Jus CivileISSN 2421-2563
G. Giappichelli Editore

Pluralismo e statuti giuridici delle persone (di Carmelita Camardi, Professoressa ordinaria di Diritto privato – Università Ca’ Foscari Venezia)


Il saggio si propone di ricostruire il percorso di giuridificazione della persona, dal soggetto astratto delle codificazioni alla costruzione dei diritti della personalità in funzione dei principi di solidarietà e di dignità. In tal senso, la categoria generale del pluralismo è idonea a sistemare gli statuti delle persone, come configurati in ragione delle diverse generazioni di diritti e della affermazione del principio di autodeterminazione della propria identità.

Pluralism and juridical statutes of the person

The essay aims to explain the milestones of juridification of the person, from the first representation as abstract subject until the cultural process culminating in the fundamental rights of the personality charters, according to the solidarity and dignity principles. The general category of pluralism is suitable for settling various people's statutes, based on the different generations of rights and in light of the self-determination principle.

SOMMARIO:

1. Premessa - 2. Normare (i diritti del) le persone - 3. Il percorso dal soggetto alle persone. Il pluralismo relazionale ed economico nella dimensione costituzionale - 4. Segue. Il pluralismo esistenziale e lo sviluppo delle identità (nella dimensione familiare) - 5. La dignità e la liberazione delle persone dai ruoli familiari - 6. Dignità e scelte sul corpo fisico - 7. Corpo elettronico e dati personali - 8. Qualche riflessione finale e qualche prospettiva in punto di effettività - NOTE


1. Premessa

Nel contesto di un incontro che si interroga sulle sorti dello strumento “codice” nella prospettiva di un ordinamento sovranazionale, un discorso sulle “persone” può acquistare coerenza con questa prospettiva, oltre che interesse scientifico, laddove si articoli non tanto sul piano contenutistico, quanto su quello teorico. L’interesse cioè è quello di enucleare gli strumenti tecnici mediante i quali si costruisce –o si può costruire– la fenomenologia giuridica della persona, il punto di vista a partire dal quale la stessa è inquadrata nel sistema dei soggetti di diritto, i presupposti ai quali è legata l’attribuzione dei relativi diritti, poteri e limiti, la possibilità o meno di considerare tali diritti come fattispecie tipiche piuttosto che come declinazioni non tassative dei principi che nel moderno costituzionalismo sono rivolti alla persona. Questo approccio è dovuto, con ogni evidenza, al fatto che la fenomenologia giuridica della persona si presenta complessa in modo unico, non paragonabile ad altre, per essere la persona espressione con la quale si evoca quel quid di inesplicabile che è l’essere umano, e che di per sé non si lascia ridurre ad una categoria conoscitiva unitaria. Ed infatti, per quanto il diritto delle persone possa condividere con gli altri settori dell’ordinamento talune caratteristiche di fondo, ad esempio quelle che vincolano il legislatore ad una normazione tendenzialmente egalitaria e a vocazione generale, tuttavia non c’è dubbio che l’evoluzione degli ordinamenti contemporanei verso una cifra marcatamente personalistica è avvenuta attraverso l’introduzione di principi che rimangono esclusivi del diritto delle persone, e che registrano un grado di inderogabilità assai elevato, ed a volte nemmeno bilanciabile con altri principi, e che possono esitare nell’applicazione di statuti differenziati. La scelta storica operata dalle Carte dei diritti del secondo dopoguerra va indubbiamente in questa direzione e conferisce perciò al diritto costituzionale delle persone una primazia anche dinamica, capace di condizionare l’applicazione di tutte le norme e di attualizzarle in funzione personalistica con modalità fortemente espansive. Quando la Carta di Nizza esordisce proclamando l’inviolabilità della dignità umana, essa [continua ..]


