Jus CivileCC BY-NC-SA Commercial Licence ISSN 2421-2563
G. Giappichelli Editore

La terza direttiva sul credito al consumo ed il rimborso anticipato del credito: un´occasione per discutere di questioni ancora aperte (di Tiziana Rumi,P rofessoressa aggregata di Diritto privato – Università degli Studi Mediterranea di Reggio Calabria)


L’articolo passa in rassegna le principali novità introdotte dall’ultima direttiva sul credito ai consumatori (la n. 2023/2225) soffermandosi, in particolare, sulla disciplina del rimborso anticipato del credito. Il tema, particolarmente inciso dalla sentenza della Corte di Giustizia Lexitor, ha suscitato un importante dibattito dottrinale e giurisprudenziale conclusosi con un intervento ablativo della Corte Costituzionale. All’indomani della pronuncia della Consulta, che ha posto fine alla querelle sul rimborso da estinzione anticipata del credito, rimanevano e rimangono in piedi alcune criticità che anche la più recente direttiva 2023/2225, “codificante” i principi Lexitor, non sembra risolvere. Di queste criticità, concernenti essenzialmente Il criterio di quantificazione dei costi rimborsabili, si tiene conto nel lavoro e rispetto all’opzione di applicare un unico metodo di calcolo, che distingua esclusivamente in relazione alla natura dei costi come oneri recurring o up front, viene ritenuta preferibile, anche nell’ottica di assicurare un’effettiva tutela al consumatore, la soluzione che utilizza metodi di calcolo diversi in base alle diverse tipologie di commissioni e costi recurring e up front.

The third directive on consumer credit and early repayment of credit: an opportunity to discuss issues that are still open

The article reviews the main innovations introduced by the latest consumer credit directive (n. 2023/2225) focusing, in particular, on the regulation of early credit repayment. The topic, on which the sentence  Lexitor  of the Court of Justice had a particular impact, sparked an important doctrinal and jurisprudential debate which ended with an ablative intervention by the Constitutional Court. After the ruling of this judicial authority, which put an end to the controversy on refund from early repayment of credit, some critical issues remained and remain that even the most recent directive 2023/2225, "codifying" the Lexitor principles, does not seem to resolve. These critical issues, essentially concerning the criteria for quantifying reimbursable costs, are taken into account in this essay;  and with reference to the option of applying a single calculation method, which distinguishes exclusively in relation to the nature of the costs as recurring or up front charges,  also with a view to ensuring effective consumer protection, the solution that uses different calculation methods based on the different types of commissions and recurring and up front costs is considered preferable.

COMMENTO

Sommario:

1. Le novità introdotte con la direttiva 2023/2225 relativa ai contratti di credito ai consumatori. - 2. Il rimborso anticipato del credito dopo Lexitor. - 3. L’art. 29 della nuova direttiva sul credito al consumo ed il criterio di calcolo applicabile alla restituzione dei costi up front. - 4. Il contemperamento degli interessi del consumatore e del professionista quale fondamento delle modalità di calcolo dell’indennizzo dovuto al finanziatore. - 5. Considerazioni conclusive. - 6. NOTE


1. Le novità introdotte con la direttiva 2023/2225 relativa ai contratti di credito ai consumatori.

La disciplina europea sui contratti di credito al consumo ha subito, nel tempo, diverse modifiche con l’obiettivo di garantire un più elevato livello di tutela dei consumatori e di promuovere lo sviluppo di un mercato unico del credito.

Già nel 2008, la direttiva n. 48 aveva previsto tutta una serie di interventi di armonizzazione volti a realizzare la finalità di incrementare le transazioni transfrontaliere aventi ad oggetto finanziamenti al consumo, avendo presenti i limiti della prima direttiva in materia (la n. 87/102/CEE), anche in considerazione del carattere minimale dell’armonizzazione e dalla conseguente creazione e/o conservazione di profonde differenze nei regimi normativi dei diversi Paesi Ue sui contratti di credito al consumo; inoltre, il legislatore del 2008 ha dato rilievo alle nuove modalità di finanziamento e all’impiego di tecniche di comunicazione a distanza (in primis il commercio elettronico), che hanno messo in risalto l’obsolescenza dell’apparato di regole contenute nella prima direttiva sul consumer credit [1].

Da allora, la Commissione europea ha – tuttavia – presentato ben due relazioni (una nel 2014 e l’altra nel 2020) sull’attuazione della direttiva 2008/48/CE, dalle quali è emersa la sua parziale efficacia nel perseguire gli obiettivi dell’Unione [2], anche per l’imprecisa formulazione di alcuni articoli (con conseguente frammentazione del quadro normativo unionale), oltre che per l’operare di fattori esterni, come gli sviluppi legati alla digitalizzazione ed al fatto che taluni aspetti del mercato del credito al consumo non fossero contemplati dalla direttiva. Tra gli effetti negativi le relazioni registravano distorsioni alla concorrenza tra i creditori all’interno dell’Unione ed ostacoli al buon funzionamento del mercato interno con conseguente contrazione della possibilità, per i consumatori, di beneficiare della crescente offerta di credito transfrontaliero (favorita dalla digitalizzazione), ed abbassamento del livello della loro tutela.

Da qui gli ulteriori correttivi veicolati dalla direttiva UE n. 2023/2225 del 18 ottobre 2023 relativa ai contratti di credito ai consumatori, che abroga la direttiva 2008/48/CE [3]. Si tratta di una disciplina di armonizzazione piena, con la conseguenza di precludere agli Stati membri di mantenere e/o introdurre disposizioni nazionali divergenti da quelle previste dalla direttiva medesima, salvo che quest’ultima non preveda altrimenti [4]. E’ prevista, comunque, la possibilità per gli Stati membri di estendere l’applicazione delle disposizioni della direttiva a settori non rientranti nel suo ambito applicativo, come nel caso di contratti di credito per la conclusione dei quali il consumatore è tenuto a depositare presso il creditore un bene a titolo di garanzia e la responsabilità del consumatore è limitata esclusivamente al bene depositato, o in materia di contratti di credito per un importo totale del credito superiore a 100.000 euro, o ancora di contratti di credito collegati che non rientrano nella corrispondente definizione contenuta nella direttiva. In questa prospettiva, gli Stati membri potrebbero applicare le nuove regole a contratti che erano esclusi dall’ambito applicativo della direttiva 2008/48/CE (ad es. i contratti a breve termine e ad alto costo, il cui ammontare è generalmente inferiore alla soglia minima di 200 euro, i contratti di locazione o di leasing con opzione di acquisto, i contratti di credito sotto forma di concessione di scoperto e in cui il credito deve essere rimborsato entro un mese, i contratti di credito senza interessi e senza altre spese e i contratti di credito in forza dei quali il credito deve essere rimborsato entro tre mesi e che comportano solo spese di entità trascurabile, i contratti «compra ora, paga dopo») [5].

Tra i contratti esclusi dall’applicazione delle nuove regole figurano, invece, alcune dilazioni di pagamento, le carte di debito differito, i contratti di locazione e di leasing senza opzione di acquisto, i contratti di credito fino a 100.000 euro, i contratti di somministrazione ed i contratti di credito ipotecario soggetti alla direttiva 2014/17/UE.

La nuova disciplina attribuisce particolare importanza al c.d. crowdfunding (finanziamento collettivo) ai consumatori per spese e investimenti modesti [6]. Il prestatore di servizi di credito tramite crowdfunding gestisce una piattaforma digitale aperta al pubblico per realizzare o facilitare l’abbinamento tra potenziali erogatori di prestiti, che operano o meno nell’ambito della loro attività commerciale o professionale, e consumatori che cercano finanziamenti.

Sotto il profilo soggettivo, destinatari delle nuove regole sono, oltre ai creditori, anche gli intermediari del credito [7]. E poiché vi è l’esigenza di rispettare il più possibile i diritti dei consumatori sono dettate regole sia sulla gratuità delle informazioni dovute a questi ultimi sia sul rispetto dei diritti fondamentali riconosciuti dalla Carta di Nizza (proprietà, non discriminazione, tutela della vita familiare e professionale, protezione dei consumatori).

Con riguardo alla pubblicità ed alle informazioni, si ribadisce quanto previsto nella direttiva del 2008, con alcune precisazioni rese necessarie dalla digitalizzazione e, in particolare, dalla possibilità che tali informazioni vengano lette su dispositivi di telefonia mobile.

A supporto del consumatore la normativa prevede che creditori ed intermediari del credito assicurino assistenza sui prodotti di credito, fornendo a titolo gratuito spiegazioni adeguate sulle informazioni rilevanti, incluse le caratteristiche essenziali dei prodotti offerti al consumatore in modo personalizzato, affinché il consumatore possa comprenderne i potenziali effetti sulla sua situazione economica.

Peraltro, la possibilità di sfruttare sistemi di IA al fine di personalizzare le offerte di credito implica l’esigenza di informare i consumatori che il prezzo indicato è personalizzato sulla base di un trattamento automatizzato di dati personali, in modo che i destinatari possano valutare a pieno i potenziali rischi nella loro decisione di acquisto.

Vengono vietate le pratiche di commercializzazione abbinata di taluni prodotti, mentre si assicurano pratiche di commercializzazione aggregata di prodotti vantaggiose per i consumatori e, per i soggetti discriminati nell’accesso ai servizi finanziari perché, in passato, malati di cancro, si prevede che le polizze assicurative non vengano basate su dati personali relativi alla diagnosi di malattie oncologiche dei consumatori dopo che siano trascorsi 15 anni dalla fine delle loro cure mediche.

Vietata è, altresì, la concessione di credito non sollecitata dal consumatore, sia sotto forma di invio di carte di credito pre-approvate, sia sotto forma di contratti negoziati fuori dei locali commerciali.

Per arginare i rischi di sovraindebitamento restano ferme le regole che subordinano la concessione di credito alla verifica del merito creditizio dei consumatori. Occorre, infatti, accertare al momento della stipula del contratto la capacità e la propensione del consumatore a rimborsare il credito e calibrare il piano di rimborso su tale capacità. Inoltre, tenuto conto del fatto che la valutazione del merito creditizio potrebbe essere effettuata mediante sistemi di IA, la nuova normativa prevede il diritto del consumatore di ottenere una spiegazione significativa e comprensibile della valutazione effettuata e del funzionamento del trattamento automatizzato applicato, inclusi le principali variabili, la logica ed i rischi inerenti, come pure il diritto di esprimere la propria opinione e chiedere un riesame della valutazione del merito creditizio e un riesame della decisione che esclude la concessione del credito [8].

Al fine di valutare la situazione economico-finanziaria del consumatore si prevede che i creditori e gli intermediari del credito possano consultare le banche dati relative ai crediti. Specifiche regole sono dettate per disciplinare la concessione di scoperto e lo sconfinamento (che costituiscono forme sempre più comuni di credito al consumo), il diritto di recesso dei consumatori senza penali e senza obbligo di giustificazione e, soprattutto, la loro facoltà di adempiere agli obblighi contrattuali prima della data concordata nel contratto di credito, facoltà di rimborso anticipato di cui ci occuperemo nelle pagine che seguono.


2. Il rimborso anticipato del credito dopo Lexitor.

Il tema del rimborso anticipato del credito ha interessato sia la giurisprudenza europea sia quella nazionale per l’assenza, nella direttiva del 2008, di una chiara previsione concernente la riduzione del costo totale del credito nell’ipotesi in cui il consumatore decidesse di estinguere anticipatamente l’obbligazione [9]. In particolare, la Corte di Giustizia, con la pronuncia Lexitor [10], ha definito il perimetro di operatività della riduzione del costo totale del credito spettante al consumatore in caso di rimborso anticipato, con un’interpre­tazione dell’art. 16 Direttiva 2008/48/CE che include, nel rimborso, tutti i costi posti a suo carico e, quindi, anche voci di costo il cui importo non è correlato alla durata del contratto [11]. L’obiettivo è garantire l’effettività della tutela del consumatore con un’interpretazione della direttiva che assicuri la repressione di condotte abusive degli istituti di credito interessati a rimborsare ai consumatori, che estinguono anticipatamente i finanziamenti, i minori costi possibili [12].

I principi espressi dalla Corte di Giustizia e l’interpretazione da essa offerta dell’art. 16 direttiva 2008/48/CE hanno alimentato un ampio dibattito nel nostro ordinamento, dove la questione dell’estinzione anticipata del finanziamento da parte del consumatore viene regolata dall’art. 125 sexies t.u.b., che – nella versione originaria – prevedeva un diritto alla riduzione dei soli costi recurring (cioè quelli riferibili a pagamenti ancora da effettuare e, quindi, volti a remunerare prestazioni rese dal finanziatore per l’intera esecuzione del contratto [13]) e non anche dei c.d. costi up front (cioè quelli fissi, non dipendenti dal termine pattuito per il finanziamento [14]): una distinzione tutta italiana [15], avvalorata dalla normativa secondaria della Banca d’Italia [16], nonché da una consolidata interpretazione della norma ad opera sia della giurisprudenza [17] che dell’ABF [18].

