La pronuncia annotata conferma l’orientamento consolidato in materia di rinuncia al legato in sostituzione della legittima, qualificato come condizione dell’azione di riduzione. Da tale qualificazione si ricava l’utile esperibilità della rinuncia al legato fino alla rimessione della causa in decisione. Tale orientamento appare meritevole di un ripensamento, nel senso di annettere alla proposizione dell’azione di riduzione il significato di rinuncia tacita al legato in sostituzione di legittima.
The judgment commented confirms the well-established case law about the waiver of the legacy in substitution to the forced heir. The waiver is a condition of the legal action for claiming the forced share. This qualification makes the waiver of the legacy possible until an advanced stage of the judicial proceeding, in which the case is remitted for the decision. This principle seems worthy of reconsideration, by considering the legal action, taken by the forced heir, as a tacit waiver to the legacy in substitution of the forced share.
La rinuncia al legato sostitutivo, intervenuta nel corso della causa di riduzione, non è mai tardiva in senso squisitamente temporale, potendo la rinuncia utilmente intervenire prima della spedizione della causa a sentenza, ma al limite irrilevante, in presenza di una precedente accettazione, espressa o implicita, che avesse consumato la facoltà di rinuncia del legatario.
Cass. civ., sez. II, ord. 29 aprile 2022, n. 13530
1. Il caso e la decisione - 2. La proposizione dell’azione di riduzione non è un atto univoco di rinuncia al legato sostitutivo - 3. Rilievi critici - 4. L’alternativa tra conseguimento del legato in sostituzione della legittima e l’azione di riduzione - 5. La rinuncia al legato sostitutivo come condizione dell’azione di riduzione e il relativo termine - 6. Le conseguenze processuali del difetto della condizione dell’azione e l’indisponibilità unilaterale della rinuncia agli atti - 7. Conclusioni - NOTE
L’ordinanza annotata [1] è intervenuta a decisione di un’articolata vicenda processuale – non ancora conclusa: si attende il secondo giudizio di rinvio – che vede coinvolti, da una parte, il coniuge della de cuius, beneficiario di un legato sostitutivo, e i suoi eredi, e, dall’altra parte, i beneficiari di una donazione disposta in vita dalla stessa de cuius. Costei aveva disposto in favore del marito un legato sostitutivo, avente ad oggetto il denaro esistente sul conto corrente; dopo l’apertura della successione, il marito aveva agito per la riduzione delle donazioni fatte in vita dalla moglie ai nipoti. Il Tribunale di Pisa – con decisione confermata in grado d’appello – aveva accolto la domanda attorea, ritenendo integrata la rinuncia al legato da parte del legittimario, in base ad una valutazione del suo comportamento complessivo, anteriore e successivo alla domanda giudiziale. L’attore aveva incassato un importo pari alla metà del saldo del libretto e del conto corrente cointestati con la moglie. Aveva provveduto alle spese per le esequie, la sepoltura e le onoranze funebri, in carico alla massa in prededuzione rispetto al soddisfacimento di eredità e di legati. I giudici escludevano che l’incasso delle somme di spettanza della defunta costituisse accettazione del legato in sostituzione di legittima. Investita una prima volta del ricorso dei donatari convenuti, la S.C. cassava la sentenza. Il giudice del rinvio non ravvisava nella condotta del legittimario alcuna rinuncia al legato sostitutivo – essendo tardiva la rinuncia formulata a verbale d’udienza – quindi rigettava la domanda attorea, in applicazione del principio di diritto secondo cui il legittimario, destinatario di un legato sostitutivo, non avrebbe potuto agire in riduzione senza preventivamente rinunciare al legato. L’erede dell’attore proponeva ulteriore ricorso contro la sentenza, affidandolo a due motivi, mentre i convenuti resistevano con controricorso. La Suprema Corte riteneva il ricorso fondato, così argomentando: (i) la rinunzia al legato sostitutivo della legittima, fatto salvo il requisito della forma scritta quando il legato ha per oggetto beni immobili, può risultare da atti univoci compiuti dal legatario, implicanti necessariamente la volontà di rinunciare al legato; (ii) non è “atto univoco” della [continua ..]
