Jus CivileISSN 2421-2563
G. Giappichelli Editore

Il ricongiungimento familiare tra partner stranieri nel diritto dell´immigrazione (di Luisa Pascucci, Professoressa associata di Diritto privato – Università degli Studi di Brescia)


Il contributo indaga se, ed entro quali limiti, sia riconosciuto il ricongiungimento familiare fra partner stranieri non coniugati e, cioè, oltre la cerchia dei «familiari» stricto iure ammessi all’esercizio del diritto dall’art. 29 d.lgs. 286/1998 (t.u.imm.). In particolare, ci si sofferma sui rapporti tra la legislazione sull’immigrazione e la sopravvenuta legge 76/2016 a tutela delle unioni civili e delle convivenze formalizzate, trovando l’interprete innanzi a sé un quadro normativo tutt’altro che completo e coordinato, compresi autentici vuoti di tutela. È, invero, solo alla stregua di interpretazioni estensive e costituzionalmente orientate che il diritto al ricongiungimento familiare può ricevere tutela (convivenze more uxorio) o piena tutela (unioni registrate di diritto straniero) tra partner extra-europei.

 

Family reunification between foreign partners in italian immigration law

The contribution examines the extent to which family reunification between foreign unmarried partners is recognised, that is, it addresses the question of whether such recognition extends beyond the traditional notion of «family members» stricto iure, as set out in Article 29 of Legislative Decree n. 286/1998 («Consolidated Text on Immigration and provisions on the legal condition of foreigners»). In particular, the relationship between migration law and the aforementioned Law 76/2016 on the regulation of civil partnerships between same-sex people and of de facto living together of two same, or opposite, sex persons is analysed, as the interpreter is faced with a regulatory framework that is far from complete and coordinated, including serious voids in terms of protection. Indeed, it is only on the basis of a broad and constitutional interpretive framework that the right to family reunification can be protected (de facto cohabitations) or fully protected (unions registered under foreign law) between non-European partners.

SOMMARIO:

1. La nozione di «familiare» ammesso al ricongiungimento nella tralatizia formulazione dell’art. 29 t.u.imm. - 2. Il ricongiungimento familiare dopo la legge 76/2016: l’insufficienza del dato positivo. - 3. La questione (residua) del ricongiungimento familiare fra partner di unioni registrate di diritto straniero. - 4. Il ricongiungimento tra conviventi more uxorio: un vuoto di tutela da (ri)comporre in via ermeneutica. - 5.NOTE


1. La nozione di «familiare» ammesso al ricongiungimento nella tralatizia formulazione dell’art. 29 t.u.imm.

Il ricongiungimento familiare – una delle principali declinazioni del più ampio diritto all’unità familiare – consente al cittadino extraeuropeo che soggiorni regolarmente in Italia di essere raggiunto dai familiari provenienti da altri Paesi (artt. 28, 29 e 30 D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, «Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero», infra t.u.imm.) [1]. Un diritto che, sebbene da annoverare tra i diritti fondamentali dell’uomo [2], stenta a trovare una tutela di carattere assoluto, tanto nella giurisprudenza della Corte costituzionale [3], quanto in quella della Corte europea dei diritti dell’uomo [4] e della Corte di giustizia [5], essendo da bilanciare con il concorrente interesse dello Stato ospitante a controllare i flussi migratori in entrata. Questo in considerazione del fatto che l’ingresso dello straniero nel territorio nazionale coinvolge svariati interessi pubblici (sicurezza, ordine pubblico, sanità), la cui ponderazione spetta al legislatore interno, chiamato a bilanciare il diritto al ricongiungimento familiare con il diritto, preteso di pari dignità e rango, di presidiare le proprie frontiere e di regolamentare, nel­l’eser­ci­zio della propria sovranità, il flusso migratorio in entrata, con l’unico limite che le scelte, pur discrezionali, non risultino manifestamente irragionevoli [6]. Peraltro, con l’entrata in vigore del Trattato di Amsterdam (1° maggio 1999), è stata riconosciuta alla (allora) Comunità europea una competenza concorrente in materia di immigrazione, essendosi “comunitarizzate” materie (immigrazione, rilascio di visti, concessione di asilo, cooperazione giudiziaria in materia civile) sino ad allora trattate esclusivamente in ambito intergovernativo, ossia interamente rimesse al potere decisionale degli Stati membri. Al Consiglio è stato così attribuito il compito di adottare misure in materia di politica di immigrazione, fatto salvo il diritto degli Stati membri di mantenere o introdurre ex novo norme di diritto interno compatibili con il Trattato medesimo. E sulla base di ciò è stata adottata – in funzione di armonizzazione – la direttiva 2003/86/CE relativa al diritto al ricongiungimento familiare dei cittadini extra U.E. legalmente [continua ..]


