Jus CivileISSN 2421-2563
G. Giappichelli Editore

Autonomia privata e regolazione del mercato: tra nuovi spunti e vecchie questioni (di Emanuele Tedesco, Assegnista di ricerca in Diritto privato – Università Luiss Guido Carli)


Il saggio, muovendo da talune recenti conferme alla già accolta natura «artificiale» del mercato, si propone di valutare criticamente la perdurante attualità delle tesi sino ad ora predicate in relazione al delicato rapporto tra autonomia privata e regolazione del mercato. In particolare, preso atto della imperitura esigenza d’indagare – anche in prospettiva gius-civilistica – la delicata funzione regolatoria, nel corso del lavoro ci si sofferma sugli strumenti solitamente impiegati a tal fine dalle Autorità indipendenti (inclusi i moduli di regolazione c.d. «soft» e «giustiziali», che hanno ormai acquisito un’importanza molto più pregnante delle fonti «convenzionali»), sui loro effetti sulla complessiva vicenda negoziale (dagli obblighi che interessano la sola fase pre-contrattuale alle prescrizioni idonee a spiegare un effetto propriamente etero-integrativo sul contenuto del regolamento contrattuale), sino ad abbracciare quelle sempre più frequenti ipotesi di ingerenza sull’organizzazione imprenditoriale e sulla determinazione dei requisiti soggettivi dei contraenti (recte: del contraente «forte»). Il tutto, in definitiva, a conferma della necessità di accogliere una più moderna – e realistica – concezione del diritto civile, nella quale l’autonomia privata, ormai sovente degradata a mero atto di impulso negoziale, non può (più) considerarsi un quid intangibile.

Private autonomy and market regulation: new insights and old issues

The essay, starting from some recent confirmations to the already accepted «artificial» nature of the market, aims to critically assess the enduring relevance of those theses that have emerged in relation to the delicate relationship between private autonomy and market regulation. In particular, noting the undying need to investigate – also from a civil law perspective – the delicate regulatory function, in the course of the work we focus on the regulatory tools more usually employed by independent Authorities (including the so-called «soft» and «justiciable» regulatory tools, which by now have acquired a much more pregnant importance than «conventional» tools), their overall effects on the entire contractual affair (from the provisions that affect only the pre-contractual phase to the prescriptions capable of explaining a properly hetero-integrative effect on the contractual content), up to embracing also the ever-increasing interference that the regulatory phenomenon produces on the entrepreneurial organization and on the subjective requirements of the parties (i.e.: the «strong» one). All of this, in short, confirms the need to embrace a more modern – and realistic – conception of civil law, in which private autonomy, now often degraded to a mere act of bargaining impulse, cannot (any longer) be considered an intangible assumption.

SOMMARIO:

1. Premessa. Il mercato europeo quale «locus artificialis» naturalmente bisognevole d’interventi regolatorî. «Next Generation EU» e «Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza». Esigenza di rileggere i rapporti tra autonomia privata e regolazione del mercato - 2. Ragioni «storiche» della regolazione: il transito verso una economia «regolata» e la conseguente comparsa delle Autorità indipendenti. Ruolo dell’Unione europea e questioni derivate - 3. Moduli operativi della regolazione del mercato: regolazione «autoritativa», regolazione «soft», regolazione «giustiziale» - 4. Regolazione del mercato e contratto: le concrete modalità d’incidenza. Fase «genetica» del contratto (o «pre-contrattuale»); fase «esecutiva» del contratto (o «endo-contrattuale»); invasione della sfera organizzativa dell’attività d’impresa. Dalla «conformazione del contratto» alla «conformazione dell’autonomia privata» - 5. Quattro cómpiti per l’interprete dell’oggi - 5.1. Sub a) - 5.2. Sub b) - 5.3. Sub c) - 5.4. Sub d) - 6. Considerazioni conclusive - NOTE


1. Premessa. Il mercato europeo quale «locus artificialis» naturalmente bisognevole d’interventi regolatorî. «Next Generation EU» e «Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza». Esigenza di rileggere i rapporti tra autonomia privata e regolazione del mercato

