Jus CivileCC BY-NC-SA Commercial Licence ISSN 2421-2563
G. Giappichelli Editore

La nuova disciplina dei contratti di consumo aventi ad oggetto contenuti e servizi digitali (di Giulia Cirillo, Dottoressa – Università del Piemonte Orientale)


L’evoluzione dell’economia digitale ha dato luogo ad un crescente uso di contratti stipulati tra consumatori e professionisti aventi ad oggetto contenuti e servizi digitali. Muovendo dalla necessità di assicurare una tutela nei confronti del consumatore all’interno del mercato digitale e, al contempo, di rendere il diritto dell’Unione europea più competitivo a livello globale, si è da ultimo proceduto all’emanazione della dir. (UE) 2019/2161 recepita nel nostro ordinamento con il d. lgs. del 7 marzo 2023, n. 26 finalizzata a dettare una più completa disciplina in ordine ai contratti aventi ad oggetto contenuti e servizi digitali arricchendo l’elenco delle pratiche ingannevoli, disciplinando dettagliatamente il tema relativo agli obblighi di informazione, nonché modificando la materia riguardante il diritto di recesso. Il contributo è finalizzato ad analizzare le disposizioni inserite in sede di attuazione della dir. (UE) 2019/2161 all’interno del contesto del sistema del diritto europeo dei contratti e di tutela dei consumatori.

The new regulation of consumer belts relating to digital content and services

The evolution of the digital economy has given rise to an increasing use of contracts stipulated between consumers and professionals regarding digital content and services. Starting from the need to ensure protection for the consumer within the digital market and, at the same time, to make European Union law more competitive on a global level, the directive was finally issued. (EU) 2019/2161 implemented into our legal system with Legislative Decree. lgs. of 7 March 2023, n. 26 aimed at dictating a more complete regulation regarding contracts concerning digital contents and services by enriching the list of misleading practices, regulating in detail the issue relating to information obligations, as well as modifying the matter concerning the right of withdrawal. The contribution is aimed at analyzing the provisions included during the implementation of the directive. (EU) 2019/2161 within the context of the European contract law and consumer protection system.

COMMENTO

Sommario:

1. Il diritto europeo dei contratti e l’evoluzione del mercato digitale - 2. Il ruolo delle piattaforme on-line - 3. Strutture e caratteristiche dei contenuti e dei servizi digitali: dalla dir. (UE) 2019/770 all’attuazione della dir. (UE) 2019/2161 - 4. L’attuazione del dir. (UE) 2019/2161: gli interventi operati in riferimento alle pratiche commerciali scorrette e gli obblighi di informazione - 5. I c.d. “beni con elementi digitali” e il mercato on-line. Ambito di applicazione del d. lgs. 7 marzo 2023, n. 26: i rinnovati artt. 46 e 47 c. cons. - 6. Gli obblighi informativi previsti in capo al professionista - 7. Modifiche apportate al diritto di recesso: il previo consenso espresso del consumatore come elemento essenziale - 8. Verso una tutela effettiva del consumare nel mercato digitale - NOTE


1. Il diritto europeo dei contratti e l’evoluzione del mercato digitale

All’interno della disciplina del diritto europeo dei contratti [1], si è recentemente assistito ad una crescente interdipendenza tra i contratti di consumo e contratti che prevedono contenuti o servizi digitali [2]. Tutto ciò è legato all’evoluzione dell’economia digitale che ha riguardato i consumatori e i professionisti negli ultimi decenni, rendendo conseguentemente rilevanti le sinergie afferenti a determinate aree del diritto che, fino a questo momento, sono sempre state distanti tra loro. Si pensi, a titolo esemplificativo, alle nuove interazioni, su cui da tempo si è interrogata la dottrina, tra la disciplina relativa alla protezione dei dati personali e le regole inerenti alla loro circolazione [3].

La digitalizzazione ha apportato, da un lato, notevoli vantaggi in capo agli utenti (rendendo l’acquisto più efficiente, veloce e anche più economico) e, dall’altro, ha sollevato perplessità circa l’inquadramento dei contratti che hanno ad oggetto contenuti e servizi digitali.

Proprio in ragione di questa nuova realtà, negli ultimi anni il legislatore europeo ha avviato un progetto volto alla creazione di una regolamentazione del “Mercato unico digitale”, progetto che ha iniziato a trovare la sua realizzazione nel 2015, nella prospettiva di ampliare gli ambiti di tutela nei confronti dei consumatori [4]. In questo contesto, un ulteriore obiettivo che si è voluto perseguire è stato quello di promuovere la libera circolazione dei dati all’interno del mercato interno, assicurando in questo modo la protezione dei dati personali [5].

Si tratta di una tematica che, come intuibile, riveste un notevole impatto a livello globale, in quanto l’im­portanza della protezione dei dati personali è da considerarsi in relazione al fatto che ad oggi questi vengono sempre più spesso utilizzati come controprestazioni a fronte di forniture di beni e di servizi [6]. Il problema sta nel fatto che non sempre gli utenti sono consapevoli del valore economico che deriva dal mettere a disposizione certe informazioni, (come ad esempio la geolocalizzazione) il che investe, inoltre, la compatibilità di dette controprestazioni in relazione alla configurazione del rapporto contrattuale. Proprio al fine di regolamentare adeguatamente la materia, il legislatore europeo ha riconosciuto il valore economico dei dati personali in primo piano mediante la previsione della disciplina sulla fornitura di contenuti e servizi digitali, prevista primariamente dalla dir. (UE) 2019/770, all’interno della quale vengono disciplinate le ipotesi in cui non solo il consumatore corrisponde a fronte di una determinata prestazione un corrispettivo in denaro, ma anche quelle ipotesi in cui egli fornisce come controprestazione i suoi dati personali.

In siffatto contesto s’inseriscono, da ultimo, le norme introdotte dal d.lgs. 7 marzo 2023, n. 26, con cui si è dato attuazione alla dir. (UE) 2019/2161 [7], anche per quanto concerne la conclusione di contratti di consumo aventi ad oggetto contenuti e servizi digitali [8], la cui analisi si rivela particolarmente interessante specie declinandola nell’impostazione metodologica che ci pare preferibile e che riconduce l’intervento del legislatore europeo in ambito contrattuale al pensiero ordoliberale [9]. È infatti noto che in quest’ultima prospettiva l’intervento del legislatore europeo si fonda e trova giustificazione nell’esigenza di correggere le distorsioni e i fallimenti di mercato, nel rispetto, in virtù del principio di attribuzione, delle quattro libertà fondamentali su cui si fonda l’Unione europea. Seppure sia indubbio che il fondamento del pensiero ordoliberale è notoriamente riconducibile al settore economico, basandosi sul rifiuto di un liberalismo in termini assoluti e giustificando l’intervento dell’Unione europea al fine di evitare il verificarsi dei c.d. fallimenti di mercato, lo stesso presenta una indubbia rilevanza anche nella prospettiva giuridica laddove si superi opportunamente l’impostazione che vedeva il diritto europeo come un mero strumento realizzato per raggiungere l’integra­zione economica degli Stati membri, giungendo ad affermare che questo risulta piuttosto concepito come un “autonomo” ordinamento giuridico orientato a realizzare un proprio modello costituzionale [10], vale a dire quello di una società basata sulle libertà individuali (c.d. Privatrechtsgesellschaft[11].


2. Il ruolo delle piattaforme on-line

Al fine di poter contestualizzare le ragioni e gli ambiti di intervento della dir. (UE) 2019/2161 e, conseguentemente, inquadrare la disciplina dei contratti aventi ad oggetto contenuti e servizi digitali è funzionale ai predetti fini analizzare le piattaforme in cui essi trovano collocazione.

