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G. Giappichelli Editore

Il diritto di prelazione nell'acquisto di immobili da costruire (di Martina Genovese, Dottoranda di ricerca in Diritto civile – Università degli Studi di Messina)


La rigidità della formula della “previa richiesta del permesso di costruire”, utilizzata dal legislatore per delimitare l’ambito di operatività del d. lgs. 122 del 2005 (“Disposizioni per la tutela dei diritti patrimoniali degli acquirenti di immobili da costruire”), è stata in parte attenuata dalla Corte costituzionale nella sentenza del 24 febbraio 2022, n. 43 in riferimento al diritto di prelazione.

Dopo aver ricostruito il percorso argomentativo seguito dalla Corte costituzionale, l'Autrice si sofferma sulla possibilità di estendere agli acquirenti su carta anche gli altri diritti previsti dal legislatore delegato, tenendo conto del delicato equilibrio tra istanze individuali e collettive, queste ultime non immediatamente rintracciabili nel testo del decreto ma la cui presenza si cela dietro la previsione di una soglia, pur minima, di regolarità urbanistica.

The right of pre-emption in the purchase of properties to be built

The Italian Constitutional Court, in the sentence of 24 February 2022, n. 43, stated for the first time that it is unreasonable not to recognize the right of pre-emption provided for by Art. 9 of the legislative decree 122 of 2005 to those who bought the property before the permission to build was requested.

After having reconstructed the argumentative path followed by the Court, the author focuses on the possibility of extending to those subjects the other rights provided by the delegated legislator, considering the delicate balance between individual and collective requests, the latter not immediately traceable in the text of the decree but whose presence is hidden behind the provision of a threshold, albeit minimal, of urban planning regularity.

SOMMARIO:

1. Premessa - 2. La richiesta del permesso di costruire quale “soglia minima di legalità” - 2.1. I soggetti legittimati alla presentazione della richiesta - 3. Il trattamento differenziato degli acquirenti su carta e la rimessione della questione alla Corte costituzionale - 3.1. La sentenza n. 43 del 24 febbraio 2022 della Corte costituzionale e il fondamento del diritto di prelazione di cui all’art. 9 d.lgs. 122/2005 - 4. Verso l’estensione dei diritti previsti dal d.lgs. 122/2005 a tutti gli acquirenti di immobili da costruire? - NOTE


1. Premessa

Il diritto di prelazione, sia esso di fonte legale o convenzionale, si sostanzia nella preferenza accordata a taluni soggetti nell’acquisto di un bene o, più in generale, nella conclusione di un determinato contratto [1].

Tra le ipotesi di prelazione legale previste nel nostro ordinamento vi è quella di cui all’art. 9 del d.lgs. 20 giugno 2005, n. 122 che attribuisce ai promissari acquirenti e agli acquirenti di immobili da costruire, al verificarsi di una situazione di crisi del venditore, il diritto di prelazione ad acquistare l’immobile “al prezzo definitivo raggiunto nell’incanto anche in esito alle eventuali offerte ai sensi dell’articolo 584 del codice di procedura civile”.

Si tratta di un’ipotesi di prelazione propria non assistita da un diritto di retratto, quindi priva di efficacia reale verso i terzi [2], introdotta dal legislatore delegato nel tentativo – da alcuni ritenuto fallito [3] – di assicurare una tutela “equa ed adeguata” [4] a coloro che, in quanto acquirenti o promissari acquirenti di beni futuri [5], risultano esposti ad un duplice rischio: quello derivante da possibili inadempienze del costruttore-alienante [6], nonché quello correlato ad un’eventuale, sopraggiunta situazione di crisi di quest’ultimo [7].

Prima dell’emanazione del decreto n. 122/2005 [8], accadeva di frequente che l’acquirente (o il promissario acquirente) di un immobile da costruire versasse in tutto o in parte il prezzo dell’immobile, salvo poi, al verificarsi del fallimento del venditore, rimanere sprovvisto di tutela, posto che l’art. 72, comma 1, della legge fallimentare rimette alla discrezionalità del curatore fallimentare la possibilità di dare esecuzione o di sciogliere il contratto “ancora ineseguito o non compiutamente eseguito da entrambe le parti” [9]. In quest’ultima ipotesi, alla difficoltà di recuperare le somme già anticipate si aggiungeva il rischio di dover rinunciare definitivamente all’immobile che, nel frattempo, era stato destinato alla procedura concorsuale e alla successiva vendita all’asta [10].

L’intervento del legislatore del 2005 ha consentito in gran parte di superare tali criticità, rafforzando la posizione dell’acquirente, soprattutto – ma non esclusivamente – da un punto di vista patrimoniale [11].

Tra i diritti di natura non patrimoniale previsti nel decreto vi è il diritto di prelazione che, ai sensi dell’art. 9, sorge al verificarsi di due presupposti: la consegna dell’immobile all’acquirente e la sua destinazione ad abitazione principale dell’acquirente stesso o di un suo parente in primo grado [12], risultando, invece, irrilevante l’eventuale escussione della fideiussione di cui agli artt. 2 e 3. Tuttavia, l’art. 9 – ed è qui che risiede l’aspetto critico della normativa – va necessariamente integrato con l’art. 1, comma 1 che alla lett. d) definisce gli immobili da costruire in funzione di un elemento oggettivo temporalmente definito: la previa richiesta del permesso di costruire. Più precisamente, tale disposizione chiarisce come “Ai fini del presente decreto devono intendersi per «immobili da costruire»: gli immobili per i quali sia stato richiesto il permesso di costruire e che siano ancora da edificare o la cui costruzione non risulti essere stata ultimata versando in stadio tale da non consentire ancora il rilascio del certificato di agibilità” [13].


2. La richiesta del permesso di costruire quale “soglia minima di legalità”

Il permesso di costruire, disciplinato nel Capo II del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia), è un titolo autorizzativo che serve a verificare la compatibilità dell’edificio in corso di costruzione con gli strumenti urbanistici, i regolamenti edilizi e la vigente normativa urbanistica [14].

