102; V. GIORGI, in La subfornitura, cit., pag. 113.

[11] G. NICOLINI, Subfornitura e attività produttive, cit., pag. 72.

[12] Trib. Vicenza 11 agosto 2003, d.i. n. 1776, est. Bozza, inedito; nella fattispecie il Tribunale ha negato la provvisoria esecuzione del decreto proprio per la mancata stipula per iscritto del contratto di subfornitura.


5. La responsabilità del subfornitore ex art. 5 della legge n. 192.

Prima di trattare l’argomento molto delicato della responsabilità del subfornitore, va brevemente premesso un cenno sull’art. 4 della legge n. 192. L’art. 4 apparentemente pone un limite all’affidamento a terzi della subfornitura da parte del subfornitore, che non può provvedervi in misura superiore al 50% del valore della fornitura senza l’autorizzazione del committente. In realtà, anche questa norma, rispetto alla regola ordinaria stabilita dall’art. 1656 c.c., inserisce un principio di maggior favore per il subfornitore[1]: questi, infatti, fino alla metà del valore della fornitura, può subappaltare l’esecuzione della lavorazione, del bene o del servizio senza autorizzazione del committente; solo un eventuale subappalto di portata superiore, invece, deve essere autorizzato dal committente, secondo la regola ordinaria di cui all’art. 1656 c.c.[2].

E’ appena il caso di precisare che la subfornitura non è di per sé inquadrabile nello schema del subcontratto[3]; il subcontratto, infatti, prevede l’esistenza di un contratto principale in base al quale un terzo commissiona la fornitura al committente che la delega, in tutto o in parte, ad un altro fornitore; è il caso, ad esempio, del subappalto[4], che è quel contratto mediante il quale l’appaltatore conferisce ad un terzo (subappaltatore) l’incarico di eseguire i lavori assunti nell’originario contratto di appalto[5]; nel rapporto di subfornitura, infatti,  il contratto principale, che è elemento imprescindibile del subcontratto, può anche non sussistere[6]; ciò non esclude, però,  che la singola fattispecie possa assumere valenza subcontrattuale[7], quando si rilevi la preesistenza logica e cronologica di un contratto (principale) da cui origini un nuovo contratto, non solo collegato[8] e connesso con quello preesistente, ma anche dello stesso tipo e della stessa natura economica[9].

Chiarito brevemente il significato dell’art. 4, non rimane che affrontare la disciplina del più importante art. 5 che, in realtà, non ha apportato variazioni rivoluzionarie nel sistema codicistico, contrariamente a quanto occorso, ad esempio, per i primi 3 articoli della legge n. 192/98. L’art. 5 si occupa della responsabilità del subfornitore nei confronti del committente nel caso di inesatta esecuzione delle sue obbligazioni; il subfornitore è responsabile nei confronti del committente qualora le prestazioni di subfornitura non siano conformi alle prescrizioni contrattuali e alle regole dell’arte. L’essenziale disposizione dell’art. 5 deve però essere integrata dalle norme del codice che non sono state innovate, se non in minima parte, dal legislatore del 1998[10]. Il subfornitore sarà tenuto a rispondere per l’inesatta esecuzione della propria prestazione secondo le norme ordinarie che disciplinino la fattispecie contrattuale concreta posta in essere dalle parti[11]: sarà responsabile nei confronti del committente per le difformità e i vizi di cui all’art. 1667  e ss. c.c.[12] nel caso in cui il contratto stipulato sia assimilabile all’appalto[13]; nell’ipotesi in cui la fattispecie rappresenti un contratto d’opera, le norme applicabili saranno quelle di cui all’art. 2226 c.c.[14]; nel caso in cui la prestazione abbia natura continuativa o periodica si applicherà l’art. 1564 c.c.[15]; quando invece il contratto stipulato sia inquadrabile nello schema della compravendita, saranno invocabili le garanzie per vizi occulti e per mancanza delle qualità promesse disciplinate dagli artt. 1490 e ss. c.c.[16]; qualora, infine, fosse prevista la garanzia di buon funzionamento, il subfornitore risponderà a’ sensi dell’art. 1512 c.c.[17]. La responsabilità del subfornitore non si discosta dall’ordinaria responsabilità dell’appaltatore, del prestatore d’opera o del venditore, pur con alcune specificità.

Infatti, ad esempio, il 1° comma dell’art. 5 non richiama la responsabilità per vizi collegati all’uso cui è destinato il bene complesso da realizzare a cura del committente, come invece prescrivono il 1° comma dell’art. 1490 e il 2° comma dell’art. 1668 c.c.; il subfornitore risponde, invece, del funzionamento e della qualità della parte prodotta o del servizio eseguito secondo le prescrizioni contrattuali o le regole dell’arte. Pertanto, è evidente la stretta connessione tra l’art. 5, il 5° comma dell’art. 2 e l’art. 7: il subfornitore è responsabile unicamente per la qualità della propria prestazione nei limiti delle prescrizioni contrattuali, ovverosia le specifiche tecniche che il committente deve trasmettere a pena di nullità del contratto. Si potrebbe pensare che, vista la lettera del 1° comma dell’art. 5, il subfornitore sia tenuto ad una responsabilità più accentuata rispetto a quella stabilita dal codice, essendo responsabile del funzionamento del prodotto, senza che vi sia necessità della pattuizione di un’apposita clausola in tale senso, come è invece previsto in materia di garanzia di buon funzionamento[18]. Ma detta opinione non pare condivisibile perché non rispetta il principio di protezione del subfornitore, aggravandone ingiustificatamente la responsabilità ordinaria[19].

Il 3° comma dell’art. 5 sancisce, inoltre, l’inderogabilità[20] dei primi due commi della medesima norma, con effetti in parte positivi e in parte negativi per il subfornitore[21]: infatti risultano inderogabili, contrariamente a quanto statuito ordinariamente, le regole sulla responsabilità previste per i singoli tipi contrattuali; così, se per un verso il subfornitore non potrà pattuire con il committente la clausola di  rinuncia alle azioni di garanzia, dall’altro verso non potranno essere prorogati i termini di decadenza e di prescrizione[22] disposti dalle singole norme (sessanta giorni per la denuncia dei vizi dalla scoperta ex art. 1667 c.c. nell’appalto, otto giorni dalla scoperta dei vizi ex art. 2226 c.c. nel contratto d’opera e otto giorni dalla scoperta dei vizi occulti ex art. 1495 c.c. nel contratto di compravendita), come del resto disposto dal 4° comma dello stesso art. 5[23].

Il 2° comma dell’art. 5, inoltre, prescrive che il subfornitore non possa essere ritenuto responsabile per difetti di materiali o attrezzi fornitigli dal committente per l’esecuzione del contratto, purché li abbia tempestivamente segnalati al committente[24]. La regola non appare diversa da quella disposta dall’art. 1663 c.c. in materia d’appalto, a conferma della sovrapposizione tra le norme che disciplinano in guisa complementare i due istituti[25]. Nel caso in cui il subfornitore denunci diligentemente il difetto nei materiali o nelle attrezzature fornite dal committente e questi non provveda alla sostituzione o alla variazione delle direttive tecniche, non vi è dubbio che il subfornitore vada esente da responsabilità, come in tutte le ipotesi in cui l’appaltatore agisca come nudus minister del committente[26]. Per quanto riguarda, invece, i rischi in ordine ai progetti e alle prescrizioni tecniche di cui agli artt. 2, 5° comma, e 7, si deve ritenere che rimangano a carico esclusivamente del committente[27], salvo che non siano riconoscibili dal subfornitore con l’ordinaria diligenza. Il subfornitore non è tenuto a verificare la validità del progetto in relazione all’integrale funzionalità del bene complesso in cui la propria singola fase produttiva si innesti[28]. Inoltre, nel caso in cui i progetti esecutivi e le specifiche tecniche siano carenti, deve essere esclusa un’azione di inadempimento da parte del committente per quanto non risulti adeguatamente precisato dalle prescrizioni contrattuali[29]. Il subfornitore, infine, andrà esente da responsabilità nelle ipotesi previste dagli artt. 1667, 1° comma, 2226, 1° comma e 1491 c.c.[30]; risponderà, però, nei confronti dei terzi dei danni cagionati dal prodotto ex D.P.R. 24 maggio 1998 n. 224[31], salvo che il difetto eventualmente contestato sia imputabile alla concezione del progetto o alle direttive tecniche del committente[32]; in questo caso, il danneggiato potrà rivalersi nei confronti del committente e del subfornitore in via solidale, salvo il diritto di rivalsa ex art. 9 del D.P.R. n. 224/88[33].

 

[1] O. CAGNASSO – G. COTTINO, Contratti commerciali, cit., pag. 373.

[2] Sull’art. 4 vedasi più diffusamente R. LECCESE, in La subfornitura, cit., pag. 132 e ss.; A. MUSSO, La subfornitura, cit., pag. 192 e ss.; F.L. GAMBARO – A. MARTINI, La subfornitura cinque anni dopo, cit., pagg. 527 e 528; A. BERTOLOTTI, Il contratto di subfornitura, cit., pag. 169 e ss.; F. BORTOLOTTI, I contratti di subfornitura, cit., pag. 122 e ss.  

[3] C.M. BIANCA, Diritto civile, 3, Il contratto, cit., pag. 370; G. ALPA, Il contratto di subfornitura, in Tratt. dir. priv. diretto da P. RESCIGNO, cit., pag. 96; F.L. GAMBARO – A. MARTINI, La subfornitura cinque anni dopo, cit., pag. 514; R. LECCESE, Nozione e contenuto del contratto, in La subfornitura nelle attività produttive, a cura di V. CUFFARO, Napoli, 1998, pag. 8; A. TULLIO, La subfornitura industriale: considerazioni in merito all’ambito di applicazione della L. 192 del 1998, e alla forma del contratto di subfornitura, in Giust. civ. 1999, II, pag. 1892 e ss.; A. MARIANI, Note in tema di subfornitura nelle attività produttive, in Nuova giur. civ. comm. 2000, II, pag. 109 e ss.; A. MUSSO, La subfornitura, cit., pag. 196 e ss.  

[4] Sulla stretta correlazione tra subcontratto di subfornitura e subappalto: A. MUSSO, La subfornitura, cit., pag. 198; R. LECCESE, in La subfornitura, cit., pag. 134 e ss.; B. GRAZZINI, Subforniture industriali: problemi applicativi della legge 18 giugno 1998 n. 192, cit., 2000, pag. 71 e ss..

[5] G. ALPA, Il contratto di subfornitura, op. ult. cit., ibidem.

[6] O. CAGNASSO – G. COTTINO, Contratti commerciali, cit., pag. 357.

[7] C. BERTI – B. GRAZZINI, La disciplina della subfornitura nelle attività produttive, cit., pagg. 40, 41 e 42; questi autori sottolineano opportunamente che per le stesse ragioni per cui si può escludere che il contratto di subfornitura rientri di per sé nella categoria del subcontratto, si può ritenere che non debba nemmeno sussistere un collegamento negoziale tra la subfornitura e il contratto principale, che “può anche non esistere”.

[8] Per la distinzione tra contratto collegato e subcontratto, vedasi A. MUSSO, La subfornitura, cit., pagg. 196-197; l’A. puntualizza che mentre il collegamento negoziale si realizza attraverso una clausola trasparente o passante tra più contratti (non necessariamente di subfornitura), il subcontratto, che costituisce un’applicazione più specifica del contratto collegato, presuppone una pluralità di contratti di subfornitura, secondo uno schema piramidale denominato “a cascata”. Per altro A. si tratterebbe di un collegamento atipico con parti diverse, nel caso in cui il subfornitore sia consapevole della destinazione finale della sua fornitura: F. GALGANO, Trattato di diritto civile, cit., II, p. 255. Vedasi anche A. BERTOLOTTI, Contratto di subfornitura, cit., pag. 161. Sui contratti collegati: G. FERRANDO, I contratti collegati: principi della tradizione e tendenze innovative, in Contratto e impresa, 2000, 1, pag. 127.  

[9] G. LENER, Profili di collegamento negoziale, Milano, 1999, pag. 58 e ss.

[10] G. NICOLINI, Subfornitura e attività produttive, cit., pag. 92; R. LECCESE, in La subfornitura, cit., pag. 159. 

[11] Trib. Monza 1 marzo 2004, in Giur. milanese, 2004, 362.