Non è esagerato dire che l’interpretazione offerta dalla sentenza Lexitor ha avuto un impatto “squilibrante” nel nostro ordinamento, in considerazione della portata generale e della natura vincolante della decisione della Corte di Giustizia nei confronti di tutti i giudici nazionali e, quindi, anche oltre i limiti del giudizio del rinvio. Nonostante i tentativi di sminuire la portata della pronuncia – sia richiamando il principio generale dell’efficacia solo verticale delle direttive (con conseguente impossibilità di attribuire ai provvedimenti comunitari applicabilità diretta nei rapporti orizzontali [19]), sia invocando i principi della certezza del diritto e dell’irretroattività come principi generali dell’ordinamento [20] – la normativa bancaria e la giurisprudenza arbitrale hanno comunque preso atto della vincolatività della decisione Lexitor, non senza tuttavia tentativi (di vario genere) di “limitarne” gli effetti (a salvaguardia dell’affidamento dei finanziatori).

La Banca d’Italia, ad es., con una comunicazione del 4 dicembre 2019 ha ritenuto che l’interpretazione dell’art. 125 sexies t.u.b. conforme ai dettami Lexitor avrebbe dovuto/potuto operare solo per il futuro (ex nunc). Il Collegio di Coordinamento ABF, invece, è intervenuto il 17.12.2019 con la pronuncia n. 26525 per affermare la compatibilità dell’art. 125 sexies t.u.b. con l’interpretazione data all’art. 16 della direttiva 2008/48 dalla sentenza Lexitor, come se fin dall’inizio la normativa nazionale prevedesse una riduzione del costo totale del credito in caso di anticipata estinzione del finanziamento comprensiva anche dei costi up front, escludendo comunque l’applicazione dei principi Lexitor ai ricorsi già decisi (per l’operare della regola del ne bis in idem) ed a quelli già prescritti.

Comunque, per superare possibili contrasti interpretativi, il legislatore italiano ha ritenuto di intervenire con il c.d. Decreto ”Sostegni bis” [21], da un lato modificando l’art. 125 sexies t.u.b. per recepire il contenuto della sentenza Lexitor (prevedendo, in caso di estinzione anticipata del finanziamento, il diritto del consumatore «alla riduzione, in misura proporzionale alla vita residua del contratto, degli interessi e di tutti i costi compresi nel costo totale del credito, escluse le imposte»), dall’altro introducendo all’art. 11 octies del medesimo Decreto un particolare regime “transitorio”, volto a limitare temporalmente l’applicazione delle nuove regole sulla riduzione del costo totale del credito ai soli «contratti sottoscritti successivamente» all’entrata in vigore delle modifiche (non anche a quelli precedenti, che continuavano ad essere regolati sulla base del testo originario dell’art. 125 sexies, applicato secondo le disposizioni di vigilanza al­l’epoca vigenti).

Quest’ultima previsione ha alimentato nuove questioni interpretative [22]. In particolare, il Tribunale di Napoli Nord ha ritenuto che la disciplina transitoria introdotta dall’art. 11 octies debba interpretarsi restrittivamente, nel senso di doversi intendere come riferita soltanto ai commi 2 e 3 dell’art. 125 sexies t.u.b., con eccezione del comma 1, concernente la determinazione del costo totale del credito, e ciò al fine di non legittimare una diversa interpretazione dell’art. 125 sexies contraria alle norme europee. A ragionare altrimenti, la norma nazionale avrebbe dovuto essere disapplicata ponendosi essa «in netto contrasto con il diritto dell’Unione e con l’interpretazione autentica fornita dalla sentenza Lexitor» [23].

La soluzione del tribunale partenopeo, nonostante il proposito (condivisibile) di allinearsi ai principi elaborati dalla Corte di Giustizia, costituiva una forzatura evidente [24] sotto il profilo giuridico, dal momento che l’intervento legislativo del 2021 e, segnatamente, l’art. 11 octies, comma 2, d. l. n. 73/2021, sancendo l’irre­troattività del nuovo testo dell’art. 125-sexies, inibiva l’applicazione (per il passato) della sentenza Lexitor, precludendo (in ragione del chiaro tenore letterale della disposizione) anche una interpretazione more comunitario della norma suddetta.

Di fronte all’impossibilità di disapplicare la norma nazionale (stante l’inefficacia orizzontale della direttiva) [25] o di fornirne una interpretazione conforme ai principi Lexitor (in quanto tale interpretazione avrebbe finito per contrastare con il chiaro tenore letterale della legge nazionale [26]), non rimaneva altra via se non quella di sollevare la questione di legittimità costituzionale dell’art. 11 octies, comma 2, per violazione degli obblighi comunitari [27] al fine di ottenere la cancellazione di disposizioni sostanzialmente elusive degli stessi [28]. La questione è stata sollevata, com’è noto, dal Tribunale di Torino [29] impegnato a decidere un caso riguardante l’estinzione anticipata di un contratto di prestito personale contro cessione del quinto dello stipendio, rispetto al quale il consumatore lamentava la mancata inclusione tra i costi riducibili degli oneri sostenuti al momento della conclusione del contratto di mutuo (costi up front). La decisione della Consulta [30], esclusa la possibilità di un’interpretazione adeguatrice dell’art. 11 octies, comma 2, decreto Sostegni bis e l’opportunità di un rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia, ha, com’era prevedibile, qualificato la norma di diritto intertemporale costituzionalmente illegittima perché contrastante con il diritto europeo per come interpretato dalla pronuncia Lexitor [31].

All’indomani della pronuncia della Consulta [32], che comunque ha posto fine alla querelle sul rimborso da estinzione anticipata del credito, rimanevano e rimangono in piedi alcune criticità che anche la più recente direttiva 2023/2225, “codificante” i principi Lexitornon sembra risolvere.

Accanto ad alcune (residue) questioni di “diritto intertemporale” [33] – complicate, peraltro, da due provvedimenti normativi nazionali dello scorso anno [34] – resta il problema del criterio applicabile per quantificare la restituzione dei costi up front, rispetto al quale la nuova disciplina fa riferimento genericamente alla proporzionalità, senza distinguere tra il meccanismo del pro rata temporis e quello del costo ammortizzato [35] o della “curva degli interessi” (desumibile dal piano di ammortamento previsto dal contratto [36]), da cui possono discendere conseguenze economiche diverse per i consumatori (e per i finanziatori) [37].

Non meno problematica risulta, inoltre, la qualificazione dell’indennizzo come equo e oggettivamente giustificato, qualificazione che aveva fatto discutere la dottrina già sotto il vigore della formulazione originaria dell’art. 125 sexies t.u.b.

Non ci sembra, invece, discutibile la circostanza che né la Consulta, né la direttiva 2023/2225 abbiano ritenuto di uniformare il trattamento dei costi rimborsabili previsto per il credito mobiliare ai consumatori all’ipotesi del credito immobiliare, distinzione che, anche a nostro avviso, trova fondamento nella diversa formulazione oltre che nella diversa funzione e nel diverso bilanciamento degli interessi consumeristico-professionali che caratterizzano queste discipline [38].


3. L’art. 29 della nuova direttiva sul credito al consumo ed il criterio di calcolo applicabile alla restituzione dei costi up front.

 Il 70° considerando della direttiva 2023/2225, in linea con l’interpretazione della Corte di Giustizia UE nella sentenza Lexitor, prevede, in caso di estinzione anticipata del mutuo, il diritto del consumatore alla riduzione del costo totale del credito, riduzione che include tutti i costi posti a carico del consumatore e che dovrebbe essere “proporzionata” alla durata residua del contratto di credito.

Quanto ai costi, quindi, vengono inclusi anche quelli che non dipendono dalla durata del contratto, compresi quelli esauriti all’atto della concessione del credito (con esclusione delle imposte e delle spese applicate da un terzo e pagate direttamente a quest’ultimo che non sono imposte dal creditore e non possono essere modificate unilateralmente da lui).

La littera legis spazza ogni dubbio sull’inclusione, nelle poste riducibili, dei costi up front, richiamando, per la loro determinazione, il criterio della proporzionalità. Ma proprio il riferimento “generico” alla proporzionalità lascia alla discrezione dei legislatori nazionali la scelta circa il criterio di calcolo applicabile.

Per vero non si tratta di una novità, considerato che anche la direttiva 2008/48/CE si orientava allo stesso modo, ma ciò lascia inalterato il problema della individuazione del metodo di calcolo per quantificare la riduzione dei costi che sia più efficiente in un’ottica di protezione del consumatore.

Al riguardo, nel nostro ordinamento, dottrina [39] e giurisprudenza non hanno assunto posizioni univoche, sia prima che dopo Lexitor. Emblematici, in tal senso, sono i diversi orientamenti dell’ABF sul punto. Difatti mentre, prima del 2019, l’Arbitro bancario – condizionato dalla previsione normativa (i. e. la formulazione originaria dell’art. 125 sexies co.1, t.u.b.) che ammetteva la riducibilità dei soli costi recurring – considerava come criterio di quantificazione «più logico» e «più conforme al diritto ed all’equità sostanziale» quello della stretta proporzionalità o pro rata temporis (che imponeva di dividere la somma complessiva dei costi e interessi spettanti al finanziatore per il numero totale delle rate del finanziamento e poi moltiplicare il risultato ottenuto per le rate residue) [40], dopo la pronuncia Lexitor, l’ABF ha confermato tale criterio (in assenza di diverse determinazioni negoziali) con riferimento ai soli costi ricorrenti ed agli oneri assicurativi, mentre rispetto ai costi istantanei o up front ha previsto la possibilità«che siano le parti, nell’esercizio della loro autonomia a fissare i criteri di computo più adeguati, agevolmente comprensibili e quantificabili dal consumatore e pur sempre rispondenti a un principio di (quantomeno relativa) proporzionalità» e, in subordine, «che sia l’organo giudicante ad integrare il regolamento contrattuale operando secondo equità, ai sensi dell’art. 1374 c.c. [41].

In altri termini, il Collegio arbitrale di coordinamento – a parte considerare primario il ruolo dell’auto­nomia privata (rappresentato dalla scelta ad opera degli stessi contraenti del criterio di quantificazione dei costi riducibili purché basato su un principio di proporzionalità) – sembra escludere, per i costi istantanei, che il criterio di calcolo “suppletivo” (ossia, da applicare in assenza di una determinazione convenzionale) possa essere quello del pro rata temporis, dal momento che per tali costi il rimborso in funzione del fattore tempo risulta privo di significato.

Il richiamo all’integrazione giudiziale ex art. 1374 c.c. darebbe la possibilità all’arbitro di colmare la lacuna ricorrendo, nella maggior parte delle decisioni, al metodo di riduzione progressiva usato per gli interessi corrispettivi (c.d. curva degli interessi), soluzione (di proporzionalità relativa) che è apparsa «la più idonea a contemperare equamente gli interessi delle parti contraenti perché, mentre garantisce il diritto del consumatore a una riduzione proporzionale dei costi istantanei del finanziamento, tiene conto della loro ontologica differenza rispetto ai costi recurring e della diversa natura della controprestazione resa» [42].

Un’impostazione, questa che (al di là di alcune oscillazioni da parte del collegio ABF di Roma [43]) si è andata consolidando [44], diventando addirittura la regola, in assenza di una espressa previsione negoziale e di una norma di legge suppletiva.

Quest’ultima viene introdotta nel 2021 dal novellato art. 125 sexies, comma 2, t.u.b. che individua, quale criterio di calcolo suppletivo per quantificare i costi del credito rimborsabili in ipotesi di estinzione anticipata del finanziamento, il metodo del costo ammortizzato.

Ma si è trattato di una soluzione di breve durata considerato che, a distanza di qualche anno, essa è stata nuovamente messa in discussione [45]. È probabile che il legislatore abbia fatto proprie le preoccupazioni che, già in precedenza, parte della dottrina aveva evidenziato circa l’inidoneità del criterio del costo ammortizzato ad agevolare la comprensibilità e la quantificazione del rimborso da parte dei consumatori, nonché a realizzare le tanto auspicate esigenze di trasparenza e semplificazione [46].

Nel frattempo, la giurisprudenza dell’ABF ha registrato diverse prese di posizione. Solo a titolo esemplificativo. Può richiamarsi una recente pronuncia del Collegio ABF di Napoli [47] (immediatamente successiva agli interventi legislativi del 2023), dopo aver ripercorso l’evoluzione normativa interna post Lexitor (fino all’art. 27 della l. 136/2023, che ha eliminato l’esplicito riferimento al costo ammortizzato come criterio residuale di riduzione del costo totale del credito) ha ritenuto che i criteri per quantificare i rimborsi alla clientela in caso di estinzione anticipata del finanziamento, restano ancora quelli fissati dalla decisione del Collegio di coordinamento n. 26525/2019 e, quindi, per i costi recurring, il criterio di competenza economica (pro rata temporis), mentre per i costi up front, quello convenzionalmente individuato dalle parti, purché sia «comprensibile e quantificabile dal consumatore e risponda sempre ad un principio di (relativa) proporzionalità o, in mancanza, quello indicato dal giudice ai sensi dell’art. 1374 c.c.» (e, quindi, in presenza di un piano di ammortamento, il criterio impiegato per la determinazione degli interessi corrispettivi secondo il relativo piano di ammortamento, con la precisazione che solo nei casi di ambiguità delle disposizioni contrattuali rimane applicabile il criterio (residuale) della proporzionalità lineare) [48].