I punti (i), (ii), (vi) dell’iter argomentativo alla base della pronuncia ora annotata, come riportato nel paragrafo precedente, appaiono condivisibili. Nello specifico, non vi è ragione per criticare l’orientamento in materia di forma della rinunzia al legato sostitutivo della legittima, la quale – salvo il requisito della forma scritta se il legato ha per oggetto beni immobili – può ben risultare anche da atti univoci compiuti dal legatario, implicanti necessariamente la volontà di rinunciare al legato [2]. Parimenti, non vi sono ragioni per criticare l’orientamento che esclude la natura di “atto univoco” – ai fini della rinuncia – della dichiarazione del legittimario di rifiutare le disposizioni testamentarie, in quanto lesive dei suoi diritti: in quanto tale, siffatta dichiarazione (stragiudiziale) ben potrebbe avere significato proprio di una mera riserva di chiedere l’integrazione della legittima, ferma restando l’attribuzione del legato [3]. Si propone invece una revisione critica del principio di diritto, secondo cui la proposizione dell’azione di riduzione non sarebbe un indice univoco della volontà di rinunciare al legato sostitutivo, «essendo ipotizzabile un duplice intento del legittimario di conseguire il legato e di conseguire la legittima» [4]. Occorre muovere dal principio già richiamato, secondo cui non costituisce atto univoco della volontà di rinunciare al legato la dichiarazione del legittimario di rifiutare le disposizioni testamentarie, «non potendosi negare a priori a siffatta dichiarazione il significato proprio di una mera riserva di chiedere soltanto l’integrazione della legittima, ferma restando l’attribuzione del legato». Secondo quest’orientamento, il legatario è ammesso a riservarsi di «chiedere soltanto l’integrazione della legittima, ferma restando l’attribuzione del legato». Ne consegue che la dichiarazione di “rifiutare le disposizioni testamentarie” non configura una rinuncia tacita al legato sostitutivo, come invece potrebbe sembrare. Infatti, la dichiarazione (stragiudiziale) del legittimario-legatario di rifiutare le disposizioni testamentarie potrebbe precedere la proposizione da parte sua di un’azione (giudiziale) di riduzione. Quest’ultimo, tuttavia, non è un esito [continua ..]
Per giungere alle conclusioni anzidette, è sufficiente confutare il principio secondo cui «non è atto univoco della volontà di rinunciare al legato sostitutivo neanche la proposizione dell’azione di riduzione, essendo ipotizzabile un duplice intento del legittimario di conseguire il legato e di conseguire la legittima», mentre gli altri principi di diritto sono strettamente dipendenti da quest’ultimo, con il quale essi stanno e cadono. A riguardo, non pare compatibile né con la lettera dell’art. 551 cod. civ. né con altre previsioni di legge (la cui importanza sistematica sarà illustrata in seguito) un’interpretazione della disposizione richiamata che dia rilievo al «duplice intento del legittimario di conseguire il legato e di conseguire la legittima». Da tale interpretazione deriva che la proposizione dell’azione di riduzione, se accompagnata da tale “intento” del legittimario, non sarebbe qualificabile come rinuncia tacita al legato sostitutivo. Il giudice di merito avrebbe perciò un potere discrezionale di accertare se legittimario abbia voluto rinunciare al legato [13]. Tutto ciò non pare compatibile con il dettato dell’art. 551 cod. civ., che letteralmente impone al legittimario di scegliere se conseguire il legato sostitutivo o agire in giudizio. Pare perciò preferibile ritenere che la proposizione dell’azione di riduzione configuri senz’altro rinuncia tacita al legato [14]. Questa soluzione si fonda su tre argomenti. In primo luogo, l’art. 551 cod. civ. impone al legittimario l’alternativa se agire in riduzione ovvero conseguire il legato. Da ciò sembra possibile ricavare che gli è precluso di conseguire il legato sostitutivo – vuoi per accettazione, vuoi per mancata rinuncia – dopo aver agito in riduzione. In secondo luogo, la disciplina codicistica dell’azione di riduzione prevede una pluralità di condizioni dell’azione – una è la rinuncia al legato sostitutivo, qualificata appunto come una condizione dell’azione [15] – tra cui anche l’accettazione beneficiata dell’eredità (art. 564 cod. civ.). Contrariamente a quanto si richiede in via generale per le condizioni dell’azione – che possono intervenire fino al momento della decisione [16] – [continua ..]
