Jus CivileISSN 2421-2563
G. Giappichelli Editore

Le azioni rappresentative a tutela dei consumatori nell'ambito del New Deal for Consumer. Alcune riflessioni (di Amalia Di Landro, Professoressa associata di Diritto privato – Università Mediterranea di Reggio Calabria)


Il saggio affronta l’analisi delle azioni rappresentative a tutela dei consumatori nell’ambito del New Deal for consumer ed alla luce del d.lgs. 10 marzo 2023 n. 28, adottato in attuazione della Dir. UE 1828/2020. La cifra di armonizzazione minima di quest’ultimo atto normativo e il tenore e i rinvii dello stesso d.lgs. n. 28/2023 pongono, fra l‘altro, la questione delle reciproche interazioni con l’azione di classe disciplinata dagli art. 840-bis ss. c.p.c, tenendo presenti le comuni problematiche proprie del processo aggregato ma anche le peculiarità della nuova disciplina, destinata ad apprestare tutela rispetto a violazioni di normative diverse, alla luce della “declinazione slargata” dell’ambito applicativo definito nei relativi allegati.

Representative actions to protect consumers under the new deal for consumer. Some reflections

The essay deals with the analysis of representative actions to protect consumers in the context of the New Deal for consumer and in light of the legislative decree of 10 March 2023 n. 28, adopted in implementation of EU directive 1828/2020. The minimum harmonization figure of this latest regulatory act and the content and references of the legislative decree n. 28/2023 raise, among other things, the question of mutual interactions with the class action regulated by the articles 840 bis and the following c.p.c, keeping in mind the common problems of the aggregate process but also the peculiarities of the new regulation, intended to provide protection against violations of different regulations, in light of the “broader declination” of the application scope defined in the relevant annexes.

SOMMARIO:

1. Premessa - 2. La Dir. 2020/1828 nell’ambito del New Deal for Consumer - 3. Il d.lgs. 10 marzo 2023, n. 28. Profili introduttivi - 4. L’ambito applicativo della nuova disciplina. Gli interessi (collettivi) tutelati. L’omogeneità come criterio di selezione degli interessi lesi - 5. La legittimazione attiva e passiva - 6. Le Autorità competenti a pronunciarsi sulle azioni rappresentative - 7. La procedura (cenni) - 7.1. Il meccanismo di partecipazione agli effetti dell’azione rappresentativa - 8. L’esito - 9 Conclusioni. I rapporti con l’azione di classe e con gli altri rimedi a tutela dei consumatori - NOTE


1. Premessa

L’adozione – in attuazione della Dir. UE 2020/1828 [1] – del d.lgs. 10 marzo 2023, n.28 in materia di azioni rappresentative a tutela degli interessi collettivi dei consumatori sollecita alcune riflessioni, nella cui trama sarà utile inserire un confronto con l’azione di classe disciplinata dagli art. 840-bis ss. c.p.c. Quest’ultimo tema è certo abbastanza arato [2], ma la cifra di armonizzazione minima (o, secondo alcuni, incompleta) della citata Dir.  1828 e il tenore (e i rinvii) dello stesso d.lgs. 28/2023 pongono oggi la questione delle interazioni tra i due strumenti, tenendo presenti le comuni problematiche proprie del processo aggregato [3] e le complicazioni ricostruttive che derivano dal trattamento normativo unitario di (procedimenti che tendono ad esiti diversi quali i) provvedimenti inibitori e compensativi. L’iter che a livello europeo ha portato all’introduzione, nell’ambito della tutela collettiva, prima dei rimedi inibitori e poi di quelli risarcitori trova, per certi versi, corrispondenza nel percorso seguito nell’ordinamento italiano, che è giunto più tardi all’azione di classe rispetto all’azione inibitoria [4]. Ed infatti, sebbene il rimedio dell’azione risarcitoria di classe sia già operativo da tempo nel nostro ordinamento, a livello di normazione europea (che prevedeva già, in base alla Dir.  2009/22/CE abrogata con effetto dal 25 giugno 2023, provvedimenti inibitori a tutela degli interessi dei consumatori) la possibilità di ottenere (anche) la pronuncia di provvedimenti risarcitori nell’ambito di giudizi instaurati attraverso la proposizione di azioni rappresentative, per la violazione delle disposizioni in specifiche materie del diritto dell’Unione europea o delle norme di diritto interno di recepimento, ha costituito una novità importante (forse, la più importante) introdotta dalla Dir.  2020/1828. Peraltro l’ambigua formulazione delle disposizioni di quest’ultimo atto normativo e dei suoi considerando ha reso difficile anche solo la delimitazione dei vincoli posti dal legislatore europeo agli Stati nazionali, mentre alcuni autori hanno posto in evidenza [5] “un esteso attrito con le regole processualistiche nazionali (…) se non già un oltrepassamento della linea delle competenze [continua ..]


