Jus CivileISSN 2421-2563
G. Giappichelli Editore

Utilità fondiaria nella servitù di parcheggio e tipicità dei diritti reali (di Carmelo Giuseppe Antillo, Dottorando – Università degli Studi di Messina.)


Con la sentenza n. 3925 del 13 febbraio 2024 la Corte di Cassazione si è pronunciata a Sezioni Unite in tema di tipicità dei diritti reali e costituzione negoziale della servitù di parcheggio. In particolare, la Suprema Corte ha risolto il contrasto giurisprudenziale in materia riconoscendo, una volta per tutte, l’utilità fondiaria del diritto di parcheggiare un’autovettura sul fondo altrui ed affermando la validità delle pattuizioni aventi ad oggetto la costituzione della servitù di parcheggio, a condizione che sussistano in concreto tutti i requisiti essenziali del diritto reale di servitù. La decisione si basa sul principio di tipicità dei diritti reali, che comporta l’inderogabilità degli elementi strutturali delle situazioni reali tipizzate dalla legge e che, nel caso delle servitù volontarie, deve essere inteso in senso strutturale e non contenutistico. Secondo la Cassazione, infatti, nell’ambito della configurazione della servitù di parcheggio assume particolare rilevanza la c.d. “localizzazione” dell’esercizio della servitù, un corollario del carattere di specialità del diritto di servitù, che non può mai risolversi in un rapporto di generico asservimento tra due fondi, ma deve necessariamente consistere in una utilità specifica da sottrarre al fondo servente a vantaggio del fondo dominante. Inoltre, la recente pronuncia delle Sezioni Unite consente di svolgere alcune riflessioni in merito al principio di tipicità e numero chiuso dei diritti reali, nel segno del superamento di antichi dogmi della tradizione e di un più generale ripensamento della prospettiva da cui guardare ai margini di ammissibilità della conformazione negoziale del contenuto della proprietà.

Land utility in parking easement and typicality of real rights

In its ruling No. 3925 of Feb. 13, 2024, the Supreme Court of Cassation issued a joint-section ruling on the typicality of real rights and the negotiated constitution of a parking easement. Specifically, the Supreme Court resolved the jurisprudential contrast on the subject by recognizing, once and for all, the land utility of the right to park a car on someone else's land and affirming the validity of agreements having as their object the constitution of a parking easement, provided that all the essential requirements of the real right of easement exist in practice. The decision is based on the principle of typicality of real rights, which entails the non-derogability of the structural elements of the real situations typified by the law and which, in the case of voluntary easements, must be understood in a structural sense and not in a content sense. According to the Supreme Court, in fact, in the context of the configuration of the parking easement, the so-called "localization" of the exercise of the easement assumes particular relevance, as a corollary of the specialty character of the right of easement, which can never be resolved in a relationship of generic servitude between two funds but must necessarily consist of a specific utility to be taken away from the servant fund for the benefit of the dominant fund. Moreover, the recent pronouncement of the United Sections allows for some reflections on the principle of typicality and closed number of real rights, in the sign of overcoming old dogmas of tradition and a more general rethinking of the perspective from which to look at the margins of admissibility of the negotiated conformation of the content of property.

SOMMARIO:

1. Una recente pronuncia delle Sezioni Unite sulla c.d. servitù di parcheggio: il contrasto giurisprudenziale - 2. Autonomia privata e servitù volontarie - 3. Numero chiuso e tipicità dei diritti reali - 4. Regole di struttura e regole di esercizio nel diritto di servitù. - 5. La regola di specialità e il contenuto della servitù - 6. La “localizzazione” e l’incidenza di una regola di esercizio sul contenuto della servitù di parcheggio - 7. Segue: precisazioni sulla nozione di “localizzazione” - 8. Considerazioni conclusive - NOTE