[12] A. MUSSO, La subfornitura, cit., pag. 242 e ss.; l’A. ritiene applicabili prevalentemente le norme sulla responsabilità nell’appalto in coerenza con la propria impostazione che ravvisa una stretta parentela con la subfornitura, visto il medesimo schema causale. Per la responsabilità dell’appaltatore: M.C. CERVALE, La responsabilità dell’appaltatore, cit.; O. CAGNASSO, Il contratto d’appalto, in I contratti commerciali, a cura di G. COTTINO, in Tratt. Dir. comm. e dir. pubbl. econ., diretto da F. GALGANO, vol. XVI, Padova, 1991; V. MANGINI – M. IACUANELLO BRUGGI, Il contratto d’appalto, in Giurisprudenza sistematica di diritto civile e commerciale, Torino, 1997; D. RUBINO – G. IUDICA, Appalto, in Comm. del Cod. Civ. SCIALOJA-BRANCA, a cura di F. GALGANO, Bologna – Roma, 2007, pag. 378; E. RUSSO – C. CRIACO, L’appalto privato, cit., pag. 379 e ss.; F. BALLATI, La responsabilità dell’appaltatore e del direttore dei lavori per vizi e difformità delle opere, cit..

[13] F. BORTOLOTTI, I contratti di subfornitura, cit., pag. 48; per questo A., pur essendo il contratto di subfornitura tipico, le norme in materia d’appalto rimangono applicabili per analogia.

[14] Per la responsabilità del prestatore d’opera, vedasi F. GALGANO, Trattato di diritto civile, cit. II, p. 754 e ss.

[15] Per la responsabilità nella somministrazione: A. LUMINOSO, I contratti tipici e atipici, Milano, 1995, pag., 241 e s.s.; P. BOERO, La somministrazione, in I contratti commerciali, a cura di G. COTTINO, in Tratt. dir. comm. e dir. pubbl. econ., cit..

[16] Per la responsabilità nel contratto di compravendita: A. LUMINOSO, La compravendita, cit., pag. 220 e ss.; id., I contratti tipici e atipici, cit., pag. 116 e ss.; C.M. BIANCA, La vendita e la permuta, Torino, 1993, pag. 884 e ss.; V. BUONOCORE – A. LUMINOSO (a cura di), Codice della vendita, Milano, 2005, pag. 539; L. SAVANNA, La compravendita. La tutela dell’acquirente per vizi e difetti della cosa venduta, Torino, 2003.       

[17] Sulla possibilità convenzionale di prevedere la garanzia di buon funzionamento vi sono dubbi, giacchè si tratterebbe di un aggravamento vietato della responsabilità ordinaria del subfornitore. In ogni caso è del tutto escluso ai sensi del 4° comma dell’art. 5 che la garanzia possa essere estesa oltre i termini previsti dall’art. 1512 c.c.: sei mesi dalla scoperta del difetto, con termine di trenta giorni per la denuncia, a pena di decadenza. Così A. MUSSO, La subfornitura, cit. p. 296; F. PROSPERI, in I contratti di appalto privato, a cura di V. CUFFARO, Milano, 2011, p. 524. 

[18] R. LECCESE, in La subfornitura, cit. pag. 166; personalmente ritengo che la responsabilità per il funzionamento del prodotto sancita dal 1° comma dell’art. 5 non corrisponda esattamente alla garanzia di buon funzionamento, ma piuttosto si inserisca nella ordinaria responsabilità dell’appaltatore, del prestatore d’opera e del venditore; non ravviso quindi alcun aggravamento di responsabilità del subfornitore rispetto alle regole ordinarie dell’appalto. In termini simili, ma con un aggravamento della responsabilità da buon funzionamento ritenuta implicitamente compresa nell’obbligazione di risultato gravante sull’appaltatore, vedasi A. MUSSO, La subfornitura, cit., pag. 252 e ss.

[19] Anzi, va segnalata l’autorevole opinione secondo cui la garanzia di buon funzionamento, essendo ordinariamente convenzionale, non può essere prevista perché aggraverebbe ingiustificatamente la responsabilità del subfornitore: “escludere che la responsabilità (o, meglio, la garanzia) di buon funzionamento rientri nell’ambito del regime della responsabilità contrattuale del subfornitore disposto dall’art. 5, 1° co., significa affermare l’impossibilità di prevederla in via convenzionale, essendo un tale regime assolutamente inderogabile”. Così F. PROSPERI, in I contratti di appalto privato, cit., p. 523.

[20] Il regime della responsabilità nelle norme codicistiche, invece, ha sicuramente un carattere dispositivo. Così R. LECCESE, in La subfornitura, cit., pag. 172 e ss.; A. MUSSO, La subfornitura, cit., pag. 289 e ss.; per questo A. il divieto della disposizione in commento si riferisce solo ai primi due commi, rimanendo escluso dalla nullità comminata ogni diverso aspetto della responsabilità del subfornitore, ben potendo le parti disciplinare in piena autonomia negoziale altri elementi del rapporto, come il ritardo nell’adempimento, prevedendo anche la pattuizione di una clausola risolutiva espressa.

[21] Contra O. CAGNASSO – G. COTTINO, Contratti commerciali, cit., pag. 376; A. BERTOLOTTI, Il contratto di subfornitura, cit., pag. 199; secondo questo orientamento dottrinale, alla luce della ratio della legge n. 192/1998, che dovrebbe tutelare il subfornitore quale contraente debole, si devono ritenere valide le clausole che, nei limiti consentiti dalle norme inderogabili previste per i vari tipi contrattuali, siano volte a vantaggio del subfornitore.

[22] Musso, tuttavia, ritenendo che la subfornitura vada ascritta nello schema archetipico dell’appalto, ritiene che i termini di decadenza e di prescrizione siano sempre quelli di cui all’art. 1667, 2° e 3° comma c.c.; A. MUSSO, op. ult. cit., pag. 294 e ss.

[23] R. LECCESE, in La subfornitura, cit., pag. 175.

[24] A. MUSSO, La subfornitura, cit., pag. 272: il subfornitore deve segnalare tempestivamente i vizi progettuali del committente che sia tenuto a riconoscere con l’ordinaria diligenza, ma si dovrà tenere conto delle effettive possibilità del subfornitore di conoscere e valutare i difetti di funzionalità che riguardino parti progettuali di cui non sia a conoscenza o che non possa apprezzare con le proprie competenze.

[25] G. NICOLINI, La subfornitura e le attività produttive, cit., pag. 95; R. LECCESE, in La subfornitura, cit., pag. 169; C. BERTI, in C. BERTI – B. GRAZZINI, La disciplina della subfornitura nelle attività produttive, cit., pag. 135.

[26] Si pensi all’appalto “a regia”; F. GALGANO, Trattato di diritto civile, cit., II, pag. 750; C. Cass. 31 marzo 1987 n. 3092 in Mass. Foro it., 1987. Vedansi anche le ulteriori citazioni alla nota 22.

[27] C. BERTI, in C. BERTI – B. GRAZZINI, La disciplina della subfornitura nelle attività produttive, cit., pag. 136; F. PROSPERI, in I contratti di appalto privato, cit., p. 473; R. LECCESE, in Codice dei contratti commentato, cit., p. 2867; V. CALVAGNO D’ACHILLE, Contratti commerciali, Subfornitura, Milano, 2012, p. 52. 

[28] Trib. Ravenna 19 febbraio 1994, in De Jure; A. MUSSO, La subfornitura, cit., pag. 273; R. LECCESE, in La subfornitura, cit., p. 170; id., Disciplina della subfornitura nelle attività produttive, in Codice dei contratti commentato, cit., p. 2867; G. SACCHI LODISPOTO, in Disciplina della subfornitura nelle attività produttive, a cura di N. LIPARI, in Nuove leggi civili, 2000, p. 407.  Su questa linea di pensiero si pongono poi tutti gli autori che ritengono che la legge n. 192 abbia tipizzato un nuovo tipo contrattuale, con obbligo di mero facere del subfornitore.

[29] A. MUSSO, La subfornitura, cit., pag. 122.

[30] R. LECCESE, in La subfornitura, cit., pag. 172.

[31] O. CAGNASSO – G. COTTINO, Contratti commerciali, cit., pag. 375; A. MUSSO, La subfornitura, cit., pag. 303.

[32] A. CHIESA, in La subfornitura a cura di G. DE NOVA, cit., pag. 53; infatti i rischi che gravono sul committente comprendono sia i difetti relativi al materiale che quelli concernenti i progetti esecutivi, i prototipi e i modelli.

[33] G. NICOLINI, La subfornitura e le attività produttive, cit., pag. 102.


6. Gli artt. 6 e 7 della legge n. 192/1998: il regime delle nullità e i diritti di privativa industriale.

Una questione di grande importanza riguarda il regime delle nullità con cui sono sanzionate le violazioni di molte norme contenute in vari articoli della legge n. 192/98. L’art. 6 dichiara nulle le clausole che attribuiscano ad una delle parti la facoltà di modificare unilateralmente (c.d. ius variandi[1]) i patti del contratto (primo comma), o di recedere in caso di rapporti ad esecuzione continuata o periodica senza congruo preavviso (secondo comma). E’ altresì nulla la clausola che disponga di diritti di privativa industriale o intellettuale a favore del committente in mancanza di adeguato corrispettivo (terzo comma). Le nullità sanzionate dalla legge n. 192, in realtà, come si è già in parte esaminato, si estendono ad altre situazioni patologiche del rapporto: l’art. 2 disciplina il difetto di forma, l’art. 4 regola il divieto di interposizione, l’art. 5 impone il regime dei patti limitativi della responsabilità e l’art. 9 reprime l’abuso di dipendenza economica[2].

Il problema che si pone è quello relativo al soggetto legittimato a far valere l’invalidità del contratto o delle singole clausole. La questione riguarda la possibilità di ritenere che la nullità, pur parziale[3],  possa essere assoluta o relativa[4].  La nullità, ove fosse assoluta, potrebbe essere fatta valere anche dal committente e non sarebbe posta a tutela del contraente debole[5].  In effetti, traendo spunto dal dato testuale dell’art. 1421 c.c., secondo cui le eccezioni alla regola generale in ordine alla legittimazione all’azione di nullità debbono essere espressamente previste dalle legge, si oppone che la mancanza di indicazioni nel senso della relatività dell’invalidità farebbe propendere per la qualificazione della nullità come assoluta[6].  Detta impostazione troverebbe conforto anche nel recente art. 36 del cod. del consumo che, modificando il regime precedente di cui all’art. 1469 quinquies c.c., ha introdotto espressamente in luogo dell’inefficacia la sanzione della nullità[7], la quale, tuttavia, “opera soltanto a vantaggio del consumatore” ed è rilevabile d’ufficio[8].  A mio avviso questa opportuna equiparazione del legislatore tra le conseguenze attribuite alla violazione delle norme a tutela del contraente debole, oltre a sgombrare il campo sui dubbi dell’esistenza della categoria dogmatica della nullità relativa, parrebbe rafforzare la tesi dell’applicabilità della sanzione dell’invalidità soltanto a favore del subfornitore, quando non sia espressamente previsto il contrario (come nel caso di cui all’art. 4). Ma vi sono ulteriori motivi per ritenere che il legislatore non abbia inteso prescrivere la massima invalidità, anche a prescindere dallo scopo di tutela del contraente debole; secondo l’art. 1421 c.c., infatti, la nullità può essere invocata non da chiunque, ma da “chiunque vi ha interesse”, per cui si può ragionevolmente sostenere che sia privo di tutela chi abbia dato causa all’invalidità[9].  E’ necessario, però, distinguere ulteriormente: infatti non sempre le nullità introdotte dalla legge n. 192 sono poste a protezione del subfornitore. Il difetto di forma di cui all’art. 2 è sicuramente rilevabile solo dal contraente debole; viceversa, la sanzione prevista dall’art. 4 pare essere posta nell’interesse del solo committente, atteso che la norma, rispetto all’art. 1656 c.c., è di maggior favore per il subfornitore. Più incerto è il confine del regime sanzionatorio sulla responsabilità di cui all’art. 5: infatti, se parte della dottrina ritiene che debbano essere considerati invalidi solo i patti che prevedano a carico del subfornitore una responsabilità più gravosa[10] rispetto a quella prevista dai singoli contratti di riferimento (appalto, somministrazione, vendita ecc.), altri autori[11], invece, sostengono che la norma non favorisca una delle parti contraenti, ma miri semplicemente  a riequilibrare le reciproche posizioni contrattuali. Rimane eccepibile solo dal contraente debole, ovviamente, la nullità sancita dall’art. 9 che reprime l’abuso di dipendenza economica[12]. Per quanto concerne il regime sanzionatorio dell’art. 6, pare sia necessario ulteriormente distinguere: la nullità di cui ai primi due commi sarebbe rilevabile di volta in volta dall’uno o dall’altro contraente; l’invalidità di cui al terzo comma, in materia di cessione di diritti industriali senza congruo corrispettivo, invece, potrebbe essere fatta valere dal solo subfornitore[13]. Il primo comma prescrive, dunque, il divieto dello ius variandi, ovverosia di consentire pattiziamente la facoltà ad una delle parti di modificare unilateralmente una o più clausole del contratto di subfornitura; la norma è speculare[14] all’art. 33, 2° comma, lett. M,  cod. consumo, che pure prescrive la sanzione, unicamente in favore del consumatore,  in mancanza di un “giustificato motivo indicato nel contratto stesso”. Si tratta, sostanzialmente, dell’applicazione del principio di mutuo consenso per le modificazioni del contenuto negoziale rispetto alle varianti eccezionalmente consentite nel contratto di appalto ex art. 1661, 2° comma c.c.[15].  Il problema principale nell’applicazione di questa norma riguarda il coordinamento con l’art. 3, 5° comma, che ammette a vantaggio del subfornitore la possibilità di richiedere l’adeguamento del prezzo in caso di significative modifiche e varianti che comportino incrementi dei costi; sembra che il coordinamento tra le due disposizioni vada inteso nel senso di cui al richiamato art. 1661 c.c.: è possibile stabilire una variazione di specifiche tecniche in favore del committente, purchè vengano rispettati i limiti indicati nella norma, ovverosia che le variazioni non superino il valore del sesto del prezzo complessivo, non stravolgano l’opera e sia previsto l’adeguamento del corrispettivo[16].  Il 2° comma dell’art. 6, invece, regola la disciplina del recesso in caso di contratto ad esecuzione continuata o periodica; la disposizione richiama l’art. 33, 2° comma, lett. G e H, cod. consumo, con alcune differenze: la norma della legge n. 192/98, infatti, non individua a priori il soggetto protetto[17] e regolamenta il recesso non nei contratti a tempo determinato[18] o indeterminato[19], ma nei rapporti ad esecuzione continuata o periodica[20]. Sembra opportuno, comunque, il richiamo alla regola generale dell’art. 1569 c.c., che disciplina conformemente il recesso nel contratto di somministrazione[21].  La sanzione stabilita dal secondo comma dell’art. 6 pare riguardare la sola assenza di preavviso, riconoscendosi alle parti la facoltà di recedere convenzionalmente[22] dal contratto. Il problema di coordinamento del divieto di recesso ad nutum è questa volta correlato all’art. 9, che vieta l’abuso di dipendenza economica. La soluzione più corretta pare quella di considerare comunque applicabile l’art. 9, nel caso di dipendenza economica della parte che subisce il recesso o l’interruzione arbitraria delle relazioni commerciali in atto, visto che “le due fattispecie non stanno quale specie a genere[23].  Conseguentemente, in caso di previsione di una clausola che consenta nei rapporti di durata la facoltà di recesso senza congruo preavviso, la sanzione sarà costituita dalla nullità a’ sensi dell’art. 6, 2° comma, mentre nell’ipotesi in cui il patto di svincolo preveda il congruo preavviso, ma vi sia una situazione di abuso di dipendenza economica, la sanzione verrà comminata in forza dell’art. 9[24].  L’ultimo problema che si pone in ordine al secondo comma dell’art. 6 riguarda l’eventuale compatibilità con l’art. 1671 c.c., che consente la facoltà di recesso a favore del committente nel contratto d’appalto, purché venga assicurato adeguato corrispettivo all’appaltatore. La dottrina, sul punto, pare divisa: da un lato[25] si ritiene che l’art. 1671 c.c. rimanga applicabile nel caso di subfornitura “spot” (relativa ad una singola opera o prestazione), dall’altro[26], invece, si sostiene che la norma sia di difficile applicazione in questa materia.

