La Corte di Cassazione mediante la Sentenza delle Sezioni Unite n. 651 del 13.01.2023 ha analizzato il rapporto intercorrente tra gli effetti del decreto di esproprio della Pubblica Amministrazione ed il possesso rilevante ad usucapionem esercitato da parte di una società privata con riferimento al medesimo immobile.
In particolare la vicenda riguardava un caso in cui, a seguito dell'emanazione e della notifica del decreto di espropriazione, la P.A. non poneva in essere comportamenti rilevanti al fine di dar seguito alla dichiarazione di pubblica utilità né si immetteva nel possesso dell’immobile.
Bisogna dunque comprendere se, il possesso esercitato dal privato sul bene possa essere rilevante ad usucapionem e come si relaziona con l'eventuale acquisto della proprietà del bene da parte della P.A.
Viene a porsi la questione degli effetti del decreto di espropriazione notificato al possessore. Fa venire meno il possesso? Si trasforma in detenzione? Tale valutazione va condotta anche distinguendo il soggetto proprietario – possessore che riceve la notifica del decreto di espropriazione dal soggetto terzo che esercita un potere di fatto sulla res senza che possieda il diritto di proprietà e che non abbia ricevuto la notifica del decreto di espropriazione.
The Court of Cassation through the Sentence of the United Sections n. 651 of 01.13.2023 analyzed the relationship between the effects of the expropriation decree of the Public Administration and the significant possession ad usucapionem exercised by a private company with reference to the same property.
In particular, the matter concerned a case in which, following the issuance and notification of the expropriation decree, the Public Administration did not engage in relevant behavior in order to follow up on the declaration of public utility nor did he enter into possession of the property.
It is therefore necessary to understand whether the possession exercised by the private individual on the asset can be relevant ad usucapionem and how it relates to the possible purchase of ownership of the asset by the Public Administration.
The question of the effects of the expropriation decree notified to the owner arises. Does it make possession disappear? Does it turn into detention? This assessment must also be conducted by distinguishing the owner-possessor who receives notification of the expropriation decree from the third party who exercises de facto power over the estate who possesses the property right and who has not received notification of the expropriation decree.
Nelle controversie soggette ratione temporis al T.U. n. 327 del 2001, l’esecuzione del decreto di esproprio con l’immissione in possesso del beneficiario dell’espropriazione nel termine perentorio di due anni costituisce condizione sospensiva di efficacia del decreto di esproprio, con la conseguenza che esso, se non è tempestivamente eseguito, diventa inefficace e la proprietà del bene si riespande immediatamente in capo al proprietario, perdendo rilevanza la questione dell’usucapione, salvo il potere dell’autorità espropriante di emanare una nuova dichiarazione di pubblica utilità entro i successivi tre anni, nel qual caso dovrà essere emesso un nuovo decreto di esproprio, eseguibile entro l’ulteriore termine di due anni di cui all’art. 24, comma 1. Nel caso in cui il decreto di esproprio sia tempestivamente eseguito con la tempestiva redazione del verbale di immissione in possesso ma il precedente proprietario o un terzo continuino ad occupare o utilizzare il bene, si realizza una situazione di mero fatto non configurabile come possesso utile ai fini dell’usucapione.
Cass. civ., SS. UU., sent. 12 gennaio 2023, n. 651
1. Il caso per condurre nuove riflessioni sul tema - 2. Decreto di espropriazione e possesso: normative a confronto - 3. Ipotesi di possesso ad usucapionem in rapporto al decreto di espropriazione - 4. Interruzione del possesso mediante decreto di espropriazione - 5. Decreto di espropriazione ed efficacia traslativa della proprietà a favore della P.A. - 6. Effetti del decreto di espropriazione sulle situazioni sussistenti sul bene - 7. Segue. Degrado del possesso in detenzione - 8. Caratteri del possesso - 9. Conclusioni - NOTE
Con la sentenza n. 651 del 13.01.2023 [1] le Sezioni Unite della Corte di Cassazione analizzano il rapporto intercorrente tra gli effetti del decreto di esproprio di un immobile da parte della Pubblica Amministrazione ed il possesso rilevante ad usucapionem [2] esercitato da una società privata con riferimento allo stesso.
La vicenda si riferisce all’espropriazione di un terreno e del sovrastante fabbricato effettuata da parte del Comune di Roma. Peraltro la procedura espropriativa si arrestava perché la P.A., dopo l’emanazione e la notifica del decreto, non poneva in essere comportamenti rilevanti al fine di dar seguito alla dichiarazione di pubblica utilità né si immetteva nel possesso dell’immobile.
Successivamente, la società citava in giudizio il Comune davanti al Tribunale di Roma [3] anche per l’accoglimento della domanda di avvenuta usucapione in suo favore in ragione del possesso utile ai fini dell’acquisto della proprietà. Possesso realizzatosi in capo a detta società con la maturazione del ventennio in quanto cumulato con quello di altra società sua dante causa, che non aveva mai smesso di avere la disponibilità materiale dei beni poiché l’ente espropriante non aveva mai provveduto ad occuparli.
I giudici di merito in primo ed in secondo grado rigettavano le richieste avanzate dalla società.
La controversia giungeva poi dinanzi alla Suprema Corte [4] che rimetteva la soluzione alle Sezioni Unite dal momento che in ordine al rapporto tra possesso ad usucapionem ed espropriazione si danno in giurisprudenza diverse tesi.
Secondo un orientamento tra gli effetti del decreto di espropriazione di un immobile da parte della P.A. vi sarebbe quello dell’estinzione del possesso esercitato da un privato, mentre secondo un altro, il possesso del privato verrebbe meno solo in presenza di un comportamento attivo del Comune con il quale si manifesti l’animus possidendi [5].
Le Sezioni Unite si sono pronunciate, al fine di dirimere la questione interpretativa, affermando due principi di diritto.