L’Unione Europea si è da sempre contraddistinta, come si è precedentemente avuto modo di osservare, per il suo rinnovamento normativo, laddove fosse necessario, per adeguarsi, soprattutto, alle novità inerenti alla materia del mercato digitale e, nello specifico, al ruolo che ricoprono nel panorama mondiale le piattaforme digitali.

In tale senso, nella prospettiva dei contratti aventi ad oggetto contenuti o servizi digitali, un ruolo centrale è quello che viene riconosciuto alle piattaforme on-line, relativamente alle quali – con la crescita della c.d. “Platform economy” – è stata messa in discussione la portata che le stesse hanno in relazione ai modelli di funzionamento del mercato all’interno dell’economia non digitale [12]. Nello specifico, con il crescente sviluppo di queste piattaforme e la loro diffusione, è sorta la necessità di garantire ai consumatori una protezione certa ed effettiva, aspetto questo fondamentale laddove si consideri che un insufficiente livello di tutela al­l’interno dei mercati digitali è idoneo a determinare una diminuzione della fiducia degli utenti comportando, conseguentemente, un pregiudizio verso la crescita economica ed il benessere dell’Unione europea [13]. Alla luce di queste considerazioni, l’Unione Europea ha voluto recentemente intervenire su questo fronte mediante la disciplina del reg. (UE) 2022/1925, noto anche come Digital Market Act il quale, insieme al reg. (UE) 2022/2065, il c.d. Digital Services Act, costituiscono un punto di riferimento importante in materia di piattaforme digitali [14]. Il reg. (UE) 2022/2065 è diretto ad apportare un contributo al corretto funzionamento del mercato interno mediante l’introduzione di obblighi giuridici volti a garantire l’equità dei mercati digitali e, inoltre, i suddetti obblighi dovrebbero anche incrementare la concorrenza all’interno delle piattaforme digitali [15]. Ai sensi dell’art. 2 del reg. le nuove norme troveranno applicazione solo in riferimento ad una categoria circoscritta di servizi di piattaforma base, quali ad esempio: i servizi di intermediazione on-line, i servizi di piattaforma per la condivisione di video, browser web e servizi pubblicitari on-line.

In questa sede, dunque, si deve comprendere – nei limiti di quanto è necessario al prosieguo dell’indagine – cosa si intenda e cosa sia il commercio elettronico e in che modalità esso operi, potendosi al riguardo affermare preliminarmente che il commercio elettronico si basa fondamentalmente sull’Information and Communication Tecnology (ICT), all’interno del quale assume notevole importanza il contenuto informativo connesso alla gestione dell’intermediazione on-line [16].

La dir. (UE) 2019/2161, attuata nel nostro ordinamento con il d. lgs. 7 marzo 2023 n. 26, ha dato una definizione di mercato on-line all’art. 3, modificando l’art. 2, comma 1 della dir. 2005/29/CE inserendovi la lett. n), e identificandolo come un “servizio che utilizza un software, compresi siti web, parte di siti web o un’applicazione, gestito da o per conto del professionista, che permette ai consumatori di concludere contratti a distanza con altri professionisti o consumatori”. La necessità di fornire tale definizione è strettamente connessa alla disciplina applicabile, poiché all’interno di questo ambito, sia il fornitore del mercato on-line che il fornitore terzo devono indicare al consumatore le necessarie informazioni al fine di agevolargli la comprensione circa l’identificazione della controparte contrattuale, nonché tutte le informazioni relative ai diritti ed agli obblighi ad esso spettanti [17].

Per quanto riguarda, invece, l’individuazione delle piattaforme che vengono maggiormente utilizzate al­l’interno dei mercati on-line, si possono ricordare la posta elettronica, l’inserzione telematica, cioè i c.d. messaggi “one to many” che consentono all’inserzionista di porre una richiesta che potrà essere esaudita solo tramite delle specifiche adesioni, i forum e, infine, l’accesso al sito tramite la navigazione web, che risulta essere la tipologia più utilizzata [18].

Si deve ricordare che in origine le tipologie di commercio elettronico erano solo quelle che si instauravano tra professionisti, i contratti B-to-B, oppure tra professionista e consumatore (B-to-C). Con l’avvento di internet, invece, si sono create nuove forme di commercio all’interno della rete, come ad esempio i contratti di Administration to Community o Public Administration to Citizen, che riguardano i rapporti tra l’ammini­strazione e i cittadini e rappresentano il servizio con cui lo stesso cittadino può accedere a tutta la gamma di servizi che vengono erogati dagli enti pubblici [19].

Sempre in relazione ai contratti telematici è, poi, possibile distinguere tra i contratti che hanno un oggetto informatico e i contratti conclusi a mezzo di strumenti informatici, rientrando in quest’ultima categoria quei contratti che hanno ad oggetto beni o servizi informatici, quali hardware o software. Gli stessi contratti, poi, possono a loro volta distinguersi a seconda che questi siano conclusi mediante un accordo che avviene al­l’in­terno di una comunità ristretta, oppure contratti che si concludono dentro un’amplia platea, laddove nel primo caso ci si trova di fronte alla tipica ipotesi di un commercio elettronico di “tipo convenzionale” che si realizza tra imprenditori e società commerciali, mentre nel secondo ci si riferisce al commercio elettronico tramite internet, che vede come contraenti imprese e consumatori [20].

In questa prospettiva, è opportuno riportare le varie difficoltà a cui si va incontro mediante l’utilizzo delle piattaforme on-line, in quanto, fare e-commerce significa dover operare nel rispetto di una serie di disposizioni che sono tra loro eterogenee e difficile coordinamento, come ad esempio, in relazione agli ambiti del diritto d’autore e del diritto industriale, alle normative relative al documento elettronico, alle leggi di tutela del consumatore e anche con riferimento alle clausole vessatorie predisposte all’interno dei contratti on-line [21].

A livello europeo, come anche nei singoli ordinamenti degli Stati membri, è sorta quindi la necessità di creare dei modelli di organizzazione degli scambi all’interno dell’economia digitale e di individuare un quadro normativo volto a far fronte alle esigenze di protezione ad essi connessi, nonché di implementare a livello globale il grado di competitività del diritto europeo stesso [22].

Con lo specifico scopo di realizzare questi obiettivi, molteplici sono gli interventi che il legislatore europeo ha realizzato, tra cui una rilevanza centrale deve attribuirsi alla dir. (UE) 2019/770 e alla dir. (UE) 2019/771, mediante le quali si è intervenuto essenzialmente sul rapporto contrattuale instaurato tra consumatore e professionista, disciplinando i rapporti di consumo relativamente ai contratti aventi (anche) ad oggetto contenuti o servizi digitali e ai contratti di vendita di beni [23].

In siffatto contesto e per quanto in questa sede interessa, si può quindi rilevare che il legislatore europeo, con la dir. (UE) 2019/2161 che ha modificato la dir. 93/13/CEE, la dir. 98/6/CE e la dir. (UE) 2011/83, ha inserito un ulteriore tassello nella disciplina dei contratti aventi ad oggetto contenuti e servizi digitali, definendo – come si avrà modo di vedere nel prosieguo – un dettagliato quadro normativo relativo alla fase precontrattuale, al fine di garantire una migliore applicazione e una modernizzazione delle norme dell’Unione europea in riferimento alla protezione dei consumatori in tale contesto. Si è quindi ottenuta una disciplina certamente più completa, riguardante sia la fase precontrattuale e di conclusione del contratto, sia quella di esecuzione del contratto, delineando una disciplina compiuta circa i contratti di consumo aventi ad oggetto contenuti e servizi digitali.