2. Normare (i diritti del) le persone

Una rapida osservazione dello stile che caratterizza – ad oggi – gli interventi normativi o i relativi progetti riformatori restituisce nella materia delle persone fisiche uno scenario controverso e altamente differenziato. Per un verso, i progetti nazionali di riforma dei codici si concentrano sugli aspetti patrimoniali in senso stretto dei rapporti civili (obbligazioni e contratti, successioni), e non prendono nemmeno in considerazione il tema delle persone fisiche, il cui principale articolo di riferimento peraltro si ritiene da tempo superato [1]; oppure lo fanno indirettamente, per ciò che concerne i rapporti personali o patrimoniali tra coniugi, o parti di una unione civile, anche in previsione di una eventuale crisi e comunque in riferimento all’educazione dei figli, e in ogni caso nel rispetto dei diritti fondamentali della persona umana [2]. Più in generale, comunque, questi progetti non si presentano come vere e proprie “ricodificazioni”, come riscrittura del volto o del corpo della sovranità di un paese [3], bensì come mera legislazione, adeguamento, che non è in grado di incidere significativamente sulla costruzione della società civile di un paese. In questo scenario, i diritti delle persone sono anch’essi certamente toccati e ritoccati (parlerò più avanti della riforma della parità di genere in Francia come di un modello normativo interessante del diritto delle persone), ma in assenza di una visione strategica e di ricostruzione di un preciso progetto di mondo. Per altro verso, a fronte della rilevanza che la cultura giuridica riconosce alle Carte dei diritti, e ai profili di “persone” che esse costruiscono con riferimento talvolta indiretto ad elementi differenziali tendenzialmente oggettivi [4]; la legislazione ordinaria non manca di prospettare una serie di altre figure di persone ritenute meritevoli di attenzione normativa in quanto tali o più spesso per talune preferenze o orientamenti soggettivi, o ancora in quanto alle prese con talune circostanze della vita decisive. Mi riferisco, ad esempio, al disegno di legge Zan (contro la discriminazione e la violenza per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orienta­mento sessuale, ovvero sull’identità di genere e sulla disabilità) [5]; e alla legislazione sull’interruzione volontaria della gravidanza [6], [continua ..]


3. Il percorso dal soggetto alle persone. Il pluralismo relazionale ed economico nella dimensione costituzionale

Il cosiddetto passaggio dal soggetto alla persona, incarnato in primis nei diversi modelli del Codice civile e della Costituzione, non dà luogo dunque al superamento della soggettività come tecnica di attribuzione dei diritti individuali, piuttosto veicola un diverso modello antropologico, che si affianca al primo. Deastrattizza il soggetto come fattispecie e fa esplodere il dato “umano” occultato dal mero attributo della capacità, in tutta la sua complessità. Si fronteggiano così il modello individualistico dell’uomo borghese proprietario, mercante e produttore, capofamiglia, padre/marito padrone, messo in forma dal soggetto astratto “capace di agire”; ed insieme il modello dell’uomo sociale che costruisce la sua personalità nella dimensione partecipativa e relazionale: nelle società intermedie e nella società politica in generale. I primi 4 articoli della Costituzione, già nel proclamare la Repubblica fondata sul lavoro, spostano l’attenzione su una figura che “svolge la sua personalità” nel contesto sociale del suo “lavoro”, e sotto l’egida non più dell’egoismo proprietario ma della solidarietà politica economica e sociale, alla stregua della quale sono peraltro riconosciuti i diritti inviolabili (art.2) [22]. E così, come il diritto liberale aveva liberato l’individuo dalla soggezione personale e dagli status feudali, per proiettarlo nei dispositivi di connessione tipici della società borghese, sostanzialmente il mercato (sul piano economico-sociale) e la famiglia fondata sul matrimonio (sul piano esistenziale); alla stessa maniera il nuovo diritto “sociale” apre un lento processo di correzione se non di scardinamento di tali dispositivi, dando avvio ad una nuova stagione di diritti intesi a liberare l’identità delle persone dalle “gabbie” e dai condizionamenti in tal modo istituite [23]. Sono due i canali lungo i quali il processo si articola. In primis, l’attribuzione aggiuntiva di quei diritti sociali che colmano l’incapacità dei diritti individuali classici di rimuovere le disuguaglianze di fatto che si frappongono alla partecipazione di tutti i lavoratori alla vita politica sociale ed economica del paese. E contestualmente la ridefinizione dei ruoli familiari, nella direzione sinteticamente definita [continua ..]


