Jus CivileCC BY-NC-SA Commercial Licence ISSN 2421-2563
G. Giappichelli Editore

L'Europa dei codici o un codice per l´Europa? – una prospettiva tedesca (di Martin Schmidt-Kessel, Professore di Diritto privato – Università degli Studi di Bayreuth)


Il contributo riproduce la relazione tenuta dall’A. nell'ambito dell'incontro di studi sul tema “L'Europa dei codici o un codice per l'Europa?” svoltosi presso l'Università degli Studi di Pavia il 18-19 novembre 2022.

The Europe of codes or a code for Europe? A German Perspective

The contribution reproduces the report of the A. as part of the study on the theme “L’Europa dei codici o un codice per l’Europa?” held at the University of Pavia on 18-19 November 2022.

SOMMARIO:

1. Osservazioni preliminari - 2. L’esperienza tedesca con il BGB - 3. L’esperienza dell’integrazione del diritto europeo dei contratti e dei consumatori conseguente alla riforma del BGB del 2002 ed a quelle che l’hanno seguita - 4. Il prezzo del rifiuto del diritto comune europeo della vendita (CESL) - 5. La perdita di importanza delle codificazioni nazionali - 6. La prospettiva - NOTE


1. Osservazioni preliminari

Il tema di una codificazione europea del diritto civile mi sta molto a cuore [1].

Se mi aveste invitato qui 25 anni fa – quando il mio maestro Peter Schlechtriem era membro dello Study Group for a European Civil Code e dell’Accademia dei Giusprivatisti Europei pavese [2] ed io ero un giovane dottorando – avrei sicuramente tenuto una relazione molto diversa, piena di verve e di incoscienza giovanile: il Codice civile europeo – almeno per quanto riguarda il diritto delle obbligazioni, il diritto di proprietà e fors’anche il diritto delle successioni – era per me un vero e proprio ideale. E, all’epoca, ho strategicamente orientato tutta la mia ricerca accademica verso questo ideale.

Con il lavoro di ridogmatizzazione dei risultati del diritto comparato svolto dalla Legge uniforme dell’Aia sulla vendita internazionale di merci e dalla Convenzione di Vienna sulla vendita (CISG) ad opera di Ernst Rabel e Ernst von Caemmerer, all’epoca era disponibile anche una metodologia adeguata; che già si era dimostrata valida nel lavoro di definizione dei principi elaborati da Ole Lando e dall’Istituto Unidroit (il c.d. Codice Bonell), e che ha raggiunto il suo apice con il primo lavoro del Gruppo di studio su un codice civile europeo: lo Study Group for a European Civil Code. Allo stesso tempo, è iniziato lo sviluppo sistematico del diritto privato comunitario nella prospettiva del diritto dell’Unione europea.

Il fatto che il DCFR – così come il suo grande concorrente pavese, il Code Europeen des Contrats, conosciuto in Germania anche come “Codice Gandolfi” – non abbiano avuto successo ha molte cause, che verranno analizzate altrove. Una di queste, tuttavia, è certamente una debolezza dell’idea europea, come ha indicato Luigi Mengoni nella sua illuminante relazione tenuta nel 1992 in occasione del cinquantesimo anniversario del Codice civile italiano [3]. E così ogni volta che cambiamo i cavalli – modernamente, i mezzi di trasporto – cambiamo i sistemi legali: il mio viaggio da Bayreuth a Pavia mi ha portato attraverso tre sistemi nazionali (per tacere dalle particolarità della Baviera e del Sudtirolo).

Oggi per me l’ideale rimane; ma la visione e le valutazioni sono diverse, più realistiche e più politiche. Tuttavia, resto dell’idea che una codificazione europea avrebbe notevoli vantaggi rispetto alle codificazioni nazionali. Certo, oggi vedo anche molto più chiaramente il prezzo che dovremmo pagare per questo: sarebbe un alto prezzo giuridico-culturale, perché gran parte della nostra esperienza civilistica, che si è coagulata in sistemi e concetti dogmatici, andrebbe perduta. Le grandi monografie dei Maestri – uno strumento che in Italia è tenuto in grande considerazione, molto più di quanto non lo sia in Germania – sarebbero vittime del famoso verdetto di Julius von Kirchmann, secondo cui “drei berichtigende Worte des Gesetzgebers, und ganze Bibliotheken werden zu Makulatur”: bastano “tre parole correttive del legislatore e intere biblioteche diventano carta straccia” [4].

Però una cosa la possiamo tranquillamente supporre: una disciplina europea di diritto privato ed una legislazione europea di diritto privato – di qualsiasi portata – dovrebbero fare a meno di molti termini e concetti sviluppati nelle dogmatiche nazionali. Questo è vero, anche se – con la concezione virtuosa di Alessio Zaccaria (il quale è stato meritatamente insignito del titolo di dottore honoris causa a Bayreuth nel 2019) – molti di essi sono e resteranno multilingue [5]. I grandi concetti dogmatici – come la causa, il principio di colpa o, addirittura, quello di obbligazione – perdono il loro significato e la loro funzione, soprattutto se le decisioni ed i concetti di politica giuridica in essi originariamente contenuti non sono più riconoscibili sotto ogni aspetto.

Ad esempio, la definizione gaiana di obligatio come “iuris vinculum, quo necessitate adstringimur” [6] è stata a lungo un simbolo, non solo perché le parole “alicuius solvendae rei” ed il riferimento alla civitas romana sono state eliminati da questa stessa definizione nella pratica accademica quotidiana. Piuttosto, con la separazione tra actio e Anspruch (quindi, pretesa) ad opera di Bernhard Windscheid [7], si è assistito ad uno spostamento della funzione dell’obbligazione – che è progredita in modo diverso negli Stati continentali – verso un’accezione di base prevalentemente sostanziale, che da tempo non riflette più le peculiarità della sua origine romana [8]. A parte la denominazione, della disciplina del diritto delle obbligazioni e della fondamentale relatività dell’obbligazione in contrasto con il diritto erga omnes o reale non è rimasto molto dopo la nuova concezione del diritto delle obbligazioni connotata dalla separazione tra obblighi e rimedi [9]. Con la nuova concezione, fenomeni come l’inadempimento anticipato [10], ma anche come il pactum de non petendo [11] possono oggi essere spiegati molto meglio; e probabilmente in maniera diversa. Non sorprende che il termine obligatio non compaia quasi mai nel diritto privato dell’Unione europea.

Ma cosa può insegnare – e questo è il motivo per cui mi avete invitato – l’esperienza tedesca, nonostante tutto l’idealismo e la sua relativizzazione legata all’età, per rispondere alla domanda: “L’Europa dei codici o un codice per l’Europa?”.