Secondo il primo, nelle controversie soggette al regime normativo antecedente all’entrata in vigore del T.U. n. 327/2001 [6] il decreto di esproprio validamente emesso e a cui non ha fatto seguito alcuna immissione in possesso o notifica dello stesso, comporta la perdita dell’animus possidendi in capo al vecchio proprietario con la conseguenza che, per l’esercizio di un nuovo periodo possessorio utile per l’usucapione, occorre un atto di interversio possessionis.
Secondo l’altro principio di diritto, nelle controversie soggette ratione temporis al T.U. n. 327/2001, l’esecuzione del decreto di esproprio con immissione in possesso nel termine perentorio di due anni costituisce condizione sospensiva di efficacia del decreto stesso e, se non eseguito, ne deriva che perde rilevanza la questione dell’usucapione da parte del privato. In tal caso, infatti, la proprietà si espande nei confronti del precedente proprietario, mentre se l’ente provvede a dare esecuzione al decreto mediante redazione del verbale di immissione in possesso, si ha una situazione di mero fatto per ciò che concerne il vecchio proprietario o il terzo, non configurandosi un possesso ad usucapionem.
La vicenda analizzata, al netto del percorso logico seguito dalle Sezioni Unite, fornisce allora l’occasione per trattare la tematica del rapporto tra il possesso ad usucapionem e l’espropriazione.
Al fine di determinare la disciplina applicabile alla materia occorre premettere che nel 2001 si è avuta la riforma della materia dell’espropriazione, in precedenza regolata dalla legge del 1865.
Prescindendo ora dall’analisi della fattispecie, è importante mettere a confronto le due disposizioni per intendere correttamente il significato e la portata delle previsioni vigenti.
La legge 2359 del 22 giugno 1865 [7] prevedeva le modalità inerenti la procedura di espropriazione nell’ambito del capo V, sezione I rubricata “Decreto che pronuncia l’espropriazione e l’occupazione dei beni: suoi effetti rispetto al proprietario espropriato”. L’art. 50 statuiva espressamente che la proprietà dei beni soggetti ad espropriazione per causa di pubblica utilità passava in capo all’espropriante dalla data del decreto emanato dal prefetto che pronuncia l’espropriazione, mentre l’art. 52 statuiva che una volta pronunciato il decreto di espropriazione tutti i diritti reali sussistenti non si potevano far valere sul bene espropriato, bensì solo sull’indennità.
Il D.P.R. 327 dell’08.10.2001 all’art. 24 comma I e VII, prevede invece il termine di due anni per dare esecuzione al decreto di espropriazione su iniziativa dell’autorità espropriante o del suo beneficiario mediante il verbale di immissione in possesso. Decorso tale termine, entro i successivi tre anni può essere emanato un ulteriore atto che comporta la dichiarazione di pubblica utilità.
È dunque disposto che l’efficacia del decreto di espropriazione è condizionata al rispetto di un termine perentorio ed alla necessità di redigere un verbale di immissione in possesso previo espletamento di comportamenti concludenti.
La pronuncia della Cassazione del 2023 riprende una vicenda regolata dalla legge del 1865. L’analisi che verrà condotta, pur tenendo conto anche della disciplina previgente, è focalizzata ovviamente sulla normativa in vigore, d’altra parte considerata per più aspetti anche nella decisione delle Sezioni Unite.
La circostanza che il possesso ad usucapionem si perfeziona dopo un dato tempo previsto dalla legge consente invero di distinguere svariate ipotesi nel rapporto con la procedura espropriativa. E così può darsi che:
a) il possesso sia sorto e si sia perfezionato prima del decreto di espropriazione, dovendosi poi distinguere il caso, di particolare rilievo, in cui ricorre un possessore diverso dal proprietario, al quale il decreto di espropriazione viene oppure non viene notificato, dal caso, più semplice, del proprietario – possessore destinatario di tale notifica;
b) il possesso sia iniziato prima del decreto di espropriazione e però la disponibilità del bene permanga successivamente e il tempo per l’usucapione si sia perfezionato dopo la notifica di tale decreto e però anteriormente o successivamente (due diverse ipotesi) all’immissione in possesso da parte della P.A. Ed anche in questo caso dovendosi ulteriormente distinguere l’eventualità in cui il possessore sia lo stesso proprietario al quale è notificato il decreto, dal caso che il possessore sia persona diversa dal proprietatrio;
c) il possesso sia iniziato e si sia perfezionato successivamente alla notifica del decreto di espropriazione al proprietario e /o all’immissione in possesso, possesso di un soggetto di regola ovviamente diverso dal proprietario stesso, ma anche in ipotesi dello stesso proprietario.
Venendo all’esame dei tre casi, nell’ipotesi sub a non si può dubitare che il possessore ad usucapionem, se diverso dal proprietario del bene, sia a sua volta per il decorso del termine divenuto proprietario.
Cosicché se la P.A. notifica il decreto di espropriazione al proprietario formale, chi ha posseduto per il tempo richiesto per l’usucapione già prima del decreto può senz’altro far valere tale suo diritto, destinato poi eventualmente a decadere se la P.A. gli notifichi il decreto di esproprio [8].
L’ipotesi sub b si atteggia in termini più complessi. In questo caso il possessore (persona diversa dal proprietario) non ha perfezionato l’acquisto per usucapione al tempo del decreto di esproprio, che viene quindi notificato al solo proprietario (soggetto diverso dal possessore).
L’acquisto del diritto di proprietà per usucapione si perfeziona infatti solo nel momento in cui si completa la fattispecie, ovvero alla scadenza del termine legislativamente previsto per il singolo tipo di usucapione.
E però se il possessore (persona diversa dal proprietario o lo stesso proprietario) permane nella disponibilità del bene, con inattività da parte della P.A., e successivamente si perfeziona il tempo per usucapione, occorre verificare se tale disponibilità integri una situazione di possesso o di detenzione e se tale ultima situazione si produca eventualmente con la notifica del decreto o con l’immissione in possesso.