Il primo comma dell’art. 551 cod. civ. prevede la facoltà del legittimario – al quale è stato lasciato un legato in sostituzione di legittima – di «rinunciare al legato e chiedere la legittima», mentre il secondo comma sancisce che il legittimario «se preferisce di conseguire il legato, perde il diritto di chiedere un supplemento … e non acquista la qualità di erede» [18]. La lettera della disposizione, cioè, impone al legatario la scelta se “conseguire” il legato – già acquistato per effetto dell’apertura della successione, ai sensi dell’art. 649 cod. civ. – oppure chiedere la legittima, proponendo domanda giudiziale di riduzione delle disposizioni testamentarie e donazioni lesive, ai sensi degli artt. 554 e 555 cod. civ. Qualora il legittimario dichiari espressamente di accettare il legato, oppure lasci trascorrere inutilmente il termine di prescrizione dell’azione di riduzione [19], allora sarà indubbia la sua scelta del legato in sostituzione di legittima, e saranno altrettanto indubbie la perdita del diritto di chiedere un supplemento e la mancata assunzione della qualità di erede (effetti espressamente previsti dal secondo comma dell’art. 551 cod. civ.). Qualora, invece, egli chieda la legittima, proponendo l’azione di riduzione, si pone la questione se e quando il legittimario perda il legato sostitutivo. Il primo comma dell’art. 551 cod. civ. impone l’alternativa tra «rinunciare al legato e chiedere la legittima»: dunque, la perdita del legato è conseguenza di un atto di rinuncia. Ci si interroga perciò in quale forma ed entro quale termine possa intervenire la rinuncia al legato da parte del legittimario. Si è evidenziata la necessità di distinguere tra la questione della forma della rinuncia, e la questione della natura espressa della rinuncia stessa. Può aversi rinuncia tacita – ma in forma scritta – quando l’atto scritto dimostri che vi è totale incompatibilità con l’esercizio di un diritto. Può aversi rinuncia implicita – sempre in forma scritta – se la dichiarazione scritta che riguarda un fatto ne comprende anche un altro. Ci si è interrogati, dunque, se la rinuncia ad un legato di bene immobile attribuito in sostituzione della legittima possa essere [continua ..]
Che la rinuncia al legato in sostituzione di legittima integri una condizione dell’azione di riduzione – e non un presupposto processuale – è opinione prevalente in dottrina [28] e in giurisprudenza [29]. Indipendentemente da tale qualificazione della rinuncia, tuttavia, permangono alcune incertezze riguardo al termine entro cui essa debba intervenire. Nella decisione annotata si afferma che la rinuncia possa intervenire anche a causa iniziata: e nello stesso senso è orientata la giurisprudenza che esclude che la mera proposizione dell’azione di riduzione integri automaticamente rinuncia tacita al legato sostitutivo [30], così ammettendo a contrario che la rinuncia possa intervenire in corso di causa. Un precedente di legittimità ha richiesto che la rinuncia al legato intervenisse al più tardi al momento della domanda, ma è rimasto isolato [31]. Si cerca di dimostrare, dunque, che la rinuncia al legato in sostituzione di legittima integra sì una condizione dell’azione di riduzione – che, in quanto tale, può verificarsi fino alla spedizione della causa in decisione – ma, nonostante ciò, che tale rinuncia debba comunque ritenersi implicita nell’atto di citazione, con cui il legittimario propone la domanda in questione [32]. A questo proposito, giova ricordare che la natura della rinuncia al legato quale condizione dell’azione di riduzione comporta, in primo luogo, che la sua sussistenza può essere rilevata ex officio dal giudice, anche in assenza di eccezione di parte [33]; in secondo luogo, che la condizione dell’azione può intervenire in qualsiasi momento prima che la causa sia trattenuta in decisione, ma non oltre quel momento. La qualificazione della rinuncia in termini di condizione dell’azione, tuttavia, non esclude la possibilità di interferenze della disciplina sostanziale con quella processuale. In particolare – sempre in materia di azione di riduzione – l’art. 564 comma 1 cod. civ. richiede ai legittimari diversi dai coeredi di integrare un’ulteriore condizione dell’azione, vale a dire l’accettazione dell’eredità con beneficio d’inventario, salvo che le disposizioni testamentarie e le donazioni di cui si chiede la riduzione siano state fatte a persone chiamate come coeredi. Le condizioni [continua ..]