3.1.  Resta da capire se al momento dell’attuazione della direttiva 2023/2225/UE (che tace sulla quantificazione dei costi rimborsabili) il legislatore italiano riterrà di dover indicare un metodo di calcolo dei costi riducibili o continuerà a lasciare tale determinazione, in assenza di specifiche previsioni contrattuali, alla (equità della) giustizia arbitrale.

In attesa di ulteriori, eventuali, sviluppi (legislativi) sui criteri di quantificazione dei costi riducibili è possibile, tuttavia, effettuare qualche riflessione sull’opportunità di applicare un unico metodo di calcolo, che distingua esclusivamente in relazione alla natura dei costi come oneri recurring o up front, o, di prevedere, come ci sembra preferibile anche nell’ottica di assicurare un’effettiva tutela al consumatore, metodi di calcolo diversi in base alle diverse tipologie di commissioni e costi recurring e up front.

Prendendo in considerazione le principali voci di costo rimborsabili, è noto che, nell’ambito degli oneri recurring rientrano sia gli interessi corrispettivi connessi al mutuo, sia i premi per le polizze assicurative (sulla vita, sull’impiego, sugli infortuni) a copertura del rischio di non realizzo cui è naturalmente esposto il mutuante [49]. Poiché i costi recurring, nella giurisprudenza ABF vengono quantificati con il criterio del pro rata temporis pare legittimo chiedersi se questo sia l’unico criterio applicabile in mancanza di una specifica previsione delle parti.

Con riferimento agli interessi corrispettivi potrebbero astrattamente venire in gioco diversi criteri: il “costo ammortizzato”, la determinazione degli interessi secondo il piano di ammortamento prescelto ed il pro rata temporis.

Il criterio del costo ammortizzato era stato previsto anche nella penultima versione dell’art. 11 octies, comma 2, decreto Sostegni bis (introdotta dalla l. 103/2023) che novellava l’art. 125 sexies t.u.b. senza, però, modificare l’indicazione relativa al costo ammortizzato, quale metodo di calcolo applicabile in mancanza di diverse determinazioni negoziali.

Tuttavia, a seguito dell’introduzione dell’art. 27 l. n. 136 del 9.10.2023 (di conversione del decreto Asset n. 104/2023) il riferimento espresso al costo ammortizzato è venuto meno e, pertanto, non può ritenersi che lo stesso costituisca il criterio legale per integrare il contratto, in mancanza di specifiche determinazioni negoziali sul punto.

In alternativa al costo ammortizzato, quindi, ben potrebbe trovare applicazione il metodo di calcolo utilizzato per la determinazione degli interessi corrispettivi secondo il piano di ammortamento scelto, criterio di cui il consumatore dovrebbe avere conoscenza perché risultante dalla documentazione contrattuale. Rimane, tuttavia, fermo che nelle ipotesi in cui la voce di costo relativa agli interessi da restituire risulti poco chiara/intellegibile per il consumatore, si applicherà il criterio residuale del pro rata temporis in quanto la violazione del dovere di trasparenza, per costante giurisprudenza ABF, viene sanzionata con l’applicabilità del criterio (della proporzionalità lineare) considerato il più vantaggioso per il consumatore.

Con riferimento ai premi assicurativi, che dopo la sentenza Lexitor sono sempre riducibili anche se il consumatore li corrisponde per intero al momento della conclusione del contratto di finanziamento, occorre preliminarmente distinguere se la polizza cui essi afferiscono sia obbligatoria, come accade nei contratti di credito con cessione del quinto dello stipendio [50], oppure facoltativa, come avviene per altri contratti di credito al consumo. Nel primo caso, infatti, tra «i costi dovuti alla vita residua del contratto» – oggetto di rimborso ex art. 125 sexies t.u.b. – «sono certamente ricompresi anche il premio o i premi relativi ai contratti di assicurazione abbinati al finanziamento e corrisposti dal cliente in sede di stipulazione del finanziamento», in quanto ai sensi dell’art. 121, comma 2, t.u.b. nel «costo totale del credito sono inclusi, i costi relativi ai servizi accessori con il contratto di credito, compresi i premi assicurativi, se la conclusione di un contratto avente ad oggetto tali servizi è un requisito per ottenere il credito, o per ottenerlo alle condizioni offerte» [51]. Qualora, invece, la polizza assicurativa non sia qualificabile come obbligatoria [52] e quindi non venga ricompresa nel costo totale del credito non sussisterebbe, invece, «il diritto del debitore – assicurato previsto dall’art. 125 sexies, comma 1, t.u.b. di ottenere dalla banca finanziatrice la «riduzione» pari ai «costi dovuti per la vita residua del contratto» e corrispondente alla quota non goduta del premio assicurativo».

Tuttavia, in caso di contratti di assicurazione connessi a mutui o ad altri contratti di finanziamento l’art. 22, comma 15 quater d.l. n. 179/2012, indipendentemente dalla natura della polizza, prevede che, in tutti i casi di estinzione anticipata (…) del mutuo o del finanziamento» l’impresa assicurativa «restituisce al debitore/assicurato la parte di premio pagato relativo al periodo residuo rispetto alla scadenza originaria».

E, considerata la distinzione, nell’ambito delle voci che compongono il premio assicurativo, tra premio netto e caricamenti (cioè le spese di gestione del contratto di assicurazione più il margine di profitto dell’impresa assicuratrice), la norma richiamata prevede che il rimborso si calcoli, per il premio puro, «in funzione degli anni e della frazione di anno mancanti alla scadenza della copertura nonché del capitale assicurato residuo» (in modo da tener conto dell’andamento del rischio assicurato al cui variare, per effetto della esecuzione del piano di ammortamento del finanziamento, non può che variare anche l’entità della prestazione assicurativa) e per i caricamenti, «in proporzione agli anni e frazione di anno mancanti alla scadenza della copertura» (art. 49, comma 1, Reg. Isvap n. 35/2010; art. 39, comma 2, Reg. Ivass n. 41/2018).

Mentre questa normativa è l’unica ad operare per la riducibilità degli oneri assicurativi in ipotesi di estinzione anticipata di contratti di credito cui siano connesse polizze assicurative facoltative, nel caso di contratti di credito (come quelli con cessione del quinto dello stipendio) cui sono abbinate polizze obbligatorie entra in gioco, per l’eventualità dell’estinzione anticipata del finanziamento, l’art. 125 sexies t.u.b. che prevede la riducibilità di tutti i costi del credito, senza indicare il criterio di calcolo applicabile. Al riguardo il Collegio di coordinamento ABF nella nota pronuncia 6167/2014 – sulla base dell’accordo ABI – ANIA del 22 ottobre 2008 – ha considerato il criterio di competenza economica come l’unico applicabile in caso di violazione, da parte dell’intermediario finanziario, della normativa in tema di trasparenza, per la mancata e preliminare informazione negoziale ai sottoscrittori delle polizze sui criteri di rimborso del premio assicurativo [53] mentre, al di fuori di questo caso, ha considerato il pro rata temporis come criterio residuale [54], operante tutte le volte che non si opti contrattualmente per un criterio diverso che, oltre ad essere indicato prima della stipula del contratto, deve comunque ponderare «il rimborso della quota parte del premio anche in funzione del capitale residuo assicurato».

Su questo punto, ci sembra condivisibile la diversa impostazione di attenta dottrina [55] per la quale il pro rata temporis non è sempre e comunque il criterio residuale da applicare in mancanza delle informazioni negoziali che occorre dare ex ante ai consumatori. Per questa tesi, infatti, bisogna distinguere l’ipotesi in cui manchi l’indicazione, in contratto, del criterio negoziale di rimborso, dalla circostanza che tale criterio sia stato individuato e comunicato all’assicurato, ma non distingua tra premio puro e caricamenti.

La mancata indicazione del criterio negoziale di rimborso può essere supplita dalla disposizione di legge che integra il contratto di assicurazione ex art. 1374 c.c. Si tratta del citato art. 22, comma 15 quater d.l. n. 179/2012, che individua distinti criteri di rimborso: per il premio puro, quello della proporzionalità ponderata in ragione del rapporto tra il capitale assicurato residuo e il capitale assicurato iniziale; e, per i caricamenti, quello del pro rata temporis per cui la loro restituzione è strettamente proporzionale alla durata residua del contratto.

Laddove, invece, sia stato indicato un criterio negoziale di rimborso che non distingua tra premio puro e caricamenti, si applicherà il criterio (residuale) del pro rata temporis.

Questa lettura, oltre a confermare l’inopportunità di un unico criterio di quantificazione dei costi assicurativi rimborsabili, è maggiormente in linea anche con la successiva giurisprudenza del Collegio di coordinamento ABF che in diverse decisioni del 2016 esclude che il debitore assicurato possa richiedere ed ottenere un rimborso secondo il criterio pro rata temporis rigidamente proporzionale (fatta eccezione per i caricamenti) [56].

Analogo discorso può farsi per le voci di costo relative ad attività che si esauriscono nella fase preliminare di concessione del finanziamento, come le commissioni di istruttoria, o comunque ad attività che precedono la conclusione del contratto, come la provvigione o il compenso spettante all’agente finanziario o al mediatore creditizio (costi rappresentativi della «remunerazione dovuta – dal finanziatore – ai terzi che, a vario titolo, dispiegano il proprio intervento sul prodotto» [57] e che vengono trasferiti sul cliente).

Tutti questi oneri, considerati up front, vengono conteggiati dall’ABF adottando il criterio risultante dal contratto o, in mancanza, il metodo di riduzione progressiva usato per gli interessi corrispettivi (cd. curva degli interessi) [58], piuttosto che quello proporzionale del pro rata temporis preferito dai consumatori e (dagli stessi) considerato più conveniente [59].

Sennonché il criterio di calcolo previsto in contratto, apparentemente rispettoso della proporzionalità, non ne esclude la sostanziale abusività, in considerazione dell’unilaterale predisposizione delle clausole da parte del finanziatore e della frequente scarsa chiarezza delle medesime, con la conseguenza che la sua applicazione, in maniera indifferenziata, potrebbe non rispondere all’obiettivo di effettiva tutela dei consumatori.

Anche con riguardo a questi costi, allora, non basta che il criterio di calcolo per il loro rimborso sia indicato in contratto [60]. Occorre piuttosto verificare, caso per caso, la chiarezza delle clausole contrattuali sulla quantificazione dei costi rimborsabili con la possibilità, laddove tale chiarezza manchi, di considerare gli oneri up front come se fossero costi recurring ed applicare il criterio più vantaggioso per il consumatore, cioè quello del pro rata temporis.

Un approccio casistico è necessario a fortiori, poi, in ipotesi di costi commissionali previsti a favore di soggetti diversi (es. finanziatore e intermediario specializzato) per remunerare le stesse attività. Qui, sebbene l’ABF si orienti nel senso di ammettere la validità di queste voci «duplicate», riconoscendone la rimborsabilità, in caso di estinzione anticipata come costi recurring (applicando, cioè il criterio pro rata temporis), occorrerebbe piuttosto tener presente la mancata giustificazione di quei costi che non trovano contropartita in un’attività corrispondente e «verificare quali attività le commissioni obiettivamente remunerino per negarne la validità nel caso di reciproche sovrapposizioni» [61].


4. Il contemperamento degli interessi del consumatore e del professionista quale fondamento delle modalità di calcolo dell’indennizzo dovuto al finanziatore.

Anche l’art. 29 della direttiva 2023/2225/UE, come il precedente art. 16 della dir. 2008/48/CE, prevede che in caso di rimborso anticipato il creditore dovrebbe aver diritto ad un indennizzo equo e oggettivamente giustificato per i costi direttamente collegati all’estinzione anticipata del credito. Resta il problema della determinazione del calcolo di questo indennizzo che dovrebbe essere trasparente e comprensibile per i consumatori già nella fase precontrattuale e in ogni caso durante l’esecuzione del contratto di credito.

La questione dell’an e del quantum dell’indennizzo aveva già interessato la dottrina dopo l’attuazione della direttiva del 2008 [62], anche in considerazione delle scelte fatte dal nostro legislatore in sede di recepimento della normativa europea, prima fra tutte quella di non fornire indicazioni sull’automaticità o meno di uno strumento introdotto essenzialmente per compensare [63] il rischio, assunto dal mutuante, dell’eventuale mancata fruizione della corresponsione degli interessi fino alla scadenza naturale del prestito [64].

Poiché la previsione della corresponsione dell’indennizzo serve a tutelare il finanziatore che ha perso la quota di interessi dovuta dal consumatore per la restante durata del contratto [65] il bilanciamento dei loro interessi confliggenti viene realizzato dal legislatore prescrivendo, per l’indennizzo, alcuni requisiti che incidono sia sull’an del suo riconoscimento (deve essere equo e oggettivamente giustificato) che sul quantum (deve essere contenuto entro un tetto massimo [66] e parametrato alla vita residua del contratto), ferme restando alcune esclusioni tassativamente previste in cui l’attribuzione dell’indennizzo sarebbe indebita e determinerebbe un arricchimento ingiustificato per il finanziatore [67].