L’ipotesi sub c riguarda il possesso iniziato e conclusosi successivamente alla notifica del decreto di espropriazione. Per questa, come d’altra parte anche per le ipotesi precedenti, si pone la questione se la P.A. acquisisca il diritto di proprietà della res immediatamente ed indipendentemente dal compimento di atti successivi al decreto oppure se a tal fine sia necessario un atto d’immissione nel possesso.
Il problema del possesso ad usucapione si pone infatti in termini differenti a seconda che si acceda o no alla tesi secondo la quale il decreto di espropriazione è idoneo a far acquisire il diritto di proprietà e, conseguentemente a far decadere o evolvere qualsiasi situazione di diritto e di fatto con essa incompatibile [9].
Le situazioni di fatto insistenti sul bene espropriato potrebbero, cioè, essere sorte o perpetuarsi nella consapevolezza del diritto di proprietà vantato dalla P.A. con la conseguenza che il possesso si depotenzi in una situazione di detenzione; e però ove tale consapevolezza non ricorra, nulla esclude che tale situazione di fatto continui ad integrare un possesso.
Nell’ipotesi in cui però si acceda alla tesi secondo la quale l’acquisto della proprietà necessita di un comportamento rilevante di esecuzione del decreto da parte della pubblica amministrazione, il soggetto terzo potrebbe avviare e sviluppare un possesso utile ai fini dell’usucapione indipentemente dalla notifica del decreto di espropriazione.
La circostanza che il possesso ad usucapionem si perfeziona dopo un dato tempo previsto dalla legge consente invero di distinguere svariate ipotesi nel rapporto con la procedura espropriativa. E così può darsi che:
a) il possesso sia sorto e si sia perfezionato prima del decreto di espropriazione, dovendosi poi distinguere il caso, di particolare rilievo, in cui ricorre un possessore diverso dal proprietario, al quale il decreto di espropriazione viene oppure non viene notificato, dal caso, più semplice, del proprietario – possessore destinatario di tale notifica;
b) il possesso sia iniziato prima del decreto di espropriazione e però la disponibilità del bene permanga successivamente e il tempo per l’usucapione si sia perfezionato dopo la notifica di tale decreto e però anteriormente o successivamente (due diverse ipotesi) all’immissione in possesso da parte della P.A. Ed anche in questo caso dovendosi ulteriormente distinguere l’eventualità in cui il possessore sia lo stesso proprietario al quale è notificato il decreto, dal caso che il possessore sia persona diversa dal proprietatrio;
c) il possesso sia iniziato e si sia perfezionato successivamente alla notifica del decreto di espropriazione al proprietario e /o all’immissione in possesso, possesso di un soggetto di regola ovviamente diverso dal proprietario stesso, ma anche in ipotesi dello stesso proprietario.
Venendo all’esame dei tre casi, nell’ipotesi sub a non si può dubitare che il possessore ad usucapionem, se diverso dal proprietario del bene, sia a sua volta per il decorso del termine divenuto proprietario.
Cosicché se la P.A. notifica il decreto di espropriazione al proprietario formale, chi ha posseduto per il tempo richiesto per l’usucapione già prima del decreto può senz’altro far valere tale suo diritto, destinato poi eventualmente a decadere se la P.A. gli notifichi il decreto di esproprio [8].
L’ipotesi sub b si atteggia in termini più complessi. In questo caso il possessore (persona diversa dal proprietario) non ha perfezionato l’acquisto per usucapione al tempo del decreto di esproprio, che viene quindi notificato al solo proprietario (soggetto diverso dal possessore).
L’acquisto del diritto di proprietà per usucapione si perfeziona infatti solo nel momento in cui si completa la fattispecie, ovvero alla scadenza del termine legislativamente previsto per il singolo tipo di usucapione.
E però se il possessore (persona diversa dal proprietario o lo stesso proprietario) permane nella disponibilità del bene, con inattività da parte della P.A., e successivamente si perfeziona il tempo per usucapione, occorre verificare se tale disponibilità integri una situazione di possesso o di detenzione e se tale ultima situazione si produca eventualmente con la notifica del decreto o con l’immissione in possesso.
L’ipotesi sub c riguarda il possesso iniziato e conclusosi successivamente alla notifica del decreto di espropriazione. Per questa, come d’altra parte anche per le ipotesi precedenti, si pone la questione se la P.A. acquisisca il diritto di proprietà della res immediatamente ed indipendentemente dal compimento di atti successivi al decreto oppure se a tal fine sia necessario un atto d’immissione nel possesso.
Il problema del possesso ad usucapione si pone infatti in termini differenti a seconda che si acceda o no alla tesi secondo la quale il decreto di espropriazione è idoneo a far acquisire il diritto di proprietà e, conseguentemente a far decadere o evolvere qualsiasi situazione di diritto e di fatto con essa incompatibile [9].
Le situazioni di fatto insistenti sul bene espropriato potrebbero, cioè, essere sorte o perpetuarsi nella consapevolezza del diritto di proprietà vantato dalla P.A. con la conseguenza che il possesso si depotenzi in una situazione di detenzione; e però ove tale consapevolezza non ricorra, nulla esclude che tale situazione di fatto continui ad integrare un possesso.
Nell’ipotesi in cui però si acceda alla tesi secondo la quale l’acquisto della proprietà necessita di un comportamento rilevante di esecuzione del decreto da parte della pubblica amministrazione, il soggetto terzo potrebbe avviare e sviluppare un possesso utile ai fini dell’usucapione indipentemente dalla notifica del decreto di espropriazione.
Una questione sicuramente centrale nella tematica è quella concernente il momento in cui il decreto di espropriazione ha efficacia traslativa della proprietà a favore della P.A [16].
Ora, mentre vigente la legge del 1865, era pacifico che il trasferimento della proprietà si realizzasse in forza ed al tempo del decreto di espropriazione, dopo l’entrata in vigore della riforma della materia del 2001 si assiste ad un rovesciamento di prospettiva nel senso che la proprietà del bene non passa all’Autorità espropriante al tempo del decreto di esproprio bensì successivamente, quando viene effettuata l’immissione in possesso. La legge prevede infatti che l’efficacia del decreto è sospesa condizionatamente sino alla redazione del verbale di immissione, che deve essere posta in essere entro due anni dal decreto a pena di decadenza dei suoi effetti.