Rimane da esaminare la disciplina dei diritti di privativa industriale che sono regolati dagli artt. 6, ult. comma, e 7 della legge n. 192. La prima norma citata[27], come si è visto, tutela la posizione del subfornitore, assicurandogli, a pena di nullità, la salvaguardia del diritto ad un congruo corrispettivo in caso di disposizione del proprio know-how a favore del committente[28]. Viceversa, l’art. 7 contiene una disciplina di tutela della posizione di supremazia tecnologica del committente[29], che si esplicita nelle direttive tecniche a cui il subfornitore deve adeguarsi[30].  In particolare, non potendo approfondire in questa sede le tematiche relative alla tutela del marchio e della proprietà industriale, visto il R.D. 21/6/1942 n. 929, il d. lgs. 4/12/1992 n. 480, il d. lgs. 10/2/2005 n. 30 e le ulteriori norme di riferimento, si deve rilevare che la tutela di cui all’art. 7 pare estendersi anche alle “specifiche tecniche”, non brevettate o brevettabili, messe a disposizione del subfornitore nell’ambito del rapporto[31]. Solo il committente è legittimato ad apporre il proprio marchio nel prodotto finito[32], mentre debbono essere considerate valide le clausole che facciano espresso divieto al fornitore di inserire il proprio marchio sul componente lavorato.  Pare che la norma debba inserirsi nell’ambito della tutela del segreto industriale, prevedendo un’ipotesi di obbligo di riservatezza legalmente imposto in ordine alle conoscenze tecniche trasmesse dal committente nel corso del rapporto[33]. Naturalmente non si tratta di qualsiasi specifica tecnica trasmessa, essendo escluse senz’altro dall’obbligo di riservatezza le conoscenze di cui il subfornitore già dispone o che può normalmente apprendere dal mercato[34]. Rimangono coperte dal diritto di riservatezza, invece, tutte quelle specifiche prescrizioni che valgano ad attribuire al prodotto capacità distintiva propria o siano destinate a rimanere sconosciute ai terzi[35]. In definitiva, la subfornitura prevede un consenso del committente all’utilizzazione dei propri diritti di privativa industriale da parte del subfornitore, ma solamente in relazione alle esigenze della produzione, con esclusione della fase della commercializzazione e dell’eventuale divulgazione ai terzi[36].

 

[1] F. BORTOLOTTI, Contratti di subfornitura, cit., pag. 130 e ss.; A. MUSSO, La subfornitura, cit., pag. 310 e ss.; P.M. PUTTI, in La subfornitura a cura di G. ALPA e A. CLARIZIA, cit., pag. 182 e ss

[2] L. PRATI, La sanzione della nullità nel contratto di subfornitura, in I contratti, 1999, pag. 293 e ss.; M.P. SUPPA, Commento sub art. 6, in Disciplina della subfornitura nelle attività produttive, a cura di N. LIPARI, cit., pag. 414; la previsione di numerose nullità sarebbe la manifestazione dell’intento di garanzia del legislatore a favore del subfornitore nell’ambito del riequilibrio degli interessi contrattuali contrapposti.

[3] P.M. PUTTI, op. ult. cit., pag. 188; O. CAGNASSO – G. COTTINO, Contratti commerciali, cit., pag. 370.

[4] Sulla nullità relativa in generale: P.M. PUTTI, L’invalidità del contratto, in Diritto privato europeo, a cura di N. LIPARI, Padova, 1997, pag. 691 e ss.; C.M. BIANCA, Diritto civile, 3, Il contratto, cit., pag. 578 e ss.; R. SCOGNAMIGLIO, Contratti in generale, in Trattato di diritto civile diretto da G. GROSSO e F. SANTORO PASSARELLI, Milano, 1972, pag. 243 e ss.

[5] G. GIOIA, I rapporti di subfornitura, cit., pag. 671 e ss. (in specie pag. 673): per questo A. le conseguenze sanzionatorie collegate alla nullità possono assumere valore ove siano volte alla tutela del contraente debole, per cui è preferibile accogliere una concezione intrinsecamente relativa della nullità.

[6] O. CAGNASSO – G. COTTINO, Contratti commerciali, cit., pag. 370; L. PRATI, La sanzione della nullità nel contratto di subfornitura, cit., pag. 297.

[7] In materia di subfornitura, non mancava anche in precedenza chi ritenesse la sanzione della nullità equivalente a quanto previsto dagli artt. 33 e 36 del codice del consumo, ferma restando la possibilità di farla valere solo da parte del subfornitore. Vedasi F. GALGANO, Trattato di diritto civile, cit., II, pag. 628.

[8] A. BARENGHI, in Codice del Consumo a cura di V. CUFFARO, Milano, 2015, pag. 317.  

[9] B. GRAZZINI, in C. BERTI – B. GRAZZINI, La disciplina della subfornitura nelle attività produttive, cit., pag. 146; U. RUFFOLO, Atti emulativi, abuso del diritto, e interesse nel diritto, Riv. dir. civ., 1973, II, pag. 1 e ss.; A. MUSSO, La subfornitura, cit., pag. 354 e 139; quest’ultimo A., distingue tra legittimazione ad agire ex art. 1421 c.c. e interesse ad agire ex art. 100 c.p.c., pervenendo comunque ad un risultato pratico sostanzialmente simile alle tesi sostenute dai precedenti autori citati: infatti ritiene che, nel caso in cui una parte abbia scientemente o dolosamente provocato un vizio nel contratto, dovrà applicarsi il principio “nemo contra factum suum venire potest”, negandosi in radice l’interesse ad agire a siffatto riguardo.

[10] B. GRAZZINI, in C. BERTI – B. GRAZZINI, La disciplina della subfornitura, cit., pag. 151; A. CHIESA, in La subfornitura, a cura di G. DE NOVA, cit., pag. 46 e ss.; L. PRATI – A. CARDINI, Rapporti di subfornitura, Milano, 1999, pag. 74; A. MUSSO, La subfornitura, cit., pag. 288 e ss. (in specie pag. 293).

[11]  R. LECCESE, in La subfornitura, cit., pag. 158 e ss. (in particolare pag. 174); M.A. LIVI, Le nullità, in La subfornitura nelle attività produttive, a cura di V. CUFFARO, cit., pag. 189 e ss., G. NICOLINI, Subfornitura e attività produttive, cit., pag. 96-97. 

[12] B. GRAZZINI, op. ult. cit., pag. 151 e 192; G. NICOLINI, op. ult. cit., pag. 138; A. MARIANI, Note in tema di subfornitura nelle attività produttive, in Nuova giur. civ. comm., 2000, II, pag. 109 e ss.; T. LONGU, Il divieto di abuso di dipendenza economica nei rapporti tra le imprese, in Riv. dir. civ., 2000, II, 375; Per Musso, anche senza la necessità di ricorrere alla controversa applicazione di una nullità relativa, si può comunque negare la legittimazione ad agire in nullità, per la parte “forte”, mancando l’interesse ad agire contra factum proprium, visto l’art. 100 c.p.c; in A. MUSSO, La subfornitura, cit., pag. 537, nota 1; conforme A. MAZZIOTTI DI CELSO, in La subfornitura a cura di G. ALPA e A. CLARIZIA, cit., pag. 257; per l’assolutezza della nullità, invece, L. PRATI, La sanzione della nullità nel contratto di subfornitura, in Contratti, 1999, pag. 298 e ss.; A. BERTOLOTTI, Contratto di subfornitura, cit., pag. 197.

[13] B. GRAZZINI, op. ult. cit., pag. 148; A. BERTOLOTTI, Contratto di subfornitura, cit., pag. 150; P.M. PUTTI, in La subfornitura a cura di G. ALPA e A. CLARIZIA, cit., pag. 181 e ss.

[14] Il riferimento in precedenza era all’art. 1469 bis, 3° comma, n. 11 c.c.; G. NICOLINI, Subfornitura e attività produttive, cit., pag. 105.

[15] A. MUSSO, La subfornitura, cit., pag. 312.

[16] B. GRAZZINI, op. ult. cit., pag. 154 – 155; A. MUSSO, op. ult. cit., pag. 313 e ss.; quest’ultimo A. sottolinea che la norma in esame mantiene una ratio di stabilità nell’assetto delle obiettive prestazioni imprenditoriali, integrate e strumentali a un’attività produttiva più complessa, senza mutuare necessariamente i principi derivanti dagli artt. 1469 bis e ss., ma dovendo piuttosto essere completata dalla disciplina dell’appalto - artt. 1659, 1660 o 1661 c.c. - o degli altri contratti commerciali pertinenti, in quanto compatibili con la specificità del rapporto. Vedasi anche A. BERTOLOTTI, Contratto di subfornitura, cit., pag. 158. 

[17] M.P. SUPPA, Commento sub art. 6, in Disciplina della subfornitura nelle attività produttive, a cura di N. LIPARI, cit., pag. 418.

[18] Nei contratti a tempo determinato, visto l’art. 33, 2° comma, lett. G, cod. cons., è considerata abusiva la clausola che riconosca al solo professionista e non anche al consumatore la facoltà di recedere dal contratto.

[19] Nei contratti a tempo indeterminato, vista la lettera H della norma indicata nella nota precedente, è vietata la facoltà recesso nei contratti a tempo indeterminato da parte del professionista senza ragionevole preavviso, tranne nel caso di giusta causa.

[20] Nei contratti ad esecuzione istantanea, invece, rimane applicabile l’art. 1373 c.c., che ammette la facoltà convenzionale di recesso fino a quando il contratto non abbia avuto un principio di esecuzione. Così A. MUSSO, La subfornitura, cit., pag. 334.

[21] F. PADOVINI, La nuova disciplina della subfornitura nelle attività produttive, cit., pag. 5.

