Il contributo indaga l’eventualità per cui, il disponente, voglia prendere posizione in merito a future terapie sperimentali. In particolar modo, l’indagine mira far luce sull’ampiezza della scelta del disponente, circa la possibilità che questi ha di prestare, o negare, il consenso anticipato, a future, eventuali, terapie sperimentali, indicando una espressa manifestazione di volontà, a tal riguardo, nelle disposizioni anticipate di trattamento; a codesto interrogativo si accompagna quello sul ruolo dei sostituti del paziente, nel dialogo col medico, chiamati a dare sèguito alle volontà calate nelle disposizioni anticipate di trattamento.
The contribution investigates the possibility that the settlor wants to take a position regarding future experimental therapies. In particular, the investigation aims to shed light on the extent of the settlor's choice, regarding the possibility that he has to give, or deny, advance consent to future, possible, experimental therapies, indicating an express manifestation of will, to in this regard, in the advance care directives; This question is accompanied by that of the role of the patient's substitutes, in the dialogue with the doctor, called to follow up on the wishes expressed in the advance treatment orders.
1. Considerazioni introduttive: disposizioni anticipate di trattamento e terapie sperimentali - 2. Il concetto giuridico di cure mediche - 3. La disciplina delle terapie sperimentali - 4. Contenuto, e limiti, delle disposizioni anticipate di trattamento - 5. Volontà in materia di terapie sperimentali e attuazione delle scelte del paziente - 6. Osservazioni conclusive - - NOTE
La necessità di dare voce alle esigenze del paziente ha condotto il legislatore a intervenire sulla relazione terapeutica, pel tramite della Legge 22 dicembre 2017, n. 219, la quale è stata ampiamente commentata, in dottrina, sin dai primi momenti della sua vigenza. L’ampia attenzione che ha ricevuto, codesto intervento, non ha fatto venir meno gli interrogativi, circa le scelte del paziente, in quanto il legislatore racchiude, in poche, e stringate, norme, taluni principî e regole, che animano il rapporto di cura. Fra gli aspetti di maggior rilievo della L. n. 219/2017, v’è senza dubbio il riconoscimento normativo delle disposizioni anticipate di trattamento, a fronte di un’esigenza avvertita, da lungo tempo, in dottrina, che ne indagò l’ammissibilità, come atto di volontà della persona circa i proprî, futuri, trattamenti sanitarî [1]. Si rammenti, a tal proposito, che la possibilità di compiere tali scelte è stata riconosciuta, per la prima volta, negli Stati Uniti d’America [2], e che il loro accoglimento fu preceduto da un dibattito dottrinale [3], vivificato da alcuni casi giurisprudenziali [4], e tentativi di riforma legislativa [5], che hanno accentuato l’attenzione pubblica sulle problematiche inerenti alle scelte terapeutiche. L’art. 4, primo comma, della L. n. 219/2017, regola le disposizioni anticipate di trattamento, dando spazio alle scelte di cura della persona, in vista della futura incapacità di autodeterminarsi, nelle quali il disponente presta il consenso o il rifiuto anticipati rispetto ad accertamenti diagnostici, scelte terapeutiche o a singoli trattamenti sanitarî. Le disposizioni anticipate di trattamento sono un negozio giuridico unilaterale, non recettizio, a contenuto non patrimoniale, e soggette a puntuali oneri di forma e di pubblicità [6]. Non pare essere in dubbio la loro natura di negozio giuridico, quantomeno stando alla comune definizione di quest’ultimo come manifestazione di volontà che viene riconosciuta dall’ordinamento giuridico, al fine di produrre effetti nei rapporti giuridici [7]: con le disposizioni anticipate di trattamento, difatti, il disponente assume delle scelte in ordine alla sua futura condizione di salute, che, come tale, dev’essere tenuta in considerazione dal medico e dal personale di cura [8]. Osservando la stringata formulazione dell’art. 4 della L. n. 219/2017, da un lato vengono meno le perplessità, circa l’ammissibilità delle disposizioni anticipate di trattamento, in virtù del richiamato intervento normativo; epperò, dall’altro lato, taluni interrogativi mantengono vigore, quantomeno nel momento in cui si tratti d’indagare fino a che punto, il disponente, possa esprimere le proprie intenzioni di cure, nonché sul modo con cui si debba dare esecuzione alle volontà calate nelle disposizioni anticipate di trattamento. Fra i numerosi problemi, che nascono da siffatta regolamentazione, merita approfondire l’eventualità per cui, il disponente, voglia prendere posizione in merito a future terapie sperimentali: questi, difatti, potrebbe essere animato dalla speranza che, grazie alla sperimentazione clinica, vi siano migliori aspettative di guarigione, rispetto alle cure tradizionali; oppure, intimorito dai rischî di effetti collaterali, ancòra poco noti, per la fase sperimentale della terapia, la persona desideri, invece, rifiutare anticipatamente quelle cure. Si consideri solamente come codeste terapie si pongano alla base della ricerca scientifica, perché contribuiscono al continuo rinnovamento del sapere medico, e del progresso, nelle terapie di cura, garantendo risultati scientificamente valutabili [9]; il loro ricorso, rispetto alla condizione di pazienti che non avevano speranze di guarigione, ha suscitato un vivace dibattito, coinvolgendo un giudizio sull’ampiezza del diritto alle cure mediche, e, quindi, all’autodeterminazione terapeutica, del malato [10]. Nel momento della loro attuazione, poi, l’assenza di dati certi, in merito alle ricadute sul malato, pone delicati interrogativi circa le scelte che devono essere compiute in ordine alla loro prosecuzione, sulle quali il paziente potrebbe non trovarsi nella condizione di decidere adeguatamente, poiché incapace di autodeterminarsi. L’indagine sui profili problematici, che pongono le scelte in ordine alle future terapie sperimentali, non pare affatto trascurabile, specie in un’epoca, com’è quella attuale, dove la crisi dei valori ha colpito anche la scienza medica, in ragione del proliferare di tecniche, o metodologie, di cura, che si pongono come alternative, rispetto alla medicina tradizionale. Non va, difatti, sottaciuto che la medicina, pur apparendo, a coloro i quali non siano dotati di conoscenze in merito, una scienza affidabile e meditata, sia una disciplina particolarmente dinamica, che, pur rinnovandosi grazie alle scoperte della ricerca scientifica, presenti numerose anime, le quali non sempre concordano, nel perseguire un percorso di cura, rispetto a un altro [11]. Occorre quindi far luce sul tema, e indagare l’ampiezza della scelta del disponente, circa la possibilità che questi ha di prestare, o negare, il consenso anticipato, a future, eventuali, terapie sperimentali, indicando una espressa manifestazione di volontà nelle disposizioni anticipate di trattamento; a codesto interrogativo si accompagna quello sul ruolo dei sostituti del paziente, nel dialogo col medico, chiamati a dare séguito alle volontà calate nelle disposizioni anticipate di trattamento.
Fermando l’attenzione sulle disposizioni anticipate di trattamento, il legislatore disciplina i requisiti di forma, che esse devono avere (art. 4, primo e secondo comma, della L. n. 219/2017), nonché la loro efficacia nel momento in cui ne afferma la vincolatività per il medico [12], salvo precisare come, a salvaguardia delle intenzioni del paziente, codeste volontà possano venir disattese, previo accordo fra il medico e il fiduciario (art. 4, quinto comma), o fra il medico e l’amministratore di sostegno del paziente, autorizzato dal giudice tutelare (artt. 3, quinto comma, e 4, quarto comma). Invece, il legislatore lascia in ombra il tema legato ai requisiti dell’oggetto delle disposizioni anticipate di trattamento: la disposizione del primo comma dell’art. 4, invero, si limita a indicare che ogni persona maggiorenne e capace di intendere e di volere, in previsione di un’eventuale futura incapacità di autodeterminarsi, e dopo aver acquisito adeguate informazioni mediche sulle conseguenze delle sue scelte, possa esprimere «le proprie volontà in materia di trattamenti sanitari, nonché il consenso o il rifiuto rispetto ad accertamenti diagnostici o scelte terapeutiche e a singoli trattamenti sanitari». Giova, quindi, domandarsi se vi siano limiti, al contenuto delle disposizioni anticipate di trattamento, al fine di valutare la possibilità, per il disponente, di prendere posizione circa la futura praticabilità di dati trattamenti; nondimeno, a codesto interrogativo fa da sfondo un’incertezza circa la stessa nozione di cure mediche, ché solo le decisioni sulle terapie possono essere calate nelle disposizioni anticipate di trattamento. A tal riguardo, non si manchi di considerare come il legislatore, anche al di fuori della L. n. 219/2017, eviti di definire cosa si intenda, giuridicamente, per terapie o cure mediche, pur avendo chiara consapevolezza della loro importanza, non solo in numerose disposizioni, soprattutto di natura amministrativa, bensì anche nelle previsioni della Costituzione (art. 32 Cost.). Né l’interprete pare potersi arrendere di fronte a codesto interrogativo, reputando che non sia suo còmpito, quello di ricostruire concettualmente codesta nozione, bensì quello della scienza medica; difatti, non è dubitabile che le cure mediche presentino una sicura rilevanza, in numerosi àmbiti del diritto, com’è testimoniato dalla crescente attenzione del legislatore nell’intervenire in siffatta materia. Per avere conferma di ciò, basti considerare che, proprio sulla scorta di delicati interrogativi sollevati in alcune note vicende giudiziarie, è parso necessario, al legislatore, definire quali trattamenti debbano essere intesi come cure mediche, com’è stato nel caso dell’alimentazione e dell’idratazione artificiale (art. 1, quinto comma, della L. n. 24/2017) [13]. Per tentare di dare risposta a codesto interrogativo, pare potersi ricavare la nozione di cure mediche tenendo conto di due aspetti. Un primo punto di vista è quello funzionale, che osserva, pertanto, l’èsito terapeutico dell’intervento [14]: in ciò, si può avere riguardo all’art. 5, Legge 8 marzo 2017, n. 24, che, nel descrivere la liceità del trattamento medico, si riferisce agli «esercenti le professioni sanitarie, nell’esecuzione delle prestazioni sanitarie con finalità preventive, diagnostiche, terapeutiche, palliative, riabilitative e di medicina legale». L’importanza del fine della cura si rinviene anche dalla nozione di salute, offerta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, nel 1948, quale benessere psico-fisico dell’individuo [15]. Sennonché, codesta indicazione si mostra sfuggente e risulta, da sola considerata, poco utile all’interprete. Difatti, una prospettiva che si fondi solo sul fine, degli interventi sulla persona, ma non esprima anche il modo, con cui detto risultato si raggiunga, non pare in grado di discriminare fra i metodi che possano essere qualificati cure mediche e quelli che, invece, siano esclusi da siffatta qualificazione [16]. La prospettiva funzionale deve, allora, essere completata considerando il concetto di cure mediche da un punto di vista soggettivo. A tal proposito, un’importante indicazione è offerta dall’art. 25 della Legge 23 dicembre 1978, n. 833, nella quale il legislatore definisce la «prestazione di cura», nel contesto della Istituzione del servizio sanitario nazionale, come quella riferita a tutti coloro i quali effettuano il trattamento (il medico generico, specialistico, infermiere o farmacista) [17]. Pertanto, pur potendo essere arduo individuare, una volta per tutte, il contenuto dell’obbligo del medico, in quanto esso varia, col mutare dei tempi [18], si avrà un trattamento sanitario ogniqualvolta vi sia una prestazione di un professionista della sanità [19], che mira alla tutela della salute del paziente [20]: sul referente oggettivo della cura prevale, comunque, la qualità soggettiva del medico. Codesta qualità, peraltro, risulta essere certa, in ragione della necessità di una iscrizione, del professionista, presso gli albi professionali, ed è, oltretutto, ricavabile dagli alluvionali provvedimenti secondarî, che disciplinano l’attività delle professioni sanitarie [21]. La relatività del concetto di cure mediche si comprende, peraltro, anche osservando i canoni di valutazione della liceità del trattamento sanitario, che si ricavano, normativamente, dalla previsione dell’art. 5, primo comma, della L. n. 24/2017. Nella disposizione or ora richiamata, l’attività dell’esercente sanitario è vincolata alle raccomandazioni previste dalle linee-guida elaborate da enti e istituzioni pubblici o privati, nonché da società o associazioni scientifiche iscritte in un apposito elenco, o, in loro mancanza, alle buone pratiche clinico-assistenziali [22]. Codesta norma va coordinata, in chiave sistematica, con la prescrizione dell’art. 1, sesto comma, della L. n. 219/2017, in cui il legislatore, dopo aver affermato l’esclusione della responsabilità del medico che segue la volontà espressa dal paziente, dispone che questi non possa esigere trattamenti sanitarî contrarî a norme di legge, alla deontologia professionale o alle buone pratiche clinico-assistenziali [23].
