L’articolo passa in rassegna le principali novità introdotte dall’ultima direttiva sul credito ai consumatori (la n. 2023/2225) soffermandosi, in particolare, sulla disciplina del rimborso anticipato del credito. Il tema, particolarmente inciso dalla sentenza della Corte di Giustizia Lexitor, ha suscitato un importante dibattito dottrinale e giurisprudenziale conclusosi con un intervento ablativo della Corte Costituzionale. All’indomani della pronuncia della Consulta, che ha posto fine alla querelle sul rimborso da estinzione anticipata del credito, rimanevano e rimangono in piedi alcune criticità che anche la più recente direttiva 2023/2225, “codificante” i principi Lexitor, non sembra risolvere. Di queste criticità, concernenti essenzialmente Il criterio di quantificazione dei costi rimborsabili, si tiene conto nel lavoro e rispetto all’opzione di applicare un unico metodo di calcolo, che distingua esclusivamente in relazione alla natura dei costi come oneri recurring o up front, viene ritenuta preferibile, anche nell’ottica di assicurare un’effettiva tutela al consumatore, la soluzione che utilizza metodi di calcolo diversi in base alle diverse tipologie di commissioni e costi recurring e up front.
The article reviews the main innovations introduced by the latest consumer credit directive (n. 2023/2225) focusing, in particular, on the regulation of early credit repayment. The topic, on which the sentence Lexitor of the Court of Justice had a particular impact, sparked an important doctrinal and jurisprudential debate which ended with an ablative intervention by the Constitutional Court. After the ruling of this judicial authority, which put an end to the controversy on refund from early repayment of credit, some critical issues remained and remain that even the most recent directive 2023/2225, "codifying" the Lexitor principles, does not seem to resolve. These critical issues, essentially concerning the criteria for quantifying reimbursable costs, are taken into account in this essay; and with reference to the option of applying a single calculation method, which distinguishes exclusively in relation to the nature of the costs as recurring or up front charges, also with a view to ensuring effective consumer protection, the solution that uses different calculation methods based on the different types of commissions and recurring and up front costs is considered preferable.
Sommario:
1. Le novità introdotte con la direttiva 2023/2225 relativa ai contratti di credito ai consumatori. - 2. Il rimborso anticipato del credito dopo Lexitor. - 3. L’art. 29 della nuova direttiva sul credito al consumo ed il criterio di calcolo applicabile alla restituzione dei costi up front. - 4. Il contemperamento degli interessi del consumatore e del professionista quale fondamento delle modalità di calcolo dell’indennizzo dovuto al finanziatore. - 5. Considerazioni conclusive. - 6. NOTE
La disciplina europea sui contratti di credito al consumo ha subito, nel tempo, diverse modifiche con l’obiettivo di garantire un più elevato livello di tutela dei consumatori e di promuovere lo sviluppo di un mercato unico del credito. Già nel 2008, la direttiva n. 48 aveva previsto tutta una serie di interventi di armonizzazione volti a realizzare la finalità di incrementare le transazioni transfrontaliere aventi ad oggetto finanziamenti al consumo, avendo presenti i limiti della prima direttiva in materia (la n. 87/102/CEE), anche in considerazione del carattere minimale dell’armonizzazione e dalla conseguente creazione e/o conservazione di profonde differenze nei regimi normativi dei diversi Paesi Ue sui contratti di credito al consumo; inoltre, il legislatore del 2008 ha dato rilievo alle nuove modalità di finanziamento e all’impiego di tecniche di comunicazione a distanza (in primis il commercio elettronico), che hanno messo in risalto l’obsolescenza dell’apparato di regole contenute nella prima direttiva sul consumer credit [1]. Da allora, la Commissione europea ha – tuttavia – presentato ben due relazioni (una nel 2014 e l’altra nel 2020) sull’attuazione della direttiva 2008/48/CE, dalle quali è emersa la sua parziale efficacia nel perseguire gli obiettivi dell’Unione [2], anche per l’imprecisa formulazione di alcuni articoli (con conseguente frammentazione del quadro normativo unionale), oltre che per l’operare di fattori esterni, come gli sviluppi legati alla digitalizzazione ed al fatto che taluni aspetti del mercato del credito al consumo non fossero contemplati dalla direttiva. Tra gli effetti negativi le relazioni registravano distorsioni alla concorrenza tra i creditori all’interno dell’Unione ed ostacoli al buon funzionamento del mercato interno con conseguente contrazione della possibilità, per i consumatori, di beneficiare della crescente offerta di credito transfrontaliero (favorita dalla digitalizzazione), ed abbassamento del livello della loro tutela. Da qui gli ulteriori correttivi veicolati dalla direttiva UE n. 2023/2225 del 18 ottobre 2023 relativa ai contratti di credito ai consumatori, che abroga la direttiva 2008/48/CE [3]. Si tratta di una disciplina di armonizzazione piena, con la conseguenza di precludere agli Stati membri di mantenere e/o introdurre disposizioni [continua ..]