Vorrei tentare di rispondere a questa domanda con quattro osservazioni.

Vorrei innanzitutto ricordare che l’esperienza tedesca con la codificazione del BGB ed i suoi concetti dogmatici è piuttosto ambigua.

Tale ambiguità, vorrei poi sottolineare, si verifica anche – secondo l’efficace espressione di Jürgen Basedow – per l’”ibridazione” del BGB conseguente all’integrazione del diritto contrattuale dell’Unione europea avvenuta mediante la grande riforma del 2002 [12].

Inoltre, vorrei richiamare l’attenzione sul fatto che, in ogni caso, il diritto tedesco sta pagando un prezzo molto elevato per il rifiuto, a suo tempo, del CESL (cioè, del Diritto Comune Europeo della Vendita) e quindi, de facto, anche dell’approccio degli strumenti opzionali nel diritto contrattuale e patrimoniale europeo nel suo complesso.

Infine, vorrei evidenziare che la posizione di partenza per una codificazione europea è fondamentalmente cambiata dal 2011 ad oggi a causa di cambiamenti dei paradigmi centrali nel diritto privato: il diritto privato europeo 2.0 sta emergendo per l’Unione europea; ed inizialmente senza alcuna codificazione.


2. L’esperienza tedesca con il BGB

L’esperienza del Codice civile tedesco del 1896 – entrato in vigore il 1° gennaio 1900 – è ambigua. Con questo intendo riferirmi non tanto alla ben nota “vulnerabilità” del diritto civile tedesco durante l’epoca nazionalsocialista, dovuta alla sua “fuga nelle clausole generali” (Hedemann) [13] ed alla sua apertura ad una “interpretazione illimitata” (Rüthers) [14]. Mi riferisco piuttosto ai limiti tecnici ed alla relatività dei concetti esposti.

Chiedo la vostra comprensione per i seguenti esempi.

Per quel che concerne il diritto delle obbligazioni, i padri della codificazione avevano optato per la rinuncia – tecnicamente non del tutto realizzata [15] – ad una responsabilità per culpa generica; cioè, per una deviazione rispetto allo standard europeo continentale. Al contrario, avevano cercato di porre l’impossibilità dell’adempimento al centro della disciplina della violazione del contratto [16]. Ciò è durato solo fino al 1903 – cioè non più di tre anni – quando la giurisprudenza e l’accademia sono tornate alla responsabilità per culpa con l’istituzione della positive Vertragsverletzung, la violazione positiva del contratto [17] (qui bisogna evitare la parola “inadempimento”). Da allora, la prassi e la giurisprudenza si sono confrontate con la questione di come trattare i fatti nuovi o vecchi, e della loro posizione sistematica nel sistema complessivo, con opinioni molto diverse e conseguente incertezza giuridica [18].

Anche l’attenzione quasi teutonica – o addirittura la fissazione – del Codice civile tedesco per la pretesa di adempimento in natura si è rivelata poco utile: si potrebbe addirittura parlare di “feticismo” dell’adempi­mento nel diritto privato tedesco. Le soluzioni sempre più differenziate dei sistemi giuridici romanistici – ad esempio, per l’obligation de faire di cui all’art. 1142 Code civil vecchia versione, fino al 2015 si diceva che “se résout en dommages et intérêts en cas d’inexécution” [19] – non sono state adottate nel diritto sostanziale. Inoltre, i civilisti tedeschi di oggi hanno in gran parte dimenticato che il legislatore storico, come conseguenza della separazione tra actio e pretesa, ha delegato importanti limiti della pretesa di prestazione in natura al diritto processuale, più precisamente al diritto dell’esecuzione forzata ed ai §§ 887 e 888 del Codice di procedura civile tedesco. In base a ciò, in particolare, l’esecuzione dell’azione non ha luogo nel caso di un ordine di eseguire servizi in base ad un contratto di servizio (§ 888 III ZPO). La fissazione sull’adempimento continua nelle questioni connesse alla priorità delle domande di adempimento e delle domande di adempimento supplementare, senza da ciò trarre, nell’intera ampiezza dell’argomento, la conseguenza dalla loro duplice funzione nel nuovo sistema orientato al rimedio, e distinguendo dogmaticamente tra il rimedio della domanda di adempimento rispettivo all’adempimento supplementare ed il diritto di difesa della seconda offerta. Infine, la dottrina non è ancora riuscita a trovare un accordo sulle richieste di adempimento nel caso di obbligazioni di protezione, sebbene la prassi giudiziaria le conceda con una certa ampiezza, e sebbene le basi per una corrispondente costruzione siano poste nell’actio negatoria del § 1004 BGB ed in altre disposizioni del Codice tedesco e di altri atti legislativi [20]. La ragione è semplice: le pretese per prestazioni in natura non sono così importanti come molti colleghi le fanno sistematicamente passare. È infatti sbagliato ritenere la pretesa di prestare in natura come rimedio principale o addirittura centrale del diritto tedesco.

Inoltre, il regime storico di responsabilità per i difetti ed i corrispondenti deficit di qualità non si è dimostrato valido sotto diversi aspetti. Il legislatore storico – in deroga ai piani originari e diversamente dal legislatore di Italia, Austria o Giappone – aveva deciso di separare le nozioni di vizi del diritto contrattuale speciale e di disciplinare la compravendita, la donazione, la locazione, il comodato ed il contratto d’opera indipendentemente l’uno dall’altro e senza rimandi reciproci. In tal modo, per la locazione, il comodato ed il contratto d’opera si è proceduto ad un’integrazione con la disciplina della responsabilità per inadempimento della parte generale del diritto delle obbligazioni e dei relativi rimedi, mentre per la compravendita e la donazione è stato applicato un regime speciale – come è noto – con i rimedi edilizi [21]. La mancanza di una pretesa di adempimento supplementare [22] – combinata con il concetto dogmatico, intellettualmente eccitante, ma di fatto poco convincente, di adempimento tramite l’esecuzione dell’oggetto difettoso [23] – ha spesso creato gravi lacune tra la dogmatica tradizionale ed i legittimi interessi delle parti [24]. Esse sono state aggravate dalla sistematica limitazione del risarcimento al danno effettivo causato dal difetto – ossia principalmente ai costi di riparazione del difetto ed alla riduzione del valore del bene – da un’interpretazione eccessivamente restrittiva del concetto di Zusicherung (assicurazione) come garanzia [25] e dalla perdita di importanza pratica della responsabilità da progetto o modello ai sensi del § 494 BGB 1900. L’apice di questa straordinaria limitazione dei rimedi per il compratore, favorevole ai venditori e che sconvolge il sistema, è stata infine, non da ultimo a seguito di Karl Larenz, l’esclusione della responsabilità per culpa in caso di violazione positiva del contratto nell’ambito di applicazione della (sola) garanzia prevista dal diritto di vendita da parte del Reichsgericht nel 1940 per i danni causati da difetti [26]; in precedenza non esisteva con questa chiarezza una giurisprudenza sicura del Reichsgericht, successivamente rivendicata dalla Corte Suprema Federale [27].