Illustre giurista del nostro tempo, ormai più di due decadi or sono, ebbe a scrivere che “il mercato, qualsiasi mercato, è un locus artificialis, costruito dal diritto e conformato secondo criteri e volontà umane” [1]. La conclusione – tosto condivisa dalla dottrina, per lo meno quella più sensibile ed accorta [2] – lascia invero trasparire una ben più alta e (almeno all’epoca) profetica verità, che può riassumersi nella constata esigenza di abbandonare ogni visione esageratamente idolatra del mercato, inteso cioè quale «divinità» in grado di realizzare da sé, a mo’ di «mano invisibile», i bisogni, le esigenze e gl’interessi, qualsiasi questi siano, di ciascun individuo e, quindi, della società [3]. Anche il diritto dell’Unione europea, del resto, rispondentemente ad una tale più matura visione dei rapporti di (e nel) mercato [4], ha imposto – come taluno ha ben detto – un serrato bilanciamento delle logiche mercantilistiche “con altri interessi, quali il miglioramento della qualità dell’ambiente e tutta quella serie di valori consacrati nel titolo primo del TUE, quali la dignità umana, il rispetto dei diritti umani, l’eguaglianza, il pluralismo, la non discriminazione, la coesione economica e sociale, ecc. (artt. 2 e 3), che condizionano struttura e funzionamento del mercato. Coerentemente con questo quadro costituzionale l’art. 3 parla di economia sociale di mercato per qualificare l’economia dell’UE, riallacciandosi ad una grande tradizione culturale” [5]. Tuttavia, se si volesse ancóra abiurare una concezione autenticamente etero-indotta del mercato, per lo meno a livello europeo, per espungere ogni più tenace convinzione sul punto basterebbe soffermarsi con occhio snebbiato sull’ampia colluvie d’interventi di recente messi in atto dall’Unione europea per risollevare, anima et corpore, il mercato unico dalle nefaste conseguenze dell’emergenza pandemica degli ultimi anni. In disparte dalla locuzione utilizzata, ovverosia «Next Generation EU» – locuzione che, pur portando sùbito all’attenzione le finalità, anche prospettiche, della «terapia» apprestata, impedisce d’inquadrare questa nel solco dell’ormai [continua ..]


2. Ragioni «storiche» della regolazione: il transito verso una economia «regolata» e la conseguente comparsa delle Autorità indipendenti. Ruolo dell’Unione europea e questioni derivate

Volendo affrontare, sia pure in prospettiva necessariamente compendiosa, le occasioni d’incontro – o, probabilmente, di scontro – tra lo spazio riservato all’autonomia dei privati e la regolazione autoritativa del mercato – che, poi, altro non è se non particolare riproduzione del più classico tra i conflitti che anima da tempo immemore lo ius civile, ovverosia quello tra «auto-» ed «etero-nomia» – s’incappa, già nell’imbasti­mento del discorso, in interrogativi che – per quanto forse destinati a rimanere inevasi – interessano in profondità gl’istituti e le categorie giuridiche [15] sulle quali s’è andata via via edificando la civilistica sino ai nostri giorni. Stante la ristretta sede che ci occupa, tuttavia, il lettore saprà senz’altro perdonarci se procederemo dando per acquisiti talune fondamentali direttrici che riguardano l’àmbito in indagine, tra cui: funzioni delle – se pur non omogenee – Autorità indipendenti [16]; fondamento, limiti ed estensione dell’autonomia privata [17]; essenza del fenomeno dell’integrazione contrattuale [18]; separazione tra diritto pubblico e diritto privato [19]. Del resto, a nostra discolpa, si può giusto soggiungere che il senso usitato dei concetti appena richiamati appare da tempo esposto [20] ad alterazioni ed ibridazioni prima neppure lontanamente preconizzabili, come quelle che taluno ha ben saputo rappresentare attraverso le evocative locuzioni di «diritto privato amministrativo» [21] e di «diritto privato regolatorio» [22]. E, se indubbiamente – per sbrigativa faciloneria – si sarebbe anche portati a ravvisare la causa immediata di tale tendenza nella comparsa e nella conseguente proliferazione delle Autorità indipendenti, non bisogna negligere che queste ultime, in realtà, non sono che il trascinamento ultimo di un più ampio e complesso fenomeno che ha interessato in profondità il rapporto tra Stato e mercato; fenomeno il cui itinerario essenziale, per vero, è già stato tracciato – sia pure mediatamente – nel corso delle considerazioni svolte in apertura delle presenti pagine. Ci riferiamo, in particolare, al progressivo transito da un’economia totalmente lasciata [continua ..]