1. Una recente pronuncia delle Sezioni Unite sulla c.d. servitù di parcheggio: il contrasto giurisprudenziale

Con la sentenza n. 3925 del 13 febbraio 2024 la Corte di Cassazione si è pronunciata a Sezioni Unite in tema di tipicità dei diritti reali e costituzione negoziale della servitù di parcheggio [1]. Secondo la Suprema Corte «lo schema previsto dall’art. 1027 c.c. non preclude la costituzione, mediante convenzione, di servitù avente ad oggetto il parcheggio di un veicolo sul fondo altrui». Ma ciò solo a condizione che, «in base all’esame del titolo e ad una verifica in concreto della situazione di fatto, tale facoltà risulti essere stata attribuita come vantaggio in favore di altro fondo per la sua migliore utilizzazione e sempre che sussistano i requisiti del diritto reale e in particolare la localizzazione». Le Sezioni Unite sono state investite della questione al fine di risolvere il contrasto giurisprudenziale in materia [2]. Com’è noto, nel repertorio della Suprema Corte sul tema è possibile rintracciare due diversi orientamenti. L’indirizzo più risalente nega la configurabilità di servitù aventi ad oggetto il diritto di parcheggiare autovetture su un fondo altrui. Si ritiene che tali convenzioni siano carenti del requisito necessario della predialità, in virtù del quale la servitù non può mai risolversi in una maggiore commoditas del godimento personale del proprietario, ma deve consistere nel riferimento diretto dell’utilitas al fondo dominante. Secondo tale opinione, benché il diritto di parcheggio costituisca un peso posto a carico del fondo servente, esso non può mai essere inteso come un vantaggio per il fondo dominante, in quanto l’utilità è necessariamente riferita alla persona del beneficiario e/o di altri soggetti specifici. Da questa impostazione discende l’impossibilità di qualificare il diritto di parcheggio in termini di servitù, ma si ritiene che la connotazione personalistica della situazione giuridica costituita possa consentirne la sussunzione, a seconda delle circostanze, nel diritto reale d’uso o in un diritto personale di godimento [3]. L’orientamento più recente, in maggiore sintonia con le indicazioni della dottrina, tende, invece, ad ammettere, sia pure a determinate condizioni, la costituzione per contratto di servitù di parcheggio [4]. Il nuovo indirizzo, ora [continua ..]


2. Autonomia privata e servitù volontarie

La decisione della Suprema Corte vuole sicuramente valorizzazione il principio di autonomia negoziale, che, come è noto, anche ai sensi dell’art. 1322 c.c. conferisce ai privati ampia libertà in ordine agli strumenti giuridici mediante i quali programmare la realizzazione dei propri interessi [9]. Ciononostante, secondo le Sezioni Unite la costituzione della servitù di parcheggio non dipende esclusivamente dall’intenzione delle parti, ma è subordinata, in ogni caso, alla sussistenza di tutti i requisiti caratterizzanti lo schema tipico del diritto di servitù. Sulla scia del proprio costante orientamento la Cassazione afferma che l’autonomia privata incontra un significativo limite nel principio del numero chiuso dei diritti reali, che preclude la creazione di fonte negoziale di diritti reali atipici ed impone il rispetto degli elementi strutturali di ciascuna figura legalmente prevista [10]. La Corte precisa, tuttavia, che nell’ambito delle servitù volontarie tale principio è da intendersi in senso strutturale, e non contenutistico, in quanto i privati possono determinare liberamente il contenuto del diritto purché ne rispettino la struttura tipica. In particolare, con riferimento al caso di specie «l’autonomia contrattuale è libera di prevedere una utilitas – destinata a vantaggio non già di una o più persone, ma di un fondo – che si traduca nel diritto di parcheggio di autovetture secondo lo schema appunto della servitù prediale e quindi nell’osservanza di tutti i requisiti del ius in re aliena, quali l’altruità della cosa, l’assolutezza, l’im­me­diatezza (non necessità dell’altrui collaborazione, ai sensi dell’art. 1064 cod. civ.), l’inerenza al fondo servente (diritto opponibile a tutti coloro che vantino diritti sul fondo servente potenzialmente in conflitto con la servitù), l’inerenza al fondo dominante (l’utilizzo del parcheggio deve essere, nel contempo, godimento della proprietà del fondo dominante, secondo la sua destinazione), la specificità dell’utilità riservata, la localizzazione intesa quale individuazione del luogo di esercizio della servitù affinché non si incorra nella indeterminatezza dell’oggetto e nello svuotamento di fatto del diritto di [continua ..]


