Jus CivileCC BY-NC-SA Commercial Licence ISSN 2421-2563
G. Giappichelli Editore

La sanabilità della nullità: ipotesi particolari (di Giorgia Vulpiani, Ricercatrice di Diritto privato – Università degli Studi di Macerata)


Il saggio affronta la questione della sanabilità della nullità attraverso l’analisi di diverse fattispecie in cui si riscontrano meccanismi di sanatoria dell’atto. Nell’ambito dell’indagine si sottopone a vaglio critico l’interpretazione restrittiva dell’art. 1423 c.c., aderendo ad una lettura in chiave assiologico-sistematica della norma. La ricaduta applicativa di tale impostazione viene in rilievo, in modo particolare, in quelle ipotesi in cui manchi una espressa previsione normativa nel senso della sanabilità.

Validation of void contracts: particular hypothesis

The essay focuses on the issue of the validation of nullity through the analysis of various cases in which there are mechanisms for the validation of the act. The investigation critically examines the restrictive interpretation of Article 1423 of the Civil Code, in adherence to an axiological-systematic interpretation of the rule. The application of this approach is particularly relevant in those cases where there is no express legal provision in the sense of validation.

SOMMARIO:

1. La sanabilità del contratto nullo e l’art. 1423 c.c. - 2. Sanabilità e recupero degli effetti del contratto nullo nel codice civile: conferma ed esecuzione volontaria delle disposizioni testamentarie e delle donazioni nulle. - 3. Contratto di lavoro nullo e pubblicità sanante. - 4. La questione della sanabilità nelle nullità di protezione. - 5. La sanabilità nel codice dei beni culturali. - 6. La sanabilità delle nullità urbanistiche. - 7. Edilizia residenziale pubblica e affrancazione. - 8. Considerazioni conclusive. - NOTE


1. La sanabilità del contratto nullo e l’art. 1423 c.c.

Il contratto nullo, salvo espressa disposizione legislativa, è considerato tradizionalmente insanabile. In considerazione dell’odierno atteggiarsi della nullità, tuttavia, è stata posta in dubbio la tenuta dell’insa­nabilità del contratto come tratto tipico della nullità[1].

Il mutamento dell’assetto delle patologie negoziali, avvenuto a seguito dell’importante evoluzione legislativa in tema, impone, infatti, una lettura funzionale della nullità tesa alla valorizzazione e valutazione degli interessi coinvolti. Si pensi alla nullità di protezione che, differentemente dalla nullità tradizionale, è volta alla tutela di un interesse particolare, con il conseguente regime processuale che condiziona l’invalidazione alla volontà del soggetto tutelato. L’interesse particolare non implica, però, l’esclusione del rilievo d’ufficio, essendo la tutela del soggetto debole espressione di un interesse generale, così come precisato dalle Sezioni Unite nn. 26242 e 26243 del 2014 in tema [2]. Nelle note pronunce, in particolare, la Cassazione ha distinto tra rilievo – sempre ammissibile e necessario – e dichiarazione – condizionata all’interesse concreto della parte tutelata. Qui si inserisce, peraltro, la questione relativa alla possibilità o meno di ammettere la sanabilità del contratto nel caso in cui il soggetto legittimato, in seguito al rilievo d’ufficio, non voglia procedere nel senso della dichiarazione di nullità. Si pensi, ancora, alla lettura in chiave funzionale del requisito della forma nei contratti del mercato finanziario e alle conseguenze in tema di validità-invalidità-impugnabilità [3]; profili che si riverberano sul problema della sanabilità del negozio. Nel contesto attuale, la nullità del contratto non può, dunque, essere concepita come un istituto statico, ma come un sistema dinamico, relativo, che può adattarsi, senza essere frustrato, alla complessità del diritto vivente.

Primo riferimento normativo da cui muovere è l’art. 1423 c.c. che nel predicare l’impossibilità di convalidare la nullità, fa salva l’espressa previsione normativa. Da una rapida lettura della norma si ricava, dunque, che l’inammissibilità della convalida costituisca la regola, suscettibile tuttavia di eccezione ove espressamente previsto dalla legge. Di qui il dogma della insanabilità del contratto nullo, che secondo parte della dottrina non sarebbe superato neanche alla luce delle “nuove nullità” [4]. Ora, se da un lato, questa lettura può apparire in linea con l’indisponibilità dell’interesse generale presidiato dalla nullità, e dunque anche con la possibilità per il giudice di rilevare d’ufficio la nullità in ogni caso, anche ove si tratti di nullità di protezione, dall’altro, risulterebbe sbrigativo, limitarsi ad un’interpretazione ancorata esclusivamente alla lettera della disposizione sulla scorta dell’antico brocardo in claris non fit interpretatio [5].

Opportuna appare una lettura dell’art. 1423 c.c. alla luce del sistema nel suo complesso, in un’ottica assiologico-sistematica che dia effettivo valore agli interessi sottesi [6].

Questo tipo di lettura, attenta agli interessi del caso concreto e tesa a storicizzare e relativizzare le categorie, sconfessa il dogma dell’inconvalidabilità delle nullità.

Non sempre, infatti, la caducazione del contratto è il rimedio più adeguato alla tutela delle parti. In tale ottica, autorevole dottrina ritiene che i casi di sanabilità del negozio nullo non siano esclusivamente quelli espressamente previsti dal legislatore, ma possano anche ricavarsi in via interpretativa [7]. Il rinvio dell’art. 1423 c.c. ai casi previsti dalla legge può, dunque, essere inteso sia come riferimento ad espresse disposizioni legali, sia come richiamo ai casi in cui la convalida si presenti come «conseguenza dell’ordinamento», dato che il diritto ed il sistema non coincidono con la legge [8]. La sanabilità del contratto nullo può, pertanto, configurarsi non solo per espressa previsione normativa, ma anche come «conseguenza del bilanciamento dei principi e valori normativi vigenti, nonché della valutazione comparativa degli interessi coinvolti» [9].

Diverse sono le ipotesi di sanatoria del negozio nullo rinvenibili nel nostro ordinamento sia all’interno del codice civile sia nelle norme extracodicistiche: conferma ed esecuzione volontaria del testamento e delle donazioni nulle (artt. 590, 799 c.c.); conferma delle nullità urbanistiche (art. 46 d.p.r. 6 giugno 2001, n. 480); sanabilità dei contratti che hanno ad oggetto l’alienazione dei beni culturali (d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42). Con riguardo al recupero degli effetti dell’atto si fa riferimento anche all’art. 2126 c.c. e al meccanismo di cui all’art. 2652, n. 6, c.c. Vi sono, inoltre, diverse pronunce in cui si ammette la possibilità di sanare il contratto nullo, come nel caso della registrazione sanante “per adempimento” del contratto di locazione [10].

Fattispecie interessante riguarda, infine, la particolare procedura di affrancazione, nell’ambito dell’edili­zia residenziale pubblica.


2. Sanabilità e recupero degli effetti del contratto nullo nel codice civile: conferma ed esecuzione volontaria delle disposizioni testamentarie e delle donazioni nulle.

La prima ipotesi su cui soffermarsi riguarda la conferma e l’esecuzione volontaria delle disposizioni testamentarie e delle donazioni nulle[11]. Genericamente infatti, in tema di riserva di cui all’art. 1423 c.c., si fa riferimento agli artt. 590 e 799 c.c.

L’art. 590 c.c. stabilisce come la nullità della disposizione testamentaria, da qualunque causa dipenda, non possa essere fatta valere da chi, conoscendo la causa della nullità, abbia, dopo la morte del testatore, confermato la disposizione – e si parla in questo caso di conferma espressa [12] – o dato ad essa volontaria esecuzione – trattandosi in quest’ipotesi di conferma tacita [13].

Quanto alla natura giuridica della conferma, un primo orientamento afferma che l’art. 590 c.c. integri uno dei casi in cui sarebbe ammessa la convalida del negozio nullo ai sensi dell’art. 1423 c.c. [14]. Tesi disattesa da altra dottrina, secondo la quale la conferma e la volontaria esecuzione delle disposizioni nulle non hanno alcuna efficacia sanante, ma precludono semplicemente la possibilità di agire in giudizio per far valere la causa di invalidità [15], con la conseguenza che il testamento non verrebbe sanato, ma si produrrebbe soltanto una preclusione all’azione di nullità da parte di coloro che hanno confermato o eseguito le disposizioni invalide, restando il testamento impugnabile da parte degli altri eventuali interessati a far valere la nullità. Un’ulteriore ricostruzione fa rientrare la conferma tra le ipotesi di adempimento di una obbligazione naturale, ravvisabile nel dovere morale e sociale di rispettare ed attuare le ultime volontà del de cuius [16]. Diversa tesi ricostruisce la conferma come un negozio giuridico autonomo rispetto al testamento che costituirebbe la fonte e la causa giustificativa della conseguente attribuzione patrimoniale dal confermante nei confronti del chiamato. Si produrrebbe, così, una doppia vicenda attributiva: una mortis causa che realizza la successione dal de cuius all’erede o avente causa confermante; la seconda inter vivos, che realizza un’attribuzione da questi soggetti al beneficiario della disposizione nulla come conseguenza della conferma [17].

Il meccanismo di cui all’art. 590 c.c. incontra, però, diversi limiti. Si pensi al testamento la cui nullità derivi da mancanza di volontà, come nei casi di violenza fisica, dichiarazione ioci causa, riserva mentale e simulazione assoluta [18]. La conferma non potrebbe operare neanche nei casi di testamento falso [19], disposizioni fatte in favore di soggetto indicato in modo da non poter essere indeterminato, oggetto indeterminabile, mancanza di causa, illiceità del motivo determinante e contrarietà a norme imperative, ordine pubblico e buon costume [20]. Insuscettibili di conferma si ritengono, inoltre, le ipotesi di sostituzione fedecommissaria oltre i limiti consentiti (art. 692 c.c.), le disposizioni a favore dell’indegno [21], il testamento reciproco [22].

Questione interessante riguarda la conferma o esecuzione volontaria del testamento da parte del legittimario leso. Com’è noto, infatti, in tema di disposizioni lesive della legittima, il rimedio predisposto dall’ordi-namento non è la nullità, bensì l’azione di riduzione [23]. Occorre, pertanto, interrogarsi sulla valenza della conferma di un testamento valido impropriamente possa in essere dal legittimario. Parte della dottrina ritiene che tale conferma possa valere come rinunzia all’azione di riduzione, ove il confermante sia a conoscenza della lesione [24]. Parimenti varrebbe come rinunzia all’azione di riduzione anche la conferma dell’atto nullo che provenga dal legittimario.

Oggetto di recente dibattito è, inoltre, la prospettabilità della conferma di un testamento redatto su supporti informatici [25]. L’analisi complessiva delle norme poste a presidio della volontà post mortem del testatore, condotta in prospettiva assiologico-funzionale, porterebbe a non escludere tale possibilità, ove si dimostri che quello sia stato l’unico modo in grado di offrire tutela alla volontà di un soggetto che non poteva in altro modo manifestarla [26] e l’assenza di qualsivoglia furto o manomissione dell’account del soggetto, sì da ricondurre con certezza le diposizioni al suo effettivo e reale autore [27].

Meccanismo analogo a quello previsto dall’art. 590 c.c. è previsto in materia di donazioni. L’art. 799 c.c. dispone, infatti, che la nullità della donazione, da qualunque causa dipenda, non possa essere fatta valere dagli eredi o aventi causa del donante che, conoscendo la causa di nullità, abbiano, dopo la morte di lui, confermato o dato volontaria esecuzione alla donazione.