Il rispetto per i grandiosi risultati ottenuti dalla scuola storica nella sistematizzazione e preparazione del ius comune e delle fonti antiche in una codificazione adatta alla nascente società industriale non sarà mai sufficientemente alto. Allo stesso tempo però – e gli esempi sopra riportati dovrebbero dimostrarlo – il grande monumento finale della scuola storica, come ogni codificazione nazionale, non è esente da ogni critica. Quindi ci sono sempre e necessariamente alcuni vantaggi nel separarsi dalla codificazione precedente e percorrere nuove strade.


3. L’esperienza dell’integrazione del diritto europeo dei contratti e dei consumatori conseguente alla riforma del BGB del 2002 ed a quelle che l’hanno seguita

Nella storia del Codice civile tedesco, la grande riforma del 2002 è senza dubbio una delle tappe più importanti.

Ciò vale ovviamente, in primo luogo, per le modifiche apportate al sistema del diritto delle obbligazioni, che si sono rivelate molto efficaci per quanto riguarda il passaggio alla Pflichtverletzung, la violazione del­l’obbligazione, come elemento centrale della violazione del contratto e, associato a questo, il passaggio dal cause approach a quello rimediale (il remedy approach), nonché per l’integrazione della disciplina sulla garanzia per vizi, anche per la compravendita, nella disciplina generale dell’inadempimento e della violazione dell’obbligo contrattuale. Questi cambiamenti nel sistema del diritto delle obbligazioni non sono, ovviamente, direttamente rilevanti per il nostro tema.

Piuttosto, dal punto di vista della codificazione, è necessario affrontare preliminarmente altre questioni. Con l’inserimento di parti essenziali del diritto europeo dei consumatori nella codificazione civile, cioè nel BGB, il legislatore ha, sempre nel 2002, compiuto un passo decisivo verso una codificazione “ibrida” [28]. Con l’attuazione della direttiva sui ritardi di pagamento 2000/35/CE e della direttiva sulle clausole vessatorie 93/13/CEE nel diritto generale delle obbligazioni dei §§ 286 ss. e 305 ss. BGB, così come della direttiva sulle vendite al consumatore 1999/44/CE nel diritto generale delle vendite di cui ai §§ 433 ss. BGB 2002, il diritto privato generale del BGB è stato “europeizzato” in una misura fino ad allora sconosciuta. Inoltre, i concetti di “consumatore” e di “imprenditore” di cui ai §§ 13 e 14 BGB, nonché la direttiva 85/577/CEE sulle vendite a domicilio, la direttiva 97/7/CE sulle vendite a distanza e le parti relative al diritto contrattuale della direttiva 2000/31/CE sul commercio elettronico sono stati integrati, in una parte separata, nella parte generale del diritto delle obbligazioni del BGB sui contratti con i consumatori di cui ai §§ 312 ss. e 355 ss. BGB 2002. Parimenti, la direttiva sul timesharing 94/47/CE è stata attuata con i §§ 481 ss. BGB e la direttiva 87/102/CEE sul credito al consumo – con la separazione dal prestito in natura che rimane affidati ai §§ 607 ss. – nei §§ 488 ss. BGB, nonché nelle discipline speciali sull’intermediazione di prestito di cui ai §§ 655 a ss. BGB. Insieme alla direttiva sui viaggi tutto compreso ed alla direttiva sui trasferimenti bancari, che erano già state attuate nel BGB nei §§ 651 a ss. BGB e nei §§ 676 ss. BGB, tante parti importanti del BGB erano già attuazione di normative di origine europea.

In dettaglio, due norme definitorie centrali dell’Allgemeiner Teil (la parte generale del BGB) quali le definizioni di “consumatore” e di “imprenditore” di cui ai §§ 13 e 14 BGB, sei aree centrali del diritto generale delle obbligazioni (la disciplina della mora del debitore di cui ai §§ 286 ss. BGB, la disciplina delle clausole vessatorie dei §§ 305 ss. BGB, nonché la disciplina generale dei contratti con i consumatori di cui ai §§ 312 ss. e 355 ss. BGB, il diritto di recesso dei §§ 323 e 326, le regole sulle conseguenze di recesso dei §§ 346 ss. BGB e, inoltre, il problematico § 241 a BGB) e sei tipi di contratto (compravendita, timesharing, prestito, viaggio tutto compreso, intermediazione di prestito e contratto di giroconto) sono stati interamente o parzialmente modellati dal diritto europeo. Inoltre, la direttiva 86/653/CEE sugli agenti commerciali è stata attuata nei §§ 84 ss. Codice del commercio come caso particolare di gestione di agenzia a titolo oneroso ai sensi del § 675 BGB.

Né è rimasto tutto uguale fino ad oggi. Il recepimento della Direttiva 2011/83/UE sui diritti dei consumatori, l’attuazione della Direttiva 2019/771 sulla vendita di beni e della (ora seconda) Direttiva 2015/2366 sui servizi di pagamento, nonché le modifiche alla Direttiva sul timesharing, la Direttiva sul credito al consumo e la Direttiva sui viaggi tutto compreso hanno ampliato, concretizzato e, in parte, anche corretto lo status quo del 2002. In più, si è aggiunta l’attuazione della direttiva sul credito ipotecario 2014/17/UE ai §§ 488 ss. BGB e della direttiva sui diritti del paziente nei §§ 630 a ss. BGB.

Più di recente, l’attuazione della direttiva 2019/770 sui contratti digitali ha interessato tutta una serie di altri tipi di contratto in modo esplicito (donazione, locazione, contratto d’opera e contratto di servizi) o implicito (in particolare comodato e mandato). Inoltre, con i nuovi §§ 327 ss. BGB, le norme sui prodotti digitali (con tale termine ci riferiamo collettivamente ai contenuti digitali e ai servizi digitali) hanno creato un unicum sistematico: la relativa disciplina costituisce, da un lato, il diritto contrattuale speciale generale (allgemeines besonderes Schuldrecht), ossia il regolamento generale sui vari tipi di contratto e, dall’altro, il diritto contrattuale generale speciale (besodneres allgemeines Schuldrecht), ossia il regolamento speciale di molte norme del diritto generale delle obbligazioni.

