Jus CivileCC BY-NC-SA Commercial Licence ISSN 2421-2563
G. Giappichelli Editore

Note in tema di separazione senza addebito e spettanza dei diritti successori di cui al cpv. dell'art. 540 cod. civ. (di Valentina Viti, Ricercatrice di Diritto privato – Università degli Studi di Brescia)


Fra i problemi interpretativi ed applicativi sorti intorno alla disposizione di cui al comma 2 dell’art. 540 c.c. particolare interesse ha suscitato quello concernente la configurabilità in capo al coniuge separato senza addebito dei diritti di abitazione sulla casa familiare e di uso sui mobili di corredo previsti dalla norma. La questione, oggetto di differenti opinioni in dottrina e di arresti giurisprudenziali non sempre conformi, viene nello scritto indagata attraverso un percorso condotto alla luce del preminente rilievo che nella disposizione in esame deve ritenersi assumere la dimensione finalistica e volto a pervenire ad una soluzione coerente con il ruolo che tale dimensione ha ricoperto nella caratterizzazione della fattispecie e nella definizione dei principali nodi problematici posti dalla stessa.

About the separation without charge and the entitlement to inheritance rights referred to in paragraph 2 of the article 540 Civil Code

Among the interpretative and application problems that have arisen around the provision referred to in paragraph 2 of the art. 540 c.c. particular interest has been aroused by that concerning the configurability in favor of the separated spouse without charge of the rights of residence on the family home and use of the accompanying furniture. The question, subject to various opinions in the doctrine and to different jurisprudential rulings, is investigated with regard to the pre-eminent importance that the finalistic dimension assumes in the provision and with the aim of reaching a solution consistent with the role that this dimension has played in the characterization of the case and in the definition of the main problematic issues posed by it.

SOMMARIO:

1. I diritti di abitazione e di uso di cui all’art. 540, comma 2, cod. civ. ed il presupposto soggettivo dello status di coniuge - 2. L’attribuibilità della riserva qualitativa al coniuge separato senza addebito. Le posizioni della dottrina - 3. Gli orientamenti della giurisprudenza. La recente pronuncia della Cassazione n. 22566 del 2023 - 4. La rilevanza degli interessi tutelati dalla disposizione di cui al cpv. dell’art. 540 cod. civ. nella definizione del concetto di residenza familiare. La necessaria esclusione della spettanza dei diritti di abitazione e di uso al coniuge separato senza addebito - NOTE


1. I diritti di abitazione e di uso di cui all’art. 540, comma 2, cod. civ. ed il presupposto soggettivo dello status di coniuge

La disposizione di cui al comma 2 dell’art. 540 cod. civ. si inserisce nell’ambito del processo di riforma del diritto di famiglia operato con la l. n. 151/1975, il quale, nel suo intento di allineare la disciplina privatistica alla nuova concezione costituzionale della famiglia [1], ha portato, nella materia successoria, a sostituire il precedente usufrutto uxorio riservato al coniuge superstite su una parte del patrimonio del de cuius con la spettanza ad esso della proprietà di una quota variabile dell’asse ereditario, nonché, in aggiunta, attraverso la disposizione in esame, dei diritti di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e di uso dei mobili che la corredano, se di proprietà del defunto o comuni [2].

Il realizzato miglioramento della posizione successoria del coniuge, con particolare riguardo alla previsione di cui al cpv. dell’art. 540 cod. civ., è stato tradizionalmente collegato all’intenzione di rispondere ad esigenze di tutela personalistico-esistenziali riferibili a tale soggetto. La ratio dell’attribuzione dei menzionati diritti di abitazione e di uso è stata, infatti, da risalente giurisprudenza costituzionale ricondotta non tanto alla tutela dell’interesse economico del coniuge superstite a disporre di un alloggio, quanto alla protezione del suo interesse non patrimoniale a conservare i rapporti affettivi e consuetudinari con la casa familiare, a mantenere il tenore di vita, le relazioni sociali, gli status symbols goduti durante il matrimonio [3]. Un accento su istanze precipuamente morali, e non immediatamente economiche, che, nonostante alcune diverse sfumature nei punti di vista, è stato ben sottolineato anche da autorevoli voci in dottrina, le quali hanno rimarcato come alla base della previsione normativa in esame vi sia la necessità di preservare il benessere psicofisico del coniuge superstite e di evitare allo stesso i disagi esistenziali legati al distacco dalle proprie abitudini di vita e familiari [4].

La rilevata dimensione finalistica posta alla base del riconoscimento dei diritti speciali in discorso è venuta nel tempo a ricoprire un ruolo determinante tanto nella caratterizzazione della fattispecie quanto nella definizione dei principali nodi problematici dalla stessa posti, spiegando importanti riflessi con riguardo ad aspetti sia qualificatori che regolatori ricollegabili alla previsione normativa.

Profili fondamentali, quali quello connesso alla attribuzione di un carattere “qualitativo” alla riserva in discorso [5] o quello riguardante il riconoscimento alla stessa della natura di legato ex lege [6], hanno mostrato una spiccata propensione ad essere influenzati dalle ragioni e, dunque, dagli aspetti funzionali caratterizzanti la medesima attribuzione. Ancora, alla individuata ratio del conferimento dei diritti di abitazione e di uso in favore del coniuge superstite si è ricollegata la definizione di aspetti più propriamente regolatori attinenti agli stessi, in particolare con riguardo alla riferibilità ad essi della disciplina di diritto comune dei diritti reali in esame di cui al libro III del codice civile (artt. 1021-1026 cod. civ.) e agli eventuali limiti di compatibilità e, dunque, di applicabilità di tale normativa [7].

Il rilievo che la considerazione degli interessi sottesi all’attribuzione di cui al comma 2 dell’art. 540 cod. civ. ha assunto con riferimento a molti dei profili interpretativi ed applicativi attinenti alla disposizione, si ritiene non possa venir meno nell’approfondimento e nella ricerca di una appropriata soluzione alla problematica della riconoscibilità della riserva qualitativa in esame al coniuge separato senza addebito. La questione si inserisce nell’ambito perimetrale della corretta definizione dei presupposti richiesti dalla prima parte del cpv. dell’art. 540 cod. civ. per il sorgere dei diritti previsti nella medesima disposizione e si collega, in particolare, alla prescrizione del presupposto “soggettivo” della sussistenza dello status di coniuge nel beneficiario dell’attribuzione [8], che, insieme agli altri due presupposti “oggettivi” della destinazione della casa a residenza familiare e dell’appartenenza dell’immobile al coniuge defunto in via esclusiva o in comunione [9], condiziona la stessa nascita della riserva qualitativa in favore del coniuge superstite.