2. Il ricongiungimento familiare dopo la legge 76/2016: l’insufficienza del dato positivo.

L’Italia ha regolamentato le unioni civili tra persone dello stesso sesso e le convivenze di fatto omo o eterosessuali con l. 20 maggio 2016, n. 76 («Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze»). La legge, al comma 20 del suo unico articolo, dispone che «al solo fine di assicurare l’effettività della tutela dei diritti e il pieno adempimento degli obblighi derivanti dall’unione civile tra persone dello stesso sesso, le disposizioni che si riferiscono al matrimonio e le disposizioni contenenti le parole “coniuge”, “coniugi” o termini equivalenti, ovunque ricorrono nelle leggi, negli atti aventi forza di legge, nei regolamenti nonché negli atti amministrativi e nei contratti collettivi, si applicano anche ad ognuna delle parti dell’unione civile tra persone dello stesso sesso». Con il che, già in virtù di questa previsione [1], si potevano estendere al cittadino di Stato terzo parte di un’unione civile omosessuale – quantomeno di diritto italiano – le disposizioni del t.u.imm. sul ricongiungimento familiare tra coniugi (art. 29 e art. 30, comma 1, lett. a) e sul permesso di soggiorno per motivi familiari (art. 30, comma 1, lettere b e c). Per fugare (recte, con pretesa di fugare) qualsivoglia dubbio interpretativo è, in ogni caso, intervenuto il Ministero dell’Interno, con Circolare n. 3511 del 5 agosto 2016, che ha precisato che, data la disposizione del comma 20 di cui all’art. 1 della legge 76/2016, «in virtù delle nuove disposizioni normative, il diritto al ricongiungimento familiare di cui all’art. 29 e seguenti del D.Lgs. n. 286/1998 (T.U. Immigrazione), si estende ai cittadini stranieri dello stesso sesso uniti civilmente. Pertanto, sarà possibile richiedere il nulla osta al ricongiungimento familiare a favore del partner unito civilmente purché maggiorenne e non legalmente separato». Dunque le disposizioni del testo unico sull’immigrazione in materia di ricongiungimento familiare tra coniugi (art. 29) e di rilascio di permesso di soggiorno per motivi familiari al coniuge o comunque al familiare (art. 30) si estendono anche alle parti dell’unione civile tra persone dello stesso sesso «costituita» – precisa la Circolare – «in Italia o all’estero». Nella Circolare [continua ..]