Sull’equità e sull’oggettiva giustificazione dell’indennizzo non ci sono, però, pareri unanimi. Per la prevalente dottrina l’equità dell’indennizzo si concreta nella sua commisurazione all’importo totale del credito ed al tempo dell’anticipato rimborso rispetto al termine contrattuale di restituzione, mentre l’oggettiva giustificazione farebbe riferimento alla correlazione tra l’(entità dell’)indennizzo e la perdita patrimoniale subita dall’intermediario con la conseguenza di escludere l’indennizzo nell’ipotesi in cui l’intermediario non dovesse sostenere alcun costo [68] o possa impiegare la somma anticipatamente restituita a tassi più vantaggiosi [69]. Altri autori, invece, ritengono sufficiente a giustificare la corresponsione dell’indennizzo il fatto che il consumatore abbia esercitato semplicemente il diritto al rimborso anticipato. Al riguardo, occorre evidenziare che sulla quantificazione dell’indennizzo è intervenuta, di recente, una sentenza della Corte di giustizia.

La pronuncia, sebbene sia relativa ad un caso di rimborso anticipato di crediti immobiliari, detta principi sull’indennizzo valevoli, a nostro avviso, anche in ipotesi di rimborso per estinzione anticipata di crediti mobiliari [70] a conferma dell’importanza di bilanciare gli interessi dei consumatori con quelli del ceto bancario.

L’articolata disciplina sull’indennizzo, infatti, mira a compensare le eventuali perdite economiche dei finanziatori che, altrimenti, non sarebbero disposti ad erogare i finanziamenti, con pregiudizio del mercato del credito il cui sviluppo costituisce l’obiettivo fondamentale di tutte le normative sul credito ai consumatori, sia mobiliare che immobiliare.

I punti della decisione più utili al nostro discorso sono i nn. 34 ss. da cui emergono le seguenti indicazioni: ai fini dell’equità ed oggettività dell’indennizzo occorre tener conto del mancato guadagno subito dal creditore direttamente a causa del rimborso anticipato e, segnatamente, della perdita degli interessi contrattuali che dovevano ancora maturare sul mutuo. I limiti fissati dalla normativa europea per l’indennizzo sono rappresentati essenzialmente dal fatto che lo stesso, per un verso, non deve rappresentare una «sanzione penale» per il consumatore e, per altro verso, deve corrispondere alla «perdita economica sofferta dal creditore».

Fermi restando questi limiti di ammissibilità (uniti alle percentuali che, nella direttiva del 2008/48/CE, definiscono quantitativamente il tetto massimo dell’indennizzo in ragione della vita residua del contratto) non pare sussistano altre limitazioni dettate dal legislatore europeo.

A conferma di ciò i giudici europei aggiungono due considerazioni. In primis ritengono che una limitazione temporale dell’indennizzo (non comprensiva, cioè della perdita economica degli interessi non maturati causa l’estinzione anticipata del contratto di credito) «sarebbe priva di senso se il calcolo dell’indennizzo potesse prendere in considerazione unicamente i costi amministrativi supplementari sostenuti dal creditore a causa del rimborso anticipato, dato che tali costi amministrativi maturano una sola volta e non si protraggono nel tempo» (punto 39). Secondariamente, si mette ad esponente che il riferimento testuale, contenuto nella normativa europea, agli “eventuali” costi «dimostra che il legislatore dell’Unione non ha limitato l’auto­rizzazione concessa agli Stati membri ad istruire un regime di indennizzo ai soli costi di gestione amministrativa del rimborso anticipato effettivamente sostenuti dal creditore, ma che tale regime può anche coprire il mancato guadagno la cui entità non è ancora stabilita al momento del rimborso anticipato del credito» (punto 40).

Peraltro, entrambe le direttive europee, nel disciplinare gli obblighi informativi a carico del creditore, prevedono anche l’obbligo di quest’ultimo di fornire ai consumatori le informazioni necessarie per valutare l’opzione del rimborso anticipato del prestito e da tali informazioni che sono completate con le istruzioni presenti negli allegati alle direttive (vedi in particolare l’allegato II, parte B, sez. 9, direttiva 2014/17/UE) emerge che «l’importo dell’indennizzo può dipendere da diversi fattori, tra i quali “l’importo già rimborsato o il tasso di interesse vigente al momento dell’estinzione anticipata”» (punto 44).

Tutti elementi questi da cui i giudici europei ricavano che la nozione di “indennizzo” può coprire costi diversi dai costi amministrativi supplementari sostenuti dal creditore a causa del rimborso anticipato. Ma l’argomento dirimente in ordine ai costi che l’indennizzo può coprire anche con riferimento al credito mobiliare è dato dal richiamo all’art. 16, par. 4, lett. b) della direttiva 2008/48/CE che fissa le condizioni alle quali gli Stati membri possono autorizzare il superamento del massimale di indennizzo previsto all’art. 16, par. 2, della direttiva medesima, disponendo che «tali Stati possono prevedere il diritto, per il creditore, di pretendere eccezionalmente un indennizzo superiore a tale massimale se è in grado di dimostrare che la perdita subita a causa del rimborso anticipato supera l’importo determinato ai sensi di quest’ultima disposizione» [71].

Ciò dimostra – secondo la Corte di giustizia che richiama sul punto anche le osservazioni espresse dall’avvocato generale ai paragrafi 54 e 55 delle sue conclusioni – «che gli interessi che cessano di essere percepiti a partire dal rimborso anticipato possono essere indennizzabili e che il legislatore dell’Unione ha ritenuto che la perdita economica sofferta dal creditore corrispondente agli interessi possa far parte degli eventuali costi che questi deve sostenere a causa di tale rimborso» (punto 45).

Né ad inficiare tale ragionamento può utilizzarsi l’argomento del modo in cui il creditore, a seguito dell’estinzione anticipata del mutuo, avrebbe potuto utilizzare l’importo versato, ad esempio reinvestendolo (circostanza che porta la dottrina ad escludere automaticamente che il finanziatore abbia potuto subire una perdita [72]), perché il riferimento contenuto all’art. 25, par. 3, direttiva 2014/17/UE agli “eventuali” costi sostenuti dal creditore (riferimento che figura anche nel par. 2 dell’art. 16, oltre che nel 39° considerando della direttiva 2008/48/CE, sebbene il legislatore italiano non lo abbia trasposto) «dimostra che il calcolo di questi ultimi non deve necessariamente basarsi sull’utilizzo effettivo dell’importo rimborsato anticipatamente e che il metodo di calcolo può prendere in considerazione anche il mancato guadagno del creditore, la cui entità non è ancora stabilita al momento del rimborso anticipato del credito» (punto 52).

In quest’ottica la Corte si rifà ai rilievi dell’avvocato generale (vedi punti da 60 a 62 delle conclusioni) per il quale se vengono rispettati i limiti di ammissibilità dell’indennizzo e quelli quantitativi, il fatto di calcolare l’indennizzo secondo un metodo contenente un elemento ipotetico (qual è appunto il mancato guadagno) non è contrario alla direttiva 2014/17/UE.

La nuova direttiva del 2023 sul credito mobiliare ai consumatori ribadendo il diritto del creditore ad un indennizzo equo ed oggettivamente giustificato per “eventuali” costi direttamente collegati al rimborso anticipato, sembrerebbe non escludere dal computo anche l’eventuale mancato guadagno del creditore.


5. Considerazioni conclusive.

A questo punto è possibile svolgere qualche considerazione conclusiva tenendo presente l’esigenza avvertita, anche dalla nostra più recente giurisprudenza di legittimità, di rendere effettivo il diritto europeo garantendo “ad ogni costo” un’elevata protezione dei consumatori in materia di credito al consumo.

Occorre chiedersi, cioè, se l’interpretazione Lexitorper quanto retroattiva, possa essere richiamata anche con riferimento a norme europee anteriori all’art. 16, così come ha fatto Cass. n. 25997/2023.

Il riferimento è essenzialmente all’art. 8 della direttiva 87/102/CEE, trasposto nel nostro ordinamento con l’art. 125 t.u.b., applicabile fino al 2010, anno in cui è stata trasposta la direttiva del 2008, il cui art. 16 è stato recepito nell’art. 125 sexies, t.u.b. Il problema riguardava (nella sentenza da ultimo citata) l’applicazione ad un caso di estinzione anticipata di un credito mobiliare acceso nel 2007, della disciplina di recepimento della direttiva 87/102/CEE, e quindi l’art. 125 t.u.b. che riconosceva al consumatore, in caso di estinzione anticipata del finanziamento, il diritto ad una “equa riduzione del costo complessivo del credito”, ma rimetteva alla legislazione degli Stati membri il compito di determinare puntualmente contenuti e modalità di esercizio del diritto ed i parametri di quantificazione della somma di denaro che ne costituisce oggetto.

L’inerzia del nostro legislatore sul punto aveva indotto il giudice di prime cure ad escludere la stessa applicazione dell’art. 125 t.u.b. in quanto «la norma rinviava al CICR le modalità con le quali il consumatore, estinto anticipatamente il mutuo, avesse diritto alla riduzione del costo complessivo del credito» e, pertanto, «il tribunale, in assenza di una norma attuativa che specificasse le modalità di esercizio del diritto, non poteva procedere ad alcuna riduzione» dei costi consistenti in commissioni finanziarie e assicurative. Il che portava ad una soluzione penalizzante il consumatore e contraria, prima ancora che al diritto, al buon senso.

La Suprema Corte risolve il problema ritenendo applicabile al caso di specie i principi Lexitor [73] (recepiti anche dalla Consulta nella sentenza 263/2022) che, per l’occasione, vengono dotati di una ultra-retroattività, visto che la pronuncia europea fornisce l’interpretazione autentica dell’art. 16 CCD e, per traslato, dell’art. 125 sexies t.u.b., cioè di norme non applicabili, ratione temporis, al caso da decidere.

Probabilmente i giudici di legittimità sarebbero potuti giungere ad un risultato compatibile con i principi Lexitor procedendo per regole e non per principi, ovvero attingendo dallo strumentario normativo esistente [74] e, segnatamente, proprio dal vecchio art. 125 t.u.b., allora in vigore.

La norma, infatti, imperativamente sanciva il diritto del cliente (intendendo per tale ovviamente anche il consumatore) ad un equo compenso per l’ipotesi di adempimento anticipato del mutuo, prescrizione che, in assenza dei criteri individuati dal CICR e di un accordo delle parti sulla quantificazione del rimborso per estinzione anticipata del credito, poteva essere integrata dal giudice ex art. 1374 c.c.

Tanto basta per auspicare che il recepimento della direttiva 2023/2225/UE rappresenti utile occasione, per il nostro legislatore, di mettere definitivamente ordine in una materia che, ancora oggi, si presta a fraintendimenti e si presenta normativamente opaca.


6. NOTE

[1] Per un’analisi delle ragioni e degli obiettivi che hanno indotto il legislatore comunitario ad innovare la disciplina sul credito al consumo vedi, per tutti, G. De Cristofaro, La nuova disciplina comunitaria del credito al consumo: la direttiva 2008/48/CE e l’armonizzazione «completa» delle disposizioni nazionali concernenti «taluni aspetti» dei «contratti di credito ai consumatori», in Riv. dir. civ., 3/2008, 255 ss., ma vedi, altresì, i considerando nn. 5, 6, 7 e 8 della direttiva 2008/48/CE.

[2] Sul punto vedi anche la Proposta di Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio relativa ai crediti al consumo COM (2021)347 final dove si afferma (p.1) che gli obiettivi della direttiva del 2008 (garantire standard elevati di protezione dei consumatori e promuovere lo sviluppo di un mercato interno del credito) pur essendo ancora pertinenti nel contesto normativo frammentato dell’UE sono stati solo parzialmente raggiunti.

[3] In GUUE – Serie L del 30.10.2023, consultabile in http://data.europa.eu/eli/dir/2023/2225/oj.

[4] Ovviamente, la preclusione concerne le disposizioni armonizzate dal legislatore europeo dandosi la possibilità, per i profili non armonizzati, agli Stati membri di mantenere o introdurre le proprie norme nazionali (come quelle sulla responsabilità solidale del fornitore delle merci o prestatore di servizi e del creditore, sull’annullamento del contratto di vendita di merci o di prestazione di servizi a seguito dell’esercizio del recesso dal contratto di credito da parte del consumatore). Vedi cons. 13 direttiva n. 2023/2225.

[5] Si tratta di ipotesi già previste già all’art.2, par. 2, lett. c), d), e) ed f) direttiva 2008/48/CE. Con riferimento ai contratti «compra ora, paga dopo» detti anche BNPL (Buy now, pay later) si pone il problema dell’assenza di controllo sulla capacità di rimborso da parte dei consumatori, con conseguente rischio di sovraindebitamento. Per una prima lettura della direttiva 2023/2225/UE vedi E. Grippo e A.M. Pavone, La protezione del consumatore. Oltre Lexitor c’è di più, in www.dirittobancario.it, 22 febbraio 2023.

[6] Sul crowfunding e la disciplina delle varie tipologie in cui si articola il fenomeno, incluso il lending – crowfunding, è intervenuto, com’è noto, il Regolamento UE 2020/1503. Per una trattazione generale dell’istituto, cfr. di recente P. Spolaore, Il regime del crowfunding tra fonti europee e nazionali, in Nuove leggi civ. comm., 2/2024, 393 ss.