Le incertezze e i dibattiti sorti con riguardo alla situazione del coniuge separato senza addebito [10] discendono evidentemente dal necessario collegamento dell’art. 540 cod. civ. con la disciplina successoria dettata per il coniuge separato dall’art. 548 cod. civ. Se, infatti, in virtù di tale ultima disposizione, non vi sono stati dubbi nell’escludere che i diritti di abitazione e di uso di cui al comma 2 dell’art. 540 cod. civ. spettino al coniuge separato con addebito, essendo per questo previsto soltanto il diritto ad un assegno vitalizio ove al­l’apertura della successione goda degli alimenti a carico del coniuge deceduto, discussa si è mostrata la soluzione da adottare con riguardo al coniuge separato senza addebito, a cui invece la disposizione di cui al com­ma 1 dell’art. 548 cod. civ. riconosce espressamente «gli stessi diritti successori del coniuge non separato» [11].


2. L’attribuibilità della riserva qualitativa al coniuge separato senza addebito. Le posizioni della dottrina

Diverse sono state le opinioni espresse dalla dottrina sul punto della attribuibilità dei diritti di abitazione e di uso al coniuge superstite separato senza addebito, mostrandosi la questione particolarmente contrastata.

Muovendo dalla previsione di cui al comma 1 dell’art. 548 cod. civ. ed ancorandosi principalmente al dato letterale, alcuni autori hanno ammesso che anche al coniuge separato senza addebito spettino, oltre alla quota di patrimonio riservata, i diritti di cui al cpv. dell’art. 540 cod. civ. Siffatti diritti sarebbero esercitabili sull’ultima casa che fu di residenza comune e sui mobili che la corredano, a prescindere dal fatto che il beneficiario dell’attribuzione viva o meno ancora in quell’immobile al momento dell’apertura della successione [12].

Tale prima minoritaria posizione è stata avversata da una diversa tesi, maggioritaria, espressa da quanti hanno ritenuto di poter riconoscere al coniuge separato senza addebito la riserva qualitativa di cui si discorre soltanto nell’ipotesi in cui costui dopo la separazione abbia continuato ad abitare l’immobile, prima adibito a residenza familiare, in forza di accordo con l’altro coniuge o in forza del provvedimento giudiziale di assegnazione della casa familiare di cui all’art. 337-sexies cod. civ. [13]. Quest’ultima circostanza, secondo la riferita opinione, varrebbe, infatti, nonostante il venir meno di una effettiva convivenza tra i coniugi, a conservare all’abitazione il ruolo di residenza familiare, con il conseguente verificarsi, alla morte dell’altro coniuge, delle condizioni presupposte dal comma 2 dell’art. 540 cod. civ. per il sorgere dei noti diritti.

La riferita prospettazione, volta a differenziare la posizione del coniuge superstite ancora occupante la casa familiare comune da quella del coniuge superstite non più abitante la stessa, si è mostrata, da una parte, potenzialmente foriera di una disparità di trattamento nei confronti del coniuge senza prole o al quale, per diverse possibili ragioni, non sia stato attribuito il diritto di abitazione [14], dall’altra parte, ha posto il non trascurabile dubbio circa il momento – apertura della successione o raggiungimento di autosufficienza economica della prole maggiorenne – a cui debba ricollegarsi il mutamento del titolo – da titolo giudiziale di assegnazione a titolo ereditario – legittimante l’occupazione [15]. La medesima prospettazione tende, d’altro canto, bene a rivelare come in realtà la questione della riconoscibilità in capo al coniuge separato dei diritti di cui al cpv. dell’art. 540 cod. civ. non sia solo inquadrabile entro la cornice delimitativa del presupposto soggettivo di tale attribuzione rappresentato dallo status di coniuge, mostrando viceversa la stessa non trascurabili punti di contatto con la definizione dell’altro presupposto, oggettivo, della destinazione della casa a residenza familiare ed, in particolare, con la corretta individuazione del significato da attribuire al concetto di residenza familiare.

Tale ultima osservazione trova un evidente riscontro nelle argomentazioni poste alla base di una terza opinione espressa in dottrina sulla questione indagata, ovvero nella tesi di coloro che escludono in radice la possibilità di riconoscere in favore del coniuge separato senza addebito i diritti reali in esame, in quanto ritengono che a seguito della separazione personale non sia più possibile individuare una casa adibita a “residenza familiare”. Per casa familiare, in altri termini, dovrebbe intendersi unicamente la casa di residenza comune dei coniugi al momento dell’apertura della successione, in quanto, una volta verificatasi la separazione, ove pure al coniuge separato fosse assegnato l’immobile prima adibito a residenza familiare, sarebbe comunque venuta meno quella comunione di affetti e, soprattutto, quella condivisione dei luoghi in cui aveva a svolgersi la vita coniugale, che sono alla base del riferito presupposto oggettivo per l’attribuzione della riserva qualitativa di cui al cpv. dell’art. 540 cod. civ. [16]. Ad avviso di tale ultimo indirizzo, dunque, neanche l’assegnazione al coniuge separato della casa familiare potrebbe consentire di far mantenere all’abitazione la valenza di residenza familiare, rimarcandosi all’uopo come nettamente diversi siano gli interessi protetti dal­l’assegnazione di cui all’art. 337-sexies cod. civ., da un lato, e dall’attribuzione di cui all’art. 540, comma 2, cod. civ., dall’altro. Nel primo caso, infatti, si tenderebbe a tutelare l’interesse esclusivo della prole a continuare a vivere nella casa familiare insieme al genitore collocatario, nel secondo, invece, a rispondere ad un interesse personale del coniuge, preso in considerazione uti singulus e non quale esercente la potestà genitoriale [17]. Conseguenza dell’adozione di una siffatta impostazione, nel coordinamento dell’art. 540 cod. civ. con l’art. 548 cod. civ., è chiaramente quella di ritenere tale ultima norma diretta a riconoscere anche al coniuge separato senza addebito il diritto alla stessa quota di patrimonio ereditario riservata al coniuge non separato, ma non ad attribuire ad esso i diritti di abitazione e di uso di cui al comma 2 dell’art. 540 cod. civ. [18].