[22] A. BERTOLOTTI, Il contratto di subfornitura, cit., pag. 154.

[23] A. MUSSO, La subfornitura, cit., pag. 334; P.M. PUTTI, in La subfornitura a cura di G. ALPA e A. CLARIZIA, cit., pag. 201; B. GRAZZINI, in C. BERTI – B. GRAZZINI, La disciplina della subfornitura nelle attività produttive, cit., pag. 159. 

[24] B. GRAZZINI, op. ult. cit., pag. 160 e 161.

[25] L. PRATI – L. CARDINI, Rapporti di subfornitura, cit., pag. 140 e ss.; A. MUSSO, La subfornitura, cit., pag. 336.

[26] B. GRAZZINI, op. ult. cit., pag. 162.

[27] F. PROSPERI, Il contratto di subfornitura, cit., pag. 239 e ss.; A. FRIGNANI, Disciplina della subfornitura, in I contratti, 1999, pag. 196 e ss.; G. SACCHI LODISPOTO, in Disciplina della subfornitura nelle attività produttive, a cura di N. LIPARI, cit., pag. 421.  

[28] P.M. PUTTI, in La subfornitura a cura di G. ALPA e A. CLARIZIA, cit., pag. 202; A. MUSSO, La subfornitura, cit., pag. 342 e ss.

[29] L. PRATI, La disciplina della subfornitura, la proprietà intellettuale ed il know how del committente, in Il diritto industriale, 1999, 11, 19.

[30] F. DELFINI, in La subfornitura a cura di G. DE NOVA, cit., pag. 72.

[31] B. GRAZZINI, op. ult. cit., pag. 166; A. MUSSO, La subfornitura, cit., pag. 364.

[32] M.C. CARDARELLI, Tutela della proprietà industriale, in La subfornitura a cura di V. CUFFARO, cit., pag. 273 e ss.; F. GALGANO, Il marchio nei sistemi produttivi integrati, cit., pag. 173 e ss.

[33] M.C. CARDARELLI, Tutela della proprietà industriale, in La subfornitura a cura di V. CUFFARO, cit., pag. 288 e ss.

[34] A. MUSSO, La subfornitura, cit., pag. 365; B. GRAZZINI, in C. BERTI – B. GRAZZINI, La disciplina della subfornitura nelle attività produttive, cit., pag. 167.

[35] B. GRAZZINI, op. ult. cit., pag. 168.

[36] A. MUSSO, La subfornitura, cit., pag. 384.


7. Abuso di dipendenza economica ex art. 9 e la legge n. 57/2001.

Una rilevante novità introdotta dalla legge n. 192 è rappresentata dall’art. 9, che ha vietato l’abuso di dipendenza economica da parte di un’impresa nei confronti di un’impresa subfornitrice. L’ambito di applicazione dell’art. 9 è diverso da quello del resto della legge 192: la norma indicata, infatti, si applica a qualsiasi contratto tipico e atipico che sia stipulato tra imprese[1] in una situazione di dipendenza economica[2]. Si può giustamente ritenere che la norma indicata abbia “la valenza sistematica di clausola generale di divieto di abuso di potere nelle relazioni tra imprese[3]. Proprio per la portata generale della norma, si ritiene che sia applicabile anche ai rapporti tra impresa cliente e banca[4] e ente committente e libro professionista[5]. Inoltre, sempre per la portata generale del divieto di abuso di dipendenza economica, si ritiene che l’art. 9 possa essere applicato anche nell’ambito delle reti d’impresa tra singole imprese operanti nella rete anche se non legate da alcun vincolo contrattuale con l’impresa dominante[6]. Peraltro, nonostante la dottrina si sia occupata quasi esclusivamente dell’ipotesi della dipendenza economica dal lato del subfornitore[7], non si può escludere che la norma abbia funzione “bidirezionale”, e cioè che possa essere invocata anche a favore del committente che si trovi nella situazione di debolezza nel rapporto bilaterale[8]. Il concetto di dipendenza economica si distingue da quello di posizione dominante elaborato dalle norme antitrust, con particolare riferimento alla legge n. 287/1990[9]: secondo la giurisprudenza della Corte di Giustizia, infatti, si considera in posizione dominante l’impresa che abbia una tale forza sul mercato da impedire una reale concorrenza[10]. La dipendenza economica, invece, si verifica in relazione al caso concreto, quando una o più imprese siano in grado di imporre ad un fornitore un eccessivo squilibrio di diritti e di obblighi nel rapporto contrattuale[11]. In alcuni mercati rilevanti particolarmente ristretti, l’abuso di dipendenza economica non è che una species del genus di abuso di posizione dominante[12]. Non vi è dubbio, poi, che l’abuso da dipendenza economica abbia natura di norma concorrenziale che viene a reprimere le condotte illecite nell’ambito dei rapporti tra imprese. La distinzione tra l’art. 9 della legge n. 192 e l’art. 2598 n. 3 c.c. consiste nel fatto che l’abuso di dipendenza economica interviene in ambito contrattuale, mentre il divieto di concorrenza sleale ha natura extracontrattuale[13]. Per questo motivo l’art. 9 costituisce una norma di completamento dell’art. 2598 c.c., perché sanziona il comportamento abusivo contrario alla correttezza nei rapporti commerciali tra le imprese. In linea di principio, l’abuso di dipendenza economica reprime la concorrenza sleale verticale (ovverosia tra imprese poste su un asse verticale, per cui una domina sull’altra), mentre l’art. 2598 n. 3 c.c. agisce principalmente su un piano orizzontale, ovverosia tra imprese non in rapporto contrattuale che operano come concorrenti nello stesso mercato. Tuttavia, le due norme non solo assicurano una tutela parallela, ma sembrano anche interscambiabili, per cui è ammesso, in determinate circostanze, anche il cumulo dei rimedi rispettivamente previsti[14]

Ritengo, comunque, che l’art. 9 abbia una portata più ampia di quella meramente contrattuale. Infatti, il divieto di abuso di dipendenza economica riguarda almeno tre profili di tutela diversi: la responsabilità precontrattuale, l’illecito contrattuale e l’abusiva condotta concorrenziale[15].  

Certamente si pongono gravi problemi per l’interprete in merito all’applicabilità della norma nella pratica: infatti il legislatore non ha dato dei parametri certi per individuare l’eccessivo squilibrio contrattuale, né appare chiaro quando si possa riscontrare la mancanza di alternative commerciali soddisfacenti per il fornitore. Lo squilibrio negoziale sanzionato potrebbe appalesarsi nel contegno vessatorio dell’impresa committente nei confronti del fornitore, nell’ambito di un rapporto commerciale già esistente, sia in relazione alle trattative per le singole partite, sia in relazione all’esecuzione delle prestazioni[16]. Si può pensare, ad esempio, ad un contegno stringente sui tempi di consegna o sull’imposizione di forti sconti nelle forniture, pur dovendo tener presente la sanzione della nullità prescritta, almeno nell’ambito della subfornitura, dall’art. 6 della legge n. 192. La mancanza delle valide alternative commerciali per il fornitore, invece, potrebbe verificarsi non solo allorquando difetti una qualsiasi alternativa commerciale, ma anche quando le altre possibilità disponibili non siano commercialmente equivalenti per il fornitore[17]. La Corte di cassazione ritiene che l’indagine sull’abuso da dipendenza economica vada fatta in due momenti; innanzi tutto bisogna indagare sullo squilibrio economico tra le parti che deve essere eccessivo, nel senso che il contraente che lo subisce deve essere privo di reali alternative economiche sul mercato; poi bisogna valutare se l’abuso sia stato determinato da una condotta arbitraria contraria alla buona fede al fine di conseguire vantaggi “esulanti dalla lecita iniziativa commerciale[18]

Inizialmente l’art. 9 poneva dei problemi di coordinamento con la normativa antitrust cui si  è fatto cenno in precedenza. Opportunamente, però, il legislatore è intervenuto con l’art. 11 della legge n. 57/01, che ha modificato il terzo comma dell’art. 9 della legge n. 192 e ha introdotto il comma 3-bis. Il comma 3-bis distingue ora una posizione di dipendenza economica anticoncorrenziale, conoscibile e sanzionabile dall'Autorità garante per la concorrenza e il mercato, dalla dipendenza economica “contrattuale”, disciplinata dai primi tre commi dell’art. 9 della legge n. 192[19].     

Il nuovo art. 3, inoltre, ha risolto un altro grave problema in ordine alla tutela del fornitore: infatti il terzo comma, nella versione previgente, sanzionava l’abuso di dipendenza economica, apparentemente, con la sola sanzione della nullità della clausola interessata[20]. L’abuso era previsto non solo nel caso di eccessivo squilibrio contrattuale, ma anche nel rifiuto di vendere o di comprare[21], nella imposizione di condizioni contrattuali ingiustificatamente gravose o discriminatorie e nella interruzione arbitraria delle relazioni commerciali in atto[22]. La dottrina aveva ravvisato l’inadeguatezza della sanzione della nullità, facendo riferimento piuttosto all’inefficacia della clausole vietate nei confronti della parte più debole[23], secondo il sistema introdotto con le clausole di cui agli artt. 1469 bis e ss. c.c. ma poi riformato con l’introduzione nel codice del consumo della nullità di protezione di cui all’art. 36[24]. Inoltre, si poneva il problema del silenzio della norma in materia di risarcimento del danno, che appariva indubitabilmente come lo strumento più efficace di tutela del fornitore[25]. L’art. 3, secondo le citate modifiche, invece, attribuisce espressamente al giudice ordinario la competenza per le azioni in materia di abuso di dipendenza economica (contrattuale), anche in relazione all’inibitoria e al risarcimento del danno.

La nuova formulazione della norma pare estendere la portata delle sanzioni risarcitorie in materia di abuso di dipendenza economica, così da superare i timori della dottrina sul limite del risarcimento imposto dall’interesse contrattuale negativo, in relazione ai soli costi sostenuti dal danneggiato nella fase delle trattative[26]: infatti si riteneva che l’azione risarcitoria proponibile, soprattutto in caso di rifiuto a contrarre o di interruzione arbitraria delle trattative, fosse essenzialmente quella da responsabilità precontrattuale di cui all’art. 1337 c.c., con il noto limite al risarcimento sopraindicato[27]. L’art. 9, nella sua innovata formulazione, visto l’intervento dell’art. 11 della legge n. 57/01, a mio modesto avviso, ha spostato la sanzione anche sul piano pubblicistico, dando maggiore impulso alla responsabilità extracontrattuale di cui all’art. 2043 c.c., piuttosto che a quella precontrattuale di cui all’art. 1337 c.c., consentendo l’effetto espansivo dell’ambito risarcitorio proprio dell’illecito aquiliano[28].

 

[1] Trib. Roma 5 novembre 2003, in Giur. merito, 2004, 457; il Tribunale ha precisato che l’art. 9 si applica anche ai contratti di concessione di vendita di autoveicoli, poiché tale disposizione è operante in tutti i contratti tra imprese, anche al di fuori della subfornitura industriale.