3. Strutture e caratteristiche dei contenuti e dei servizi digitali: dalla dir. (UE) 2019/770 all’attuazione della dir. (UE) 2019/2161

Quanto finora detto induce a rilevare preliminarmente che nella prospettiva del legislatore europeo i riferimenti propri del paradigma contrattuale assumono una declinazione non propriamente coincidente con quelle riscontrabili nel nostro ordinamento. Ciò vale certamente per il riferimento all’oggetto del contratto, nozione particolarmente controversia nella nostra dottrina [24], che il legislatore europeo, ritenendo che il contratto possa avere ad oggetto anche contenuti o servizi digitali, intende in senso mediato e quindi come bene, diversamente da quanto generalmente ritenuto in base alle previsioni di diritto comune [25].

In siffatto contesto, pare quindi opportuno domandarsi quale natura giuridica si deve attribuire ai contenuti digitali. In dottrina, infatti, uno degli argomenti più discussi è se questi debbano essere inquadrati all’inter­no dei beni corporali o immateriali; apparendo prevalente l’opinione per cui tali beni siano da identificare al pari di un tertium genus [26].

Su tale presupposto e in ragione delle particolarità afferenti ai beni digitali, la dottrina europea si è di recente occupata di quelle che sono le implicazioni pratiche relative alla stipulazione di contratti di consumo aventi ad oggetto beni o servizi digitali [27]. Conseguentemente è sorta la necessità di fornire una definizione puntuale dei contenuti digitali e il primo, seppur limitato, intervento normativo è costituito dalla dir. 2011/83/CE, con la quale sono stati qualificati i “contenuti digitali” come dei “dati prodotti e forniti in formato digitale” (art. 11), specificando tale definizione nei relativi considerando e includendovi i programmi informatici, le applicazioni, giochi, musica, video o testi; indipendentemente dalla circostanza che a questi l’accesso avvenga tramite download, streaming, o un supporto materiale, precisando che, qualora il contenuto sia fornito su un supporto materiale, come un CD o un DVD, allora i contenuti digitali devono essere considerati alla stregua di un bene [28].

Attribuire una definizione ai contenuti e servizi digitali ed inserire la disciplina all’interno di un quadro giuridico adeguato risponde all’esigenza di incentivare i consumatori ad acquistare i suddetti beni. A tal fine, il legislatore europeo ha voluto provvedere ad una modernizzazione del diritto dei contratti in ambito digitale pubblicando il 9 dicembre 2015 tre diverse proposte legislative: la proposta avente ad oggetto una direttiva relativa ai contratti di fornitura di servizi digitali, una riguardante i contratti di vendita on-line [29] ed, infine, la proposta di un regolamento circa la portabilità transfrontaliera di servizi di contenuti on-line [30].

Ai fini del discorso che ci occupa, è necessario soffermarsi sull’analisi delle prime due proposte sopra riportate, le quali hanno costituito le premesse per l’approvazione della dir. (UE) 2019/770, la quale si occupa di disciplinare alcuni aspetti inerenti i contratti di fornitura portanti contenuti e servizi digitali, e della dir. (UE) 2019/771, avente ad oggetto i contratti di vendita di beni. Entrambe le direttive hanno adottato un’am­pia definizione di contenuti digitali, indicandoli come quei dati prodotti e forniti in formato digitale e, inserendovi anche la disciplina dei servizi digitali, intesi al pari di un “servizio che consente al consumatore di creare, trasformare, archiviare i dati in formato digitale caricati o creati dal consumatore e da altri utenti di tale servizio o qualsiasi altra interazione con tali dati” [31]. Grazie a queste definizioni è possibile, ad oggi, affermare che la disciplina relativa alla fornitura di contenuti e servizi digitali trova la sua applicazione in riferimento a qualsiasi contratto dove un operatore fornisce un contenuto oppure un servizio digitale in capo al consumatore e che questi, in cambio, si impegni a corrispondere un prezzo [32].

Siffatto significato normativo di contenuti digitali consente di individuare alcune caratteristiche comuni a tutti i contenuti digitali, quali: il fatto che essi consistono in una raccolta di dati a cui è possibile accedervi in via digitale, la peculiarità che questi siano tendenzialmente neutrali a confronto del mezzo usato per trasmetterli (poiché non rileva quale sia il supporto usato per il trasferimento dei dati) e che, infine, siano inconsumabili [33]. Ulteriore caratteristica è che i contenuti digitali si qualificano in relazione alle loro qualità, le quali possono essere percepite solo mediante il loro utilizzo. Sul punto si afferma che un contenuto digitale può avere ad oggetto una prestazione che può concretizzarsi in due modi, uno positivo e uno negativo: in positivo attraverso la definizione dei poteri che spettano in capo all’acquirente, in negativo con la comunicazione delle condotte non permesse da parte dell’acquirente in riferimento al contenuto digitale stesso [34].

A completamento della normativa di riferimento, assume infine rilevanza quanto previsto dalla dir. (UE) 2019/2161, la quale ha ampliato la nozione di contenuti e dei servizi digitali integrando, nello specifico, la definizione di “prodotto” inteso come “qualsiasi bene o servizio, compresi i beni immobili, i servizi digitali e i contenuti digitali, nonché i diritti e gli obblighi” (art. 3, con ciò modificando l’art. 2, comma 1, lett. c). della direttiva 2005/29/CE). È quindi agevole rilevare che la portata di tale definizione intende ricomprendere oggi nella nozione di prodotto tutti i beni, mobili ed immobili, nonché diritti, obbligazioni e servizi [35].

Il Considerando n. 30 della (UE) 2019/2161 ha sottolineato la difficoltà circa la distinzione tra alcuni tipi di contenuti e di servizi digitali, in quanto entrambi possono consistere in una fornitura continuativa da parte del professionista [36]. Più nel dettaglio, al fine di agevolare la suddetta distinzione, è stato affermato che possono essere considerati un esempio di servizi digitali i servizi di condivisione di un file video e audio e altri tipi di file hosting, il trattamento testi o i giochi offerti nell’ambiente di cloud computing, l’archiviazione su cloud, la webmail, i social media e, infine, le applicazioni su cloud.

La dir. (UE) 2019/2161, non manca peraltro di specificare che “qualora non sia chiaro se il contratto sia un contratto di servizi o di fornitura di contenuti digitali forniti mediante un supporto non materiale, si dovrebbe applicare la norma sul diritto di recesso dei servizi” [37], affermando poi che dovrebbero essere soggetti alle medesime regole i servizi o i contenuti digitali che vengono forniti sia in cambio di dati personali, sia a pagamento. Si prevede, tuttavia, una sola eccezione che si ravvisa quando i dati personali forniti ai professionisti siano trattati ai fini della fornitura del servizio o del contenuto digitale, e che il professionista non tratti questi dati per altri scopi [38].

Muovendo dalla consapevolezza del progressivo sviluppo tecnologico, è stato necessario l’intervento del legislatore europeo per due distinte ragioni: in primo luogo per fornire una modernizzazione e una maggior completezza sul piano normativo di questa disciplina. Inoltre, per incentivare i consumatori e i professionisti ad operare all’interno del mercato digitale.


4. L’attuazione del dir. (UE) 2019/2161: gli interventi operati in riferimento alle pratiche commerciali scorrette e gli obblighi di informazione

La dir. (UE) 2019/2161 è finalizzata a disciplinare i contratti di consumo aventi ad oggetto contenuti o servizi digitali relativamente alla fase precontrattuale, per garantire una migliore applicazione delle norme dell’Unione europea in relazione alla protezione dei consumatori, andando a modificare, in particolare, la dir. 2011/83/UE.