Oggi – oltre a numerose modifiche e aggiunte a singole norme, come quelle relative al luogo ed ai tempi di pagamento (§§ 270 a e 271 a BGB), e la già citata definizione di “consumatore” nel § 13 BGB – sette aree centrali del diritto generale delle obbligazioni, almeno quattordici tipi di contratti del BGB e la disciplina degli agenti commerciali sono stati completamente o parzialmente predeterminati o influenzati dalle direttive europee. Nelle aree centrali del Codice civile tedesco non c’è, quindi, quasi nessun margine di manovra, o comunque un margine limitato, per le decisioni e le valutazioni del legislatore tedesco e della comunità accademica tedesca di diritto civile. Il modo in cui la recente aggiunta dell’art. 11 a, nella direttiva 2005/29/CE sulle pratiche commerciali sleali impatta sui diritti precontrattuali e probabilmente anche contrattuali del con­sumatore è ancora oggetto di dibattito in Germania.

Le esperienze di questa ibridazione della codificazione tedesca sono piuttosto ambigue.

In questo contesto, i maggiori timori, che vedevano il diritto civile privato dei suoi principi fondamentali dall’integrazione del diritto del consumo “socialista”, non si sono concretizzati. Al contrario, la maggiore attenzione prestata al diritto dei consumatori in seguito alla sua integrazione nel Codice civile tedesco ha portato ad un notevole miglioramento del discorso dogmatico (forse si potrebbe anche parlare di una “civilizzazione”): nessun professore tedesco di diritto civile può più permettersi di non trattare in dettaglio il diritto contrattuale dei consumatori. La discussione alla 69a Deutscher Juristentag (la Conferenza dei Giuristi tedeschi) sulla possibilità di rendere tale disciplina indipendente tramite l’introduzione di un apposito codice di settore – come il vostro codice dei consumatori – è stata respinta a larga maggioranza. I civilisti tedeschi si sono abituati all’inclusione generale del diritto dei consumatori, o perlomeno si sono rassegnati. Di conseguenza, le discussioni indipendenti sul diritto delle obbligazioni in generale, senza l’influenza europea, sono diventate rare. L’inclusione dei requisiti del diritto dell’Unione europea fa parte dello standard accademico di trattazione del codice ibrido, soprattutto nelle principali monografie dogmatiche.

È divenuto molto più difficile per il legislatore affrontare i principi del diritto europeo in modo tecnicamente corretto. L’integrazione del diritto dell’Unione europea nella codificazione tedesca l’ha trasformata in un cantiere permanente, poiché le decisioni della Corte di Giustizia Europea rendono necessario un regolare adeguamento del BGB ai principi europei. La rettifica – die Nachbesserung – non è più solo un rimedio legale per i clienti, ma è diventata anche un compito del legislatore nella codificazione ibrida del BGB. Certo, ciò non è dovuto tanto all’integrazione del diritto europeo in quanto tale, quanto piuttosto all’incertezza del legislatore di recepimento rispetto agli effettivi presupposti del diritto europeo (come ad esempio nel prossimo futuro per il recepimento del diritto di recesso della Direttiva 2019/771 sulla vendita di beni mobili nel § 475 d BGB) e alle idee sbagliate degli esegeti tedeschi innescate dalla riformulazione dei concetti normativi europei nel “collaudato uso linguistico del BGB”. A questo proposito, da tempo vengono rivolte al legislatore federale ammonizioni sulla qualità tecnica dell’attuazione [29], che però sono rimaste in gran parte inascoltate. Soprattutto il regolare adeguamento della disciplina del recesso del consumatore ai requisiti del diritto del­l’UE ha causato grandi difficoltà in questo ambito.

Nonostante queste carenze tecniche e soprattutto in considerazione degli effetti innescati in tutte le parti del diritto contrattuale, l’integrazione delle direttive nel Codice civile tedesco si è comunque rivelata, per la maggior parte, un successo: in particolare, l’integrazione legislativa ha portato anche ad una maggiore integrazione accademica. A differenza dell’indipendenza e dell’ampio frazionamento del diritto del lavoro, il diritto civile tedesco integrato con il diritto europeo ha potuto altresì adeguarsi alla giurisprudenza della Corte di Giustizia. E il dibattito sull’interpretazione della codificazione trova spazio ormai in tutti i grandi e piccoli commentari e trattati; così come la legge di recepimento in quanto tale – comprese le condizioni di interpretazione in conformità con le direttive – è diventata anche un argomento degli esami statali e universitari. Oggi il diritto privato europeo inserito nel BGB è parte integrante del diritto civile e privato tedesco e del discorso accademico su di esso. Non si è, dunque, sviluppata una vera e propria disciplina speciale consumeristica (a parte, forse, le materie speciali della revoca e degli obblighi di informazione).

Gli interventi più importanti in questo contesto sono quelli del 2002: con l’integrazione della disciplina sulla vendita di beni di consumo nelle regole generali sulla violazione del contratto (per i presupposti del recesso e la disciplina delle conseguenze del recesso) e nelle norme generali sulla vendita (soprattutto per quanto riguarda il concetto di difetto o conformità), il legislatore tedesco ha deciso, in linea di principio, a favore della sincronizzazione del diritto privato tedesco ed europeo. Importanti sono altresì stati l’adattamen­to autonomo del risarcimento dei danni contrattuali alla disciplina del recesso e delle conseguenze del recesso, così come quello delle norme sui contratti d’opera (e, in una certa misura, anche della locazione) alla nuova struttura legislativa della vendita e, quindi, anche all’integrazione delle questioni relative alla qualità nel regime generale sull’inadempimento. Almeno fino al 31.12.2021 – ovvero fino alla differenziazione del concetto di difetto rispetto agli obblighi di aggiornamento – è stato possibile illuminare, penetrare, rispondere e sviluppare in modo uniforme questioni essenziali per l’intera codificazione. Il diritto contrattuale del­l’Unione europea e il diritto europeo dei consumatori non sono quindi corpi estranei, ma parte delle fondamenta di un sistema e di una dogmatica mutati del diritto contrattuale tedesco.