3. Numero chiuso e tipicità dei diritti reali

Dalla lettura della sentenza si evince chiaramente che il tema delle condizioni di ammissibilità della servitù di parcheggio involge il rapporto intercorrente tra il principio di autonomia contrattuale e quello di numero chiuso e tipicità dei diritti reali, che costituisce un argomento ricorrente nelle recenti decisioni della Cassazione ed importa un limite non indifferente per l’autonomia privata, poiché introduce il divieto assoluto di conformazione convenzionale del diritto di proprietà [13]. La tradizionale distinzione tra numerus clausus (Typenzwang) e tipicità (Typenfixierung) si deve al diverso significato che si è soliti attribuire ai due concetti, considerati dalla dottrina e dalla giurisprudenza come aspetti complementari del medesimo principio. Ed invero, il profilo del numero chiuso inerisce alla fonte del diritto reale, laddove il profilo della tipicità riguarda il contenuto della situazione giuridica [14]. Pertanto, in virtù di tale principio ai privati sarebbe preclusa sia la facoltà di costituire per contratto diritti reali atipici, che la possibilità di modificare pattiziamente gli elementi caratterizzanti la struttura tipica degli iura in re aliena espressamente previsti dalla legge [15]. Occorre rilevare che, mentre l’autonomia negoziale riceve esplicito riconoscimento all’art. 1322 c.c., secondo la dottrina prevalente nell’ordinamento giuridico italiano «il principio del numerus clausus è classificabile tra i principi inespressi in mancanza di un testo legislativo sicuro che ne sancisca il fondamento» [16]. Nonostante le perplessità sollevate da autorevoli studiosi [17], la giurisprudenza si è sempre mostrata monolitica nell’affermare la sussistenza del principio del numerus clausus, e la pronuncia della Cassazione si innesta nel solco di tale orientamento nella misura in cui statuisce che, non essendo permessa la creazione contrattuale di diritti reali atipici, le parti possono costituire convenzionalmente servitù di parcheggio solo a condizione che la relativa situazione giuridica sia suscettibile di essere ricondotta nel tipo della servitù prediale. La questione sottoposta al vaglio delle Sezioni Unite riguarda più il profilo della tipicità che quello del numero chiuso, dal momento che non si tratta [continua ..]


4. Regole di struttura e regole di esercizio nel diritto di servitù.

È necessario, a questo punto, spostare l’attenzione sul piano degli elementi caratterizzanti la struttura tipica del diritto di servitù, in modo da chiarire fino a che punto l’autonomia privata possa dilatarne le maglie attraverso la conformazione convenzionale della fattispecie [21]. Parte della dottrina ha messo in rilievo che per ogni diritto reale la legge predispone una disciplina complessa, nell’ambito della quale è possibile distinguere regole di struttura da regole di esercizio [22]. Le norme del primo tipo sono cogenti e delineano il nucleo essenziale della situazione giuridica; quelle inerenti al secondo profilo hanno natura tendenzialmente dispositiva, e sono, pertanto, liberamente derogabili dalle parti. La Suprema Corte dimostra di aderire alla predetta distinzione, nella misura in cui stabilisce che i requisiti strutturali del diritto di servitù rappresentano un limite invalicabile per l’autonomia contrattuale dei privati. È noto che al diritto di servitù appartengono, in primo luogo, i caratteri comuni a tutti gli iura in re aliena, quali immediatezza, assolutezza ed inerenza. Inoltre, la fattispecie è governata da alcuni principi risalenti alla tradizione romanistica e recepiti dal codice civile del 1942, come traspare già dalla definizione del contenuto del diritto fornita dall’art. 1027 c.c., secondo cui «la servitù prediale consiste nel peso imposto sopra un fondo per l’utilità di un altro fondo appartenente a diverso proprietario». Si tratta, nello specifico, dei seguenti principi: a) realitas (o predialità), in virtù del quale sia il peso che l’utilità devono costituire una qualitas, rispettivamente, del fondo servente e del fondo dominante; b) nemini res sua servit, che postula l’ap­partenenza del fondo servente e del fondo dominante a proprietari diversi; c) servitus in faciendo consistere nequit, in base al quale il peso imposto sul fondo servente non può mai consistere in un facere e che trova riscontro nelle regole previste agli artt. 1030 e 1069 c.c.; d) praedia vicina esse debent, che richiede la sussistenza di una contiguità topografica tra i due fondi tale da consentire l’effettivo asservimento dell’uno all’altro. Il contenuto della servitù deve assumere, poi, [continua ..]