Quanto alla normativa di attuazione, che – come detto – è contenuta nel d.lgs. del 7 marzo 2023, n. 26, il primo rilevante intervento ha riguardato le pratiche commerciali scorrette, rimodulando la formulazione del­l’art. 22, comma 4, lett. d), c. cons., con l’eliminazione dell’obbligo dei professionisti di indicare, in sede di pubblicità e quindi di invito all’acquisto, le modalità di trattamento dei reclami, e contemplando l’inseri­men­to della lett. e-bis), la quale prevede l’obbligo in capo al professionista (nel caso in cui egli sia un fornitore del mercato on-line) di rendere disponibile in capo al consumatore l’informazione se il terzo, il quale offre sul medesimo mercato beni, servizi o contenuti digitali, sia anche egli un professionista, in relazione alla dichiarazione ricevuta dal terzo stesso. Nell’ipotesi in cui costui non sia qualificabile come tale, il fornitore del mercato on-line deve rendere una dichiarazione dove attesta che i diritti del consumatore disciplinati dal diritto dell’Unione europea non si applicano al contratto concluso, così come riportato dall’art. 18, lett. b), c. cons.; precisando inoltre che la suddetta dichiarazione deve essere portata a conoscenza in maniera chiara e comprensibile anche all’interno del suo sito web [39].

Nell’art. 22 c. cons., poi, sono stati inseriti due nuovi commi, ovvero il 4-bis e il 5-bis, attinenti a dei nuovi obblighi di informazioni, ritenuti dalla Corte di Giustizia [40] come informazioni chiave, necessarie affinché il consumatore possa prendere delle decisioni, di natura commerciale, in maniera consapevole. In tale contesto, il primo obbligo è rivolto ai professionisti che offrono una funzionalità di ricerca on-line, i quali devono rilevare ai consumatori i parametri principali che hanno determinato la classificazione del risultato di ricerca, nonché, condividendo al consumatore ogni criterio generale e processo utilizzato in connessione con la classificazione. Si è proceduto, dunque, ad una estensione degli obblighi di trasparenza già disciplinati dal reg. (UE) 2019/1150. Tale livello di trasparenza è poi nuovamente integrato dal comma 5-bis, secondo il quale i professionisti che pubblicano le recensioni dei consumatori, devono anche indicare quali sono stati i processi che hanno adottato al fine di garantire la veridicità e la genuinità degli stessi, in quanto, diversamente, il professionista incorrerebbe in una pratica commerciale scorretta [41].

In riferimento all’argomento delle pratiche commerciali in ogni caso ingannevoli, le modifiche apportate dal d.lgs. 7 marzo 2023, n. 26 riguardano inoltre l’aggiunta delle lett. m-bis), bb-bis), bb-ter) e bb-quater) al-l’art. 23 c. cons. In riferimento alla prima ipotesi, è previsto che, se il professionista paga un fornitore di funzionalità di ricerca on-line al fine di ottenere una migliore classificazione di un prodotto all’interno dei risultati di ricerca, quest’ultimo dovrà informare il consumatore in modo chiaro e preciso circa il pagamento. La lett. bb-ter), poi, considera come pratica commerciale scorretta quella dove il professionista non si dota di un sistema di verifica proporzionato e ragionevole circa le asserzioni pubblicate dai consumatori. Diversamente, la lett. bb-quater), considera come pratica ingannevole in re ipsa, quella dove il professionista fa ricorso a false recensioni con il preciso scopo di promuovere un determinato prodotto. Secondo quanto disposto dal Considerando n. 49 della dir. (UE) 2019/2161, si ricade in questa circostanza anche solo mediante l’apposizione di un “mi piace” sui social media, oppure incaricando altri di farlo. La lett. bb-bis), invece, contempla la pratica ingannevole nell’ipotesi in cui il professionista provveda all’acquisto, mediante l’utilizzo di software di tipo bot, di un numero di biglietti per determinati eventi che risulti essere superiore a quello che è il limite fissato dal venditore primario e, successivamente, destinati alla rivendita ai consumatori [42].


5. I c.d. “beni con elementi digitali” e il mercato on-line. Ambito di applicazione del d. lgs. 7 marzo 2023, n. 26: i rinnovati artt. 46 e 47 c. cons.

Il d.lgs. n. 26 del 2023 ha inoltre apportato delle modifiche, in primo luogo, all’art. 45 c. cons., comma 1, il quale, alla lett. c) n. 2, reca la definizione di “bene”, intendendo come tale qualsiasi bene mobile materiale che incorpora, o è interconnesso con, un contenuto digitale o un servizio digitale, tale che la mancanza degli stessi impedirebbe lo svolgimento delle funzioni proprie del bene, anche indicati come c.d. “beni con elementi digitali”.

La lett. f) dell’art. 45 c. cons., comma 1, è stata poi sostituita indicando come contratto di servizi un qualsiasi contratto dove un professionista si impegna a fornire o fornisce un servizio, compreso un servizio digitale, nei confronti del consumatore. Si è anche proceduto all’introduzione della lett. q-bis), con la quale si identifica il servizio digitale come un servizio che permette al consumatore di creare, trasformare, archiviare i dati oppure accedervi in forma digitale. Viene anche dettagliatamente precisato che un servizio digitale può essere inteso anche come un servizio che consente la condivisione di dati in formato digitale che siano caricati o creati dal consumatore. È stata, dunque, operata una distinzione tra contratti per la fornitura di servizi digitali e contratti di servizi digitali; questa distinzione risulta rilevante ai fini dell’applicazione dei diversi regimi di recesso: mediante i contratti di servizi digitali si dà la possibilità al consumatore di testare il servizio e decidere, nel periodo di quattordici giorni dalla conclusione del contratto, se mantenerlo o meno. Per contro, non si riconosce alcun diritto di recesso nell’ipotesi di fornitura di un contenuto digitale on-line nelle condizioni in cui l’esecuzione del contratto sia già iniziata con il previo consenso del consumatore [43].

Alla lett. q-ter), dell’art. 45 comma 1, c. cons. è stata introdotta la nozione di mercato on-line, inteso come un servizio che usa un software gestito dal professionista che attribuisce la possibilità ai consumatori di concludere dei contratti a distanza. Successivamente, alle lett. q-quinquies), q-sexies) e q-septies) sono stati modificati i concetti, rispettivamente, di “compatibilità”, “funzionalità” e “interoperabilità”. A tale riguardo, il Considerando n. 36 della dir. (UE) 2019/2161, chiarisce che il concetto di “funzionalità” deve essere inteso con riferimento ai modi in cui il contenuto o il servizio digitale può essere utilizzato, il concetto di “interoperabilità”, invece, indica se e in quale misura un contenuto o un servizio digitale è in grado di funzionare con un hardware o un software diverso da quello con cui sono abitualmente usati i contenuti o i servizi digitali dello stesso tipo. Quanto al concetto di “compatibilità”, occorre invece considerare che la dir. (UE) 2019/770 la definisce come la valutazione che deve effettuare il professionista circa la necessità di fornire informazioni sulle caratteristiche dei beni con elementi digitali, del contenuto digitale o del servizio digitale in relazione alle loro particolari caratteristiche [44].

Infine, mediante la modifica dell’art. 46 c. cons., la nozione di contratto di vendita e contratto e servizi viene riqualificata per mezzo dell’eliminazione del riferimento al pagamento, o al relativo impegno al pagamento, del prezzo da parte del consumatore come condizione per l’applicazione della disciplina di tutela del consumatore.