La norma risponde alla stessa ratio di tutela della volontà del de cuius sottesa all’art. 590 c.c., ma, a differenza di questa, indica espressamente i soggetti legittimati alla conferma: gli eredi e gli aventi causa del donante. Il donante non può, invece, sanare la donazione nulla, ma potrà solo porre in essere un nuovo atto. Quanto alla natura giuridica, si sono prospettate le stesse ricostruzioni teoriche emerse in caso di conferma ed esecuzione volontaria delle disposizioni testamentarie nulle: eccezione al divieto di convalida [28]; rinuncia all’azione di nullità [29]. Nonostante la lettera della legge preveda che la donazione nulla sia confermabile «da qualunque causa dipenda», parte della dottrina ritiene che non possa essere sanata la donazione con causa illecita [30]. Non sanabili, in quanto non sorrette da una volontà effettiva del donante, sarebbero anche donazioni false o simulate, con oggetto indeterminato [31] o nulle per violenza fisica [32]. La giurisprudenza ha, però, affermato la possibilità di confermare una donazione orale [33]. Perché possa procedersi alla conferma, è innanzitutto necessario che la volontà di donare sia rimasta sino alla morte del donante, in quanto ove il donante stesso, attraverso un successivo atto tra vivi o testamento, abbia disposto del bene precedentemente ed invalidamente donato, non potrebbe discorrersi di conferma o esecuzione volontaria, poiché difetterebbe l’intento liberale del donante, venuto meno con il successivo atto valido [34]. È, inoltre, necessario che sussistano la volontà degli eredi e aventi causa del donante di attribuire efficacia all’atto invalido e la conoscenza della causa di nullità [35]. Pertanto, la conferma deve contenere la menzione della donazione nulla, della causa di nullità e della volontà di sanare il negozio nullo. Peraltro, una donazione compiuta dal rappresentante privo di potere non potrebbe essere ratificata né convalidata dagli eredi del donante, atteso che l’art. 1399 c.c. non è applicabile alla donazione e che la convalida ai sensi dell’art. 799 c.c. presuppone una donazione nulla, ma compiuta personalmente dal donante [36].

La conferma va, dunque, distinta dalla convalida dal punto di vista della legittimazione a porre in essere i due atti. Infatti, in un caso il potere di confermare non spetta a colui che ha perfezionato il negozio, il quale potrebbe solo rinnovare l’atto [37], ma agli eredi o aventi causa del de cuius o del donante, nell’altro, invece, il potere di convalida spetta al soggetto che sarebbe legittimato all’impugnativa negoziale.


3. Contratto di lavoro nullo e pubblicità sanante.

L’art. 2126 c.c. plasma il regime della nullità generale in funzione protettiva del prestatore di lavoro, al fine di garantire allo stesso la titolarità dei diritti nascenti dal contratto invalido e dal rapporto che ne scaturisce per effetto della sua esecuzione.

La norma stabilisce, infatti, che la nullità (o l’annullamento) del contratto di lavoro non produca effetto per il periodo in cui il rapporto ha avuto esecuzione, salvo che la nullità derivi dall’illiceità dell’oggetto o della causa. Il principio generale secondo cui la nullità del contratto fa sorgere l’obbligo della restituzione delle prestazioni ricevute viene, pertanto, qui accantonato. Ed in effetti il lavoratore, se, da un lato, potrebbe restituire la retribuzione ricevuta, dall’altro, non potrebbe avere indietro le energie ed il tempo utilizzato per la prestazione lavorativa e, dunque, la nullità darebbe il via ad un ingiustificato arricchimento del datore di lavoro.

L’art. 2126, tuttavia, non equipara il contratto invalido a quello valido, ma disciplina unicamente gli effetti già realizzatisi di un rapporto di fatto svoltosi tra le parti [38].

Il rapporto di lavoro ha, quindi, un’efficacia limitata al periodo in cui esso ha avuto attuazione, al fine di evitare che la pronuncia di nullità possa incidere sulla prestazione lavorativa già svolta. Il lavoratore ha pertanto diritto non solo alla retribuzione, ma anche allo stesso trattamento che gli sarebbe spettato in caso di contratto valido e ciò anche in considerazione di quanto previsto dall’art. 36 Cost. Si pensi al trattamento di fine rapporto [39], all’indennità sostitutiva del preavviso [40], all’indennità per causa di morte e ad ogni altro emolumento previsto dalla contrattazione collettiva, compreso il trattamento previdenziale ed il risarcimento dei danni per la mancata contribuzione previdenziale [41].

Nel caso di cui all’art. 2126 c.c. non può, dunque, parlarsi di sanabilità del contratto nullo, poiché il contratto invalido non diviene valido. La norma prevede, infatti, un particolare meccanismo per cui il contratto invalido produce effetti con riferimento a quanto dovuto al lavoratore per la prestazione svolta, in virtù della peculiarità degli interessi che vengono in rilievo.

Parimenti, non si può di sanabilità nel caso dell’impropriamente detta pubblicità sanante di cui all’art. 2652, n. 6, c.c.: al terzo di buona fede che abbia trascritto il titolo prima della trascrizione della domanda di nullità non è opponibile la nullità, se la domanda volta a far dichiarare l’invalidità è stata trascritta dopo cinque anni dalla trascrizione dell’atto nullo da parte del terzo [42]. La pubblicità sanante si sostanzia, dunque, in uno strumento utile a consentire la circolazione dei beni in base al principio di tutela dell’affidamento dei terzi. Ma in realtà, e qui viene in rilievo l’inadeguatezza del sintagma “pubblicità sanante”, il titolo originariamente invalido rimane tale e la pubblicità interviene solo al fine di conservare il titolo del terzo subacquirente [43]. L’art. 2652 n. 6 non si pone, pertanto, come ipotesi di convalida o conferma dell’atto che resta invalido, ma costituisce una fattispecie complessa volta a derogare al principio di retroattività della nullità e tutelare l’acquisto del terzo di buona fede e la certezza dei traffici giuridici. Occorre, tuttavia, chiedersi se il meccanismo appena delineato possa applicarsi a qualsiasi tipo di nullità, non operando la norma alcuna distinzione. Si pensi ad un contratto nullo per contrarietà all’ordine pubblico costituzionale o ad una nullità che discende dall’incommerciabilità, anche temporanea, dell’oggetto. In questi casi, secondo una lettura funzionale delle norme, la gravità della violazione dovrebbe indurre l’interprete ad escludere l’applicabilità del meccanismo di salvezza dell’acquisto del terzo di buona fede.


4. La questione della sanabilità nelle nullità di protezione.

Il problema della sanabilità si pone in modo particolare con riguardo alle nullità di protezione, caratterizzate dalla riserva della legittimazione all’azione alla parte tutelata dalla norma e la – apparentemente dissonante – rilevabilità ex officio, con dichiarazione parametrata all’interesse concreto del contraente protetto.

Profilo di particolare importanza riguarda proprio il rapporto tra rilevazione/dichiarazione della nullità di protezione e convalida.

Innanzitutto, va ricordata la soluzione delle note Sezioni Unite del 2014 [44], secondo le quali la nullità è sempre rilevabile d’ufficio, ma, in caso si tratti di nullità di protezione, il giudice può dichiararla solo nell’interesse della parte tutelata. Se, infatti, il giudice rileva la nullità di una singola clausola e la indica alla parte tutelata, questa conserva la facoltà di non avvalersene, potendo chiedere che la causa sia decisa nel merito, perché, ad esempio, rientra nel suo interesse conservare il rapporto contrattuale o la clausola stessa. In questo caso, dunque, il giudice, indicata la nullità alla parte debole, non potrà anche dichiararla, nemmeno in via incidentale.

In tale contesto, particolare importanza rivestono le questioni dell’individuazione dell’oggetto del giudizio e dei limiti del giudicato.

Quanto al primo profilo, nelle citate sentenze delle Sezioni Unite si afferma che «nelle azioni di impugnativa negoziale l’oggetto del giudizio è costituito dal negozio, nella sua duplice accezione di fatto storico e di fattispecie programmatica, e con esso dal rapporto giuridico sostanziale che ne scaturisce», dal quale il giudizio non può prescindere, in funzione di un definitivo accertamento dell’idoneità della convenzione contrattuale a produrre tanto l’effetto negoziale suo proprio, quanto i suoi effetti finali. A sostegno di tale impostazione, si precisa che il riferimento alla struttura negoziale originaria (negozio/fatto storico) e alla fattispecie programmatica in esso contenuta è conseguenza del potere di indagine del giudice su qualsivoglia ragione, morfologica e funzionale, di nullità contrattuale. Il riferimento al rapporto negoziale sarebbe, inoltre, conseguenza naturale del tipo di azione esperita dall’attore: nelle domande di risoluzione e adempimento, oggetto di contesa è la distonia funzionale del sinallagma, da cui deriverebbe la necessità di valutare insieme la dimensione statica (il negozio) e quella dinamica (il rapporto) della fattispecie, mentre le domande di annullamento e rescissione postulerebbero un giudizio sul binomio invalidità/efficacia temporanea dell’atto che, a sua volta, non potrebbe prescindere dalla preliminare indagine sull’eventuale nullità dell’atto.

Quanto al giudicato, le Sezioni Unite cercano di fornire una soluzione volta a coniugare i valori della celerità e speditezza del processo con l’esigenza di una decisione tendenzialmente volta al definitivo consolidamento della situazione sostanziale dedotta in giudizio e di «un sistema che eviti di trasformare il processo in un meccanismo potenzialmente destinato ad attivarsi all’infinito».

L’indagine sui limiti del giudicato muove da una primaria duplice distinzione: a) a seconda del tipo di sentenza pronunciata (di accoglimento o di rigetto); b) a seconda del tipo di comportamento tenuto dal giudice nell’estensione della motivazione (mancata rilevazione, rilevazione senza dichiarazione).

L’espresso accertamento contenuto nella motivazione della sentenza è idoneo a produrre, anche in assenza di un’istanza di parte, l’effetto di giudicato sulla nullità del contratto in mancanza di impugnazione sul punto, mentre la mancanza di qualsivoglia rilevazione/dichiarazione della nullità in sentenza è idonea – in linea generale – a costituire l’effetto di giudicato implicito sulla validità del contratto. Più in particolare, distinguendo le ipotesi di rilevazione/non rilevazione e di accoglimento o rigetto, in presenza della rilevazione ex officio della nullità, si prospettano diverse ipotesi:

  1. a) la parte propone domanda di accertamento della nullità del contratto, in via principale o incidentale, e allora il giudice dovrà pronunciarsi sulla domanda di nullità e l’accertamento sarà idoneo al giudicato sulla nullità negoziale;
  2. b) le parti si limitano, in sede di precisazione delle conclusioni, a confermare la domanda originariamente proposta. Qualora il giudice rigetti tale domanda sic et simpliciter, non potendo in ipotesi pronunciare la risoluzione, l’annullamento o la rescissione di un contratto nullo, dovrà dichiarare in motivazione di aver fondato il rigetto sulla rilevata nullità negoziale; ciononostante l’accertamento/dichiarazione della nullità sarà idoneo alla formazione del giudicato, in sostanziale applicazione della teoria, di matrice tedesca, del cd. vincolo al motivo portante[45]. Peraltro, se si ammette che, in motivazione, il giudice possa in modo non equivoco affrontare e risolvere, dichiarandola, la tematica della validità/nullità del negozio, non sarà limitato ai soli segmenti del rapporto sostanziale dedotti in giudizio in tempi diversi, ma si estenderà a tutti i successivi processi in cui si discuta di diritti scaturenti dal contratto dichiarato nullo. Di qui la necessità di discorrere di oggetto del processo non soltanto in termini di rapporto, ma anche di negozio fatto storico/fattispecie programmatica. Si eviterebbe, così, il riferimento ai “diritti ed effetti strettamente collegati al giudicato di rigetto da nessi funzionali di senso giuridico”, che renderebbe assai arduo il compito del giudice di merito. La sostanziale differenza di tale ipotesi rispetto ad un accertamento pleno iure della nullità negoziale si coglierebbe sotto l’aspetto della trascrizione e della (in)opponibilità ai terzi dell’effetto di giudicato: l’attore che voglia munirsi di un titolo utile a tali fini dovrà, difatti, formulare, in quello stesso processo, una domanda di accertamento, in via principale o incidentale, della nullità come rilevata dal giudice.
  3. c) a seguito della rilevazione officiosa del giudice di una nullità speciale, la parte tutelata non propone domanda di accertamento della nullità e chiede al giudice di pronunciarsi sulla domanda originaria. Il giudice rigetta o accoglie la domanda, pronunciandosi soltanto su questa e quindi, pur dovendo rilevare (rectius indicare) la nullità di protezione in corso di giudizio, non potrà dichiararla nemmeno in motivazione. Non vi sarà, pertanto, alcun accertamento della nullità speciale in sentenza.
  4. d) le parti, a fronte della rilevazione officiosa, non propongono domanda di accertamento della nullità, chiedendo al giudice di pronunciarsi sulla domanda originaria, e questi si convince in sede decisoria – re melius perpensa – che la nullità sottoposta al contraddittorio nel corso del giudizio non sussiste. In tal caso, si formerà un giudicato implicito sulla non-nullità del contratto, la cui validità non potrà più essere messa in discussione tra le parti in un altro processo, non avendo le parti stesse – pur potendo – formulato alcuna domanda di accertamento incidentale nel corso del giudizio nemmeno a fronte della rilevazione ufficiosa e non essendo, pertanto, loro consentito di venire contra factum proprium, se non abusando del proprio diritto e del processo; abuso il cui divieto assumerebbe rilevanza costituzionale ex 54 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea.
  5. e) il giudice accoglie la domanda di adempimento, risoluzione, rescissione o annullamento: la pronuncia sarà idonea alla formazione del giudicato implicito sulla validità del negozio, fatta salva la possibilità che la nullità sia rilevata in appello.
  6. f) il giudice rigetta la domanda di adempimento, risoluzione, rescissione o annullamento: si formerà il giudicato implicito sulla validità del negozio, salvo il caso in cui la decisione risulti fondata sulla ragione cd. più liquida e qualora il giudice in motivazione si pronunci non equivocamente nel senso della validità del negozio. Nel caso di rigetto della domanda di accertamento della nullità del contratto, ovvero di accertamento della non-nullità dello stesso, il giudicato impedirà una nuova proposizione della domanda di nullità sulla base di altre ragioni di nullità negoziale.