3. Gli orientamenti della giurisprudenza. La recente pronuncia della Cassazione n. 22566 del 2023

In favore della soluzione da ultimo riportata si era negli anni orientata una consolidata giurisprudenza che, in diverse occasioni, aveva ravvisato nella separazione personale dei coniugi un ostacolo insormontabile al sorgere dei diritti speciali di cui al cpv. dell’art. 540 cod. civ. [19]. Così i giudici, in più di una pronuncia, hanno sostenuto che «anche se l’art. 548 c.c., comma 1, equipara, quanto ai diritti successori attribuiti dalla legge, il coniuge separato senza addebito al coniuge non separato, in caso di separazione personale dei coniugi e di cessazione della convivenza, l’impossibilità di individuare una casa adibita a residenza familiare fa venire meno il presupposto oggettivo richiesto ai fini dell’attribuzione dei diritti di uso e abitazione ex art. 540 c.c.» [20]. E ancora, nella stessa direzione, in una serie di arresti si è affermato che «se (…) il diritto di abitazione (e il correlato diritto d’uso sui mobili) in favore del coniuge superstite può avere ad oggetto esclusivamente l’immobile concretamente utilizzato prima della morte del de cuius come residenza familiare, è evidente che l’applicabilità della norma in esame è condizionata all’effettiva esistenza, al momento dell’aper­tu­ra della successione, di una casa adibita ad abitazione familiare; evenienza che non ricorre allorché, a seguito della separazione personale, sia cessato lo stato di convivenza tra i coniugi» [21]. È bene sottolineare come siffatte statuizioni siano state dalla giurisprudenza di legittimità tenute ferme anche rispetto ad ipotesi in cui la casa familiare era stata attribuita al coniuge in virtù di previsioni contenute nella separazione consensuale omologata, ritenendo all’uopo la Corte che la suddetta circostanza non potesse reputarsi foriera di elementi di diversificazione rispetto alla considerazione «della mancanza della convivenza fra i coniugi al momento di apertura della successione» [22].

Tale consolidato orientamento è stato messo in discussione da una recente pronuncia del Supremo Collegio, in cui i giudici, dichiarando espressamente di voler abbandonare i principi “di giurisprudenza” finora affermatisi ed auspicando comunque un opportuno chiarimento legislativo sulla questione in esame, hanno ritenuto di accogliere la tesi secondo cui l’adibizione della casa a residenza familiare non deve essere necessariamente in atto nel momento di apertura della successione, non reputandosi la medesima adibizione venire meno per il solo fatto della separazione legale [23].

Alla base del revirement della Corte, oltre ad un generico e non specificato richiamo alle «motivate critiche» avanzate in dottrina nei confronti dell’orientamento pretorio finora prevalente, critiche che si ritengono «non superabili», vengono poste due argomentazioni che legano, in senso limitativo, l’attività ermeneutica del giudice al dato strettamente letterale. Da un lato, la considerazione che la norma di cui al cpv. dell’art. 540 cod. civ. non annovera fra i presupposti per l’attribuzione dei diritti di abitazione e di uso la convivenza fra i coniugi, dall’altro lato, la constatazione che «la lettera dell’art. 548 cod. civ. è chiara nel parificare i diritti successori del coniuge separato senza addebito a quelli del coniuge non separato». Da tali rilievi si fa discendere che i diritti speciali di cui al comma 2 dell’art. 540 cod. civ. spettino anche al coniuge separato senza addebito, ritenendosi i presupposti per la loro nascita venire a mancare solo qualora, dopo la separazione, «la casa sia stata lasciata da entrambi i coniugi o abbia comunque perduto ogni collegamento, anche solo parziale o potenziale, con l’originaria destinazione familiare». Un passaggio quest’ultimo di non poco conto nel momento in cui lo stesso viene a precisarsi nella affermazione per cui l’adibizione a residenza della famiglia, destinata a cessare nei soli casi così indicati, continuerebbe invece a sussistere nell’ipotesi di successione aperta in favore del coniuge che, allontanatosi dall’abitazione, via abbia lasciato a vivere l’altro coniuge poi defunto [24].

La posizione da ultimo assunta dalla giurisprudenza di legittimità si caratterizza in modo del tutto peculiare non solo perché si colloca in un alveo distinto ed isolato rispetto al perimetro entro cui si erano mossi gli arresti fino a quel momento espressi da un indirizzo pretorio consolidato, ma anche perché viene in qualche modo a discostarsi da tutte le diverse posizioni assunte sul punto dalla dottrina. Né negando né ammettendo in generale la spettanza dei diritti in esame al coniuge separato senza addebito, la Corte non giunge, infatti, neanche a far coincidere il presupposto di tale spettanza con la permanenza di costui nella casa già adibita a residenza familiare, ricorrendo all’uopo al ben più blando requisito del mantenimento da parte dell’abita­zio­ne di un qualche collegamento, anche solo “parziale” o “potenziale”, con l’originaria destinazione familiare, il quale potrebbe consentire anche al coniuge allontanatosi dalla stessa di divenire titolare, alla morte dell’al­tro coniuge, dei suddetti diritti [25].


4. La rilevanza degli interessi tutelati dalla disposizione di cui al cpv. dell’art. 540 cod. civ. nella definizione del concetto di residenza familiare. La necessaria esclusione della spettanza dei diritti di abitazione e di uso al coniuge separato senza addebito

Dalla esposizione e da una prima sommaria analisi delle diverse tesi avanzate in dottrina ed in giurisprudenza in punto di applicabilità del comma 2 dell’art. 540 cod. civ. al coniuge separato senza addebito si ritiene tenda ad emergere come lo snodo fondamentale per giungere ad una soluzione della questione si incentri sulla possibilità o meno di considerare ricorrente in tale ipotesi il presupposto oggettivo della residenza familiare e, dunque, a monte, sull’individuazione del corretto significato da attribuire al concetto stesso di “residenza familiare”. Constatato, infatti, che il comma 1 dell’art. 548 cod. civ. attribuisce al coniuge separato senza addebito gli stessi diritti successori del coniuge non separato e, dunque, da un punto di vista soggettivo, equipara formalmente le due figure, l’indagine circa la applicabilità al primo soggetto della specifica disposizione sulla riserva qualitativa dei diritti di abitazione e di uso dovrà essere orientata ed avviata ad una soluzione alla luce della valutazione della ricorrenza di tutte le condizioni dettate dalla norma, fra le quali una particolare problematicità nel caso in esame pone quella della adibizione della casa a «residenza familiare».

Già questa considerazione consente, da un punto di vista metodologico, di rivolgere una prima critica al­l’indirizzo dottrinario minoritario che ha ammesso in termini assoluti la riferibilità al coniuge separato senza addebito dei diritti speciali di cui al cpv. dell’art. 540 cod. civ., basandosi esclusivamente sul dato letterale del generale rinvio contenuto nell’art. 548 cod. civ. e prescindendo del tutto dalla riferita necessaria verifica [26]. Ineludibile è risultato, invece, il passaggio argomentativo sul concetto di residenza familiare nell’impo­stazione adottata dalle altre tesi all’uopo espresse, in cui, in senso opposto, da una parte si è ammessa la attri­buibilità del legato ex lege in discorso al solo coniuge separato che sia rimasto a vivere nell’abitazione, la quale, in virtù di tale permanenza, manterrebbe la qualifica di residenza familiare [27], dall’altra parte si è esclusa in ogni caso una siffatta attribuibilità, in quanto, anche nell’ipotesi di assegnazione della casa al coniuge separato superstite, la separazione legale farebbe cessare con riguardo all’immobile la connotazione di residenza familiare [28]. Ancora determinante è risultato il riferimento al concetto di residenza familiare nel­l’ultimo orientamento giurisprudenziale manifestatosi, seppur il suo significato sia stato ricondotto alla più labile e rarefatta accezione di qualsiasi «collegamento, anche solo parziale o potenziale, con l’originaria destinazione familiare» [29].