La necessità di una sua richiesta, oltre che in relazione al diritto di prelazione, è ribadita più volte all’interno del d.lgs. 122 del 2005: all’art. 5, che delimita l’ambito di applicabilità della disciplina di cui agli artt. 2, 3 e 4; all’art. 6, comma 1, lett. i), che la menziona quale contenuto essenziale del contratto preliminare o di altro contratto diretto al successivo acquisto della proprietà o di altro diritto reale su un immobile o, ancora, all’art. 12, comma 3, laddove si subordina l’accesso al Fondo di solidarietà alla previa richiesta di tale permesso.

La giurisprudenza ha avuto modo di rilevare che l’utilizzo del termine “richiesta”, in luogo di “ottenimento” del permesso di costruire, non sarebbe affatto casuale ma, al contrario, esprime una precisa volontà del legislatore, volontà che, in tale specifica sede, non sembrerebbe quella di contrastare l’abusivismo edilizio. La Corte di Cassazione ha osservato in proposito che “se l’intento primario del decreto delegato fosse stato quello di predisporre un ulteriore strumento civilistico per la repressione dell’abusivismo edilizio, da affiancare a quello discendente dal d.P.R. n. 380 del 2001, art.46 (…), allora il legislatore avrebbe dovuto, per coerenza sistematica, esigere, come presupposto dell’applicabilità della disciplina, non già la presentazione della richiesta del permesso di costruire, ma l’ottenimento del titolo edilizio” [15].

In senso contrario si è espressa parte della dottrina per la quale “la delimitazione dell’ambito di applicazione della nuova disciplina ai soli casi in cui è stato richiesto il provvedimento abilitativo trova giustificazione non solo nell’esigenza di tutela dell’acquirente (limitando la contrattazione «sulla carta» al solo caso in cui esista già un progetto «definitivo», presentato a corredo della richiesta di permesso di costruire); ma soprattutto nell’intento di contrastare l’abusivismo edilizio” [16].

Pur restando poco chiare le ragioni che hanno indotto il legislatore a limitarsi a richiedere, ai fini dell’accesso al ventaglio di tutele contenute nel d.lgs. n. 122/2005, semplicemente un “fumus di regolarità edilizia” [17] – in quanto la mera presentazione della richiesta del permesso di costruire “non garantisce la sicurezza della regolarità giuridica dell’immobile” [18] – occorre innanzitutto interrogarsi su quali siano i soggetti in grado di presentare l’istanza, così da realizzare tale soglia minima di legalità.

Ai sensi dell’art. 11, comma 1, del d.P.R. n. 380/2001, “Il permesso di costruire è rilasciato al proprietario dell’immobile o a chi abbia titolo per richiederlo”. Se, però, è certo che gli acquirenti o i promissari acquirenti di immobili da costruire per definizione non possano considerarsi proprietari dell’immobile [19], si può invece ritenere che gli stessi integrino la seconda qualificazione soggettiva, ossia che abbiano titolo per richiedere il permesso di costruire?


2.1. I soggetti legittimati alla presentazione della richiesta

Secondo l’orientamento giurisprudenziale maggioritario, legittimati all’istanza sarebbero soltanto coloro i quali hanno “una relazione qualificata a contenuto reale con il bene, non essendo sufficiente, per giurisprudenza consolidata, il solo rapporto obbligatorio (…)” [20]. Può, però, ammettersi la richiesta da parte di coloro che hanno concluso un contratto ad effetti obbligatori – come nel caso del conduttore cui sia stato locato un immobile [21] – laddove tali soggetti siano autorizzati in base al contratto o abbiano ricevuto il consenso da parte del proprietario. Sulle caratteristiche del consenso, peraltro, si riscontrano pronunce di segno opposto: se talvolta è stato richiesto l’“espresso e persistente consenso da parte del proprietario” [22], altre volte ci si è accontentati dell’acquisizione del consenso “quantomeno implicito” del proprietario del bene [23]; altre volte ancora, seppur limitatamente all’ipotesi di adeguamento dell’immobile alle disposizioni in materia di sicurezza [24], si è persino ritenuto che l’assenso del proprietario non fosse necessario.

I giudici amministrativi hanno, inoltre, chiarito che la legittimazione a richiedere il permesso di costruire spetta anche ai promissari acquirenti in quanto il contratto preliminare costituisce un titolo di disponibilità sufficiente per eseguire l’attività edificatoria [25]. In taluni casi, però, si è, altresì, richiesto che tali soggetti fossero in possesso del godimento dell’immobile [26] o che il preliminare contenesse il consenso del proprietario in ordine all’effettuazione dei lavori edili [27].

Tuttavia, tali circostanze appaiono di non facile realizzazione nel caso dei promissari acquirenti “su carta”, ossia di coloro che hanno stipulato sulla base di un progetto, i quali, pertanto, difficilmente potranno sostituirsi al costruttore-alienante nell’assolvimento di tale onere. Ne consegue che la decisione in ordine all’accesso alla gamma di tutele pensate per proteggere la parte contrattualmente più debole sembra pur sempre rimessa alla parte contrattualmente più forte [28].


3. Il trattamento differenziato degli acquirenti su carta e la rimessione della questione alla Corte costituzionale

Proprio sulla base della lettera della legge – che sul punto è inequivocabile – la giurisprudenza era giunta a trattare in maniera differenziata gli acquirenti di immobili da costruire, riconoscendo i diritti sanciti nel d.lgs. n. 122/2005 soltanto a coloro che avevano stipulato dopo che era stata presentata la richiesta del permesso di costruire o di altro titolo equivalente e non anche agli acquirenti su carta [29].

In particolare, in relazione al diritto alla garanzia fideiussoria – che a questi ultimi non era stato riconosciuto – la Corte costituzionale, con sentenza del 19 febbraio 2018, n. 32 [30], aveva affermato che, in realtà, una simile disparità di trattamento non era irragionevole poiché deve ritenersi meritevole di tutela solo quell’affidamento che si colloca in un contesto di legalità, legalità testimoniata, per l’appunto, dall’avvio del procedimento amministrativo mediante la richiesta del provvedimento abilitativo alla costruzione. E in ogni caso – sosteneva la Corte – anche in mancanza di tale richiesta, l’acquirente (o il promissario acquirente) non restava del tutto sprovvisto di tutela, posto che residuava il rimedio codicistico di cui all’art. 1472, comma 2 c.c., che dispone la nullità della vendita laddove “la cosa non viene ad esistenza” [31].