4. Segue. Il pluralismo esistenziale e lo sviluppo delle identità (nella dimensione familiare)

L’attenzione va dunque spostata agli effetti performanti della persona indotti – come si accennava – dal modello della famiglia tradizionale. Il processo evolutivo è qui più delicato. Non bisogna dimenticare infatti che nella famiglia si concentrano molte se non tutte le dinamiche (esperienziali e formali) concernenti l’identità individuale, e che nelle pieghe dei rapporti coniugali, parentali, con e tra i figli, si consumano modelli esistenziali che incidono profondamente sul processo di formazione della personalità, sulla possibilità stessa di “diventare persone”. Si vuol dire, “persone” dotate non tanto di diritti soggettivi o sociali previsti dalla legge, quanto di quel generale diritto all’autodeterminazione sulla propria vita e sulla propria esistenza che non coincide affatto con la libertà negoziale e nemmeno con l’asset dei diritti soggettivi patrimoniali, tradizionale corredo del soggetto di diritto, o dei diritti sociali e relazionali [32]. Del resto la copiosa e intelligente letteratura sul diritto di famiglia ha da tempo messo in evidenza lo stretto collegamento che corre tra l’adozione – o meno – di un certo modello familiare, specie se coincidente con quello tradizionale fondato sul matrimonio e certamente oggetto di preferenza nel nostro ordinamento [33] e la possibilità di effettivo esercizio del diritto di esprimere liberamente la propria personalità anche fuori da questo schema. Laddove con chiarezza la carta di Nizza stabilisce una serie di “diritti” la cui ragionevole combinazione apre la strada ad una personalizzazione pluralistica di ciascun soggetto nella organizzazione della propria esistenza, al riparo da ingerenze e discriminazioni provenienti dall’esterno, ma anche dall’in­terno dei propri nuclei originari di appartenenza, in primis dalle famiglie [34]. Come si accennava, questa forma di personalismo marca una differenza concettuale e formale dal personalismo attuato attraverso i diritti sociali. E seppur non possa negarsi che le “figure” istituite attraverso l’in­troduzione dei diritti sociali esplicitassero una tecnica normativa attenta anche ai profili strettamente personali del benessere che si voleva garantire, non si può nemmeno negare che questa tecnica trovasse la sua ratio anche nella necessità di allargare [continua ..]