2. La Dir. 2020/1828 nell’ambito del New Deal for Consumer

Com’è noto, il New Deal dei consumatori ha preso le mosse da un’indagine avviata nel 2017 dalla Commissione Europea, avente ad oggetto la valutazione delle norme vigenti in materia di consumo. Quanto allo specifico tema delle tutele collettive, muovendo dal Piano di Azione sull’accesso dei consumatori alla giustizia varato dalla Commissione nel 1996, la prospettiva di tutela dei consumatori è stata inserita nel documento di Strategia per la politica dei consumatori dell’UE 2007-2013 ed è poi stata attuata con le Dir. 1998/27/CE e 2009/22/UE (come segnalato, ora abrogata). Un impulso decisivo per l’adozione di una direttiva di armonizzazione delle legislazioni nazionali nella materia delle tutele collettive è stato fornito dalla Risoluzione del Parlamento europeo del 2 febbraio 2012 “Verso un approccio europeo coerente in materia di ricorsi collettivi”, seguito dalla Raccomandazione della Commissione 2013/ 396/UE dell’11 giugno 2013 relativa a “Principi comuni per i meccanismi di ricorso collettivo di natura inibitoria e risarcitoria negli Stati membri che riguardano violazioni di diritti conferiti dalle norme dell’Unione”. Da segnalare anche la Raccomandazione rivolta al Consiglio e alla Commissione il 4 aprile 2017 a seguito dell’inchiesta sulla misurazione delle emissioni nel settore automobilistico (il c.d. Dieselgate [10]). La valutazione di adeguatezza della normativa UE sulla tutela dei consumatori (pubblicata il 23 maggio 2017 [11]) è stata poi seguita dalla Relazione sull’attuazione della Raccomandazione del 2013 (presentata dalla Commissione il 25 gennaio 2018) relativa a principi comuni per i meccanismi di ricorso collettivo di natura inibitoria e risarcitoria negli Stati membri riguardanti violazioni di diritti conferiti dalle norme dell’Unione. Tale intervento di controllo ha tratteggiato un quadro normativo in materia di protezione dei consumatori largamente insoddisfacente, a causa della sua elevata frammentazione, facendo maturare la presa di coscienza che alcune norme di questo settore non sono state applicate in modo efficace in tutta l’UE. L’opzione scelta è stata allora quella dell’abbandono del precedente approccio di soft law (adottato ad esempio con la Raccomandazione del 2013), che consentisse un semplice ravvicinamento delle legislazioni, in favore di uno strumento vincolante [continua ..]


3. Il d.lgs. 10 marzo 2023, n. 28. Profili introduttivi

Il d.lgs. 10 marzo 2023, n. 28, con cui è stata data attuazione nel nostro ordinamento alla Dir. 1828, introduce infatti norme recanti modifiche al codice del consumo e, in particolare, prevede l’inserimento in quella sede di uno specifico titolo composto da 12 articoli (titolo II.1, Azioni rappresentative a tutela degli interessi collettivi dei consumatori, artt.140-ter-quaterdecies) [19]. Il decreto consta di 5 articoli e un allegato (poi confluito nell’allegato II-septies nel codice del consumo) nel quale è inserito l’elenco delle disposizioni dell’Unione europea la cui violazione comporta l’esperibilità delle azioni rappresentative. Si tratta del primo limite applicativo di questo strumento, utilizzabile appunto, secondo la definizione fornita dalla lettera f dell’art.140-ter c. cons., esclusivamente “nelle materie di cui all’allegato”: una tipizzazione dell’illecito che avviene non (come accadeva con riferimento all’azione di classe nell’abrogato art. 140-bis c. cons.) con un riferimento a diritti incisi e relativi a rapporti di consumo ma con un’elencazione di specifiche normative violate: dalla responsabilità per danno da prodotti difettosi alle clausole abusive e alle pratiche commerciali sleali; dalla garanzia dei beni di consumo alla pubblicità ingannevole; dal commercio elettronico e dai servizi digitali alla protezione dei dati personali; dalla sicurezza dei prodotti e alimentare alla commercializzazione a distanza di servizi finanziari, al credito ai consumatori. Il decreto legislativo riprende la distinzione, contenuta nella direttiva, tra azioni rappresentative nazionali (promosse, come si vedrà, innanzi al giudice italiano da un’associazione dei consumatori e degli utenti inserita nell’elenco di cui all’art. 137 ovvero da organismi pubblici indipendenti nazionali) e azione rappresentativa transfrontaliera, considerata tale in considerazione della differenza tra lo Stato membro in cui l’azione rappresentativa viene intentata e quello di designazione dell’ente legittimato (e dunque, alternativamente: o perché promossa, nelle materie di cui all’allegato II septies, innanzi al giudice italiano da uno o più enti legittimati di altri Stati membri ed inseriti nell’elenco di cui all’art. 5, paragrafo 1, comma 2 della Dir. 1828 ovvero perché intentata in [continua ..]