Eppure, dal confronto con il d.lgs. del 2005, appare evidente come quella codicistica sia una tutela decisamente irrisoria poiché l’acquirente su carta, di fronte al rischio di un eventuale fallimento del costruttore, ha semplicemente il diritto di far valere nel passivo il credito conseguente al mancato adempimento, alla stregua di qualsiasi altro creditore chirografario, senza che gli sia dovuto alcun risarcimento del danno [32].

Il problema assume una maggiore consistenza quando in gioco vi siano diritti di natura non patrimoniale diretti al soddisfacimento di esigenze primarie della persona umana, quale l’esigenza abitativa [33].

Proprio in quest’ottica si inscrive la sentenza della Corte costituzionale del 24 febbraio 2022, n. 43 con cui è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo, per contrasto con l’art. 3 Cost., il combinato disposto degli artt. 1, comma 1, della legge delega 2 agosto 2004, n. 210 e 1, comma 1, lett. d), e 9, comma 1 del relativo decreto legislativo di attuazione nella misura in cui non riconoscono il diritto di prelazione a tutti gli acquirenti di immobili da costruire e in particolare non lo riconoscono agli acquirenti su carta.

Il caso da cui ha tratto origine l’ordinanza di rimessione alla Corte è stato quello di una società cooperativa che aveva stipulato con alcuni soci contratti di “prenotazione di alloggio” in forza dei quali la cooperativa si sarebbe impegnata a trasferire loro la proprietà degli appartamenti dietro il pagamento di un corrispettivo, in parte già versato al momento della sottoscrizione del contratto di prenotazione ed in parte da versare al momento della stipula del contratto definitivo.

Nel momento in cui l’intero complesso edilizio veniva pignorato, i soci prenotatari, che nel frattempo avevano occupato i rispettivi alloggi, reclamavano il proprio diritto di prelazione nell’acquisto dell’immo­bile, secondo quanto disposto dall’art. 9, comma 1 del d.lgs. n. 122/2005.

Tuttavia, tale diritto venne riconosciuto soltanto a coloro che avevano stipulato il contratto dopo che già era stato richiesto il titolo abilitativo alla costruzione; tutti gli altri soci, a cui il diritto di prelazione era stato negato, proposero un reclamo al giudice dell’esecuzione che si concluse con un’ordinanza di rigetto, anch’essa reclamata ai sensi dell’art.669-terdecies c.p.c. In particolare, veniva proposta una lettura estensiva dell’art. 9 che, sebbene non condivisa dal giudice remittente, ha indotto quest’ultimo a sollevare questione di legittimità costituzionale ritenendo la questione rilevante e non manifestamente infondata: rilevante perché dalla sua decisione sarebbe dipeso il possibile accoglimento dei reclami proposti e l’eventuale riconoscimento del diritto di prelazione ai soci, indipendentemente dall’anteriorità della stipula del contratto rispetto alla richiesta del permesso di costruire; non manifestamente infondata in quanto il trattamento differenziato di chi si trova nelle medesime condizioni – fatta salva “la mera circostanza di aver concluso il contratto prima che il costruttore presentasse la richiesta del permesso di costruire” – induce a dubitare del rispetto del dettato costituzionale e, in particolare, del principio di uguaglianza di cui all’art. 3 Cost.


3.1. La sentenza n. 43 del 24 febbraio 2022 della Corte costituzionale e il fondamento del diritto di prelazione di cui all’art. 9 d.lgs. 122/2005

La Corte costituzionale, attraverso una lucida e puntuale ricostruzione dell’assetto di interessi che il diritto di prelazione di cui all’art. 9 mira a proteggere, interessi che hanno natura diversa da quelli che altre disposizioni del medesimo decreto intendono tutelare, ha accolto la questione di legittimità costituzionale, riconoscendo per la prima volta l’irragionevolezza del trattamento accordato agli acquirenti su carta.

Se è vero che il d.lgs. n. 122/2005 è volto principalmente alla tutela del risparmio, in attuazione dell’art. 47 Cost. [34], allo stesso tempo – constata la Corte – al suo interno vi sono alcune disposizioni – e qui il riferimento è all’art. 9 sul diritto di prelazione e all’art. 10 che esclude l’esperibilità dell’azione revocatoria fallimentare per gli atti a titolo oneroso aventi come effetto il trasferimento della proprietà o di altro diritto reale di godimento su immobili da costruzione, nei quali l’acquirente si sia impegnato a stabilire la residenza propria o di suoi parenti o affini entro il terzo grado – che “perseguono anche la primaria esigenza di difendere il diritto inviolabile all’abitazione (art. 2 Cost.)”.

Più precisamente, il diritto all’abitazione [35], ed in particolare ad un’abitazione dignitosa, rientra tra i diritti fondamentali della persona [36] ed è ascrivibile al novero dei diritti sociali cosiddetti “condizionati”, ossia quei diritti che comportano un impegno attivo dello Stato idoneo a far sì che nessuno rimanga privo di un’a­bitazione, nei limiti, però, delle risorse finanziarie disponibili [37].

Pur non potendosi ritenere tutelato in termini assoluti, data la necessità di un contemperamento con altri valori di pari rango costituzionale [38], il diritto all’abitazione si pone alla base di numerosi interventi legislativi dettati nell’ottica non solo di assicurare un’abitazione a chi ne è privo ma anche di agevolarne l’acquisto o mantenerne la titolarità, soprattutto in presenza di specifiche categorie di soggetti [39].

Senza voler in questa sede soffermarsi sulla molteplicità ed eterogeneità degli istituti volti a proteggere il bene casa, quel che si vuole porre in luce è piuttosto l’ampiezza del diritto in parola, un diritto che si sostanzia nella rivendicazione di uno spazio entro cui fissare il vivere quotidiano e nel quale confluiscono plurimi interessi, parimenti fondamentali e dotati di una garanzia costituzionale [40].

Ora, se si osserva la rubrica del d.lgs. n. 122/2005, “Disposizioni per la tutela dei diritti patrimoniali degli acquirenti di immobili da costruire” (identica, peraltro, a quella della legge delega da cui il decreto ha tratto le mosse), si può rilevare come la stessa pecchi di imprecisione, posto che non tutti i diritti sanciti nel decreto hanno natura patrimoniale.