Ciò chiarito, occorre ora interrogarsi sui riflessi della citata ricostruzione giurisprudenziale sulla questione della convalidabilità delle nullità di protezione.

In tema, una parte della dottrina nega ogni possibilità di convalida del contratto nullo, facendo perno, da un lato, su una lettura restrittiva dell’art. 1423 c.c. – evidenziando, dunque, l’assenza di un’espressa previsione di legge che indichi la possibilità di convalidare le nullità di protezione – e, dall’altro, sul rischio che l’ammissione della convalida esporrebbe il contraente debole alle eventuali pressioni del soggetto più forte [46].

In senso opposto, altra tesi ammette la convalida delle nullità di protezione, facendo perno sulla relatività della legittimazione ad agire che implicherebbe l’assoluta possibilità per il contraente debole di scegliere se invalidare o convalidare l’atto [47]. Si precisa, tuttavia, che una dichiarazione sanante non potrebbe validamente essere espressa dal contraente debole prima del momento in cui divenga attuale l’esercizio del diritto disciplinato dalla clausola o dal negozio nulli, in quanto solo allora il contraente tutelato sarà dotato della consapevolezza necessaria [48]. Coloro che criticano questa ricostruzione affermano che essa non tenga in dovuta considerazione la differenza tra rinunzia all’azione e sanatoria del negozio, confondendo due piani logicamente distinti [49]. Si afferma, infatti, che riservare ad una sola parte la possibilità di scegliere se agire per il rimedio o no non comporta automaticamente uno speculare potere di convalida, che implicherebbe un’assoluta disponibilità dell’interesse sotteso alla nullità. Nullità che è posta a tutela non solo della particolare posizione del soggetto debole, ma di un generale interesse alla correttezza degli scambi.

Una terza ricostruzione, in posizione intermedia, non esclude né ammette in via assoluta la convalida delle nullità di protezione, affrontando la questione in chiave sistematico-funzionale ed operando una distinzione basata sul tipo di vizio, strutturale o funzionale, determinante la nullità [50]. In tale contesto vengono in rilievo la distinzione tra negozio illecito e negozio illegale [51] e la valorizzazione in senso qualitativo e non quantitativo (privato-pubblico) degli interessi, soprattutto con riferimento alle nullità di protezione, volte alla tutela di interessi generali e particolari insieme. Tale dottrina, pertanto, ammette la convalida della nullità ove l’interesse finale protetto dalla norma venga soddisfatto o comunque non venga frustrato dalla sanatoria del contratto invalido, attuando comunque una rimozione concreta del vizio invalidante.

Va osservato che, come evidenziato dalla dottrina [52], i citati precedenti delle Sezioni Unite sembrano intendere la rilevazione d’ufficio in un’accezione del tutto particolare, ovvero intendendola come mera segnalazione alle parti del vizio di nullità, anziché come autoritativo potere di tener conto del vizio ai fini della decisione, a prescindere dal richiesto delle parti.

In altre parole, se si seguisse alla lettera l’impostazione proposta dalla giurisprudenza di legittimità il rilievo ufficioso della nullità di protezione risulterebbe meramente apparente, potendosi addivenire alla dichiarazione di detta nullità solo in presenza della manifestazione d’interesse proveniente dalla parte protetta. Ed in quest’ottica, allora, si potrebbe ritenere che il difetto della manifestazione di volontà della parte o l’opposizione della stessa alla declaratoria d’invalidità del contratto possano essere qualificati come fattispecie sananti/convalidanti che vengono a realizzarsi in ambito processuale e che spiegano un’efficacia impeditiva del potere-dovere del giudice di dichiarare la nullità del contratto [53].


5. La sanabilità nel codice dei beni culturali.

Un particolare meccanismo di sanatoria del contratto nullo è previsto con riguardo ai contratti di alienazione che hanno ad oggetto dei beni culturali[54].

Perché l’alienazione dei beni culturali sia valida è necessario che vengano rispettate le previsioni contenute nel d.lgs. n. 42 del 2004 [55], a pena di nullità del contratto. L’art. 164 prevede, infatti, la nullità delle alienazioni e delle convenzioni poste in essere in contrasto con quanto prescritto dal c.b.c.: l’autorizzazione preventiva alla commercializzazione ex artt. 55 e 56 da parte del Ministero (per i beni culturali immobili appartenenti al demanio culturale e non rientranti tra quelli elencati nell’art. 54, 1 co.); l’obbligo di denuncia al Ministero (per gli altri beni culturali), nel termine perentorio di trenta giorni dalla data dell’atto, del trasferimento della proprietà o della destinazione di beni culturali di cui all’art. 59 [56].

Tale norma prescrive che gli atti che trasferiscono, a qualsiasi titolo, la proprietà o la detenzione di beni culturali devono essere denunciati [57], nel termine di trenta giorni, al Ministero. Obbligati a tale denuncia sono, oltre all’alienante, anche l’acquirente (nel caso in cui il trasferimento sia avvenuto nell’ambito di procedure di vendita forzata o fallimentare ovvero in forza di sentenza che produca gli effetti di un contratto di alienazione non concluso) e l’erede o il legatario in caso di successione a causa di morte [58].

Gli artt. 60 ss. prevedono, poi, una prelazione – la c.d. prelazione artistica – del Ministero, delle Regioni o altri enti pubblici interessati per l’acquisto dei beni di interesse storico o culturale alienati o conferiti in società [59].

Tale prelazione deve essere esercitata dall’ente interessato nel termine di sessanta giorni dalla ricezione della denuncia di cui all’art. 59 c.b.c. e, nei casi in cui questa sia stata omessa o presentata tardivamente o incompleta, il termine è di centottanta giorni dalla denuncia tardiva. Si tratta di una prelazione peculiare, in quanto interviene a contratto già concluso, mentre – com’è noto – negli altri casi di prelazione l’alienante comunica l’intenzione di trasferire il bene prima dell’effettivo compimento dell’atto. Il diritto di prelazione si sostanzia in un diritto ad essere preferiti, a parità di condizioni, nella conclusione di un futuro contratto; caratteristiche che, come evidenziato dalla dottrina [60], non ricorrono nel caso della prelazione artistica. In particolare, il difetto della par condicio si giustificherebbe in ragione degli interessi pubblici di rango costituzionale, quali la conservazione e la valorizzazione del patrimonio artistico di cui all’art. 9 Cost., tutelati dal codice dei beni culturali [61]. Un’altra differenza riguarda gli effetti: nel caso della prelazione legale “classica” se il prelazionario non è messo in grado di esercitare il proprio diritto può esercitare una tutela reale, riscattando il bene [62]; nella prelazione artistica se al ministero (o altro ente) non viene notificato l’atto di disposizione del bene culturale, è previsto il rimedio della nullità del negozio. Peraltro, secondo la giurisprudenza amministrativa, ai sensi degli artt. 60 ss. del codice dei beni culturali, la possibilità di esercitare il diritto di prelazione da parte della pubblica amministrazione interessata non deriva dall’esistenza di un contratto tipico o da un specifica causa negoziale, ma dall’esistenza di una regolamentazione negoziale che comporti un effetto traslativo della cosa soggetta a vincolo e che sia caratterizzata dall’esistenza di un reciproco sacrificio patrimoniale della parti. Dunque il presupposto dell’esercizio del diritto di prelazione è unicamente un negozio a titolo oneroso [63].

Il mancato rispetto dei vincoli prescritti dal codice dei beni culturali provoca, come detto, la nullità del contratto che abbia ad oggetto l’alienazione del bene culturale ai sensi dell’art. 164 c.b.c. Tale articolo prevede, però, al secondo comma che resta salva la facoltà del Ministero di esercitare la prelazione ai sensi dell’art. 61, co. 2. Più in particolare, la norma da ultimo citata dispone che, nel caso in cui la denuncia sia stata omessa o presentata tardivamente oppure risulti incompleta, la prelazione è esercitata nel termine di centottanta giorni dal momento in cui il Ministero ha ricevuto la denuncia tardiva o ha comunque acquisito tutti gli elementi costitutivi della stessa ai sensi dell’articolo 59, comma 4.

Si prevede, pertanto, che la denuncia di cui all’art. 59 c.b.c. possa essere effettuata tardivamente. Ne consegue che il contratto, in questo caso, non potrebbe più considerarsi invalido.

La possibilità di sanatoria è prevista anche all’art. 62, co. 4, secondo cui «nei casi in cui la denuncia sia stata omessa o presentata tardivamente oppure risulti incompleta, il termine indicato al comma 2 è di novanta giorni ed i termini stabiliti al comma 3, primo e secondo periodo, sono, rispettivamente, di centoventi e centottanta giorni. Essi decorrono dal momento in cui il Ministero ha ricevuto la denuncia tardiva o ha comunque acquisito tutti gli elementi costitutivi della stessa ai sensi dell’articolo 59, comma 4». Si ritiene, peraltro, sanabile anche l’atto che difetti dell’autorizzazione di cui all’art. 55 c.b.c., in seguito a richiesta di autorizzazione successiva [64].

Si tratterebbe, dunque, di un’ipotesi di sanabilità successiva del contratto nullo; sanabilità che interviene a seguito dell’adempimento tardivo della denuncia prescritta dalla legge.

A tal riguardo, occorre evidenziare come parte della dottrina ritenga più corretto parlare di inopponibilità dell’atto di disposizione nei confronti dello Stato invece che di nullità vera e propria, a meno di voler “stravolgere i principi generali” [65]: l’atto concluso, in assenza di denuncia, sarebbe pertanto valido, ma i suoi effetti resterebbero sospesi fino all’intervento della denuncia tardiva.

La disposizione normativa non parla, tuttavia, di inefficacia o inopponibilità, ma sanziona espressamente l’atto con la nullità. Si tratta, pertanto, di un’ipotesi espressa di sanatoria dell’atto nullo.

Quanto alla natura di tale nullità sono state proposte diverse tesi. Un orientamento minoritario ritiene l’invalidità dell’art. 164 c.b.c. una nullità assoluta, sulla base della genericità della formulazione della norma e in considerazione degli interessi generali sottesi alla disposizione [66].

Giurisprudenza e dottrina maggioritarie qualificano, invece, tale nullità come una nullità relativa [67], proprio perché è posta a tutela di uno specifico interesse dello Stato. Pertanto solo il ministero competente potrà far valere l’invalidità dell’atto posto in essere in violazione di quanto previsto dal codice dei beni culturali e del paesaggio.


6. La sanabilità delle nullità urbanistiche.

Altra ipotesi di sanatoria può riscontrarsi nel campo delle nullità urbanistiche.

Il legislatore, al fine di contenere gli abusi edilizi, sanziona con la nullità il contratto di alienazione di immobili privo di determinati requisiti ex artt. 17 e 40 della legge n. 47 del 1985 [68] e art. 46 d.p.r. 6 giugno 2001, n. 380 (T.U. dell’edilizia) [69].

Più in particolare, l’art. 46 dispone che gli atti tra vivi aventi ad oggetto il trasferimento, la costituzione o lo scioglimento della comunione di diritti reali, relativi ad edifici, o loro parti, la cui costruzione è iniziata dopo il 17 marzo 1985, sono nulli e non possono essere stipulati ove non risultino, per dichiarazione del­l’alienante, gli estremi del permesso di costruire o del permesso in sanatoria [70]. La disposizione, ai sensi del comma quinto del medesimo articolo, si applica anche agli interventi edilizi realizzati mediante SCIA, qualora nell’atto non siano indicati gli estremi della stessa.