3. Moduli operativi della regolazione del mercato: regolazione «autoritativa», regolazione «soft», regolazione «giustiziale»

Il quadro appena delineato appare invero ancor più chiaro se sol si volge lo sguardo ai moduli operativi della regolazione citati in chiusura del precedente paragrafo. La questione, per la verità, ha già formato oggetto di ampia attenzione (anche) da parte della civilistica e, sovente, il discorso è stato condotto lungo un sentiero quasi unidirezionalmente diretto alla riconduzione, se non al forzato rimaneggiamento, del (nuovo) contesto «regolatorio» entro strutture e schemi già esistenti e ben consolidati nella nostra tradizione dogmatica. Così, ogni sforzo ricostruttivo sinora profuso è stato per lo più teso ad individuare, tra i vari atti promananti dalle Autorità di regolazione, quelli che, in quanto dotati di determinati attributi di generalità, astrattezza e legittimazione derivante da fonte primaria [43], potessero ritenersi atti normativi, come tali quindi inquadrabili – sia pure con buona approssimazione – tra le fonti secondarie dell’ordinamento (talvolta, addirittura come espressione del “potere regolamentare di altre autorità” cui fa cenno l’art. 3, comma 2, disp. prel. al cod. civ.) [44]. Pur prescindendo dal profilo da ultimo citato, v’è quindi che, da tempo, preso atto dell’indubbio carattere non assoluto della riserva di legge esistente in àmbito negoziale [45], s’ammette che anche gli atti normativi delle Autorità indipendenti, purché mediatamente riconducibili ad una norma attributiva di rango primario [46], possano incidere in vario modo sul contratto, negli stessi termini e attraverso gli stessi meccanismi concettuali propri della legge ordinaria [47]. Addirittura, non è mancato chi, senza timore alcuno, ha ritenuto di annoverare i regolamenti delle Authorities tra le generali fonti di disciplina del contratto [48], al pari della legge o forse anche di più [49]. Tuttavia, se s’abbandonano per un istante prospettive ricostruttive di certo comode ma, forse, ben più consone ad altre e differenti occasioni, ci s’avvede presto che le «vie» della regolazione sono assai più tortuose di quelle che le conclusioni dianzi riferite potrebbero far credere. L’intervento «regolatorio» sul mercato (recte: sui mercati) si realizza infatti non soltanto per il tramite di atti [continua ..]


4. Regolazione del mercato e contratto: le concrete modalità d’incidenza. Fase «genetica» del contratto (o «pre-contrattuale»); fase «esecutiva» del contratto (o «endo-contrattuale»); invasione della sfera organizzativa dell’attività d’impresa. Dalla «conformazione del contratto» alla «conformazione dell’autonomia privata»

E se sì tanto poliedrici ed eclettici appaiono gli strumenti normalmente adoperati nell’assolvimento del nobil cómpito regolatorio, ancor più variopinte e articolate risultano le modalità della loro concreta incidenza sul versante negoziale. Per fugare dubbi di sorta, però, inframettiamo sùbito che la regolazione svolta dalle Authorities tocca solitamente solo fattispecie contrattuali che hanno già avuto – per volontà delle parti – la loro più compiuta epifania [70]. Rari, infatti, sono i casi in cui, almeno de iure, la fonte autoritativa si rivela abilitata ad incidere sul­l’an della stipulazione [71] o, comunque, sul complessivo procedimento di conclusione ed esecuzione del regolamento negoziale [72]. Pur de-limitata in siffatta maniera, l’attività autoritativa riesce comunque ad incidere su una molteplicità di profili della contrattazione, che dalla fase pre-negoziale si propagano a quella costitutiva, slargandosi, da qui, sino a quella propriamente funzional-esecutiva. Così, seguendo un approccio ormai usitato [73], vòlto a classificare le manifestazioni del potere «conformativo» [74] secondo una scala crescente d’intensità (o pervasività), è utile muovere il discorso da quegl’interventi che, precedendo l’effettiva conclusione del contratto, appaiono prima facie dotati – almeno in teoria – di una minore attitudine «perturbativa» della sfera di autonomia dei contraenti. Per la verità, anche condensando l’analisi rispetto alla sola fase genetica del contratto, ci s’avvede agevolmente che sono innumerevoli e minuziose le regole di condotta (prevedenti appositi obblighi pubblicitari, informativi e di trasparenza) imposte dalle Authorities a carico dei soggetti «forti» (banche, intermediari, gestori di pubblici servizi); regole che, inevitabilmente, finiscono per ripercuotersi sugli atti conclusi con le controparti consumeristiche, determinando una sorta di serrata «procedimentalizzazione» nella formazione del vincolo negoziale, con tutti i relativi problemi di enforcement (privato) che ne derivano in caso di mancato rispetto [75]. Si pensi, giusto per dare maggiore concretezza alle affermazioni che precedono, agli obblighi pre-contrattuali imposti dalla Banca d’Italia per [continua ..]