5. La dignità e la liberazione delle persone dai ruoli familiari

La dignità legittima innanzitutto il processo di degerarchizzazione e riordino dei ruoli familiari, liberando potenzialmente le persone dal condizionamento di quelli tradizionalmente dominanti, per come istituiti dalle discipline che la legge vi ha dedicato [45]. Gli elementi che compongono lo statuto delle persone nella chiave di dignità prima formulata sono molteplici, e ciascuno di essi rappresenta la rottura di un tassello la cui somma restituiva una societas per un verso governata all’insegna della coppia potere/soggezione, diversamente distribuita nei vari rapporti orizzontali o verticali cui lo sviluppo della famiglia dava luogo nel tempo, con la nascita dei figli e l’invecchiamento dei genitori. E per altro verso del tutto chiusa verso l’acco­glienza di soggetti esterni, o nati “al di fuori di essa” pur se generati da uno dei suoi componenti. Dal principio della parità fra coniugi, al divorzio, al diritto del minore all’ascolto; all’uguaglianza dei figli comunque nati, alla legge sulla procreazione assistita, e così via, la dignità penetra nell’impianto della famiglia, per restituire ai componenti l’autodeterminazione personale sulle condizioni della propria esistenza – la privacy – e con essa la liberazione delle differenze. Ciò che poi proietta ciascuna persona dalla famiglia alla società, dove il principio di non discriminazione assiste – strumento principe – la scelta liberamente effettuata in ordine alle proprie tendenze contro i condizionamenti opposti dai ruoli sociali e dalle relative convenzioni consolidate [46]. In questo ideale percorso del singolo nell’esplicazione della propria personalità, dalla vita all’interno della famiglia, già nell’età minore, alla vita personale e professionale da adulto, la dignità si riarticola nelle funzioni normative che la dottrina ha individuato in termini di difesa, protezione e prestazione: un reticolo di garanzie fatto di diritti a diverso contenuto, ma anche di poteri di scelta in ordine alle proprie condizioni di vita contro ogni ingerenza esterna. Sì da veicolare il principio per il quale la protezione dei valori della persona sia il fine ultimo della società democratica ed il suo principale motore [47]. Nella complessità che contraddistingue il diritto delle persone in questa cornice, a [continua ..]


6. Dignità e scelte sul corpo fisico

Ma il carattere paradigmatico della dignità associata agli altri principi non si ferma qui. Ci sono almeno altri due contesti nei quali essa agisce a rimodellare la libertà di autodeterminazione della persona. Il primo è quello del controllo del proprio corpo. Il secondo – apparentemente diverso – è quello del controllo dei propri dati personali. Anche in questo caso, la presente sede mi esonera foss’anche dal cominciare la ricognizione delle discipline vigenti in questi campi. Il mio intento è solo quello di evidenziare come il connubio di dignità e libertà rende possibile riorganizzare giuridicamente l’interferenza tra la singola persona e il sistema sociale volta per volta interpellato dalla scelta compiuta nel nome dell’autodeterminazione della propria sfera privata e della propria identità. E viceversa, come l’invadenza realizzata o tentata da parte di un sistema sociale sulla sfera privata del singolo possa essere governata nel nome della protezione e dell’autocontrollo della sfera privata. Il primo contesto è il terreno caldo della vita, della morte e della cura e disponibilità del corpo. Qui l’interferenza tra l’etica nella quale il singolo individua la misura della propria dignità, e l’etica nella quale la società può in senso contrario individuare la giusta via da seguire non segue indirizzi unitari. Mentre è forte l’ingerenza della tecnologia, che moltiplica il novero delle possibili scelte che alternativamente si offrono alla persona su questo terreno. I temi sono noti. Un primo ambito è dato principalmente dalle questioni legate alle scelte esistenziali in senso stretto: dall’interruzione della gravidanza, alla maternità surrogata, al suicidio assistito invocando la dignità della morte, all’interruzione delle cure sanitarie per un paziente clinicamente morto [53]. Qui il tema giuridico non attiene al riconoscimento identitario di diritti intesi a rimediare alla stigmatizzazione sociale generata dagli stereotipi dominanti, e supera dunque il profilo fin qui esaminato della frammentazione delle identità in ragione della scelta di vivere secondo un “proprio” orientamento. Qui la dignità agisce come paradigma puro di autodeterminazione sulla propria ed in parte sull’altrui esistenza, sebbene sia evidente come i [continua ..]