[2] Corte cassazione S.U. 25 novembre 2011 n. 24906, in Giur. it., 2012, 2054; Trib. Ascoli Piceno 21 gennaio 2019, in De Jure; Trib. Milano, sez. spec. impr, 6 dicembre 2017, in Il Dir. industriale, 2018, 2018, 4, 311, con nota di G. REMOTTI; C. Appello Milano 15 luglio 2015, in Giur. it., 2015, 2665, con nota di F. OCCELLI, L’abuso di dipendenza economica come clausola generale?; Trib. Vercelli 14 novembre 2014, in Foro it., 2015, 10, I, 3344; Trib. Bassano del Grappa 2 maggio 2013, in Giur. commerciale, 2015, 4, II, 774, con nota di D. ARCIDIACONO, Abuso di dipendenza economica e mercato rilevante. Il caso della delocalizzazione produttiva; Trib. Torino 11 marzo 2010, in Giur. commerciale, 2011, 6, II, 1471, con nota di V. LANDRISCINA, L’abuso di dipendenza economica tra violazione del canone di buona fede e abuso del diritto; Trib. Isernia 12 aprile 2006, in Giur. merito, 2006, 10, 2149, con nota di L. DELLI PRISCOLI, Il divieto di abuso di dipendenza economica nel franchising, fra principio di buona fede e tutela del mercato; Trib. Bari 6 maggio 2002, in Giur. it. 2003, pag. 726 con nota critica di R. NATOLI, Brevi note sull’abuso di dipendenza economica “contrattuale”; Contra: Trib. Roma 17 marzo 2010, in Foro it., 2011, 1, I, 255; Trib. Roma 19 febbraio 2010, in Foro it., 2011, 1, I, 256; Trib. Roma 24 settembre 2009, ivi; Trib. Roma 5 maggio 2009, ivi; Trib. Roma 5 febbraio 2008, in Foro it., 2008, 7-8, I, 2326; Trib. Bari 2 luglio 2002, in in Foro it. 2002, I, 3213, con nota critica di A. PALMIERI, Abuso di dipendenza economica: dal “caso limite” alla (drastica) limitazione dei casi di applicazione del divieto?. In dottrina, a favore della tesi della portata generale del divieto di abuso di dipendenza economica:  F. BORTOLOTTI, I contratti di subfornitura, cit., pag. 144; G. NICOLINI, La subfornitura e le attività produttive, cit., pag. 123; A. MAZZIOTTI DI CELSO, in La subfornitura a cura di G. ALPA E A. CLARIZIA, cit., pag. 244; F. TALLARO, L’abuso di dipendenza economica, in Diritto & Formazione, 2004, pag. 1238; L. DELLI PRISCOLI, L’abuso di dipendenza economica nella nuova legge sulla subfornitura: rapporti con la disciplina delle clausole abusive e con la legge antitrust, in Giur. comm., 1998, 6, pag. 833; id., Abuso di dipendenza economica, abuso del diritto e buona fede, in Diritto e formazione, 2011, 2, pag. 174-175; C. BERTI – A. GRAZZINI, La disciplina della subfornitura nelle attività produttive, cit., pag. 173; O. CAGNASSO – G. COTTINO, Contratti commerciali,  cit., pag. 379; A. BERTOLOTTI, Contratto di subfornitura, cit., pag. 179; G. DE NOVA, La subfornitura: una legge grave, cit., pag. 451; P. FRANZINA, Considerazioni sulla legge applicabile all’abuso di dipendenza economica, in La nuova giurisprudenza civile commentata, 2002, II, 230; E. CAPOBIANCO, L’abuso di dipendenza economica. Oltre la subfornitura, in Concorrenza e mercato, 2012, pag. 619; M.R. MAUGERI, Le modifiche alla disciplina dell’abuso di dipendenza economica, in Nuove Leggi civ., 2001, pag. 1065; T. LONGU, Il divieto di abuso di dipendenza economica nei rapporti tra imprese, in Riv. dir. civ., 2000, II, pag. 345; V. PINTO, L’abuso di dipendenza economica, “fuori dal contratto”. Tra diritto civile e diritto antitrust, in Riv. dir. civ., 2000, II, pag. 403; A. BARBA, Reti di impresa e abuso di dipendenza economica, in Contratto e impresa, 2015, 6, pag. 1266 e 1273; G. GIOIA, I rapporti di subfornitura, cit., pag. 676; F. PROSPERI, Subfornitura industriale, abuso di dipendenza economica e tutela del contraente debole: i nuovi orizzonti della buona fede contrattuale, in Rass. dir. civ., 1999, pag. 641 e ss.; R. CASO – R. PARDOLESI, La nuova disciplina del contratto di subfornitura (industriale): scampolo di fine millennio o prodromo di tempi migliori?, in Riv. dir. priv., 1998, pag. 733; M. LIBERTINI, La responsabilità per abuso di dipendenza economica: la fattispecie, in Contratto e impresa, 2013, 1, pag. 6-7; C. ALVISI, Disparità di potere contrattuale, apparati di protezione e autonomia collettiva. Il caso della subfornitura nelle attività produttive, cit., pag. 106-107; L. RENNA, L’abuso di dipendenza economica come fattispecie transtipica, cit., pag. 392-392; F.L. GAMBARO – A. MARTINI, La subfornitura cinque anni dopo, cit., pag. 530; F. ANGIOLINI, Abuso di dipendenza economica ed eterodirezione contrattuale, Milano, 2012, pag. 54. Contra, nel senso che si tratterebbe di clausola riguardante solo la subfornitura: A. MUSSO, La subfornitura, cit., pag. 484; R. RINALDI – F.R. TURITTO, in La disciplina del contratto di subfornitura nella legge n. 192 del 1998, a cura di P. SPOSATO E M. COCCIA, Torino, 1999, pag. 121. Per una soluzione intermedia, nel senso che l’art. 9 non riguarderebbe solo il contratto di subfornitura, ma dovrebbe comunque rimanere applicabile solo nell’ambito del decentramento produttivo: E. RUSSO, Imprenditore debole, imprenditore-persona, abuso di dipendenza economica, “terzo contratto”, in Contratto e impresa, 2009, 1, pag. 130.

[3] B. GRAZZINI, in C. BERTI – B. GRAZZINI, La disciplina della subfornitura nelle attività produttive, cit., pag. 196.

[4] E. CAPOBIANCO, I contratti bancari, in Trattato dei contratti RESCIGNO – GABRIELLI, Milanofiori Assago (MI), 2016, pag. 38.

[5] S. MONTICELLI, Regole e mercato nella disciplina convenzionale del contratto d’opera professionale, in Contratto e impresa, 2016, 2, pag. 529-533.

[6] F. LONGOBUCCO, Abuso di dipendenza economica e reti di imprese, in Contratto e impresa, 2012, 2, pag. 394.

[7] In questo senso, ad esempio, M. GRANIERI, Contratto di subfornitura industriale, Roma, 1998, pag. 89 e ss.; A. BERTOLOTTI, Contratto di subfornitura, cit., pag. 195; L. DELLI PRISCOLI, Restrizioni verticali della concorrenza, Milano, 2002, pag. 93.

[8] A. MUSSO, La subfornitura, cit., pag. 513 e ss.; L. DELLI PRISCOLI, L’abuso di dipendenza economica nella nuova legge sulla subfornitura: rapporti con la disciplina delle clausole abusive e con la legge antitrust, cit., pag. 835; L. RENNA, L’abuso di dipendenza economica come fattispecie transtipica, cit., pag. 375.

[9] Per la distinzione tra l’abuso di dipendenza economica e l’abuso di posizione dominante: A. MUSSO, op. ult. cit., pag. 479 e ss.; M. LIBERTINI, La responsabilità per abuso di dipendenza economica: la fattispecie, cit., pag. 1 e ss.

[10] Per una disamina sulla giurisprudenza della Corte di Giustizia vedasi R. WHISH, Competition law, London, 1993, pag. 259 e ss.

[11] A. MAZZIOTTI DI CELSO, in La subfornitura a cura di G. ALPA e A. CLARIZIA, pag. 246; L. DELLI PRISCOLI, L’abuso di dipendenza economica nella nuova legge sulla subfornitura: rapporti con la disciplina delle clausole abusive e con la legge antitrust, cit., pag. 833 e ss.

[12] R. NATOLI, Brevi note sull’abuso di dipendenza economica “contrattuale”, nota a Trib. Bari 6 maggio 2002, in Giur. it., 2003, pag. 725; B. GRAZZINI, invece, pur distinguendo le due fattispecie, parla di “parziale sovrapponibilità delle condotte censurate”, in C. BERTI – B. GRAZZINI, La disciplina della subfornitura nelle attività produttive, cit., pag. 177.

[13] F. ANGIOLINI, Abuso di dipendenza economica ed eterodirezione contrattuale, cit. pag. 38-39.

[14] A. MUSSO, La subfornitura, cit., pag. 471-474.

[15] Infatti il rifiuto di vendere o di comprare è sicuramente fattispecie extracontrattuale. Nello stesso senso del testo: C. BERTI – B. GRAZZINI, La disciplina della subfornitura nelle attività produttive, cit. pag. 177, 191 e 195. Contra, nel senso che l’illecito in questione avrebbe sempre natura contrattuale: A. MUSSO, La subfornitura, cit. pag. 525. La S.C. sembra propendere per la tesi contrattuale della norma, anche quando non vi sia la qualificazione strettamente contrattuale: “In altri termini va qualificata come controversia in materia contrattuale quella tra due soggetti che non si pongono l’un l’altro come due consociati non relazionati reciprocamente, ma come soggetti che hanno già instaurato un rapporto di natura commerciale, dal quale ognuno attende che l’altro non ne abusi ma tenga un comportamento determinato”: Corte cassazione S.U. 25 novembre 2011 n. 24906, cit.. La tesi, resa peraltro in ambito di regolamento di giurisdizione, va criticata: se non vi è contratto, non può esservi inadempimento di natura contrattuale. Si pensi, ad esempio, al rifiuto di vendere o di comprare nell’ambito dell’interruzione arbitraria e ingiustificata delle trattative.          

[16] A. FRIGNANI, Disciplina della subfornitura nella legge n. 192/98: problemi di diritto sostanziale, cit., pag. 196: si tratta di uno squilibrio non economico, ma giuridico, che si deve concretizzare in facoltà e poteri riconosciuti ad una parte e negati all’altra.

[17] A. MAZZIOTTI DI CELSO, in La subfornitura a cura di G. ALPA e A. CLARIZIA, cit., pag. 249.

[18] Corte cassazione 21 gennaio 2020 n. 1184, in Giust. civ. Mass., 2020.

[19] L’abuso di dipendenza economica può ora essere sempre censurato avanti il giudice ordinario; quando costituisca anche un’ipotesi di abuso di posizione dominante può essere represso dall’autorità antitrust, con esclusiva giurisdizione del garante, in prima istanza, del T.A.R. del Lazio in sede di gravame e della corte d’appello in unico grado per la tutela civile conseguente; in questo caso si avrà il cumulo delle tutele. Così B. GRAZZINI, in C. BERTI – B. GRAZZINI, La disciplina della subfornitura nelle attività produttive, cit., pagg. 184 – 185. La S.C. ha anche chiarito che non sussiste la competenza delle sezioni specializzate in materia di impresa nel caso di azione risarcitoria per concorrenza sleale incentrata sull’abuso di dipendenza economica: Corte cassazione 28 settembre 2017 n. 22747, in Riv. del Dir. industriale, 2018, 2, II, 241; Corte cassazione 4 novembre 2015 n. 22584, in De Jure

[20] R. QUADRI, “Nullità” e tutela del “contraente debole”, in Contratto e impresa, 2001, 2, pag. 1179.

[21] A. MUSSO, La subfornitura, cit., pag. 517 e ss.

[22] A. MUSSO, op. ult. cit., pag. 526 e ss.

[23] A. MAZZIOTTI DI CELSO, in La subfornitura a cura di G. ALPA e A. CLARIZIA, cit., pag. 256.

[24] E’ appena il caso di ricordare che con l’introduzione del codice del consumo in forza del d. lgs. 6 settembre 2005 n. 206, che ha abrogato gli artt. 1469 bis – 1469 sexies del c.c., la sanzione prevista per le clausole vessatorie di cui agli artt. 33 e 34 è la nullità in sostituzione dell’inefficacia. Per un’ampia disamina, A. BARENGHI, in Codice del consumo a cura di V. CUFFARO, Milano, 2015, p. 316-317.

[25] A. MAZZIOTTI DI CELSO, op. ult. cit., pag. 259 e ss.; G. NICOLINI, La subfornitura e le attività produttive, cit., pag. 133.

[26] A. MAZZIOTTI DI CELSO, op. ult. cit., pag. 260; F. TALLARO, L’abuso di dipendenza economica, cit., pag. 1244.

[27] G. NICOLINI, La subfornitura e le attività produttive, cit., pag. 135; F. GALGANO, Diritto privato, cit., pag. 370; B. GRAZZINI, in C. BERTI - B. GRAZZINI, La disciplina della subfornitura nelle attività produttive, cit., pag. 191; per quest’ultimo Autore, la sanzione della nullità e del risarcimento possono coesistere ma, ove non si sia giunti ad alcuna stipulazione negoziale, potrà essere richiesto il risarcimento del danno precontrattuale, con ciò ammettendo implicitamente il permanere del noto limite risarcitorio.

[28] F. GALGANO, Diritto privato, cit., pag. 397.


8. Problemi processuali in ordine all’art. 10 della legge n. 192: l’abrogazione della norma ad opera dell’art. 5, 2° comma, del d. lgs. 15/11/2016 n. 219.