In questo processo, molta terminologia e concezioni consolidate – ed anche molti scritti dei grandi Maestri – hanno sostanzialmente perso significato fino a essere svalutati come obsoleti [30]. Ciò vale in particolare per tutti i termini ed i concetti basati sull’idea del einheitliches Forderungsrecht, il diritto uniforme dei crediti: la dogmatica non si concentra più sulla pretesa, ove si amalgama l’aspettativa di comportamento e la conseguenza giuridica. Il concetto di einheitliches Forderungsrecht è stato abbandonato a favore della combinazione di due concetti: da un lato, il dovere, che nel suo punto di partenza non distingue tra i suoi oggetti (l’adempimento o la protezione), e, dall’altro, la richiesta di adempimento, che è stata svalutata a rimedio giuridico [31]. Certo, questo cambiamento centrale di concezione non è avvenuto senza rotture dal punto di vista giudiziale e da quello accademico, né senza resistenze e residui, ma ha reso possibile in primo luogo l’in­tegrazione dei principi europei nel sistema multilivello che oggi è decisivo per la Germania.

Un secondo importante vantaggio dell’attuazione delle direttive nel BGB è quello di evitare illusioni sulla portata dell’influenza del diritto europeo sul diritto nazionale. Un semplice sguardo alle trasposizioni nel Codice civile tedesco mostra innanzitutto che parti importanti del diritto generale delle obbligazioni e dei contratti sono incorporate nel diritto europeo. Emerge inoltre che quasi nessun tipo di contratto, e sicuramente nessuno dei tipi centrali di contratto, è rimasto inalterato. Anche se il legislatore tedesco tende a mascherare linguisticamente l’attuazione di discipline europee continuando a utilizzare lo stile linguistico del BGB [32] – con la lodevole eccezione di ampia portata del nuovo diritto contrattuale digitale dei §§ 327 ss. BGB – la scelta di base dell’integrazione porta comunque alla consapevolezza fondamentale che tutta la legislazione del diritto delle obbligazioni è potenzialmente idonea ad accogliere le trasposizioni delle direttive. Per restare all’immagine di Luigi Mengoni [33]: il diritto civile tedesco monta sempre – e lege artis – due cavalli contemporaneamente, quello europeo e quello tedesco. Non per niente la più grande casa editrice specializzata tedesca non solo ha inserito nel suo catalogo (con questa terza edizione) l’opera pionieristica sul diritto privato europeo di Martin Gebauer e Thomas Wiedmann, ma le ha anche dato il posto che merita nelle sue banche dati. E sempre più spesso le singole direttive – oltre ai regolamenti già trattati – godono di commenti separati, prevalentemente in lingua inglese.

Naturalmente, anche in questo caso, il diritto tedesco ha effettuato recepimenti eccessivi, soprattutto nel diritto delle vendite, dove l’adozione del concetto di difetto e l’introduzione di norme sui rimedi nel diritto generale delle obbligazioni e nel diritto generale delle vendite per le transazioni commerciali non era e non è prescritta dal diritto europeo, nemmeno per quanto riguarda il ricorso dell’ultimo venditore. Il cambiamento arriva addirittura al punto che alcune delle disposizioni introdotte nella codificazione nel 2002 – principalmente per l’attuazione della direttiva sulle vendite ai consumatori – non si applicano più alle vendite ai consumatori dall’1 gennaio 2022 o almeno si applicano con modifiche significative, ma solo limitatamente al­l’area di attuazione precedentemente ultronea rispetto a quanto prescritto dal diritto europeo. Ciò vale, in particolare, per parti importanti delle norme sui rimedi per i difetti, come per la richiesta di un adempimento supplementare, nonché per i requisiti e le conseguenze del recesso e per la priorità generale dell’adempimen­to supplementare; norme che ora non si applicano o si applicano solo in forma modificata ai contratti dei consumatori. La precedente legge di attuazione della direttiva sulle vendite al consumo 1999/44/CE è diventata lo standard del diritto generale delle vendite e nessuno ha nemmeno preso in considerazione l’ipotesi di un ritorno alla vecchia legge e ai vecchi maestri, come Ulrich Huber, nel contesto della discussione sul­l’at­tuazione della nuova direttiva sulle vendite di beni 2019/771. A quanto pare, non manca la soddisfazione per la “nuova” legge, ormai ventennale. L’attuazione della direttiva sulla vendita di beni mobili 2019/771 ha logicamente avuto luogo, per il concetto di difetti e per i rimedi, attraverso una modifica della disciplina della vendita di beni contenuta, non del Codice civile tedesco del 1900, ma del Codice civile tedesco del 2002, e quindi dell’attuazione prevalente della direttiva di allora.


4. Il prezzo del rifiuto del diritto comune europeo della vendita (CESL)

Coloro che sono spaventati dall’ampiezza dell’influenza europea sul più grande successo della scuola storica dovrebbero ricordare lo sforzo, la verve e le polemiche con cui è stata respinta la proposta della Com­missione per un diritto comune europeo della vendita (CESL), di gran lunga meno invasiva, al tempo (2011), per i sistemi giuridici nazionali [34]. All’epoca, un lettore imparziale avrebbe potuto credere che gli Stati membri avessero quasi salvato l’Occidente di civil law.

Si ricorda che la proposta del 2011 prevedeva uno strumento opzionale con un meccanismo di opt-in messo a disposizione delle sole PMI. I contratti misti – come quelli che ora si stanno diffondendo in gran numero nell’ambito del diritto dei contratti digitali in attuazione della direttiva 2019/770 – sono stati esclusi fin dall’inizio. L’ambito di intervento europeo è stato quindi molto più ristretto che nel caso della Convenzione di Vienna sui contratti di vendita internazionale di merci (CISG), istituita, invece, come regolamento di opt-out. Le strutture dei diritti contrattuali nazionali, che all’epoca non erano ancora state toccate, sarebbero rimaste autonome. Il regolamento sarebbe stato limitato all’acquisto di beni e contenuti digitali (insieme ai servizi accompagnanti) e non avrebbe riguardato i servizi digitali come il cloud o i social network, così come non avrebbe riguardato l’acquisto di software di funzionamento per il riscaldamento e altri impianti dell’im­prenditore, né il contratto di noleggio di un’autovettura che include un dispositivo di navigazione [35].

Anche se si considera corretto, in linea di principio, l’approccio adottato dalla Commissione Europea nel 2015 e notevolmente ampliato dal Parlamento Europeo e dal Consiglio, non si può trascurare il fatto che la proposta del 2011 avrebbe imboccato una strada che non avrebbe portato ulteriori cambiamenti strutturali – aperti o mascherati – nelle nostre codificazioni nazionali. I timori di deviazione potevano già essere dissipati nel 2011, data l’influenza relativamente ridotta della Convenzione di Vienna sulla vendita (CISG), senza decisioni politiche di vasta portata come la riforma tedesca del diritto delle obbligazioni 2002 o il Codice delle obbligazioni estone. Gli Stati membri e le legislazioni nazionali del diritto civile, compresa la dogmatica, devono pagare un prezzo molto alto per il fallimento della proposta del Diritto Comune Europeo della Vendita. Nel linguaggio globale del calcio, si parlerebbe di un classico autogol.