A tal proposito, si possono ora identificare gli ambiti di applicazione della sopra citata direttiva, nonché gli ambiti in cui questa non può applicarsi. In riferimento alla sua applicazione, la nuova formulazione del­l’art. 46, comma 1, c. cons. prevede che le disposizioni delle Sezioni I, II, III e IV del Capo “Dei diritti dei consumatori nei contratti” si applicano a qualsiasi contratto concluso tra un consumatore ed un professionista dove il primo paga o si impegna a pagare il prezzo, nonché in tutte quelle ipotesi in cui vengono stipulati dei contratti per la fornitura di contenuti o di servizi digitali dove il consumatore fornisce i suoi dati personali al professionista. Relativamente, invece, alla seconda ipotesi, l’art. 47, comma 1, lett. o-bis), c. cons. prevede oggi che queste disposizioni non trovano applicazione nei casi in cui il contratto riguardi beni oggetto di vendita forzata o venduti secondo altre modalità da parte dell’autorità giudiziaria.


6. Gli obblighi informativi previsti in capo al professionista

Ai fini di maggior completezza circa l’ambito di applicazione della disciplina in esame, relativamente all’ambito degli obblighi informativi nei contratti diversi dai contratti a distanza o negoziati fuori dai locali commerciali, l’art. 48, comma 1, c. cons. richiede che il professionista richiami l’esistenza della garanzia legale e di conformità dei beni, il contenuto digitale e i servizi digitali. Egli deve, poi, indicare le condizioni del servizio postvendita e le garanzie convenzionali. Rientra tra gli obblighi di informazione in capo al professionista, il dovere di spiegare la funzionalità dei beni con elementi digitali, del contenuto digitale stesso e dei servizi digitali, compresi anche le misure applicabili in protezione tecnica [45]. Successivamente, l’art. 49 c. cons. prevede, relativamente agli obblighi informativi aventi ad oggetto contratti a distanza, rispettivamente alle lett. n), t), e u), l’obbligo per il professionista di ricordare al consumatore l’esistenza della garanzia legale di conformità per i beni, il contenuto digitale e i servizi digitali, inoltre deve indicare la funzionalità dei beni con elementi digitali, del contenuto digitale e dei servizi digitali, nonché qualsiasi compatibilità e interoperabilità inerente ai beni con elementi digitali, del contenuto digitale e dei servizi digitali, di cui il professionista è a conoscenza o di cui lo stesso può ragionevolmente attendere che sia venuto a conoscenza.

All’interno del contesto in cui opera l’art. 49 c. cons., il legislatore ha preso consapevolezza sul fatto che molto spesso i professionisti utilizzano dei mezzi di comunicazione diversi rispetto a quelli previsti dai documenti contrattuali, per cui ha previsto che il professionista, nel comunicare con il consumatore, deve usare un mezzo che fornisca la data e l’orario dei relativi messaggi. Di particolare rilevanza è l’inserimento della lett. e-bis), con la quale si introduce un nuovo obbligo informativo nell’ipotesi in cui il prezzo è stato personalizzato in relazione ad un processo decisionale automatizzato. Conseguentemente, il comma 4 del medesimo articolo è stato integrato mediante la necessità di prevedere il riferimento al diritto di recesso di trenta giorni, e non quindici, per quei contratti conclusi nel contesto di visite non richieste di un professionista presso l’abitazione di un consumatore, oppure nell’ipotesi in cui il professionista organizzi delle escursioni finalizzate a vendere o promuovere dei prodotti ai consumatori [46].

È stato, inoltre, inserito l’art. 49-bis c. cons. il quale disciplina la materia degli obblighi informativi supplementari specifici per i contratti conclusi su mercati on-line, il quale prevede, al comma 1, che prima che il consumatore sia vincolato da un contratto a distanza su un mercato on-line, il fornitore del suddetto mercato deve indicare in maniera chiara e comprensibile: le informazioni generali (rese disponibili su un’apposita interfaccia on-line che sia facilmente accessibile dalla pagine in cui sono situate le offerte); se il terzo che offre beni, servizi o contenuti digitali sia un professionista o meno e, nel caso in cui il terzo non sia qualificabile come tale, si deve indicare che al contratto non trovano applicazione i diritti dei consumatori disciplinati dal diritto dell’Unione europea. Il medesimo articolo, poi, specifica che il fornitore del mercato on-line deve indicare il modo in cui sono ripartiti gli obblighi tra il terzo che offre i beni, servizi, contenuti digitali e il fornitore del mercato, nonché al comma 2 dell’art. 49-bis c. cons., viene stabilito che è comunque impregiudicata l’applicazione del d.lgs. 9 aprile 2003, n. 70 in materia di obblighi di informazione per i fornitori dei mercati on-line.

Il d.lgs. 7 marzo 2023, n. 26, ha inoltre modificato l’art. 50, comma 3, c. cons. e similmente l’art. 51, comma 8, c. cons. [47], prevedendo in capo al professionista, prima di dare avvio alla fornitura di acqua, gas, o elettricità, di chiedere “al consumatore di riconoscere che, una volta che il contratto sarà interamente eseguito dal professionista, il consumatore non avrà più il diritto di recesso”, disposizione questa che si spiega non alla stregua di una disponibilità (o meglio rinuncia) del diritto di recesso da parte del consumatore, bensì in quanto l’esecuzione immediata su richiesta di questi presuppone di aver usufruito della prestazione.


7. Modifiche apportate al diritto di recesso: il previo consenso espresso del consumatore come elemento essenziale

Il profilo che indubbiamente è stato maggiormente oggetto di intervento da parte del d. lgs. 7 marzo 2023, n. 26 è quello relativo al diritto di recesso [48]. L’intervento più rilevante, che in questa sede è opportuno analizzare al fine di fornire maggiore completezza alla materia in esame, è stato compiuto all’interno della disciplina dei contratti conclusi nel contesto di visite non richieste di un professionista presso l’abitazione di un consumatore, ovvero di un’escursione organizzata dal professionista per promuovere o vendere dei suoi prodotti ai consumatori, dove è stato ampliato il termine per l’esercizio del diritto di recesso, il quale è passato da quindici a trenta giorni, decorrenti dal giorno del ricevimento dell’informazione.

Relativamente agli obblighi del professionista in caso di recesso, il decreto ha inserito cinque nuovi commi all’art. 56 c. cons., prevedendo in primo luogo, al comma 3-bis che il professionista è tenuto a trattare i dati personali del consumatore nel rispetto di quanto stabilito dal reg. (UE) 2016/679. È stato, poi, aggiunto il comma 3-ter, dove alla lett. a) viene affermato che il professionista deve astenersi da usare qualsiasi contenuto, diverso dai dati personali, fornito dal consumatore; fatti salvi i casi in cui questo sia privo di utilità al di fuori del contesto del contenuto o del servizio digitale, ovvero il caso in cui esso riguarda soltanto l’attività del consumatore durante l’utilizzo del contenuto digitale, o nell’ipotesi in cui questo è stato aggregato dal professionista ad altri dati e non può essere disaggregato, o, infine, se è stato generato congiuntamente dal consumatore e da altre persone, e se altri consumatori possono continuare a farlo. I commi 3-quater e 3-quinquies, poi, prevedono che su richiesta del consumatore, il professionista deve mettere a disposizione qualsiasi contenuto digitale, diverso dai dati personali, fornito o creato dal consumatore e, inoltre, si inserisce l’ipotesi per cui il consumatore abbia diritto di recuperare dal professionista i suddetti contenuti in maniera gratuita e senza alcun impedimento, entro un lasso di tempo ragionevole e in un formato leggibile e di uso comune da dispositivo automatico. Infine, nel caso di recesso del consumatore, si prevede, al comma 3-sexies, che il professionista gli può impedire ogni tipo di utilizzo del contenuto o del servizio digitale, potendo anche rendere inaccessibile il contenuto o il servizio stesso tramite la disattivazione dell’account.