4. L’ambito applicativo della nuova disciplina. Gli interessi (collettivi) tutelati. L’omogeneità come criterio di selezione degli interessi lesi

Tanto la Dir. 2020/1828/UE (cfr. artt. 1,2,3,6,10), quanto il d.lgs. n. 28/2023 (cfr. 140-ter, lett. e) delimitano preliminarmente le situazioni giuridiche tutelate, richiamando gli “interessi collettivi dei consumatori”. È evidente che anche in tal caso, come nell’azione di classe (che però prevede anche la concorrente possibilità dell’iniziativa individuale), la tutela superindividuale, con l’iniziativa processuale rimessa agli enti, mentre consente di “superare gli ostacoli cui devono far fronte i consumatori in azioni individuali, quali quelli relativi all’incertezza in merito ai propri diritti e ai meccanismi procedurali disponibili, la riluttanza psicologica ad agire e il saldo negativo tra costi relativi ai benefici attesi dall’azione individuale” (considerando 9 della Dir. 1828) [22], pone tutte le questioni connesse alla “giustiziabilità” degli interessi collettivi così tutelati; il tema, antico nella riflessione della dottrina (non solo) processualcivilistica, è connesso alla “limitata versatilità delle regole del processo civile a dare riscontro alla tutela degli interessi dei gruppi”, con riferimento in particolare ai profili problematici della legittimazione ad agire e dell’esten­sione degli effetti del giudicato. Nella nuova disciplina, d’altra parte, la normativa (art.140-ter cod. cons.) delimita diversamente le situazioni tutelate, tra direttiva e decreto attuativo e tra questi e l’azione di classe: i primi due fanno riferimento– come in parte posto in evidenza– a una dimensione esclusivamente superindividuale degli interessi. Ma, nella direttiva, la definizione in concreto delle situazioni tutelabili con le azioni rappresentative tiene conto della natura ibrida o “multiforme” dei provvedimenti cui tale atto normativo fa riferimento, precisando (art. 3, n. 3) che, quando si tratti di azione inibitoria, gli “interessi collettivi dei consumatori” corrispondono all’interesse generale dei consumatori; ma quando si prospetti un’azione c.d. risarcitoria, per “interessi collettivi” devono intendersi gli interessi di un gruppo di consumatori (che corrisponde alla somma degli interessi individuali dei consumatori pregiudicati dalle condotte tenute dal professionista convenuto). [23] Nel decreto legislativo 28 questa distinzione si [continua ..]