Per sciogliere il punto nodale del significato da attribuire al presupposto della residenza familiare previsto nel comma 2 dell’art. 540 cod. civ. si ritiene che il canone interpretativo da prediligere ed adottare sia quello che consenta di raccordare il suddetto significato con la peculiare ratio che è alla base di tale previsione.

Come rilevato, per consolidata opinione, tanto giurisprudenziale quanto dottrinaria, tale ratio è da rinvenire non nella tutela dell’interesse economico del coniuge superstite di disporre di un alloggio, bensì nella protezione dell’interesse morale dello stesso soggetto legato al mantenimento dei rapporti affettivi e consuetudinari con la casa familiare, quali la conservazione della memoria del coniuge scomparso, delle relazioni sociali e degli status simbols goduti durante il matrimonio [30]. Si tratta di interessi, di natura personalistico-esistenziale, la cui tutela, se pienamente comprensibile rispetto al coniuge non separato, risulta, invece, difficilmente giustificabile nella diversa situazione in cui, a seguito della separazione personale, la comunione materiale e spirituale di vita tra coniugi è venuta meno. La corretta accezione da attribuirsi al concetto di residenza familiare contenuto nel cpv. dell’art. 540 cod. civ. si reputa debba farsi immediatamente discendere dalle riferite considerazioni in punto di connotazione finalistica della diposizione codicistica in esame. Una accezione che sarà, dunque, ineludibilmente legata allo svolgimento nell’abitazione di una comunione di vita coniugale, tale per cui il presupposto della adibizione della casa a “residenza familiare” potrà ritenersi integrato soltanto laddove in essa abbia avuto luogo, fino al momento dell’apertura della successione, quella condivisione di spazi e affetti tra i coniugi che sola può giustificare l’esigenza di tutela di quegli interessi morali del coniuge superstite posti alla base della previsione codicistica.

Così declinato il concetto di residenza familiare di cui al comma 2 dell’art. 540 cod. civ., chiara sarà la soluzione a cui giungere in merito alla questione indagata, soluzione che dovrà necessariamente consistere nella esclusione della riconoscibilità dei noti diritti di abitazione e di uso in capo al coniuge separato senza addebito, a prescindere dalla sua permanenza nell’immobile o dalla (ancor più debole) circostanza che lo stesso immobile abbia mantenuto un qualche, seppur minimo o potenziale, collegamento con l’originaria destinazione familiare.

L’opinione dottrinaria maggioritaria, volta a riconoscere la riserva qualitativa in esame al coniuge separato che abbia continuato ad occupare l’immobile, risulta criticabile non solo, come già anticipato, in quanto, utilizzando il ricorrere della situazione scaturente dall’applicazione della norma di cui all’art. 337-sexies cod. civ. al fine di suffragare il verificarsi del presupposto della “residenza familiare” di cui al cpv. dell’art. 540 cod. civ., compie, alla luce dei differenti interessi tutelati dalle due disposizioni, una operazione ermeneutico-ricostruttiva non corretta, ma anche perché, più in generale, non considera, come opportunamente dovrebbe farsi, la diversa situazione che caratterizza la posizione del coniuge separato rispetto alla posizione del coniuge non separato. Con la separazione personale, pur rimanendo fermo il vincolo matrimoniale, si determina la sospensione o attenuazione di quegli effetti del matrimonio, che, pure con le diverse sfumature espresse in dottrina, possono dirsi essenzialmente riconducibili a quella comunione materiale e spirituale di vita prima caratterizzante il rapporto tra i coniugi; quest’ultimo, infatti, viene a modificarsi e, secondo alcuni, a ridursi ad un contenuto minimo, cessando o comunque notevolmente attenuandosi quegli obblighi, quale quello di convivenza e di assistenza morale, estrinsecazione di una comunione di vita non più esistente, e permanendo, d’altro canto, un obbligo di assistenza patrimoniale che, tuttavia, in ragione del venir meno della convivenza, viene ad assumere una diversa forma di esplicazione, traducendosi nell’obbligo di mantenimento a carico del coniuge provvisto di mezzi verso quello che mezzi sufficienti non ne abbia [31]. Quello che da un siffatto quadro può, ad avviso di chi scrive, evincersi è che la tutela che l’ordinamento offre al coniuge separato attiene principalmente a profili economico-patrimoniali connessi all’intervenuta situazione di separazione legale e non, o comunque solo in misura residuale, ad aspetti personalistico-esistenziali legati alla precedente comunione di vita con l’altro coniuge, aspetti questi ultimi che tendenzialmente vengono a sfumare, se non a svanire del tutto, con la separazione [32]. Tali considerazioni si reputa possano importare rilevanti riflessi sulla questione che più da vicino ci occupa. Dovrà, infatti, ritenersi, quanto all’assegnazione della casa familiare in costanza di separazione, che, anche laddove tale assegnazione sia da raccordarsi al­l’in­teresse del coniuge assegnatario [33], perché ad esempio vi sia una situazione di assenza di prole, questo interesse non sia comunque da riconnettersi alla tutela di esigenze legate ad una ormai cessata comunione di vita ed ai profili morali in essa involti, bensì a mere ragioni economico-patrimoniali dello stesso e, dunque, a bisogni strettamente abitativi. Una siffatta ricostruzione della posizione del coniuge separato e degli interessi che possano essere alla base della sua protezione e della assegnazione ad esso, in sede di separazione, della casa familiare deve portare ad escludere che compatibile con la situazione di tale soggetto sia la previsione di cui al comma 2 dell’art. 540 cod. civ. ed, in particolare, la ratio, ispirata a ragioni di tipo personalistico-non patrimoniale, che fonda tale previsione. Ne consegue un ulteriore riscontro circa l’impossibilità di reputare attribuibili al medesimo soggetto, una volta verificatasi la morte dell’altro coniuge, i diritti di abitazione sul­l’immobile a lui assegnato e di uso sui mobili che lo corredano previsti dalla norma.