Nel contesto della nozione di cure mediche, è opportuno fermare l’attenzione sulle terapie sperimentali, e, quindi, sulla minuziosa regolamentazione affidata al D.lgs. 23 giugno 2003, n. 211, che disciplina la sperimentazione clinica di medicinali, nonché al Decreto-legge 17 febbraio 1998, n. 23, che detta norme in materia di sperimentazione clinica in campo oncologico [24]. La normativa sulla sperimentazione clinica mostra un registro stilistico assai diverso, rispetto a previsioni delle leggi più recenti, perché è assai più articolata, come dimostrano già, peraltro, le numerose definizioni normative, dettate dal legislatore, che si cura di precisare il concetto di buona pratica clinica (art. 1, secondo comma, D.lgs. n. 211/2003), quello di sperimentazione clinica (art. 2, primo comma, lett. a) e la nozione di medicina sperimentale (art. 2, primo comma, lett. c). Già da codeste definizioni, si evince che anche quelle sperimentali siano cure mediche, in quanto, pur non avendo ancòra compiuto il percorso verso il loro riconoscimento scientifico, codeste terapie sono attuate da esercenti le professioni sanitarie e mirano all’intervento benefico nei confronti del paziente, ancorché si arricchiscano di un indubbio valore ai fini della ricerca clinica. Piuttosto, i delicati profili di rischio, che esse pongono, hanno reso necessario un puntuale intervento normativo, che ne definisca i limiti e le condizioni. Dalla lettura coordinata delle fonti, si evince, allora, come il rispetto delle prescrizioni in materia di sperimentazione concorra a definire la nozione di buona pratica clinica (art. 1, secondo comma) e rilevi, quindi, ai fini della valutazione della liceità dell’intervento medico (art. 6 ss. della L. n. 24/2017). Quanto alle condizioni che devono essere rispettate, per procedere alla sperimentazione, giova ricordare il ruolo che assume il comitato etico (art. 3, primo comma, lett. a), l’importanza dell’informazione sulla sperimentazione (art. 3, primo comma, lett. b), le minuziose regole sulla prestazione del consenso informato per il trattamento, dopo l’informativa del medico (art. 3, primo comma, lett. d), nonché la necessaria presenza di un professionista qualificato (art. 3, secondo comma) [25]. Tali previsioni si arricchiscono, poi, con ulteriori prescrizioni, avuto riguardo ai pazienti minori di età e maggiorenni, incapaci di prestare il proprio consenso (artt. 4 e 5, D.lgs. n. 211/2003). Si dettano, poi, le regole sul percorso di sperimentazione della terapia, che si snoda attraverso un lungo procedimento amministrativo e in stretta aderenza con le prescrizioni di dettaglio del Ministero della salute (artt. 6 ss. D.lgs. n. 211/2003). Di fronte alle difficoltà legate al rispetto dei tempi, di tale procedimento, il Decreto legislativo 23 febbraio 1998, n. 23, convertito in Legge 8 aprile 1998, n. 94 [26], consente, in generale, al medico di impiegare certi farmaci sperimentali qualora ritenga che il paziente non possa essere utilmente trattato con medicinali approvati e purché tale impiego sia noto e conforme a lavori apparsi su pubblicazioni scientifiche accreditate in campo internazionale (art. 3, secondo comma) [27]. In tal modo, si responsabilizza il singolo professionista, su cui ricade il delicato compito di valutare la possibilità di utilizzo di terapie sperimentali, anche fuori dei casi disciplinati dal legislatore [28].
Riprendendo il primo dei due interrogativi iniziali, è opportuno domandarsi se, nelle disposizioni anticipate di trattamento, il disponente possa manifestare le proprie intenzioni in merito alle terapie sperimentali, e, quindi, acconsentire o negare il consenso all’utilizzo di farmaci in via di approvazione, nonché se questi debba individuare, nello specifico, siffatte cure, o se sia sufficiente una manifestazione generica, circa il loro ricorso. Aspetto, quest’ultimo, particolarmente delicato, avuto riguardo alle terapie sperimentali, in quanto è intuibile come codeste cure, proprio per la loro portata innovativa, possano non essere immaginabili, con precisione, dal disponente, al momento della redazione delle disposizioni anticipate di trattamento [29]. Per dar risposta a codesto interrogativo, un primo indice lo si ricava osservando l’art. 5, primo comma, del D.lgs. n. 211/2003, poiché, in quella norma, viene consentita, pur nel rispetto delle condizioni enucleate dagli artt. 3 e 5, «la partecipazione ad una sperimentazione clinica degli adulti incapaci che non hanno dato o non hanno rifiutato il loro consenso informato prima che insorgesse l’incapacità». In tal modo, il legislatore pareva consentire, già prima dell’intervento della L. n. 219/2017, una manifestazione del paziente circa le future terapie sperimentali. La dottrina, coordinando la disciplina di cui all’art. 4 con l’art. 1, sesto comma, della L. n. 219/2017, sostiene che, nelle disposizioni anticipate di trattamento, non sarebbe possibile richiedere trattamenti stravaganti o pratiche eterodosse [30]. Si consideri, anzitutto, come, dal punto di vista letterale, la formulazione adottata dal legislatore sia generica, poiché l’art. 4, primo comma, fa riferimento, non solo alla possibilità del disponente di esprimere «il consenso o il rifiuto rispetto ad accertamenti diagnostici o a scelte terapeutiche e a singoli trattamenti sanitari», bensì anche, più ampiamente, all’inclusione delle «volontà in materia di trattamenti sanitari». Ciò induce a ritenere che le disposizioni anticipate di trattamento possano, non solo avere a oggetto puntuali manifestazioni di volontà, circa i trattamenti sanitarî o gli accertamenti diagnostici, ma possano anche contenere desiderî o auspicî circa la condizione in cui potrà trovarsi il disponente, e finanche esaurire, il proprio contenuto, in manifestazioni emotive. L’unico limite, ricavato dalla lettura sistematica della L. n. 219/2017, è quello segnato dalla liceità del trattamento, di cui all’art. 1, sesto comma, che, nel caso delle terapie sperimentali, si arricchisce con le prescrizioni del D.lgs. n. 211/2003. A codeste ragioni, di carattere testuale, non pare d’ostacolo la riconduzione delle disposizioni anticipate di trattamento alla categoria dommatica del negozio giuridico, in quanto, codesta qualificazione, appare, in quest’àmbito [31], per lo più descrittiva, e poco adatta a spiegarne aspetti di disciplina [32]. Difatti, le disposizioni anticipate di trattamento non dovrebbero risultare soggette né a una valutazione di meritevolezza del loro contenuto (art. 1322 cod. civ.), né, tantomeno, alla rispondenza dei requisiti dell’oggetto del contratto (art. 1346 cod. civ.) [33]. Muovendo dal primo dei due aspetti or ora rilevati, è senza dubbio utile rilevare come, sistematicamente, il giudizio di meritevolezza, circa il contenuto dell’atto, sia limitato, dal legislatore, ai contratti (art. 1322 cod. civ.) e ai negozî giuridici unilaterali fra vivi, aventi contenuto patrimoniale (art. 1324 cod. civ.), laddove, in altri àmbiti, non sia possibile approdare al medesimo risultato [34]; ciò anche in ragione del fatto che non pare affatto agevole giustificare l’estensione di una norma limitatrice dell’autonomia privata [35]. Non si trascuri di considerare come, a siffatto giudizio, sia sottesa l’esigenza di un controllo nelle contrattazioni private, e, quindi, del mercato [36]; perciò, spostandosi sul piano della valutazione ermeneutica, dell’interesse tutelato, codesta esigenza mal si presta a estendersi a negozî intimamente connessi alla persona [37], e soprattutto alle manifestazioni di volontà con cui l’individuo eserciti la propria libertà di autodeterminazione [38]. La giurisprudenza ha da tempo affermato il legame stringente tra le cure mediche e la personalità del malato [39]: non si manchi di considerare come, lo stretto legame fra la scelta di cura e l’identità personale, abbia consentito alla dottrina di affermare, efficacemente, che le disposizioni anticipate di trattamento si presentino come l’espressione della «biografia individuale» del paziente [40]. Codesta relazione comporta l’esigenza di limitare, il più possibile, il sindacato sulle volontà espresse dal disponente [41]. L’espressione, nelle disposizioni anticipate di trattamento, di volontà capricciose, potrebbe rivelare tratti della personalità malato, e quindi fornire elementi in grado di ricostruirne la volontà: codeste manifestazioni potranno non essere del tutto efficaci, nel senso di vincolare, in modo stringente, l’operare del medico; epperò, non potranno neppure reputarsi prive di ogni rilievo, essendo sicuramente rilevanti, anche dal punto di vista giuridico, nel momento in cui si debba compiere una scelta sostitutiva per il paziente, che non sia più in grado di autodeterminarsi [42]. Un diverso approdo risulterebbe inattuale, in quanto, ammettere un controllo di meritevolezza sul contenuto delle disposizioni anticipate di trattamento, darebbe troppo peso a un giudizio esterno, rispetto a quello del disponente, col rischio di rievocare un paternalismo, nelle scelte terapeutiche, il cui superamento è stato voluto, dal legislatore, proprio con l’emanazione della L. n. 219/2017 [43].
