Jus CivileISSN 2421-2563
G. Giappichelli Editore

Dati genetici e procreazione medicalmente assistita (di Leonardo Lenti, Professore ordinario di Diritto privato – Università degli Studi di Torino)


L'Autore si sofferma sul principio di verità genetica, da millenni alla base dell'intero sistema della filiazione, il quale talora risulta soccombere di fronte a nuovi valori comparsi nell’ultimo decennio.

Genetic data and medically assisted procreation

The Author focuses on the principle of genetic truth, which has been the basis of the entire filiation system for millennia, which sometimes appears to succumb to new values ​​that have appeared in the last decade.

SOMMARIO:

1. Verità genetica e vicende del rapporto di filiazione. - 2. Verità genetica e limiti alla conoscenza delle origini. - 3. Le informazioni sul donatore di gameti nel diritto francese. - 4. La sentenza Gauvin-Fournis e Silliau c. Francia. - 5. La difficile applicazione del principio in Italia. - NOTE


1. Verità genetica e vicende del rapporto di filiazione.

Negli ultimi decenni la crescente importanza attribuita alla verità genetica ha inciso molto a fondo sul diritto della filiazione, innovando in due direzioni diverse: l’una è l’ampliamento del suo peso nel rapporto giuridico di filiazione, pur con alterne vicende cui farò un rapido cenno; l’altra è la proclamazione che il semplice fatto della sua conoscenza è una componente essenziale dell’identità personale di ciascuno, e come tale è degna di essere garantita. Con riguardo alla prima direzione – la costituzione e la rimozione del rapporto giuridico di filiazione – va anzitutto premesso che il principio di verità genetica sta alla base dell’intero sistema della filiazione da millenni, e non solo dal 1975 [1]. Basti infatti ricordare che l’esigenza di garantire che la discendenza dal marito-padre fosse geneticamente vera è uno dei fondamenti delle regole sociali e giuridiche che nelle società europee hanno governato per millenni la famiglia patricentrica e la morale sessuale femminile. Le vicende storiche delle regole sulla costituzione e sulla rimozione dello stato di figlio (legittimo) indicano che il principio di verità, pur restando centrale, ha sempre mostrato una grande elasticità: può essere compresso quando, in dati momenti storici, si presentano come prioritarie esigenze sociali fondate su principi etici e culturali che portano in direzione opposta. Il suo espandersi e ritrarsi, secondo i momenti, è dunque determinato dalle esigenze sociali in nome delle quali la legislazione accoglie uno o più principi che si contrappongono a quello di verità, riducendone il raggio d’azione. Sono esigenze sociali che cambiano man mano che il tempo passa e modificano quindi i limiti che ne derivano: dunque nascono, vivono e muoiono. Nel corso della seconda metà del XX secolo le esigenze sociali che hanno portato a un grande ampliamento del raggio d’azione del principio di verità nelle regole sulla costituzione e sulla rimozione dello stato hanno la loro principale radice nel tramonto del valore sociale, un tempo intoccabile, della famiglia legittima, fondata sul matrimonio, e nella correlativa affermazione del principio di eguaglianza fra tutte le categorie di figli. In pochi decenni, a partire dalla riforma del 1975, gran parte delle conseguenze del principale fattore [continua ..]