5. La legittimazione attiva e passiva

Come si è in parte anticipato, nella nuova normativa viene esclusa tanto la legittimazione individuale dei singoli consumatori (neanche se questi si costituiscano in un gruppo), quanto quella dei comitati, nonostante il più ampio dettato dei considerando 11 e 28 e dell’art. 4, comma 6, della direttiva, che prevedevano la possibilità di designare enti legittimati ad hoc per specifiche azioni rappresentative nazionali. Si tratta di una scelta normativa che, lungi dal costituire un volano per la tutela degli interessi dei consumatori, può restringere il confine della protezione loro riservata. Gli artt.140 quater e quinquies distinguono tra le azioni rappresentative nazionali e transfrontaliere; per le prime, da proporre dinanzi al giudice italiano, sono competenti le associazioni dei consumatori e degli utenti inserite nell’elenco di cui all’articolo 137 e gli organismi pubblici indipendenti nazionali (indicati nel reg. UE 2017/2394) che facciano richiesta di essere legittimati [28]. Per le azioni rappresentative transfrontaliere, l’art. 140 quinquies riprende i requisiti indicati nella direttiva, con l’ulteriore specificazione della necessaria previsione nello statuto degli enti di regole, anche riferite alle cause di incompatibilità relative ai rappresentanti legali, idonee ad assicurare l’indipendenza dell’associazione e la previsione di un organo di controllo che vigili sul rispetto dei principi di indipendenza e delle misure di prevenzione e risoluzione dei conflitti di interessi. Possedendo tali requisiti, gli enti potranno iscriversi in una sezione speciale dell’elenco previsto dall’articolo 137, dedicata appunto agli enti legittimati a proporre azioni transfrontaliere e istituita, come precisato nella relazione illustrativa, tenuto conto della coincidenza solo parziale dei requisiti previsti dal­l’art. 137 del codice del consumo con quelli previsti dall’art. 3, paragrafo 4, della direttiva. Quanto agli organismi pubblici indipendenti nazionali, il conferimento della legittimazione ad agire ad autorità titolari di autonomi poteri sanzionatori pubblici nei confronti della parte professionale, e che come tali dovrebbero mantenersi in una posizione di assoluta neutralità, appare una scelta dubbia sul piano dell’op­portunità, oltre a scolpire una commistione tra tutele privatistiche e tutele pubblicistiche e a [continua ..]


6. Le Autorità competenti a pronunciarsi sulle azioni rappresentative

Quanto alla competenza alla trattazione e definizione dei procedimenti instaurati attraverso l’esperimento di un’azione rappresentativa (nazionale o transfrontaliera), in base alla direttiva gli Stati membri sarebbero stati liberi di decidere se attribuirla esclusivamente ad organi giurisdizionali, soltanto ad autorità amministrative ovvero ad entrambi. Quello che però la direttiva richiedeva è che gli Stati membri assicurassero (considerando 19) che venisse adeguatamente tutelato il diritto (dei professionisti eventualmente convenuti davanti ad una autorità amministrativa) di difendersi proponendo un ricorso ad un organo giurisdizionale, per impugnare una decisione assunta dall’autorità amministrativa eventualmente adita con un’azione rappresentativa. Sul punto, la dottrina aveva posto in evidenza, tenuto conto del ruolo e della funzione centrale attribuita alle Autorità indipendenti [33] di settore (soprattutto all’Autorità garante per la concorrenza e il mercato) dalla normativa italiana e dalla giurisprudenza [34], l’inopportunità di attribuire alle suddette autorità amministrative (anche) la competenza a conoscere e definire i procedimenti instaurati attraverso la proposizione di azioni rappresentative, e la necessità invece di concentrare la competenza solo sull’autorità giudiziaria ordinaria, e segnatamente sulle sezioni specializzate in materia di impresa istituite presso i tribunali (c.d. tribunale delle imprese): ciò, come dimostrato dall’effetto condizionante la discrezionalità del giudice civile esercitato al­l’accertamento della formulazione non trasparente e/o del contenuto vessatorio di una clausola o della natura scorretta di una pratica commerciale da parte dell’AGCM nei procedimenti amministrativi di sua competenza [35]. Il nodo appariva particolarmente delicato, se solo si tiene presente il dettato del comma 2˚ dell’art. 144 bis c. cons., novellato dall’art. 37 della l. europea 2019-2020: in base a tale disposizione, il Ministero dello sviluppo economico (ora Ministero delle imprese e del made in Italy) e le altre Autorità considerate «competenti» per far valere le diverse normative di protezione del consumatore (AGCM, AGCOM, ENAC, Autorità di regolazione dei trasporti, Banca d’Italia, IVASS e CONSOB) sono titolari di [continua ..]