Oltre al giudizio di meritevolezza, di cui all’art. 1322 cod. civ., pare altresì inappropriato il richiamo ai requisiti dell’oggetto del contratto, avuto riguardo alle disposizioni anticipate di trattamento, perché, in aggiunta delle ragioni testé ravvisate, circa la limitata portata espansiva delle norme contrattuali, in ragione della previsione dell’art. 1324 cod. civ., i caratteri, racchiusi nell’art. 1346 cod. civ., non paiono essere idonei a spiegare il contenuto delle disposizioni anticipate di trattamento, poiché sono protesi ad altre finalità. Il richiamo alla disciplina generale del contratto non giova, circa il requisito della liceità, poiché è sufficiente la lettura dell’art. 1, sesto comma, della L. n. 219/2017. Quello della possibilità, poi, concerne la praticabilità delle terapie, richieste dal paziente, ma attiene al momento dell’esecuzione degli intenti preventivamente manifestati: esso viene filtrato, opportunamente, dalla perizia del medico, chiamato ad attuare quanto espresso dal disponente, eventualmente in dialogo col fiduciario o l’amministratore di sostegno del paziente, com’è il caso in cui le disposizioni anticipate di trattamento debbano essere disattese, in quanto incongrue o inattuali (art. 4, quinto comma) [44]. Qualche difficoltà maggiore presenta il requisito della determinatezza dell’oggetto [45]: esso si lega, in particolare, all’esigenza logica, prim’ancòra che giuridica, di dare esecuzione alla volontà dei contraenti (art. 1346 cod. civ.) [46]. Epperò, osservando la relazione terapeutica, codeste esigenze in qualche modo si attenuano, in ragione del fatto che, il rapporto di cura, si presenta come una relazione dinamica, frutto del continuo scambio fra medico e paziente, la quale si evolve al mutare delle condizioni di salute del malato e rispecchia le esigenze che questi manifesta [47]: alla componente volontaristica, vale a dire le intenzioni espresse dal paziente, si accompagna una componente emotiva, la quale, invece, trae spunto dalle sue motivazioni personali, che non possono essere trascurate, dal medico, lungo il percorso della cura [48]. Non pare, allora, giustificato limitare il contenuto delle disposizioni anticipate di trattamento ai soli accertamenti diagnostici o alle scelte terapeutiche determinati, ben potendo, codesto negozio, arricchirsi anche solo di mere «volontà» circa i futuri trattamenti sanitarî, che possono consistere in pure manifestazioni emotive [49], o esternazioni di natura personale [50], che pur si leghino all’eventualità di future terapie mediche. Fatto luce su questo aspetto, la determinatezza del contenuto delle disposizioni di trattamento influisce, semmai, sulla vincolatività delle disposizioni anticipate di trattamento: il medico è tenuto a darne puntuale esecuzione (art. 4, primo comma, della L. n. 219/2017), se da esse si evinca, con sufficiente precisione, la volontà del paziente circa specifici trattamenti terapeutici; diversamente, occorrerà tenere conto di quanto espresso dal paziente, e, quindi, delle «volontà» da questi manifestate, pur senza esserne vincolato in modo stringente [51]. Quanto più è generico il contenuto delle disposizioni anticipate di trattamento, tanto più sarà rilevante il ruolo dei sostituti del paziente, come sono l’amministratore di sostegno o il tutore (art. 3, commi, della L. n. 219/2017) e il fiduciario (art. 4, della L. n. 219/2017), chiamati a prendere parte nel dialogo col medico, in caso di incapacità di autodeterminazione del malato [52]. Stando a una tesi, espressa in dottrina, sarebbe finanche possibile la sola indicazione del fiduciario, nelle disposizioni anticipate di trattamento, senza che il disponente indichi alcunché circa i futuri trattamenti sanitarî [53]: in quest’ipotesi, addirittura, il contenuto delle scelte di cura verrebbe interamente rimesso al dialogo fra il medico e la persona di fiducia del paziente [54]. In tal modo, un terzo, legato da una particolare relazione personale col paziente, potrebbe sostituirlo interamente, nella determinazione degli accertamenti diagnostici e delle scelte terapeutiche [55]. Da quanto sin qui esposto, non paiano sussistere particolari limiti a che il disponente esprima le proprie volontà in merito a cure sperimentali, in quanto anch’esse sono espressione della libertà terapeutica [56], sia indicando espressamente quali terapie voglia ricevere o rifiutare, sia nel senso di assentire, o rifiutare, preventivamente, alle cure sperimentali, senza indicarle puntualmente [57]. Né si può escludere, che questi esprima volontà più ampie, nel senso di pretendere che il medico e il personale faccia tutto quanto possibile, affinché lo curi, pur nel rispetto del limite dell’accanimento terapeutico (art. 2, secondo comma, della L. n. 219/2017), entro i cui confini è ben possibile ritenere incluse le terapie sperimentali.
Una volta chiarita l’ampia possibilità del disponente di calare, nelle disposizioni anticipate di trattamento, la volontà circa le terapie sperimentali, si comprende come vada osservato il delicato aspetto della attuazione, di siffatta volontà, alla luce del ruolo che rivestono coloro i quali siano chiamati a interloquire col medico, in nome e per conto del paziente, per esprimere la scelta di intervenire con le terapie sperimentali. Per dare risposta a codesto interrogativo, giova muovere, anche questa volta, dalla disciplina speciale sulle terapie sperimentali, e ricordare come, oltre alle condizioni generali d’intervento (art. 3 del D.lgs. n. 211/2003), il legislatore indichi dei requisiti specifici per la sperimentazione su adulti incapaci di prestare validamente il consenso informato (art. 5). Fra essi, spicca il ruolo che assume il rappresentante legale, poiché questi viene chiamato a esprimere il consenso al trattamento, per il paziente, il quale dev’essere posto in condizione di comprendere i rischî e i beneficî della sperimentazione (art. 5, primo comma, lett. b); il consenso è prestato dal rappresentante legale, dopo aver assunto puntuali informazioni sul trattamento (art. 3, primo comma, lett. b e d) [58], e deve rispecchiare la presunta volontà di questi (art. 5, primo comma, lett. a) [59]. Codeste condizioni rivelano come già al tempo il legislatore avvertisse l’esigenza di tutelare la persona vulnerabile, senza mortificarne la partecipazione nelle scelte di cura, così anticipando alcuni principî che trovano ora affermazione nella L. n. 219/2017 [60]: il generico riferimento ai rappresentanti legali del paziente può essere ora riletto alla luce della disciplina del consenso informato e delle disposizioni anticipate di trattamento, in cui il legislatore consente di partecipare, nella relazione terapeutica, sia al tutore e all’amministratore di sostegno (art. 3 della L. n. 219/2017), sia al fiduciario del paziente (art. 4 della L. n. 219/2017). Giova precisare, peraltro, come la posizione che costoro rivestono, nei confronti del paziente, non sia riducibile a quella di rappresentanti legali, ma meriti di essere qualificata come sostituzione nelle scelte di cura. Ciò non tanto in ragione della riconduzione della scelta terapeutica alla categoria dommatica di atti personalissimi, la quale andrebbe rimeditata, nei suoi fondamenti normativi [61], bensì in ragione del fatto che, la nozione di rappresentanza, da un lato, è legata al compimento di scelte di natura patrimoniale [62], mentre, dall’altro lato, è concettualmente poco adatta a spiegare il loro intervento nella relazione terapeutica, in quanto tiene in ombra il dovere che l’amministratore di sostegno e il fiduciario hanno, rispetto al paziente, accentuando, invece, il loro potere decisionale rispetto ai terzi [63]. Quanto ai titolari degli ufficî a tutela dell’adulto incapace, già da tempo la dottrina ha ammesso l’intervento nelle scelte terapeutiche muovendo dal dovere di cura personae del tutore (art. 357 cod. civ.) e dell’amministratore di sostegno (artt. 405, quinto comma, 408, primo comma, 424 cod. civ.) [64]. Fra gli elementi di continuità, rispetto all’art. 3 del D.lgs. n. 211/2003, vi è il coinvolgimento della persona nelle scelte terapeutiche (art. 3, primo comma, della L. n. 219/2017): il consenso informato viene espresso dal tutore, sentito l’interdetto, ove possibile, e avendo come scopo la tutela psico-fisica della persona nel pieno rispetto della sua dignità (art. 3, terzo comma), nonché dall’amministratore di sostegno, in aggiunta o in sostituzione alla volontà del beneficiario, tenendo conto della volontà di quest’ultimo in relazione al suo grado di capacità di intendere e di volere (art. 3, quarto comma) [65]. Quanto al fiduciario, al di là dell’incerta qualificazione dommatica, che la dottrina offre [66], il suo ruolo trae linfa dalla volontà del disponente, in quanto l’incarico è rivestito dalla sua indicazione nelle disposizioni anticipate di trattamento (art. 4, primo comma, L. n. 219/2017), seguìta dall’accettazione (art. 4, secondo comma, della L. n. 219/2017). Esso è stato considerato una delle più importanti novità della disciplina sul consenso informato e sulle disposizioni anticipate di trattamento [67]. Il legislatore conferisce, espressamente, al fiduciario, il potere di disattendere le disposizioni anticipate di trattamento [68], in accordo col medico, «qualora esse appaiano palesemente incongrue o non corrispondenti alla condizione clinica attuale del paziente ovvero sussistano terapie non prevedibili all’atto della sottoscrizione, capaci di offrire concrete possibilità di miglioramento delle condizioni di vita» (art. 4, quinto comma, della L. n. 219/2017) [69]. La rilevanza dell’amministratore di sostegno e del fiduciario, come sostituti del paziente, si rinviene anche nel momento in cui occorra ricostruire il dualismo nella relazione di cura. Ciò si rende ancòr più evidente, nell’àmbito qui preso in esame, in ragione della stringente necessità che, sulla base della disciplina di legge, si instauri un dialogo che si forma fra il medico e il «rappresentante legale» del paziente, circa l’opportunità e i modi di intervento con le terapie sperimentali: proprio perché, siffatte cure, non hanno raggiunto un elevato grado di attendibilità scientifica, e possano presentare rischî di cui il paziente non poteva essere a conoscenza, il legislatore impone che il paziente sia affiancato da chi possa farsi portavoce delle sue esigenze (art. 5 del D.lgs. n. 211/2003). Pur sovrapponendosi, quanto alla loro funzione di tutela del malato, l’intervento di codesti sostituti, assume tratti di marcata diversità, che discendono dalla diversa fonte da cui essi traggono i proprî poteri [70]. All’amministratore di sostegno, che trae vigore dal decreto di nomina del giudice (art. 405 cod. civ.), non è consentito di decidere autonomamente, per il paziente, perché questi è sempre soggetto all’autorizzazione del giudice tutelare, il quale valuti le motivazioni che conducono a quella scelta e la loro rispondenza con l’identità del paziente [71]. Ciò si evince dalla previsione per cui, in assenza di disposizioni anticipate di trattamento, il rappresentante legale rifiuti le cure e il medico le ritenga necessarie, la decisione è rimessa al giudice tutelare (art. 3, ultimo comma, della L. n. 219/2017): norma, questa, su cui la giurisprudenza costituzionale ha fatto luce, affermando che, il conferimento della rappresentanza esclusiva in àmbito sanitario, non rechi con sé, anche e necessariamente, il potere di rifiutare i trattamenti sanitarî necessari al mantenimento in vita; invece, spetta al giudice tutelare attribuire detto potere all’amministratore di sostegno in occasione della nomina, laddove, in concreto, ne ricorra già l’esigenza, o successivamente, allorché il decorso della patologia del beneficiario specificamente lo richieda [72]. Peraltro, avuto riguardo alle terapie sperimentali, giova richiamare taluni precedenti di merito, che, proprio in ragione della delicatezza delle scelte che coinvolgono il paziente, e nonostante la disciplina speciale si limiti a richiedere che il consenso sia prestato dal rappresentante legale, hanno ristretto i poteri dell’amministratore di sostegno, imponendo, a quest’ultimo, d’indicare dettagliatamente, nel ricorso al giudice tutelare, quale terapia sperimentale venga richiesta e quali rischî essa comporti per la salute del beneficiario [73]. Al fiduciario, invece, la legge concede ben più ampie prerogative, perché alla persona di fiducia del paziente è attribuito il potere di disattendere le disposizioni anticipate di trattamento, in accordo col medico, là dove l’intervento del giudice tutelare si limita al solo caso di disaccordo, sull’attuazione di quelle volontà (art. 4, quinto comma, L. n. 219/2017): la ragione di siffatta prerogativa va ricavata dallo stretto legame affettivo che lega il fiduciario col paziente, in quanto il primo è frutto dell’indicazione del disponente e, pertanto, trae vigore, direttamente, dalla sua manifestazione di volontà (art. 4, primo comma). Codesta disposizione, invero, mostra una certa ingenuità del legislatore, perché testualmente limita il potere del fiduciario al solo caso in cui le disposizioni anticipate vadano «disattese»: si dà quasi per implicita l’ipotesi in cui il disponente rifiuti, preventivamente, le terapie vitali, e il fiduciario esprima, invece, l’esigenza di tenerlo in vita; invero, lo si è notato, il contenuto delle disposizioni anticipate di trattamento può essere ben più ampio, e, di conseguenza, il dialogo fra il medico e il fiduciario può sfociare in ulteriori èsiti, che vanno ben oltre all’eventualità che non si seguano le volontà, preventivamente espresse, del paziente [74]. Quanto or ora affermato, trova conferma proprio osservando il caso in cui, il disponente, abbia espresso delle volontà in ordine alle terapie sperimentali: se questi ha prestato o negato il consenso a codeste cure, individuate puntigliosamente nelle disposizioni anticipate di trattamento, il fiduciario, coinvolto nel dialogo col medico, dovrà contribuire a confermare il vigore di quelle volontà, in ossequio al giudizio di incongruità o inattualità delle disposizioni anticipate di trattamento (art. 4, quinto comma, della L. n. 219/2017). Epperò, nel caso di volontà espresse solo genericamente, al fiduciario dovrà riconoscersi uno spazio maggiore di decisione: in siffatta ipotesi, non si tratta di dover «disattendere» quanto preventivamente disposto dal paziente, bensì di assumere la scelta più opportuna per il paziente, incapace di autodeterminarsi tra l’intervento con le terapie sperimentali, e il ricorso alle cure tradizionali. Lo stesso approdo si raggiunge nell’ipotesi in cui, il disponente, mostri solo un intento generico, nelle disposizioni anticipate di trattamento, così affidando le scelte sulla propria salute interamente al fiduciario. Il fiduciario del paziente risulterà, quindi, destinatario di tutti quei puntuali obblighi di informazione e coinvolgimento, imposti dalla disciplina delle terapie sperimentali (artt. 3 e 5 D.lgs. n. 211/2003), potendo prestare il consenso informato per il paziente senza soggiacere agli stringenti limiti che vengono imposti all’amministratore di sostegno. Chiaramente, i sostituti del paziente, non potranno esercitare un potere sconfinato, ma dovranno agire nell’interesse del malato; aspetto, questo, di particolare delicatezza, quando si tratti di valutare l’efficacia delle terapie sperimentali, poiché esse, proprio per loro natura, non garantiscono risultati attendibili in ordine alla salute del paziente. In codeste ipotesi, pare possibile tracciare il confine, nell’esercizio del potere di scelta per il malato, rileggendo la giurisprudenza che si è pronunciata attorno a noti casi di terapie sperimentali: difatti, proprio per salvaguardare le aspettative dei pazienti, che si ancorano alla speranza di trarre beneficî, dalle cure sperimentali, che non hanno ancòra raggiunto un grado sufficientemente certo di scientificità, non è risultata determinante la prova di effetti positivi, in capo ai malati, ma si è reputata soddisfacente la mancata prova dell’inefficacia delle terapie, per consentir loro di proseguire nelle cure iniziate [75]. Talché, ragionando a contrario, solo la prova che quelle terapie sono altamente rischiose, o, addirittura, dannose, consentirebbe di andare oltre alla scelta compiuta dal sostituto del paziente, incapace di autodeterminarsi, in quanto pregiudizievoli per il malato, con il risultato che il medico, dietro autorizzazione del giudice, chiamato a risolvere il conflitto (art. 3, ultimo comma, e art. 4, quarto comma, della L. n. 219/2017), potrà ricorrere alle cure convenzionali.