Se è vero che in molti casi il diritto di prelazione risulta funzionale alla tutela della proprietà o del­l’impresa [41], non così accade per il diritto di prelazione di cui all’art. 9, il quale è piuttosto preordinato a tutelare il diritto all’abitazione e, con esso, quell’intreccio di esigenze e di interessi di natura non patrimoniale che, come si è detto, ruotano attorno all’abitazione quale sede in cui trova espressione e si sviluppa la personalità umana.

Ecco perché, nel momento in cui ricorrono le condizioni indicate all’art. 9 ai fini dell’attribuzione del diritto di prelazione, non può che ritenersi identico il diritto inviolabile da tutelare, tanto nel caso in cui l’originario acquisto dell’immobile sia avvenuto dopo che il costruttore aveva presentato la domanda di permesso di costruire, quanto nell’ipotesi in cui sia stato stipulato anteriormente [42].

Trattandosi, inoltre, di prelazione propria, ossia del diritto di essere preferiti a parità di condizioni con i terzi, per i creditori procedenti dovrebbe risultare indifferente la persona dell’acquirente: sia che si tratti degli acquirenti rientranti nella definizione di cui all’art. 1, comma 1, lett. d) (ossia coloro che hanno stipulato il contratto successivamente alla presentazione della richiesta del permesso di costruire), sia che si tratti degli acquirenti su carta, sia, infine, che si tratti di terzi offerenti, identico sarà il prezzo d’acquisto (quello, cioè, definitivo raggiunto nell’incanto in seguito alla procedura esecutiva) [43].


4. Verso l’estensione dei diritti previsti dal d.lgs. 122/2005 a tutti gli acquirenti di immobili da costruire?

La pronuncia della Corte costituzionale getta le basi per una tutela effettiva degli acquirenti su carta quali contraenti deboli che, spesso al fine di soddisfare un’esigenza abitativa, accettano di investire i propri risparmi in un’operazione di per sé particolarmente rischiosa. Tuttavia, non tutti i dubbi interpretativi che ruotano attorno al d.lgs. n. 122/2005 risultano sciolti e, in particolare, occorrerebbe chiedersi quale sia la sorte degli altri diritti previsti nel decreto [44].

Come ha chiarito la stessa Corte costituzionale, vi sono alcune tutele correlate alla stipula del contratto a effetti obbligatori o reali differiti (artt. 2, 3 e 6), altre che operano all’atto del trasferimento della proprietà (art. 4) o in vista del contratto a effetti traslativi (artt. 7 e 8) e altre ancora che scaturiscono al verificarsi di particolari circostanze successive all’originario atto di acquisto (artt. 9, 10, 12). A tale distinzione occorre aggiungere quella tra diritti che mirano a tutelare interessi di natura patrimoniale e diritti che sono funzionali alla tutela di interessi di tipo non patrimoniale.

Se certamente appare condivisibile estendere agli acquirenti su carta quelle disposizioni che tutelano il bene primario all’abitazione (e, dunque, l’art. 9 sul diritto di prelazione e l’art. 10 che esclude la possibilità di esperire l’azione revocatoria fallimentare per l’immobile adibito ad abitazione principale dell’acquirente o di suoi parenti o affini entro il terzo grado), diverso è il discorso in relazione alle norme poste a tutela di diritti di natura patrimoniale. Sotto questo profilo, probabilmente una estensione generalizzata delle tutele potrebbe apparire eccessiva in quanto è vero che il rapporto contrattuale tra l’acquirente e il costruttore-alienante, come si è detto [45], risulta fortemente sbilanciato in danno del primo, ma si tratta pur sempre di un ambito in cui l’interesse individuale del singolo – e, nella specie, dell’acquirente – dev’essere necessariamente coniugato con un altro interesse, ulteriore rispetto a quello, parimenti individuale, riferibile al costruttore-alienante [46]. Si tratta – più precisamente – dell’interesse della collettività a che il progetto edilizio sia conforme a tutta una serie di norme (antisismiche, di sicurezza, antincendio, igienico-sanitarie e di efficienza energetica), il cui rispetto dev’essere dimostrato già al momento del deposito dell’istanza, dovendo la stessa essere accompagnata da una dichiarazione del progettista abilitato che asseveri la conformità del progetto agli strumenti urbanistici approvati ed adottati, ai regolamenti edilizi vigenti e alle altre normative di settore aventi incidenza sulla disciplina dell’attività edilizia [47].

In altri termini, sebbene il legislatore abbia optato per una soglia minima di legalità, accontentandosi della richiesta del permesso di costruire e prescindendo dal rilascio dello stesso, è pur sempre ravvisabile un interesse pubblico, ascrivibile alla generalità dei consociati, che rimane la ragione principale che impedisce l’attribuzione della totalità delle tutele agli acquirenti su carta.


NOTE

[1] Diversa è l’accezione di prelazione legata alla disciplina del credito, da intendersi come la posizione di preferenza attribuita a determinati soggetti al fine di consentire loro di soddisfare in via prioritaria le proprie ragioni creditorie, come nel caso dei privilegi, del pegno o dell’ipoteca. Sul duplice modo di intendere la nozione di prelazione cfr. L. V. Moscarini, voce Prelazione, in Enc. dir., XXXIV, Giuffrè, Milano, 1985, 981. Per una disamina delle più significative figure di prelazione v., per tutti, G. Benedetti, L.V. Moscarini, Prelazione e retratto, Giuffrè, Milano, 1988.

[2] L’art. 9, comma 5 del d.lgs. 20 giugno 2005, n. 122 espressamente esclude “in ogni caso, il diritto di riscatto nei confronti dell’aggiudicatario”. Laddove, quindi, non sia rispettato il diritto di prelazione del promissario acquirente, costui nulla potrà fare se non chiedere il risarcimento del danno. Per un commento di tale disposizione v. A. Luminoso, La tutela degli acquirenti di immobili da costruire, Appendice a La compravendita, Giappichelli, Torino, 2005, 23 e A. Re, G. Scaliti, La nuova disciplina degli acquisti di immobili da costruire – D.Lg. 20 giugno 2005, n.122, Utet, Torino, 2006, 139.