5. Quattro cómpiti per l’interprete dell’oggi

Le superiori considerazioni, volutamente stringate, permettono a malapena – e ne siamo ben consapevoli – di comprendere l’ampia e proteiforme complessità del fenomeno regolatorio, soprattutto per quanto concerne i rapporti tra le Autorità indipendenti, il contratto e l’autonomia (anche organizzativa) dei privati. Ciononostante, dalla disamina sin qui svolta ci pare emerga una conclusione di non poco momento: l’inter­prete dell’oggi, che intenda approcciarsi con profitto ad un’indagine sul delicato rapporto tra auto-nomia privata ed etero-regolazione, è, suo malgrado, chiamato ad assolvere taluni, delicatissimi, cómpiti. Essi stanno (per lo meno) in ciò: a) nell’inquadrare preliminarmente gli strumenti di regolazione more solito impiegati dalle Authorities, valutandone soprattutto tipologia e «forza» ordinamentale; b) nel verificare se, e in che modo, codesti strumenti siano in grado di incidere sui diversi «momenti» della vicenda contrattuale, e cioè i) se, e in che modo, siano capaci di condizionarne la fase genetica; ii) se, e in modo, siano capaci di condizionarne la fase esecutiva; iii) se vi siano, e quali siano, le conseguenze della mancanza del prospettato condizionamento; c) nel prendere atto della necessità, imposta dall’assolvimento dei superiori cómpiti, di riflettere altresì sui limiti della postulata capacità «conformativa» degli strumenti di regolazione sul contratto; d) nel valutare infine se, e in che termini, l’assolvimento della complessiva funzione regolativa possa ritenersi assoggettata al sindacato giurisdizionale. E se si volessero dismettere, anche solo per un istante, i comodi panni dell’osservatore, indossando invece quelli angusti dell’interprete chiamato a districarsi nelle articolate maglie della regolazione «autoritativa», ci s’avvedrebbe presto di quanto faticoso sia il percorso or ora tracciato.


5.1. Sub a)

Procedendo nell’ordine fissato, e partendo quindi dal primo cómpito cennato, da quanto sin qui rilevato, e in particolare dal riconoscimento del rilievo acquisito, anche a livello sovrannazionale, dagli atti di regolazione non normativi («soft law» e «giustiziali»), emerge con disillusa chiarezza che l’approccio sinora predicato – consistente nel vano sforzo di rintracciare, all’interno della intricata congerie di provvedimenti, delibere, linee-guida ed orientamenti emanati dalle Autorità indipendenti, gli atti, e quei soli atti, inquadrabili nel novero delle fonti (secondarie) dell’ordinamento, sì da poter giustificare la loro necessitata incidenza sul piano negoziale, e, da qui, sul mercato – rischia di rilevarsi per il nostro interprete del tutto infruttuoso, oltre che ampiamente distante dalla realtà. S’ha dunque l’impressione che, pur prescindendo volutamente da ogni ulteriore questione circa la discussa legittimazione «nomopoietica» delle Autorità indipendenti [100], abbisogni ri-leggere il problema dell’inqua­dramento degli strumenti di regolazione, superando ogni prospettiva basata sulla tradizionale «teoretica delle fonti» [101]: il che, si badi bene, non significa totale abbandono di un approccio argomentativo più rispondente alla sicurezza e alla certezza dei traffici giuridici [102], ma semplicemente riconoscimento dell’idoneità di nuovi formanti [103] ad incidere concretamente sulla singola vicenda negoziale [104]. Non potrà sfuggire, del resto, che, da tempo ormai, la dottrina più sensibile al tema sembra condividere i rilievi di fondo che sorreggono il convincimento dianzi riferito: in tal senso, in uno dei più recenti contributi sul tema, è stata – a nostro parere, correttamente – evidenziata l’opportunità di ragguardare il problema degli atti di regolazione promananti dalle Autorità indipendenti seguendo un approccio «sostanziale», anziché rigidamente «formale», pur nel rispetto del (indubbiamente vincolante) principio di legalità [105]. Del resto, già anni or sono, illustre dottrina aveva avvertito su come l’avvento delle Authorities, imposto dall’accelerazione degli scambi (ormai privi di ogni connotazione dialogica) [106], [continua ..]