Il legislatore ha, però, previsto la possibilità di confermare i contratti nulli attraverso un successivo atto integrativo che contenga tutte le formalità necessarie. Il quarto comma dell’art. 46 T.U. edilizia stabilisce, infatti, che, se la mancata indicazione nell’atto dei documenti necessari ai fini della validità del negozio posto in essere non è dovuta all’effettiva inesistenza della documentazione richiesta, l’atto nullo può essere confermato mediante un atto successivo che abbia la stessa forma del precedente e contenga l’omessa documentazione, a cura anche di una sola delle parti contraenti. Ne consegue, pertanto, che non è necessario che entrambi i contraenti pongano in essere un atto di conferma, ma basta che si attivi una sola delle parti del contratto invalido.

La norma ha destato diversi dubbi, tanto che parte della dottrina ha contestato l’uso improprio del termine nullità, affermando che dovrebbe parlarsi più correttamente di contratto inefficace in senso stretto, sottoposto a condizione legale sospensiva potestativa [71]. Altra dottrina ha anche escluso che la conferma de qua possa rientrare in una delle ipotesi espressamente previste di cui all’art. 1423 c.c., in quanto essa assumerebbe la natura di un atto integrativo idoneo a completare un precedente atto irregolare [72].

La conferma di cui all’art. 46 T.U. edilizia sembra, però, potersi annoverare tra le ipotesi che avallano la tesi dell’attuale inconsistenza del dogma dell’insanabilità dell’atto nullo, trattandosi, di fatto, di una sanatoria dell’atto. Ciò posto, ci si chiede se il principio sotteso alla norma citata possa essere esteso a fattispecie analoghe e cioè a tutti quei casi in cui l’invalidità dipenda esclusivamente dall’assenza di un documento che non incida sull’essenza del negozio. E, dunque, se sia possibile ipotizzare una sanatoria di quel negozio attraverso la successiva presentazione del documento. Ove l’interesse finale della norma non risulti frustrato, potrebbe ipotizzarsi una sanatoria dell’atto attraverso l’adempimento successivo prescritto dal legislatore, come prospettato dalla giurisprudenza nel caso della successiva registrazione “sanante” del contratto di locazione [73].

Si pensi, inoltre, alla disciplina sui contratti aventi ad oggetto l’acquisto di immobili da costruire, per i quali è richiesta a pena di nullità – che può essere fatta valere solo dall’acquirente – la fideiussione bancaria o la polizza assicurativa al momento della stipula del preliminare [74]. Anche in questo caso può ipotizzarsi la sanabilità del contratto attraverso la successiva presentazione dei documenti richiesti, ove non vengano pregiudicati gli interessi del promissario acquirente [75] Tale presentazione successiva farebbe, peraltro, venir meno l’interesse del contraente all’azione di nullità.

In tema, la giurisprudenza di legittimità ha escluso che potesse essere accolta la domanda di nullità di un contratto preliminare di vendita di immobili da costruire, per mancato rilascio della garanzia fideiussoria ex art. 2 d.lgs. n. 122 del 2005, che sia stata posta in essere dopo l’ultimazione dei lavori e senza che nelle more si sia manifestata l’insolvenza del promittente venditore o senza che risulti altrimenti pregiudicato l’interesse del promissario acquirente [76]. Ad avviso della Cassazione, infatti, vi sarebbe, oltre a carenza di interesse ad agire, una violazione della clausola di buona fede oggettiva da parte dell’acquirente. Diverso il caso in cui, nelle more della costruzione dell’immobile, si sia manifestata l’insolvenza del promittente venditore che non abbia rilasciato la garanzia fideiussoria ovvero siano stati altrimenti pregiudicati gli interessi del promissario acquirente [77].


7. Edilizia residenziale pubblica e affrancazione.

L’edilizia residenziale pubblica si concretizza in quel settore dell’edilizia in cui un intervento pubblico mira a fornire alloggi per determinate categorie di soggetti[78]. Si divide in diversi rami, ciascuno con la propria disciplina: l’edilizia convenzionata, in cui gli alloggi sono costruiti da soggetti privati a seguito di convenzione stipulata con il Comune; l’edilizia agevolata, in cui gli alloggi sono costruiti da privati con contributo statale; l’edilizia sovvenzionata, in cui gli alloggi sono costruiti direttamente da enti pubblici.

Concentrando l’attenzione sulla disciplina dell’edilizia convenzionata, occorre far riferimento a due tipologie di convenzione: a) le convenzioni P.E.E.P. di cui all’art. 35 legge n. 865 del 1971 [79]; b) le convenzioni c.d. Bucalossi, prima disciplinate dagli artt. 7 e 8 della legge n. 10 del 1977 e attualmente dagli artt. 17 e 18 del d.p.r. 30 giugno 2001, n. 380 (T.U. dell’Edilizia) [80].

Tali convenzioni hanno lo scopo di attuare un intervento di agevolazione e di contenimento dei prezzi per l’accesso all’abitazione, con la previsione del c.d. prezzo massimo di cessione.

Il settore è stato interessato da diversi interventi normativi, tra i quali riveste particolare rilievo, ai fini del nostro discorso, l’introduzione dei commi 49-bis, 49-ter e 49-quater all’art. 31 della legge n. 448 del 1998 [81] che prevedono la possibilità di rimuovere i vincoli di prezzo, attraverso il pagamento di un corrispettivo, sia nell’ambito delle convenzioni PEEP che nell’ambito delle convenzioni Bucalossi, consentendo tale facoltà a tutte le persone fisiche che vi hanno interesse, anche se non più titolari di diritti reali sul bene immobile.

Il comma 49-bis prevede, infatti, che «I vincoli relativi alla determinazione del prezzo massimo di cessione delle singole unità abitative e loro pertinenze nonché del canone massimo di locazione delle stesse, contenuti nelle convenzioni di cui all’articolo 35 della legge 22 ottobre 1971, n. 865, e successive modificazioni, per la cessione del diritto di proprietà o per la cessione del diritto di superficie possono essere rimossi, dopo che siano trascorsi almeno cinque anni dalla data del primo trasferimento, con atto pubblico o scrittura privata autenticata, stipulati a richiesta delle persone fisiche che vi abbiano interesse, anche se non più titolari di diritti reali sul bene immobile, e soggetti a trascrizione presso la conservatoria dei registri immobiliari, per un corrispettivo proporzionale alla corrispondente quota millesimale, determinato, anche per le unità in diritto di superficie, in misura pari ad una percentuale del corrispettivo determinato ai sensi del comma 48 del presente articolo». Il comma 49 ter estende la previsione di cui al comma 49 bis anche alle convenzioni di cui all’art. 18 d.p.r. n. 380 del 2001.

Il comma 49-quater stabilisce, poi, che, «in pendenza della rimozione dei vincoli di cui ai commi 49-bis e 49-ter, il contratto di trasferimento dell’immobile non produce effetti limitatamente alla differenza tra il prezzo convenuto e il prezzo vincolato. L’eventuale pretesa di rimborso della predetta differenza, a qualunque titolo richiesto, si estingue con la rimozione dei vincoli secondo le modalità di cui ai commi 49-bis e 49-ter. La rimozione del vincolo di prezzo massimo di cessione comporta, altresì, la rimozione di qualsiasi vincolo di natura soggettiva» [82].

La disposizione testé citata parla di “inefficacia del contratto”, a differenza di quanto previsto dall’art. 18, ult. co., del d.p.r. n. 380 del 2001, secondo il quale ogni pattuizione stipulata in violazione del prezzo massimo di cessione è nulla per la parte eccedente.

Sul vincolo di prezzo massimo di cessione degli immobili PEEP e Bucalossi sono intervenute le Sezioni Unite della Cassazione nel luglio 2022 [83]. Nella pronuncia la Corte chiarisce che il suddetto vincolo permane fino a quando non venga eliminato attraverso l’affrancazione, e ciò sia nell’ambito delle convenzioni PEEP che in quello delle convenzioni Bucalossi, in quanto in entrambi i casi il vincolo del prezzo persegue la stessa finalità sociale: la necessità di offrire un’abitazione a prezzi contenuti, evitando speculazioni nelle fasi successive. Pertanto, in ambedue i casi i soggetti interessati possono scegliere di continuare a vivere negli immobili di edilizia popolare ovvero di reimmetterli sul mercato a prezzo libero, avvalendosi della procedura di affrancazione di cui all’art. 31, commi 49-bis e 49-ter, legge n. 448 del 1998, applicabile indistintamente per entrambi i tipi di convenzione.

Occorre ora soffermarsi sull’edilizia sovvenzionata, caratterizzata dal fatto che gli alloggi sono costruiti dagli enti pubblici preposti al settore edilizio, come gli Istituti autonomi case popolari (IACP) e le Aziende territoriali di edilizia residenziale (ATER). Scopo degli interventi pubblici nel settore è quello di assicurare il bene casa mediante l’acquisizione, la costruzione o il recupero degli alloggi e la loro successiva assegnazione a soggetti aventi determinati requisiti. L’assegnazione in questione può avvenire: a) in locazione semplice a canoni di favore, con la conseguenza che l’operatore mantiene la proprietà dell’alloggio; b) mediante la definitiva cessione in proprietà a prezzi di favore; c) mediante la locazione con patto di futura vendita o con patto di riscatto.

Riguardo alla circolazione degli alloggi di edilizia sovvenzionata vengono individuati dei limiti con riferimento ai divieti di alienazione e al diritto di prelazione. La legge 8 agosto 1977 n. 513, dispone infatti, all’art. 28, che l’assegnatario, in presenza di determinati presupposti, possa alienare l’alloggio, ma debba darne comunicazione al competente Istituto Autonomo per le Case Popolari, il quale potrà esercitare, entro sessanta giorni, il diritto di prelazione all’acquisto per un prezzo pari a quello di cessione, rivalutato sulla base della variazione accertata dall’ISTAT dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati.

Il diritto di prelazione è previsto anche nella legge 24 dicembre 1993, n. 560, che dispone che in caso di vendita, gli Istituti Autonomi per le Case Popolari e i loro consorzi hanno un diritto di prelazione.

Il comma 25 dell’articolo unico della legge n. 560 del 1993 prevede, però, la possibilità di affrancare il bene dal diritto di prelazione attraverso la corresponsione di una determinata somma. Dalla norma si desume, inoltre, che l’ente non potrebbe opporsi all’affrancazione affermando di voler esercitare il diritto di prelazione, in quanto il versamento della somma comporterebbe ope legis l’estinzione del diritto di prelazione in discorso.

La norma nulla prevede in relazione alla possibilità di effettuare questo tipo di affrancazione dopo l’alienazione, effettuata in violazione del diritto di prelazione, per cui è prevista la nullità del contratto di compravendita.

Occorre chiedersi se sia possibile ipotizzare un’affrancazione ex post del bene – come accade nel caso dell’edilizia convenzionata. Più in particolare, ci si chiede se, ove non venga leso l’interesse sostanziale sotteso alla norma, possa ipotizzarsi una sanabilità del contratto nullo attraverso la successiva corresponsione del prezzo di affrancazione. Tale ipotesi non sembrerebbe in conflitto né con l’interesse sotteso alle norme, né con l’interesse dei soggetti coinvolti. Come visto, infatti, la normativa, nel prevedere la necessità di dare comunicazione agli enti preposti per l’esercizio dell’eventuale diritto di prelazione, a pena di nullità dell’atto, prevede anche la possibilità di affrancazione attraverso il pagamento della somma. E allora ci si può chiedere che tipo di interesse si intenda tutelare, dato che esso è superabile con il pagamento di un prezzo. Qui sembra che questo interesse sia prettamente economico – non par di rilevare un concreto interesse alla tutela dei soggetti beneficiari degli alloggi – e possa essere soddisfatto anche ex post attraverso un’affrancazione che intervenga in seguito all’atto di alienazione; anche in considerazione del fatto che la norma non sembra dar la possibilità agli enti di opporsi all’affrancazione.

Una diversa impostazione potrebbe, peraltro, portare ad una disparità di trattamento tra chi ha acquistato in regime di edilizia convenzionata PEEP e chi in regime di edilizia sovvenzionata. Entrambi, infatti, hanno acquisito un alloggio nell’ambito di una politica pubblica volta a garantire l’accesso alla casa in armonia con quanto previsto dall’art. 47 Cost.

La possibilità di sanare il contratto attraverso il successivo atto di affrancazione, tramite pagamento di una somma di denaro, di cui al comma 49 bis della legge n. 448 del 1998 è indice di una volontà dello Stato di monetizzare e restituire alla collettività il risparmio di cui ha goduto il soggetto che ha acquistato in convenzione PEEP. E dunque, la ratio del comma 49 bis dell’art. 31 è quella di far salvo l’acquisto, attraverso un successivo atto di affrancazione.