L’art. 1, comma 20, d.lgs. 7 marzo 2023, n. 26, ha modificato l’art. 57 c. cons. aggiungendo il comma 2-bis, il quale stabilisce che in caso di recesso dal contratto, il consumatore deve astenersi dall’utilizzare il contenuto o il servizio digitale e di metterlo a disposizione di terzi soggetti. Sempre l’art. 1, comma 20, del decreto, ha inoltre modificato in più punti l’art. 59 c. cons., con lo scopo di precisare ulteriormente i contenuti, le modalità e la portata applicativa delle fattispecie legali di perdita ed esclusione del diritto di recesso. Così, al comma 1, lett. a), si sottolinea la necessità del previo consenso del consumatore nel momento in cui inizia l’esecuzione anticipata della prestazione avente ad oggetto un servizio a pagamento, e, dunque, l’accettazione del consumatore sul fatto che con il completamento dell’esecuzione, quest’ultimo perderà il diritto di recedere dal contratto [49]. Con riguardo ai contratti di fornitura a pagamento di un contenuto digitale per mezzo di un supporto non materiale, la lett. o) subordina la perdita del diritto di recesso mediante l’ap­po­sizione del previo consenso espresso da parte del consumatore, da fornire all’inizio dell’anticipata prestazione del servizio e all’avvenuto riconoscimento da parte del consumatore sulla perdita di tale diritto. Mediante la previsione del comma 1-bis, è stato stabilito che le eccezioni al diritto di recesso di cui al comma 1, non si applicano ai contratti conclusi nel contesto di visite non richieste di un professionista presso l’abitazione del consumatore oppure di escursioni organizzare dal professionista con lo scopo o l’effetto di promuovere o vendere dei prodotti ai consumatori. È stato infine introdotto il comma 1-ter, il quale trova applicazione nel­l’ipotesi in cui si domanda l’intervento del professionista per effettuare lavori di riparazione. In questa circostanza, viene espressamente richiesto il previo consenso del consumatore circa la perdita del diritto di recesso nel momento in cui si esegue la prestazione [50].


8. Verso una tutela effettiva del consumare nel mercato digitale

All’esito dell’analisi delle modifiche apportate da ultimo al codice del consumo quanto ai contratti aventi ad oggetto contenuti e servizi digitali è agevole rilevare come l’obiettivo del legislatore europeo circa la garanzia di una più ampia tutela del consumatore in tale settore, nonché la necessità di modernizzare il diritto europeo, sia stata garantita prevedendo una dettagliata disciplina della materia, con l’intento primario di indurre i soggetti a contrattare all’interno delle piattaforme digitali, al fine di rendere il diritto dell’Unione europea più competitivo a livello globale e, allo stesso tempo, offrire un elevato grado di protezione di tutti i soggetti che vi operano al suo interno.

Si tratta indubbiamente di un importante passo avanti, posto che con il recepimento delle disposizioni della dir. (UE) 2019/2161 sono state apportate rilevanti modifiche, nonché integrazioni, all’interno del codice del consumo. In primo luogo, l’elenco delle pratiche ingannevoli di cui all’art. 21, comma 2, c. cons., si arricchisce mediante nuovi obblighi informativi, prevedendo, in definitiva, una disciplina diretta ad ampliare la trasparenza nei contratti di consumo. Inoltre, si è proceduto ad aggiornare ed integrare le definizioni generali relativamente ai diritti del consumatore nei contratti, allineandole a quanto previsto a livello europeo, e mediante le modifiche agli artt. 46, comma 1, e 47, comma 1, c. cons. si è aggiornato l’ambito di applicazione dei diritti dei consumatori nei contratti, integrando altresì le esclusioni di applicabilità di questa disciplina. Con specifico riferimento agli obblighi di informazione, questi sono stati specificati e rinnovati nel contenuto, introducendo anche una specifica previsione all’art. 49-bis c. cons. per quanto concerne gli obblighi di informazione per i contratti conclusi su mercati on-line. Riguardo al diritto di recesso, ne è stata tra l’altro modificata la disciplina per quanto attiene alle due ipotesi dei contratti conclusi nel contesto di visite non richieste presso l’abitazione del consumatore e di escursioni organizzate dal professionista al fine di vendere o promuovere prodotti ai consumatori.

Mediante l’attuazione della predetta direttiva si è giunti, dunque, ad assicurare un elevato livello di protezione dei consumatori, al fine di “consolidare ulteriormente un ambiente sano per i consumatori a sostegno della crescita economica” [51] con l’obiettivo di estendere la protezione di quest’ultimi all’interno dell’ambien­te on-line.


NOTE

[1] Sull’argomento vd. S. Grundmann La struttura del diritto europeo dei contratti, in Riv. dir. civ., 2002, I, 365-371.

[2] Un ulteriore evidente interesse nella materia lo si riscontra da ultimo nella dir. (UE) 2023/2225 sui contratti di credito ai consumatori che abroga la dir. 2008/48/CE, in particolare laddove nei Considerando nn. 3 e 4 si rileva l’esigenza di intervenire con una nuova normativa in ragione della digitalizzazione del mercato del credito.

[3] V. Perlingieri, Relazione conclusiva, in C. Perlingieri-L. Ruggieri (a cura di), Internet e Diritto civile, Napoli, 2014, 417 ss.; sull’argomento vd. E. La Rosa, Tecniche di regolazione dei contratti e strumenti rimediali, Milano, 2012, 1 ss.

[4] A. De Franceschi, La vendita di beni con elementi digitali, Napoli, 2019, 10. Lo scopo del legislatore europeo lo si può analizzare facendo riferimento a due diversi obiettivi che lo stesso intende perseguire: da un lato, quello di garantire una protezione del consumatore alla luce del deficit informativo di cui lo stesso soffre all’interno dei contratti stipulati con professionisti, inoltre, si è voluto procedere verso la creazione di un “Mercato unico digitale” al fine di rendere competitiva a livello globale la normativa europea.

[5] European Commission, Building a European Data Economy (Communication), COM. (2017) 9 final del 10 gennaio 2017, 5 ss. Sull’evoluzione della materia, vd. in dottrina J. Drexi, Legal Challenges of the Changing Role of Personal and Non– Personal Data in the Data Economy, in A. De Franceschi-R. Schulze (a cura di), Digital Revolution – New Challenges for Law, München – Baden – Baden, 2019, 19 ss. In riferimento alle interazioni con la tutela dei dati personali, risulta fondamentale il riferimento al reg. (UE) 2022/2065 (c.d. “Digital services Act”).

[6] Sull’argomento vd. G. Resta e V. Zeno-Zencovich, Volontà e consenso nella fruizione dei servizi di rete, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2018, 411 ss.; V. Ricciuto, La patrimonializzazione dei dati personali, Contratto e mercato nella ricostruzione del fenomeno, in Dir. inf., 2018, 689 ss.

[7] Come rilevato in dottrina, la dir. (UE) 2019/2161 (c.d. Direttiva omnibus), insieme alla dir. (UE) 2019/770 e alla dir. (UE) 2019/771, costituiscono il “pacchetto di direttive ‘New Deal for Consumers’del 2019” (in questo senso A. Dalmartello, La tutela del consumatore quale strumento di regolazione del mercato. Il caso del recesso (ius poenitendi), in Accademia, 2023, 713.