Ancor più criticabile risulta l’orientamento da ultimo espresso dalla giurisprudenza di legittimità, la quale, in controtendenza rispetto al precedente indirizzo consolidato, ha proposto una ricostruzione del concetto di residenza familiare del tutto “oggettivizzata”, in quanto totalmente avulsa dall’adozione di una, invece necessaria, prospettiva funzionalistica. A rilevare, in base a questa impostazione, sarebbe la mera permanenza di qualche, seppur minimo, collegamento del bene immobile con l’originaria destinazione familiare, collegamento che potrebbe ritenersi sussistere anche nel caso di successione aperta in favore del coniuge che, allontanatosi dalla casa familiare, vi abbia lasciato vivere l’altro coniuge poi defunto o, si potrebbe aggiungere, anche nell’ipotesi in cui a continuare ad abitare la casa siano solo i figli della coppia [34]. Anche in quest’ul­ti­mo caso, infatti, soprattutto laddove i figli non abbiano dato vita ad un nuovo nucleo familiare, potrebbe ritenersi persistere quel “collegamento, anche solo parziale o potenziale, con l’originaria destinazione familiare” posto dalla recente pronuncia della Corte alla base del riconoscimento in favore del coniuge separato senza addebito della riserva di cui al cpv. dell’art. 540 cod. civ. [35]. I rilievi critici che possono avanzarsi rispetto ad una siffatta prospettazione attengono non solo alla inaccettabile pretermissione di qualsiasi valutazione legata agli aspetti finalistici insiti nella ratio della norma della cui applicazione ci si occupa, ma anche alla non giustificabile penalizzazione della posizione degli altri chiamati in concorso e dei loro interessi patrimoniali che da tale orientamento potrebbe derivare. La notevole incidenza che i diritti speciali in discorso, riservati al coniuge superstite con la riforma del ’75, potrebbero spiegare soprattutto rispetto alla quota di riserva riconosciuta in favore dei figli del de cuius [36], si ritiene debba, infatti, indurre a verificare con maggior rigore i confini applicativi della disposizione in esame al fine di evitarne letture ultroneamente protettive della posizione del coniuge ed eccessivamente pregiudizievoli per la posizione degli altri legittimari. Ed un siffatto non auspicabile esito, ad avviso di chi scrive, potrebbe derivare da un riconoscimento della riserva qualitativa di cui al comma 2 dell’art. 540 cod. civ. che, includendo nel proprio ambito applicativo anche la figura del coniuge separato, per di più allontanatosi dall’abitazione, risulterebbe sovrabbondante rispetto alle ragioni di tutela presupposte dalla norma, non riuscendo più a giustificare la potenziale importante limitazione dei diritti riservati agli altri chiamati dalla stessa norma discendente.

Le considerazioni svolte e la conclusione della necessaria esclusione della spettanza dei diritti di abitazione e di uso di cui al cpv. dell’art. 540 cod. civ. al coniuge separato senza addebito, che da tali considerazioni consegue, devono portare a sottolineare come la riserva a favore di quest’ultimo soggetto degli «stessi diritti successori del coniuge non separato» di cui al comma 1 dell’art. 548 cod. civ. debba ritenersi collegata e limitata ai soli diritti riconosciuti al coniuge dal comma 1 dell’art. 540 cod. civ., ovvero alla quota di patrimonio ad esso riservata, rimanendo esclusa da tale richiamo la previsione di cui al comma successivo di tale ultima norma. Un siffatto coordinamento fra le due disposizioni richiamate si inserisce a pieno nella logica che si è ritenuta essere alla base della tutela del coniuge separato: il riconoscimento a favore di quest’ultimo soggetto dei medesimi diritti successori del coniuge non separato, per quanto in precedenza osservato, deve, infatti, inquadrarsi entro un’area di rilevanza di interessi precipuamente economico-patrimoniali dello stesso, interessi economico-patrimoniali che, se non possono ritenersi animare la previsione della riserva qualitativa di cui al cpv. dell’art. 540 cod. civ., devono, viceversa, reputarsi giustificare l’attribuzione “quantitativa” di cui al comma precedente della medesima norma [37].


NOTE

[1] Si è evidenziato in dottrina come la riforma della disciplina successoria in materia di diritti spettanti al coniuge superstite si sia posta in linea con la nuova concezione costituzionale della famiglia quale sede in cui si esplica la personalità dell’individuo ed in cui assumono rilievo non solo i vincoli di sangue, ma anche i legami affettivi (G. Bonilini, Manuale di diritto ereditario e delle donazioni, Torino, 2010, 124), nonché quale luogo in cui si realizza una sostanziale uguaglianza patrimoniale tra tutti i componenti del nucleo familiare (P. Forchielli, Aspetti successori della riforma del diritto di famiglia, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1975, II, 1013; L. Mezzanotte, La successione anomala del coniuge, Napoli, 1989, 31 ss.). Diverse le disposizioni costituzionali all’uopo richiamate, quali l’art. 2 Cost. e gli artt. 29, 30, 31 e 37 Cost., cfr. C. Cicero-S. Deplano, Profili evolutivi dell’art. 540, comma 2: effettività della destinazione «a residenza familiare» e rilevanza degli interessi extrapatrimoniali del coniuge superstite, in Riv. not., 2015, 206.

[2] Senza pretese di esaustività, fra i tanti contributi sul tema dei diritti di abitazione e di uso di cui al comma 2 dell’art. 540 cod. civ., cfr., A. Ravazzoni, I diritti di abitazione e di uso a favore del coniuge superstite, in Riv. dir. fam. pers., 1978, 224 ss.; G. Vicari, I diritti di abitazione e di uso riservati al coniuge superstite, in Riv. dir. fam. pers., 1978, 1319 ss.; A. Mirone, I diritti successori del coniuge, Napoli, 1984; G. Azzariti, Il diritto di abitazione sulla casa già adibita a residenza familiare e di uso dei mobili che la corredano da parte del coniuge superstite, in Giust. civ., 1987, 7-8, 2377 ss.; L. Ferri, I diritti di abitazione e di uso del coniuge superstite, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1988, 366 ss.; L. Mezzanotte, La successione anomala del coniuge, Napoli, 1989, 60 ss.; M.G. Falzone Calvisi, Il diritto di abitazione del coniuge superstite, Napoli, 1993; G. Tedesco, I diritti di abitazione e di uso del coniuge superstite nella successione legittima, in Giust. civ., 2001, II, 383 ss.; R. Calvo, Il diritto di abitazione del coniuge tra regole e valori, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2006, 1, 15 ss.; G. Frezza, Appunti e spunti sull’art. 540, comma 2, c.c., in Riv. dir. fam. pers., 2008, 2, 955 ss.; P. Rescigno, Sulla riserva al coniuge dell’abitazione e dei mobili nella successione legittima, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2013, 376 ss.; V. Barba, Sui diritti successori di abitazione e di uso spettanti al coniuge superstite. Un altro passo indietro, in Giur. it., 2013, 8-9, 1781 ss.; D. Poletti, A proposito del diritto di abitazione del coniuge superstite (e di interessi creditori), in Riv. trim. dir. proc. civ., 2015, 2, 403 ss.; A. Spatuzzi, Confini applicativi ed interpretativi ai diritti di abitazione ed uso del coniuge superstite, in Notariato, 2021, 2, 188 ss.