7. – Dopo aver dàto risposta agli interrogativi sollevati, in apertura dell’indagine, pare possibile giungere a qualche considerazione più generale, circa l’approccio che l’interprete deve assumere, nel tentare di risolvere gli interrogativi che solleva la disciplina sul consenso informato e le disposizioni anticipate di trattamento. Difatti, la rinnovata attenzione verso la situazione del paziente si è tradotta in una regolamentazione, quella racchiusa nella L. n. 219/2017, ricca d’imprecisioni e poco meditata[76]; codesta normativa, peraltro, risulta in parte ancòra incompiuta, tenendo soprattutto a mente la situazione in cui versano alcuni malati in fase terminale [77]. Il particolare sforzo ricostruttivo, richiesto all’interprete, è duplice, in quanto attiene a due piani distinti, benché fra loro collegati: dal lato della ricostruzione delle fonti, la lacunosità della legge sul consenso informato e le disposizioni anticipate di trattamento impone un necessario coordinamento con le disposizioni di legge tutt’ora vigenti, ancorché anteriori alla L. n. 219/2017 [78]; dal lato della ricostruzione dei concetti, l’introduzione di istituti giuridici inediti fa sorgere l’interrogativo su come colmare i vuoti normativi, alla luce delle categorie giuridiche conosciute. Nell’uno, come nell’altro caso, l’argomentazione dommatica non conduce a risultati soddisfacenti, e, anzi, rischia di condurre a risultati poco coerenti, dal punto di vista normativo, se non viene condotta tenendo in debito conto l’interesse protetto dalla disciplina della legge in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento [79]: l’intera disciplina, invero, com’è stato autorevolmente sostenuto, va letta alla luce delle coordinate assiologiche racchiuse nell’art. 1, primo comma, della L. n. 219/2017, dove il legislatore fa ampio richiamo ai «principi di cui agli articoli 2, 13 e 32 della Costituzione e degli articoli 1, 2 e 3 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea» [80].
Per avere una conferma di ciò, basti avere riguardo agli snodi dell’indagine condotta, attorno alla possibilità che il disponente esprima le proprie volontà circa le terapie sperimentali, nonché all’attuazione di codeste volontà, una volta che vengano calate nelle disposizioni anticipate di trattamento.
Quanto al primo frangente, si è compiuto uno sforzo ricostruttivo nel rannodare la disciplina del rapporto di cura, di cui alla L. n. 219/2017, alla regolamentazione della sperimentazione clinica, racchiusa nel D.lgs. n. 211/2003, non essendo affatto agevole ricavare la norma che regoli il caso concreto, secondo i tradizionali canoni di soluzione delle antinomie. Il criterio temporale non risolve il nodo del rapporto fra le due discipline, essendo il D.lgs. n. 211/2003 normativa speciale, trattando delle sole terapie sperimentali, rispetto alla L. n. 219/2017, che regola, più in generale, il rapporto di cura; né si può impiegare il criterio della specialità, poiché la disciplina delle terapie sperimentali è stata superata, da un lato, con l’intervento del legislatore che, pel tramite dell’amministrazione di sostegno (L. n. 6 del 2004), ha rinnovato il quadro degli strumenti a sostegno dell’adulto vulnerabile, e, dall’altro lato, con la disciplina in materia di consenso informato e disposizioni anticipate di trattamento (L. n. 219/2017), che ha portato, sul piano della normativa, i valori a cui si ispira il rapporto terapeutico. In merito al secondo frangente, al di là delle difficoltà legate alla nozione di cure mediche, si sono ampiamente notate le difficoltà di ricostruire, a partire dal dato normativo, il contenuto delle disposizioni anticipate di trattamento, con particolare riguardo ai limiti che incontra la volontà del disponente, ma si è al contempo posta in luce la necessità di una ricostruzione sistematica delle succinte norme che il legislatore vi dedica, alla luce dell’esigenza di tutela della volontà del disponente. Non pare sia consentito andare oltre, nella lettura sistematica delle norme della L. n. 219/2017, in virtù del richiamo alle categorie tradizionali: esse, difatti, si rivelano inadatte a cogliere le esigenze che emergono dalle vicende che coinvolgono il paziente. Quanto sostenuto si evince sia dalla riconduzione dommatica delle disposizioni anticipate di trattamento alla categoria del negozio giuridico, in quanto, in tal modo, si finirebbe per estendere la disciplina generale sul contratto a fattispecie del tutto estranee alle logiche di controllo del mercato, sia nel delicato tentativo di inquadramento concettuale del sostituto del malato, fra cui spicca il fiduciario, il cui ruolo, di vicinanza emotiva, al paziente, non è paragonabile a nessuna altra figura, conosciuta nell’ordinamento domestico.
– Dopo aver dàto risposta agli interrogativi sollevati, in apertura dell’indagine, pare possibile giungere a qualche considerazione più generale, circa l’approccio che l’interprete deve assumere, nel tentare di risolvere gli interrogativi che solleva la disciplina sul consenso informato e le disposizioni anticipate di trattamento. Difatti, la rinnovata attenzione verso la situazione del paziente si è tradotta in una regolamentazione, quella racchiusa nella L. n. 219/2017, ricca d’imprecisioni e poco meditata[76]; codesta normativa, peraltro, risulta in parte ancòra incompiuta, tenendo soprattutto a mente la situazione in cui versano alcuni malati in fase terminale [77].
Il particolare sforzo ricostruttivo, richiesto all’interprete, è duplice, in quanto attiene a due piani distinti, benché fra loro collegati: dal lato della ricostruzione delle fonti, la lacunosità della legge sul consenso informato e le disposizioni anticipate di trattamento impone un necessario coordinamento con le disposizioni di legge tutt’ora vigenti, ancorché anteriori alla L. n. 219/2017 [78]; dal lato della ricostruzione dei concetti, l’introduzione di istituti giuridici inediti fa sorgere l’interrogativo su come colmare i vuoti normativi, alla luce delle categorie giuridiche conosciute. Nell’uno, come nell’altro caso, l’argomentazione dommatica non conduce a risultati soddisfacenti, e, anzi, rischia di condurre a risultati poco coerenti, dal punto di vista normativo, se non viene condotta tenendo in debito conto l’interesse protetto dalla disciplina della legge in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento [79]: l’intera disciplina, invero, com’è stato autorevolmente sostenuto, va letta alla luce delle coordinate assiologiche racchiuse nell’art. 1, primo comma, della L. n. 219/2017, dove il legislatore fa ampio richiamo ai «principi di cui agli articoli 2, 13 e 32 della Costituzione e degli articoli 1, 2 e 3 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea» [80]. Per avere una conferma di ciò, basti avere riguardo agli snodi dell’indagine condotta, attorno alla possibilità che il disponente esprima le proprie volontà circa le terapie sperimentali, nonché all’attuazione di codeste volontà, una volta che vengano calate nelle disposizioni anticipate di trattamento. Quanto al primo frangente, si è compiuto uno sforzo ricostruttivo nel rannodare la disciplina del rapporto di cura, di cui alla L. n. 219/2017, alla regolamentazione della sperimentazione clinica, racchiusa nel D.lgs. n. 211/2003, non essendo affatto agevole ricavare la norma che regoli il caso concreto, secondo i tradizionali canoni di soluzione delle antinomie. Il criterio temporale non risolve il nodo del rapporto fra le due discipline, essendo il D.lgs. n. 211/2003 normativa speciale, trattando delle sole terapie sperimentali, rispetto alla L. n. 219/2017, che regola, più in generale, il rapporto di cura; né si può impiegare il criterio della specialità, poiché la disciplina delle terapie sperimentali è stata superata, da un lato, con l’intervento del legislatore che, pel tramite dell’amministrazione di sostegno (L. n. 6 del 2004), ha rinnovato il quadro degli strumenti a sostegno dell’adulto vulnerabile, e, dall’altro lato, con la disciplina in materia di consenso informato e disposizioni anticipate di trattamento (L. n. 219/2017), che ha portato, sul piano della normativa, i valori a cui si ispira il rapporto terapeutico. In merito al secondo frangente, al di là delle difficoltà legate alla nozione di cure mediche, si sono ampiamente notate le difficoltà di ricostruire, a partire dal dato normativo, il contenuto delle disposizioni anticipate di trattamento, con particolare riguardo ai limiti che incontra la volontà del disponente, ma si è al contempo posta in luce la necessità di una ricostruzione sistematica delle succinte norme che il legislatore vi dedica, alla luce dell’esigenza di tutela della volontà del disponente. Non pare sia consentito andare oltre, nella lettura sistematica delle norme della L. n. 219/2017, in virtù del richiamo alle categorie tradizionali: esse, difatti, si rivelano inadatte a cogliere le esigenze che emergono dalle vicende che coinvolgono il paziente. Quanto sostenuto si evince sia dalla riconduzione dommatica delle disposizioni anticipate di trattamento alla categoria del negozio giuridico, in quanto, in tal modo, si finirebbe per estendere la disciplina generale sul contratto a fattispecie del tutto estranee alle logiche di controllo del mercato, sia nel delicato tentativo di inquadramento concettuale del sostituto del malato, fra cui spicca il fiduciario, il cui ruolo, di vicinanza emotiva, al paziente, non è paragonabile a nessuna altra figura, conosciuta nell’ordinamento domestico.
[1] P. ZATTI, Le “disposizioni del paziente”: ci vorrebbe un legislatore, in Nuova giur. civ. comm., 2009, 313 ss.; P. ZATTI., Per un diritto gentile in medicina. Una proposta di idee in forma normativa, in Nuova giur. civ. comm., 2013, 4 ss.; P. ZATTI., Consistenza e fragilità dello ius quo utimur in materia di relazione di cura, in Nuova giur. civ. comm., 2015, 27-28; P. ZATTI, La via (crucis) verso un diritto della relazione di cura, in Riv. crit. dir. priv., 2017, 3 ss.