5.2. Sub b)

Procedendo innanzi, l’interprete che volesse seguire il solco da noi tracciato s’avvedrà presto che, una volta approntata la spinosa questione relativa all’inquadramento formale degli strumenti di regolazione, una seconda, cruciale, verifica si staglia all’orizzonte. Essa sta tutta in ciò, e cioè nella presa d’at­to de – e nell’individuazione di una ragionevole giustificazione per – i multiformi effetti che detti strumenti di regolazione sono idonei a produrre sui diversi momenti della vicenda negoziale, da ciò che riguarda la sola fase pre-contrattuale, alle prescrizioni idonee a spiegare un effetto propriamente etero-integrativo sul contenuto regolamentare dell’atto negoziale, senza peraltro negligere il tema, non meno ostico, delle conseguenze derivanti da una possibile mancata conformazione spontanea dell’autonomia privata agli esiti della regolazione. A tal proposito, si ricorderà, la dottrina domestica è abbastanza salda sulle (già accennate) posizioni emerse nel corso del dibattito degli ultimi decenni, e ciò sia con riguardo al mancato rispetto, da parte dei contraenti (recte: del contraente «forte»), degli obblighi pre-contrattuali imposti dalle Autorità di regolazione, sia con riguardo al mancato adeguamento spontaneo del regolamento contrattuale al contenuto prescrittivo dettato in sede regolatoria. Anche su tale specifico punto, però, ci pare che, così come già sentenziato con riguardo all’inquadra­men­to delle fonti regolatorie, siano più d’una le ragioni che, sia pure con cautela, dovrebbero condurre ad un’at­tenta ri-considerazione delle posizioni sin qui maturate. Rispetto ai primi, infatti, la tesi che vorrebbe la validità dell’atto negoziale comunque insensibile al mancato rispetto degli obblighi comportamentali «regolatorî» non sembra tener conto delle molteplici – e tonanti – ragioni che rendono quanto mai opportuna una convinta ri-meditazione della rigida distinzione tra regole «di condotta» e regole «di validità» [110]. Ne è conferma, tra gli altri, il recente pronunciamento delle Sezioni unite in materia di contratti derivati di tipo interest rate swap [111], col quale – in maniera alquanto discontinua rispetto ai tralatizi insegnamenti [continua ..]