Una rilevante novità introdotta dalla legge n. 192 è rappresentata dall’art. 9, che ha vietato l’abuso di dipendenza economica da parte di un’impresa nei confronti di un’impresa subfornitrice. L’ambito di applicazione dell’art. 9 è diverso da quello del resto della legge 192: la norma indicata, infatti, si applica a qualsiasi contratto tipico e atipico che sia stipulato tra imprese[1] in una situazione di dipendenza economica[2]. Si può giustamente ritenere che la norma indicata abbia “la valenza sistematica di clausola generale di divieto di abuso di potere nelle relazioni tra imprese[3]. Proprio per la portata generale della norma, si ritiene che sia applicabile anche ai rapporti tra impresa cliente e banca[4] e ente committente e libro professionista[5]. Inoltre, sempre per la portata generale del divieto di abuso di dipendenza economica, si ritiene che l’art. 9 possa essere applicato anche nell’ambito delle reti d’impresa tra singole imprese operanti nella rete anche se non legate da alcun vincolo contrattuale con l’impresa dominante[6]. Peraltro, nonostante la dottrina si sia occupata quasi esclusivamente dell’ipotesi della dipendenza economica dal lato del subfornitore[7], non si può escludere che la norma abbia funzione “bidirezionale”, e cioè che possa essere invocata anche a favore del committente che si trovi nella situazione di debolezza nel rapporto bilaterale[8]. Il concetto di dipendenza economica si distingue da quello di posizione dominante elaborato dalle norme antitrust, con particolare riferimento alla legge n. 287/1990[9]: secondo la giurisprudenza della Corte di Giustizia, infatti, si considera in posizione dominante l’impresa che abbia una tale forza sul mercato da impedire una reale concorrenza[10]. La dipendenza economica, invece, si verifica in relazione al caso concreto, quando una o più imprese siano in grado di imporre ad un fornitore un eccessivo squilibrio di diritti e di obblighi nel rapporto contrattuale[11]. In alcuni mercati rilevanti particolarmente ristretti, l’abuso di dipendenza economica non è che una species del genus di abuso di posizione dominante[12]. Non vi è dubbio, poi, che l’abuso da dipendenza economica abbia natura di norma concorrenziale che viene a reprimere le condotte illecite nell’ambito dei rapporti tra imprese. La distinzione tra l’art. 9 della legge n. 192 e l’art. 2598 n. 3 c.c. consiste nel fatto che l’abuso di dipendenza economica interviene in ambito contrattuale, mentre il divieto di concorrenza sleale ha natura extracontrattuale[13]. Per questo motivo l’art. 9 costituisce una norma di completamento dell’art. 2598 c.c., perché sanziona il comportamento abusivo contrario alla correttezza nei rapporti commerciali tra le imprese. In linea di principio, l’abuso di dipendenza economica reprime la concorrenza sleale verticale (ovverosia tra imprese poste su un asse verticale, per cui una domina sull’altra), mentre l’art. 2598 n. 3 c.c. agisce principalmente su un piano orizzontale, ovverosia tra imprese non in rapporto contrattuale che operano come concorrenti nello stesso mercato. Tuttavia, le due norme non solo assicurano una tutela parallela, ma sembrano anche interscambiabili, per cui è ammesso, in determinate circostanze, anche il cumulo dei rimedi rispettivamente previsti[14]

Ritengo, comunque, che l’art. 9 abbia una portata più ampia di quella meramente contrattuale. Infatti, il divieto di abuso di dipendenza economica riguarda almeno tre profili di tutela diversi: la responsabilità precontrattuale, l’illecito contrattuale e l’abusiva condotta concorrenziale[15].  

Certamente si pongono gravi problemi per l’interprete in merito all’applicabilità della norma nella pratica: infatti il legislatore non ha dato dei parametri certi per individuare l’eccessivo squilibrio contrattuale, né appare chiaro quando si possa riscontrare la mancanza di alternative commerciali soddisfacenti per il fornitore. Lo squilibrio negoziale sanzionato potrebbe appalesarsi nel contegno vessatorio dell’impresa committente nei confronti del fornitore, nell’ambito di un rapporto commerciale già esistente, sia in relazione alle trattative per le singole partite, sia in relazione all’esecuzione delle prestazioni[16]. Si può pensare, ad esempio, ad un contegno stringente sui tempi di consegna o sull’imposizione di forti sconti nelle forniture, pur dovendo tener presente la sanzione della nullità prescritta, almeno nell’ambito della subfornitura, dall’art. 6 della legge n. 192. La mancanza delle valide alternative commerciali per il fornitore, invece, potrebbe verificarsi non solo allorquando difetti una qualsiasi alternativa commerciale, ma anche quando le altre possibilità disponibili non siano commercialmente equivalenti per il fornitore[17]. La Corte di cassazione ritiene che l’indagine sull’abuso da dipendenza economica vada fatta in due momenti; innanzi tutto bisogna indagare sullo squilibrio economico tra le parti che deve essere eccessivo, nel senso che il contraente che lo subisce deve essere privo di reali alternative economiche sul mercato; poi bisogna valutare se l’abuso sia stato determinato da una condotta arbitraria contraria alla buona fede al fine di conseguire vantaggi “esulanti dalla lecita iniziativa commerciale[18]

Inizialmente l’art. 9 poneva dei problemi di coordinamento con la normativa antitrust cui si  è fatto cenno in precedenza. Opportunamente, però, il legislatore è intervenuto con l’art. 11 della legge n. 57/01, che ha modificato il terzo comma dell’art. 9 della legge n. 192 e ha introdotto il comma 3-bis. Il comma 3-bis distingue ora una posizione di dipendenza economica anticoncorrenziale, conoscibile e sanzionabile dall'Autorità garante per la concorrenza e il mercato, dalla dipendenza economica “contrattuale”, disciplinata dai primi tre commi dell’art. 9 della legge n. 192[19].     

Il nuovo art. 3, inoltre, ha risolto un altro grave problema in ordine alla tutela del fornitore: infatti il terzo comma, nella versione previgente, sanzionava l’abuso di dipendenza economica, apparentemente, con la sola sanzione della nullità della clausola interessata[20]. L’abuso era previsto non solo nel caso di eccessivo squilibrio contrattuale, ma anche nel rifiuto di vendere o di comprare[21], nella imposizione di condizioni contrattuali ingiustificatamente gravose o discriminatorie e nella interruzione arbitraria delle relazioni commerciali in atto[22]. La dottrina aveva ravvisato l’inadeguatezza della sanzione della nullità, facendo riferimento piuttosto all’inefficacia della clausole vietate nei confronti della parte più debole[23], secondo il sistema introdotto con le clausole di cui agli artt. 1469 bis e ss. c.c. ma poi riformato con l’introduzione nel codice del consumo della nullità di protezione di cui all’art. 36[24]. Inoltre, si poneva il problema del silenzio della norma in materia di risarcimento del danno, che appariva indubitabilmente come lo strumento più efficace di tutela del fornitore[25]. L’art. 3, secondo le citate modifiche, invece, attribuisce espressamente al giudice ordinario la competenza per le azioni in materia di abuso di dipendenza economica (contrattuale), anche in relazione all’inibitoria e al risarcimento del danno.

La nuova formulazione della norma pare estendere la portata delle sanzioni risarcitorie in materia di abuso di dipendenza economica, così da superare i timori della dottrina sul limite del risarcimento imposto dall’interesse contrattuale negativo, in relazione ai soli costi sostenuti dal danneggiato nella fase delle trattative[26]: infatti si riteneva che l’azione risarcitoria proponibile, soprattutto in caso di rifiuto a contrarre o di interruzione arbitraria delle trattative, fosse essenzialmente quella da responsabilità precontrattuale di cui all’art. 1337 c.c., con il noto limite al risarcimento sopraindicato[27]. L’art. 9, nella sua innovata formulazione, visto l’intervento dell’art. 11 della legge n. 57/01, a mio modesto avviso, ha spostato la sanzione anche sul piano pubblicistico, dando maggiore impulso alla responsabilità extracontrattuale di cui all’art. 2043 c.c., piuttosto che a quella precontrattuale di cui all’art. 1337 c.c., consentendo l’effetto espansivo dell’ambito risarcitorio proprio dell’illecito aquiliano[28].

 

[1] Trib. Roma 5 novembre 2003, in Giur. merito, 2004, 457; il Tribunale ha precisato che l’art. 9 si applica anche ai contratti di concessione di vendita di autoveicoli, poiché tale disposizione è operante in tutti i contratti tra imprese, anche al di fuori della subfornitura industriale.

[2] Corte cassazione S.U. 25 novembre 2011 n. 24906, in Giur. it., 2012, 2054; Trib. Ascoli Piceno 21 gennaio 2019, in De Jure; Trib. Milano, sez. spec. impr, 6 dicembre 2017, in Il Dir. industriale, 2018, 2018, 4, 311, con nota di G. REMOTTI; C. Appello Milano 15 luglio 2015, in Giur. it., 2015, 2665, con nota di F. OCCELLI, L’abuso di dipendenza economica come clausola generale?; Trib. Vercelli 14 novembre 2014, in Foro it., 2015, 10, I, 3344; Trib. Bassano del Grappa 2 maggio 2013, in Giur. commerciale, 2015, 4, II, 774, con nota di D. ARCIDIACONO, Abuso di dipendenza economica e mercato rilevante. Il caso della delocalizzazione produttiva; Trib. Torino 11 marzo 2010, in Giur. commerciale, 2011, 6, II, 1471, con nota di V. LANDRISCINA, L’abuso di dipendenza economica tra violazione del canone di buona fede e abuso del diritto; Trib. Isernia 12 aprile 2006, in Giur. merito, 2006, 10, 2149, con nota di L. DELLI PRISCOLI, Il divieto di abuso di dipendenza economica nel franchising, fra principio di buona fede e tutela del mercato; Trib. Bari 6 maggio 2002, in Giur. it. 2003, pag. 726 con nota critica di R. NATOLI, Brevi note sull’abuso di dipendenza economica “contrattuale”; Contra: Trib. Roma 17 marzo 2010, in Foro it., 2011, 1, I, 255; Trib. Roma 19 febbraio 2010, in Foro it., 2011, 1, I, 256; Trib. Roma 24 settembre 2009, ivi; Trib. Roma 5 maggio 2009, ivi; Trib. Roma 5 febbraio 2008, in Foro it., 2008, 7-8, I, 2326; Trib. Bari 2 luglio 2002, in in Foro it. 2002, I, 3213, con nota critica di A. PALMIERI, Abuso di dipendenza economica: dal “caso limite” alla (drastica) limitazione dei casi di applicazione del divieto?. In dottrina, a favore della tesi della portata generale del divieto di abuso di dipendenza economica:  F. BORTOLOTTI, I contratti di subfornitura, cit., pag. 144; G. NICOLINI, La subfornitura e le attività produttive, cit., pag. 123; A. MAZZIOTTI DI CELSO, in La subfornitura a cura di G. ALPA E A. CLARIZIA, cit., pag. 244; F. TALLARO, L’abuso di dipendenza economica, in Diritto & Formazione, 2004, pag. 1238; L. DELLI PRISCOLI, L’abuso di dipendenza economica nella nuova legge sulla subfornitura: rapporti con la disciplina delle clausole abusive e con la legge antitrust, in Giur. comm., 1998, 6, pag. 833; id., Abuso di dipendenza economica, abuso del diritto e buona fede, in Diritto e formazione, 2011, 2, pag. 174-175; C. BERTI – A. GRAZZINI, La disciplina della subfornitura nelle attività produttive, cit., pag. 173; O. CAGNASSO – G. COTTINO, Contratti commerciali,  cit., pag. 379; A. BERTOLOTTI, Contratto di subfornitura, cit., pag. 179; G. DE NOVA, La subfornitura: una legge grave, cit., pag. 451; P. FRANZINA, Considerazioni sulla legge applicabile all’abuso di dipendenza economica, in La nuova giurisprudenza civile commentata, 2002, II, 230; E. CAPOBIANCO, L’abuso di dipendenza economica. Oltre la subfornitura, in Concorrenza e mercato, 2012, pag. 619; M.R. MAUGERI, Le modifiche alla disciplina dell’abuso di dipendenza economica, in Nuove Leggi civ., 2001, pag. 1065; T. LONGU, Il divieto di abuso di dipendenza economica nei rapporti tra imprese, in Riv. dir. civ., 2000, II, pag. 345; V. PINTO, L’abuso di dipendenza economica, “fuori dal contratto”. Tra diritto civile e diritto antitrust, in Riv. dir. civ., 2000, II, pag. 403; A. BARBA, Reti di impresa e abuso di dipendenza economica, in Contratto e impresa, 2015, 6, pag. 1266 e 1273; G. GIOIA, I rapporti di subfornitura, cit., pag. 676; F. PROSPERI, Subfornitura industriale, abuso di dipendenza economica e tutela del contraente debole: i nuovi orizzonti della buona fede contrattuale, in Rass. dir. civ., 1999, pag. 641 e ss.; R. CASO – R. PARDOLESI, La nuova disciplina del contratto di subfornitura (industriale): scampolo di fine millennio o prodromo di tempi migliori?, in Riv. dir. priv., 1998, pag. 733; M. LIBERTINI, La responsabilità per abuso di dipendenza economica: la fattispecie, in Contratto e impresa, 2013, 1, pag. 6-7; C. ALVISI, Disparità di potere contrattuale, apparati di protezione e autonomia collettiva. Il caso della subfornitura nelle attività produttive, cit., pag. 106-107; L. RENNA, L’abuso di dipendenza economica come fattispecie transtipica, cit., pag. 392-392; F.L. GAMBARO – A. MARTINI, La subfornitura cinque anni dopo, cit., pag. 530; F. ANGIOLINI, Abuso di dipendenza economica ed eterodirezione contrattuale, Milano, 2012, pag. 54. Contra, nel senso che si tratterebbe di clausola riguardante solo la subfornitura: A. MUSSO, La subfornitura, cit., pag. 484; R. RINALDI – F.R. TURITTO, in La disciplina del contratto di subfornitura nella legge n. 192 del 1998, a cura di P. SPOSATO E M. COCCIA, Torino, 1999, pag. 121. Per una soluzione intermedia, nel senso che l’art. 9 non riguarderebbe solo il contratto di subfornitura, ma dovrebbe comunque rimanere applicabile solo nell’ambito del decentramento produttivo: E. RUSSO, Imprenditore debole, imprenditore-persona, abuso di dipendenza economica, “terzo contratto”, in Contratto e impresa, 2009, 1, pag. 130.