[3] U. Stefini, L’applicazione della normativa di tutela degli acquirenti di immobili da costruire, e il problema degli immobili per i quali non sia stato ancora richiesto il permesso di costruire, nota a Cass., sent. 10 marzo 2011, n. 5749, in Nuova giur. civ. comm., 2011, 957.

[4] Cfr. art. 3, comma 1, lett. a) della legge delega 2 agosto 2004, n. 210.

[5] Tali sono gli immobili da costruire. A differenza, però, della vendita di cose future di cui all’art. 1348 c.c., nel caso degli immobili da costruire “è lo stesso legislatore a prevedere quale sia il momento della venuta ad esistenza del bene (…): questo momento coincide con quello in cui l’immobile si viene a trovare in uno stato tale da consentire il rilascio del certificato di agibilità (che, secondo gli artt. 24 e 25 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, richiede il completamento dell’edificio)”: così U. Stefini, L’applicazione della normativa di tutela degli acquirenti di immobili da costruire, e il problema degli immobili per i quali non sia stato ancora richiesto il permesso di costruire, cit., 961.

[6] Si noti come nel d.lgs. n. 122/2005 la figura dell’alienante e quella del costruttore coincidono: quest’ultimo, infatti, è definito all’art. 1, comma 1, lett. b) come “l’imprenditore o la cooperativa edilizia che promettano in vendita o che vendano un immobile da costruire (…)” (corsivo aggiunto), fermo restando che è ben possibile che la realizzazione della costruzione sia data in appalto o comunque eseguita da terzi (v. art. 6, comma 1, lett. l) del decreto).

[7] Le situazioni di crisi sono tassativamente elencate all’art. 1, comma 1, lett. c). Si tratta della sottoposizione del costruttore ad esecuzione immobiliare, in relazione all’immobile oggetto del contratto, ovvero a fallimento, amministrazione straordinaria, concordato preventivo, liquidazione coatta amministrativa. Sul silenzio del legislatore in ordine ad altre possibili situazioni “pericolose” (iscrizione di ipoteche, giudiziali o volontarie, la trascrizione di sequestro, conservativo o giudiziario; trascrizione di domande giudiziali) cfr. G. Petrelli, La nuova disciplina a tutela degli acquirenti di immobili da costruire, Relazione al Convegno Paradigma, Milano, 15 aprile 2005, in www.gaetanopetrelli.it.

[8] Tale intervento è stato preceduto dalla l. 28 febbraio 1997, n. 30 che ha introdotto nel c.c. l’art. 2645-bis in materia di trascrizione dei contratti preliminari aventi ad oggetto edifici da costruire o in corso di costruzione e l’art. 2775-bis che riconosce ai crediti del promissario acquirente un privilegio speciale sul bene immobile oggetto del contratto preliminare. In dottrina, tuttavia, si ritiene, pressoché unanimemente, che tale tutela sia inadeguata e insufficiente, soprattutto “con riguardo alle ipotesi di fallimento del promittente venditore, rispetto alle quali l’impatto delle nuove norme appare ben più modesto” (A. Re, G. Scaliti, La nuova disciplina degli acquisti di immobili da costruire – D.Lg. 20 giugno 2005, n.122, cit., 9 s.; A. Luminoso, La tutela degli acquirenti di immobili da costruire, cit., 3 s.).

[9] In deroga a tale regola, il comma 8 dell’art. 72 l. fall., introdotto dal d.lgs. 12 settembre 2007, n. 169 e modificato dal d.l. 22 giugno 2012, n. 83, stabilisce che il comma 1 – ossia la disposizione che attribuisce al curatore il “diritto di vita o di morte sul contratto” (così A. Luminoso, Fallimento del promittente alienante e tutela del promissario acquirente, in Giur. comm., 2016, 600) – non trova applicazione nel caso dei contratti preliminari di vendita trascritti ai sensi dell’art. 2645-bis c.c., ove aventi ad oggetto un immobile ad uso abitativo destinato a costituire l’abitazione principale dell’acquirente o di suoi parenti ed affini entro il terzo grado ovvero un immobile ad uso non abitativo destinato a costituire la sede principale dell’attività di impresa dell’acquirente. Tuttavia, la giurisprudenza di merito ha affermato che: “l’ulteriore deroga al regime ordinario, prevista all’art. 72, comma 8, L. Fall., per il caso in cui l’immobile risulti destinato a costituire l’abitazione principale del promissario acquirente (…) non sarà invocabile se l’immobile non è ultimato e, dunque, in possesso dei requisiti necessari per il rilascio del certificato di agibilità”. Sul punto v. Trib. Padova, sent. 30 maggio 2019, n. 1024, in OneLegale e, in senso critico, la nota di G. Guzzardi, «Fallimento del venditore e acquisto di immobile da costruire», in Nuova giur. civ. comm., 2019, 1206 ss.

[10] Sul punto cfr. A. Barale, La tutela degli acquirenti di immobili da costruire: dall’esperienza francese alla nuova normativa italiana, in Contr. Impr., 2005, 810.

[11] Rispetto alla tutela prevista nel c.c., risultano senz’altro più efficaci i molteplici strumenti previsti dal d.lgs. n. 122/2005 al fine di proteggere i diritti dell’acquirente di immobili da costruire. Così, ad esempio, gli artt. 2 e 4 prescrivono in capo al costruttore l’obbligo di procurare il rilascio e consegnare all’acquirente una fideiussione (art. 2) e di contrarre e a consegnare all’acquirente, all’atto del trasferimento della proprietà, una polizza assicurativa decennale (art. 4); si prevede l’istituzione di un Fondo di solidarietà al fine di indennizzare gli acquirenti nell’eventualità in cui il costruttore incorra in una situazione di crisi dalla quale gli stessi risultino pregiudicati (art. 12) ed il divieto di stipula dell’atto di compravendita in assenza della cancellazione di ipoteche e pignoramenti gravanti sull’immobile (art. 8). Ad opera dell’art. 11 del d.lgs. n. 122/2005 è stato, inoltre, introdotto, all’interno della legge fallimentare, l’art. 72-bis in materia di contratti relativi ad immobili da costruire, il quale prevede che, nel caso in cui l’acquirente – prima che il curatore abbia comunicato la scelta tra esecuzione o scioglimento del contratto – abbia già escusso la fideiussione (posta a garanzia della restituzione di quanto versato al costruttore), dandone comunicazione al curatore, il contratto si intende sciolto. Vige, pertanto, il principio prior in tempore potior in iure, in quanto prevale la scelta di chi effettua la comunicazione per primo. Sul punto, cfr. E. Smaniotto, I. Scalisi, Tutela degli acquirenti di immobili da costruire, in Immobili (proprietà), 2011, 492.