[2] La letteratura oltreoceano è ampia; se ne può avere adeguata sintesi in C.P. SABATINO, The evolution of health care advance planning law and policy, in The Milbank Quaterly, 2020, 211 ss., che ripercorre la storia delle direttive di trattamento e del fiduciario del paziente.
[3] V., fra i tanti, P. RESCIGNO, «Living Will», un istituto giuridico di formazione extralegislativa, in La questione dei trapianti tra etica, diritto, economia, Milano, 1997, 63 ss.; G. CARAPEZZA FIGLIA, Profili ricostruttivi delle dichiarazioni anticipate di trattamento, in Familia, 2004, 1055 ss.; G. SPOTO, Direttive anticipate, testamento biologico e tutela della vita, in Eur. dir. priv., 2005, 198 ss.; G. ALPA, Il principio di autodeterminazione e le direttive anticipate sulle cure mediche, in Testamento biologico. Riflessioni di dieci giuristi, a cura di U. Veronesi, Milano, 2006, 25 ss.; L. BALESTRA, Il testamento biologico nell’evoluzione del rapporto medico-paziente, in Fam. pers. succ., 2006, 102 ss.; D. MALTESE, Il «testamento biologico», in Riv. dir. civ., 2006, 525 ss.; P. RESCIGNO, La scelta del testamento biologico, in Testamento biologico. Riflessioni di dieci giuristi, a cura di U. Veronesi, Milano, 2006, 15 ss.; G. ALPA, Il principio di autodeterminazione e il testamento biologico, in Vita not., 2007, 3 ss.; P. STANZIONE, G. SALITO, Testamento biologico, cure mediche e tutela della vita, in Iustitia, 2007, 43 ss.; C. VENDITTI, Sulle direttive anticipate di trattamento sanitario, in Dir. giur., 2007, 181 ss.; F.G. PIZZETTI, Alle frontiere della vita. Il testamento biologico tra valori costituzionali e promozione della persona, Milano, 2008; A. SCACCHI, Il testamento biologico tra tutela del diritto alla vita e libertà di autodeterminazione, in Vita not., 2009, 1345 ss.; G. MIOTTO, Problematiche, attualità e prospettive delle dichiarazioni anticipate di volontà tra diritto vivente e proposte legislative, in Fam. pers. succ., 2012, 529 ss.; G. SALITO, Autodeterminazione e cure mediche. Il testamento biologico, Torino, 2012; G. FERRANDO, voce Testamento biologico, in Enc. dir., vol. VII, Milano, 2014, 987 ss.; M. FOGLIA, S. ROSSI, voce Testamento biologico, in Digesto disc. priv., sez. civ., Agg., vol. IX, Torino, 2014, 638 ss.; G. COLACINO, Autonomia privata e direttive anticipate, Milano, 2016; V. VERDICCHIO, Testamento biologico e consenso informato (Aspetti delle decisioni di fine vita nel diritto italiano tra jus conditum e jus condendum), in Dir. succ. fam., 2017, 637 ss.
[4] Il riferimento è al caso Englaro: Cass. civ., 16 ottobre 2007, n. 21748, ampiamente commentata in Corr. giur., 2007, 1676 ss., con nota di E. CALÒ, La Cassazione “vara” il testamento biologico; in Dir. fam. pers., 2008, 107 ss., con nota di F.M. GAZZONI, Sancho Panza in Cassazione (come si riscrive la norma sull’eutanasia, in spregio al principio della divisione dei poteri); in Dir. succ. fam., 2008, 508 ss., con nota A. GORGONI, La rilevanza giuridica della volontà sulla fine della vita non formalizzata nel testamento biologico e 960 ss., con nota di F.D. BUSNELLI, Il caso Englaro in Cassazione; in Fam. dir., 2008, 129 ss., con nota di R. CAMPIONE, Stato vegetativo permanente e diritto all’identità personale in un’importante pronuncia della Suprema Corte; in Foro it., 2008, 2609 ss., con nota di S. CACACE, Sul diritto all’interruzione del trattamento sanitario «life-sustaining»; in Nuova giur. civ. comm., 2008, 83 ss., con nota di A. VENCHIARUTTI, Stati vegetativi permanenti: scelte di cure e incapacità; in Riv. dir. civ., 2008, 363 ss., con nota di E. PALMERINI, Cura degli incapaci e tutela dell’identità nelle decisioni mediche.
[5] Basti ricordare che il Disegno di Legge 29 aprile 2008, n. 10 (così detto D.d.l. Calabrò) fu accolto da una fredda reazione della dottrina, che poneva in luce alcuni nodi particolarmente problematici della proposta di legge: v. L. D’AVACK, Il disegno di legge sul consenso informato all’atto medico e sulle dichiarazioni anticipate di trattamento, approvato al Senato, riduce l’autodeterminazione del paziente e presenta dubbi di costituzionalità, in Dir. fam., 2009, 1281 ss.; A. SCALERA, La proposta di legge sulle dichiarazioni anticipate di trattamento, in Fam. dir., 2010, 627 ss.; C. CASONATO, Introduzione al Biodiritto, Torino, 2012, 211 ss.; F. CEMBRANI, Alcune note critiche sulla proposta di legge intesa a disciplinare le «dichiarazioni anticipate di trattamento», in Riv. it. med. leg., 2012, 1347 ss.; G. COLACINO, Il disegno di legge sul c.d. testamento biologico: riflessioni critiche a margine di una discussa iniziativa legislativa, in Nuove leggi civ. comm., 2012, 1067 ss.; G. MIOTTO, Problematiche, attualità e prospettive delle dichiarazioni anticipate di volontà tra diritto vivente e proposte legislative, in Fam. pers. succ., 2012, 1479 ss.; D. CARUSI, Tentativi di legiferazione in materia di «testamento biologico». Contributo a un dibattitto da rianimare, Torino, 2016, 36 ss.
[6] Difatti, le disposizioni anticipate di trattamento vengono pubblicizzate nella «Banca dati nazionale delle disposizioni anticipate di trattamento» e così risultano inserite nel sistema sanitario nazionale: in argomento, v. M. CIANCIMINO, Istanze di riservatezza nelle disposizioni anticipate di trattamento. Considerazioni a margine dell’istituzione della Banca dati nazionale per le DAT, in Rass. dir. civ., 2022, 365 ss.
[7] V., almeno, L. CARIOTA FERRARA, Il negozio giuridico nel diritto privato italiano, Napoli, 1948; E. BETTI, Teoria generale del negozio giuridico, Torino, 1952, rist. II ed.; G. STOLFI, Teoria del negozio giuridico, Padova, 1947, rist. 1961; R. SCOGNAMIGLIO, Contributo alla teoria del negozio giuridico, Napoli, 1969, rist. 2008; V. SCALISI, Il negozio giuridico tra scienza e diritto positivo. Teoria – Manifestazione – Astrazione – Inefficacia, Milano, 1998; G.B. FERRI, Il negozio giuridico, Padova, 2004, II ed. Non può mancare il riferimento al dibattito, raccolto da C. SALVI (a cura di), Categorie giuridiche e rapporti sociali, Milano, 1978.
[8] S. DELLE MONACHE, Testamento. Disposizioni generali. Artt. 587-590, ne Il Codice Civile. Commentario, fondato da P. Schlesinger e diretto da F.D. Busnelli, Milano, 2005, 62 ss.; G. BONILINI, Il così detto testamento biologico, in Trattato di diritto delle successioni e donazioni, diretto da G. Bonilini, vol. II, La successione testamentaria, Milano, 2009, 75 ss.; F.G. PIZZETTI, op. cit., 220 ss.; F. PARENTE, Il testamento di vita, in Diritto delle successioni e delle donazioni, vol. II, a cura di R. Calvo e G. Perlingieri, Napoli, 2015, II ed., 879 ss.; G. COLACINO, Autonomia privata e direttive anticipate, cit., 104 ss.; C. VERDE, Profili civilistici delle direttive anticipate di trattamento, in Dir. succ. fam., 2018, 889 ss.; M. FOGLIA, Consenso e cura. La solidarietà nel rapporto terapeutico, Torino, 2020, 180 ss. Contra, l’opinione, isolata, in dottrina, di P. MOROZZO DALLA ROCCA, Capacità del volere e rifiuto delle cure, in Eur. dir. priv., 2014, 387 ss.
[9] La dottrina ha già rilevato numerosi profili di interesse della sperimentazione medica, su cui v., per tutti, F. MANTOVANI, I trapianti e la sperimentazione umana nel diritto italiano e straniero, Milano, 1974, cui si aggiunga, più di recente, A. MANNA, voce Sperimentazione medica, in Enc. dir., Agg., vol. IV, Milano, 2000, 1120 ss.
[10] Si fa riferimento ai così detti casi “Di Bella” e “Stamina”, che hanno segnato alcuni passi nello sviluppo della liceità dell’intervento sperimentale sul malato, particolarmente rispetto al controllo statale sulle scelte di terapia sperimentale. Su queste vicende, cfr. M. CICALA, “Caso Di Bella” e diritto alla salute, in Corr. giur., 1998, 501 ss.; A. SCALERA, Brevi note a margine del “caso Stamina”, in Fam. dir., 2013, 939 ss.; E. FALLETTI, La giurisprudenza sul “caso Stamina”, in Fam. dir., 2014, 609 ss.; A. SCALERA, Il caso stamina tra diritto e scienza, in Nuova giur. civ. comm., 2014, 75 ss.; M. TOMASI, Il potere legislativo e la giurisdizione di fronte al pluralismo delle domande di salute. Dal multitrattamento Di Bella al caso Stamina, in La medicina nei tribunali, a cura di L. Chieffi, Bari, 2016, 133 ss.; A. CARMINATI, Libertà di cura e autonomia del medico. Profili costituzionali, Bari, 2018, 121 ss.
[11] Valga il rinvio a D. COEN, L’arte della probabilità. Certezze e incertezze nella medicina, Milano, 2021.
[12] Si vedano E. BILOTTI, L’efficacia delle disposizioni anticipate di trattamento, in Il diritto sulla vita, a cura di V. Verduci, Pisa, 2018, 81 ss.; L. D’AVACK, Norme in materia di consenso informato e disposizioni anticipate di trattamento: una analisi della recente legge approdata in Senato, in Dir. fam. pers., 2018, 179 ss.; P. BORSELLINO, “Biotestamento”: i confini della relazione terapeutica e il mandato di cura, in Fam. dir., 2018, 801; L. BOZZI, La legge sulle disposizioni anticipate di trattamento tra esigenze di bilanciamento e rischi di assolutizzazione, in Nuova giur. civ. comm., 2018, 1355 ss.; S. DELLE MONACHE, La nuova disciplina sul “testamento biologico” e sul consenso ai trattamenti medici, in Riv. dir. civ., 2019, 1010; M. MANTOVANI, Relazione di cure e disposizioni anticipate di trattamento, in Nuove leggi civ. comm., 2019, 209 ss.; M. FOGLIA, op. cit., 194 ss.; M. RINALDO, Biotestamento. Il valore della vita «dignitosa» e della libertà personale, Napoli, 2020, 119 ss. Contra, D. MAFFEIS, Prometeo incatenato: la redazione non informata, o informata per modo di dire, e l’attenuata vincolatività delle DAT, in Resp. civ. prev., 2018, 1436 ss.; G. RAZZANO, La legge n. 219/2017 su consenso informato e DAT fra libertà di cura e rischio di innesti eutanasici, Torino, 2019, 125 ss.; D. CARUSI, La legge «sul biotestamento». Una pagina di storia italiana, Torino, 2020, 71-72.
[13] Si osservi il punto 7.6 della motivazione resa da Cass. civ. 16 ottobre 2007, n. 21748, cit., in cui i giudici affermano che l’alimentazione e l’idratazione artificiale integrano un trattamento «che sottende un sapere scientifico, che è posto in essere da medici, anche se poi proseguito da non medici, e consiste nella somministrazione di preparati come composto chimico implicanti procedure tecnologiche», aggiungendo come siffatta «qualificazione è, del resto, convalidata dalla comunità scientifica internazionale».
