Jus CivileISSN 2421-2563
G. Giappichelli Editore

Il conflitto di interessi nella rappresentanza legale tra Codice civile e Codice di rito (di Ugo Salanitro, Professore ordinario di Diritto privato – Università degli Studi di Catania)


La riforma della disciplina processuale del curatore speciale costituisce lo spunto per esaminare la disciplina del conflitto di interessi nelle diverse varianti legate alla disciplina sostanziale e processuale, muovendo dalle riflessioni di Salvatore Pugliatti ed esaminando i più recenti approdi giurisprudenziali.

Conflict of interest in the representation of incapable people between the Civil Code and the Code of Procedure

The reform of the procedural discipline of the special curator constitutes the starting point for examining the regulation of conflict of interest in the variants linked to the substantive and procedural discipline, starting from the reflections of Salvatore Pugliatti and examining the most recent jurisprudential developments.

SOMMARIO:

1. Il ruolo di Pugliatti nella teoria del confitto di interessi - 2. Le caratteristiche del conflitto nella rappresentanza legale - 3. Le questioni controverse alla luce della riforma - NOTE


1. Il ruolo di Pugliatti nella teoria del confitto di interessi

Nel Codice civile del 1865 mancava una disciplina generale del conflitto di interessi tra rappresentante e rappresentato. Il tema fu affrontato in un lungo saggio di Salvatore Pugliatti [1], il quale si intestò l’idea secondo la quale il rappresentante, nell’agire in nome altrui, attraverso la contemplatio domini, non poteva che esprimere l’interesse del rappresentato [2]. In tal modo l’illustre studioso risolveva due questioni di particolare interesse in quel momento storico: in primo luogo, negava l’astrattezza della procura, sostenendo che il rappresentante agiva comunque nell’interesse del rappresentato o per un mandato tacito o attraverso la negotiorum gestio [3]; in secondo luogo, fondava la invalidità per gli atti compiuti dal rappresentante volontario in conflitto di interessi, ancorché nel silenzio del legislatore [4]. Quella riflessione era basata sull’analisi delle disposizioni che vietavano il conflitto di interessi nella rappresentanza legale, disposizioni che erano formulate in termini non troppo diversi da quelli che troviamo nella disciplina vigente: per cui molte delle idee emerse anche in tema di conflitto di interessi nella rappresentanza volontaria, ancorché formulate dalla dottrina che ha operato sotto il codice vigente e dopo la riforma del diritto di famiglia, sono tributarie, attraverso l’autorità del Pugliatti [5], di analisi che avevano, quale unico punto di riferimento normativo, il conflitto di interessi nella rappresentanza legale [6]. La disciplina del conflitto di interessi nel caso di rappresentanza legale era, ed è, regolata sia nel Codice civile, sia nel Codice di procedura civile. La dottrina, sin dai tempi di Pugliatti, ha sostenuto che le norme sul conflitto di interessi facevano riferimento al medesimo concetto e, pertanto, si dovessero applicare, ad entrambe le discipline, i medesimi principi [7]. Nel Codice civile regola il conflitto di interessi l’ultimo comma dell’art. 320, a tenore del quale “Se sorge conflitto di interessi patrimoniali tra i figli soggetti alla stessa responsabilità genitoriale o tra essi e i genitori o quello di essi che esercita in via esclusiva la responsabilità genitoriale, il giudice tutelare nomina ai figli un curatore speciale. Se il conflitto sorge tra i figli e uno solo dei genitori esercenti la potestà genitoriale, la [continua ..]