Se dunque la P.A. non diventa proprietaria se non con l’immissione in possesso, anteriormente a tale momento e quindi anche successivamente al decreto di esproprio, la proprietà permane in capo all’espropriato e di conseguenza anche il possesso del bene.
Sul punto le Sezioni Unite non si soffermano espressamente ma dalla loro ripetuta affermazione che il decreto di esproprio è condizionato sospensivamente non può non ricavarsi la persistenza della situazione proprietaria in capo all’espropriato. Si tratta naturalmente di una titolarità precaria, destinata con tutta probabilità a venir meno con il prodursi della condizione (il verbale di immissione in possesso), ma comunque tale e comportante il diritto al godimento del bene.
Ove non segua nel biennio al decreto di esproprio la formale immissione in possesso la legge dispone che entro il successivo triennio possa essere emanata un’ulteriore dichiarazione di pubblica utilità con successivo decreto di esproprio. Si conferma così che con il primo decreto di espropriazione non seguito dall’immissione la proprietà è rimasta all’espropriato; le Sezioni Unite discorrono al riguardo ma impropriamente di “ripristino automatico” in capo al proprietario e però, come si è visto, questi non perde mai la titolarità del diritto che, in assenza dell’immissione in possesso da parte della P.A., può essere esercitato in tutte le sue modalità.
Con l’ulteriore prevedibile conseguenza che si darà anche un possesso, o dello stesso proprietario o di un terzo, il quale abbia comunque interesse a livello probatorio a dimostrare di essere tale, rilevante ai fini dell’usucapibilità del bene.
La Cassazione nell’ordinanza 19758 del 2022, e con riferimento alla situazione vigente la legge del 1865, in relazione al problema del degrado del possesso in mera detenzione afferma che la notifica del decreto di esproprio determini la perdita dell’animus nonostante il precedente proprietario o un diverso soggetto continuino ad esercitare sulla res delle attività che corrispondano all’esercizio del diritto di proprietà. Le Sezioni Unite nella pronuncia resa recentemente dimostrano di voler condividere tale orientamento sia con riferimento al regime applicabile prima dell’entrata in vigore del T.U. che per il periodo successivo.
Il decreto di espropriazione per pubblica utilità ha, infatti come si è già detto, nella legge del 1865 un’efficacia traslativa della proprietà in favore del soggetto espropriante e tra gli effetti vi è quello dell’estinzione di tutti i diritti reali e personali vantati dal precedente proprietario o dai terzi [17], compreso – si afferma – il venir meno del possesso con la conseguenza che chiunque sia intenzionato ad usucapire la cosa dovrebbe compiere un atto di interversio possessionis.
Nell’ordinanza di rimessione alle Sezioni Unite, la Suprema Corte [18] ha sostenuto che il soggetto che abbia una relazione con il bene nel momento in cui sia stato destinatario della notifica del decreto di espropriazione per pubblica utilità, non potrebbe non acquisire la consapevolezza dell’alienità dello stesso e dell’impossibilità di utilizzarlo come se fosse proprio anche nell’ipotesi in cui dovesse rimanergli la disponibilità materiale.
In conclusione sul punto, secondo questo orientamento giurisprudenziale, l’acquisto della proprietà in capo all’espropriante avviene a titolo originario, con la pienezza dovuta alla necessità di utilizzare il bene per realizzare l’opera di utilità pubblica di modo che la res transiti nel patrimonio indisponibile dell’ente per tutto il tempo necessario per il compimento di tale opera [19].
In conformità a questo orientamento è stato precisato [20] che tale passaggio di proprietà determina come conseguenza il mutamento dell’animus in capo al soggetto proprietario, anche nel caso in cui alla manifestazione del consenso non faccia seguito la consegna.
Con riferimento alla disciplina vigente del 2001 le Sezioni Unite confermano l’orientamento in discorso con la precisazione che per il venir meno del possesso del proprietario o di un terzo non è sufficiente il decreto di esproprio ma è necessaria l’immissione in possesso da parte dell’autorità espropriante, dopo di che l’eventuale continuazione del godimento o della disponibilità in fatto del bene da parte dell’espropriato o anche di un terzo non rileverebbe come possesso utile ai fini dell’usucapione. E quindi – si può affermare – si tratterebbe di detenzione se non addirittura di una tolleranza.
Con riguardo al problema del degrado del possesso in mera detenzione, sembra, però, necessario distinguere il soggetto proprietario possessore che riceve la notifica del decreto di espropriazione dal soggetto terzo che esercita un potere di fatto sulla res e che non abbia ricevuto la notifica del decreto di espropriazione.
Giova premettere come le Sezioni Unite sul punto abbiano accennato alla questione, senza però diversificare espressamente la posizione del soggetto terzo esercente una situazione di fatto sul bene oggetto della procedura di espropriazione.
Nel caso in cui al soggetto venga notificato il decreto, questi viene a conoscenza della probabile sussistenza di una situazione proprietaria della P.A. sul bene [21] e pertanto la relazione con il bene si potrebbe tramutare in detenzione [22].
Nel caso in cui invece si faccia riferimento alla presenza di un soggetto terzo possessore di fatto del bene oggetto del provvedimento di espropriazione ma che non riceve la notifica dello stesso, si andrebbe incontro ad effetti diversi a seconda delle disposizioni normative applicabili.
Ove la disciplina applicabile ratione temporis sia quella del D.P.R. 327 del 2001, nella quale è previsto il termine di due anni per dare esecuzione al decreto di espropriazione su iniziativa dell’autorità espropriante o del suo beneficiario mediante il verbale di immissione in possesso, ciò comporta verosimilmente che la P.A venga a conoscenza della sussistenza del possesso da parte di un terzo del bene durante le operazioni prodromiche alla redazione del verbale. Cosicché potrebbe provvedere a notificare il decreto a quest’ultimo e conseguentemente il terzo tramuterebbe la sua situazione da possesso in detenzione.