[14] Lo stesso canone si evince osservando la giurisprudenza comunitaria: si può riportare la sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea, 8 giugno 2006, causa C-106/05, L.u.P. GmbH, in OneLegale, nella quale, nel giudicare sull’esenzione fiscale DALL’IVA, viene affermato che l’«espressione “cure mediche” mira a includere tutte le esenzioni relative a prestazioni sanitarie e, dunque, quelle che hanno lo scopo di diagnosticare, curare e guarire le malattie o disturbi della salute». Similmente, v. Corte di giustizia dell’Unione europea, 20 novembre 2003, causa C-212/01, Unterpentiger, in OneLegale.
[15] In argomento, si rinvia a V. DURANTE, Dimensioni della salute: dalla definizione DELL’OMS al diritto attuale, in Nuova giur. civ. comm., 2001, 132 ss.
[16] Stando a certe credenze religiose, anche un intervento spirituale potrebbe avere la finalità di trattamento terapeutico, perché proteso alla guarigione del paziente.
[17] In particolare, l’art. 25, primo comma, della l. n. 833/1978 specifica che le «prestazioni curative comprendono la assistenza medico-generica, specialistica, infermieristica, ospedaliera e farmaceutica», soffermandosi nei commi successi a indicazioni di carattere organizzativo.
[18] P.G. MONATERI, op. loc. citt., il quale afferma come «il concetto di “atto medico” si estenda a ricomprendere anche tutte quelle prestazioni di carattere esecutivo e materiale nonché gli atti medici formali, come pareri, prescrizioni, indicazioni di cura, e così via, che si strutturano nel complesso rapporto medico-paziente come rapporto sociale assunto dal diritto nella sua variegata, e anche mutevole nel tempo, accezione».
[19] Sul punto, si può rinviare alla definizione offerta da G. CATTANEO, La responsabilità del professionista, Milano, 1958, 226, per il quale «vanno compresi nel generico concetto di trattamento medico chirurgico tanto le operazioni chirurgiche, quanto i rimedi di medicina interna ed anche le cure psichiche. Vi rientrano anche gli interventi diagnostici, quelli diretti cioè ad accertare quale sia la malattia di cui soffre il paziente». Si aggiunga il richiamo, da parte di P.G. MONATERI, Illiceità e giustificazione dell’atto medico nel diritto civile, in Trattato di biodiritto, diretto da S. Rodotà e P. Zatti, La responsabilità in medicina, a cura di A. Belvedere e S. Riondato, Milano, 2011, 7 ss., spec. 8-9, il quale fornisce una elencazione cospicua di numerosi trattamenti sanitarî.
[20] Intendendo la salute, in coerenza con la definizione or ora ricordata dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, nella sua connotazione soggettiva, e quindi legata alla concezione che il malato ha del suo benessere psico-fisico: il punto di riferimento, che segna questo passaggio nel considerare il diritto alla salute, è la Corte cost., 23 dicembre 2008, n. 428, in Foro It., 2009, c. 1328 ss.; in Giornale dir. amm., 2009, 297 ss. In dottrina, v. P. STANZIONE, Costituzione, diritto civile e soggetti deboli, in Fam. dir., 2009, 305 ss.; M. CARTABIA, La giurisprudenza costituzionale relativa al secondo comma dell’art. 32 cost., in Quaderni cost., 2012, 455 ss.; G. FERRANDO, Diritto alla salute e autodeterminazione tra diritto europeo e Costituzione, in Riv. crit. dir. priv., 2012, 3 ss.; A. APOSTOLI, Il fondamentale diritto alla salute nell’ordinamento italiano, in La volontà e la scienza. Relazione di cura e disposizioni anticipate di trattamento, a cura di S. Cacace, A. Conti e P. Delbon, Torino, 2019, 13 ss.
[21] Merita dar conto come, di recente, la regolamentazione degli albi delle professioni sanitarie sia stata rivisitata dal legislatore, che è intervenuto con il Decreto legislativo 14 maggio 2019, n. 52, nel cui contesto, peraltro, è stata in parte rivista la disciplina della sperimentazione clinica dei medicinali.
[22] Fra i numerosi commenti alla L. n. 24/2017, si rinvia a G. ALPA, Ars interpretandi e responsabilità sanitaria a seguito della nuova legge Bianco-Gelli, in Contr. impresa, 2017, 728 ss.; A. ASTONE, Profili civilistici della responsabilità sanitaria (Riflessioni a margine della l. 8 marzo 2017, n. 24), in Nuova giur. civ. comm., 2017, 1115 ss.; V. CARBONE, Legge Gelli: inquadramento normativo e profili generali, in Corr. giur., 2017, 737 ss.; C. GRANELLI, La riforma della disciplina della responsabilità sanitaria: chi vince e chi perde?, in I contratti, 2017, 377 ss.; M. FRANZONI, Colpa e linee guida nella nuova legge, in Danno e resp., 2017, 271 ss.; C. MASIERI, Novità in tema di responsabilità sanitaria, in Nuova giur. civ. comm., 2017, 752 ss.; G. PONZANELLI, Medical malpractice: la legge Bianco-Gelli, in Contr. impresa, 2017, 356 ss.; R. PARDOLESI, Chi (vince e chi) perde nella riforma della responsabilità sanitaria, in Danno e resp., 2017, 261 ss.; C. SCOGNAMIGLIO, Regole di condotta, modelli di responsabilità e risarcimento del danno nella nuova legge sulla responsabilità sanitaria, in Corr. giur., 2017, 740 ss.; F. BOCCHINI, Salute e sanità tra solidarietà e responsabilità, in Contr. impresa, 2018, 126 ss.; C. COPPOLA, Il nuovo sistema della responsabilità civile sanitaria, in Resp. civ. prev., 2018, 1448 ss.
[23] Sul punto, codesta disposizione è stata oggetto di numerosi dubbî, da parte della dottrina, che avverte il rischio di lasciare ampio margine di discrezionalità in capo al medico: cfr., in merito, M. AZZALINI, Legge n. 219/2017: la relazione medico-paziente irrompe nell’ordinamento positivo tra norme di principio, ambiguità lessicali, esigenze di tutela della persona, incertezze applicative, in Resp. civ. prev., 2018, 12; D. CARUSI, La legge “sul biotestamento”: una luce e molte ombre, in Corr. giur., 2018, 295; G.M. FLICK, Dignità del vivere e dignità del morire. Un (cauto) passo avanti, in Cass. pen., 2018, 2310-2311; P. ZATTI, Spunti per una lettura della legge sul consenso informato e DAT, in Nuova giur. civ. comm., 2018, 250; M.N. BUGETTI, La disciplina del consenso informato nella legge 219/2017, in Riv. dir. civ., 2019, 118 ss.; R. CALVO, La nuova legge sul consenso informato e sul c.d. biotestamento, in Studium iuris, 2019, 691.
[24] Per alcune note, in dottrina, sulla sperimentazione clinica, v.: E. PALERMO FABRIS, La sperimentazione clinica: profili giuridici, in I diritti in medicina, a cura di L. Lenti, E. Palermo Fabris e P. Zatti, nel Trattato di biodiritto, diretto da P. Zatti, Milano, 2011, 643 ss.; A. CARMINATI, op. cit., 73 ss., spec. 97 ss.; R. MASONI, La sperimentazione di terapie innovative: la ricostruzione del quadro normativo, in Dir. fam. pers., 2019, 968 ss. Per un coordinamento con la disciplina comunitaria, v. M. FERRARI, La nuova normativa per un approccio armonizzato alla regolamentazione delle sperimentazioni cliniche nei Paesi DELL’UE, in Resp. civ. prev., 2016, 702 ss.
[25] A codeste norme si aggiungano le previsioni del Codice di deontologia medico del 2014, che dedica l’intero Titolo VII alla ricerca e alla sperimentazione.
[26] Per un commento, v. D. MICHELETTI, La speciale disciplina del multitrattamento Di Bella, in Dir. pen. proc., 1998, 694 ss., a cui si aggiunga, per delicati profili concernenti la responsabilità civile per somministrazione di farmaci, I.L. NOCERA, Responsabilità per danno da farmaco tra gestione del rischio e ruolo delle informazioni, in Danno e resp., 2022, 680 ss.
[27] Giova peraltro rinviare anche a quanto dispone l’art. 13, ottavo comma, del Codice di deontologia medico del 2014, ove si prevede che il «medico può prescrivere, sotto la sua diretta responsabilità e per singoli casi, farmaci che abbiano superato esclusivamente le fasi di sperimentazione relative alla sicurezza e alla tollerabilità, nel rigoroso rispetto dell’ordinamento».
[28] Per un’indagine approfondita, in argomento, v. A. CARMINATI, op. cit., 121 ss.
[29] L’interrogativo è espresso da P. BORSELLINO, op. loc. citt.
[30] P. ZATTI, op. cit., 250; P. BORSELLINO, op. cit., 797; F. PARENTE, Le disposizioni anticipate di trattamento: struttura, contenuto, forme e pubblicità, in Rass. dir. civ., 2020, 1405-1406. Cfr., poi, U. SALANITRO, Il consenso, attuale o anticipato, nel prisma della responsabilità medica, in Nuove leggi civ. comm., 2019, 136, in merito al delicato profilo dell’obiezione di coscienza.
[31] Quanto alle riflessioni sul negozio giuridico a contenuto non patrimoniale, v. L. DI BONA, I negozi giuridici a contenuto non patrimoniale, Napoli, 2000.
[32] La storia del negozio giuridico testimonia di come codesta categoria trovi le proprie fondamenta nell’astrazione che la dottrina ha fatto sulle regole del contratto, grazie anche alla capacità espansiva che viene loro garantita dall’art. 1324 cod. civ.: v., in argomento, M. BRUTTI, Dal contratto al negozio giuridico. Appunti, Torino, 2013, 13 ss.
[33] Come invece sostiene M. RINALDO, op. cit., 125.
[34] Basti rinviare, al riguardo, all’autorevole dottrina, che ha fatto ricorso a codesta argomentazione, indagando sul giudizio sulle disposizioni testamentarie: G. BONILINI, Autonomia testamentaria e legato. I legati così detti atipici, Milano, 1990, rist. Napoli, 2018, 58 ss., spec. 63 ss.; G. BONILINI., Autonomia negoziale e diritto ereditario, in Riv. not., 2000, 793 ss.; G. BONILINI, Il negozio testamentario, in Trattato di diritto delle successioni e donazioni, diretto da G. Bonilini, vol. II, La successione testamentaria, Milano, 2009, 9 ss. Su codesta linea, si pongono G.B. FERRI, Causa e tipo nella teoria del negozio giuridico, Milano, 1968, 40 ss.; A. TRABUCCHI, Autonomia testamentaria e disposizioni negative, in Riv. dir. civ., 1970, 39 ss., spec. 42-44, ora in Cinquant’anni nell’esperienza giuridica. Scritti di Alberto Trabucchi, raccolti da G. Cian e R. Pescara, Padova, 1988, 587 ss. Contra, nel senso di ritenere che il giudizio di meritevolezza, di cui all’art. 1322 cod. civ., si estenda anche alle disposizioni testamentarie, E. BETTI, op. cit., 390 ss.; M. BIN, La diseredazione, Torino, 1966, 185 ss.; L. BIGLIAZZI GERI, Il testamento, vol. I, Profilo negoziale dell’atto. Appunti delle lezioni, Milano, 1976, 260.
[35] Valga il riferimento a P. SCHLESINGER, L’autonomia privata e i suoi limiti, in Giur. it., 1999, 231-232, il quale teme «che la tendenza autoritaria o dirigistica, a lungo prevalente nel nostro Paese, continui a spingere la magistratura ad atteggiamenti di intransigenza che, in sostanza, finiscono col manifestare una preconcetta diffidenza nei confronti della capacità dei privati di regolare da sé i propri interessi».
[36] In merito a codesti profili, v. E. GABRIELLI, La nozione di contratto (Appunti su contratto, negozio giuridico e autonomia privata), in Giur. it., 2014, 2798 ss., a cui si aggiunga, almeno, il richiamo a A. CATAUDELLA, L’uso abusivo dei princìpi, in Riv. dir. civ., 2014, 747 ss., nonché l’ampia indagine svolta da M. BARCELLONA, Della causa. Il contratto e la circolazione della ricchezza, Padova, 2015, 95 ss.