Per inciso, questo prezzo elevato non è stato pagato solo dal diritto tedesco, e certamente non è il risultato dell’integrazione del diritto contrattuale europeo e del diritto dei consumatori nel BGB, come descritto sopra. Piuttosto, questa volta – già a causa delle condizioni politiche dell’accordo di coalizione dell’ex grande coalizione tedesca – si è prestata una particolare attenzione a non esagerare con l’attuazione, con le eccezioni rappresentate dalla parte non digitale del concetto di difetto nella disciplina della vendita ex § 434 BGB applicabile come legge generale di vendita, e dalle norme aggiuntive sul pagamento con dati personali inserite nel § 327 q del Codice civile tedesco. L’approccio tedesco di recepimento in una grande codificazione invece che in una sorella minore rende immediatamente chiara la reale portata della perdita di autonomia nazionale e può, quindi, probabilmente rivendicare per sé la maggiore trasparenza normativa.


5. La perdita di importanza delle codificazioni nazionali

Il nuovo diritto contrattuale digitale in attuazione della direttiva 2019/770 e gli obblighi di aggiornamento delle nuove regole sulla vendita di beni – insieme agli atti giuridici successivi del Digital Markets Act, del Digital Services Act, del Data Governance Act, del Data Act, del Artificial Intelligence Act, nonché della direttiva estesa sulla responsabilità dei prodotti e della nuova direttiva sulla responsabilità per l’intelligenza artificiale – chiariscono qualcos’altro: l’oggetto dell’unificazione e della codificazione è cambiato.

Non si tratta più di unificare il diritto privato esistente, le convinzioni dogmatiche di base e i principi di esperienza divergenti, ma di sviluppare congiuntamente un nuovo diritto privato in aree in cui mancano soluzioni consolidate nazionali ed europee. Ciò si riflette anche nelle nuove difficoltà metodologiche del diritto comparato per tutti i settori della digitalizzazione, che dovrebbe sempre precedere la standardizzazione europea: come si fa a confrontare sistemi giuridici che non hanno ancora affrontato le questioni da comparare? Come si fa a portare avanti il diritto comparato senza una legge che sia nata? La questione è ovviamente da approfondire in altra sede; qui interessa solo constatare l’assenza di portata e, ancor più, il radicamento culturale di decisioni e concetti consolidati [36].

Per inciso, questa constatazione non si applica solo alla digitalizzazione o all’altro megatrend legislativo dei nostri giorni, la sostenibilità. Piuttosto, in generale e per molte ragioni, possiamo affermare un cambiamento di paradigma su larga scala per il diritto dei contratti, che può essere più sinteticamente caratterizzato dal declino del contratto di compravendita con il suo sinallagma semplice. Il nucleo del diritto contrattuale si sta spostando dallo status alla funzione [37].

In primo luogo, ciò trasforma il contratto di compravendita stesso, innanzitutto con il “Ende des Gefahrübergangs” (la “fine del passaggio del rischio”) [38] attraverso i requisiti di durata o durabilità e gli obblighi di conservazione della qualità; poi con la trasformazione dei requisiti di conformità dell’oggetto d’acqui­sto da un concetto legato alla sostanza della cosa ad un concetto funzionale di conformità, che include anche, ad esempio, le componenti etiche; infine con la crescente importanza attribuita agli adempimenti accessori come gli accessori (eventualmente anche immateriali), le istruzioni o i servizi connessi o inclusi (non sempre digitali).

Anche per quanto riguarda i tipi di contratto, si assiste ad un passaggio generale dall’avere all’usare [39], ossia ad un aumento significativo dell’importanza dei Gebrauchsüberlassungsverträge, quindi dei contratti di godimento, nonché dei vari tipi di contratti di servizio. Ciò si spiega perché i modelli di business si stanno spostando: chi di noi compra ancora CD musicali o DVD cinematografici? In generale, mancano strutture consolidate e generalmente accettate per l’organizzazione dottrinale ordinata delle obbligazioni continuative a tempo determinato o indeterminato. Se anche i contratti di vendita si trasformano in obbligazioni continuative a causa della “fine del trasferimento del rischio”, questo non dovrebbe essere trascurato in quanto chiaro segnale di un profondo cambiamento strutturale nel diritto contrattuale.

A ciò si aggiunga l’aumento di nuove forme di controprestazione, come i pagamenti al di là dell’econo­mia del denaro, ossia con i dati personali e la pubblicità [40]; e, associato a questo, l’emergere di nuove necessità di controllo dei prezzi per evitare fallimenti del mercato (ad esempio, posto che i nostri dati personali sono troppo economici, il legislatore europeo sta già reagendo con un controllo dei prezzi dei dati personali e non-personali per i mercati secondari, v. art. 9 Proposta del Data Act [41]); così come l’aumento dell’importanza dei processi co-creativi al di là delle classiche aspettative di partecipazione della mora credendi ed i dubbi sul sinallagma che stanno nascendo con questo. Infine, la relatività dei rapporti obbligatori non ne uscirà indenne, perché si stanno affermando sempre più modelli commerciali multilaterali. I mercati dei contenuti digitali, ad esempio, difficilmente possono essere compresi in modo bilaterale anche al di fuori dell’intervento della regola dell’esaurimento per quanto riguarda le catene di licenze; e lo stesso vale per i mercati secondari dei dati, sia dei dati personali a causa dello status di protezione dei dati dell’interessato, sia dei dati non personali secondo i piani aggiuntivi della Commissione Europea nel Data Act. Tuttavia, la mappatura degli effetti di rete e degli ecosistemi, che costituiscono regolarmente la base di nuove forme di creazione di valore, nei contratti bilaterali è stata finora difficilmente raggiunta. L’organizzazione della responsabilità e dell’al­locazione del rischio per la cattiva condotta di altri utenti, ad esempio, è solo agli inizi.

Sì, il mondo del diritto dei contratti sta cambiando radicalmente perché i modelli di business, l’organizza­zione del valore e le catene di fornitura e di creazione di valore stanno subendo un cambiamento radicale [42]. La recente legislazione europea e le proposte pendenti della Commissione Europea tracciano una mappa di questo processo emergente. Noi civilisti continentali, con i nostri sistemi progettati per la completezza, siamo sempre in grado di sviluppare soluzioni sulla base delle nostre grandi codificazioni lege artis e de lege lata [43].