Questa ratio sembra sussistere anche nel caso dell’edilizia sovvenzionata, ove si prevede il pagamento di un prezzo determinato per svincolare il bene, da effettuare, però, prima dell’acquisto. Se, infatti, l’affranca­zione non viene effettuata prima dell’atto, questo sarà nullo.

Qui non è prevista una possibilità di sanabilità del contratto e quindi, stando ad una lettura strettamente letterale dell’art. 1423 c.c., non vi sarebbe alcuna possibilità in tal senso. Come già rilevato, però, una lettura assiologico-funzionale dell’art. 1423 c.c., che dia un autentico valore agli interessi sottesi [84], comporta che la sanabilità del contratto possa configurarsi non solo per espressa previsione normativa, ma anche come «conseguenza del bilanciamento dei principi e valori normativi vigenti, nonché della valutazione comparativa degli interessi coinvolti» [85]. Ciò appare ancora più evidente in quei casi in cui può dirsi sussistere un vizio solo “formale” dell’atto poi successivamente eliminato, come ad esempio nel caso della conferma di cui all’art. 46 T.U. edilizia.

Ove, dunque, la volontà del legislatore non sia pregiudicata e l’interesse protetto dalle norme imperative sia soddisfatto non sembra esserci motivo per negare la sanabilità dell’atto, anche in assenza di espressa disposizione normativa, soccorrendo i principi di sussidiarietà e ragionevolezza [86].

Ponendosi nel solco della dottrina appena illustrata, pur in assenza di norma espressa nel senso della sanatoria del contratto di alienazione di un bene di edilizia sovvenzionata, in caso di mancata comunicazione all’Ater, si potrebbe ipotizzare l’applicazione della stessa ratio sottesa al co. 49 bis art. 31 legge n. 488 del 1998 e all’art. 46 T.U. edilizia, in modo da far salvo l’acquisto attraverso un successivo atto di affrancazione del bene, con il pagamento del dieci per centro del valore del bene all’Ater. In questo modo resterebbe comunque soddisfatto l’interesse sotteso alla norma, ovvero quello di restituire alla collettività il beneficio di cui il soggetto ha goduto con l’edilizia Ater, al fine di evitare speculazioni. Non si ravvisa, infatti, alcuna ragione per cui il pagamento ex post non possa soddisfare lo stesso interesse cui tende il pagamento ex ante. Diversamente opinando, si determinerebbe un’irragionevole disparità di trattamento tra due situazioni analoghe.


8. Considerazioni conclusive.

Tirando le fila del discorso, dall’analisi appena condotta risulta evidente come una lettura assiologico-funzionale dell’art. 1423 c.c. sia quella più adeguata ad assicurare una tutela effettiva degli interessi che di volta in volta vengono in rilievo, in quanto la nullità non sempre si pone come rimedio più efficace per la tutela degli interessi del caso concreto. Si pensi alla distinzione tra rilievo e dichiarazione della nullità di protezione, alla giurisprudenza in tema di registrazione sanante del contratto di locazione, alle sopra enucleate ipotesi legislative di sanabilità del contratto nullo.

In tali fattispecie si prevede la sanabilità di quegli atti in cui l’invalidità dipenda esclusivamente dall’assenza di un documento o da un adempimento “formale” che non incida sull’essenza del negozio stesso, attraverso il successivo compimento di quanto richiesto. Sembra enuclearsi, pertanto, una medesima ratio estensibile a tutti quei casi in cui la violazione di una mera formalità documentale, che non abbia però determinato pregiudizi sostanziali, possa essere superata con un successivo adempimento.

Dunque, ove l’interesse finale della norma non risulti frustrato e non vengano pregiudicati i diritti dei soggetti tutelati, potrebbe ipotizzarsi una sanatoria dell’atto attraverso l’adempimento successivo di quanto prescritto dal legislatore.

Questa logica sarebbe applicabile, come visto, nel caso dei contratti aventi ad oggetto l’acquisto di immobili da costruire, con la presentazione successiva della fideiussione – ove non siano stati pregiudicati i diritti dei promissari acquirenti –, e, nel caso dell’edilizia sovvenzionata, con l’ipotizzato svincolo ex post dalla prelazione, atteso che resterebbe comunque soddisfatto l’interesse di natura economica sotteso alla norma che prevede la possibilità di affrancazione ex ante.


NOTE

[1] S. Polidori, Nullità relativa e potere di convalida, in Rass. dir. civ., 2003, p. 93; S. Pagliantini, Autonomia privata e divieto di convalida del contratto nullo, Torino, 2007, p. 77 ss.; S. Monticelli, La recuperabilità del contratto nullo, in Notariato, 2009, p. 174 ss.; G. Perlingieri, La convalida delle nullità di protezione e la sanatoria dei negozi giuridici, Napoli, 2011, p. 9 ss.; M. Rizzuti, La sanabilità delle nullità contrattuali, Napoli, 2015, p. 73 ss.; G. Vulpiani, La sanabilità del contratto nullo tra interessi sottesi e funzione dell’atto, Napoli, 2022, p. 221 ss.

[2] Cass., sez. un., 12 dicembre 2014, n. 26242 e n. 26243, in Corr. Giur., 2015, p. 225 ss., con nota di C. Consolo e F. Godio, Patologia del contratto e (modi dell’) accertamento processuale. In tema, I. Pagni, Il “sistema” delle impugnative negoziali dopo le Sezioni Unite, in Giur. it., 2015, p. 70 ss.; M. Bove, Rilievo d’ufficio della questione di nullità e oggetto del processo nelle impugnative negoziali, ivi, p. 1387; F. Di Ciommo, La rilevabilità d’ufficio ex art. 1421 c.c. secondo le Sezioni Unite: la nullità presa (quasi) sul serio, in Foro it., 2015, c. 94 ss.; A. Palmieri e R. Pardolesi, Nullità negoziale e rilevazione officiosa a tutto campo (o quasi), ivi, c. 916 ss.; A. Proto Pisani, Rilevabilità d’ufficio della nullità contrattuale: una decisione storica delle sezioni unite, ivi, p. 944; S. Pagliantini, Rilevabilità officiosa e risolubilità degli effetti: la doppia motivazione della Cassazione a mo’ di bussola per rivedere Itaca, in Contratti, 2015, p. 113 ss.; N. Rizzo, Il rilievo d’ufficio della nullità preso sul serio, in Nuova giur. civ., 2015, p. 299.

[3] Sul c.d. contratto monofirma, Cass., sez. un. 16 gennaio 2018, n. 898, in Nuova giur. civ., 2018, p. 741 ss., con nota di C. Scognamiglio, Contratti monofirma nei servizi di investimento e scopo di protezione della forma. In tema v. anche S. Pagliantini, Usi (ed abusi) di una concezione teleologica della forma: a proposito dei contratti bancari c.dd. monofirma (tra legalità del caso e creatività giurisprudenziale), in Il contratto, a cura di A. Federico e G. Perlingieri, Napoli, 2019, p. 319 ss.; G. Perlingieri, Sanatoria, in Enc. dir., I, Contratto, diretto da G. D’Amico, Milano, 2021, p. 1119. In tema di nullità selettive, Cass., sez. un., 4 novembre 2019, n. 28314 in Nuova giur. civ. comm., 2020, 176 ss., con nota di C. Scognamiglio, Le sezioni unite e le nullità selettive tra statuto normativo delle nullità di protezione ed eccezione di buona fede; v. anche Id., Le sezioni unite e le nullità selettive: un nuovo spazio di operatività per la clausola generale di buona fede, in Corr. Giur., 2020, p. 5; M. Girolami, L’uso selettivo della nullità di protezione: un falso problema?, in Nuova giur. civ. comm., 2020, p. 154; S. Monticelli, La nullità selettiva secondo il canone delle sezioni unite: un responso fuori partitura, in Nuova giur. civ. comm., 2020, p. 163; S. Pagliantini, L’irripetibilità virtuale della nullità di protezione nella cornice di un’eccezione ex fide bona, in Nuova giur. civ. comm., 2020, p. 169; C. Robustella, Forma di protezione e nullità selettiva nei contratti del mercato finanziario, Torino, 2020 p. 142 ss.; C. Sartoris, Nullità di protezione e interesse ad agire, Padova, 2022, p. 119 ss. V. anche Cass., 17 maggio 2021, n. 13259, in Foro it., 2021, I, c. 2325.

[4] G. Passagnoli, Le nullità speciali, Milano, 1995, p. 201; M. Mantovani, Le nullità e il contratto nullo, in Tratt. contr. Roppo, a cura di A. Gentili, Milano, 2006, p. 138.

[5] Canone ermeneutico considerato da parte della dottrina come non esclusivo e dirimente, v. P. Perlingieri, L’interpretazione della legge come sistematica ed assiologica, Il brocardo in claris non fit interpretatio, il ruolo dell’art. 12 disp. prel. c.c. e la nuova scuola dell’esegesi, in Rass. dir. civ., 1985, p. 990; A. Morace Pinelli, In claris non fit interpretatio: un brocardo che non trova asilo nel nostro ordinamento giuridico, in Giur. it., 1994, c. 1163 ss.; G. Perlingieri, Profili applicativi della ragionevolezza nel diritto civile, Napoli, 2015, p. 68. In arg., v. anche E. del Prato, Interpretare, in Riv. dir. civ., 2022, p. 336.

[6] P. Perlingieri, Forma dei negozi e formalismo degli interpreti, Napoli, 1987, p. 122 ss.; G. Perlingieri, La convalida delle nullità di protezione e la sanatoria dei negozi giuridici, cit., p. 11; Id., La convalida delle nullità di protezione. Contributo ad uno studio della sanatoria del negozio nullo, in Studi in onore di Giorgio Cian, a cura di M.V. De Giorgi, S. Delle Monache e G. De Cristofaro, II, Padova, 2010, p. 1901 ss.; Id., Rilevabilità d’ufficio e sanabilità dell’atto nullo, dieci anni dopo, in Rass. dir. civ., 2019, p. 1105 ss.; Id., Sanatoria, cit., p. 1103.

[7] S. Pagliantini, Autonomia privata e divieto di convalida del contratto nullo, cit., pp. 127 ss. e 195 ss.; G. Perlingieri, La convalida delle nullità di protezione e la sanatoria dei negozi giuridici, cit., p. 90.

[8] Così G. Perlingieri, op. ult. cit., p. 90.

[9] G. Pelingieri, op. ult. cit., p. 106.

[10] Cass., sez. un., 17 settembre 2015, n. 18213, in Riv. giur. edilizia, 2015, p. 1035, con nota di P. Scarlettaris, La locazione abitativa di fatto stipulata su pressione del locatore; Cass., sez. un., 9 ottobre 2017, n. 23601, in Corr. giur., 2018, p. 1098 ss., con nota di V. Cuffaro, Contratto di locazione e nullità per mancata registrazione: «si peccas, pecca fortiter»; Cass., 24 settembre 2019, n. 23637, Cass. 9 aprile 2021, n. 9475; Cass. 4 giugno 2021, n. 15582, in Resp. civ. prev., 2022, p. 213 ss., con nota di M. Signorelli, Ulteriori sviluppi dell’intricato rapporto tra registrazione del contratto di locazione e nullità, nel solco di una ritrovata continuità. In tema, Cuffaro, Aporie della giurisprudenza e pervicacia del legislatore in tema di locazione e obbligo di registrazione, in Giur. it., 2016, p. 324 ss.; S.T. Barbaro, Forma, registrazione e sanabilità del contratto di locazione ad uso abitativo, Napoli, 2018, p. 30 ss.; C. Sartoris, Il contratto di locazione. Oltre la nullità, in Nuova giur. civ. comm., 2018, p. 937 ss.; F. Addis, La «riconduzione a condizioni conformi» del contratto non registrato, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2020, p. 43 ss. V. anche Cass., 14 giugno 2021, n. 16742, in Riv. giur. edilizia, 2021, p. 1235 in tema di comodato.