Esaminati i profili di diritto sostanziale, restano da trattare alcune questioni di carattere processuale. Ferma restando la natura della rinuncia al legato di condizione dell’azione di riduzione, va rilevato che la disciplina processuale dell’estinzione del processo per rinuncia agli atti preclude all’attore di disporre unilateralmente del processo, conservando allo stesso tempo il potere di azionare il diritto in un nuovo giudizio [37]. Che è esattamente quanto accadrebbe se l’attore in riduzione potesse, a sua discrezione, rinunciare al legato sostitutivo successivamente all’introduzione della domanda di riduzione, facendo mancare una condizione dell’azione, e così determinando il rigetto in rito della domanda proposta, con salvezza del diritto sostanziale azionato. Posto che un simile esito non è consentito dall’ordinamento, se ne ricava a contrario la necessità che la rinuncia intervenga, al più tardi, al momento dell’introduzione del giudizio. La soluzione proposta – che la rinuncia sia senz’altro implicita nella proposizione della domanda – pare soddisfacente anche sotto questo profilo. Si è ha osservato che – se si volesse contrastare l’interpretazione, secondo cui la rinunzia al legato è condizione dell’azione, il cui difetto originario è sanabile in corso di causa – non sarebbe sufficiente il rilievo che, alla stregua della qualificazione così assegnata all’atto di rinunzia, il legittimario che agisce per la riduzione potrebbe approfittare del suo compimento nel corso del giudizio, e così avrebbe modo di valutare le difese avversarie prima di formulare il rifiuto del legato [38]. Si è affermato che questa non sarebbe una strategia difensiva utile, considerando che il legatario-legittimario è consapevole della consistenza della massa ereditaria, del valore della propria quota di riserva e delle conseguenze sulla domanda di riduzione della persistente mancata rinuncia al legato [39]. A ciò occorre aggiungere l’esame di un ulteriore profilo di diritto processuale. Come si è anticipato, se la rinuncia al legato in sostituzione (condizione dell’azione) potesse concretamente sopraggiungere alla proposizione dell’azione di riduzione – si è cercato di dimostrare che non è così – allora il [continua ..]
La pronuncia annotata va apprezzata per il rigore nell’applicazione dei principi di diritto già affermati dalla Suprema Corte. Tuttavia, uno di questi principi appare maturo per un ripensamento. Precisamente, si tratta di rimeditare la questione – non sottoposta all’attenzione delle Sezioni Unite nel 2011 – se la proposizione dell’azione di riduzione possa qualificarsi alla stregua di una rinunzia tacita al legato in sostituzione di legittima, fermo restando che tale rinunzia ha natura di atto dismissivo di un diritto già acquistato al patrimonio del legatario per effetto dell’apertura della successione [45]. La soluzione positiva è preferibile, sia per ragioni di diritto sostanziale sia per questioni di ordine processuale. Precisamente, il legislatore impone al legittimario di scegliere se conseguire il legato sostitutivo o agire in riduzione, e la volontà di tenere “ferma” l’attribuzione ricevuta di per sé è irrilevante, salvo che l’obbligo restitutorio del legittimario (che ha rinunziato al legato) potrebbe poi compensarsi con il suo diritto sui beni ereditari. Inoltre, la rinunzia al legato sostitutivo è considerata una condizione dell’azione di riduzione – la cui mancanza determina il rigetto in rito della domanda – sicché pare inaccettabile che l’attore si riservi un potere unilaterale di determinare il mancato verificarsi di tale condizione (omettendo di rinunziare al legato in corso di causa), in modo tale da conseguire in modo unilaterale un effetto – quello della rinuncia agli atti con salvezza del diritto sostanziale fatto valere – per cui l’ordinamento in via generale richiede l’accettazione del convenuto. Tutte queste considerazioni sembrano prestarsi – se condivise – ad essere integrate agevolmente con i principi giurisprudenziali già consolidati, senza necessità di compiere alcun revirement di ampia portata, né tantomeno di rimettere la questione alle Sezioni Unite. Al contrario, pare sufficiente riconoscere che la proposizione dell’azione di riduzione costituisce di per sé un atto inequivocabile di rinuncia al legato in sostituzione di legittima. Dal punto di vista applicativo, l’accoglimento di tale soluzione comporterà la fondatezza della domanda del legittimario che agisce in riduzione, qualora sia stato [continua ..]