Ma siamo onesti con noi stessi: noi civilisti non siamo molto preparati a queste sfide. Ciò è emerso, non da ultimo, dalla frenesia delle domande di finanziamento di progetti e conferenze sul diritto civile della sostenibilità e sul diritto civile della digitalizzazione. Infine, il susseguirsi della legislazione europea in materia di diritto contrattuale – sorprendentemente senza grandi resistenze politiche – ci dimostra quanto spazio la dottrina del diritto privato europeo lasci alla politica per plasmare il cambiamento del diritto contrattuale.

Di conseguenza, il risultato sarà probabilmente il prossimo ciclo di “puntinismo” europeo della legislazione, in cui le principali codificazioni nazionali, così come le dottrine nazionali, con il loro ricco tesoro dottrinale ed esperienziale, giocheranno solo un ruolo minore. Rimarranno limitati ai casi – sistematicamente controllati dall’esterno – di applicazione residuale.


6. La prospettiva

Ma se così è, c’è spazio anche per la codificazione? E c’è spazio per una codificazione europea? Certamente non alla maniera dell’800 del ’900. Ma questo non significa che non sia possibile cercare fondamenti dogmatici comuni alla legislazione europea progressiva, sistematizzarla guidati da principi di base e, quindi, comprenderla e svilupparla meglio [44]. E perché dovremmo lasciare questo compito solo a Bruxelles e al Lussemburgo? Non siamo noi stessi abbastanza privatisti, civilisti e dogmatici, per riassumere i testi esistenti in modo degno di codificazione [45]?

Ma non dobbiamo farci illusioni: una codificazione di questo tipo non sarebbe mai in grado di soddisfare la pretesa di completezza di un Codice civile, di un ABGB, di un Code civil o di un BGB [46], a meno che non abbandoniamo le nostre codificazioni nazionali a questo scopo, o non le apriamo in modo simile a quello che stiamo facendo in Germania – purtroppo necessariamente con fatica e dolore per i dogmatici classici – con il BGB dal 2002. Senza un’ulteriore significativa perdita di autonomia, non sarà più possibile raggiungere la completezza.

Non dobbiamo nemmeno illuderci di poter prendere come punto di partenza i nostri soliti concetti dogmatici. Questo continuerà a complicare la comprensione e la resa dei testi europei. Ricordo bene come ad un collega tedesco sia sfuggito il principio di colpa in una presentazione sul DCFR; il grado della responsabilità era una via di mezzo tra la responsabilità oggettiva, l’obbligo di diligenza e l’esonero per forza maggiore. A quanto pare, non era a conoscenza delle differenziazioni italiane e francesi tra obbligazioni di risultato e obbligazioni di mezzi, motivo per cui nella discussione gli è stato fatto notare che il DCFR segue più o meno la soluzione francese con la differenziazione tra obbligazioni di mezzi e obbligazioni di risultato.

La dogmatica di una codificazione europea (presumibilmente solo settoriale) di quello che è un territorio nuovo anche per le nostre venerabili codificazioni deve piuttosto essere fatta dal basso, o buttom-up, con un neologismo ovviamente non solo tedesco. Dobbiamo sforzarci – come è stato proposto negli anni ’80 del secolo scorso da Peter-Christian Müller-Graff ed eseguito soprattutto per il diritto dei consumatori prima del 2008 dall’Acquis-Group – di mostrare le connessioni, le contraddizioni ed i conflitti degli atti giuridici europei puntuali, di spiegarli alla luce del telos, del fine e dell’idea del mercato interno, di coordinarli e di riunirli.

Abbiamo noi bisogno di una nuova dogmatica propria dei nuovi sviluppi del diritto privato – una dogmatica 2.0, se vogliamo – e ne abbiamo bisogno a livello europeo e non a livello nazionale, né a livello di singole famiglie giuridiche. Noi privatisti e civilisti non lasciamoci sfuggire questo sviluppo aggrappandoci alla tradizione, ma costruiamo ex novo la nuova codificazione europea 2.0.


NOTE

[1] V. Schmidt-Kessel, RIW 2003, 481 ss.; Schmidt-Kessel/Najork, GPR 2003-2004, 5 ss.; Schmidt-Kessel, v° Europäisches Zivilgesetzbuch e v° Study Group on a European Civil Code, in: Handwörterbuch des Europäischen Privatrechts a cura di Basedow-Hopt-Zimmermann, Tübingen 2009.

[2] V. Schlechtriem, Wandlungen des Schuldrechts in Europawozu und wohin?, ZEuP 2002, 213 ss.

[3] Mengoni, L’Europa dei codici o un codice per l’Europa?, Roma 1993, 13.

[4] von Kirchmann, Die Werthlosigkeit der Jurisprudenz als Wissenschaft, Berlin 1848, 23.

[5] V. la sua monografia paradigmatica in quattro lingue Zaccaria, Mediazione e mandato, per tacer del contratto d’opera. Ovverossia, Le “relazioni pericolose” nel diritto civile, Jena 2011.

[6] I. 3, 13 pr.

[7] Windscheid, Die Actio des römischen Civilrechts vom Standpunkt des heutigen Rechts, Düsseldorf 1856. Al contrario, poco più tardi già la monografia di Muther, Zur Lehre von der Römischen Actio, dem heutigen Klagrecht, der Litiscontestation und der Singularsuccession in Obligationen, Erlangen 1857. Sul dibattito successivo dalla prospettiva odierna si veda in particolare Beneduzi, Actio und Klagrecht bei Theodor Muther, Heidelberg 2016.

[8] Più di recente, ad esempio, Zambotto, L’obligatio da vincolo a relazione, in Troiano e Schmidt-Kessel (a cura di), Diritto e società in trasformazione: le sfide per il giurista europeo / Recht und Gesellschaft im Wandel: Herausforderungen für den europäischen Juristen, Napoli 2023, 31 ss. V. anche Zambotto, Nexum. Struttura e funzione di un vincolo giuridico, Napoli 2021.

[9] Fondamentale per questo sviluppo Schlechtriem e Schmidt-Kessel, Schuldrecht Allgemeiner Teil, 6 ed., 2005, 446-464.

[10] V. Pertot, L’inadempimento anticipato. Della tutela manutentiva ai rimedi risolutori, Napoli 2021.

[11] V. D’Onofrio, Il pactum de non petendo: struttura e disciplina, Napoli 2021.

[12] V. Basedow, AcP 200 (2000) 445 ff.