[3] B. GRAZZINI, in C. BERTI – B. GRAZZINI, La disciplina della subfornitura nelle attività produttive, cit., pag. 196.

[4] E. CAPOBIANCO, I contratti bancari, in Trattato dei contratti RESCIGNO – GABRIELLI, Milanofiori Assago (MI), 2016, pag. 38.

[5] S. MONTICELLI, Regole e mercato nella disciplina convenzionale del contratto d’opera professionale, in Contratto e impresa, 2016, 2, pag. 529-533.

[6] F. LONGOBUCCO, Abuso di dipendenza economica e reti di imprese, in Contratto e impresa, 2012, 2, pag. 394.

[7] In questo senso, ad esempio, M. GRANIERI, Contratto di subfornitura industriale, Roma, 1998, pag. 89 e ss.; A. BERTOLOTTI, Contratto di subfornitura, cit., pag. 195; L. DELLI PRISCOLI, Restrizioni verticali della concorrenza, Milano, 2002, pag. 93.

[8] A. MUSSO, La subfornitura, cit., pag. 513 e ss.; L. DELLI PRISCOLI, L’abuso di dipendenza economica nella nuova legge sulla subfornitura: rapporti con la disciplina delle clausole abusive e con la legge antitrust, cit., pag. 835; L. RENNA, L’abuso di dipendenza economica come fattispecie transtipica, cit., pag. 375.

[9] Per la distinzione tra l’abuso di dipendenza economica e l’abuso di posizione dominante: A. MUSSO, op. ult. cit., pag. 479 e ss.; M. LIBERTINI, La responsabilità per abuso di dipendenza economica: la fattispecie, cit., pag. 1 e ss.

[10] Per una disamina sulla giurisprudenza della Corte di Giustizia vedasi R. WHISH, Competition law, London, 1993, pag. 259 e ss.

[11] A. MAZZIOTTI DI CELSO, in La subfornitura a cura di G. ALPA e A. CLARIZIA, pag. 246; L. DELLI PRISCOLI, L’abuso di dipendenza economica nella nuova legge sulla subfornitura: rapporti con la disciplina delle clausole abusive e con la legge antitrust, cit., pag. 833 e ss.

[12] R. NATOLI, Brevi note sull’abuso di dipendenza economica “contrattuale”, nota a Trib. Bari 6 maggio 2002, in Giur. it., 2003, pag. 725; B. GRAZZINI, invece, pur distinguendo le due fattispecie, parla di “parziale sovrapponibilità delle condotte censurate”, in C. BERTI – B. GRAZZINI, La disciplina della subfornitura nelle attività produttive, cit., pag. 177.

[13] F. ANGIOLINI, Abuso di dipendenza economica ed eterodirezione contrattuale, cit. pag. 38-39.

[14] A. MUSSO, La subfornitura, cit., pag. 471-474.

[15] Infatti il rifiuto di vendere o di comprare è sicuramente fattispecie extracontrattuale. Nello stesso senso del testo: C. BERTI – B. GRAZZINI, La disciplina della subfornitura nelle attività produttive, cit. pag. 177, 191 e 195. Contra, nel senso che l’illecito in questione avrebbe sempre natura contrattuale: A. MUSSO, La subfornitura, cit. pag. 525. La S.C. sembra propendere per la tesi contrattuale della norma, anche quando non vi sia la qualificazione strettamente contrattuale: “In altri termini va qualificata come controversia in materia contrattuale quella tra due soggetti che non si pongono l’un l’altro come due consociati non relazionati reciprocamente, ma come soggetti che hanno già instaurato un rapporto di natura commerciale, dal quale ognuno attende che l’altro non ne abusi ma tenga un comportamento determinato”: Corte cassazione S.U. 25 novembre 2011 n. 24906, cit.. La tesi, resa peraltro in ambito di regolamento di giurisdizione, va criticata: se non vi è contratto, non può esservi inadempimento di natura contrattuale. Si pensi, ad esempio, al rifiuto di vendere o di comprare nell’ambito dell’interruzione arbitraria e ingiustificata delle trattative.          

[16] A. FRIGNANI, Disciplina della subfornitura nella legge n. 192/98: problemi di diritto sostanziale, cit., pag. 196: si tratta di uno squilibrio non economico, ma giuridico, che si deve concretizzare in facoltà e poteri riconosciuti ad una parte e negati all’altra.

[17] A. MAZZIOTTI DI CELSO, in La subfornitura a cura di G. ALPA e A. CLARIZIA, cit., pag. 249.

[18] Corte cassazione 21 gennaio 2020 n. 1184, in Giust. civ. Mass., 2020.

[19] L’abuso di dipendenza economica può ora essere sempre censurato avanti il giudice ordinario; quando costituisca anche un’ipotesi di abuso di posizione dominante può essere represso dall’autorità antitrust, con esclusiva giurisdizione del garante, in prima istanza, del T.A.R. del Lazio in sede di gravame e della corte d’appello in unico grado per la tutela civile conseguente; in questo caso si avrà il cumulo delle tutele. Così B. GRAZZINI, in C. BERTI – B. GRAZZINI, La disciplina della subfornitura nelle attività produttive, cit., pagg. 184 – 185. La S.C. ha anche chiarito che non sussiste la competenza delle sezioni specializzate in materia di impresa nel caso di azione risarcitoria per concorrenza sleale incentrata sull’abuso di dipendenza economica: Corte cassazione 28 settembre 2017 n. 22747, in Riv. del Dir. industriale, 2018, 2, II, 241; Corte cassazione 4 novembre 2015 n. 22584, in De Jure

[20] R. QUADRI, “Nullità” e tutela del “contraente debole”, in Contratto e impresa, 2001, 2, pag. 1179.

[21] A. MUSSO, La subfornitura, cit., pag. 517 e ss.

[22] A. MUSSO, op. ult. cit., pag. 526 e ss.

[23] A. MAZZIOTTI DI CELSO, in La subfornitura a cura di G. ALPA e A. CLARIZIA, cit., pag. 256.

[24] E’ appena il caso di ricordare che con l’introduzione del codice del consumo in forza del d. lgs. 6 settembre 2005 n. 206, che ha abrogato gli artt. 1469 bis – 1469 sexies del c.c., la sanzione prevista per le clausole vessatorie di cui agli artt. 33 e 34 è la nullità in sostituzione dell’inefficacia. Per un’ampia disamina, A. BARENGHI, in Codice del consumo a cura di V. CUFFARO, Milano, 2015, p. 316-317.

[25] A. MAZZIOTTI DI CELSO, op. ult. cit., pag. 259 e ss.; G. NICOLINI, La subfornitura e le attività produttive, cit., pag. 133.

[26] A. MAZZIOTTI DI CELSO, op. ult. cit., pag. 260; F. TALLARO, L’abuso di dipendenza economica, cit., pag. 1244.

[27] G. NICOLINI, La subfornitura e le attività produttive, cit., pag. 135; F. GALGANO, Diritto privato, cit., pag. 370; B. GRAZZINI, in C. BERTI - B. GRAZZINI, La disciplina della subfornitura nelle attività produttive, cit., pag. 191; per quest’ultimo Autore, la sanzione della nullità e del risarcimento possono coesistere ma, ove non si sia giunti ad alcuna stipulazione negoziale, potrà essere richiesto il risarcimento del danno precontrattuale, con ciò ammettendo implicitamente il permanere del noto limite risarcitorio.

[28] F. GALGANO, Diritto privato, cit., pag. 397.


9. La casistica giurisprudenziale.

E’ opportuno a questo punto rappresentare una breve rassegna degli interventi giurisprudenziali che si rinvengono in materia di subfornitura.

Infatti, per quanto la materia sia stata trattata piuttosto raramente dalla giurisprudenza, ormai, dopo oltre vent’anni è possibile rinvenire un significativo repertorio di sentenze, per la maggior parte ascrivibili al divieto di abuso di dipendenza economica.