[7] L’estensione della disciplina contenuta nella direttiva del 2023 anche agli intermediari del credito rappresenta una novità rispetto alla definizione di creditore contenuta nella precedente normativa del 2008, il cui art. 3, lett. b) accoglieva nella nozione di creditore soltanto il soggetto titolare del rapporto contrattuale scaturente dalla stipulazione del contratto di credito da parte del consumatore.

[8] Sulle problematiche concernenti i sistemi di informazione creditizia e la tutela della privacy dei soggetti richiedenti il finanziamento cfr. G. Biferali, Big Data e valutazione del merito creditizio per l’accesso al peer to peer lending, in Il diritto dell’informazione e dell’informatica, n. 3/2018, 494 ss.; F. Mattasoglio, La valutazione “innovativa” del merito creditizio del consumatore e le sfide per il regolatore, in Diritto della banca e del mercato finanziario, Pacini giuridica, 2/2020, 187 ss. Più in generale in argomento cfr. L. Ammannati e G.L. Greco, Il credit scoring “intelligente”: esperienze, rischi e nuove regole, in Riv. dir. bancario, n. 7-8/2023, 461 ss.

[9] Sebbene l’art. 16 direttiva 2008/48/CE si distingua dall’art. 8 della prima direttiva sul credito al consumo prevedendo , per un verso, il diritto del consumatore di adempiere in qualsiasi momento i propri obblighi contrattuali “in tutto o in parte” e, per altro verso, che “la riduzione del costo totale del credito comprende gli interessi e i costi dovuti per la restante durata del contratto”, la sua formulazione è stata ritenuta fortemente ambigua sia con riguardo all’espressione “riduzione del costo totale del credito” sia dell’inciso “restante durata del contratto”. Quanto alla prima, si è fatto notare che la nozione di costo totale del credito che si rinviene nella stessa direttiva del 2008, all’art.3, lett. a) (cui l’art. 16 inevitabilmente rinvia) sarebbe formulata in termini così ampi da poter comprendere qualsiasi costo sopportato dal consumatore “in relazione” al contratto di credito e pertanto la formulazione dell’art. 16 potrebbe essere intesa o nel senso di circoscrivere ai soli costi recurring gli oneri e le spese suscettibili di decurtazione per realizzare la riduzione cui il consumatore ha diritto, oppure come espressione di una modalità di calcolo (criterio) della riduzione stessa, con conseguente diminuzione di tutte le voci di spesa incluse nella nozione di costo totale del credito, operata in misura proporzionale alla durata residua che il contratto avrebbe avuto se non vi fosse stata l’estinzione anticipata. Nel primo senso si sono orientati i legislatori nazionali dei Paesi UE incluso quello italiano, difatti l’art. 125 sexies, comma 1, del t.u.b. prevede che in ipotesi di rimborso anticipato del credito il consumatore abbia «diritto a una riduzione del costo totale del credito, pari all’importo degli interessi e dei costi dovuti per la vita residua del contratto». Sulla disciplina del rimborso anticipato di cui all’art. 16 CCD, vedi per tutti A. Ciatti, La corresponsione anticipata delle somme dovute dal consumatore al creditore, in AA. VV., La nuova disciplina europea del credito al consumo, a cura di G. De Cristofaro, Torino, 2009, 153 ss., mentre sull’art. 125 sexies t.u.b. cfr. M. Maugeri – S. Pagliantini, Il credito ai consumatori, Milano, 2013, 116 ss.; F. Oliviero, L’anticipato adempimento dell’obbligazione restitutoria nel credito ai consumatori, in NLCC, 2014, 387 ss.; L. Modica, I contratti bancari, a cura di F. Piraino e S. Cherti, Torino, 2016, 306 ss.; A. Barenghi, Diritto dei consumatori, Padova, 2017, 46 s.; G. Liace, Sub art. 125 sexies t.u.b., in Commentario breve al testo unico bancario, a cura di Costi e Vella, Padova, 2019, 828 s.

[10] Si tratta di CGUE, Sez. I, 11 settembre 2019 (in Causa C- 383/18 – Lexitor v. SKOK, Santander Consumer Bank e mBank, in www.curia.europa.eu. Numerosi sono stati i commenti a questa pronuncia della Corte di Giustizia. In senso particolarmente critico v. G. De Cristofaro, Estinzione anticipata del debito e quantificazione della “riduzione del costo totale del credito” spettante al consumatore: considerazioni critiche sulla sentenza “Lexitor”, in NGCC, 2/2020, 284 ss. e, a seguire, con diversità di argomenti, A. Tina, Il diritto del consumatore alla riduzione del costo totale del credito in caso di rimborso anticipato del finanziamento ex art. 125 –sexies, primo comma, t.u.b. Prime riflessioni a margine della sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea, in Riv. dir. banc., 4/2019, sez. II, A. Zoppini, Gli effetti della sentenza Lexitor nell’ordinamento italiano, in Banca, borsa, tit. cred., 2020, I, 12 ss.; F. Mezzanotte, Il rimborso anticipato nei contratti di credito immobiliare ai consumatori, in NLCC, 1/2020, 86 ss.; E. Battelli e F.S. Porcelli, Il diritto alla riduzione del costo totale del credito in caso di rimborso anticipato, in Giur. it., 7/2020. p. 1603. Favorevoli all’opzione interpretativa seguita dalla Corte di Giustizia sono, invece A. Tina, op. cit., 155 ss. e A.A. Dolmetta, Anticipata estinzione e «riduzione del costo totale del credito». Il caso della cessione del quinto, in Banca, borsa, tit. cred., 2019, II, 644 ss. Quest’ultimo, in particolare considera la pronuncia della Corte di Giustizia «un passo avanti nella regolamentazione del mercato delle operazioni di credito al consumo» e in particolare del mercato della cessione del quinto, mai decollato. Peraltro, dal punto di vista strettamente tecnico, sempre secondo questa impostazione, la decisione Lexitor non avrebbe stravolto più di tanto l’inter­pretazione dell’art. 125 sexies dal momento che il dato letterale della disposizione si manifestava neutro nel senso di non introdurre, né presupporre, la distinzione tra i costi in questione. «Nei fatti, il riferimento testuale agli «interessi e costi dovuti per la vita residua del contratto» altro non richiama se non il discrimine tra il passato e il futuro (in termini di aspettativa) del credito, in realtà estinto in via anticipata e, dunque, il carattere proporzionale della riduzione che deve essere effettuata».

[11] I passaggi più interessanti della sentenza Lexitor sono contenuti ai paragrafi 31, 32 e 33 della stessa.

[12] Sul punto vedi le considerazioni di M. Martino, Ne nos inducas in tentationem. Effettività, affidamento e qualche chiosa sulla ripetizione di indebito, a valle della vicenda “Lexitor”, in Nuova giur. civ. comm., 3/2003, 704 ss. Secondo A.A. Dolmetta, Anticipata estinzione cit., 646, rimane indiscutibile che la parificazione del trattamento normativo di tutti i costi scoraggi eventuali abusi perché finisce per «privare di ogni senso la predisposizione di clausole ambigue da parte delle imprese finanziatrici, come pure l’«utilità» pratica di comportamenti strumentali da parte delle stesse».

[13] Parla di «costi c.d. a maturazione progressiva ovvero finalizzati a remunerare attività che hanno luogo per l’intera durata del rapporto» A. Ricciardi, Il principio sancito dalla Corte di Giustizia nell’ambito del caso Lexitor e decreto Sostegni bis: problematiche applicative passate, presenti e future, in Banca borsa tit. cred., 2022, I, 289.

[14] Si pensi, a titolo esemplificativo, alle spese di istruttoria, ai costi di apertura della pratica, alle commissioni dell’agente.

[15] Per una ricognizione dei diversi costi cfr. F. Quarta, Estinzione anticipata dei finanziamenti a tempo determinato e modulazioni del costo del credito (commissioni di intermediazione, oneri assicurativi e penalità), in Riv. dir. banc., 2013, 5 ss.

[16] Si vedano, in particolare, le «Disposizioni di Trasparenza dei Servizi bancari e finanziari. Correttezza delle relazioni tra intermediari e clienti» del 29 luglio 2009, sez. VII, par. 5.2.1 e succ. modifiche, nonché la delibera della Banca d’Italia n. 145/2018 (Orientamenti di vigilanza. Operazioni di finanziamento contro cessione del quinto dello stipendio o della pensione).

[17] In giurisprudenza, per tutti, cfr. Trib. Torino, 24 aprile 2018; Trib. Torino 29 marzo 2029, n. 1543.

[18] Vedi, tra le altre, ABF Napoli, 21 settembre 2012, n. 3501; ABF Napoli, 22 febbraio 2011, n. 349; ABF Napoli, 7 marzo 2017, n.2211; ABF Bari, 2 maggio 2017. In particolare cfr. ABF Collegio di Coordinamento, 22 settembre 2014, n. 6167 che ha elaborato una serie di criteri analitici per distinguere tra costi recurring e costi up front al fine di evitare comportamenti opportunistici dei creditori volti a qualificare come non rimborsabili (up front) anche oneri connessi ad attività soggette a maturazione nel corso dell’intero svolgimento del rapporto o, comunque, non effettivamente svolte, stabilendo che in mancanza di chiara e congrua indicazione nel contratto i costi dovessero essere qualificati come recurring, e quindi rimborsabili. In generale sul tema della distinzione up front/recurring, cfr. G. Liace, sub art. 125 sexies, cit., 828 ss.; U. Malvagna, Nel focus del credito al consumo: gli oneri economici della “cessione del quinto”, in Riv. dir. civ., 6/2015, 1532 ss.; A. Tina, Contratti di finanziamento personale e polizze assicurative: l’estinzione anticipata del finanziamento (art. 125 sexies t.u.b.) mediante attivazione della copertura assicurativa, in Giur. comm., 2018, I, 789 ss. In senso critico sulla distinzione dei costi N. De Luca, «Dura Lexitor, sed lex». I costi upfront non esistono (oggi, domani, come ieri), in Foro it., 2023, n.2 e A.A. Dolmetta, Anticipata estinzione, cit., 649 per il quale la distinzione in esame rispondeva alla logica che tutte le attribuzioni patrimoniali devono essere causalmente giustificate, diversamente costituiscono un indebito.

[19] V., per il principio comunitario dell’efficacia diretta verticale delle direttive CGCE 4.12.1974, c- 41774, Yvonne van Duyn c. Home Office e, per il richiamo di esso al fine di escludere l’applicazione di Lexitor, Trib. Napoli, 22.11.2019, n. 10489, in dirittobancario.it con nota di Mager, Riduzione dei costi in caso di estinzione anticipata del finanziamento sulla rilevanza della decisione della CGUE nel diritto interno

[20] Cfr. CGCE 16.6.2005, c- 105/03, Pupino e CGCE 4.4.2006, c- 212/04, Adeneler e a. c. Ellinikos Organismos Galaktos (ELOG)

[21] Si tratta della l. 23.7.2021, n.106 di conversione del d. l. 25.5.2021, n. 73. Per le novità apportate dal legislatore con il Decreto Sostegni bis, vedi M. Natale, Estinzione anticipata del credito ai consumatori, retrocedibilità dei costi e logica in apnea, in Giust. civ., 3/2021, 669 e V. Bongiovanni, Estinzione anticipata del contratto di credito al consumo, riduzione del costo totale del finanziamento e contemperamento degli interessi in gioco, in Riv. dir. priv., 4/2023, 605 ss.

[22] Non a caso si è parlato di “pasticcio” nei rapporti tra il diritto interno e quello europeo. Così M. Natale, Il «pasticcio» post Lexitor bocciato dalla Corte Costituzionale, in Foro it., 2022, IV, 352, nonché C. Cellerino, Lexitor e Corte Costituzionale: quale certezza del (e nel) diritto UE?, in NGCC, 3/2023, 693, per la quale «il legislatore ha espresso un ”messaggio” normativo che è difficilmente difendibile sul piano del diritto dell’Unione europea. Sembra infatti volerci dire il legislatore nazionale che il nostro ordinamento non è conforme alla giurisprudenza Lexitor al punto che occorre modificare il testo delle norme vigenti – ... – ma tale modifica opera solo per i contratti futuri, a dispetto delle sentenze della Corte di Giustizia».

[23] Fondandosi sul principio del primato del diritto europeo, quindi, il Tribunale di Napoli Nord interpretava il vecchio testo dell’art. 125 sexies t.u.b. conformemente ai principi Lexitor, disponendo la retrocedibilità di tutti i costi sostenuti nell’ambito dell’operazione di finanziamento senza distinguere tra quelli up front e quelli recurring.

In senso critico verso questa soluzione v. E. R. Restelli, Il primato del diritto europeo. La sentenza Lexitor è davvero così importante?, in Banca borsa tit. cred., 1/2023, 86, per il quale proprio da un’attenta considerazione delle regole che presiedono all’applicazione del principio del primato del diritto europeo si arriverebbe a conclusioni opposte rispetto a quelle proposte dal tribunale napoletano.

[24] Difatti, il richiamo contenuto nell’art. 11 octies Decreto Sostegni bis agli orientamenti della Banca d’Italia avrebbe dovuto portare il giudice ad escludere i costi up front dal calcolo per ridurre il costo totale del credito, come poi sarà affermato anche da Trib. Torino, 2.11.2021 (nt.8) e dal Collegio di coordinamento ABF, 15.10.2021, n. 21676.