2. Verità genetica e limiti alla conoscenza delle origini.

Con riguardo alla seconda direzione in cui si va espandendo il principio di verità – la conoscenza del dato genetico come componente essenziale dell’identità personale – è ormai emerso un vero e proprio diritto alla verità genetica, che confligge con le regole di segretezza, diverse fra loro, che si erano consolidate nel tempo in due campi, quello dell’adozione piena e quello della PMA eterologa[5]. Guardando all’Italia, per la prima il testo originario dell’art. 28 l. 184 prevedeva il più rigoroso segreto sulle origini dell’adottato; e per la seconda l’anonimato del donatore di gameti era percepito come talmente ovvio, sin da quando questa modalità di procreazione aveva iniziato a diffondersi, da non meritare neppure una norma di legge che lo stabilisse esplicitamente con specifico riguardo alla PMA[6]. In materia di adozione il principio di segretezza totale sulle origini ha iniziato a essere eroso in tutti i paesi di matrice culturale europea tra gli anni ’80 e ’90 del secolo scorso. L’Italia è arrivata fra gli ultimi a limitarlo molto fortemente, pur senza abolirlo del tutto. La prima tappa data dal 2001, con la riforma dell’art. 28 l. 184, frutto della l. 149, seguita dalle indispensabili correzioni testuali apportatevi dal d.lgs. 196/2003. La seconda tappa data dal 2012, con la sentenza della Corte europea dei diritti umani (in seguito Ctedu) Godelli c. Italia [7] seguita, com’era inevitabile, dalla sentenza della Corte costituzionale 278/2013, la quale ha ammesso la ricerca delle origini anche in caso di parto anonimo, pur con limiti stringenti [8]. Il principio di segretezza totale del donatore di gameti, non a caso comunemente detto anonimo, è stato accolto per lungo tempo in quasi tutti i paesi di matrice culturale europea, ma è progressivamente entrato in crisi. Fattore decisivo di tale crisi è stato il raggiungimento dell’età adulta da parte delle prime persone procreate a questo modo, accompagnata dalla fioritura di siti internet di buona efficienza, specializzati nella ricerca dei donatori di gameti. La l. 40 non dà alcuna regolazione specifica sulla segretezza, ma si limita a prevedere che non si possono costituire rapporti giuridici fra il donatore di gameti e il nato. Lo fa ponendosi dal punto di vista del primo: stabilisce infatti che il donatore «non [continua ..]


3. Le informazioni sul donatore di gameti nel diritto francese.

La legislazione francese riguardante l’accesso del figlio alle informazioni sulla persona che ha donato i gameti – maschio o femmina che sia – e sui suoi dati genetici nel 2021 è stata oggetto nel diritto interno di una riforma radicale. Per comprendere appieno la sentenza della CtEDU Gauvin-Fournis e Silliau c. Francia, cui è dedicato questo breve commento, è bene ricapitolare per sommi capi la normativa vigente in Francia prima e dopo la nuova legge. Al momento in cui la controversia aveva avuto inizio a Strasburgo, il diritto francese vigente vietava la comunicazione di ogni informazione identificativa: consentiva la comunicazione di informazioni sanitarie solo se non identificative e se volte a fini terapeutici, ma non anche a fini preventivi; inoltre la consentiva unicamente al medico curante e non all’interessato stesso. Successivamente la legge 2021-2017 del 2 agosto 2021, seguita dal decreto sulle procedure 2022-1187 del 25 agosto 2022, ha capovolto la regola: ha introdotto nel Code de la santé publique (in seguito CSP) un’articolata disciplina delle informazioni sull’identità del donatore di gameti e e ne ha ammesso comunicabilità alla persona concepita con PMA eterologa; ha inoltre modificato alcuni articoli del code civil per adattarli alle nuove norme. Resta comunque immodificato il totale impedimento di giungere alla costituzione di rapporti giuridici tra il figlio e il donatore (artt. 342-9 e 342-10 code civil). Oggi le nuove regole vigenti in Francia sono in sintesi le seguenti. L’art. L. 2143-2 CSP stabilisce che: (a) ogni persona maggiorenne concepita mediante PMA eterologa ha il diritto di conoscere sia l’identità sia i dati personali non identificativi del donatore dei gameti da cui proviene; (b) ogni potenziale donatore, al momento in cui si propone come tale, deve dare il suo espresso consenso alla futura comunicazione dei suddetti dati alla persona così procreata, altrimenti la sua donazione è rifiutata; (c) la morte del donatore non influisce su queste comunicazioni. L’art. L. 2143-3 CSP elenca i dati che devono essere acquisiti dal medico che pratica la PMA, oltre all’identità del donatore: la sua età, la condizione generale, le caratteristiche fisiche, la situazione familiare e professionale, il luogo di nascita e le motivazioni della donazione. L’art. L. 2143-4 CSP prevede che tali [continua ..]