[11] Sulla conferma cfr. ex multis F. Santoro Passarelli, Testamento revocato. Esecuzione volontaria, in Riv. dir. civ., 1943, p. 192; M. De Simone, La sanatoria del negozio giuridico nullo, Napoli, 1943; G. Pasetti, La sanatoria per conferma del testamento e della donazione, Padova, 1953, p. 45 ss.; A. Auricchio, La conferma del testamento nullo e la sua forma, in Foro it., 1956, I, p. 122; G. Gabrielli, L’oggetto della conferma ex art. 590 c.c., in Riv. trim. dir. proc. civ., 1964, p. 1366; F. Gazzoni, L’attribuzione patrimoniale mediante conferma, Milano, 1974; G.B. Ferri, Convalida, conferma e sanatoria del negozio giuridico, in Dig. disc. priv. (sez. civ.), IV, Torino, 1989, p. 335 ss.; R. Caprioli, La conferma delle disposizioni testamentarie e delle donazioni nulle, Napoli, 1983; L. Bigliazzi-Geri, Successioni testamentarie, in Commentario del codice civile Scialoja Branca, a cura di F. Galgano, Bologna-Roma, 1993, p. 148 ss.; più recentemente, S. Landini, Le invalidità del negozio testamentario, Napoli, 2012, p. 135 ss.; G. Palazzolo, La conferma delle attribuzioni gratuite invalide come rinuncia all’azione, in Studi in onore di Antonino Cataudella, a cura di E. del Prato, Napoli, 2013, III, p. 1673 ss.; M. Labriola, La conferma delle disposizioni testamentarie nulle, in Notariato, 2014, p. 5 ss.; S. Nardi, in E. Damiani-S. Nardi, Diritto ereditario, Macerata, 2018, p. 301; F. Mastroberardino, Conferma, e volontaria esecuzione, della donazione orale, in Fam. dir., 2019, p. 151 ss.

[12] Il codice non prevede una forma specifica per attuare la conferma espressa, ma dottrina e giurisprudenza applicano analogicamente l’art. 1444 c.c., richiedendo la menzione della disposizione invalida, la menzione del vizio e la dichiarazione di voler confermare. V. L. Bigliazzi-Geri, Successioni testamentarie, cit., p. 161; A. Palazzo, Le successioni, II, Milano, 2000, p. 938. In giurisprudenza, v. Cass., 13 luglio 2017, n. 17392.

[13] La conferma era già presente nel codice del 1865 all’art. 1311 che disponeva che “La conferma, ratifica o esecuzione volontaria di una donazione o disposizione testamentaria per parte degli eredi o aventi causa dal donante o testatore, dopo la morte di lui, include la loro rinunzia ad opporre i vizi delle forme e qualunque altra eccezione”. Secondo la dottrina dell’epoca la norma si sostanziava in una rinuncia all’azione di nullità. In arg., F. Ricci, Corso teorico pratico di diritto civile, III, Delle successioni, a cura di M. Battista, Torino, rist. 1923, p. 588; N. De Crescenzo, Della ratifica e conferma degli atti nulli in modo assoluto per effetto di forma secondo il codice civile italiano, in Il Filangieri, 1885, p. 63.

[14] G. Azzariti, Le successioni e le donazioni. Libro secondo del codice civile, Padova, 1982, p. 577; G. Stolfi, Appunti sull’art. 590 c.c., in Giur. it., 1977, p. 359; R. Tommasini, voce Nullità (dir. priv.), in Enc. dir., 1978, XXVIII, p. 892.

[15] G. Bonilini, Il testamento. Lineamenti, Padova, 1995, p. 75; C. Giannattasio, Delle successioni. Successioni testamentarie, in Comm. cod. civ., II, 2ª ed., Torino, 1978, p. 33; A. Cicu, Testamento, rist. 2ª ed., Milano, 1969, p. 28.

[16] G. Oppo, Adempimento e liberalità, Milano, 1947, p. 367.

[17] F. Gazzoni, L’attribuzione patrimoniale mediante conferma, cit., p. 129 ss.

[18] L. Bigliazzi-Geri, Successioni testamentarie, cit., p. 155 s.

[19] G. Gabrielli, L’oggetto della conferma ex art. 590, cit., p. 1375; R. Caprioli, La conferma delle disposizioni testamentarie e delle donazioni nulle, cit., p. 247.

[20] L. Bigliazzi-Geri, Il testamento, cit., p. 212; Id., Successioni testamentarie, cit., p. 156 s.

[21] G. Passetti, La sanatoria per conferma del testamento e della donazione, Padova, 1953, p. 126; G. Gabrielli, L’oggetto della conferma ex art. 590, cit., p. 1404.

[22] G. Capozzi, Successioni e donazioni, Milano, 2015, p. 930.

[23] Sui rimedi a tutela dei legittimari, v. L., Mengoni, Successioni per causa di morte. Parte speciale. Successione necessaria, in Tratt. dir. civ. comm. Cicu e Messineo, Milano, 2000, p. 235 ss.; G. Marinaro, La successione necessaria, in Tratt. dir. civ. Cons. Naz. Notariato, diretto da P. Perlingieri, Napoli, 2009, p. 241 ss. Tra i più recenti, V. Barba, La successione dei legittimari, Napoli, 2020, p. 313 ss.; U. Perfetti, I legittimari, Bologna, 2021, p. 289 ss. Sulla particolare questione della tutela dei creditori del legittimario leso o pretermesso, S. Pagliantini, Legittimario pretermesso e tutela dei creditori: un esempio di massima (dottrinale) mentitoria, in Dir. succ. fam., 2018, p. 495; F. Pirone, Rinunzia all’azione di riduzione ed art. 524 c.c.: la tutela del creditore del legittimario, in Notariato, 2018, p. 19 ss.; P. Mazzamuto, La tutela dei creditori del legittimario leso o pretermesso, in www.comparazionedirittocivile.it, 2019, 25 ss.; E. Damiani, La tutela del legittimario e il presunto principio di tutela dei suoi creditori, in Riv. dir. civ., 2019, p. 847 ss.; A. G. Annunziata, La tutela dei creditori personali del legittimario pretermesso: azione di riduzione in via surrogatoria e applicazione analogica dell’art. 524 c.c., in Rass. dir. civ., 2020, p. 285 ss.; G. Vulpiani, Tutela della volontà del testatore e dei legittimari (per un ridimensionamento della rilevanza della questione della tutela dei creditori dei legittimari), in Jus Civile, 2022, p. 448.

[24] In questo senso R. Caprioli, La conferma delle disposizioni testamentarie e delle donazioni nulle, cit., p. 249. V. anche G. Gabrielli, L’oggetto della conferma ex art. 590, cit., p. 1427; F. Gazzoni, L’attribuzione patrimoniale mediante conferma, cit., p. 274; L. Bigliazzi-Geri, Il testamento, cit., p. 186.

[25] Ritiene nullo e non inesistente il testamento redatto su supporti informatici S. Patti, Il testamento olografo nell’era digitale, in Riv. dir. civ., 2014, p. 996.

[26] P.M. Putti, Diritto e nuove tecnologie, in Contr. Impr., 2014, p. 1257, che fa riferimento al caso di un video girato con il cellulare da un soggetto in fin di vita in seguito ad un grave incidente o al caso di un soggetto rimasto intrappolato a causa di una slavina, con poche speranze di venir salvato.

[27] Tema connesso è quello della trasmissione del patrimonio digitale. In arg., tra i più recenti, A. Vesto, Successione digitale e circolazione dei beni online. Note in tema di eredità digitale, Napoli, 2020, p. 155 ss.; E. Damiani, Legato e patrimonio digitale, in Legati, in Comm. del cod. civ. Scialoja Branca Galgano, a cura di G. De Nova, Bologna, 2020, p. 87 ss.; S. Nardi, Successione digitale e successione nel patrimonio digitale, in Dir. succ. e fam., 2020, p. 955; S. Delle Monache, Successione mortis causa e patrimonio digitale, in Nuova giur. civ. comm., 2020, p. 460 ss.; V. Putortì, Patrimonio digitale e successione mortis causa, in Giust. civ., 2021, p. 163; V. Confortini, L’eredità digitale (appunti per uno studio), in Riv. dir. civ., 2021, p. 1187; A. Spangaro, La successione digitale: la permanenza post mortem di aspetti della personalità, in Giur. it., 2022, p. 1365; Ead., L’eredità digitale entra nella “dichiarazione europea sui diritti e sui principi per il decennio digitale”, in Fam. dir., 2023, p. 889.

[28] G.B. Ferri, Convalida, conferma e sanatoria del negozio giuridico, in Digesto disc. priv., sez. civ., IV, Torino, 1989, p. 335 ss.

[29] C. Gangi, La successione nel diritto civile italiano, I, Milano, 1947, p. 237; R. Sacco-G. De Nova, Il contratto, in Trattato dir. civ., diretto da R. Sacco, Torino, 1993, p. 546 ss.; E. Betti, Convalida e conferma del negozio giuridico, in Noviss. Dig. it., Torino, 1959, p. 790 ss.; M. Tamponi, La sanatoria della donazione invalida, in Trattato dir. successioni e donazioni, diretto da G. Bonilini, VI, Le donazioni, Milano, 2009, p. 1137.

[30] V. Franceschelli, Nullità del contratto, in Cod. civ. Comm. Schlesinger, diretto da F.D. Busnelli, Milano, 2015, p. 293; A. Palazzo, Le donazioni, Milano, 1991, p. 472; G. Capozzi, Successioni e donazioni, cit., p. 875.

[31] Biondi, Le donazioni, in Trattato Vassalli, Torino, 1961, p. 613 ss.

[32] M. Tamponi, op. cit., p. 1135.

[33] Cass., 12 aprile 2018, n. 9091, in Dir. & Giust., 2018, 68, p. 5, con nota di E. Mattioli, Convalida della donazione nulla mediante esecuzione volontaria, e in Fam. dir., 2019, p. 151 ss., con nota di F. Mastroberardino, Conferma, e volontaria esecuzione, della donazione orale.

[34] M. Tamponi, op. cit., p. 1130.

[35] Cass., 30 gennaio 2019, n. 2700, in Persona e Mercato, 26 gennaio 2019, con nota di C. Sartoris, Eredità e donazione di modico valore.

[36] Cass., 4 ottobre 2018, n. 24235, in Vita not., 2019, p. 321.

[37] Cass., 6 giugno, 2018, n. 14504, in Rep. Foro Italiano, 2018, Donazione, n. 31.

[38] Cass., sez. lav., 24 gennaio 1987, n. 685, in Riv. giur. lav., 1987, II, p. 58.

[39] Cass., sez. lav, 22 dicembre 1987, n. 9615, in Giust. civ., 1988, I, 2046.

[40] Cass., sez. lav., 6 febbraio 2006, n. 2476, in Giust. civ. mass., 2006, 2.

[41] Cass., sez. lav., 5 febbraio 2019, n. 3314, in Rep. Foro Italiano 2019, Impiegato dello Stato e pubblico in genere, n. 221.

[42] Sulla natura dell’acquisto del terzo, v. S. Monticelli, Contratto nullo e fattispecie giuridica, Padova, 1995, p. 80 ss., il quale ritiene che sia un acquisto derivativo a non domino.

[43] In questo senso, C. Argiroffi, Caducazione del contratto ad effetti reali, Napoli, 1984, p. 105; L. Mengoni, Gli acquisti a non domino, Milano, 1994, p. 304; S. Monticelli, Contratto nullo e fattispecie giuridica, cit., p. 88 ss.; G. Mariconda, La trascrizione, in Tratt. dir. priv., diretto da P. Rescigno, Torino, 1997, p. 158.

[44] Cass., sez. un., 12 dicembre 2014, n. 26242 e n. 26243, cit. Più di recente, v. Cass., sez. un., 6 aprile 2023, n. 9479, in Resp. civ. prev., 2023, p. 607, sul rilievo d’ufficio della nullità di protezione nel rito monitorio.

[45] Sul tema, A. Bonsignori, I limiti della cosa giudicata in un recente libro tedesco, in Riv. trim. dir. proc., 1961, p. 236 ss. (in riferimento a A. Zeuner, Die objektiven Grenzen der Rechtskraft in Rahmen rechtlicher Sinnzusammenhänge, Tübingen, Mohr, 1959). Più di recente, C. Consolo, Poteri processuali e contratto invalido, in Eur. dir. priv., 2010, p. 941 ss.; S. Dalla Bontà, “Una benefica inquietudine”. Note comparate in tema di oggetto del giudicato nella giurisprudenza alla luce delle tesi zeuneriane, in Giusto proc. civ., 2011, p. 891 ss.

[46] G. Passagnoli, Nullità speciali, cit., p. 189 ss.; A. Gentili, Le invalidità, in I contratti in generale, a cura di E. Gabrielli, in Trattato dei contratti, diretto da P. Rescigno ed E. Gabrielli, Torino, 2006, p. 1593; F. Greco, Profili del contratto del consumatore, Napoli, 2005, p. 226 ss.; D. Russo, Profili evolutivi sulla nullità contrattuale, Napoli, 2008, p. 214 ss.; G. Bilò, Rilevabilità d’ufficio e potere di convalida nelle nullità di protezione del consumatore, in Riv. trim., 2011, p. 495; A. Albanese, Le clausole vessatorie nel diritto europeo dei contratti, in Eur. dir. priv., 2013, p. 723 ss.; A. Cataudella, I contratti, Torino, 2019, p. 418 s.