[25] Dirimente è infatti la circostanza che le direttive siano dotate di efficacia “utile” e vincolino gli Stati membri ad un obbligo di risultato (art. 288, par.3, TFUE) mentre non trovano applicazione nei rapporti tra intermediari e consumatori (cfr. CGCE 6.2.1986, causa C – 152/84, M.H. Marshall contro Southampton and South-West Hampshire Area Health Authority, e di recente CGUE- Grande Sezione – 7.8.2018, causa C-122/17, David Smith contro Patrick Meade e altri)

[26] Che il principio del primato del diritto europeo non possa mai «servire da fondamento per un’interpretazione contra legem del diritto nazionale, lo evidenzia la stessa Corte di Giustizia nella sentenza della Grande sezione, 4.7.2006, causa C-212/04, Kostantinos Adeneler e altri contro Ellinikos Organismos Galaktos (ELOG).

[27] La stessa Consulta, chiamata a dirimere la questione di costituzionalità dell’art. 11 octies, comma 2, rispetto agli artt. 3, 11 e 117 Cost. ribadirà l’impossibilità di operare un’interpretazione conforme della norma nazionale rispetto all’art. 16, par.1 della direttiva senza rimuovere con effetti erga omnes il riferimento alle norme secondarie della Banca d’Italia. Con il rinvio ad esse, infatti, secondo la Corte, il legislatore ha effettuato un «completamento prescrittivo della norma primaria» in ragione del quale «risulta univoco l’intento del legislatore di fissare per il passato un contenuto della norma» incompatibile con l’interpretazione della direttiva (e segnatamente dell’art.16) data da Lexitor (v. punto 12.1 considerazioni in diritto).

[28] Così A.M. Benedetti, «Costitzionalizzazione» dei diritti dei consumatori?, in NGCC, 3/2023, 686.

[29] Si tratta dell’ordinanza del 2 novembre 2021, n. 8, in Foro it., 2022, I, 350, con nota di M. Natale, Lexitor e diritto italiano: verso la resa dei conti.

[30] C. Cost. 22.12.2022, n. 263, in Banca, borsa, tit. cred., n. 4/2023, 453 ss., con nota di Cacopardi, Il “diritto” alla riduzione del costo totale del credito: tra duty of consistent interpretation e ipertutela del consumatore. Tra i commenti alla sentenza segnaliamo S. Pagliantini, Lexitor atto secondo: il (prezioso) decalogo della Consulta sull’interpretazione euroconforme, in Giur. it., 2/2023 279 ss.; A. Capizzi, La Corte costituzionale e la vicenda “Lexitor”: una decisione a favore dell’integrazione europea?, in Giur. cost., 6/2022, 2915 ss.; F. Saitto, La Corte costituzionale come garante dei vincoli derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea alla luce della vicenda Lexitor, in Giur. cost., 6/ 2022, 2903 ss.; F. Greco, Incostituzionalità, integrale rimborsabilità ed (in)certezza del diritto: considerazioni ad un semestre dalla consulta, in Resp. civ. prev., 2/2023, 497 ss.; R. Lo Conte, Credito al consumo e disciplina del rimborso anticipato: dalla Lexitor alla Corte Costituzionale, in federalismi.it, 22 marzo 2023.

[31] Tuttavia, a non passare inosservato è stato, secondo alcuni autori, il «modo» con cui i giudici della Consulta hanno raggiunto il risultato, attribuendo cioè effetti sostanzialmente orizzontali alla direttiva 2008/48/CE. Sul punto v. le considerazioni di F. Saitto, La Corte costituzionale come garante dei vincoli derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea alla luce della vicenda Lexitor, cit., 2909. Ad escludere un effetto sostanzialmente orizzontale della direttiva vale l’argomento che a seguito della pronuncia della C. Cost., nei rapporti tra privati non trova applicazione l’art. 16 della direttiva, bensì l’art. 125 sexies del t.u.b. nella versione “depurata” dalle integrazioni della normativa bancaria e, quindi, suscettibile di essere interpretato nel suo significato compatibile con i principi Lexitor.

[32] Di recente il principio di effettività del diritto del consumatore alla riduzione del costo totale del credito affermato dalla sentenza Lexitor e recepito dalla sentenza 263/2022 della Corte costituzionale è stato considerato da Cass. n. 25997/2023, risalente alle direttive precedenti del 1987 e del 2008, il che giustifica l’uniformazione ad esso di tutte le decisioni relative a controversie sul credito ai consumatori. Sul punto cfr. G. Santoni, Note sul caso Lexitor, alle battute conclusive dopo Cass. 25997/2023, in Riv. dir. banc., n. 3-4/2023, 16 s., per il quale tale conclusione, sebbene forzi il tenore letterale delle norme comunitarie (accordando all’equo compenso previsto dalla direttiva 87/102/CEE la stessa portata della successiva definizione di costo totale del credito), risulta opportuna per consolidare definitivamente nel nostro Paese i risultati applicativi della decisione Lexitor.

[33] Il decreto Sostegni bis, infatti, nell’integrare l’art. 125 sexies del t.u.b. conformemente a Lexitor limitava nel tempo gli effetti di tale pronuncia ai contratti di credito stipulati successivamente al 25 luglio 2021, con la conseguenza di escludere, per quelli precedenti, la riduzione dei costi up front, ovviamente nell’ottica di favorire i finanziatori, tutelando in uno i principi dell’affidamento e della certezza del diritto. Di conseguenza, i contratti stipulati tra la pronuncia Lexitor e l’entrata in vigore del decreto Sostegni bis continuavano a seguire la vecchia regola, ovvero l’art. 125 sexies, comma 1, interpretato contra Lexitor.

[34] Il riferimento concerne in particolare la l. 10 agosto 2023, n. 103 e il d. l. 10 agosto 2023, n. 104 (convertito nella l. 136 del 9.10.2023) che hanno introdotto due diverse versioni dell’art. 11 octies, comma 2, secondo periodo, del d. l. 25 maggio 2021, n. 732, di modifica dell’art. 125 sexies t.u.b. Entrambe le norme sono state considerate dai primi commentatori (R. Ferretti e R. Mantegazza, La nuova disciplina delle estinzioni anticipate dei contratti di credito con i consumatori, in www.dirittobancario.it, 27 settembre 2023) poco chiare. Infatti, l’art. 1 della l. 103/2023 per un verso, contiene, nel suo incipit, il riferimento al rispetto della normativa europea e dell’interpretazione che a quella normativa ha dato la Corte di Giustizia, facendo intendere la riducibilità di tutti i costi del credito ma, per altro verso, esclude espressamente dalla riduzione oltre alle imposte, anche i costi sostenuti per la conclusione dei contratti (cioè i costi up front). Indicazione, quest’ultima, in netto contrasto con la direttiva del 2008 per come interpretata da Lexitor e ai limiti di costituzionalità. L’art. 27 l. n. 136/2023, a sua volta, pur allineandosi a Lexitor circa la riducibilità, in caso di estinzione anticipata, di tutti i costi del credito (con la sola esclusione delle imposte), mantiene nel dettato legislativo il riferimento all’applicazione delle disposizioni dell’art. 125 sexies t.u.b. vigenti alla data di sottoscrizione dei contratti, inciso che – si è detto – «potrebbe far propendere (a causa dell’uso del plurale) per un’applicazione delle diverse versioni della norma che si sono succedute nel corso del tempo, così come delle disposizioni di attuazione della Banca d’Italia» e, quindi, in alcuni casi la limitazione della riducibilità dei costi ai soli oneri recurring, con tutti i problemi (anche di legittimità costituzionale) da ciò derivanti. La contemporaneità dei provvedimenti normativi citati si giustifica, probabilmente, perché il legislatore si è subito accorto della potenziale incostituzionalità della prima disposizione, che clare escludeva dal rimborso i costi up front, ed ha posto rimedio con un provvedimento avente lo stesso oggetto ma numericamente successivo, il d.l. n. 104/2023 che, quale ius superveniens rispetto alla legge n. 103/2023, implicitamente la abroga ex art. 15 preleggi. Resta, tuttavia, il problema di interpretare l’art. 27 d.l. 104/2023 more comunitario. Al riguardo, riteniamo che il riferimento all’applicazione ai contratti di credito delle disposizioni dell’art. 125 sexies t.u.b., vigenti alla data della sottoscrizione dei contratti vada correttamente inteso nel senso che esso implica sempre e comunque un’interpretazione del comma 1 dell’art. 125 sexies t.u.b. compatibile con la direttiva 2008 e con la pronuncia Lexitor (quindi riducibilità di tutti gli oneri recurring ed up front), mentre, in base al periodo di sottoscrizione dei contratti, potrebbe variare l’applicazione dei commi 2 e 3 dell’art. 125 sexies t.u.b., che riguardano il metodo per quantificare la riduzione dei costi e il diritto di regresso del finanziatore nei confronti dell’intermediario del credito per la quota dell’importo rimborsato al consumatore relativa al compenso per l’attività di intermediazione svolta. Ora, con riguardo al criterio di quantificazione, è possibile ritenere che il legislatore volesse assoggettare i contratti sottoscritti prima del 25 luglio 2021 al criterio di calcolo indicato dal Collegio di Coordinamento ABF nella pronuncia n. 26525/2019, mentre nell’arco temporale compreso tra il 25 luglio 2021 e il 10 agosto 2023, vista la espressa previsione contenuta nella legge 103/2023 e salva diversa indicazione delle parti, il criterio residuale di quantificazione dei costi avrebbe dovuto essere quello del costo ammortizzato. Tuttavia, per effetto della previsione contenuta all’art. 27 d.l. 104/2023, che ha eliminato il riferimento al criterio del costo ammortizzato, anche nel periodo suddetto continuerà ad applicarsi il criterio seguito dall’ABF. In ordine, poi, alla possibilità per il finanziatore di agire in regresso nei confronti dell’intermediario occorre rammentare che tale facoltà, prevista dall’art. 11 octies decreto Sostegni bis, non era contemplata dalla vecchia formulazione dell’art. 125 sexies e, pertanto, sarà applicabile soltanto all’estinzione anticipata dei contratti di credito conclusi dopo il 25 luglio 2021. Per una distinzione tra 2° e 3° comma dell’art. 125 sexies t.u.b. con riferimento alla loro applicabilità ai contratti stipulati prima del 25 luglio 2021 cfr. D. Achille, Estinzione anticipata del credito al consumo e ‘giusta’ determinazione dei costi rimborsabili dopo la Corte costituzionale, in questa rivista, n. 6/2022.

[35] Si tratta di un metodo utilizzato per la valutazione dei crediti, dei debiti e delle immobilizzazioni rappresentate da titoli, nella contabilità societaria (v. International Accounting Standards (IAS 39) – Principio contabile internazionale n. 39. Strumenti finanziari: Rilevazione e valutazione, par. 9, consultabile in www.fondazioneoic.eu), che viene richiamato per indicare che la riduzione dei costi up front si calcola con il metodo dell’interesse effettivo, ovvero attualizzando «i pagamenti o incassi futuri stimati lungo la vita attesa dello strumento finanziario, o comunque, lungo un periodo più breve, al valore contabile netto dell’attività o passività finanziaria» (così ABF Napoli, 11 agosto 2014, decisione n. 5165).

[36] Sul punto v. A. Tina, Il diritto del consumatore alla riduzione del costo totale del credito…, cit., 179, per il quale il criterio di calcolo utilizzato per la determinazione degli interessi corrispettivi, dovrebbe applicarsi non solo nel caso in cui le parti avessero fatto espresso riferimento al piano di ammortamento, ma anche in assenza di un’esplicita previsione negoziale in tal senso , in modo da avere un unico metodo di calcolo sia per gli interessi che per i costi, conformemente al dettato dell’art. 16 par. 1 direttiva 2008. Il criterio del pro rata temporis, per questa impostazione, troverebbe applicazione in via residuale, nella rara «ipotesi in cui il contratto di finanziamento non faccia riferimento ad alcun criterio di rimborso, neppure a quello normalmente impiegato per la riduzione degli interessi corrispettivi e rappresentato nel piano di ammortamento solitamente allegato al contratto».

[37] In dottrina considera preferibile il criterio del costo ammortizzato a quello della proporzionalità lineare P. Della Rocca, Questioni interpretative in ordine all’art. 125 sexies t.u.b., in www.ildirittodelleconomia.it n. 1/2024. Reputano invece più vantaggioso, nell’interesse del consumatore, il criterio di calcolo basato sulla proporzionalità lineare R. Santagata, Rimborso anticipato del credito e diritti dei consumatori alla restituzione della quota parte dei costi indipendenti dalla durata del contratto (c.d. up front), in Banca borsa tit. cred., 1, 2020, 189 ss. e U. Malvagna, La nuova disciplina dell’estinzione anticipata dei contratti di credito ai consumatori: tra legge, ABF e Corte costituzionale, in Banca borsa tit. cred., 1/2022, 54 s.