[37] Così, autorevole dottrina ha posto in luce il legame tra il testamento e i sentimenti dell’uomo: per tutti, v. G. BONILINI, Autonomia testamentaria e legato. I legati così detti atipici, Milano, 1990, 101 ss.
[38] Non si manchi di considerare come, anche con riguardo al testamento, l’indagine non possa prescindere dalla rilevanza che codesto negozio assume, nell’esigenza dell’uomo di dar regola, e quindi soddisfacimento, ai propri bisognî post mortem, ché anche quella di testare è una libertà, a cui l’ordinamento riconosce ampio spazio: così, G. BONILINI, Autonomia negoziale e diritto ereditario, cit., 789 ss., ma già, in argomento, R. SACCO, voce Autonomia nel diritto privato, in Dig. disc. priv., sez. civ., vol. I, Torino, 1987, 517.
[39] Il riferimento è ancòra a Cass. civ., 16 ottobre 2007, n. 21748, cit., in cui i giudici hanno statuito che, per decidere la cura appropriata per il paziente, si debba ricostruire la sua volontà presunta «tenendo conto dei desideri da lui espressi prima della perdita della coscienza, ovvero inferendo quella volontà dalla sua personalità, dal suo stile di vita, dalle sue inclinazioni, dai suoi valori di riferimento e dalle sue convinzioni etiche, religiose, culturali e filosofiche».
[40] M. FOGLIA, op. cit., 181, il quale richiama, a sua volta, P. ZATTI, La via (crucis) verso un diritto della relazione di cura, cit., 22.
[41] G. BONILINI, “Testamento per la vita” e amministrazione di sostegno, in Testamento biologico. Riflessioni di dieci giuristi, a cura di U. Veronesi, Milano, 2006, 194, a mente del quale non dovrebbe esservi «incertezza sul fatto che si è qui di fronte a scelte che non dovrebbero neppure lontanamente far porre la domanda, se altri possa decidere in luogo del diretto interessato, e, men che meno, se altri possa sovrapporre la propria decisione a quella liberamente manifestata dall’interessato, vuoi in prossimità del trattamento, vuoi in previsione dello stesso».
[42] Così, M. MANTOVANI, op. cit., 207, per la quale «le espressioni di volontà dettate dalla persona in previsione della futura incapacità a determinarsi riflettono e riassumono la propria “biografia” – come insieme di credenze, preferenze, convinzioni, la propria concezione dell’esistenza: in una parola, la propria identità – anche al rispetto di questi valori il medico dovrà orientare le scelte terapeutiche da mettere in campo».
[43] Ne discende, pertanto, un minor rigore del controllo del notaio, nel ricevere le disposizioni anticipate di trattamento: in merito al controllo notarile, v. C. ROMANO, Legge in materia di disposizioni anticipate di trattamento: l’ultrattività del volere e il ruolo del notaio, in Notariato, 2015, 15 ss.
[44] V., infra, par. 6.
[45] La letteratura è ampia; v., per tutti, G. OSTI, voce Contratto, in Noviss. dig. it., vol. IV, Torino, 1939, 462 ss.; G. FRAGALI, Dell’oggetto del contratto, in Commentario del Codice civile, a cura di M. D’Amelio e E. Finzi, Firenze, 387 ss.; N. IRTI, voce Oggetto del negozio giuridico, in Noviss. dig. it., vol. XI, Torino, 1965, 799 ss.; R. SCOGNAMIGLIO, Dei contratti in generale, in Commentario del Codice civile, a cura di A. Scialoja e G. Branca, Bologna-Roma, 1970, 358 ss.; C.A. CANNATA, voce Oggetto del contratto, in Enc. dir., vol. XXIX, Milano, 1979, 827 ss.; E. ROPPO, voce Contratto, in Dig. disc. priv., sez. civ., vol. IV, Torino, 1998, 110 ss.; G. ALPA, voce Oggetto del negozio giuridico, in Enc. giur., vol. XXI, Roma, 1990, 1 ss.; V. ZENO-ZENCOVICH, Il contenuto del contratto, ne I contratti in generale, in Giurisprudenza sistematica di diritto civile e commerciale, diretta da W. Bigiavi, Torino, 1991, 728 ss.; G. ALPA, R. MARTINI, voce Oggetto del negozio giuridico, in Dig. disc. priv., sez. civ., vol. XIII, Torino, 2013, 41 ss.; R. SACCO, G. DE NOVA, Il contratto, Torino, 2016, IV ed., 1051 ss.
[46] Basti riflettere sul fatto che, fra le varie tesi espresse in dottrina, un’autorevole voce identifica i requisiti del contratto con quelli della prestazione: cfr., sul punto, F. MESSINEO, voce Contratto (diritto privato), in Enc. dir., vol. X, Milano, 1961, 837.
[47] Cfr., per tutti, M. FOGLIA, op. cit., 26 ss.
[48] «Non possiamo più permetterci di proporre e imporre alla relazione medico-paziente un’idea di consenso e dei modelli applicativi assolutamente inadeguati al terreno, gravidi di effetti perversi. Il diritto che trasferisce in sala operatoria – o nel corridoio – le forme che valgono per un contratto bancario fa piangere»: così P. ZATTI, «Parole tra noi così diverse». Per un’ecologia del rapporto terapeutico, in Nuova giur. civ. comm., 2012, 148.
[49] Si pensi alla volontà del disponente, il quale esprima la sola volontà di non soffrire, in alcun modo, per causa delle terapie.
[50] Si pensi alle scelte religiose, qual è quella dei testimoni di Geova di rifiutare l’emotrasfusione, che già da tempo interrogano la dottrina: P. RESCIGNO, I trattamenti sanitari tra libertà e dovere (l’obiezione di coscienza dei testimoni di Geova), in P. RESCIGNO, Persona e comunità: saggi di diritto privato, vol. I, Milano, 1966, 300 ss.
[51] Limpidamente, sul punto, E. BILOTTI, op. cit., 95; altresì, A. ASTONE, Autodeterminazione terapeutica e disposizioni anticipate di trattamento nella legge 22 dicembre 2017 n. 219, in Dir. fam. pers., 2018, 1508 ss.
[52] M. MANTOVANI, op. cit., 211; E. FAZIO, Consenso informato e disposizioni anticipate di trattamento: profili problematici, in Dir. succ. fam., 2020, 402.
[53] Per la tesi favorevole, v. P. ZATTI, Brevi note sull’interpretazione della Legge n. 219 del 2017, in Le Nuove leggi civ. comm., 2019, 5 ss., ma anche M. MANTOVANI, op. cit., 214 ss.; pur con toni più cauti, R. LENZI, Disposizioni anticipate di trattamento ed effettività del consenso, in Notariato, 2020, 143. Per la tesi negativa, v. S. DELLE MONACHE, op. cit., 1016-1017; D. CARUSI, Tentativi di legiferazione in materia di “testamento biologico”. Un dibattito da rianimare, cit., 81 ss.; M. RINALDO, op. cit., 110.
[54] Negli altri ordinamenti, con riferimento ai Paesi anglosassoni, al fiduciario viene dato un potere quasi incondizionato, laddove, le direttive anticipate di trattamento (il così detto living will), fungono da limite a quei còmpiti: proprio in merito a ciò, infatti, si attestava, nel parere del 2003 del Comitato nazionale di Bioetica, che il fiduciario «è presente in molti dei modelli di dichiarazioni anticipate proposti in Italia e all’estero, alcuni dei quali già hanno ottenuto riconoscimento legale in diversi Stati. In particolare, negli Stati Uniti, la direttiva di delega (durable power of attorney for health care nello Stato della California; health care representative nello Stato dell’Oregon; patient advocate for health care nello Stato del Michigan) costituisce la struttura portante di questi documenti, mentre le dichiarazioni vere e proprie vengono formulate sotto forma di limiti posti dal paziente all’azione del suo delegato». In argomento, v. E. CALÒ, Il ritorno della volontà. Bioetica, nuovi diritti e autonomia privata, Milano, 1999, 118 ss.
[55] Cfr. M. MANTOVANI, op. cit., 211, per la quale «anche là dove non si riscontri una perfetta corrispondenza tra disposizioni anticipate e situazione concreta oppure in presenza di disposizioni che appaiano agli occhi del medico approssimative, generiche, o lacunose, richiede di essere valorizzata la figura del fiduciario nel suo ruolo di interprete autentico della volontà del disponente, il quale potrà chiarire al medico dubbi e incertezze riguardo agli intendimenti manifestati».
[56] Così Corte cost., 25 maggio 1998, n. 185, in Giur. it., 1998, c. 602 ss., con nota di C. COLAPIETRO, La salvaguardia costituzionale del diritto alla salute e l’effettività della sua tutela nella sperimentazione del «multitrattamento Di Bella», e di A. CERRI, Spunti e riflessioni sulla ragionevolezza delle «fattispecie dubbiose», in cui la Corte costituzionale ha eccezionalmente ammesso l’estensione delle cure sperimentali, «nei casi di esigenze terapeutiche estreme, impellenti e senza risposte alternative, come quelle che si verificano in alcune patologie tumorali», poiché «dalla disciplina della sperimentazione, così prevista, scaturiscono indubbiamente aspettative comprese nel contenuto minimo del diritto alla salute».
[57] A ciò non pare neppure d’ostacolo l’assenza di una preventiva informazione medica, in quanto, la puntigliosa disciplina del D.lgs. n. 211/2003 va coordinata col più generale princìpio racchiuso nell’art. 4, primo comma, della L. n. 219/2017, per cui, quello di assumere adeguate informazioni presso un medico, è solamente una facoltà, per il disponente, che non comporta alcuna conseguenza, in termini di validità dell’atto. Basti osservare, a tal proposito, come l’art. 1, terzo comma, della L. n. 219/2017 disponga che il paziente possa «rifiutare in tutto o in parte di ricevere le informazioni».
[58] In particolare, il rappresentante legale deve avere avuto la possibilità, in un colloquio preliminare con uno degli sperimentatori, di comprendere gli obiettivi, i rischi e gli inconvenienti della sperimentazione, le condizioni in cui sarà realizzata, e sia stato informato del suo diritto di ritirarsi dalla sperimentazione in qualsiasi momento (art. 3, primo comma, lett. b); inoltre, il consenso, deve essere stato prestato dopo che il rappresentante legale sia «stato informato della natura, dell’importanza, della portata e dei rischi della sperimentazione clinica» (art. 3, primo comma, lett. d).
[59] Lo stesso medico, che esegua delle terapie sperimentali, deve tener «conto del desiderio esplicito di un soggetto in sperimentazione in grado di formarsi un’opinione propria e di valutare tali informazioni, di rifiutare la partecipazione o di ritirarsi dalla sperimentazione clinica in qualsiasi momento» (art. 5, primo comma, lett. c).
[60] Sulla cui condizione, in particolare, v. M.A. URCIUOLI, Situazioni esistenziali ed autodeterminazione della persona, Napoli, 2018, 70 ss.; B. SALVATORE, Il minore e la persona incapace nella L. n. 219/2017: la rilevanza della volontà del soggetto vulnerabile nelle scelte sanitarie, in Jus civile, 2020, 1494 ss.; A. LEPRE, I trattamenti sanitari dell’incapace nella Legge 22 dicembre 2017, n. 219, in Foro nap., 2020, 81 ss.
[61] Merita richiamare l’autorevole opinione di chi, indagando sui diritti della personalità, affermava che «la qualifica di diritti individuali è inaccettabile, perché vaga e non-espressiva del carattere peculiare dei diritti di personalità. Così, infine, si dica della qualifica di diritti “personalissimi” [corsivo dell’A.]», come si esprimeva F. MESSINEO, Manuale di diritto civile e commerciale, vol. II, t. 1, Milano, 1952, VIII, 5. L’opinione critica, su codesta classificazione, risale a N. COVIELLO, Manuale di diritto civile italiano. Parte generale, Milano, 1922, III ed., 29, a mente del quale, nell’affermare la dicotomia fra diritti trasmissibili e intrasmissibili, nota «come i diritti intrasmissibili vengono anche chiamati personali, personalissimi, inerenti alla persona; locuzioni da evitare per non far nascere confusione tra i diritti che sono davvero personali e perciò intrasmissibili, con quelli che sebbene non possono trasmettersi sono patrimoniali, reali o di obbligazione». Ma già, con lucida consapevolezza, v. L. BORSARI, Commentario del Codice civile italiano, vol. I, Torino-Napoli, 1871, 1009.