[47] C. Pilia, Circolazione giuridica e nullità, Milano, 2002, p. 242; S. Pagliantini, Autonomia privata e divieto di convalida del contratto nullo, cit., p. 153; S. Polidori, op. cit., p. 931 ss.; M. Girolami, Le nullità di protezione nel sistema delle invalidità negoziali, Padova, 2008, p. 454; Ead., Nullità di protezione, in Enc. dir., I, Contratto, diretto da G. D’Amico, Milano, 2021, p. 720.

[48] M. Girolami, Le nullità di protezione nel sistema delle invalidità negoziali, cit., p. 454.

[49] F. Venosta, Nuovi profili della nullità: requisiti formali diversi dalla semplice scrittura, in Obbl. e contr., 2008, p. 218; G. Perlingieri, Rilevabilità d’ufficio e sanatoria dell’atto nullo, dieci anni dopo, cit., p. 1115; Id., Sanatoria, cit., p. 1109.

[50] G. Perlingieri, La convalida delle nullità di protezione e la sanatoria dei negozi giuridici, cit., p. 97 ss.; Id., La convalida delle nullità di protezione. Contributo ad uno studio della sanatoria del negozio nullo, cit., p. 1901 ss.; Id., La convalida delle nullità di protezione e la sanatoria dei negozi giuridici, cit., p. 11; Id., Rilevabilità d’ufficio e sanabilità dell’atto nullo, dieci anni dopo, cit., p. 1105 ss.; Id., Sanatoria, in Enc. dir., I, Contratto, diretto da G. D’Amico, Milano, 2021, p. 1115.

[51] G. Perlingieri, Negozio illecito e negozio illegale. Una incerta distinzione sul piano degli effetti, cit., passim.

[52] Cfr. S. Menchini, Nullità contrattuale e processo, in Tutela giurisdizionale e giusto processo, Scritti in memoria di Franco Cipriani, I, Napoli, 2020, p. 554 s.

[53] Così, S. Menchini, Nullità contrattuale e processo, cit., p. 555; S. Pagliantini, Nullità di protezione e facoltà di non avvalersi della dichiarabilità: quid iuris?, in Foro it., 2015, I, c. 928 ss.; diversamente orientata C. Sartoris, Nullità di protezione e interesse ad agire, cit., p. 348 ss.

[54] Sul concetto di bene culturale, M. Cantucci, La tutela giuridica delle cose di interesse artistico e storico, Padova, 1953; Id., Beni culturali e ambientali, in Novissimo Dig. it., App. I, Torino 1980, p. 722 ss.; F. Santoro Passarelli, I beni della cultura nella costituzione italiana, in Studi in memoria di Esposito, III, Padova, 1973, p. 1421 ss.; M.S. Giannini, I beni culturali, in Riv. trim. dir. pubbl., 1976, p. 3 ss.; T. Alibrandi, L’evoluzione del concetto di bene culturale, in Foro amministrativo, 1999, p. 2701 ss.; G. Alpa, R. Speciale, Beni culturali e ambientali, in Dig. disc. priv., sez. civ., II, Torino, 1988, p. 93 ss.; S. Rodotà, Lo statuto giuridico del bene culturale, in Annali dell’associazione Bianchi Bandinelli, Roma, 1994; T. Alibrandi, P. G. Ferri, I beni culturali e ambientali, Milano, 2001; A.C. Nazzaro, Natura giuridica del bene, proprietà pubblica e monopolio, in Impresa pubblica e intervento dello Stato nell’economia. Il contributo della giurisprudenza costituzionale, a cura di R. Di Raimo e V. Ricciuto, Napoli, 2006, p. 91 ss.; G. Magri, Beni culturali, in Dig. disc. priv., sez. civ., agg., Torino, 2011, p. 117 ss.; E. Battelli, I soggetti privati e la valorizzazione del patrimonio culturale, in Patrimonio culturale. Profili giuridici e tecniche di tutela, a cura di E. Battelli, B. Cortese, A. Gemma, A. Massaro, Roma, 2017, p. 53; U. Mattei, Beni culturali, beni comuni, estrazione, in Patrimonio culturale. Profili giuridici e tecniche di tutela, cit., p. 147; L. Vacca, La nozione di bene culturale: alcune riflessioni, in Patrimonio culturale. Profili giuridici e tecniche di tutela, cit., p. 259 ss.; A. Bartolini, Il bene culturale e le sue plurime concezioni, Dir. Amm., 2, 2019, p. 223.

[55] C. Fabbricatore, A. Scarpa, La circolazione dei beni culturali, Milano, 1998; G. Celeste, Beni culturali: prelazione e circolazione, in Riv. not., 2000, p. 107 ss.; A. Pischetola, Circolazione dei beni culturali e attività notarile, Milano, 2006 e A. Fusaro, La circolazione giuridica dei beni immobili culturali, in Nuova giur. civ. comm., 2010, p. 12 ss.; G. Magri, La circolazione dei beni culturali nel diritto europeo: limiti e obblighi di restituzione, Torino, 2011, p. 1 ss.; P. Guida, Mancata osservanza delle formalità necessarie e ritrasferimento del bene culturale, in Notariato, 2012, p. 558 ss.; F. Dell’Aversana, La circolazione dei beni culturali tra norme giuridiche e regole di mercato, in Il diritto dei beni culturali, a cura di B. Cortese, Roma, 2021, p. 211 ss. Con riguardo ai limiti all’esportazione, v. E. Jayme, G. Magri, Patrimonio culturale e limiti all’esportazione: alcune riflessioni a margine di un recente caso canadese, in Arte e Diritto, 2022, p. 135.

[56] Sull’obbligo di denuncia a prescindere dalla natura del soggetto cedente, v. Pacini, La circolazione in ambito nazionale, in La nuova tutela dei beni culturali e ambientali, a cura di Ferri-Pacini, Milano, 2001, p. 107 ss.

[57] La denuncia deve peraltro contenere quanto previsto al comma quarto dell’art. 59 (dati identificativi delle parti e sottoscrizione delle medesime o dei loro rappresentanti legali; dati identificativi dei beni; indicazione del luogo ove si trovano i beni; indicazione della natura e delle condizioni dell’atto di trasferimento; indicazione del domicilio in Italia delle parti ai fini delle eventuali comunicazioni), altrimenti si considera come non avvenuta.

[58] Ai sensi dell’art. 59 d.lgs. n. 42 del 2004, per l’erede il termine per la denuncia decorre dall’accettazione dell’eredità o dalla presentazione della dichiarazione ai competenti uffici tributari; mentre per il legatario il termine decorre dalla comunicazione notarile prevista dall’art. 623 c.c., salva rinuncia.

[59] G. Celeste, La prelazione in materia id beni culturali, in Il commercio giuridico dei beni culturali, Milano, 2001, p. 93 ss.; A. Venditti, Denuncia degli atti di trasferimento e individuazione degli atti che danno luogo a prelazione artistica, in Il commercio giuridico dei beni culturali, Milano, 2001, p. 63 ss.; A. Lepri, Prelazione: totale, parziale, determinazione del prezzo, dazione in pagamento, in La circolazione dei beni culturali: attualità e criticità, Milano, 2010, p. 42 ss.; P. De Martinis, Prelazione artistica: vecchi e nuovi temi, in Resp. civ. prev., 2010, p. 1014 ss.; V. Mele, La prelazione culturale nell’attuale contesto socio-economico: spunti di riflessione, in Giur. merito, 2013, p. 11 ss.; D. Costantino, La prelazione artistica in favore dello Stato delle Regioni, Enti pubblici territoriali e ogni altro ente ed istituto pubblico, in Riv. amm. Rep. It., 2015, p. 11 ss.; G. Aversano, La prelazione artistica e l’autonomia contrattuale, Torino, 2018; G.F. Basini, La prelazione artistica, in Contratti, 2019, p. 462 ss.; R. Invernizzi, Prelazione, in Codice dei beni culturali e del paesaggio, a cura di M.A. Sandulli, Milano, 2019, p. 456; M. Mazzucca, Osservazioni sulla prelazione artistica, in Rass. dir. civ., 2020, p. 360 ss.

[60] G. Casu, Codice dei beni culturali. Prime riflessioni, Studio n. 5019, in Studi e Materiali del Consiglio Nazionale del Notariato, Milano, 2004, 2, p. 688; G.F. Basini, La prelazione artistica, cit., p. 465.

[61] Corte Cost., 20 giugno 1995, n. 269, in Giur. Cost., 1995, p. 1927.

[62] Si pensi al c.d. retratto successorio di cui all’art. 732 c.c., su cui ex multis A. De Cupis, Sul fondamento giustificativo della prelazione ereditaria, in Rass. dir. civ., 1986, p. 328 ss.; G. Bonilini, Retratto successorio, in Dig. disc. priv., sez. civ., XVII, Torino, 1998, p. 423 ss.; G.A.M. Trimarchi, Prelazione e riscatto successorio: profili applicativi, in Notariato, 1998, p. 337.

[63] Tar Bolzano, 10 settembre 2019, n. 203, in Riv. giur. edilizia, 2019, p. 1361 e in Foro amm., 2019, p. 1514.

[64] G. Casu, Codice dei beni culturali. Prime riflessioni, cit., p. 713.

[65] A. Masi, La tutela dei beni culturali e del paesaggio, Padova, 2004, p. 291; G. Casu, Codice dei beni culturali. Prime riflessioni, cit., p. 712; C. Lomonaco, Denuncia tardiva del trasferimento di un bene culturale ed effetti del decorso del termine, Quesito CNN 528-2006/C, in Studi e Materiali del Consiglio Nazionale del Notariato, Milano, 2007, p. 805; A. Pischetola, Circolazione dei beni culturali e attività notarile, in Quaderni del Notariato, Milano, 2006, p. 53; S. Pagliantini, Autonomia privata e divieto di convalida dell’atto nullo, cit., p. 30.

[66] R. Fuccillo, La circolazione dei beni culturali d’interesse religioso, in Dir. eccl., 1993, I, p. 630.

[67] Cass., 27 novembre 2019, n. 30984, in Guida al dir., 2020, 8, p. 100, secondo cui la nullità ex art. 164 d.lgs. n. 42 del 2004 è relativa e unico legittimato a far valere la nullità della vendita di bene culturale compiuta in difetto dell’autorizzazione di cui all’art. 56 c.b.c. è il ministero competente al rilascio. V. anche Cass., 10 marzo 2009, n. 5773, in Guida al dir., 2009, p. 48 (con riferimento all’art. 61 legge n. 1089 del 1939 corrispondente all’art. 64 d.lgs. n. 42 del 2004); Cass. 24 maggio 2005 n. 10920, in Foro it., 2006, I, c. 1880; Cass., sez. un., 15 maggio 1971, n. 1440, in Foro it., 1971, I, c. 2829; Cass. 14 febbraio 1975, n. 590, in Foro it., 1975, I, c. 1107; Cass., sez. un. 9 dicembre 1985, n. 6180. In arg. v., F. Longobucco, Beni culturali e conformazione dei rapporti tra privati: quando la proprietà obbliga, in Patrimonio culturale. Profili giuridici e tecniche di tutela, a cura di E. Battelli, B. Cortese, A. Gemma, A. Massaro, Roma, 2017, p. 223; F. Dell’Aversana, La circolazione dei beni culturali tra norme giuridiche e regole di mercato, cit., p. 221.

[68] Legge che ha abrogato l’art. 15 della legge 28 gennaio 1977, n. 10 c.d. legge Bucalossi.

[69] Sul particolare profilo dell’applicabilità dell’art. 46 d.p.r. n. 380 del 2001 alla divisione ereditaria, v. G. Perlingieri, Profili applicativi della ragionevolezza nel diritto civile, cit., p. 81. In giur., v. Cass., 5 febbraio 2020, n. 2675, in Riv. giur. edil., 2020, p. 475; Cass., sez. un., 7 ottobre 2019, n. 25021, in ilfamiliarista.it, 27 gennaio 2020, con nota di V. Tagliaferri e F.M. Bava.