[3] In tal senso Corte cost., 26 maggio 1989, n. 310, in Foro it., 1991, I, c. 446 e in Riv. dir. fam. pers., 1989, 474.

[4] Riconducono la ratio della disposizione di cui al comma 2 dell’art. 540 cod. civ. alla tutela di istanze personalistiche, fra gli altri, G. Gabrielli, Art. 540, in Commentario alla riforma del diritto di famiglia, a cura di L. Carraro-G. Oppo-A. Trabucchi, I, Padova, 1977, 833; A. Ravazzoni, I diritti di abitazione ed uso a favore del coniuge superstite, cit., 224; A. Mascheroni, Il nuovo trattamento successorio del coniuge superstite, in Il nuovo diritto di famiglia. Contributi notarili, Milano, 1975, 639; M. Gambardella, I diritti di abitazione e di uso del coniuge superstite: una nuova figura di riserva, in Rass. dir. civ., 1989, 3, 692; R. Calvo, Il diritto di abitazione del coniuge tra regole e valori, cit., 20; G. Capozzi, Successioni e donazioni, Milano, 2009, 440; G. Bonilini, Manuale di diritto ereditario e delle donazioni, Torino, 2011, 128. Fanno specifico riferimento ad esigenze di tutela del benessere fisico e psichico del coniuge superstite L. Mengoni, Successioni per causa di morte. Parte speciale. Successione legittima, in Tratt. dir. civ. comm., diretto da A. Cicu-F. Messineo e continuato da L. Mengoni, Milano, 1999, 171; V. Barba, La successione dei legittimari, Napoli, 2020, 75.

[5] Carattere “qualitativo” sostanziantesi nella necessità di un effettivo e concreto conferimento al coniuge dei diritti in discorso, in aggiunta alla quota di patrimonio allo stesso riservata. V. Barba, La successione dei legittimari, cit., 85 evidenzia efficacemente come al fine di escludere una lesione dei diritti che la legge riserva al coniuge non basti che costui consegua complessivamente beni per un importo corrispondente al valore sia della quota di patrimonio riservata sia dei diritti di cui all’art. 540, comma 2, cod. civ., ma occorra che tale soggetto consegua «effettivamente e concretamente» i diritti di abitazione e di uso.

[6] A. Ravazzoni, I diritti di abitazione e di uso a favore del coniuge superstite, cit., 224 ss.; G. Vicari, I diritti di abitazione e di uso riservati al coniuge superstite, cit., 1314; A. Gargano, Il coniuge superstite: un erede scomodo? I diritti di uso e di abitazione, cit., 1628; E. Perego, I presupposti della nascita dei diritti d’abitazione e d’uso a favore del coniuge superstite, in Rass. dir. civ., 1980, 714; M. Calapso, Alcune considerazioni ancora sui diritti di abitazione e di uso spettanti al coniuge superstite a norma del 2° comma dell’art. 540 c.c., in Vita not., 1984, 1-3, 573; G. Gabrielli, Dei legittimari, in Comm. al diritto italiano della famiglia, a cura di G. Cian-G. Oppo-A. Trabucchi, V, Padova, 1992, 55 ss.; G. Frezza, Appunti e spunti sull’art. 540, comma 2, c.c., cit., 966; G. Bonilini, Il legato, in Tratt. dir. succ. don., diretto da G. Bonilini, II, Milano, 2009, 400; V. Barba, La successione dei legittimari, cit., 77 ss. Minoritarie sono risultate le prospettazioni volte a ricondurre la spettanza dei diritti in discorso ad una vocazione a titolo universale (C. Trinchillo, Il trattamento successorio del coniuge superstite nella disciplina dettata dal nuovo diritto di famiglia, cit., 1244), caratterizzantesi quale ampliamento della quota di riserva (A. Mirone, I diritti successori del coniuge, cit., 143 ss.; V.E. Cantelmo, La situazione del coniuge superstite, in Rass. dir. civ., 1980, 1, 50) o quale autonoma riserva separata (M.G. Falzone Calvisi, Il diritto di abitazione del coniuge superstite, cit., 43 ss.). Ancora diverse le ricostruzioni di L. Mengoni, Successioni per causa di morte. Parte speciale. Successione legittima, cit., 165, il quale propende per una qualificazione in termini di vocazione anomala in virtù dell’eccezione apportata «al principio di unità della successione e al suo corollario espresso nella regola di uguaglianza dei coeredi in proporzione delle rispettive quote», nonché di F.S. Azzariti-G. Martinez-G. Azzariti, Successioni per causa di morte e donazioni, Padova, 1979, 219; G. Azzariti-A. Iannacone, Successione dei legittimari e successione dei legittimi, in Giur. sist. civ. comm., fondata da W. Bigiavi, Torino, 1997, 98 ss., i quali tendono, invece, ad estromettere i diritti in discorso dalla riserva del coniuge, configurando gli stessi come limitazione ope legis al godimento di alcuni beni che entrerebbero a far parte dell’asse ereditario per la sola nuda proprietà.

[7] Proprio la considerazione dei peculiari interessi coinvolti nella vicenda successoria del coniuge e della specifica dimensione finalistica alla base della loro attribuzione ha portato molti autori a sostenere che non tutta la disciplina di diritto comune dei diritti reali di abitazione e di uso possa reputarsi applicabile ai diritti di cui al cpv. dell’art. 540 cod. civ., risultando in particolare incompatibili con questi ultimi alcuni vincoli e limitazioni previsti dalla normativa di cui al libro III, fra cui il limite dei bisogni propri e della propria famiglia di cui all’art. 1022 cod. civ. In tal senso L. Mengoni, Successioni per causa di morte. Parte speciale. Successione legittima, cit., 175; G. Gabrielli, Art. 540, in Commentario alla riforma del diritto di famiglia, cit., 838; L. Carraro, La vocazione legittima alla successione, Padova, 1979, 116; L. Ferri, Dei legittimari, in Comm. del Codice Civile, a cura di A. Scialoja-G. Branca, Roma, 1971, 59; U. Perfetti, I legittimari, in Le successioni, Bologna, 2012, 90, secondo cui, rispetto all’esigenza spirituale di consentire al superstite di conservare il legame affettivo con il defunto per il tramite dell’abitazione dei luoghi ove si è svolta la vita affettiva, mancherebbe persino il metro di misura dell’eccedenza dell’uso. In giurisprudenza cfr., Corte cost., 26 maggio 1989, n. 310, cit.; Cass., 13 marzo 1999, n. 2263, in Vita not., 1999, 23; recentemente Cass., 24 giugno 2020, n. 12042; nella giurisprudenza di merito, fra le altre, App. Cagliari, 26 settembre 2005, in Riv. giur. sarda, 2006, 2, 285.