3. La questione (residua) del ricongiungimento familiare fra partner di unioni registrate di diritto straniero.

Volendo esplicitare la clausola di equiparazione ai coniugi (art. 1, comma 20, l. 76/2016) ai fini che ci occupano, deve dunque ritenersi che, come previsto dagli artt. 29 e 30 t.u.imm. nei riguardi del coniuge (e più in generale dei familiari, primo fra tutti il coniuge), il cittadino di Stato terzo: I) se non residente in Italia, possa ivi ricongiungersi con il partner omosessuale straniero che soggiorni regolarmente in Italia, o con il cittadino italiano o con il cittadino U.E. residente in Italia[1], a lui legato da unione civile (art. 29 e art. 30, comma 1, lett. a, t.u.imm.); e potrebbe essere – stando alla summenzionata Circolare – un’unione civile di diritto italiano, eventualmente celebrata all’estero presso un consolato italiano allorché la coppia sia formata da un cittadino italiano, quanto un’unione civile costituta all’estero secondo legge straniera. è, in sostanza, la fattispecie “tipica” di ricongiungimento familiare: allo straniero proveniente da Paese terzo[2], se comprovati documentalmente i presupposti per essere ammesso al ricongiungimento con il familiare (tra cui la disponibilità di un alloggio e di un reddito rispondenti a determinati parametri), viene rilasciato un visto di ingresso e, conseguentemente, un permesso di soggiorno per motivi familiari ex 30, comma 1, lett. a, t.u.imm., avente la stessa durata del permesso di soggiorno del soggetto rispetto al quale si esercita il ricongiungimento e rinnovabile con quest’ultimo; II) se già regolarmente soggiornante, ad altro titolo, da almeno un anno, in Italia, ed ivi contragga unione civile con cittadino italiano o con cittadino di uno Stato membro dell’Unione europea ovvero con cittadini stranieri regolarmente soggiornanti, potrà ottenere il permesso di soggiorno per motivi familiari che l’art. 30, comma 1, lett. b, t.u.imm. testualmente riserva a chi contragga matrimonio in Italia; III) se già legalmente soggiornante in Italia, potrà ivi ricongiungersi (recte, esercitare il diritto alla coesione familiare) con lo straniero regolarmente soggiornante o con cittadino italiano o con cittadino di altro Stato U.E. residente in Italia a lui legato da unione civile (contratta in Italia o all’estero), ottenendo all’uopo un permesso di soggiorno per motivi familiari con cui si converte il titolo di soggiorno precedente purché non scaduto da [continua ..]


4. Il ricongiungimento tra conviventi more uxorio: un vuoto di tutela da (ri)comporre in via ermeneutica.

Stricto iure, i conviventi di fatto (omo o eterosessuali) non sono ammessi al ricongiungimento familiare, essendo mancata qualsivoglia norma espressa o di rinvio nella legge 76/2016 che (quantomeno formalmente) autorizzi a ciò. Vige, dunque, inalterato il “vecchio” testo di cui all’art. 29 t.u.imm., la cui formulazione restrittiva, anche per come emendata nel 2007 in attuazione della direttiva 2003/86/CE (che pur aveva formalmente aperto ai partenariati) e dai successivi interventi normativi [1], ammette al ricongiungimento soltanto il coniuge, i figli ed i genitori, e nulla concede ai conviventi, inibendo dunque il ricongiungimento del partner straniero con il cittadino di Stato terzo già legalmente soggiornante in Italia. Si mantiene, con ciò, il differente regime tra matrimonio e convivenze di fatto (recte, la totale assenza di tutela per il ricongiungimento fra conviventi). Epperò, al contempo si introduce, con la legge medesima, una differenza di regime tra convivenze di fatto (omo o eterosessuali) e unioni civili (omosessuali), queste ultime soltanto ammesse al ricongiungimento per effetto della clausola di estensione del comma 20. Una esclusione, o, più correttamente, dato il silenzio legislativo, una omissione – cave, più realisticamente deliberata [2], anziché frutto di un mancato coordinamento – che non si spiega agevolmente, ora che (anche) la convivenza di fatto [3] di cui alla legge 76/2016, pur riconducibile all’art. 2 Cost., anziché all’art. 29 Cost., assurge a «famiglia in senso formale, elevandosi … su un piano diverso dal fatto sociale della convivenza e dunque della vita familiare senza qualificazione» [4], sì che anche detto modello familiare dovrebbe rilevare ai fini del riconoscimento del ricongiungimento in quanto – appunto – anche i conviventi assurgono a (nuovi) «familiari» da poter includere nell’elenco di cui all’art. 29 t.u.imm. Come rilevato dal Tar Calabria – in materia di ricongiungimento familiare in ambito militare (normativa interna dell’Arma dei carabinieri) – si deve «dare atto dell’evoluzione del concetto di famiglia comprensivo anche delle unioni di fatto tra individui (anche dello stesso sesso), e della progressiva valorizzazione della convivenza stabile quale fonte di effetti giuridici rilevanti» (par. [continua ..]


5.NOTE