5. La regola di specialità e il contenuto della servitù

Tra le regole di struttura del diritto di servitù merita particolare attenzione quella della specialità, secondo cui il diritto di servitù comporta la sottrazione al fondo servente di un’utilità specifica e sufficientemente determinata a vantaggio del fondo dominante, al fine di evitare che il rapporto di asservimento tra i due immobili precluda al proprietario del fondo servente qualsiasi possibilità di utilizzo dell’area. Dal carattere della specialità, infatti, la dottrina e la giurisprudenza ricavano il principio, richiamato anche dalla sentenza delle Sezioni Unite, in base al quale il diritto di servitù non può mai consistere in un peso tale da provocare il totale assorbimento delle utilità connesse al fondo servente, dal momento che un simile gravame avrebbe come effetto quello di svuotare di contenuto il concorrente diritto di proprietà [27]. Tale limitazione si fonda, innanzitutto, sul dato letterale dell’art. 1027 c.c., a norma del quale la servitù consiste pur sempre in un «peso», che per sua natura non può concretarsi nella abdicazione complessiva delle facoltà promananti dal fondo servente a beneficio del fondo dominante. Lo schema della servitù, inoltre, essendo espressione di un «principio di collaborazione fondiaria» [28], presuppone il godimento condiviso e simultaneo del fondo servente, sebbene a diverso titolo [29]. In questa direzione sembra deporre, per altro verso, anche la necessità di salvaguardare interessi generali di ordine pubblico economico, quale è indubbiamente l’interesse alla circolazione giuridica dei beni. A differenza di quanto accade nel caso dei diritti reali destinati ad estinguersi con la morte del loro titolare (usufrutto, uso e abitazione) e nei diritti personali di godimento, che non sono opponibili ai terzi, la completa elisione delle facoltà inerenti ad un fondo, unita alla natura reale e potenzialmente perpetua del diritto di servitù, provocherebbe uno svuotamento perenne del contenuto della proprietà del fondo servente, intaccandone l’intera capacità produttiva ed estromettendolo dal mercato senza limiti di tempo [30].


6. La “localizzazione” e l’incidenza di una regola di esercizio sul contenuto della servitù di parcheggio

Nell’ambito degli elementi essenziali del diritto di servitù, al cui rispetto è subordinata la costituzione contrattuale di servitù di parcheggio, la Cassazione annovera anche il requisito della “localizzazione”, «intesa quale individuazione del luogo di esercizio della servitù» [31]. Ad una prima lettura, la scelta di ricondurre la localizzazione alla struttura tipica del diritto di servitù potrebbe destare qualche perplessità, poiché la specificazione della porzione del fondo servente in cui il proprietario del fondo dominante ha il diritto di parcheggiare l’autovettura sembra attenere più al piano dell’esercizio del diritto che al nucleo essenziale della fattispecie. Nella prospettiva della Cassazione la necessità di individuare in modo preciso il luogo di esercizio della servitù si spiega con l’esigenza di soddisfare il principio di specialità, che impone la specificità dell’utilità riservata al fondo dominante, al fine di evitare il sostanziale svuotamento della proprietà del fondo servente. È in quest’ottica, pertanto, che va inquadrata la statuizione con cui la Corte ha affermato che non è «concepibile una servitù di parcheggio che si estenda, a mera discrezione del titolare del fondo dominante, in qualsiasi momento e indistintamente su qualsiasi punto del fondo servente, che finirebbe in tal modo per essere svuotato di ogni possibilità di sfruttamento, finanche mediante accesso al sottosuolo» [32]. Si può notare, dunque, che la Cassazione ha ricostruito la fisionomia della servitù di parcheggio avvalendosi, tra l’altro, di una norma riguardante l’esercizio del diritto, avvalorando, in questo modo, l’opinione che propone di sostituire la distinzione tra regole di struttura e regole di esercizio con quella tra profilo statico e profilo dinamico delle situazioni reali [33].