[12] In dottrina è stato rilevato come l’espressione “parenti di primo grado” comporterebbe un restringimento dell’ambito applicativo dell’art. 9. In particolare, tale disposizione non opererebbe laddove l’acquirente abbia adibito l’immobile ad abitazione principale del proprio coniuge, riferendosi piuttosto all’ipotesi – frequente nella pratica – dell’acquisto di un immobile compiuto dai genitori a favore dei figli. Così G. Scaliti in A. Re, G. Scaliti, La nuova disciplina degli acquisti di immobili da costruire – D.Lg. 20 giugno 2005, n.122, cit., 15 ma v. anche A. Paolini, A. Ruotolo, Prime considerazioni sulla bozza di decreto legislativo in tema di tutela degli acquirenti di immobili da costruire o in corso di costruzione – Studio n. 5691/C/2005, in www.notariato.it.

[13] Corsivo aggiunto.

[14] V. art. 12, comma 1, d.P.R. n. 380/2001.

[15] Cass. civ., sent. 10 marzo 2011, n. 5749 in DeJure.

[16] G. Petrelli, Gli acquisti di immobili da edificare e la richiesta di permesso di costruire, in Notariato, 2005, 1234 (e dottrina ivi citata, in part. in nota 2) e 1241 ma v. anche A. Paolini, A. Ruotolo, Prime considerazioni sulla bozza di decreto legislativo in tema di tutela degli acquirenti di immobili da costruire o in corso di costruzione, secondo cui: “La limitazione agli immobili per i quali sia già stato chiesto il permesso di costruire deve, verosimilmente, essere interpretata come una presa di posizione esplicita del legislatore nel contrastare fenomeni di abusivismo edilizio, stimolando in tal modo anche la responsabilizzazione dell’acquirente”.

[17] A. Luminoso, La tutela degli acquirenti di immobili da costruire, cit., 10, in part. nota 19. In dottrina, inoltre, è stato messo in evidenza che “la menzione dei titoli abilitativi nel preliminare non è mai stata richiesta ai fini della validità del contratto”: A. Barale, La tutela degli acquirenti di immobili da costruire: dall’esperienza francese alla nuova normativa italiana, cit., 840. Evidenziato.

[18] A. Luminoso, La tutela degli acquirenti di immobili da costruire, cit., 36.

[19] V. art. 1, comma 1 lett. a), del d.lgs. n. 122/2005. Tale disposizione, peraltro, contiene una definizione di acquirente diversa da quella di consumatore. Il riferimento, infatti, è solo alla “persona fisica” (promissaria acquirente o acquirente di un immobile da costruire), mentre nulla si dice in ordine alla necessità che la stessa agisca per scopi estranei all’attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale eventualmente svolta.

[20] Così TAR Puglia, Lecce, sent. 5 maggio 2011, n. 804 in OneLegale.

[21] TAR Campania, Salerno, sent. 25 gennaio 2021, n. 201, in OneLegale, con cui è stato annullato il provvedimento con il quale il Comune aveva rigettato la richiesta di permesso di costruire presentata dalla ricorrente per la realizzazione di opere a carattere non irreversibile, collegate all’esercizio di un’attività di ristorazione nell’immobile concessole in locazione. Ciò in quanto, al di là del dissenso – del tutto immotivato – della proprietaria dell’immobile all’installazione della struttura in questione, nel contratto di locazione si prevedeva espressamente “l’impegno, per il conduttore, ad ottenere, a propria cura e spese, ‘tutti gli adeguamenti richiesti dalle vigenti disposizioni di legge in materia di sicurezza’, nonché le ‘autorizzazioni amministrative per i lavori da effettuarsi’”.

[22] TAR Puglia, Lecce, sent. 5 maggio 2011, n. 804, cit.

[23] Cons. Stato, sent. 22 maggio 2018, n. 3048, in DeJure: “È invero pacifico che il permesso non è riservato unicamente al proprietario, ma anche a chi abbia ‘titolo per richiederlo’, espressione che si indentifica con la legittima disponibilità dell’area, in base ad una relazione qualificata con la stessa di natura anche solo obbligatoria. In tali ipotesi è però altrettanto pacifica la necessaria acquisizione del consenso (quanto meno implicito) del proprietario del bene”.

[24] TAR Campania, Salerno, sent. 25 gennaio 2021, n. 201, cit., in cui si trattava di richiedere le autorizzazioni amministrative necessarie per adeguare un locale alle disposizioni in materia di sicurezza “cui possono essere agevolmente assimilate le disposizioni governative, in tema di prevenzione dal contagio da Covid-19”.

[25] TAR Sardegna, Cagliari, sent. 11 maggio 2017, n. 332, in DeJure. Sulla legittimazione dei promissari acquirenti a richiedere il titolo abilitativo alla costruzione cfr. M. Annunziata, L’elenco dei soggetti legittimati a chiedere la concessione edilizia (ora, permesso di costruire) si allunga, in Riv. giur. edil., 2005, 809.

[26] TAR Abruzzo, Pescara, sent. 1 settembre 2011, n. 504, in OneLegale: “L’art. 11 del DPR n. 380/2001, infatti, stabilisce espressamente che (…) il rilascio del permesso è fatto non solo al proprietario, ma anche a ‘chi abbia titolo per richiederlo’, ovvero per tutte le posizioni civilisticamente utili per esercitare un’attività costruttiva (cd. disponibilità giuridica ad aedificandum), che è possibile individuare anche in soggetti che vantano altra qualificata relazione legittimante il titolo edilizio, diversa dalla proprietà esclusiva, quali i contitolari del diritto dominicale, l’enfiteuta, l’usufruttuario, il titolare del diritto di superficie, d’uso e d’abitazione, fino al promissorio acquirente in possesso del godimento dell’immobile”.