Nell’evenienza in cui, invece, si applicasse la normativa del 1865, come nel caso dell’ordinanza dalla quale si è preso spunto per la riflessione sul tema, non è prevista alcuna procedura di immissione in possesso e pertanto ben potrebbe darsi che la P.A. non venga a conoscenza della sussistenza del possesso di fatto di un terzo.
Per ciò che concerne il rapporto tra l’interesse pubblico e l’interesse del privato, l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato [23] ha chiarito come la condizione per la legittimità del potere amministrativo di acquisto di un bene sia la sussistenza di un formale atto della P.A. che esteriorizzi una ponderazione degli interessi coinvolti, fungendo da fattore legittimante il sacrificio di quello privato anche nel caso in cui questo abbia una relazione fattuale con la res [24], di modo la decisione amministrativa, come nel caso del decreto di espropriazione, sia forgiata sullo scopo di interesse pubblico [25].
Nel caso in cui si dovesse ritenere che il soggetto è detentore, per poter iniziare un possesso utile ai fini dell’usucapione, dovrebbe porre in essere un’interversio possessionis [26].
L’interversio può realizzarsi unicamente mediante due distinte modalità: una manifestazione esteriore che si concretizza nel fatto del terzo [27] o un’opposizione effettuata dal possessore nei confronti del proprietario [28].
La prima ipotesi si verifica qualora il possessore che esercita il comportamento possessorio nei confronti del bene, acquisisce dal terzo anche la proprietà mentre l’opposizione è lo strumento tramite il quale il possessore afferma la propria signoria sul bene negando quella altrui [29].
Secondo altra parte della dottrina [30], l’opposizione si sostanzia in una dichiarazione recettizia che si può manifestare in qualsiasi forma o comunque in una manifestazione di volontà nei confronti del proprietario, anche se non dichiarativa.
In ogni caso è necessario che lo stato soggettivo interiore del soggetto che intende disporre l’interversione del possesso si venga a palesare in un fatto oggettivo ed esteriore, dal quale si possa desumere in modo inequivocabile che il possessore nomine alieno abbia cessato di possedere in nome altrui, iniziando ad esercitare un possesso in proprio nome [31].
Per tale motivo le disposizioni normative che regolamentano l’interversione richiedono espressamente, al fine del suo verificarsi, che vi siano il fatto del terzo oppure l’opposizione del possesso, essendo queste delle realtà materialmente esterne, a decorrere dal verificarsi delle quali è possibile in concreto ricavare l’avvenuto mutamento del titolo. [32]
La giurisprudenza [33] ha anche affermato sul punto che l’opposizione può consistere in un comportamento materiale purché idoneo a manifestare il suo nuovo stato di fatto, identificando la cosiddetta “interversione di fatto”.
Questa si realizza nel concreto mediante il compimento di attività materiali che permettano di manifestare in modo inequivocabile il potere sul bene e permettano di vantare il diritto inerente il possesso in contrapposizione a quello vantato dal titolare della cosa [34].
La Cassazione afferma, come si è visto, che la notifica del decreto di espropriazione, comportando la consapevolezza dell’acquisto della proprietà da parte della P.A., trasformerebbe la situazione di fatto sul bene da possesso in detenzione.
Si è già rilevato come tale trasformazione riguarda solo il possesso del proprietario espropriato e non certo quello di un mero possessore al quale il decreto non è stato notificato.
Occorre, però, ora aggiungere su un piano più generale, che l’impostazione seguita dalle Sezioni Unite sembra connessa ad una concezione tralaticiamente ripresa ma inadeguata, della rilevanza dell’elemento piscologico– volontaristico del possesso.
In realtà, come è stato autorevolmente affermato in dottrina [35], la ricorrenza dell’animus e la sua rilevanza come momento di carattere volontaristico, se non si vuole rimanere ancorati ad un’affermazione puramente teorica, di principio, che non ha alcuna conseguenza da un punto di vista pratico, dovrebbe comportare correlativamente che rilevino quei momenti interni e psichici che caratterizzano qualsiasi determinazione di stampo volontaristico.
Ma l’analisi della disciplina del possesso dimostra come non si applichi la disciplina dei vizi della volontà o dell’incapacità di agire e pertanto nel momento in cui non è possibile constatare con riferimento al comportamento possessorio che sia viziato perché il soggetto era incapace, non si giustifica la rilevanza di questa componente soggettivistica.
Ed in effetti anche parte della giurisprudenza [36] recentemente ha abbandonato il ricorso al criterio soggettivo dell’animus quale fondamento del possesso, per dare rilevanza all’estrinsecazione oggettiva del potere di fatto esercitato sul bene in difetto di un titolo che legittimi l’attribuzione di un diritto su quest’ultimo. Ed anche in dottrina si è identificato l’animus quale elemento di “incerta natura psichica o spirituale” [37], che non trova riscontro in alcun dato normativo vigente.
Da altra dottrina si conferma invece la tesi [38] secondo cui rileverebbe ai fini possessori anche l’animus possidendi, il quale richiama un momento di carattere psicologico– soggettivo-volontaristico di carattere essenziale e costitutivo del possesso, rappresentando una sorta di volontà di assoggettare la cosa e di svolgere sulla stessa poteri propri di un proprietario [39].
La rigida contrapposizione tra la concezione oggettivistica e quella soggettivistica del possesso tuttavia è stata mitigata dal pensiero di chi [40] autorevolmente ha sostenuto che, nella fase iniziale del possesso, è necessario che il soggetto del potere si ingerisca sulla res mentre nelle fasi successive l’ingerenza ben potrebbe essere sostituita dalla semplice possibilità di riottenere la disponibilità della cosa con comportamento potestativo proprio o a seguito dell’accadimento di eventi naturali prevedibili.