7. Segue: precisazioni sulla nozione di “localizzazione”

L’importanza attribuita dalle Sezioni Unite al requisito della localizzazione nella fattispecie della servitù di parcheggio consente di svolgere alcune considerazioni sul significato da assegnare a tale elemento e sulle eventuali conseguenze della sua assenza all’interno del regolamento negoziale, al fine di accertare quale sia la sorte del contratto nell’ipotesi in cui manchi la precisa indicazione del luogo di esercizio del diritto. Al riguardo, occorre rammentare la distinzione che intercorre tra la nozione di «oggetto del diritto di servitù», che deve soddisfare il principio di specialità e costituisce il contenuto atipico delle servitù volontarie, e quella di «oggetto del contratto costitutivo di servitù», che risponde, invece, al principio di determinatezza o determinabilità codificato all’art. 1346 c.c. La migliore dottrina osserva che il carattere della specialità – che nella fattispecie in esame è integrato dal requisito della localizzazione – nulla ha a che vedere con la determinatezza dell’oggetto del contratto costitutivo di servitù, poiché si tratta di regole aventi scopi eterogenei, se non proprio antitetici [34]. Più precisamente, se la specialità dell’oggetto della servitù è preordinata ad evitare la totale soppressione delle utilità del fondo servente, la determinatezza dell’oggetto del contratto si ricollega al bisogno che le parti individuino precisamente il punto di riferimento oggettivo degli effetti del negozio. Mentre la violazione del principio di specialità importa una forzatura dello schema tipico della servitù prediale ed integra, perciò, un esercizio non consentito dell’autonomia contrattuale, l’invalidità del contratto per indeterminatezza dell’oggetto deriva da un esercizio non sufficiente di quest’ultima [35]. Pertanto, si verserà nella prima ipotesi nel caso in cui le parti abbiano dichiaratamente esteso l’esercizio della servitù di parcheggio a tutta la superficie del fondo servente; qualora, invece, i contraenti si siano limitati a pattuire il contenuto della servitù senza specificarne il luogo di esercizio, viene in rilievo il profilo della determinatezza del regolamento negoziale. Appurato che tali regole afferiscono ad ambiti diversi, è [continua ..]


8. Considerazioni conclusive

 La sentenza delle Sezioni Unite consolida in via definitiva l’orientamento che riconosce l’utilità fondiaria del diritto di parcheggiare sul fondo altrui. La decisione è pienamente condivisibile in quanto ammette l’astratta configurabilità di tale servitù a condizione che dal titolo negoziale emerga la volontà delle parti di riferire l’utilitas al fondo dominante e che la situazione giuridica costituita sia dotata di tutti i requisiti caratterizzanti lo schema legale della servitù prediale. Una soluzione diversa potrebbe prospettarsi con riferimento all’importanza da assegnare al requisito della localizzazione. Del resto, la scelta della Corte di ricomprendere tale elemento tra i caratteri essenziali della servitù è conseguenza dell’assunto secondo cui il parcheggio costituirebbe una facoltà che potenzialmente assorbe tutte le utilità del fondo servente. Non sembra, tuttavia, che il diritto di parcheggiare sul fondo altrui consista in un peso tale da provocare, di per sé, la totale elisione delle facoltà connesse all’area asservita. Invero, deve osservarsi che a disposizione del proprietario del fondo servente residuano diverse utilità, come, ad esempio, lo sfruttamento del sottosuolo e dello spazio sovrastante il suolo (ivi compresi i relativi diritti edificatori, che, a determinate condizioni, possono essere esercitati dallo stesso proprietario su un fondo diverso o trasferiti a terzi a titolo oneroso), il transito, la veduta ed il mantenimento dello stato di fatto e di diritto dei luoghi [40]. Quanto detto conduce ad escludere che il requisito della localizzazione sia sempre indispensabile per la valida costituzione di qualsiasi servitù di parcheggio: a siffatta conclusione dovrà giungersi tutte le volte in cui le circostanze del caso e le concrete modalità di esercizio della servitù siano tali da impedire qualunque utilizzo del fondo servente; qualora, invece, da esso possano comunque ricavarsi altre utilità, non sembra che vi siano ostacoli alla concessione del diritto di parcheggiare per tutta l’estensione dell’area asservita. Il che, peraltro, in talune ipotesi potrebbe costituire la più proficua modalità di fruizione del fondo servente, realizzando contemporaneamente l’interesse dei titolari di entrambi gli immobili. Si tratta, dunque, [continua ..]


NOTE
Fascicolo 2 - 2024