[62] Non si spiega, difatti, il riferimento alla disciplina della rappresentanza volontaria con riguardo al fiduciario, su cui v., fra i tanti, M. RINALDO, op. loc. citt. Basti solo considerare che, le norme sulla rappresentanza, sono racchiuse nella disciplina generale del contratto (art. 1387 ss. cod. civ.), e così anche la disciplina del mandato, che è un contratto tipico (artt. 1703 ss. cod. civ.); pertanto, in ragione di quanto osservato, circa la portata dell’art. 1324 cod. civ., codeste norme non sono estensibili ai rapporti giuridici non patrimoniali, com’è quello fra paziente e fiduciario.
[63] La natura non patrimoniale di codesto rapporto pone notevoli interrogativi, anche in ragione delle difficoltà di elaborare una categoria dommatica attorno a codeste relazioni: v., in argomento, B. IZZI, Il rapporto giuridico non patrimoniale, Milano, 2012, passim, ma, altresì, v. G. AMADIO, Teoria del negozio e interessi non patrimoniali, in Studi in onore di Nicolò Lipari, Milano, 2008, 27 ss.
[64] Sul punto, v. F. RUSCELLO, Amministrazione di sostegno e consenso ai trattamenti terapeutici, in Fam. dir., 2005, 90, nota a Trib. Modena, 15 settembre 2004; G. BONILINI, “Testamento per la vita” e amministrazione di sostegno, cit., 193 ss.; G. FERRANDO, I diritti di natura personale. Compiti dell’amministratore ed autonomia dell’interessato, in Soggetti deboli e misure di protezione. Amministrazione di sostegno e interdizione, a cura di G. Ferrando e L. Lenti, Torino, 2006, 143 ss.; A. GORGONI, Amministrazione di sostegno e trattamenti sanitari, in Eur. dir. priv., 2012, 547 ss.; G. LISELLA, Gli istituti di protezione dei maggiori di età, in G. LISELLA, F. PARENTE, Persona fisica, in Trattato di diritto civile del Consiglio Nazionale del Notariato, diretto da P. Perlingieri, Napoli, 2012, p. 298 ss.; G. BONILINI, Scelta dell’amministratore di sostegno, in G. BONILINI-F. TOMMASEO, Dell’amministrazione di sostegno. Artt. 404-413, ne Il Codice Civile. Commentario, fondato da P. Schlesinger e diretto da F.D. Busnelli, Milano, 2018, II ed., 344 ss.
[65] La dottrina ha giudicato inappropriato il riferimento all’inabilitato, su cui v. D. CARUSI, La legge sul “biotestamento”: una luce e molte ombre, cit., 296; B. SALVATORE, op. cit., 1500. Vi ritrova una qualche funzione, invece, M. PICCINNI, Decidere per il paziente: rappresentanza e cura della persona dopo la l. n. 219/2017, in Nuova giur. civ. comm., 2018, nota a Trib. Pavia, 24 marzo 2018, 1126.
[66] Sulla figura del fiduciario, v. P. ZATTI, Spunti per una lettura della legge sul consenso informato e DAT, cit., 248 ss.; P. ZATTI, Brevi note sull’interpretazione della Legge n. 219 del 2017, cit., 7 ss.; A. ARFANI, Disposizioni anticipate di trattamento e ruolo del fiduciario, in Fam. dir., 2018, 821; G. DI ROSA, La relazione di cura e di fiducia tra medico e paziente, in Nuove leggi civ. comm., 2019, 39 ss.; G. DI ROSA, La rete di prossimità e il ruolo del fiduciario, in Resp. medica, 2019, 49 ss.; L. GHIDONI, Le designazioni di diritto privato, Napoli, 2020, 170 ss.; A.M. BENEDETTI, Il «fiduciario» nelle DAT è titolare di un «ufficio di diritto privato»?, in Familia, 2023, 417 ss.
[67] Così G. BONILINI, op. ult. cit., 285; R. CLARIZIA, Autodeterminazione e dignità della persona: una legge sulle disposizioni anticipate di trattamento, in Dir. fam. pers., 2017, 947 ss.; P. ZATTI, Spunti per una lettura della legge sul consenso informato e dat, cit., 248-249; G. BALDINI, L. n. 219/2017 e Disposizioni anticipate di trattamento (DAT), in Fam. dir., 2018, 811. Ma già, per questo giudizio, F.D. BUSNELLI, Problemi giuridici di fine vita tra natura e artificio, in Riv. dir. civ., 2011, 170.
[68] Basterebbe già di per sé tener in debito conto il potere di disattendere le disposizioni anticipate di trattamento, pur in accordo col medico, per negare che il fiduciario possa essere inteso quale mero nuncius del paziente. A codesto argomento, si aggiunga, peraltro, l’investitura formale, che sottende all’indicazione e all’accettazione del fiduciario per il paziente incapace di autodeterminarsi, nonché la previsione per cui, il fiduciario, debba essere maggiorenne e capace di intendere e di volere (art. 4, secondo comma, della L. n. 219/2017). Si rileva, opportunamente, che codesto requisito non ha altro significato che quello di riconoscere, alla persona di fiducia del paziente, lo spazio di autonomia di cui gode, nello svolgimento del suo compito: così, G. DI ROSA, La disposizione del proprio corpo post mortem a fini didattici e scientifici, in Nuove leggi civ. comm., 2020, 866.
[69] Su codesto giudizio, cfr. S. DELLE MONACHE, op. cit., 1017; L. BOZZI, op. cit., 1355; M. MANTOVANI, op. cit., 210; si aggiunga il rinvio a R. LENZI, op. cit., 138 ss.
[70] La posizione del fiduciario e quella dell’amministratore di sostegno vengono, talvolta, accomunate, su cui v. C. VERDE, op. cit., 918; ne marca, le differenze, invece, M. FOGLIA, op. cit., 194.
[71] Quand’anche l’amministratore di sostegno sia stato designato ex art. 408 cod. civ., essendo consentito, al giudice, di disattendere, per «gravi motivi», l’indicazione contenuta nell’atto di designazione: v., per tutti, G. BONILINI, op. ult. cit., 261 ss.; G. BONILINI, C. COPPOLA, L’atto di designazione, in Commentario del Codice civile, dir. da E. Gabrielli, Della famiglia, III, a cura di G. Di Rosa, Torino, 2018, sub. art. 408 cod. civ., 1513 ss.
[72] Cfr. Corte cost., 13 giugno 2019, n. 144, in Corr. giur., 2020, 17 ss., con commento critico di D. CARUSI, Legge 219/2017, amministrazione di sostegno e rifiuto di cure: problemi di legittimità di una legge mal scritta; in Giur. cost., 2019, 1629 ss., con nota di C. STORACE, Erroneità del presupposto interpretativo e tecniche decisorie della Corte costituzionale, a margine di una pronuncia in tema di fine vita e amministrazione di sostegno, che in particolare critica il dictum della Corte dal punto di vista della tecnicalità processuale.
[73] Così Trib. Roma, decr. 24 marzo 2010, in Fam. dir., 2010, 1021 ss., con nota di E. FALLETTI, Amministrazione di sostegno e consenso informato a terapia sperimentale del beneficiario sofferente di alzheimer.
[74] A tal proposito, il dibattito attorno alla possibilità che si nomini un fiduciario in assenza di disposizioni anticipate di trattamento dovrebbe tener conto di ulteriori fattispecie, che conducono al medesimo risultato: si pensi al disponente che, dopo aver redatto delle disposizioni anticipate di trattamento, in cui sia racchiusa l’indicazione di un fiduciario, le revochi senza che, al contempo, faccia venir meno l’indicazione della persona di fiducia; oppure, si rifletta sulla situazione in cui si trova il paziente, incapace di autodeterminarsi, dopo che il medico, in accordo col fiduciario, abbia disatteso le disposizioni anticipate di trattamento. Mentre il primo caso potrebbe essere risolto affermando uno stringente collegamento negoziale, tra le due manifestazioni di volontà, osservando, soprattutto, il secondo caso, non si comprende perché, esaurito il suo còmpito, il fiduciario venga reso inoperante e si debba, qualora vi sia la necessità, nominare di un amministratore di sostegno; più in generale, non si vede perché frustrare l’esigenza manifestata dal paziente che, per scelta, o per avventura, si sia affidato a una persona di fiducia, senza che quell’indicazione segua delle decisioni sulle future terapie, e far gravare sul giudice la scelta di un amministratore di sostegno.
[75] Si fa riferimento a Corte cost., 25 maggio 1998, n. 185, cit., la quale rimette al medico il giudizio «sotto la propria responsabilità, e sulla base di elementi obiettivi, che non esistano valide alternative terapeutiche tramite medicinali o trattamenti già autorizzati per tali patologie».
[76] Cfr., per tutti, M. MANTOVANI, op. cit., 192, la quale, dopo aver posto il merito che la L. n. 219/2017 ha avuto, nell’intervenire in una materia che già da tempo richiedeva una cornice normativa adeguata, aggiunge «tuttavia, che accanto agli indiscutibili pregi rivela passaggi ambigui, nodi irrisolti, incoerenze, lacune. Difetti, questi, che solo lo sforzo per una corretta interpretazione e applicazione potrà contribuire a sciogliere, anzitutto con il fondamentale apporto di chi è chiamato a darle effettiva attuazione nella prassi medica».
[77] Sul punto, v. R. MASONI, Caso Cappato e sviluppi successivi: un "idem sentire" di idee in fase di affermazione?, in Dir. fam. pers., 2021, 1811 ss.; P. ZATTI, L’“intendance suivra”...?, in Nuova giur. civ. comm., 2021, 182 ss.; L. D’AVACK, Aiuto al suicidio medicalizzato: una futura legislazione, in Dir. fam. pers., 2022, 609 ss.; A. GORGONI, Autodeterminazione, dignità e vita nel suicidio assistito e nell’eutanasia, in Persona e mercato, 2023, 242 ss.
[78] Si considerino, fra le tante, la Legge 26 giugno 1967, n. 458, sulla donazione di rene; la Legge 22 maggio 1978, n. 194, in tema di interruzione di gravidanza; la Legge 16 dicembre 1999, n. 483, che dispone la donazione del fegato; la Legge 19 febbraio 2004, n. 40, in materia di procreazione medicalmente assistita; la Legge 15 marzo 2010, n. 38, sull’accesso alle cure palliative; la Legge 19 settembre 2012, n. 167, che consente il trapianto parziale tra persone viventi di polmone, pancreas e intestino.
[79] Valga il rinvio a P. ZATTI, Brevi note sull’interpretazione della Legge n. 219/2017, cit., 4, il quale avverte l’interprete che occorra «saper leggere la nuova disciplina con i giusti occhiali; occorre cogliere il senso e il valore del linguaggio della relazione e alla luce di questa evoluzione normativa saper rinnovare la scatola degli attrezzi del giurista.
[80] La dottrina è unanime nel riconoscere che i principî, richiamati dall’art. 1 della L. n. 219/2017, debbano orientare l’interpretazione delle norme della legge sul consenso informato e sulle disposizioni anticipate di trattamento: v. M. AZZALINI, op. cit., 8 ss.; G. BALDINI, op. cit., 814; S. DELLE MONACHE, op. cit., 998 ss.; R. MASONI, Rifiuto di trattamento medico e scelte di fine vita nella L. n. 219/2017: l’ultima tappa di un lungo percorso, in Dir. fam. pers., 2018, 1139 ss.; A. ASTONE, op. cit., 1508 ss.; M. MANTOVANI, op. cit., 194-195; M. RINALDO, op. cit., 20 ss.