In conclusione una moderna concezione oggettiva del godimento di fatto non sembra coerente con l’affermazione secondo cui il decreto di espropriazione comporterebbe la trasformazione della situazione di fatto ricorrente sul bene da possesso a detenzione.
Anche ponendosi in una prospettiva psicologico – soggettiva, si è già notato come nell’ipotesi in cui il possessore sia persona diversa dal proprietario al quale il decreto è notificato, non venendo tale possessore a conoscenza dell’espropriazione, non si può affermare che il suo animus sia mutato.
Ma anche riferendosi alla posizione del proprietario – possessore al quale è notificato il decreto di espropriazione, si è già visto come non si verifichi l’acquisto del possesso in capo alla P.A. ed il venir meno del possesso del proprietario o del terzo.
La normativa vigente richiede, infatti, come si è constatato, che entro due anni dal decreto di espropriazione l’autorità espropriante ne dia esecuzione mediante un verbale di immissione in possesso, il che lascia intendere che anteriormente a tale verbale la P.A. non ha acquisito il possesso [41].
Diversamente deve opinarsi per il caso in cui la P.A. si immetta materialmente ed effettivamente nel godimento del bene. Nel qual caso il possesso dell’espropriato o anche del terzo di fatto possessore deve ritenersi suscettibile di essere considerato interrotto.
L’interruzione e lo stesso venir meno del possesso si verificano in particolare – si potrebbe ritenere – solo se la P.A. dopo il verbale di immissione in possesso in fatto utilizzi il bene per le finalità previste (ad esempio avviando la costruzione dell’opera pubblica). Ove viceversa nonostante il verbale di immissione rimanga inattiva e assente e il possessore, invece, riprenda e continui entro l’anno la relazione oggettiva di godimento del bene, l’interruzione giuridicamente non si realizza.
La permanenza del possesso, nei casi e alle condizioni sinora previste, è utile ai fini dell’usucapione, che può perciò realizzarsi anche successivamente e in presenza di un decreto di espropriazione, quando la P.A. rimanga inattiva e non persegua di conseguenza la finalità pubblica per la quale l’espropriazione è stata disposta.
[1] Cass. civ., sez. un., 13 gennaio 2023, n. 651, in www.onelegale.wolterskluwer.it.
[2] Vedasi per la definizione del possesso rilevante ad usucapionem R. Sacco, R. Caterina, Il possesso, in Tratt. dir. civ. comm., diretto da A. Cicu, F. Messineo, L. Mengoni, P. Schlesinger, Milano, 2014, III, 468 ss., in cui si critica la tesi secondo la quale s’identifica tale possesso quale idoneo a realizzare l’usucapione soffermandosi unicamente sul carattere dell’inequivocabilità del comportamento posto in essere dal possessore laddove invece sarebbe auspicabile valutarlo ai sensi dell’art. 1140 cod. civ. e pertanto “inscindibile da una situazione di potere e di esercizio” protratto nel tempo e conforme alle manifestazioni di esercizio tipiche dell’inquadramento tradizionale dell’istituto.
[3] V. Trib. Roma, 9 marzo 2011, n. 5066, in www.dejure.it, in cui si ritiene che il possesso esercitato dal Comune debba intendersi quale possesso solo “animo” e che lo stesso sia impeditivo dell’acquisto del diritto di proprietà mediante usucapione da parte del privato.
[4] Cass. civ., 20 giugno 2022, n. 19758, in Foro it., 2022, 2347 ss.
[5] Per il primo orientamento secondo cui la notifica del decreto di espropriazione determina la perdita dell’animus possidendi in capo al destinatario del provvedimento v. ex multis Cass. civ., sez. II, 2 ottobre 2018, n. 23850; Cass. civ., sez. II, 14 giugno 2016, n. 12230, Cass. civ., sez. I, 21 marzo 2014, n. 6742, Cass. civ., sez. I, 11 giugno 2007 n. 13669, in www.dejure.it; per l’altro orientamento contrario si rimanda a Cass. civ., sez. II, 14 marzo 2014, n. 5996, Cass. civ., sez. II, 14 novembre 2013, n. 25594, Cass. civ., sez. I, 22 aprile 2000, n. 5293, Cass. civ., sez. II, 4 dicembre 1999, n. 13558, Cass. civ., sez. II, 6 giugno 1983, n. 3836, in www.
dejure.it.
[6] Per una disamina delle ragioni che hanno condotto all’emanazione della legge v. A. Di Mario, La partecipazione al procedimento di imposizione del vincolo espropriativo, in Urb. app., 2004, 873.
[7] Per un’analisi della normativa del 1865 in merito alla possibilità di configurare il procedimento espropriativo come tipicamente “contenzioso” v. E. Casetta – G. Carbone, Espropriazione per pubblico interesse, in Enc. giur., XIII, Roma, 1989, 3 ss.
[8] Cfr. I. Nasti, Effetti del Decreto di esproprio e acquisto ad usucapionem: le evoluzioni giurisprudenziali – il commento, in Corr. giur., 2000, 1192 ss., in cui si analizzano gli effetti automatici del decreto di espropriazione in rapporto alle vicende possessorie che riguardano il bene espropriato, soffermandosi sulla possibilità del venir meno del possesso in capo al privato.
[9] V infra par. 5 per verificare l’idoneità del decreto di espropriazione a far insorgere un diritto di proprietà in capo alla P.A. espropriante.
[10] V. per l’analisi del rapporto tra acquisto del diritto di proprietà mediante usucapione e gli atti interruttivi del possesso con riferimento al bene espropriato C. Di Cicco, Usucapione. Acquisto ad usucapionem della cosa comune e interruzione del possesso, in Giur. it., 2022, 1355.
[11] A. Galati, Dell’usucapione. Artt. 1158 – 1167, in Il codice civile. Commentario già diretto da P. Schlesinger, continuato da F. Busnelli, Milano, 2013, 260, in cui l’autore riflette circa le modalità mediante le quali devono verificarsi dei fatti rilevanti ai fini dell’interruzione del possesso.