7. La procedura (cenni)

Quanto alla procedura, inoltre, l’art. 140-novies cod. consumo rinvia agli artt. da 840-quater a 840-terdecies e all’art. 840-quinquiesdecies c.p.c.: vengono mantenute le tre fasi e il meccanismo dell’adesione previsto per l’azione di classe. I commi da 5 a 11 dell’art.140-septies del codice del consumo, introdotti dall’art.1 del d.lgs. n. 28/2023, disciplinano le modalità di proposizione dell’azione rappresentativa e i requisiti di ammissibilità, con il relativo procedimento [37]. Tra le fasi, ne è prevista una preliminare, che si conclude con la valutazione di ammissibilità della domanda decisa con ordinanza entro il termine di trenta giorni dalla prima udienza, tanto per le azioni rappresentative risarcitorie quanto per quelle inibitorie. Tale previsione (del giudizio preliminare di ammissibilità), per vero, potrebbe non essere necessaria per le azioni inibitorie, che non richiedono l’adesione dei consumatori al procedimento; rispetto ad esse un filtro preliminare, che aggiunge una nuova fase e rischia di ritardare un giudizio di per sé connotato da esigenze di celerità, oltre a risultare inutile, potrebbe essere dannoso. Anche per le azioni rappresentative compensative, caratterizzate da un perimetro di accesso ristretto, dalla riserva della legittimazione ad agire ad enti qualificati e da un sistema di adesione cui verosimilmente si darà seguito, nell’ambito della struttura “trifasica” del procedimento, solo dopo la sentenza, appare da ridimensionare la funzione stessa (di filtro) del giudizio di ammissibilità. Un ulteriore punto critico, che ha fatto registrare una mancata corrispondenza tra le prescrizioni contenute nella Dir. 2020/1828 (UE) e le norme italiane di recepimento, riguarda l’art. 7, comma 6, Dir. 2020/1828 (UE), secondo il quale gli «Stati membri provvedono affinché gli interessi dei consumatori in azioni rappresentative siano rappresentati da enti legittimati e affinché tali enti legittimati abbiano i diritti e gli obblighi di una parte ricorrente nel procedimento». Nel decreto attuativo si rinvia al procedimento di classe italiano, che contempla una terza fase nella quale esce di scena il ricorrente (l’ente legittimato nell’azione rappresentativa, che incardina e conduce la fase di accertamento ed eventuale condanna del convenuto), e diventa centrale il [continua ..]


7.1. Il meccanismo di partecipazione agli effetti dell’azione rappresentativa

La definizione del meccanismo di partecipazione costituiva un’ulteriore scelta che avrebbero dovuto adottare gli Stati nazionali in sede di recepimento della direttiva, a norma della quale (considerando 43), quanto alle azioni rappresentative volte a ottenere provvedimenti risarcitori, “per meglio rispondere alle loro tradizioni giuridiche, gli Stati membri dovrebbero prevedere un meccanismo di partecipazione o un meccanismo di non partecipazione, o una combinazione di entrambi” (…); “gli Stati membri dovrebbero poter decidere in quale fase del procedimento i singoli consumatori possano esercitare il loro diritto di partecipare o meno a un’azione rappresentativa”. Sul punto, curiosamente, non si è registrato un ripensamento rispetto alla disciplina dell’azione di classe, che già scontava “il peccato originale del c.d. opt in che ne condiziona e appesantisce le movenze rendendola una ibridazione” [38]: nell’occasione di introdurre un nuovo strumento di ricorso collettivo, non si è ritenuto di far tesoro dei limiti mostrati dall’esperienza applicativa dell’azione di classe, ma anzi si è scelto di continuare a far richiamo proprio al suo “procedimento contraddetto dalla realtà della sua disciplina” dopo l’ulteriore esperienza della “pallida fattispecie” dell’art.140-bis c. cons. [39]. Tale esperienza applicativa ha confermato che “la struttura dell’adesione mal si presta…a gestire efficientemente l’apparato del risarcimento collettivo” e a favorirne un largo utilizzo, incontrando un limite nella tendenziale inerzia tipica del consumatore/ attore; ma la scelta di tale sistema era stata determinata dalla considerazione che “è evidentemente difficile superare il tabù della estraneità dell’opt out al sistema domestico della tutela” e ciò sia per l’idea di una incostituzionalità del vincolo automatico di produzione degli effetti in favore di chi non abbia aderito sia anche, di più, per una “sotterranea sfiducia che lo vede più esposto all’abuso di massa”. Il richiamo, operato dal nuovo art. 140-novies c. cons, con riferimento ai provvedimenti compensativi, alla disciplina dell’azione di classe (fra le altre norme, l’art. 840-septies c.p.c.) anche quanto alle [continua ..]