7. Corpo elettronico e dati personali

Sul terreno analitico al quale adesso si fa cenno, la problematica dello statuto personale presenta connotati ancora differenti. Qui non si tratta di bilanciare scelte private e stereotipi sociali, preservando l’identità delle persone dai pericoli dello Stato etico o delle convenzioni sociali. Si tratta piuttosto di arginare l’invadenza di altri sistemi e poteri – quello economico in combinazione con quello tecnologico – nei confronti della sfera personale privata. La felice metafora di Rodotà, quella del corpo elettronico [63], restituisce l’esatta percezione del problema. Da una parte la proiezione del corpo nella società dell’informazione digitale rende plasticamente l’idea dello sdoppiamento dell’uomo e della sua identità nel cyberspazio, secondo la percezione di sé che volta per volta si vuole manifestare; dall’altra, la spinta al potenziamento di tale proiezione da parte di una incessante produzione di servizi che assorbono informazioni, le rielaborano attraverso potenti strumenti di intelligenza artificiale e creano personalità “aggiuntive”, potenzialmente in grado di reagire sulla persona e di condizionare i suoi comportamenti. Si ripropone così il tema della eterodeterminazione delle scelte individuali, e di conseguenza quello della neutralizzazione di eventuali effetti di discriminazione ideologica o sociale [64]. In tal senso si parla di “colonizzazione” della vita personale da parte della tecnica e della scienza, come pure di “capitalismo estrattivo” [65], espressioni metaforiche che sottolineano la gravità del rischio al quale la persona è esposta di diventare “una miniera a cielo aperto dove chiunque può attingere qualsiasi informazione e così costruire profili individuali, familiari, di gruppo, facendo così divenire la persona l’oggetto di poteri esterni, che possono falsificarla, costruirla in forme coerenti ai bisogni di una società della sorveglianza, della selezione sociale, del calcolo economico” [66]. La dignità in combinazione con la libertà sono i principi chiamati a sorreggere un nuovo apparato di diritti che questa volta non è possibile desumere né dalla loro combinazione e nemmeno dalla mera previsione del diritto personale alla privacy introdotto dalla Carta di Nizza. Una tecnica [continua ..]


8. Qualche riflessione finale e qualche prospettiva in punto di effettività

Che dire all’esito di queste riflessioni? Credo ci siano alcuni aspetti da mettere in luce nella complessità multilevel che il quadro manifesta. Il primo concerne la permanenza di un’aspirazione universalistica nella costituzione delle figure di persone. Ad uno sguardo dall’alto, alla figura universale del soggetto persona fisica “capace” si affianca la figura a valenza universale della persona titolare della sua dignità, libera e inviolabile. E se la prima assolve all’irrinunciabile compito di consentire l’attribuzione di diritti, pretese e obblighi nella cifra dell’uguaglianza formale, cioè l’accesso al mondo del diritto; la seconda assolve all’irrinunciabile compito di garantire a ciascuno l’inviolabilità di una sfera personale di identità, integrità e autodeterminazione, nella cifra assiologica del riconoscimento della unicità dell’essere umano. Intorno a queste due figure, una fenomenologia normativa sollecitata dalla complessificazione dei sistemi sociali nei quali l’individuo è immerso, vuoi per effetto della tecnologia nelle sue applicazioni al mercato o alla stessa vita dell’uomo, vuoi per effetto dei paralleli meccanismi di globalizzazione anche culturale, ha generato l’emersione frammentata di figure personali istituite alla luce di criteri non universali, ma parziali (l’età, il sesso, l’orientamento sessuale, etc.), ovvero in ragione della peculiarità dei rapporti o dei contesti nei quali l’esperienza dell’individuo si sviluppa (la moltiplicazione degli scambi di consumo; l’avvento della digitalizzazione o le chance offerte dalle biotecnologie; la gestione della propria vita familiare). In questo scenario, un tema di primo piano per il giurista che si interroghi sulle sorti della forma “codice” è quello di una possibile sistematica degli statuti personali, da applicare al diritto delle persone. Ho qualche dubbio che ciò sia possibile, o comunque non nel senso nel quale la sistematica giuridica si è sviluppata quando la forma “codice” dominava il diritto privato e racchiudeva al suo interno pressocché tutti i modelli regolatori dei rapporti privati. Oggi la dominanza del pluralismo normativo, in tutti i suoi significati, primo fra tutti quello delle fonti, impedisce il più delle volte che la [continua ..]


NOTE