[12] In tal senso v. ex multis Cass. civ. 12 novembre 1979, n. 5835 in www.dejure.it; Cass. civ. 13 febbraio 1980, n. 1016 in www.dejure.it; Cass. civ. 7 maggio 1982, n. 2842 in www.dejure.it; Cass. civ. 4 aprile 1985, n. 4837 in www.dejure.it; Cass. civ., 9 novembre 1988 n. 6030 in www.dejure.it.
[13] Per approfondire gli effetti degli atti interruttivi del possesso v. A. Galati, cit., 259.
[14] G. Pugliese, La prescrizione acquisitiva, Milano, 1921, 211, in cui si ragiona in merito all’opportunità di ritenere idonei ad interrompere giuridicamente il possesso non solo gli atti materiali ma anche quelli che prevedono effetti giuridici senza che sia necessario il verificarsi di un comportamento.
[15] V. A. Galati, cit., 261.
[16] V. per la disamina del procedimento espropriativo e per l’analisi degli effetti del decreto di espropriazione L. Maruotti, L’espropriazione per pubblica utilità, a cura di F. Caringella, R. De Nictolis, G. De Marzo, L. Maruotti, Milano, 2003, 142 ss.; S. Gatto Costantino, P. Savasta, Manuale dell’urbanistica, dell’edilizia e dell’espropriazione, Roma, 2012, 2, 920 ss.; F. Saitta, Verso un “giusto” procedimento espropriativo, in Dir. amm., 2013, 643 ss.
[17] Sul punto cfr. I. Nasti, cit., 189, che analizza gli effetti del decreto di esproprio secondo l’impianto normativo del 1865, tra cui rileva l’estinzione dei diritti reali vantati dal precedente proprietario o dai terzi.
[18] Cass. civ., sez. II, 20 giugno 2022, n. 19758, cit.
[19] V. contra Cass. civ., sez. II, 14 marzo 2014, n. 5996, Cass. civ., sez. II, 14 novembre 2013, n. 25594, Cass. civ., sez. I, 22 aprile 2000, n. 5293, Cass. civ., sez. II, 4 dicembre 1999, n. 13558, Cass. civ., sez. II, 6 giugno 1983, n. 3836, in www.dejure.it, in cui in materia di rapporto tra decreto di espropriazione e possesso esercitato sull’immobile da parte di un soggetto terzo ai fini dell’acquisto della proprietà mediante usucapione, sarebbe ritenuta superflua la sussistenza di un atto d’interversione da parte dell’espropriato, dal momento che l’esproprio si realizza contro la volontà di quest’ultimo, in capo al quale può persistere la volontà di tenere la cosa presso di sé, quantomeno fino a quando non vi sia l’occupazione da parte dell’ente[19]. Il menzionato orientamento troverebbe anche riscontro nell’art. 48 della legge n. 2359 del 1865, successivamente modificata dalla legge n. 391 del 20 marzo 1968, che prevedeva una netta divisione tra i momenti di perdita del diritto di proprietà e del successivo acquisto del possesso quale prodotto dell’occupazione.
[20] Cfr. per il venir meno del possesso sui beni oggetto del procedimento di espropriazione a seguito dell’emanazione del decreto N. Rumine, Decreto di esproprio e circolazione del possesso in mancanza di occupazione del bene, in giustiziacivile.com, 2022, 4 ss.
[21] Per una riflessione sulla possibilità che l’ente acquisisca la proprietà del bene a seguito della notificazione del decreto di espropriazione v. infra par. 5.
[22] V. infra par. 8 per le riflessioni circa la possibilità che, a seguito della notifica del decreto di espropriazione da parte della P.A al privato, il possesso di quest’ultimo si tramuti in detenzione.
[23] Cons. Stato, sez. IV, 16 settembre 2001, n. 5230, in Foro it., 2006, 71.
[24] V. A. Romeo, Proprietà, possesso e tempo: usucapione pubblica e diritto privato, in Scritti in Onore di Gaetano Silvestri, Torino, 2016, 2048 ss. in cui si riflette sul rapporto tra usucapione e vicende possessorie del bene oggetto di provvedimento di espropriazione soffermandosi sulla procedura espropriativa e sugli effetti del decreto nel rapporto tra P.A. e privato.
[25] V. per ciò che concerne il principio di legalità in rapporto alla decisione amministrativa e la tutela dell’interesse privato G. Corso, Il principio di legalità, in Sandulli M.A .(a cura di), Principi e regole dell’azione amministrativa, Milano, 2017, 40; D. Sorace, Il principio di legalità e i vizi formali dell’atto amministrativo, in Dir. Pubbl., 2007, 419 ss.; A. Bartolini, A. Pioggia, La legalità dei principi di diritto amministrativo e il principio di legalità, in M. Renna, F. Saitta (a cura di), Studi sui principi di diritto amministrativo, Milano, 2012, 79 ss.; F. Cintioli, La riserva di amministrazione e le materie trasversali: “dove non può la Costituzione può la legge statale”? Ossia la “trasversalità oltre se stessa”, in Giur. cost., 2008, 3072 ss.; A. Romeo, Dalla forma al risultato: profili dogmatici ed evolutivi della decisione amministrativa, in Dir. amm., 2018, 551 ss.
[26] Per una disamina degli orientamenti giurisprudenziali in materia di interversione del possesso v. G. Musolino, Possesso. Interversione e canone enfiteutico, in. Riv. Not., 2019, 167 ss.; M. Dell’Utri, Sull’acquisto del possesso a margine di un caso di interversione, in Giur. it., 2020, 1356.
[27] Cass. civ., 20 dicembre 2016, n. 26327 in www.dejure.giuffre.it, secondo cui l’interversione del possesso deve estrinsecarsi in un atto con manifestazione esteriore e non in un atto di volizione interna, cosicché si desuma che il detentore abbia cessato di esercitare il potere di fatto sulla cosa in nome altrui esercitandolo in nome proprio.