[27] TAR Campania, Napoli, sent. 12 ottobre 2020, n. 4433 e giurisprudenza ivi citata, in OneLegale; TAR Sardegna, Cagliari, sent. 11 maggio 2017, n. 332, cit.; Cons. Stato, sent. 27 febbraio 2020, n. 1429, in DeJure: “ritiene il Collegio non sia necessario approfondire la questione se il preliminare di vendita, con trasferimento anticipato del possesso, possa astrattamente assurgere a titolo di legittimazione alla richiesta di titolo edilizio da parte del promissario acquirente; è certo infatti che, anche in questi casi, occorre pur sempre l’autorizzazione del proprietario-promissario venditore”.

[28] Come chiarisce la giurisprudenza di legittimità, “L’esclusione del promissario acquirente di immobili ‘sulla carta’ dal raggio di applicazione del decreto delegato (…) offre a quest’ultimo un facile strumento di elusione per sottrarsi agli oneri, anche economici, che vengono posti a suo carico dal decreto delegato, potendo questi essere indotto a preferire la stipulazione del preliminare prima di richiedere il provvedimento abilitativo, così evitando di dover offrire la fideiussione e l’assicurazione fideiussoria”: Cass., 10 marzo 2011, n. 5749, cit.

[29] Cfr., ex multis, Cass., sent. 10 marzo 2011, n. 5749, cit.; Cass., ord. 14 dicembre 2020, n. 28390 e Trib. Salerno, sent. 8 gennaio 2020, n. 65, in DeJure.

[30] Per un commento di tale pronuncia si rinvia ad F. Astone, Vendita di immobili da costruire: la difficile distinzione tra acquirenti da tutelare e non, nota a Cass., sent. 19 febbraio 2018, n. 32, in Giur. cost., 2018, 1435 ss.

[31] La giurisprudenza individua due distinti rimedi a seconda che, a seguito della stipulazione del preliminare di vendita di cosa da costruire, il venditore assuma o meno anche l’obbligazione di realizzazione del bene: nel primo caso il venditore risponde di inadempimento contrattuale se non dimostra che la prestazione promessa è venuta a mancare per causa a sé non imputabile; nel secondo caso, ossia laddove non assuma alcuna obbligazione ulteriore rispetto a quella di trasferire il bene, “ricorre la diversa ipotesi di vendita di cosa futura soggetta alla condicio iuris della sua venuta ad esistenza ad opera di un terzo (cosiddetta emptio rei speatae), la cui mancata realizzazione comporta non già la risoluzione del contratto per inadempimento ma la nullità del medesimo per mancanza di oggetto ex art. 1472 c.c.”: così Trib. Perugia, 12 giugno 2020, sent. n. 675 e giurisprudenza ivi citata, in OneLegale.

[32] Art. 72, comma 4, l. fall. Ma v. anche M. Piemontese, Art. 8, D.Lgs. n. 122/2005: la responsabilità del notaio rogante, nota a Cass., sent. 1 dicembre 2016, n. 24535, in Giur. it., 2017, 1054. Sui limiti della tutela codicistica v. F. Astone, Ancora sulla disciplina degli immobili da costruire: alla ricerca di un criterio di distinzione tra acquirenti meritevoli di protezione e non, in Giur. cost., 2022, 468 ss.

[33] M. Trimarchi, La locazione abitativa nel sistema e nella teoria generale del contratto, Giuffrè, Milano, 1988, 5 ss.

[34] Sulla tutela del risparmio cfr. F. Merusi, sub art. 47 Cost., in Commentario della Costituzione, a cura di G. Branca, Rapporti economici, III, Zanichelli, Bologna, 1980, 153 ss.; R. Costi, Tutela del risparmio e Costituzione: storia e attualità dell’art. 47, in Banca impresa società, 2018, 393 ss.

[35] Sulla distinzione tra “diritto all’abitazione” e “diritto sull’abitazione” cfr. U. Breccia, Il diritto all’abitazione, Giuffrè, Milano, 1980, 1 ss.

[36] Così Corte cost., sent. 24 marzo 1999, n. 119 in DeJure. Il fondamento del diritto all’abitazione è stato individuato in giurisprudenza negli artt. 2 e 3 Cost. e nell’art. 8 CEDU. Riduttivo appare invece il riferimento al secondo comma dell’art. 47 in quanto da tale disposizione – nonostante il richiamo espresso alla “proprietà dell’abitazione” – non è possibile far derivare il riconoscimento di un “diritto alla casa”. Sul punto cfr. M. Trimarchi, La locazione abitativa nel sistema e nella teoria generale del contratto, cit., 9 ss.; U. Breccia, Il diritto all’abitazione, cit., 25 ss.; E. Olivito, Il diritto costituzionale all’abitare: spunti teorico-dogmatici e itinerari giurisprudenziali, in Politica del diritto, 2016, 337 ss., secondo cui la proprietà dell’abitazione costituisce soltanto “uno dei possibili oggetti del risparmio popolare”; P. Perlingeri, M. Marinaro, sub art. 47 Cost., in P. Perlingeri, Commento alla Costituzione italiana, Esi, Napoli, 1997, 325 s.

[37] Corte cost., sent. 18 maggio 1989, n. 252. Sul punto cfr. anche E. Bargelli, voce Abitazione (diritto alla), in Enc. dir., Annali VI, 2013, 8.

[38] Cfr., ex multis, Cass. pen., sent. 12 novembre 2021, n. 45982, in Riv. giur. edil., 2021, 6, I, 1980, per la quale “Il diritto all’abitazione, riconducibile agli artt. 2 e 3 Cost. e all’art. 8 CEDU, non risulta tutelato in termini assoluti, ma è contemperato con altri valori di pari rango costituzionale che giustificano — secondo i criteri della necessità, sufficienza e proporzionalità — l’esecuzione dell’ordine di demolizione di un immobile abusivo, sempre che tale provvedimento si riveli proporzionato rispetto allo scopo che la normativa edilizia intende perseguire, rappresentato dal ripristino dello status preesistente del territorio”.

