Jus CivileISSN 2421-2563
G. Giappichelli Editore

Prestito tra privati su piattaforma (di Lara Modica, Professoressa ordinaria di Diritto civile – Università degli Studi di Palermo)


Il saggio analizza il recente fenomeno del peer-to-peer lending, evidenziandone alcune criticità rispetto al problema dei confini con le tradizionali riserve di attività, della ricostruzione del rapporto tra utenti e tra utenti e piattaforma, dei pericoli connessi all'inadeguatezza dell'attuale quadro normativo.

Peer to peer lending

The essay analyzes the recent phenomenon of peer-to-peer lending, highlighting some of its critical issues with respect to the problem of boundaries with activity reserved, the reconstruction of the relationship between users and between users and platform, and the dangers associated with the inadequacy of the current regulatory framework.

COMMENTO

Sommario:

1. Il prestito tra privati su piattaforma e la sua dimensione problematica. - 2. I caratteri dell’operazione. - 3. La struttura dell’operazione. - 4. P2p lending e attività riservate. - 5. Il p2p lending in uno spazio non regolato. - NOTE


1. Il prestito tra privati su piattaforma e la sua dimensione problematica.

Nonostante il prestito tra privati su piattaforma sia un fenomeno recente e dalle proporzioni tutto sommato contenute sia per gli importi erogati sia per le dimensioni del relativo mercato[1] (forse anche per questo poco indagato dalla dottrina e non ancora giunto al vaglio del giudice ordinario[2]), la sua marginalità non lo rende meno insidioso dal punto di vista dei rischi generati né meno interessante nella prospettiva dell’indagine civilistica [3]. Per un verso, e in generale, deve ritenersi tramontata l’idea che scambi di piccolo importo possano dirsi per ciò solo neutri dal punto di vista della portata dell’indebitamento e dei pregiudizi ai consumatori. Non a caso, la appena varata Direttiva 2023/2225/UE (CCD II) relativa ai contratti di credito ai consumatori [4], con il dichiarato scopo di garantire un livello elevato di protezione dei debitori, maggiore trasparenza e maggiore fiducia [5], amplia il suo ambito applicativo ricomprendendovi anche contratti di credito per un importo totale inferiore a 200 euro nonché le operazioni di “buy now pay later”, nuovi strumenti di finanziamento digitali che consentono ai consumatori di effettuare acquisti e di saldarli col tempo senza interessi e senza e spese [6], cui già Banca di Italia aveva riservato attenzione, avvertendo che proprio il basso importo dei beni acquistati, in uno con la facilità di accesso al servizio, potrebbe incoraggiare scelte non del tutto consapevoli esponendo gli utenti al rischio di sovraindebitamento [7]. La digitalizzazione ha invero contribuito a modificare significativamente il mercato, sia sul versante dell’offerta che su quello della domanda, con la comparsa di nuovi prodotti e l’evoluzione del comportamento e delle preferenze del consumatore, sicché sono adesso le modalità di accesso al credito, sempre meno costose e (all’apparenza) meno intermediate a fare da moltiplicatore dei rischi. Per altro verso, il prestito tra privati su piattaforma (d’ora in poi anche peer to peer lending o p2p [8]) rappresenta un angolo di osservazione particolarmente efficace di una serie di questioni che poi si coagulano tutte attorno al grande problema del se, ed eventualmente come e quanto, l’impiego di un algoritmo nel confezionamento del prodotto e nella determinazione delle prestazioni interferiscano con la dialettica debito credito [continua ..]