[8] Il d. lgs. 7 marzo 2023, n. 26, è altresì intervenuto in altri contesti e, particolarmente, sulla disciplina delle pratiche commerciali scorrette (sul punto vd. G. De Cristofaro, “Rimedi” privatistici individuali e pratiche commerciali scorrette. Il recepimento nel diritto italiano dell’art. 11-bis della direttiva 2005/29/CE (comma 15-bis, art. 27 c. cons.), in NLCC, 2023, 443 ss.), come anche sulla “costruzione di un sistema di enforcement pubblicistico della disciplina (privatistica) di recepimento della dir. 1993/13/CEE” (al riguardo, vd. G. De Cristofaro, Vessatorietà e trasparenza delle clausole dei contratti B-TO-C e procedimenti amministrativi di competenza dell’AGCM. Il novellato art. 37-bis c. cons., in NLCC, 2023, 517 ss.; M. Angelone, I nuovi poteri dell’Agcm in materia di clausole vessatorie a dieci anni dall’art. 37 bis c. cons. e a trenta dalla dir. 93/13/CEE, in Rass. dir. civ., 2023, 761 ss.).

[9] Il pensiero ordoliberale trova come sua matrice di origine l’ordinamento tedesco, esso ha influenzato la storia del diritto europeo e ne costituisce l’attuale fondamento. Grazie a questo, è stato possibile identificare il primato costituzionale della libertà individuale mediante un modello di società che si basa sul diritto privato, sul punto vd. S. Grundmann, The Concept of the Private Law Society: After 50 Years of European and European Business Law, in European Review of Private Law, 2008, 553 ss. È opportuno specificare, inoltre, che è tipico del pensiero ordo-liberale l’enfatizzazione del ruolo dello Stato e, più nel dettaglio, dei poteri pubblici, affinché si possa ottenere la creazione di un ordine giuridico di mercato. In questa prospettiva di recente vd. L. Mesini, Stato forte ed economia ordinata, Bologna, 2023.

[10] Circa questa locuzione adoperata in riferimento all’ordinamento giuridico europeo e l’opportuno chiarimento che in realtà le norme europee non consentono di individuare un autonomo ordinamento giuridico, integrando invece la legislazione degli Stati membri, vd. D. Achille, Primato del diritto europeo e tutela dei diritti fondamentali nel sistema ordinamentale integrato, in NGCC, 2018, 1890 ss.

[11] Al riguardo, vd. P. Sirena, Diritto privato e diritto pubblico in una società basata sulle libertà individuali, in Riv. dir. civ., 2017, 108, il quale giunge a giustificare, così, la qualificazione di queste libertà come “fondamentali”: la loro tutela da parte del diritto dell’Unione europea non è solo diretta ad evitare la sussistenza di disparità di trattamento tra soggetti, ma anche quella di promuovere una liberalizzazione dell’economia e del diritto di ogni Stato membro. Sull’argomento vd., inoltre, A. Zoppini, Il diritto privato e le “libertà fondamentali dell’Unione europea (Principi e problemi della Drittwirkung nel mercato unico), in Le “libertà fondamentali” dell’Unione europea e il diritto privato, a cura di F. Mezzanotte, 2016, 9 ss.

[12] M. Colangelo-V. Zeno-Zencovich, Online Platforms, Competition Rules and Consumer Protection in the Travel Industry, in Journal of European Consumer and Market Law, 2016, 75 ss.

[13] A. De Franceschi, La vendita di beni con elementi digitali, cit., p, 19.

[14] In riferimento alla trattazione dell’argomento vd. M. Colangelo, La regolamentazione ex ante delle piattaforme digitali: analisi e spunti di riflessione sul regolamento sui mercati digitali, in NLCC, 2023, 415 ss.; sulla materia vd. S. Ei Sabi, Fornitura di servizi e contenuti digitali: profili di tutela per il “digital consumer” nel Mercato Unico Digitale, in Giust. civ., 2021, 5.

Il Considerando n. 7 del Reg. (UE) 2022/1925 precisa che la finalità del regolamento stesso è quella di:” contribuire al corretto funzionamento del mercato interno stabilendo norme volte a garantire la contendibilità e l’equità per i mercati nel settore digitale in generale e per gli utenti commerciali e per gli utenti finali dei servizi di piattaforma di base”.

In riferimento al mercato digitale e alle piattaforme on-line, di recente interesse è anche la predisposizione della normativa sul­l’IA da parte del Parlamento europeo volta a regolamentare i sistemi di intelligenza artificiale.

[15] Vd. Considerando n. 32 Reg. (UE) 2022/1925.

[16] Sul commercio elettronico e sul contratto telematico, cfr. C.M. Bianca, I contratti digitali, in Studium juris, 1998, 1035 ss.; G. Grisi, La frontiera informatica della contrattazione a distanza, in Eur. dir. priv., 1998, 885 ss.; P. Piccoli-G. Zanolini, Il documento elettronico e la firma digitale, in Riv. not., 2000, 885 ss.; C. Vaccà, Il commercio elettronico, Milano, 1999, 11 ss.; G. Comandé-S. Sica, Il commercio elettronico, Torino, 2001, 3 ss.

[17] R. Angelini, in A. Barba-V. Cuffaro-A. Barenghi (a cura di), Codice del consumo e norme collegate, Milano, 2023, 129, il quale afferma inoltre che questi obblighi di informazione dovrebbero essere proporzionati e devono essere funzionali a mantenere un equilibrio tra un elevato tutela dei consumatori e la competitività dei fornitori dei mercati online, sul punto vd. Considerando n. 27 dir. (UE) 2019/2161.

[18] A.M. Gambino, I contratti telematici, in G. Alpa (a cura di), I diritti dei consumatori, in Tratt. dir. priv. Unione europea diretto da G. Ajani-G. A. Benacchio, Torino, 2009, 607 ss.

Tra i nuovi modelli economici che utilizzano piattaforme on-line si deve ricordare la c.d. sharing economy, sull’argomento vd. D. Di Sabato, La prassi contrattuale nella “sharing economy”, in Rivista di diritto dell’impresa, 2016, 451-490.

[19] M. Pollifroni, Processi e modelli di e-government ed e-governance applicati alla azienda pubblica, Milano, 2003, 69 ss.

[20] R. Clarizia, Contratto informatico (per l’oggetto e per il mezzo), in Enc. dir. Agg., II, Milano, 1998, 245; sul punto vd. F. Parisi, Il contratto concluso mediante computers, Padova, 1987, 1 ss.

[21] E. Battelli, I contratti del commercio on line, in G. Recinto-L. Messasoma-S. Cherti (a cura di), Diritti e tutele dei consumatori, Napoli, 2014, 390.

[22] A. De Franceschi, La vendita di beni con elementi digitali, cit., 19.

[23] Sul punto vd. Considerando n. 19 della dir. (UE) 2019/770 la quale, ravvisando il rapido sviluppo tecnologico, intende perseguire come obiettivo quello di affrontare i problemi relativi alle categorie dei contratti aventi ad oggetto contenuti e servizi digitali. Come risulta dal Considerando n. 20 della dir. (UE) 2019/770 e il Considerando n. 13 della dir. (UE) 2019/771, il legislatore ha chiaramente prospettato la reciproca integrazione tra le due normative, al fine di poter meglio rispondere alle aspettative dei consumatori e “garantire un quadro giuridico semplice e chiaro”.

Al fine di aver un preciso riferimento sulla dir. (UE) 2019/771 vd. Considerando n. 15, il quale specifica che la presente direttiva si deve applicare ai contratti di vendita aventi ad oggetto anche i contenuti o servizi digitali la cui fornitura è prevista dal contratto.

[24] Sulla definizione di oggetto del contratto, vd. C.M. Bianca, Diritto civile. 3. Il contratto, Milano, 2019, 285 ss., laddove si chiarisce che “Il contenuto del contratto comprende ciò che le parti stabiliscono sia in ordine ai risultati materiale sia in ordine agli effetti giuridici” (288).

[25] Vd., in particolare, E. Gabrielli, L’oggetto del contratto (Artt. 1346-1349), in Il codice civile. Commentario fondato e già diretto da P. Schlesinger continuato da F.D. Busnelli, Milano, 2015, 5 ss.