[13] Hedemann, Die Flucht in die Generalklauseln. Eine Gefahr für Recht und Staat, Tübingen 1933.

[14] Rüthers, Die unbegrenzte Auslegung zum Wandel der Privatrechtsordnung im Nationalsozialismus, Tübingen 1968 (9a ed. 2022). Sul ruolo storico altamente problematico di Karl Larenz, si vedano gli acuti scambi tra Rüthers (JZ 2011, 593-601 und 1149-1151) e Canaris (JZ 2011, 879-888).

[15] Si vedano i residui, ad esempio, nel § 426 II BGB (“Ciò vale in particolare per la risoluzione, l’inadempimento, la colpevolezza, l’impossibilità di adempiere nella persona di un debitore solidale...”) e nel § 767 BGB (“colpevolezza o inadempimento”).

[16] V. Schermeier in Historisch-kritischer Kommentar zum BGB (a cura di Schmoeckel, Rückert, Zimmerman) vor § 275 no. 56 ss.

[17] RGZ 52, 18, 19 f.; RGZ 53, 200 ff.; RGZ 161, 330, 337; Staub, Festschrift für den XXXVI. Deutschen Juristentag, Berlin 1902, 29-56; Staub, Die positiven Vertragsverletzungen, Berlin 1904 (anche la traduzione italiana di Favale, Le violazioni positive del contratto, Napoli 2001).

[18] V. ad esempio Esser, Schuldrecht, I: Allgemeiner Teil, 4. ed., Karlsruhe 1970, 380-390; Heck, Grundriß des Schuldrechts, Tübingen 1929, 118-122; Schlechtriem, Schuldrecht. Allgemeiner Teil, 4. Ed., Tübingen 2000, 182-190.

[19] V. anche art. 2931 c.c.

[20] V. Stürner, JZ 1976, 384-392; Hofmann, Der Unterlassungsanspruch als Rechtsbehelf, Tübingen 2017.

[21] V., ad esempio, anche per quanto riguarda l’exceptio non rite adimpleti contractus, che fu comunque concessa, Ernst, Die Einrede des nichterfüllten Vertrages – zur historischen Entwicklung des synallagmatischen Vertragsvollzugs im Zivilprozeß, Berlin 2000.

[22] Il successivo inserimento del § 476a BGB 1977 sui rastrelli di rilavorazione concordati e la controversia sull’applicazione del § 326 BGB 1900 alle richieste di consegna sostitutiva nel caso di un acquisto generico ai sensi del § 480 I BGB 1900 lo dimostrano in modo evidente.

[23] Cfr. Flume, Eigenschaftsirrtum und Kauf, Münster 1948, in particolare 52 ss.

[24] V. Ernst, in Historisch-kritischer Kommentar zum BGB, a cura di Schmoeckel, Rückert, Zimmerman, §§ 434-445 no. 14 ss.

[25] Gli effetti di ciò possono essere visti oggi – in particolare a livello storico – nel concetto di garanzia ai sensi del § 536 II BGB.

[26] RG DR 1941, 638. Non così nel 1939 RGZ 161, 330, 337 e segg. con un esame dettagliato della violazione positiva del contratto dopo il rifiuto della responsabilità per la garanzia: “Doch kann, sofern … kein gleichgerichteter Schadensersatzanspruch aus § 463 BGB. gegeben ist, ein Anspruch der Klägerin aus positiver Vertragsverletzung (§ 276 BGB.; vgl. RGZ. Bd. 53 S 200 [202]) vorliegen …”.

[27] Per esempio, BGHZ 77, 215, 217; BGHZ 101, 337, 339.

[28] V. ancora Basedow, AcP 200 (2000) 445 ff.

[29] V. ad esempio Schmidt-Kessel, Sorgenfrei, GPR 2013, 242-253.

[30] In particolare Huber, Leistungsstörungen, Tübingen 1999.

[31] Analiticamente chiaro già Stoll, JZ 2001, 589-597, in particolare 590.

[32] Critico nei confronti di questa pratica Schmidt-Kessel, Sorgenfrei, 2013, 242-253.

[33] V. ancora Mengoni, L’Europa dei codici o un codice per l’Europa?, cit., 13.

[34] V. per esempio Zaccaria, in Riv. dir. civ., 2020, 1-12, 4.

[35] Per altri esempi, v. MüKoBGB e Metzger, 9. ed. 2022, BGB § 327a no. 12; BeckOGK e Fries, 1.2.2023, BGB § 327a no. 14-17.

[36] La cultura giuridica come ostacolo alla codificazione uniforme è sottolineata ancora da Mengoni, L’Europa dei codici o un codice per l’Europa?, cit., 3 (riferendosi all’articolo F del Trattato di Maastricht – ora articolo 4 secondo paragrafo del TUE). Fondamentale in questo senso Legrand, Against a European Civil Code, Modern Law Review 1997, 44 ss.; e Legrand, The same and the different, in Legrand, Munday (a cura di), Comparative Legal Studies. Traditions and Transitions, Cambridge 2003, 240 ss.

[37] Schmidt-Kessel, Jahrbuch Junge Zivilrechtswissenschaft 2019, 7, 9.

[38] V. Schmidt-Kessel, Masami Okino e Osamu Kasai/Iei Sen, in (a cura di), Hikaku Mimpogaku no Shoraizo (Il futuro del diritto privato comparato) – Festschrift per Takashi Oka in occasione del suo 70° compleanno, Tokyo 2020, 319-365.

[39] Schmidt-Kessel, Jahrbuch Junge Zivilrechtswissenschaft 2019, 7, 9 ss.

[40] Schmidt-Kessel, Jahrbuch Junge Zivilrechtswissenschaft 2019, 7, 19 ss.

[41] Proposta di Regolamento riguardante norme armonizzate sull’accesso equo ai dati e sul loro utilizzo (normativa sui dati), COM(2022) 68 final.

[42] Per una maggiore connessione allo sviluppo del mercato anche Camardi, in Jus Civile, 2021, 870, 876.

[43] In particolare, per quanto riguarda le conseguenze della digitalizzazione sul sistema del diritto contrattuale, più recentemente, v. Camardi, op. cit., 870 s.

[44] V. di nuovo Mengoni, L’Europa dei codici o un codice per l’Europa?, cit., 2.

[45] Nella stessa direzione Camardi, op. cit., 870, 872.

[46] E allo stesso modo, nessun mito fondativo sarebbe associato a una tale codificazione come al Codice civile del 1865 o al BGB del 1900, cfr. Mengoni, L’Europa dei codici o un codice per l’Europa?, cit., 1.