[28] A. Montel, M. Sertorio, voce Usucapione, in Noviss. Dig. It, Torino, 1975, 302.
[29] C. Di Cicco, cit., 1353.
[30] V. autorevolmente F. Gentile, Possesso, Torino, 1977, 178 ss.; F. De Martino, Del possesso, della denunzia di nuova opera e di danno temuto, in Comm. Scialoja – Branca, Libro III. Della proprietà, sub artt. 1140 – 1172 c.c., Bologna – Roma, 1984, 66; C. M. Bianca, Diritto civile. La proprietà, Milano, 2017, 729; L. Bozzi, Dell’usucapione, in Commentario del Codice Civile, Diretto da E. Gabrielli. Della Proprietà, a cura di A. Jannarelli, F. Macario, Milano, 2010, 727, R. Sacco, R. Caterina, cit., 210 ss.
[31] A. Galati, cit., 221 ss.
[32] F. Gentile, Il possesso, in Giurisprudenza sistematica di diritto civile e commerciale diretta da Bigiavi, Torino, 1977, 183.
[33] Cass. civ., 10 ottobre 2007, n. 2152, in www.onelegale.wolterskluwer.it; Cass. civ., 18 febbraio 1995, n. 1802, in Mass. Giur. It., 1995.
[34] V. anche tra le altre Cass. civ., 26 agosto 2021, n. 23458, in Mass. Giust. Civ., 2021.
[35] V. autorevolmente per un’analisi critica della rilevanza dell’elemento dell’animus con riferimento al possesso C. M. Bianca, Istituzioni di diritto privato, Milano, 2018, 236; E. Carbone, Sopra alcuni orientamenti giurisprudenziali in materia di possesso, in Giust. Civ., 2019, 545 ss.; F. De Martino, Del possesso, artt. 1140 – 1172, in Comm. Cod. civ., Scialoja – Branca, Bologna – Roma, 1984, 1 ss.
[36]Ex multis cfr. Cass. civ. 20 novembre 2020, n. 26521, in www.dejure.giuffre.it in cui la Suprema Corte statuisce che in caso di contratto di enfiteusi invalido, in mancanza di titolo legittimante l’attribuzione del diritto sulla res, ai fini della valutazione del possesso ad usucapionem assume rilievo esclusivamente il potere di fatto esercitato sulla cosa senza che possa darsi rilevanza all’animus.
[37] Espressione utilizzata da P. Rescigno, Manuale di diritto privato, Milano, 2000, 445 ss. e v. anche per i sostenitori della concezione oggettiva del possesso S. Patti, Una nuova lettura degli articoli 1140 s.s. c.c., in Riv. dir. civ., 2003, 149 ss.; e più recentemente l. Cabella Pisu, Il possesso, in Trattato dir. imm., diretto da G. Visintini, Milano, 2013, 1310 ss.; S. Patti, Del possesso, in Della proprietà, a cura di A. Iannarelli e F. Macario, in Commentario al codice civile, diretto da E. Gabrielli, Milano, 2013, 551 ss.; F. Alcaro, Il possesso, in Comm. c.c., già diretto da P. Schlesinger, continuato da F.D. Busnelli, Milano, 2014, 7 ss.; A. Torrente, P. Schlesinger, Manuale di diritto privato, (ult. ed. a cura di Anelli e Granelli), Milano, 2021, 356; E. Carbone, Sopra alcuni orientamenti giurisprudenziali in materia di possesso (ritorno a Scherz und Ernst), in Giust. civ., 2019, 545 ss.
[38] R. Sacco – R. Caterina, cit., 65 ss.; F. Galgano, voce Possesso, in Enc. Giur., 1990, 2 ss.; A. Masi, Il possesso e la denuncia di nuova opera e danno temuto, in Trattato di diritto privato, diretto da P. Rescigno, Torino, 1982, 432 ss., R. Caterina, Il possesso, in Trattato dei diritti reali, diretto da A. Gambaro e U. Morello, Milano, 2008, 373 ss.; R. Natoli, Il possesso, Milano, 1992, 67 ss.; G. Comporti, Beni, diritti reali e possesso, in Istituzioni di diritto privato, a cura di Bessone, Torino, 2010, 423 ss.
[39] La necessaria presenza della componente soggettivistica nell’istituto del possesso è stata in parte avallata nell’ambito del diritto sovranazionale. In particolare nel Draft Common of Reference si rinvengono dei riferimenti in tal senso. Si pensi ad esempio agli artt. 1205, 1206 e 1207 contenuti nel libro V, in cui si analizza l’istituto del possesso con riferimento ai beni immobili materiali prevedendo la necessità di “avere il controllo materiale, diretto o indiretto su tali beni”. Tale espressione, già utilizzata dalla giurisprudenza europea sembrerebbe poter permettere di discernere due momenti: uno oggettivo, relativo al controllo materiale sul bene mobile, l’altro soggettivo, inerente l’intenzione di agire come se si fosse proprietari e dunque di ritenere necessario anche un momento volontaristico.
[40] R. Sacco, voce Possesso, in Enc. Dir, Milano, 1985, 504 e ss.
[41] V. Omodei Salè, La detenzione e le detenzioni. Unità e pluralismo nelle situazioni di fatto contrapposte al possesso, Padova, 2012, 73 ss. che sostiene che la distinzione tra possesso e detenzione si basi sul titolo, dal quale risulti la natura del diritto (reale o personale) ed il tipo di attività che il soggetto pone in essere sul bene. Si potrebbe allora sostenere che nella vicenda analizzata il titolo sia costituito dal decreto di espropriazione. In realtà la tesi non sembra rispondere al dettato normativo che la legge oggi richiede ai fini dell’acquisto del possesso da parte della P.A. il verbale di immissione. Potrebbe quindi essere più logico affermare che sia questo il titolo che fonda il possesso della P.A. e correlativamente supera o esclude il possesso dell’espropriato o comunque di chi in fatto sino ad allora godeva del bene.