[70] A lungo si è dibattuto se tale patologia negoziale avesse natura di nullità formale o sostanziale. Con riguardo alla prima tesi, v. Cass., 15 giugno 2000, n. 8147, in Riv. notariato, 2001, p. 142, con nota di G. Casu, Brevi questioni sulla nullità ex artt. 17 e 40 l. n. 47/1985, in Contratti, 2001, p. 13, con nota di A. Angiuli, Vendita di immobili abusivi tra nullità virtuali e testuali; Cass., 24 marzo 2004, n. 5898, in Riv. notariato, 2005, p. 304, con nota di F. Bucciarelli Ducci, La Cassazione si pronuncia sulla natura della nullità di un atto in materia urbanistica: osservazioni alla luce del testo Unico n. 380 del 2001; Cass., 26 luglio 2005, n. 15584, in Dir. e Giust., 2005, p. 35; Cass. 5 luglio 2013, n. 16876, in Imm. e propr., 2013, p. 599; Cass., 14 giugno 2017, n. 14804, in Contratti, 2018, p. 178, con nota di G. Petti, La circolazione degli immobili urbani tra requisiti di commerciabilità e forma del contratto. In dottrina, P. Zanelli, Commento all’art. 40 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, in Nuove leggi civ. comm., 1985, p. 1237 s.; Id., Il condono edilizio: vecchie e nuove nullità, in Contr. impr., 1995, 3, 1233 ss.; G. Alpa, Abusi edilizi e categorie civilistiche, in Contr. impr., 1986, p. 139 ss.; Id., Questioni relative alla nozione di nullità nella legge di condono edilizio, in Riv. giur. ed., 1986, p. 93.; E. Bertolini, Commento all’art. 46 del d.P. R. 6 giugno 2001, n. 380 in Commentario breve alle leggi in materia urbanistica ed edilizia, a cura di R. Ferrara e G.F. Ferrari, Padova, 2010, p. 334 ss. con riguardo alla natura sostanziale, v. V. Mariconda, Dalla Bucalossi ad oggi: le nullità civili strumento di controllo urbanistico, in Corr. giur., 1984, p. 71 ss.; Id., Condono edilizio. La nullità degli atti, ivi, 1985, p. 423 ss.; A. Luminoso, I nuovi regimi di circolazione giuridica degli edifici, dei terreni e degli spazi a parcheggio (prime impressioni sulla legge 28.2.1985, n. 47), cit., 332 s.; G. Villa, Contratto e violazione di norme imperative, Milano, 1993, p. 229 ss.; A. Albanese, Violazione di norme imperative e nullità del contratto, Napoli, 2003, p. 233. In giurisprudenza 17 ottobre 2013, n. 23591, in Nuova giur. civ., 2014, p. 181, con nota di M. Nicolini, Irregolarità urbanistiche e invalidità del contratto; in Corr. giur., 2014, p. 1221, con nota di A. Oriani, La vendita di edifici abusivi, tra nullità e inadempimento; in Contratti, 2014, p. 660, con nota di N.A. Vecchio, Revirement in tema di nullità del preliminare ex art. 40 della legge 47/1985; Cass. 2013, n. 28194; Cass. 5 dicembre 2014, n. 25811, in Contratti, 2016, p. 27, con nota di S. Goione, Regolarità urbanistica degli immobili: vecchie certezze e criticabili novità; Cass. 17 settembre 2015, n. 18261, in Urb. e Appalti, 2015, p. 1134. Sul punto sono intervenute le Sezioni Unite, che hanno aderito alla nullità formale e testuale, Cass., 22 marzo 2019, n. 8230, in Riv. notariato, 2019, p. 341, con nota di C. Cicero e A. Leuzzi, Le nullità delle menzioni urbanistiche negli atti traslativi; ivi, p. 935, con nota di G. Trapani, La circolazione dei fabbricati dopo la sentenza n. 8230/2019 delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione; in Nuova giur. civ., 2019, p. 717, con nota di C. Natoli, La natura testuale della nullità urbanistica; in Notariato, 2019, p. 273 ss., con nota di F. Magliulo, Le menzioni urbanistiche negli atti traslativi: quale nullità?; in Contratti, 2019, p. 534, con nota di G. Orlando, Le S.S.U.U. sulla circolazione degli immobili abusivi. Note minime sulle nullità documentali “non formali”. In arg. v. V. Rizzi, Considerazioni sulla nullità degli atti negoziali per violazione delle norme in materia urbanistica ed edilizia alla luce della Sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, in www.federnnotizie.it, 28 marzo 2019; S. Pagliantini, Sulle nullità. Itinerari di uno studio, cit., p. 365 ss.; G. Orlando, Le nullità documentali. Dal neoformalismo al documentalismo, Napoli, 2021, p. 113 ss., secondo il quale sarebbe più corretto parlare di nullità “documentale”.

[71] F. Gazzoni, Manuale di diritto privato, Napoli, 2007, p. 1120; S. Monticelli, Contratto e fattispecie giuridica, cit., p. 217.

[72] M. Franzoni, sub. Art. 1423 c.c., in Commentario Cod. civ. Scialoja Branca, a cura di F. Galgano, Bologna-Roma, 1998, p. 195.

[73] Cass., sez. un., 17 settembre 2015, n. 18213, cit.; Cass., sez. un., 9 ottobre 2017, n. 23601; Cass., 14 giugno 2021, n.16742, cit.

[74] Ex artt. 2, 3 e 4 d.lgs. 20 giugno 2005, n. 122.

[75] G. Perlingieri, La convalida delle nullità di protezione e la sanatoria dei negozi giuridici, cit., p. 59 ss.; Id., Sanatoria, cit., p. 1115; S. Monticelli, Autonomia privata e limiti alla disponibilità della nullità contrattuale, in Contr. impr., 2018, p. 1050.

[76] Cass., 22 novembre 2019, n. 30555, in Riv. giur. edilizia, 2020, p. 1538, con nota di E. Battelli e V. Rossi, L’invalidità del contratto preliminare avente ad oggetto beni immobili da costruire nel sistema delle nullità di protezione. Cass., 8 febbraio 2023, n. 3817, in Giur. it., 2023, p. 2305, con nota di M. Ambrosoli, Nullità per mancato rilascio di fideiussione nella vendita di immobili da costruire.

[77] Cass., 18 settembre 2020, n. 19510, in Corr. Giur., 2021, p. 786, con nota di L. Mezzasoma, La nullità di protezione tra violazione di obblighi di legge e abuso del diritto; Cass., 12 luglio 2022, n. 21966, in Contratti, 2022, p. 629, con nota di D. Balbino, L’abuso del diritto nella disciplina a tutela degli acquirenti di immobili da costruire.

[78] V. Dominichelli, Edilizia residenziale pubblica, in Digesto disc. pubbl., V, Torino, 1990, p. 411 ss.; L. Mele, Edilizia sovvenzionata, agevolata e convenzionata e piani per l’edilizia economica e popolare, Firenze, p. 1987; M. Costanza, Integrazione del contratto mediante inserimenti automatici di clausole e limiti dell’autonomia privata, in Giust. civ., 1995, p. 1238; S. Sideri, Rivendita di alloggi da parte di assegnatari di cooperative, in Giur. mer., 1995, p. 647 ss.; K. Panella, La nullità del contratto preliminare stipulato in violazione dell’art. 35, commi 15 e 19, l. 22 ottobre 1971 n. 865, in Giust. civ., 1996, p. 3265 ss.; V. Cerulli, I vincoli amministrativi nella circolazione dei beni di edilizia residenziale convenzionata; prezzo imposto e sostituzione automatica di clausola contrattuale difforme, in Dir. e giur., 1998, p. 214; G. Casu, Edilizia residenziale pubblica convenzionata e legge finanziaria 1999, in Riv. not., 1999, p. 1423 ss.; F. Besozzi, Inalienabilità e preliminare di vendita, in Contratti, 1999, p. 767 ss.; D. Zappone, Edilizia sovvenzionata e vincoli di inalienabilità, in Riv. not., 2000, p. 380 ss.; G. Perulli, Casa e funzione pubblica, Milano, 2000, p. 41 ss.; G.C. Mengoli, Manuale di diritto urbanistico, Milano, 2003; S. Civitarese Matteucci, L’evoluzione della politica della casa in Italia, in Riv. trim. dir. pubbl., 2010, p. 163 ss.; P. Stella Richter, Evoluzione della legislazione urbanistica postunitaria, in Riv. giur. edil., 2011, p. 313 ss.; G. Marena, L’urbanistica consensuale e la negoziazione dei diritti edificatori, in Riv. not., 2013, p. 893 ss.; M. Bellante, Edilizia pubblica convenzionata e vincolo del prezzo massimo di cessione degli alloggi, in Corr. giur., 2016, p. 1542 ss.; M. Gugliotta, M. Fusco, La Cassazione torna a pronunciarsi sulla vendita degli alloggi di edilizia convenzionata con vincolo sulla determinazione del prezzo: riflessioni a margine di un orientamento da rimeditare, in Riv. not., 2018, p. 293 ss.; G.M. Antonelli, L’edilizia residenziale pubblica. Schemi e soluzioni operative, Napoli, 2020, p. 17 ss.

[79] Le convenzioni P. E.E.P. hanno, da un lato, natura di concessione/contratto per la parte che comporta il trasferimento in capo al concessionario del diritto di proprietà o di superficie che lo autorizza all’uso dell’area e, dall’altro, natura di convenzione urbanistica per la parte che disciplina l’urbanizzazione del comparto ove è ricompresa l’area oggetto di concessione. Le convenzioni P. E.E.P. si inseriscono nell’ambito di un complesso procedimento amministrativo, che può così sintetizzarsi: il Comune espropria le aree da destinare all’edilizia residenziale per realizzare costruzioni e abitazioni che in seguito potranno essere concesse in proprietà piena o concesse in diritto di superficie; l’area viene concessa in proprietà piena o in superficie al costruttore o soggetto realizzatore, con i quali viene stipulata una convenzione che prevede vincoli sul prezzo di cessione degli alloggi e limitazioni alla trasferibilità degli stessi. In arg. v., G. Casu, L’edilizia residenziale pubblica nell’attività notarile, Roma, 2010, p. 130 ss.

[80] Tali convenzioni si inseriscono nell’ambito del procedimento del rilascio del permesso di costruire e incidono sulla determinazione del contributo concessorio, al cui pagamento è subordinato il rilascio del permesso di costruire. Qui, l’accordo tra parte pubblica e parte privata riguarda principalmente la decisione del Comune di concedere una riduzione del contributo per il rilascio del permesso a costruire verso l’obbligo del concessionario-costruttore di vendere i beni nella misura prevista e concordata con la parte pubblica. A differenza delle convenzioni P. E.E.P., dunque, l’impresa edile non acquista il suolo dal Comune, ma riceve una riduzione degli oneri concessori per l’edificazione e deve sottostare all’obbligo di vendere a prezzi calmierati. Ogni pattuizione stipulata in violazione dei prezzi di cessione e dei canoni di locazione è nulla per la parte eccedente ex art. 18, co. 5, d.p.r. n. 380 del 2001.

[81] In arg. U. Grassi, Edilizia convenzionata: una nuova proposta ricostruttiva secondo il principio di ragionevolezza, in Rass. dir. civ., 2020, p. 82 ss.

[82] Si prevede, inoltre, che quanto stabilito al comma 1 si applichi anche agli immobili oggetto dei contratti stipulati prima dell’entrata in vigore della legge di conversione del d.l. n. 119 del 2018.

[83] Cass., sez. un., 6 luglio 2022, n. 21348, in Dir. & Giust., 2022, f. 123, p. 37, con nota di G. Tarantino, Il vincolo del prezzo massimo di cessione è un limite opponibile a tutte le alienazioni, fino al termine della procedura di affrancazione.

[84] P. Perlingieri, Forma dei negozi e formalismo degli interpreti, cit., p. 122 ss.; G. Perlingieri, La convalida delle nullità di protezione e la sanatoria dei negozi giuridici, cit., p. 97 ss.; Id., La convalida delle nullità di protezione. Contributo ad uno studio della sanatoria del negozio nullo, cit., p. 1901 ss.; Id., La convalida delle nullità di protezione e la sanatoria dei negozi giuridici, cit., p. 11; Id., Rilevabilità d’ufficio e sanabilità dell’atto nullo, dieci anni dopo, cit., p. 1105 ss.; Id., Sanatoria, cit., p. 1103.

[85] G. Pelingieri, op. ult. cit., p. 106.

[86] G. Perlingieri, Sanatoria, cit., p. 1123. V. anche Id., Profili applicativi della ragionevolezza nel diritto civile, cit., p. 16 ss.