[38] Sul punto cfr. la sentenza UniCredit Bank Austria (CGUE, 9.2.2023, causa C- 555/21, in Foro it., 2023, 372 ss., con nota di Pagliantini, Il canone delle cruces iurisconsultorum in salsa post-moderna: UniCredit Bank Austria AG v. Lexitor e, in Foroplus 2023, con i contributi di N. De Luca e L. Delcuratolo, Stare decisis. UniCredit Bank Austria AG distingue Lexitor, non la supera, e di M. Natale e R. Pardolesi, «Lexitor» o no? Dubbi, crucci e malefatte della Corte di giustizia), adottata in riferimento alla Direttiva 2014/17 sui mutui ipotecari che, richiamando espressamente la sentenza Lexitor, giustifica il diverso trattamento riservato all’ambito dei mutui ipotecari rispetto a quello del credito al consumo non assistito da garanzie reali sulla base di diversi argomenti. Per un verso, si afferma che la riduzione di cui all’art. 25, par. 1, dir. 2014/17/UE non consiste nel porre il consumatore nella situazione antecedente a quella in cui si sarebbe trovato se il contratto fosse stato concluso a condizioni diverse o per un periodo più breve o per un importo inferiore (nel qual caso potrebbero considerarsi riducibili tutti i costi anche quelli che prescindono dalla durata del contratto), bensì nell’adattare il contratto di credito ipotecario «in funzione delle circostanze del rimborso anticipato», con la conseguenza di escludere i costi che «indipendentemente dalla durata del contratto, siano posti a carico del consumatore a favore sia del creditore che dei terzi per prestazioni già eseguite integralmente al momento del rimborso anticipato». Per altro verso, si considerano superabili le preoccupazioni manifestate in Lexitor (punti 31 e 32 della sentenza) e, segnatamente il rischio di una deminutio dell’effettiva portata del diritto del consumatore alla riduzione del costo totale del credito, qualora la stessa avesse ad oggetto solo i costi recurring, data la determinazione unilaterale degli stessi ad opera degli istituti di credito (il che implica la previsione di margini di profitto per l’impresa), e la possibilità di comportamenti abusivi delle banche che potrebbero ridurre al minimo i costi recurring ed aumentare quelli up front, imponendo al consumatore pagamenti una tantum più elevati al momento della conclusione dei contratti di credito. Tale rischio è neutralizzato, secondo la Corte dalla circostanza che, nell’ambito della direttiva del 2014 «il margine di manovra di cui dispongono gli istituti di credito nella determinazione dei costi» è minore in quanto l’intermediario del credito o il rappresentante designato, consegnando al consumatore il PIES, fornisce anche le informazioni concernenti le spese connesse alla durata del contratto considerate, appunto, riducibili e di facile individuazione proprio in quanto contemplate nel prospetto sia da parte del consumatore che dall’eventuale giudice nazionale. La tutela dei consumatori, secondo la Corte di Giustizia, verrebbe resa effettiva da alcuni obblighi che la stessa pone sia agli Stati membri (come quello di assicurare che le disposizioni di recepimento della direttiva non vengono eluse da clausole contrattuali che riducano la protezione dei consumatori) sia agli organi giurisdizionali nazionali (i quali devono assicurare che i costi posti a carico del consumatore non rappresentino piuttosto la remunerazione del creditore per prestazioni che al momento del rimborso dovrebbero essere ancora fornite al consumatore, ponendo a carico del creditore l’onere di provare il carattere ricorrente o meno di tali costi). Sebbene non manchino opinioni che vedono nella sentenza UniCredit il superamento di Lexitor, riteniamo, invece, che tale pronuncia confermi il doppio binario che, a livello europeo, si è creato in materia di credito al consumo prevedendo una disciplina meno “protezionistica” per i consumatori e più equilibrata verso gli interessi della concorrenza e dei finanziatori nel settore del credito immobiliare, settore in cui la riducibilità dei costi non dipendenti dalla durata del contratto (sensibilmente maggiori in termini quantitativi di quelli che caratterizzano il credito al consumo), soprattutto se applicata ex tunc, avrebbe potuto creare problemi economici non secondari al sistema bancario che non sarebbe stato in grado di controllare ex ante i loro importi. Il doppio binario di tutela trova conferma anche in un’ulteriore divergenza esistente tra la disciplina di recepimento del credito al consumo e quella relativa al credito immobiliare. L’art. 125 sexies comma 4 t.u.b., in materia di credito ai consumatori prevede l’automatica concessione di un indennizzo al finanziatore per gli eventuali costi connessi al rimborso anticipato, mentre tale regola non è richiamata dall’art. 120 – quaterdecies1. t.u.b. (né dal precedente art. 120 novesdecies). Ciò finisce per incidere sulla determinazione dei costi riducibili. Difatti, tra le motivazioni dell’ampliamento della riduzione a tutti i costi del credito, la sentenza Lexitor includeva l’argomento della natura compensativa dell’indennizzo volto a bilanciare gli effetti negativi del rimborso a carico del finanziatore anche di costi che non dipendevano dalla durata del contratto e che, quindi, venivano comunque ridotti proprio per assicurare una tutela forte al consumatore. Nel caso del credito immobiliare, invece, la circostanza che l’indennizzo non è automatico, ma può essere subordinato da ciascuno Stato membro alla presenza di determinate condizioni, rende eccessivo far gravare sul creditore il rimborso anche di costi che prescindono dalla durata del contratto e giustifica la sua limitazione ai soli costi recurring. Da ultimo anche il 70° considerando della direttiva 2023/2225/UE, in ordine all’indennizzo ed ai suoi limiti, considera la diversa natura dei crediti ai consumatori rispetto ai prestiti ipotecari.

[39] Parte della dottrina, infatti, auspicava l’adozione di criteri differenziati in base alla diversa tipologia di costi (recurring o up front), mentre altri autori si orientavano per l’individuazione di un criterio unitario dei costi. All’interno dell’orientamento favorevole all’uniforme trattazione dei costi vi era, poi, chi prediligeva come unico criterio quello di competenza economica o pro rata temporis (per es. R. Santagata, Rimborso anticipato del credito e diritti dei consumatori alla restituzione della quota parte dei costi indipendenti dalla durata del contratto (c.d. up front), in Banca borsa tit. cred., 1/2020, 30 s.) e chi, invece, considerava preferibile quello della curva degli interessi (A. Tina, Il diritto del consumatore alla riduzione del costo totale del credito…, cit., 173 ss.). Tale soluzione, secondo Tina, sarebbe anche quella che maggiormente tutela il consumatore: i costi del credito non solo sarebbero tutti riducibili (a prescindere dalla loro natura) ma lo sarebbero in base al piano di ammortamento, alla stessa stregua degli interessi.

[40]Vedi la nota pronuncia del Collegio di Coordinamento n. 6167 del 2014, in www.arbitrobancariofinanziario.it.

[41] Che il criterio pro rata temporis fosse adatto per i soli costi recurring derivava dal fatto che solo tali voci sono considerabili come «corrispettivi allo svolgimento di attività amministrative del rapporto, sicché il loro costo, al netto di fattori esogeni, è costante in pendenza di rapporto, perché il tempo e le energie dedicate al loro svolgimento è indipendente dall’ammontare delle somme amministrate ed è piuttosto correlato alle complicazioni della normativa che si deve applicare». Nel caso di costi up front, invece, il «parametro pro rata temporis, …, risulta logicamente inconciliabile con oneri indipendenti dalla durata del rapporto di finanziamento, ponendosi questi ultimi, in termini funzionali, quali corrispettivi di attività già compiutamente esaurite al momento della sottoscrizione del contratto da parte del consumatore, e rispetto alle quali, pertanto, la successiva durata del rapporto di finanziamento risulta completamente irrilevante» (così A. Zoppini, op. cit., 7, dove i richiami alla posizione del relatore del Collegio di Coordinamento, prof. Gambaro). Nella giurisprudenza di merito ritiene che, in assenza di un’espressa previsione legislativa, debba applicarsi per il calcolo della riduzione del costo totale del credito il criterio della proporzionalità lineare Trib. Napoli Nord, 26.1.2022, cit. in Banca borsa tit. cred. 1/2023, 66 ss. con nota di I. Girardi, Cessione del quinto, estinzione anticipata e riduzione del costo totale del credito.

[42] Così ABF Torino 8 aprile 2024, decisione n. 4270 che richiama Collegio di coord. n.26525/2019.

[43] Vedi ABF Roma decisioni nn. 8760, 7854, 6158, 4674, 3361/2020 ecc.

[44] Cfr., ex multis, ABF Torino, 8 aprile 2024, decisione n. 4270; ABF Palermo, 22 gennaio 2024 nn. 955, 957; ABF Bari 28 novembre 2023 nn. 11681,11695; ABF Torino, 9 novembre 2023 n. 10875; ABF Torino, 17 aprile 2023, n. 3631.

[45] Vedi infra § 3.1.

[46] Vedi in particolare R. Santagata, Prime note sulla nuova disciplina del rimborso anticipato del credito, cit., 189, per il quale l’omessa indicazione, «in modo chiaro» ed «analitico», dei «criteri per la riduzione proporzionale degli interessi e degli altri costi», renderebbe di fatto lettera morta la prima parte della prescrizione recata dal secondo comma dell’art. 125 sexies e anziché tradursi in una naturale sanzione per l’intermediario predisponente, ridonderebbe in un suo considerevole vantaggio economico, consistente nella sua esplicita legittimazione alla generale applicazione di un metodo di calcolo del rimborso più sfavorevole per la controparte debole. Analogamente critico sulla scelta del criterio del costo ammortizzato è U. Malvagna, La nuova disciplina dell’estinzione anticipata dei contratti di credito ai consumatori: tra legge, ABF e Corte Costituzionale, cit., 53 ss.

[47] Si tratta di ABF Napoli, 9 novembre 2023, n. 10954. La controversia decisa aveva ad oggetto il riconoscimento del diritto del ricorrente alla restituzione di parte delle commissioni versate e non godute di un contratto di finanziamento rimborsabile mediante cessione di quote della pensione, a seguito della sua estinzione anticipata rispetto al termine convenzionalmente pattuito. La questione ricade sotto l’applicazione dell’art. 125 sexies t.u.b. il cui testo va interpretato secondo i principi Lexitor recepiti dalla Consulta nel 2022, quindi riducibilità di tutti i costi senza distinzione tra costi recurring e costi up front.

[48] In tal senso già Collegio Coord. ABF n. 10003/2016 e, più di recente, le pronunce nn. 6885 e 6888 del 5.3.2022. Nel caso in questione gli interessi erano calcolati in base ad un piano di ammortamento c.d. alla francese caratterizzato da rate costanti, interessi decrescenti e quote di capitale crescenti, piano di cui il finanziato aveva ricevuto copia e dove non si faceva alcun riferimento a criteri di calcolo di proporzionalità lineare, Per l’applicazione a tutti i costi up front del criterio della curva degli interessi secondo il piano di ammortamento scelto vedi, ex multis, ABF Bologna decisioni n. 11 marzo 2024 nn. 3145, 3132; ABF Milano, 29 marzo 2024, decisione nn. 3957 e 3932

[49] Sulle diverse tipologie dei costi del credito eventuali e attuali, cfr. F. Quarta, Estinzione anticipata dei finanziamenti a tempo determinato e modulazioni del costo del credito (commissioni di intermediazione, oneri assicurativi e penalità), in www.dirittobancario.it del 28 ottobre 2013.

[50] L’obbligatorietà, in questi casi, di un’assicurazione sulla vita o contro i rischi di impiego era stata prevista già a partire dal d.p.r. 5 gennaio 1950, n. 180, artt. 5 e 54 ed è sopravvissuta anche alle modifiche introdotte ad esso dall’art. 13 – bis della l. 14 maggio 2005, n. 80.

[51] Così A. Tina, Il rimborso del premio assicurativo nei contratti di finanziamento con cessione del quinto dello stipendio o della pensione (CQS) e la (in)competenza dell’arbitro bancario finanziario (art. 128 –bis t.u.b.), in Banca borsa tit. cred., n. 2/2019, 173 ss. Lo stesso A., in un altro contributo (Contratti di finanziamento personale e polizze assicurative: l’estinzione anticipata del finanziamento (art. 125 sexies t.u.b.) mediante attivazione della copertura assicurativa, in Giur. comm., n. 5/2018, 801 ss.) esemplifica un’ipotesi di finanziamento all’atto della cui erogazione l’intermediario chiede al consumatore il pagamento anticipato degli oneri recurring (incluso il premio assicurativo) con la conseguenza che il cliente non riceve l’importo richiesto (lordo finanziato) ma una somma inferiore (netto erogato), corrispondente all’importo finanziato detratte le somme corrispondenti alle commissioni e agli oneri accessori (up front e recurring). Così, in ipotesi di importo finanziato di 1000,00 euro, all’atto dell’erogazione l’intermediario bancario trattiene l’importo corrispondente ai costi del finanziamento (up front e recurring) complessivamente pari a 200,00 euro e corrisponde al mutuatario il minore importo di 800,00 euro. Il cliente in sostanza paga in anticipo le commissioni per le attività future dell’intermediario ricevendo in prestito una somma che è già decurtata della cifra corrispondente ai costi commissionali. Questo pagamento – si dice – «non è indebito, ma meramente anticipato, trovando causa giustificativa nell’accordo e nell’autonomia che i contraenti hanno di fissare termini diversi per l’adempimento delle obbligazioni corrispettive che ne discendono». Tuttavia, in caso di estinzione anticipata del finanziamento, che impedisce lo svolgimento di prestazioni che il prezzo delle commissioni pagato anticipatamente avrebbe dovuto remunerare, questo stesso pagamento diventa senza causa, cioè indebito ed il consumatore «che non si veda restituire le somme versate, magari attraverso la “riduzione” compensativa corrispondente del debito residuo (art. 125 sexies, comma 1 t.u.b.), può richiederle in restituzione ai sensi dell’art. 2033 c.c. (e art. 125 sexies, comma 1, t.u.b.)».