5.3. Sub c)

Una volta completati i faticosi cómpiti innanzi descritti, il nostro interprete, non ancóra pago, non potrà di certo rifuggire l’ulteriore interrogativo relativo ai limiti (interni ed esterni) alla etero-conformazione «regolatoria» e, in generale, al problema dei controlli, in termini gius-civilistici, sulle modalità di esplicazione di tale delicata funzione. Sul punto è già stato autorevolmente proposto di ravvisare nei canoni di «ragionevolezza» e di «proporzionalità», letti anche alla luce del criterio di «sussidiarietà orizzontale» [123], i parametri fondamentali per scongiurare eventuali derive «regolatorie» da parte delle Authorities [124]; parametri, nella specie, da utilizzare al fine di ammettere un eccentrico controllo di meritevolezza [125] (o di liceità [126]) sul singolo contratto «conformato», sì da realizzare, di riflesso, anche quel controllo «a monte» che pare difettare con riguardo all’in­tervento autoritativo in sé. Senonché, a noi pare che un simile approccio, pur nella convinta adesione ad una metodologia che non sminuisca il ruolo cardine ormai assunto dal formante «principialistico» [127], rischi di condurre ad esiti non propriamente soddisfacenti [128]. E ciò non tanto per quell’argomento [129] – evidentemente non invocabile nel nostro caso [130] – che ritiene addirittura «abusivo» l’uso diretto dei princìpi costituzionali nei rapporti tra privati, ma soprattutto perché la riconosciuta (ed innata) «polisemia» [131], «indeterminatezza» [132] e «ambiguità» [133] che connota i parametri suesposti mal si concilierebbe con le esigenze di certezza e sicurezza che il mercato innegabilmente richiede [134], ancor più quando a venire in discussione è la delicata funzione di regolazione su di esso incidente [135]. La strada da percorrere, allora, potrebbe forse essere altra. Posto che non è peregrino ravvisare il fondamento degl’interventi di conformazione – o, almeno, di una parte consistente di essi [136] –, anche sull’organizzazione dell’impresa, nell’art. 41 Cost. [137], e precisamente nella clausola di [continua ..]


5.4. Sub d)

Da ultimo, arrivati al termine delle fatiche che (forse immeritatamente) abbiamo voluto assegnare all’interprete dell’oggi, non potrà di certo essere ignorato il complesso tema del sindacato giurisdizionale sugli atti e, in genere, sull’attività regolatoria svolta dalle Autorità a ciò deputate, non foss’altro perché trattasi di tema che implica, ed è a sua volta implicato da, tutti i cómpiti che abbiamo sopra cennato: dall’analisi sulle fonti della regolazione a quella sugli strumenti regolatorî, dall’indagine sul rapporto tra l’autonomia privata e l’operato autoritativo a quella sui limiti di tale operato. Le soluzioni prospettabili in materia sono, per cattiva sorte del nostro interprete, ampiamente incerte [142], e ciò anche per via di una serie di limiti, tutti strutturalmente connaturati al nostro ordinamento, quali l’esi­sten­za di una pluralità di giurisdizioni [143] e la presenza – tra queste – di un giudice dedicato (il giudice amministrativo) [144], che tuttavia appare ancóra oggi eccessivamente legato a logiche di tipo impugnatorio. Tali profili ordinamentali, è evidente, mal s’attagliano con le necessità imposte da un effettivo «judicial review» sull’operato delle Autorità indipendenti [145], e chiamano in causa, al contempo, l’ormai improcrastinabile esigenza di una matura riflessione sull’effettività della tutela giurisdizionale anche rispetto alla «regolazione» in sé considerata.


6. Considerazioni conclusive

Giunti all’epilogo del faticoso viaggio nella regolazione, l’interprete dell’oggi, così come anche il lettore, potrà forse rimanere deluso della diffusa mancanza di risolutività nelle diverse questioni discusse, e che, non a caso, abbiamo inteso presentare sotto forma di veri e propri «cómpiti» per chi abbia la voglia (ed il coraggio) di vagliare lo spinoso rapporto tra autonomia privata e regolazione del mercato. Tuttavia, l’approccio da noi seguìto ci è stato suggerito dall’esigenza, che reputiamo doverosa da considerare quando s’affronta una materia sì tanto articolata come quella regolatoria, di dismettere qualsiasi «ansia» classificatoria, prediligendo, invece, una maggiore cautela ed umiltà di indagine. Non foss’altro perché qualsiasi soluzione, quantunque parziaria o tematicamente de-limitata, avrebbe un retrogusto dolceamaro, rappresentando, non solo un presuntuoso tentativo di tirar fuori dal cilindro nulla più di un «trompe-l’œil»», ma soprattutto per il problematico rapporto che avvince «auto-» ed «etero-nomia» in àmbito negoziale, e la cui sicura implicazione nel tema in discorso ci restituisce plastica sintesi dell’elevato grado di problematicità di cui anch’esso finisce per colorarsi. Una «excusatio non petita»? Forse. Ma di certo, per chiunque provi a cimentarsi nel tema, non una «accusatio manifesta».


NOTE