Anche la Corte EDU, con sent. 4 agosto 2020, n. 44817, in Cass. pen., 2021, 1, 358, ha escluso la violazione dell’art. 8 CEDU in un caso in cui era stata ingiunta la demolizione di un immobile abusivamente realizzato in una zona paesaggisticamente vincolata (nonostante lo stesso costituisse l’unica abitazione del contravventore e quest’ultimo fosse un soggetto anziano ed in precarie condizioni reddituali), ritenendo prevalente l’interesse pubblico alla conservazione delle foreste e dell’ambiente.

[39] Vengono, così, in rilievo per un verso politiche di social housing dirette a soddisfare il bisogno abitativo di chi non può permettersi un alloggio alle condizioni di mercato; per altro verso, disposizioni dirette a facilitare l’ottenimento di prestiti, utili, tra l’altro, anche ai fini dell’acquisto della prima casa; o ancora, previsioni volte a proteggere l’abitazione principale del proprietario o dei suoi stretti familiari che, ad esempio, escludono espressamente che la stessa possa formare oggetto di un trasferimento con funzione di garanzia. Sul punto cfr. E. Bargelli, voce Abitazione (diritto alla), cit., 7, in particolare nota 49 e M.G. Della Scala, Il social housing come servizio d’interesse generale tra tutela multilivello del diritto sociale all’abitare e imperativi della concorrenza, in Riv. giur. edil., 2019, 183 ss.

[40] Tutelare il diritto all’abitazione significa, infatti, tutelare anche il diritto alla salute, alla sicurezza, alla riservatezza, all’inviolabilità del domicilio. Per un approfondimento sul punto v. P. Chiarella, Il diritto alla casa: un bene per altri beni, in Rivista di scienze della comunicazione, 2010, 136 s. E ancora, il diritto del lavoratore ad una retribuzione “sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa”, di cui all’art. 36 Cost., può considerarsi soddisfatto soltanto “se la retribuzione consenta al lavoratore di essere alloggiato convenientemente o se, per prestazioni pubbliche integrative della retribuzione, venga facilitato l’accesso del lavoratore all’alloggio”: così E. Olivito, Il diritto costituzionale all’abitare: spunti teorico-dogmatici e itinerari giurisprudenziali, cit., 343 s., in part. nota 21.

[41] U. Breccia, Il diritto all’abitazione, cit., 738 s.: “Se si vuole tracciare quindi un primo sommario distinguo attinente al fondamento della prelazione, si può dire che le ipotesi di prelazione di vecchio tipo, quali quelle sin qui considerate di cui (…) sopravvive ancor oggi la sola prelazione successoria, hanno il loro fondamento in un’esigenza di tutela della proprietà, anche in pregiudizio del principio della libera circolazione della ricchezza, e precisamente nell’esigenza di conservazione della consistenza quantitativa dei patrimoni all’interno dello stesso gruppo familiare (…). Laddove le meno remote figure di prelazione introdotte nel codice civile a tutela della compattezza delle compagini societarie (come quelle di cui agli artt. 2441 comma e 2477 comma 2) e le ancor più recenti figure introdotte dalla legislazione speciale in materia agraria e in materia di locazione di immobili urbani adibiti ad attività produttive tendono nell’insieme a perseguire una funzione di tutela non più della proprietà bensì dell’impresa (…)”.

[42] Un ulteriore argomento proposto dai giudici di legittimità a favore dell’estensione del diritto di prelazione agli acquirenti su carta fa leva sul principio di separazione tra le vicende civilistiche e quelle amministrative. Afferma, in proposito, la Corte che: “nel momento in cui si integrano ex lege i presupposti costitutivi del diritto di prelazione, la sorte del procedimento amministrativo relativo all’immobile risulta indipendente e indifferente rispetto alle vicende civilistiche”. In altre parole, a nulla rilevano, ai fini dell’attribuzione del diritto di prelazione, né l’eventuale conclusione dell’iter amministrativo o la sua legittimità, né il momento in cui è stato concluso il contratto d’acquisto, anteriormente o posteriormente alla presentazione del permesso di costruire.

[43] In senso contrario v. A. Re in A. Re, G. Scaliti, La nuova disciplina degli acquisti di immobili da costruire – D.Lg. 20 giugno 2005, n. 122, cit., 134 che riporta il pensiero di parte della dottrina (Ferri e Finocchiaro, Ragionevoli i limiti alle norme di favore, in Guida al dir., 2005, n. 30, 40 ss.) secondo cui il diritto di prelazione di cui all’art. 9 “non si pone immediatamente in contrasto con gli interessi dei creditori, atteso che la prelazione si colloca in un momento successivo all’individuazione dell’aggiudicatario e alla definitiva determinazione del prezzo, ma che rischia di incidere direttamente sull’effettiva misura della loro soddisfazione: il riconoscimento del diritto di prelazione dell’occupante, infatti, presumibilmente, scoraggerà la partecipazione alle vendite forzate della maggior parte delle persone interessate a presentare offerte di acquisto”.

[44] Già all’indomani dell’emanazione del d.lgs. n. 122/2005 vi è stato chi, in dottrina, ha proposto un’interpretazione estensiva “forte” dell’art. 1, lett. d) – ossia la disposizione che definisce gli immobili da costruire – al fine di estendere la tutela prevista nel decreto alle contrattazioni sulla carta. Sul punto, v. U. Stefini, L’applicazione della normativa di tutela degli acquirenti di immobili da costruire, e il problema degli immobili per i quali non sia stato ancora richiesto il permesso di costruire, 963 s.

[45] V. supra, par. 2.1.

[46] Si noti come la presentazione della richiesta del permesso di costruire implichi pur sempre una certa serietà nell’impegno assunto dal costruttore-alienante, costituendo indice di concretezza dell’iniziativa edificatoria cristallizzata in un progetto ben definito, allegato alla richiesta stessa. Sul punto cfr. Cass., sent. 19 febbraio 2018, n. 32, in DeJure secondo cui: “Questo contesto di legalità sotto l’aspetto urbanistico, che aggiunge una qualitas alla cosa futura promessa in vendita, costituisce di per sé un fattore rassicurante ed un indiretto incentivo all’acquisto per il promittente acquirente, persona fisica, radicando in quest’ultimo un affidamento maggiore nella determinazione di assentire l’impiego contrattuale di acquisto dell’immobile da costruire assumendone i relativi oneri economici”.

[47] V. art. 20 d.P.R. n. 380/2001.