[8] Ulteriori questioni legate al presupposto soggettivo dello status di coniuge richiesto in capo al beneficiario dell’attribuzione di cui al cpv. dell’art. 540 cod. civ. hanno riguardato la riferibilità di tale attribuzione al convivente more uxorio e, più recentemente, al partner dell’unione civile. Per un relativo approfondimento sia consentito di rinviare a V. Viti, Diritti successori di abitazione e di uso spettanti al coniuge superstite, in F.P. Torrasi (a cura di), Successioni e contenzioso ereditario. Questioni controverse e risvolti applicativi, Milano, 2022, 272 ss., e ai riferimenti bibliografici ivi contenuti.

[9] Si è, da parte di alcuni in dottrina, precisato come il requisito della proprietà o comproprietà debba ritenersi necessario per il solo diritto di abitazione e non, invece, per il diritto di uso dei mobili che corredano la residenza familiare, sul punto, cfr., U. Perfetti, I legittimari, cit., 89. Non in tal senso sembrerebbe orientata la giurisprudenza, che, in diverse pronunce, ha testualmente riferito il presupposto della proprietà del de cuius o della comproprietà tanto alla casa adibita a residenza familiare quanto ai mobili che la arredano, cfr., da ultimo, Cass., 28 maggio 2021, n. 15000.

[10] Meno problematica è risultata la soluzione prospettata per i casi di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili dello stesso o, ancora, di nullità dello stesso, rispetto ai quali l’esclusione dell’acquisto dei diritti di cui al cpv. dell’art. 450 cod. civ. è stata collegata al ricorrere di una sentenza passata in giudicato. Cfr., più approfonditamente, G. Bonilini, I diritti successori del coniuge divorziato, in Tratt. dir. succ. don., diretto da G. Bonilini, cit., 229 ss.; V. Barba, La successione dei legittimari, cit., 110 ss.

[11] Anche sulla base della lettera della norma di cui all’art. 548 cod. civ. giurisprudenza e dottrina maggioritaria ritengono necessaria una sentenza sull’addebito della separazione già passata in giudicato al momento dell’apertura della successione, cfr., fra le ultime pronunce, Cass., 26 luglio 2013, n. 18130, in Leggi d’Italia; Cass., 10 maggio 2017, n. 11492, in Leggi d’Italia; in dottrina, fra gli altri, L. Mengoni, Successioni per causa di morte. Parte speciale. Successione legittima, cit., 163; U. Perfetti, Dei legittimari, cit., 121. Secondo V. Barba, La successione dei legittimari, cit., 102, la disciplina di cui al comma 1 dell’art. 548 cod. civ. potrà trovare applicazione anche al coniuge cui non sia stata addebitata la separazione, quand’anche la sentenza sia passata in giudicato in un momento successivo alla morte dell’altro coniuge, nei soli casi in cui all’apertura della successione la sentenza di separazione sia già passata in giudicato, mentre non sia ancora passata in giudicato la sentenza sull’addebito della separazione.

[12] L. Ferri, Dei legittimari, cit., 57; A. Palazzo, Le successioni, in Tratt. dir. priv., cit., 469; L. Mezzanotte, Vanificazione del diritto di abitazione spettante al coniuge separato di fatto, in Giur. it., 1986, I, 2, c. 28 ss.

[13] A. Ravazzoni, I diritti di abitazione e di uso a favore del coniuge superstite, cit., 243; G. Gabrielli, Art. 540, cit., 847; M. Costanza, Osservazioni in tema di successione del coniuge separato, cit., 750 ss.; R. Calvo, Il diritto di abitazione del coniuge tra regole e valori, cit., 29; G.F. Basini, I diritti successorii del coniuge separato, in Tratt. dir. succ. don., diretto da G. Bonilini, III, cit., 188 ss.; A. Spatuzzi, Confini applicativi ed interpretativi ai diritti di abitazione ed uso del coniuge superstite, cit., 190.

[14] In tal senso cfr. la recente Cass., 26 luglio 2023, n. 22566.

[15] Lo sottolinea in senso critico V. Barba, La successione dei legittimari, cit., 104, che evidenzia come entro la riferita prospettazione sia opinabile «se l’apertura della successione determini un immediato mutamento del titolo che legittimi il coniuge superstite all’occupazione, ossia se il coniuge separato cessi di abitare la casa in ragione del provvedimento giudiziale di separazione e continui ad abitarla in forza del legato ex lege». Ad opinione di G.F. Basini, I diritti successorii del coniuge separato, cit., 190 ss., il coniuge continuerebbe comunque ad occupare l’immobile in forza del titolo giudiziale di assegnazione fino al raggiungimento dell’autosufficienza economica da parte della prole maggiorenne, iniziando solo successivamente ad abitare la casa familiare in forza del titolo ereditario.

[16] M.G. Falzone Calvisi, Il diritto di abitazione del coniuge superstite, cit., 127; A. Morace Pinelli, La crisi coniugale tra separazione e divorzio, Milano, 2001, 195; E. Perego, I presupposti della nascita dei diritti di abitazione e di uso a favore del coniuge superstite, cit., 712; C. Trinchillo, Il trattamento successorio del coniuge superstite, cit., 1230; V. Barba, La successione dei legittimari, cit., 105 ss.

[17] Sottolineano la diversità di ratio fra la disposizione di cui all’art. 337-sexies cod. civ. e la norma di cui all’art. 540, comma 2, cod. civ., C. Trinchillo, Il trattamento successorio del coniuge superstite, cit., 1231; M.C. Andrini, Legittimari, in Vita not., 1988, 4-5, 551; V. Barba, La successione dei legittimari, cit., 106.

[18] V. Barba, La successione dei legittimari, cit., 106, sottolinea come la norma di cui all’art. 548 cod. civ. non consenta di far sopravvivere un presupposto (esistenza di una casa familiare) che la separazione, per definizione, fa venir meno.

[19] Fra le altre, Cass., 5 giugno 2019, n. 15277, in Nuova giur. civ. comm., 2019, 6, 1338, con nota di M. Farneti, Non spetta dunque mai al coniuge superstite il diritto di abitare nella casa adibita a residenza familiare?; Cass., 22 ottobre 2014, n. 22456, in Notariato, 2015, 77 ss. e in Notariato, 2016, 2, 141 ss., con nota di V. Terracciano, Presupposti per l’attribuzione dei diritti di cui al­l’art. 540, comma 2, c.c. in favore del coniuge superstite separato senza addebito; Cass., 12 giugno 2014, n. 13407, in Vita not., 2014, 3, 1243 e, nella giurisprudenza di merito, App. Venezia, 14 giugno 1984, in Giur. it., 1986, I, 2, 28 ss.; Trib. Foggia, 30 gennaio 1993, in Giust. civ., 1993, I, 1652.