[26] A. De Franceschi, La vendita di beni con elementi digitali, cit., 45 ss.

[27] M. Loos-N. Helberger-L. Guibaulte-C. Mak, The Regulation of Digital Content Contracts in the Optional Instrument of Contract Law, in European Review of Private Law, 2011, 730.

[28] Sul punto vd. Considerando n. 19 della dir. (UE) 2011/83.

[29] Proposta relativa a determinati aspetti dei contratti di vendita on-line e di altri tipi di vendita a distanza di beni, COM/2015/0635 final – 2015/0288 (COD).

[30] Proposta che garantisce la portabilità transfrontaliera dei servizi di contenuti online nel mercato interno, COM (2015) 627 final.

[31] Sul punto, vd. art. 2 par. 1, n. 2, lett. b), dir. (UE) 2019/770. Un’analoga definizione di contenuti digitali è stata ribadita dalla dir. (UE) 2019/771.

[32] A. De Franceschi, La vendita di beni con elementi digitali, cit., 33 ss. Sul punto si deve precisare come il legislatore europeo fa rientrare all’interno della categoria del corrispettivo, non solo le somme di denaro, ma anche rappresentazioni di valore digitale, come ad esempio i beni elettronici e valute virtuali.

La stessa dir. (UE) 2019/770 prevede che il corrispettivo per la fornitura di contenuti o di servizi digitali possa essere di tre diversi tipi: una somma di denaro, una rappresentazione di valore digitale e, infine, i dati personali forniti dal consumatore all’operatore economico.

[33] A. De Franceschi, La vendita di beni con elementi digitali, cit., 37-38, il quale, sul seguente argomento, richiama la ricostruzione proposta da F. Faust, Digitale Wirtschaft – Analoges Recht: Braucht das BGB ein Update?, Gutachten A zum 71. Deutschen Juristentag, Munchen, 2016, A12.

[34] A. De Franceschi, La vendita di beni con elementi digitali, cit., 39 riferendosi sul punto alla riflessione di D. Baier-J. Pampel-M. Schmidt-Kessel-A. Sänn-C. Hartmann-D. del Monego, Status Quo digitaler Inhalte in Deutshland, Bayreuth, 2017, 14 ss.

[35] R. Angelini, in A. Barba-V. Cuffaro-A. Barenghi (a cura di), Codice del consumo, cit., 114.

[36] Si tenga peraltro presente che nella dir. (UE) 2019/770 viene inoltre fornita anche una definizione di “operatore economico”, inteso come qualsiasi persona fisica o giuridica che opera per finalità che rientrano nel quadro della sua attività commerciale, industriale, artigianale o professionale. In sede di recepimento, l’ordinamento italiano ha sostituito la locuzione di “operatore economico” in “professionista”, al fine di trovare una giusta corrispondenza tra quanto disciplinato dalla direttiva medesima e la formulazione della versione italiana.

[37] Considerando n. 30 della dir. (UE) 2019/2161.

[38] Considerando nn. 32 e 33 della dir. (UE) 2019/2161.

[39] F. Massa, Pratiche commerciali ingannevoli, in Codice del consumo, cit., 209.

[40] Vd. Corte Giust. 7 settembre 2016, C-310/15, Vincent Deroo-Blanquart c. Sony Europe Limited, ECLI:EU:C:2016:633, al par. 46, dove si afferma che “che è considerata informazione rilevante il prezzo di un prodotto messo in vendita, ossia il prezzo globale di un prodotto, e non il prezzo di ciascuno dei suoi elementi. Ne deriva che tale disposizione impone al professionista di indicare al consumatore il prezzo globale del prodotto interessato”.

[41] In generale, sulle pratiche commerciali scorrette, vd. G. De Cristofaro, Pratiche commerciali scorrette, in Enc. dir. Annali, V, Milano, 2012, 1079 ss.; M.R. Maugeri, Violazione della disciplina sulle pratiche commerciali scorrette e rimedi contrattuali, in NGCC, 2009, II, 485 ss.

[42] Intendendosi per bot un programma di software che eseguono delle attività in maniera ripetitiva, automatizzata e predefinita.

[43] Sul punto vd. Corte Giust. 8 ottobre 2020, C-641/19, EU c. PE Digital GmbH, ECLI:EU:C:2020:808, dove è stato chiarito che l’eccezione al diritto di recesso di cui all’art. 16, lett. m), della direttiva sui diritti dei consumatori applicabile ai contratti di fornitura di contenuto digitale on-line deve essere interpretata restrittivamente (par. 43).

[44] M. D’Auria, in A. Barba-V. Cuffaro-A. Barenghi (a cura di), Codice del consumo, cit., 387 ss.

[45] D. Valentino, Obblighi di informazione e vendita a distanza, in Rass. dir. civ., 1998, 385 ss.

[46] E. Battelli, in A. Barba-V. Cuffaro-A. Barenghi (a cura di), Codice del consumo, cit., 459 ss.

[47] L’art. 51, comma ottavo, c. cons. prevede che, se il consumatore vuole che la prestazione dei servizi inizi durante il periodo di recesso, il professionista deve esigere che lo stesso ne faccia richiesta esplicita e deve chiedergli, inoltre, di riconoscere che, una volta che il contratto sarà interamente eseguito da parte del professionista, il consumatore non avrà più il diritto di recesso.

[48] Sul recesso del consumatore, anche per ulteriori riferimenti bibliografici, vd. A.M. Benedetti, Recesso del consumatore, in Enc. dir. Annali, IV, Milano, 2011, 956 ss.; Id., La difesa del consumatore dal contratto: la natura “ambigua” dei recessi di pentimento, in Annuario del contratto, Torino, 2011, 3 ss.; F.P. Patti, Il recesso del consumatore: l’evoluzione della normativa, in Eur. dir. priv., 2012, 1007 ss.; C. Confortini, Il recesso di pentimento, in Corr. giur., 2014, 19 ss.; M.C. Cherubini, Tutela del “contraente debole” nella formazione del consenso, Torino, 2005, passim; C. Pilia, Accordo debole e diritto di recesso, Milano, 2008, passim; D. Valentino, Recesso e vendite aggressive, Napoli, 1996, 45 ss.; M.P. Pignalosa, Contratti a distanza e recesso del consumatore, Milano, 2016, passim; A. Dalmartello, La tutela del consumatore, cit., 715.

[49] C. Pilia, in A. Barba-V. Cuffaro-A. Barenghi (a cura di), Codice del consumo, cit., 555 ss.

[50] Sul diritto di recesso avente ad oggetto la sottoscrizione ad una piattaforma on line, vd. Corte Giust. 5 ottobre 2023, C-565/22, Verein für Konsumenteninformation c. Sofatutor GmbH, ECLI:EU:C:2023:735, dove si è affermato che “il diritto del consumatore di recedere da un contratto a distanza è garantito una sola volta in relazione a un contratto avente ad oggetto una prestazione di servizi e che prevede un periodo iniziale gratuito per il consumatore seguito, in assenza di risoluzione o di recesso da parte del consumatore durante tale arco di tempo, da un periodo a pagamento, rinnovato automaticamente, se il contratto non è stato risolto, per una durata determinata, a condizione che, in occasione della conclusione di tale contratto, il consumatore sia informato in maniera chiara, comprensibile ed esplicita dal professionista che, dopo detto periodo iniziale gratuito, la prestazione di servizi diventa a pagamento” (par. 51).

[51] In questo senso, vd. Relazione tecnico-normativa (ATN) allegata alla Relazione illustrativa allo schema di decreto legislativo di recepimento della dir. (UE) 2019/2161, 1.