8. L’esito

Ciò a cui l’azione rappresentativa può tendere è un provvedimento risarcitorio o inibitorio. Le relative istanze possono essere presentate anche congiuntamente: in tal senso il decreto legislativo attua la discussa possibilità prevista dal paragrafo 5, primo periodo, dell’art. 7 della direttiva, ai sensi del quale “gli Stati membri possono consentire agli enti legittimati di richiedere i provvedimenti di cui al paragrafo 4 con un’unica azione rappresentativa, se del caso”. Nel concetto di provvedimento risarcitorio la direttiva faceva rientrare un ventaglio di misure eterogenee: l’art.3 lo definiva come “una misura che obbliga un professionista a offrire ai consumatori interessati rimedi quali un indennizzo, la riparazione, la sostituzione, una riduzione del prezzo, la risoluzione del contratto o il rimborso del prezzo pagato, a seconda di quanto opportuno e previsto dal diritto dell’Unione o nazionale” [42]. Analoga ampia prospettiva è seguita nel decreto legislativo, che adotta l’espressione “provvedimento compensativo” per riferirsi ad una “misura rivolta a rimediare al pregiudizio subito dal consumatore, anche attraverso il pagamento di una somma di denaro, la riparazione, la sostituzione, la riduzione del prezzo, la risoluzione del contratto o il rimborso del prezzo pagato”. Come precisato nella relazione illustrativa (pag. 4), “la locuzione “provvedimento risarcitorio” è stata sostituita da quella di “provvedimento compensativo”, posto che il riferimento al modello risarcitorio tracciato dalla direttiva non è sussumibile, per ratio e natura, nell’alveo della nozione di risarcimento come declinata nell’ordinamento interno”. Inoltre, il riferimento al­l’“indennizzo” è stato sostituito con quello di “pagamento di una somma di denaro”; si è infatti ritenuto “che l’esatta trasposizione della formulazione della direttiva sarebbe risultata fonte di difficoltà interpretative, stante la specificità delle nozioni di risarcimento e indennizzo nell’ordinamento nazionale, che per tale ragione sono state sostituite con terminologia che appare più appropriata”. Il provvedimento inibitorio è invece definito come l’atto definitivo o provvisorio teso a far cessare una pratica [continua ..]


9 Conclusioni. I rapporti con l’azione di classe e con gli altri rimedi a tutela dei consumatori

Un’ultima riflessione sui rapporti tra azioni rappresentative ed altri rimedi collettivi, in particolare l’azione di classe. Si è già posto in evidenza che comuni sono stati gli intenti dell’introduzione dei diversi strumenti, riconducibili allo “strumentario della politica del diritto del controllo di qualità dei servizi collettivi e dei beni di consumo di massa per ogni società c.d. adversaria” [43]: efficienza ed economia processuale, abbattimento dei costi di accesso alla giustizia soprattutto per quei diritti che si concretano in pretese risarcitorie di modesta entità, conseguente azione di deterrenza rispetto al compimento di illeciti e all’esercizio di pratiche scorrette dell’impresa [44]. Analoghi sono poi i meccanismi di tutela nella distribuzione dei ruoli tra le diverse parti in causa: anche nella nuova disciplina appare in molti aspetti privilegiata la posizione dell’attore rispetto al convenuto, cui non è corrispondentemente riconosciuto il potere (che pure potrebbe essere utile, ad esempio per gli enti che erogano servizi di massa) di vedersi garantita, a determinate condizioni, l’unitarietà del giudizio stesso e cui in particolare non vengono apprestati strumenti di reazione nei confronti di azioni individuali disaggregate che invece si presterebbero ad essere unite in una classe [45]. La preoccupazione di evitare abusi del contenzioso, già evidente nella disciplina dell’azione di classe (di cui è espressione normativa anche la previsione della procedura plurifasica e del filtro di ammissibilità del­l’azione, presente tanto nella versione degli artt. 140-bis ss. cod. civ. tanto in quella degli artt. 840 ss. c.p.c.) ha trovato corrispondenza, nella Dir. 1828 (art. 1, par. 1), nella particolare attenzione per le regole relative all’individuazione e al finanziamento degli enti legittimati (considerando 10), ma soprattutto nell’obbligo per gli Stati membri di attribuire alle autorità (giudiziarie o amministrative) competenti la possibilità di rigettare tempestivamente le azioni rappresentative ove vengano acquisite informazioni che le facciano apparire ad un primo sommario esame manifestamente infondate. Da questo punto di vista, è inoltre interessante che – nella prospettiva del conseguimento di un livello elevato di protezione dei consumatori [continua ..]


NOTE