2. Le caratteristiche del conflitto nella rappresentanza legale

Perché sussista conflitto di interessi occorre che gli interessi del rappresentante siano antitetici e incompatibili rispetto agli interessi del rappresentato: gli interessi devono essere contrastanti, nel senso che il vantaggio dell’uno comporti il danno per l’altro [12]. Non vi è conflitto di interessi nel caso in cui il genitore abbia un interesse comune o concorrente nell’affare del figlio, per cui gli interessi di entrambi siano suscettibili di essere soddisfatti dalla stipulazione del negozio, ovvero dall’accoglimento o dal rigetto della domanda giudiziale che li vede coinvolti [13]. Si pensi al caso in cui i genitori e i figli siano comproprietari di un immobile che si intende vendere a terzi: i genitori hanno interesse a vendere il bene comune al prezzo più alto e, almeno in questa prospettiva, hanno un interesse comune a quello dei figli. Il conflitto di interessi deve riferirsi agli interessi immediati direttamente connessi con il negozio da compiere, in modo che il rappresentato e il rappresentante assumono nel negozio stesso posizioni contrastanti, in rapporto al fine da eseguire: in questo senso si parla di conflitto diretto, che si riferisce ai casi in cui il pericolo di danno deriva dalla circostanza che il rappresentante non può eseguire l’incarico nell’interesse esclusivo del rappresentato, o perché nell’affare da concludere ha un proprio interesse contrastante, o perché è stato incaricato dalla controparte, della quale deve curare gli interessi [14]. Il conflitto di interessi può essere anche indiretto ed è rilevante, in quanto la situazione viene valutata alla luce di elementi che non si collocano nella struttura del contratto per cui viene esercitato il potere rappresentativo, ma tenendo presente un elemento esterno, che attiene ai rapporti patrimoniali del rappresentante con il terzo [15]: il classico esempio di conflitto indiretto si ha nel caso in cui il genitore venda il bene del figlio a una società di cui è socio [16]. Nell’art. 320 si parla di conflitto di interessi patrimoniali, formula che non ricorre invece, né nell’art. 1394, né nel codice di rito. La dottrina prevalente ritiene che il conflitto debba sussistere solo tra interessi che abbiano rilevanza economica [17]. Una posizione minoritaria, ma autorevole e non isolata, è nel senso che il [continua ..]


3. Le questioni controverse alla luce della riforma

La questione ha assunto criticità nella più recente giurisprudenza sull’art. 78 del codice di rito, dove si tende ad articolare la soluzione in relazione alle divere procedure: a fronte di taluni procedimenti in cui si ritiene che il conflitto di interessi emerga già in astratto [30], in altri casi si pretende che il conflitto di interessi debba essere valutato in concreto, sulla base di quanto emerge dal comportamento processuale. In questa prospettiva, si tende a far coincidere la valutazione in concreto con la rilevanza ex post del conflitto, utilizzando un termine di significato incerto, che in altro luogo è stato ritenuto espressivo della sussistenza di un danno effettivo per la posizione del rappresentato. In realtà parte della giurisprudenza, che richiede una valutazione in concreto, è ben consapevole che il conflitto debba essere accertato pur sempre ex ante, riguardando un pregiudizio potenziale [31]. In altri casi, tuttavia, si nega espressamente che la valutazione possa essere ex ante, sostenendo piuttosto che debba essere ex post, sulla base del concreto atteggiamento processuale dei genitori: questa sembra essere una linea innovativa rispetto al passato, in cui si tendeva a svalutare il concreto comportamento delle parti del processo. Siffatta linea argomentativa si trova nella più recente giurisprudenza di legittimità, la quale, in caso di revocatoria della donazione, nega che vi sia conflitto di interessi tra il genitore donante e il figlio donatario [32]. Conflitto di interessi che viene negato in astratto, in quanto i due interessi sono convergenti per sottrarre la donazione alla revocatoria; e che viene negato anche in concreto, sulla base delle concrete difese delle parti, perché la posizione adottata dal genitore in giudizio era in linea con l’interesse del figlio. La ragione per cui la giurisprudenza ha fatto ricorso alla valutazione in concreto, che potrebbe apparire superflua, è dettata dalla volontà di superare alcuni precedenti, in cui il curatore del fallimento del genitore imprenditore ha agito in revocatoria contro il figlio, nei quali si era sostenuta la sussistenza del conflitto di interessi tra genitore e figlio minore, secondo una valutazione in astratto, ritenendo che il genitore potesse avere interesse al recupero del bene nell’attivo fallimentare. In realtà in questa vicenda, di rilevanza patrimoniale, [continua ..]


NOTE