  • E’ stato ritenuto che il committente sia obbligato in solido con il subfornitore relativamente ai crediti lavorativi, contributivi ed assistenziali dei dipendenti di quest’ultimo, visto l’art. 29, comma 2, del d. lgs. n. 276/2003[1].
  • L’abuso di dipendenza economica può consistere nella imposizione di condizioni contrattuali ingiustificatamente gravose e nella interruzione arbitraria di relazioni commerciali in atto, tenendo conto della reale possibilità di rinvenire alternative sul mercato soddisfacenti per la parte che ha subito l’abuso[2].
  • L’abuso di dipendenza economica nei rapporti business to business, caratterizzati da un complesso di rapporti commerciali, va ravvisato non in relazione al singolo contratto, ma nel simultaneo recesso da tutti i contratti senza adeguato preavviso e senza la possibilità di rinvenire sul mercato alternative soddisfacenti considerati il fatturato, gli investimenti inutilizzati e la stabilità del rapporto commerciale[3].
  • E’ legittimo il recesso del concedente dal contratto di distribuzione, nell’ambito di una riorganizzazione della rete di vendita, senza che possa essere invocato l’abuso di dipendenza economica[4].
  • Il rapporto di subfornitura va ravvisato quando il subfornitore deve eseguire le istruzioni e gli ordini di un’altra impresa, venendo privato di ogni autonomia decisionale e realizzando la propria opera perché sia inserita nell’attività economica del committente, il quale stabilisce ogni caratteristica del prodotto[5].
  • Non è previsto un requisito di dipendenza tecnologica del subfornitore, essendo sufficiente che la prestazione sia conforme alle specifiche tecniche del committente[6].
  • Il contratto di subfornitura presuppone la subalternità progettuale-tecnologica del subfornitore che deve realizzare la propria opera in conformità a progetti e conoscenze tecniche del committente; questa dipendenza tecnologica distingue la subfornitura dall’appalto[7].
  • Il divieto di abuso di dipendenza economica sanziona le condizioni economiche ingiustificatamente gravose imposte da un’impresa ad un’altra a causa dello squilibrio economico tra le parti[8].
  • Il recesso ad nutum esercitato senza specifica contestazione e senza congruo preavviso, con il trattenimento di un’ingente somma a titolo di autotutela privata non prevista dall’ordinamento, integra l’abuso di dipendenza economica sotto il profilo dell’interruzione arbitraria delle relazioni commerciali in corso[9].
  • La reiterazione di ordini commerciali nel tempo non rappresenta da sola la dipendenza economica che deve essere caratterizzata da una posizione contrattuale forte di un’impresa nei confronti di un’altra, in maniera tale da determinare la sostanziale imposizione dei corrispettivi delle forniture[10].
  • La vittima dell’abuso di dipendenza economica può legittimamente rifiutare l’adempimento della clausola contrattuale illegittimamente imposta, la quale preveda l’applicazione di condizioni ingiustificatamente gravose o discriminatorie; può agire in questo senso anche in via inibitoria e cautelare, ma deve comportarsi a propria volta secondo buona fede[11].
  • Gli elementi che rivelano l’abuso di dipendenza economica sono rappresentati dall’esecuzione da parte dell’imprenditore “debole” di investimenti specifici per far fronte agli obblighi derivanti dal rapporto contrattuale, dalla concentrazione del fatturato e dall’asimmetria informativa tra i contraenti dovendo, in difetto di prova, essere rigettata la domanda risarcitoria[12].
  • Il contratto di subfornitura rappresenta una forma non paritetica di cooperazione imprenditoriale nella quale la dipendenza economica del subfornitore si manifesta, oltre che sul piano del rapporto commerciale e di mercato, anche su quello delle direttive tecniche di esecuzione anche in relazione alla lavorazione su prodotti semilavorati o su materie prime forniti dal committente[13].
  • L’illegittimità del recesso da un contratto di concessione di vendita e il compimento di pratiche scorrette durante il rapporto commerciale non consentono in ogni caso di giustificare la declaratoria di nullità del contratto[14].
  • Costituiscono indici della dipendenza economica l’assenza di qualsiasi pattuizione scritta, l’assenza di discrezionalità nell’esecuzione delle commesse, la concentrazione del fatturato del fornitore a favore del committente e la mancanza di valide alternative commerciali soddisfacenti. Costituisce abuso di dipendenza economica la riduzione delle commesse in maniera più che proporzionale al calo di mercato. L’ordine giudiziale di rispristino dei rapporti contrattuali deve essere commisurato entro corretti limiti di tempo, in modo tale da consentire una reale possibilità per il fornitore di reperire sul mercato una alternativa soddisfacente[15].
  • La sospensione dell’account di un negozio virtuale su eBay tramite il ricorso alla clausola “abuso di Ebay”, valida purché chiara e conoscibile tramite apposito link, è legittima come eccezione di inadempimento e non può essere regolata dall’art. 9 della legge n. 192/1998 sulla subfornitura, perché l’abuso di dipendenza economica riguarda solo il subfornitore inserito nel ciclo produttivo del committente[16].
  • La subfornitura ricorre quando un imprenditore committente decentra una o più fasi del proprio ciclo produttivo per ragioni organizzative presso un subfornitore che deve attenersi nella produzione dell’opera o nell’esecuzione del servizio al know how del committente[17].
  • L’abuso di dipendenza economica non può essere invocato nel caso in cui non vi sia integrazione verticale tra le due imprese e la pretesa vittima dell’abuso (impresa di trasporti) disponga di valide alternative commerciali anche al di fuori del settore merceologico (arredamento) dell’impresa asserita abusante[18].
  • Il subfornitore ha diritto al pagamento del corrispettivo da parte del committente, anche in caso di nullità del contratto per mancanza della forma scritta e anche nel caso in cui abbia operato su filato difettoso fornito dalla committente, senza che il difetto fosse facilmente riconoscibile; integra il rapporto di subfornitura il contratto in cui il subfornitore si impegna a eseguire lavorazioni su tessuto fornito dal committente in conformità a modelli indicati da quest’ultimo[19].
  • Non può essere concesso un provvedimento che ordini al produttore di autoveicoli che ha nominato un nuovo concessionario in una zona già assegnato ad altro, la revoca della nomina perché, pur in presenza di abuso di dipendenza economica si inciderebbe su posizioni giuridiche di un soggetto estraneo al contratto che si intende riequilibrare[20].
  • In caso di abuso di dipendenza economica per interruzione arbitraria di consolidate relazioni commerciali, è ammissibile il provvedimento di condanna al ripristino del rapporto per alcuni anni alle stesse condizioni precedenti[21].
  • Non rappresentano neanche astrattamente interruzione arbitraria delle relazioni commerciali né l’apposizione di un termine, né il rifiuto di stipulare un nuovo contratto[22].
  • La legge n. 192 del 1998 è applicabile anche ai rapporti di durata stipulati in regime di subfornitura anteriormente alla entrata in vigore della legge, in forza di una ragionevole interpretazione del principio di irretroattività disposto dall’art. 11 disp. prel. c.c. in relazione ai rapporti di durata[23].
  • La disciplina dell’abuso di dipendenza economica si applica soltanto ai rapporti di subfornitura tra imprese poste in integrazione verticale delle rispettive attività[24].
  • Il divieto di abuso di dipendenza economica si applica a tutti i rapporti tra le imprese e non solo a quelli in regime di subfornitura. Costituisce abuso di dipendenza economica la condotta dell’operatore telefonico che imponga a un cliente c.d. call center il divieto di rivolgersi a terzi per il trasloco degli impianti telefonici forniti, con riserva di determinare successivamente il corrispettivo per detto servizio[25].
  • Se il rapporto di subfornitura si è instaurato tra le parti esclusivamente in forza di singoli ordini di volta in volta inviati dal committente, integranti distinte proposte contrattuali, seguiti dall’accettazione da parte del fornitore per fatti concludenti, difetta un unico rapporto contrattuale che possa essere ripristinato con la condanna alla conclusione di un nuovo contratto per abuso da dipendenza economica[26].
  • Costituisce abuso di dipendenza economica la facoltà di recesso ad nutum dal contratto a favore del franchisor, in quanto ingiustificatamente gravosa rispetto al franchisee che vedrebbe vanificati gli investimenti sostenuti per l’avviamento dell’attività[27].   
  • Integra gli estremi dell’abuso di dipendenza economica il rifiuto di un produttore di capi di abbigliamento di vendere la merce commissionata da un rivenditore al dettaglio con cui sussisteva un consolidato rapporto commerciale [28].
  • L’art. 3 della legge sulla subfornitura non si applica in mancanza della dipendenza tecnologica del subfornitore[29].
  • La disciplina della legge n. 192 del 1998 non si applica ai contratti conclusi prima dell’entrata in vigore della legge[30].     

 

[1] Corte costituzionale 6 dicembre 2017 n. 254, in il Lavoro nella giurisprudenza, 2018, 3, 259, con nota di A. SITZIA, e in Foro it., 2018, 1, I, 41; Corte cassazione sez. lav. 8 ottobre 2019 n. 25172, in Giust. civ. Mass. 2019; C. App. Brescia 11 maggio 2016, in Argomenti di diritto del lavoro, 2016, 4-5, 1034.

[2] Trib. Roma 2 luglio 2019, in De Jure; Trib. Ascoli Piceno 21 gennaio 2019 in De Jure.

[3] Trib. Monza 27 dicembre 2018, in Foro it., 2019, 9, I, 2961.

[4] Corte cassazione 12 ottobre 2018 n. 25606, in Giust. civ. Mass. 2018; Trib. Milano 14 dicembre 2018, in Guida al diritto, 2019, 6, 64.

[5] Trib. Lecce 12 settembre 2018, in De Jure.

[6] Trib. Torino sez. spec. impresa 6 giugno 2017, in Giur. commerciale, 2019, 4, II, 828.

[7] Trib. Modena 14 febbraio 2014, in De Jure.

[8] Trib. Roma 24 gennaio 2017, in De Jure.

[9] Trib. Milano 17 giugno 2016, in Foro it. 2016, 11, I, 3636.

[10] Trib. Roma 19 gennaio 2016, in www.ilcaso.it.

[11] Trib. Catania 22 dicembre 2014, in Giur. it., 2015, 2413, con nota di F. OCCELLI, Abuso di dipendenza economica, possibili rimedi e regola di buona fede.

[12] Trib. Vercelli, 14 novembre 2014, in Foro it., 2015, 10, I, 3344.

[13] Corte cassazione 25 agosto 2014 n. 18186, in Giust. civ. Mass., 2014.

[14] Trib. Torino 21 novembre 2013, in Foro it., 2014, 2, I, 610.

[15] Trib. Bassano del Grappa 2 maggio 2013, in Giur. commerciale, 2015, 4, II, 774.

[16] Trib. Catanzaro 30 aprile 2012, in Resp. civ. e prev., 2013, 6, 2015, con nota di F. DE LEO, Sospensione dell’account da parte di eBay: tecniche di risoluzione, clausole vessatorie e abuso di dipendenza economica.

[17] Trib. Modena 12 aprile 2012, in De Jure.

[18] Trib. Forlì 27 ottobre 2010, in Foro it., 2011, 5, I, 1578.

[19] Trib. Prato 5 ottobre 2010, in Foro it., 2010, 10, I, 2844.

[20] Trib. Torino 12 marzo 2010, in Foro it., 2011, 1, I, 271, con nota di A. PALMIERI.

[21] Trib. Catania 9 luglio 2009, in Foro it., 2009, 10, I, 2813 e in I contratti, 2010, 3, 249, con nota di A. DI BIASE.

[22] Trib. Roma 22 aprile 2009, in Foro it., 2011, 1, I, 256.

[23] Trib. Firenze 8 settembre 2008, in De Jure.

[24] Trib. Roma 5 febbraio 2008, in Foro it., 2008, 7-8, I, 2326.

[25] Trib. Trieste 21 settembre 2006, in La nuova giurisprudenza civile commentata, 2007, 899, con nota di P. FABBIO, Osservazioni sull’ambito d’applicazione del divieto di abuso di dipendenza economica e sul controllo contenutistico delle condizioni generali di contratto tra imprese.

[26] Trib. Bari 17 gennaio 2005, in I contratti, 2005, 10, 893, con nota di L.C. NATALI.

[27] Trib. Taranto 17 settembre 2003, in Danno e resp., 2004, 1, 65, con nota di G. COLANGELO.

[28] Trib. Bari 6 maggio 2002, in Corr. giur., 2002, 8, 1063, con nota di S. BASTIANON, Rifiuto di contrarre, interruzione arbitraria delle relazioni commerciali e abuso di dipendenza economica.

[29] Trib.  Taranto 28 settembre 1999, in Foro it., 2000, I, 624, con note di A. PALMIERI e M. GRANIERI.

[30] Trib. Taranto 22 marzo 1999 in Foro it., 1999, I, 2077, con nota di M. GRANIERI.


10. Considerazioni finali.

A chiusura di questo saggio, sia consentito esprimere alcune ultime considerazioni.

La legge n. 192/98, come si è visto, ha introdotto importanti novità legislative nel nostro ordinamento che non riguardano esclusivamente i rapporti di subfornitura.

Interi comparti del sistema economico del nostro paese, come il settore dell’abbigliamento e quello della meccanica, poggiano sostanzialmente sul sistema produttivo decentrato imperniato sulla subfornitura.

Certamente bisogna prendere atto che, nella pratica, la nuova disciplina ha avuto scarso impiego e ancora minore riscontro giurisprudenziale, nonostante siano decorsi ormai più di vent’anni dall’entrata in vigore. Le motivazioni sono molteplici e sicuramente una grave responsabilità è imputabile al legislatore che non ha saputo fare chiarezza[1] su questioni fondamentali per consentire all’interprete di individuare la ricorrenza della fattispecie quando il rapporto di dipendenza tecnica o tecnologica non sia assolutamente pacifico[2]. Un altro motivo è che, nella pratica, il subfornitore non è in grado di imporre neppure il rispetto della forma scritta del contratto, dipendendo dal committente in maniera talmente intensa da dover accettare le commesse nell’assoluta mancanza del rispetto di ogni tutela, sia in relazione all’art. 2, che all’art. 9 della legge n. 192/1998[3].

I tribunali, del resto, in mancanza del contratto scritto, che risparmierebbe un’indagine laboriosa almeno sulla volontà delle parti in ordine alla fattispecie contrattuale voluta, sono molto prudenti nell’applicare la normativa, come testimoniano le relativamente poche pronunce intervenute in subiecta materia.

E’ auspicabile, in conclusione, che la giurisprudenza inizi ad intervenire con maggior coraggio, anche con un’interpretazione integrativa o suppletiva delle carenze del testo normativo[4],  applicando rigorosamente le nuove disposizioni legislative a favore dei subfornitori, per realizzare concretamente quella tutela del contraente più debole sottesa alla ratio della legge n. 192/98.

 

[1] O. CAGNASSO – G. COTTINO, Contratti commerciali, cit., pag. 360; gli A. opportunamente sottolineano che “la definizione costruita dal legislatore presenta molte zone grigie, che possono essere variamente intese”.

[2] O. CAGNASSO – G. COTTINO, op. ult. cit., ibidem: “in particolare il connotato della dipendenza tecnologica è caratterizzato da un notevole grado di indeterminatezza”.

[3] F.L. GAMBARO – A. MARTINI, La subfornitura cinque anni dopo, cit., pag. 512: per gli Autori “questo atteggiamento è forse in parte spiegabile, dal lato dei subfornitori, con la loro volontà di non dispiacere al committente e di non creare rischi di interruzione di rapporti economici, spesso necessari ed insostituibili alla sopravvivenza dell’impresa stessa”.

[4] F. GALGANO, Il contraddittorio processuale è ora nella Costituzione, in Contratto e impresa, 2000, pag. 1081 e ss., in specie pag. 1083 (“nessuno ormai dubita più dell’esistenza di un vero e proprio diritto giudiziario, ossia un diritto creato dalla giurisprudenza”) ; id., Trattato di diritto civile, cit., I, p. 134 e ss.; Id., L’efficacia vincolante del precedente di Cassazione, in Contratto e impresa, 1999, pag. 889 e ss.; l’A. sottolinea opportunamente che il punto di partenza è il concetto di “norma elastica”; norme elastiche sono  le clausole generali, ma “anche i concetti giuridici non definiti legislativamente”; nel caso di norme elastiche, il giudice di merito “compie un’attività di integrazione giuridica”; grazie a questa attività di integrazione giuridica, “il giudice crea diritto, e non si limita ad applicare la legge; è vero che egli crea sub-norme, nel quadro della compatibilità con le norme poste dalle legge…”; vedasi anche G. TARELLO, L’interpretazione della legge, Milano, 1980, pag. 42 e ss.; G. SICCHIERO, Il principio di effettività e il diritto vivente, in Giur. it., 1995, IV, 263. In giurisprudenza, Cass. 18 gennaio 1999 n. 434 in Foro it., 1999, I, 1819; Cass. 22 ottobre 1998 n. 10514, ibidem.