[20] In tali termini, Cass., 22 ottobre 2014, n. 22456, cit., 77 ss., nonché, analogamente, Cass., 12 giugno 2014, n. 13407, cit., 1243 e Cass., 5 giugno 2019, n. 15277, cit., 1338.

[21] Cfr. Cass., 5 giugno 2019, n. 15277, cit., 1338; nello stesso senso Cass., 22 ottobre 2014, n. 22456, cit., 77 e Cass., 12 giugno 2014, n. 13407, cit., 1243.

[22] Cass., 5 giugno 2019, n. 15277, cit., 1338.

[23] Cass., 26 luglio 2023, n. 22566.

[24] Contrarie le affermazioni di V. Barba, La successione dei legittimari, cit., 106, il quale, dopo aver escluso che si possa continuare a parlare di residenza familiare successivamente alla separazione personale ove pure al coniuge separato fosse stata assegnata la casa familiare, sottolinea che «a maggior ragione deve escludersi che il diritto di abitazione sulla casa familiare e il diritto di uso dei mobili che la corredano possano essere riconosciuti al coniuge separato, nel caso in cui muoia il coniuge proprietario della casa e collocatario prevalente dei figli minori. L’eventuale interesse del coniuge separato superstite, non proprietario, di abitare la casa in cui vivono i propri figli potrà essere soddisfatto non già facendo applicazione della norma di cui all’art. 540, comma 2, c.c., bensì della norma di cui all’art. 337-sexies c.c.».

[25] Un siffatto collegamento dell’abitazione con l’originaria residenza familiare potrebbe, ad esempio, sussistere non soltanto nel­l’ipotesi in cui a permanere nell’immobile sia l’altro coniuge poi defunto, ma anche nel caso in cui a rimanere a vivere nella casa siano solo i figli della coppia separata o, ancora, nel caso in cui qualcuno dei componenti dell’originario nucleo familiare abiti l’immo­bile anche solo per alcuni periodi.

[26] Per tale indirizzo si veda, supra, il par. 2 del presente lavoro ed i riferimenti bibliografici contenuti nella nota 12.

[27] Cfr., supra, il par. 2 ed i riferimenti di cui alla nota 13.

[28] Per tale terza tesi cfr., supra, il par. 2 con i riferimenti contenuti nella nota 16.

[29] Cass., 26 luglio 2023, n. 22566, per la cui analisi si veda, supra, il par. 3 del presente scritto.

[30] Ex multis, Corte cost., 26 maggio 1989, n. 310, cit., per ulteriori riferimenti si veda, supra, il par. 1 del lavoro.

[31] Per tale ricostruzione degli effetti della separazione personale, seppur con sfumature diverse, cfr., fra gli altri, F. Gazzoni, Manuale di diritto privato, Napoli, 1998, 370 ss.; M. Comporti, La separazione personale dei coniugi, in M. Bessone (a cura di), Istituzioni di diritto privato, Torino, 2015, 210; P. Zatti-V. Colussi, Lineamenti di diritto privato, Milano, 2017, 894 ss. Diversa è, con particolare riferimento ai rapporti patrimoniali tra i coniugi, la situazione del coniuge separato con addebito, il quale non può chiedere il mantenimento, ma solo un assegno alimentare ove dimostri il proprio stato di bisogno e viene a perdere i diritti successori, eventualmente sostituiti dal diritto ad un assegno alimentare a carico dell’eredità ove già goduto prima della morte dell’alimentante.

[32] Gli effetti della separazione riconducibili alla sfera dei rapporti personali tra i coniugi sono limitati ad un generale dovere di reciproco rispetto e alla possibilità per la moglie di mantenere il cognome del marito, a meno che ciò non venga vietato su richiesta di quest’ultimo, quando risulti per lui gravemente pregiudizievole (art. 156-bis cod. civ.).

[33] Sia che tale assegnazione derivi da provvedimento giudiziale, sia essa scaturisca da accordo omologato.

[34] In tal senso sembrerebbe potersi spingere sulla base di quanto si legge in Cass., 26 luglio 2023, n. 22566, in cui si afferma che i presupposti per la nascita dei diritti di cui al cpv. dell’art. 540 cod. civ. «mancherebbero solo qualora, dopo la separazione, la casa fosse stata abbandonata da entrambi i coniugi o avesse comunque perduto ogni collegamento, anche solo parziale o potenziale, con l’originaria destinazione familiare».

[35] Nell’ipotesi prospettata difficilmente comprensibili risulterebbero le pesanti conseguenze che i figli della coppia potrebbero trovarsi a subire in seguito al riconoscimento del diritto di abitazione sulla casa da loro occupata in favore del coniuge separato superstite ormai allontanatosi dalla stessa.

[36] I diritti di cui al cpv. dell’art. 540 cod. civ., per espressa previsione normativa, gravano sulla porzione disponibile, ma, in caso di incapienza di detta porzione, vengono a pesare per la parte rimanente sulla quota riservata al coniuge e, nell’ipotesi di ulteriore incapienza, sulla quota di legittima dei figli. Diversi autori hanno sottolineato come il miglioramento della posizione successoria del coniuge operato con la riforma del ‘75 sia risultato eccessivo, potendosi giungere in virtù dell’applicazione della disciplina riformata ed, in particolare, del cumulo tra la quota di legittima e i diritti di abitazione ed uso di cui al cpv. dell’art. 540 cod. civ. anche ad intaccare la quota riservata ai figli, cfr., fra gli altri, G. Stolfi, Sub art. 536, in Comm. dir. it. fam., I, 2, a cura di L. Carraro-G. Oppo-A. Trabucchi, Padova, 1977, 820; A. Gargano, Il coniuge superstite: un erede «scomodo»? I diritti d’uso e di abitazione, in Riv. not., 1980, 6, 1622; A. Finocchiaro-M. Finocchiaro, Diritto di famiglia. Legislazione, dottrina, giurisprudenza, Milano, 1984, 2290 ss.; A. Tullio, La successione necessaria, in Nuova giur. civ. comm., 2012, 1, 9 ss.

[37] Per una riflessione sulla struttura complessiva dell’art. 540 cod. civ., il quale sarebbe modulato attorno a due nuclei normativi, di cui uno, quello di cui al comma 1, ispirato ad istanze di tutela economico-patrimoniali del coniuge superstite e l’altro, quello di cui al comma 2, rivolto alla protezione di interessi non patrimoniali di tale soggetto ricollegabili ad esigenze di tipo morale ed esistenziale, sia consentito di rinviare a V. Viti, Sulla spettanza al coniuge superstite dei diritti di abitazione e di uso della casa familiare in comproprietà con terzi, in Giustiziacivile.com, 23 maggio 2022, 13.