2. I caratteri dell’operazione.

Per articolare brevemente questo discorso, è indispensabile descrivere anche solo per punti la dinamica concreta dell’operazione, che, nei suoi tratti essenziali, è una forma di finanziamento alternativa a quelle tradizionali connotata da due elementi: su entrambi i lati del mercato operano soggetti privati (è un privato colui che presta, che, in surplus, impiega denaro in vista di un rendimento; è un privato colui che prende, che in deficit., reperisce fondi in cambio di una remunerazione); si tratta di prestito tra privati che nasce, vive e muore tutto su una piattaforma digitale (lending marketplace) la quale agisce in qualità di mandataria con rappresentanza di entrambe le parti in virtù di un contratto quadro che la stessa predispone. Sebbene nulla escluda in astratto che la piattaforma si limiti ad assumere un ruolo defilato, di mera facilitazione dell’incontro fra domanda e offerta di credito, l’esperienza concreta e l’esame della prassi rivelano che un simile schema è pressoché assente nella realtà, almeno in quella italiana [9]. I modelli di business generalmente adottati assegnano infatti alla piattaforma un ruolo egemone durante tutto l’arco della vita del credito, affidandole una complessa e articolata serie di attività che, complessivamente considerate, inducono a ritenere che il peer to peer lending, lungi dal mettere capo a una forma di credito disintermediato, come di primo acchito sembrerebbe, dia luogo piuttosto a un nuovo modello di intermediazione, non meno pervasivo, e forse di più, rispetto a quelli tradizionali. La piattaforma, dopo aver verificato la sussistenza dei criteri di partecipazione in capo agli utenti e consentito l’accesso con pseudonimo ad un’area riservata che abilita all’operatività, compie la valutazione preliminare del merito creditizio dei richiedenti e su tale base li classifica pubblicandone la richiesta. Appena la richiesta di finanziamento diviene visibile, la platea di potenziali finanziatori iscritti può decidere se aderirvi, sulla scorta delle condizioni determinate dalla piattaforma (rischio di credito, durata, tasso di interesse, ammontare, eventuali garanzie) oppure, più frequentemente, l’abbinamento è determinato da un algoritmo proprietario che ripartisce i fondi messi a disposizione dal singolo finanziatore fra più richiedenti [continua ..]


3. La struttura dell’operazione.

La dottrina che si è occupata del tema e l’abf, che in materia ha reso qualche pronuncia, forniscono una descrizione dell’operazione in termini di struttura contrattuale a doppio livello articolata in un contratto quadro che prenditore e prestatore, ognuno per sé, stipulano con la piattaforma secondo le cadenze proprie della contrattazione per adesione e a valle un contratto di mutuo tra pari[13]. Un inedito triangolo contrattuale[14] dunque, che avrebbe come obliqui i due contratti quadro che ciascun utente conclude con la piattaforma e per base il rapporto negoziale intercorrente fra utenti [15]. È questa («i singoli prestiti danno vita a contratti di prestito tra prestatore e richiedente» [16]) la fisionomia dell’operazione restituita dalla lettura dei testi contrattuali redatti dai maggiori operatori del settore facilmente reperibili online [17], che programmaticamente enunciano l’estraneità della piattaforma rispetto alla vicenda debito credito insistendo sulla piena e assoluta titolarità dell’utente delle somme giacenti sui conti di pagamento, patrimonio distinto a ogni effetto da quello della piattaforma; soprattutto, ribadendo che la piattaforma «non esercita l’attività di raccolta di risparmio tra il pubblico – che è riservata alle banche – e pertanto non ha un obbligo di rimborso delle somme ricevute dagli utenti» [18]. Argomenti funzionali alla professione di terzietà della piattaforma rispetto ai rapporti tra prestatore e richiedente, che ha una prima conseguenza di immediata percezione: il rapporto di mutuo sfugge al perimetro applicativo di qualsivoglia disciplina di protezione per difetto dei presupposti soggettivi, dal momento che il finanziatore è creditore non professionista e la piattaforma è professionista non creditore; con la ulteriore conseguenza che, se dal lato passivo c’è un consumatore, di certo non potrà giovarsi delle cautele che generalmente gli sono dedicate dalla disciplina del credito ai consumatori. È pero, più in generale, l’idea che ci si trovi davvero davanti a un contratto di mutuo e, ancor prima, di un contratto tout court, a suscitare perplessità perché si scontra con alcune eccentricità difficilmente riducibili [19]. Anzitutto, il rapporto tra privati è caratterizzato da una [continua ..]