4. La sentenza Gauvin-Fournis e Silliau c. Francia.

La sentenza della Ctedu Gauvin-Fournis e Silliau c. Francia (ric. riuniti nn. 21424/16 e 45728/17) segna una tappa importante nella vittoriosa marcia del principio di verità in questo campo[9]. Riguarda un caso di conoscenza della verità genetica maschile, ma non vi è alcuna ragione che impedisca di estendere i principi della sentenza anche alla conoscenza della verità genetica femminile, nonostante i problemi che si pongono quando questa non coincide con quella di gravidanza e parto[10]. Nel caso deciso dalla Corte due persone concepite mediante PMA eterologa, una volta venutene a conoscenza (rispettivamente a 29 e 17 anni), hanno chiesto invano alle autorità giudiziarie francesi l’accesso ai dati del padre di ciascuno di essi per identificarlo, o almeno, in subordine, per ottenere personalmente informazioni di interesse sanitario, per fini non immediatamente terapeutici. Ricevuto il rifiuto hanno fatto ricorso alla CtEDU; nel caso della prima ricorrente risulta che il padre genetico era già morto. Il fatto che durante il corso della vicenda davanti alla Corte la legislazione francese sia cambiata è stato determinate per la decisione: ha evitato la condanna della Francia, che altrimenti sarebbe stata certa e, va sottolineato, unanime. La Corte premette un’ampia ricognizione delle legislazioni degli Stati del Consiglio d’Europa in materia (§ 67): ne risulta che, pur mancando un chiaro consenso fra loro, emerge una tendenza, che di recente è andata rafforzandosi, a togliere l’anonimato del donatore [11]. Espone poi con attenzione e dovizia di particolari la vicenda legislativa francese, che ha portato dal divieto totale, salvo che per le informazioni non identificative necessarie per esigenze terapeutiche (com’era previsto dalla l. 94-654 del 1994 sulla PMA), all’opposta, completa ammissione della comunicabilità delle informazioni (legge 2021-2017 del 2021). La discussione in tema svoltasi in Francia per oltre un ventennio, fra il 1998 e il 2021, è stata molto ampia e di alta qualità culturale. La Corte dichiara espressamente di apprezzare la serietà, profondità e accuratezza dei documenti elaborati dalle autorità pubbliche (§§ 118 e 123), dal CCNE (Comité consultatif national d’éthique pour les sciences de la vie et de la santé) al Conseil d’Ètat, dal [continua ..]


5. La difficile applicazione del principio in Italia.

La sentenza della CtEDU Gauvin-Fournis e Silliau c. Francia, com’è ovvio, non potrà non avere un’influenza decisiva anche sul diritto italiano: dobbiamo accoglierne i principi, altrimenti una futura condanna è certa. È indubbio che il diritto del figlio sia un diritto fondamentale della persona, protetto come tale dai principi costituzionali e da quelli posti dalla della giurisprudenza della CtEDU sul rispetto della vita privata (art. 8 CEDU). Come emerge chiaramente dalla sentenza, agli Stati non è riconosciuto alcun margine di apprezzamento sul principio che ammette la comunicabilità dell’informazione sull’identità del donatore, mentre è loro riconosciuto sulle modalità da seguire per fornire tale informazione e sugli eventuali limiti. Il diritto all’anonimato del donatore di gameti, finora pacificamente garantito, non può dunque persistere. Siccome però le modalità per comunicare l’informazione non hanno una regolazione specifica, si deve fare riferimento alla disciplina generale sul trattamento di cellule umane e di tessuti, contenuta nella Direttiva 2004/23/CE e nel d.lgs. di attuazione 191/2007. La Direttiva prevede all’art. 14 c. 3° che «gli Stati membri adottano tutte le misure necessarie per assicurare che l’identità del o dei riceventi non sia rivelata al donatore o alla sua famiglia e viceversa, fatta salva la legislazione in vigore negli Stati membri sulle condizioni di divulgazione, in particolare nel caso della donazione di gameti» [13]. Come si vede, il caso della donazione di gameti è espressamente indicato come un caso particolare, che fa eccezione alla regola generale: viene così implicitamente riconosciuto che il bilanciamento fra i diritti e gli interessi contrapposti si pone qui in modo diverso rispetto agli altri casi regolati dalla stessa normativa. Il d.lgs. 191/2007 recepisce nell’art. 14 c. 3° la stessa regola dettata, seppure in un modo che più sciattamente generico non si può: «l’identità del o dei riceventi non è rivelata al donatore o alla sua famiglia e viceversa», ma ciò «nel rispetto delle disposizioni vigenti in materia». Resta quindi indeterminato quali siano le «disposizioni vigenti in materia». Non fornisce indicazioni univoche neppure il Regolamento (UE) [continua ..]


NOTE