Il tema del rimborso anticipato del credito ha interessato sia la giurisprudenza europea sia quella nazionale per l’assenza, nella direttiva del 2008, di una chiara previsione concernente la riduzione del costo totale del credito nell’ipotesi in cui il consumatore decidesse di estinguere anticipatamente l’obbligazione [9]. In particolare, la Corte di Giustizia, con la pronuncia Lexitor [10], ha definito il perimetro di operatività della riduzione del costo totale del credito spettante al consumatore in caso di rimborso anticipato, con un’interpretazione dell’art. 16 Direttiva 2008/48/CE che include, nel rimborso, tutti i costi posti a suo carico e, quindi, anche voci di costo il cui importo non è correlato alla durata del contratto [11]. L’obiettivo è garantire l’effettività della tutela del consumatore con un’interpretazione della direttiva che assicuri la repressione di condotte abusive degli istituti di credito interessati a rimborsare ai consumatori, che estinguono anticipatamente i finanziamenti, i minori costi possibili [12]. I principi espressi dalla Corte di Giustizia e l’interpretazione da essa offerta dell’art. 16 direttiva 2008/48/CE hanno alimentato un ampio dibattito nel nostro ordinamento, dove la questione dell’estinzione anticipata del finanziamento da parte del consumatore viene regolata dall’art. 125 sexies t.u.b., che – nella versione originaria – prevedeva un diritto alla riduzione dei soli costi recurring (cioè quelli riferibili a pagamenti ancora da effettuare e, quindi, volti a remunerare prestazioni rese dal finanziatore per l’intera esecuzione del contratto [13]) e non anche dei c.d. costi up front (cioè quelli fissi, non dipendenti dal termine pattuito per il finanziamento [14]): una distinzione tutta italiana [15], avvalorata dalla normativa secondaria della Banca d’Italia [16], nonché da una consolidata interpretazione della norma ad opera sia della giurisprudenza [17] che dell’ABF [18]. Non è esagerato dire che l’interpretazione offerta dalla sentenza Lexitor ha avuto un impatto “squilibrante” nel nostro ordinamento, in considerazione della portata generale e della natura vincolante della decisione della [continua ..]
Il 70° considerando della direttiva 2023/2225, in linea con l’interpretazione della Corte di Giustizia UE nella sentenza Lexitor, prevede, in caso di estinzione anticipata del mutuo, il diritto del consumatore alla riduzione del costo totale del credito, riduzione che include tutti i costi posti a carico del consumatore e che dovrebbe essere “proporzionata” alla durata residua del contratto di credito. Quanto ai costi, quindi, vengono inclusi anche quelli che non dipendono dalla durata del contratto, compresi quelli esauriti all’atto della concessione del credito (con esclusione delle imposte e delle spese applicate da un terzo e pagate direttamente a quest’ultimo che non sono imposte dal creditore e non possono essere modificate unilateralmente da lui). La littera legis spazza ogni dubbio sull’inclusione, nelle poste riducibili, dei costi up front, richiamando, per la loro determinazione, il criterio della proporzionalità. Ma proprio il riferimento “generico” alla proporzionalità lascia alla discrezione dei legislatori nazionali la scelta circa il criterio di calcolo applicabile. Per vero non si tratta di una novità, considerato che anche la direttiva 2008/48/CE si orientava allo stesso modo, ma ciò lascia inalterato il problema della individuazione del metodo di calcolo per quantificare la riduzione dei costi che sia più efficiente in un’ottica di protezione del consumatore. Al riguardo, nel nostro ordinamento, dottrina [39] e giurisprudenza non hanno assunto posizioni univoche, sia prima che dopo Lexitor. Emblematici, in tal senso, sono i diversi orientamenti dell’ABF sul punto. Difatti mentre, prima del 2019, l’Arbitro bancario – condizionato dalla previsione normativa (i. e. la formulazione originaria dell’art. 125 sexies co.1, t.u.b.) che ammetteva la riducibilità dei soli costi recurring – considerava come criterio di quantificazione «più logico» e «più conforme al diritto ed all’equità sostanziale» quello della stretta proporzionalità o pro rata temporis (che imponeva di dividere la somma complessiva dei costi e interessi spettanti al finanziatore per il numero totale delle rate del finanziamento e poi moltiplicare il risultato ottenuto per le rate residue) [40], dopo [continua ..]