4. P2p lending e attività riservate.

Riguardata l’operazione dal punto di vista squisitamente economico, la piattaforma svolge un’attività che non è molto diversa dalla «raccolta del risparmio» e di «esercizio del credito», espressioni «volutamente e giustamente atecniche» che evocano la sequenza «denaro (acquisizione o concessione della disponibilità di) – tempo – denaro (restituzione del), così essendo il danaro, la moneta, l’inizio e il termine dell’operazione»[26]. Assumendo una prospettiva di analisi funzionale, anche la distinzione tra le fattispecie implicanti attività di acquisizione di fondi con obbligo di rimborso e quelle in cui detto obbligo è escluso risulta più sfuggente e di sicuro va condotta tenendo in secondo piano la configurazione giuridica che l’operazione assume siccome ideata, confezionata e offerta dalla piattaforma, dovendosi invece privilegiare la complessiva struttura finanziaria concretamente posta in essere, al di là di ogni (autoreferenziale) qualificazione formale[27]. Se, nella prospettiva di analisi indicata, certo spinta ma forse plausibile, le piattaforme erogano il credito e raccolgono il risparmio senza essere banche, rischiano di muoversi ai confini delle tradizionali riserve stabilite dalla legge e probabilmente oltre i margini della legalità [28]. Il pericolo di una sistematica violazione della riserva di raccolta del risparmio presso il pubblico ha mosso Banca d’Italia a fornire alcune precisazioni in tema di raccolta non bancaria del risparmio [29], volte a chiarire che l’operatività dei gestori dei portali online che prestano o raccolgono fondi è consentita purché si svolga nel rispetto delle norme che regolano le attività riservate dalla legge a particolari categorie di soggetti (attività bancaria, raccolta del risparmio presso il pubblico, concessione di credito nei confronti del pubblico, mediazione creditizia, prestazione dei servizi di pagamento) [30]. Ribadito in linea di principio il generale divieto di raccolta del risparmio tra il pubblico, Banca d’Italia consente tuttavia alcune deroghe all’art. 11 TUB, precisando, quanto ai gestori, che non costituisce raccolta di risparmio tra il pubblico la ricezione di fondi da inserire in conti di pagamento utilizzati esclusivamente per la prestazione dei servizi di pagamento [continua ..]


5. Il p2p lending in uno spazio non regolato.

Il peer to peer lending occupa uno spazio attualmente non regolato. Pur manifestando – almeno quando fondato sui sofisticati modelli di business fin qui descritti – evidenti affinità con la «gestione individuale di portafogli di prestiti» anche nella forma dell’«autoinvestimento», risulta espressamente escluso dal recente regolamento sul crowdfunding [35], il quale tuttavia non pare affrontare problemi radicalmente diversi da quelli posti dal p2c lending, sicché, ferma l’opportunità di una specificazione delle regole quando entrino in gioco i consumatori e un adattamento delle norme a tutela degli «investitori non sofisticati», avrebbe potuto rappresentare una utile occasione per disciplinare il fenomeno, tanto più ove l’assimilazione si fosse incaricata di ridurre i tratti che separano allo stato crowdlendig alle imprese e rapporti p2p quanto, per esempio, a necessità di un progetto, anonimato, discrezionalità del gestore. D’altro canto, nel corso dei lavori preparatori che hanno condotto all’adozione della nuova direttiva di credito ai consumatori si era avvistato il problema [36] ma il Consiglio dell’Unione europea ha poi approvato un orientamento generale con il quale, tra l’altro, si pronunciava sulla inopportunità di includere i «servizi di prestito tramite crowdfunding diretto tra pari in un atto relativo alla protezione dei consumatori (riguardante le relazioni B2C)», proponendo «che tale tipo di prestito sia preso in considerazione in un atto separato» [37]. L’art. 46, § 2, del testo definitivo della nuova direttiva affida in effetti alla Commissione il compito di valutare, entro il 20 novembre 2025, la necessità di tutelare i consumatori che sottoscrivono prestiti e investono attraverso piattaforme di crowdfunding, quali definite all’articolo 2, paragrafo 1, lettera d), del regolamento (UE) 2020/1503, qualora tali piattaforme non agiscano in qualità di creditori o intermediari del credito ma facilitino la concessione di un credito fra consumatori. Certo, rimane – per quanto attiene ai rapporti tra utente e piattaforma – la rete di protezione delle discipline orizzontali, anzitutto pratiche commerciali e clausole vessatorie [38] (destinata ad arretrare, come si è detto, rispetto al contratto a valle, che non [continua ..]


NOTE