Anche l’art. 29 della direttiva 2023/2225/UE, come il precedente art. 16 della dir. 2008/48/CE, prevede che in caso di rimborso anticipato il creditore dovrebbe aver diritto ad un indennizzo equo e oggettivamente giustificato per i costi direttamente collegati all’estinzione anticipata del credito. Resta il problema della determinazione del calcolo di questo indennizzo che dovrebbe essere trasparente e comprensibile per i consumatori già nella fase precontrattuale e in ogni caso durante l’esecuzione del contratto di credito. La questione dell’an e del quantum dell’indennizzo aveva già interessato la dottrina dopo l’attuazione della direttiva del 2008 [62], anche in considerazione delle scelte fatte dal nostro legislatore in sede di recepimento della normativa europea, prima fra tutte quella di non fornire indicazioni sull’automaticità o meno di uno strumento introdotto essenzialmente per compensare [63] il rischio, assunto dal mutuante, dell’eventuale mancata fruizione della corresponsione degli interessi fino alla scadenza naturale del prestito [64]. Poiché la previsione della corresponsione dell’indennizzo serve a tutelare il finanziatore che ha perso la quota di interessi dovuta dal consumatore per la restante durata del contratto [65] il bilanciamento dei loro interessi confliggenti viene realizzato dal legislatore prescrivendo, per l’indennizzo, alcuni requisiti che incidono sia sull’an del suo riconoscimento (deve essere equo e oggettivamente giustificato) che sul quantum (deve essere contenuto entro un tetto massimo [66] e parametrato alla vita residua del contratto), ferme restando alcune esclusioni tassativamente previste in cui l’attribuzione dell’indennizzo sarebbe indebita e determinerebbe un arricchimento ingiustificato per il finanziatore [67]. Sull’equità e sull’oggettiva giustificazione dell’indennizzo non ci sono, però, pareri unanimi. Per la prevalente dottrina l’equità dell’indennizzo si concreta nella sua commisurazione all’importo totale del credito ed al tempo dell’anticipato rimborso rispetto al termine contrattuale di restituzione, mentre l’oggettiva giustificazione farebbe riferimento alla correlazione tra l’(entità dell’)indennizzo e la perdita [continua ..]
A questo punto è possibile svolgere qualche considerazione conclusiva tenendo presente l’esigenza avvertita, anche dalla nostra più recente giurisprudenza di legittimità, di rendere effettivo il diritto europeo garantendo “ad ogni costo” un’elevata protezione dei consumatori in materia di credito al consumo. Occorre chiedersi, cioè, se l’interpretazione Lexitor, per quanto retroattiva, possa essere richiamata anche con riferimento a norme europee anteriori all’art. 16, così come ha fatto Cass. n. 25997/2023. Il riferimento è essenzialmente all’art. 8 della direttiva 87/102/CEE, trasposto nel nostro ordinamento con l’art. 125 t.u.b., applicabile fino al 2010, anno in cui è stata trasposta la direttiva del 2008, il cui art. 16 è stato recepito nell’art. 125 sexies, t.u.b. Il problema riguardava (nella sentenza da ultimo citata) l’applicazione ad un caso di estinzione anticipata di un credito mobiliare acceso nel 2007, della disciplina di recepimento della direttiva 87/102/CEE, e quindi l’art. 125 t.u.b. che riconosceva al consumatore, in caso di estinzione anticipata del finanziamento, il diritto ad una “equa riduzione del costo complessivo del credito”, ma rimetteva alla legislazione degli Stati membri il compito di determinare puntualmente contenuti e modalità di esercizio del diritto ed i parametri di quantificazione della somma di denaro che ne costituisce oggetto. L’inerzia del nostro legislatore sul punto aveva indotto il giudice di prime cure ad escludere la stessa applicazione dell’art. 125 t.u.b. in quanto «la norma rinviava al CICR le modalità con le quali il consumatore, estinto anticipatamente il mutuo, avesse diritto alla riduzione del costo complessivo del credito» e, pertanto, «il tribunale, in assenza di una norma attuativa che specificasse le modalità di esercizio del diritto, non poteva procedere ad alcuna riduzione» dei costi consistenti in commissioni finanziarie e assicurative. Il che portava ad una soluzione penalizzante il consumatore e contraria, prima ancora che al diritto, al buon senso. La Suprema Corte risolve il problema ritenendo applicabile al caso di specie i principi Lexitor [73] (recepiti anche dalla Consulta nella sentenza 263/2022) che, per l’occasione, vengono dotati di [continua ..]