[52] Sulla natura obbligatoria o facoltativa della polizza assicurativa cfr. Coll. Coord. ABF 12 settembre 2017 nn. 10617, 10620, 10621; 29 settembre 2018, decisioni n. 11869, 11870, 11871; 25 ottobre 2018, n. 13816; 25 gennaio 2018, n. 2397 e, di recente, tra le altre, ABF Napoli, 14 febbraio 2024, decisione n. 1936 e ABF 18 marzo 2024, decisione n. 3376 in www.arbitrobancariofinanziario.it.

[53] Vedi art. 22, comma 15 quinquies d.l. n. 179/2012 e, prima ancora, art. 49 Reg. Isvap, n. 35/2010.

[54] Cfr., ex multis, ABF Torino, 8 novembre 2017, decisioni nn. 1461 e 1462, in I contratti n. 6/2018, 665 ss. con commento di Rajani, I costi della cessione del quinto tra regole di trasparenza ed esigenze di mercato.

[55] Vedi ancora A. Tina, Il rimborso del premio assicurativo, cit., 189.

[56] Cfr. Collegio Coord. ABF, decisioni 11 novembre 2016 nn. 10035, 10003 e 10007.

[57] Così U. Malvagna, Nel focus del credito al consumo: gli oneri economici della «cessione del quinto», cit., 1537.

[58] Vedi, ad es., ABF Bologna decisione n. 3132 dell’11 marzo 2024, cit. che richiama Coll. Coord. ABF 26525/2019.

[59] In una delle più recenti pronunce ABF, ad esempio, la scelta di applicare ai costi up front il criterio contrattuale ha portato a riconoscere al consumatore a titolo di rimborso per estinzione anticipata del finanziamento la somma di euro 491,00 in luogo di quella richiesta dal consumatore, sulla base del criterio pro rata temporis, pari a euro 1053,75. (cfr. ABF Bologna decisione n. 3174 del 12 marzo 2024 in www.arbitrobancariofinanziario.it).

[60] Così facendo verrebbe assicurato un rispetto solo formale della trasparenza bancaria. Propende per un maggiore coinvolgimento dell’ABF nell’assicurare una tutela sostanziale ai clienti finanziati anche A. Barenghi, Note sulla trasparenza bancaria, venticinque anni dopo, in Banca borsa tit. cred., 2/2018, 175 ss.

[61] Vedi ancora U. Malvagna, Nel focus del credito al consumo, cit., 1559 cui appartengono le espressioni tra virgolette.

[62] Sul punto cfr. G. De Cristofaro, La nuova disciplina comunitaria del credito al consumo: …, cit., 296 s.

[63] Attribuiscono natura compensativa all’indennizzo, in particolare, E. Venturi, Sub art. 125 sexies in F. Capriglione (diretto da, Commentario al testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia tomo III, Padova, 2018, 2206 ss.; A. Ciatti, La corresponsione anticipata delle somme dovute dal consumatore al creditore, in La nuova disciplina europea del credito al consumo, a cura di De Cristofaro, Torino, 2009, 159; V. Bongiovanni, L’estinzione unilaterale del contratto di credito ai consumatori, in Eur. dir. priv., 2/2014, 502; F. Oliviero, L’anticipato adempimento dell’obbligazione restitutoria nel credito ai consumatori, cit., 394 che a supporto dell’affermazione richiama gli artt. 10 lett. r) direttiva 2008/48/CE e l’art. 125 sexies, comma 5 t.u.b.; L. Modica, Il credito ai consumatori, in P. Bartolomucci, A. Montanari, C. Verde, E. Battelli, R. Marseglia, L. Follieri, A. Venturelli, L. Modica, I contratti bancari, Torino, 2016, 308 s. e F. Mezzanotte, op. cit., 71.

[64] Sul carattere non automatico dell’indennizzo vedi M. Maugeri e S. Pagliantini, Il credito ai consumatoriQuaderni di BBTC n. 37/2013, 119.

[65] Cfr. V. Bongiovanni, L’estinzione unilaterale, cit., 504.

[66] Sia normativa precedente (art. 16 dir. 2008/48/CE) che quella introdotta dalla direttiva 2023/2225 all’art. 29 prevedono un criterio di calcolo dell’indennizzo che non può superare l’1% dell’importo del credito oggetto del rimborso anticipato se il periodo che intercorre tra il rimborso anticipato e la data di scioglimento prevista dal contratto di credito è superiore ad un anno, ma la percentuale si dimezza in caso contrario.

[67] Si tratta dell’ipotesi in cui il rimborso è stato effettuato in esecuzione di un contratto assicurativo destinato a garantire il rimborso stesso; del caso in cui il credito è concesso sotto forma di concessione di scoperto; della circostanza in cui il rimborso ha luogo in un periodo per il quale il tasso debitore non è fisso. A queste ipotesi il nostro legislatore, giovandosi della facoltà conferitagli dall’art. 16, comma 4, lett. a) della direttiva ha stabilito che la pretesa all’indennizzo non sorge quando «l’importo rimborsato anticipatamente corrisponde all’intero debito residuo ed è pari o inferiore a 10.000 euro» perché in tal caso l’indennizzo sarebbe iniquo e oggettivamente ingiustificato ricevendo il finanziatore, a titolo di indennizzo, l’intero ammontare del credito e per di più di importo limitato. Si ritiene, in dottrina, che i suddetti requisiti debbano verificarsi cumulativamente. Cfr., per tutti, F. Oliviero, op. cit., 401 s.

[68] Così F. Oliverio, op. cit., 395; E. Venturi, op. cit., 1923; M. Maugeri e S. Pagliantini, op. cit., 119, per i quali «non è un caso se il testo di legge discorre di costi, in conseguenza del rimborso, che sono eventuali e se, per quanto questa variabile non sia stata poi trasposta a livello nazionale, il 39 considerando della direttiva 2008/48/CE si figura l’eventualità di un rimborso anticipato causa di «eventuali risparmi» per il finanziatore.

[69] Difatti, nella misura in cui la somma rimborsata può venire reinvestita, difetta il presupposto perché possa configurarsi una perdita. Così ancora M. Maugeri e S. Pagliantini, op. cit., ibidem

[70] Si tratta, nello specifico, di CGUE, 14 marzo 2024, n. 536, MW e CY c. V.B., consultabile in www.curia.europa.euIl caso aveva ad oggetto un contratto di mutuo immobiliare a tasso fisso (fino al 30 gennaio 2029) rispetto al quale erano previste delle clausole relative al rimborso anticipato ed all’indennizzo del finanziatore per l’estinzione anticipata del mutuo. La clausola relativa all’indennizzo prevedeva che per calcolare il danno economico subito dal creditore a causa del rimborso anticipato fosse applicabile il metodo di calcolo dell’«attivo- passivo» (ritenuto ammissibile dalla Corte federale di giustizia tedesca) in virtù del quale si prendeva in considerazione il rendimento fittizio che il creditore potrebbe aspettarsi di ottenere se reinvestisse i fondi liberati dal rimborso anticipato in obbligazioni ipotecarie con scadenza identica a quella del prestito. Verificatasi l’estinzione anticipata del mutuo, l’istituto di credito (V.B.) chiedeva agli obbligati un indennizzo di 27.614,27 euro, indennizzo che i debitori versavano, per poi chiederne la restituzione alla V.B. ritenendolo indebito. Di fronte al rifiuto dell’istituto di credito di procedere alla restituzione, gli obbligati si rivolgevano al Tribunale tedesco che si interroga sulla compatibilità della normativa nazionale (l’art. 502 BGB) con l’art. 25, par. 3, della direttiva 2014/17/UE. In particolare, il giudice del rinvio si chiede se l’indennizzo del creditore per i costi connessi al rimborso anticipato del credito comprenda anche il mancato guadagno del creditore e, in caso affermativo, quali siano i criteri di calcolo di tale mancato guadagno. Da qui la formulazione di tre quesiti alla Corte di Giustizia. Il primo riguarda la nozione di indennizzo equo ed obiettivo per gli eventuali costi direttamente connessi al rimborso anticipato e la richiesta se tale nozione comprenda anche il mancato guadagno del creditore, in particolare, i futuri pagamenti a titolo di interessi di cui il creditore medesimo è privato in ragione del rimborso anticipato. In caso di risposta affermativa la richiesta se la direttiva 2014/17/UE contenga prescrizioni per il calcolo del mancato guadagno del creditore per quanto riguarda la presa in considerazione dei redditi derivanti dal reinvestimento di un credito ai consumatori relativo a un bene immobile rimborsato anticipatamente e, in caso affermativo, se la normativa nazionale avesse potuto consentire al creditore di calcolare l’indennizzo sulla base del metodo detto «attivo-passivo» e se l’art. 25 della direttiva 2014/17/UE consentisse l’indennizzo anche nell’ipotesi in cui il consumatore avesse adempiuto anticipatamente ai suoi obblighi dopo aver effettuato il recesso dal contratto di credito. Le questioni pregiudiziali sono state risolte dalla Corte di Giustizia procedendo dall’ultima. Al riguardo la Corte ritiene che l’art. 25 della direttiva citata, contenente la previsione dell’indennizzo, vada interpretato nel senso di essere applicabile «anche quando il consumatore adempie anticipatamente ai suoi obblighi dopo aver risolto il suo contratto di credito ai consumatori relativo a un bene immobile residenziale alle condizioni stabilite dalla normativa nazionale» ; che il paragrafo 3 della medesima disposizione vada interpretato nel senso dell’ammissibilità di una normativa nazionale che, «ai fini dell’indennizzo del creditore in caso di rimborso anticipato di un credito ai consumatori relativo a un bene immobile residenziale, tiene conto del mancato guadagno subito dal creditore direttamente a causa di tale rimborso anticipato, e in particolare della perdita economica sofferta da tale creditore, eventualmente connessa agli interessi contrattuali residui che non saranno più percepiti, a condizione che si tratti di un indennizzo equo e obiettivo, che non sia imposta alcuna penale al consumatore e che l’indennizzo non superi tale perdita economica» e, infine che «in caso di rimborso anticipato di un credito ai consumatori relativo a un bene immobile residenziale, gli Stati membri devono provvedere affinché il calcolo, da parte del creditore , del mancato guadagno in ragione del rendimento forfettario della somma rimborsata anticipatamente comporti che l’indennizzo sia equo e obiettivo, che tale indennizzo non superi la perdita economica sofferta dal creditore e che non sia imposta alcuna penale al consumatore. La direttiva 2014/17 non richiede che tale calcolo tenga conto del modo in cui il creditore utilizza effettivamente l’importo rimborsato anticipatamente».

[71] Si evidenzia che il legislatore italiano, nel trasporre la direttiva del 2008, non si è avvalso della facoltà concessa dall’art. 16, par. 4, lett. b) della direttiva 2008 in forza del quale «il creditore può eccezionalmente pretendere un indennizzo maggiore se è in grado di dimostrare che la perdita subita a causa del rimborso anticipato supera l’importo determinato» ed al contempo il debitore può esigere una riduzione ove «l’indennizzo richiesto dal creditore super(i) la perdita da questi effettivamente subita». Di fatto, per il consumatore, il problema può essere agevolmente superato in quanto la disciplina consumeristica gli permette di far valere in giudizio la vessatorietà della clausola che preveda un indennizzo ingiustificato a favore del creditore, mentre non si dà analoga possibilità al finanziatore di dimostrare la maggiore perdita subita rispetto all’indennizzo ricevuto. La facoltà prevista dall’art. 16, par. 4 dir. 2008 è presente anche nella nuova direttiva del 2023, all’art. 29, par. 4, lett. b) e, pertanto, occorrerà capire se il legislatore dell’attuazione deciderà o meno di avvalersene.

Nella giurisprudenza arbitrale si prevede che la commissione di estinzione anticipata rispettosa dei limiti di legge sia dovuta al creditore a meno che il finanziato non alleghi e dimostri che, nella singola fattispecie, l’indennizzo preteso sia privo di oggettiva giustificazione. Così A.B.F. Coll. Coord. 31.3.2020, n. 5909, in NGCC, 5/2020, 1034 ss., con nota di Gusso, Commissione di estinzione anticipata nel credito al consumo e onere probatorio.

[72] Vedi autori citati alla nota 64. Ovviamente il fatto che il creditore abbia reinvestito il denaro anticipatamente rimborsatogli implica un controllo del giudice sull’equità dell’indennizzo e, pertanto il giudice dovrà verificare se per effetto del reinvestimento l’indennizzo ricevuto dal creditore rimanga equo ed obiettivo ovvero non imponga una penale al consumatore e non superi la perdita economica sofferta dal creditore.

[73] Ciò sulla base del fatto che la direttiva dell’87 richiamava l’equa riduzione del costo complessivo del credito e che tale costo in base alla successiva direttiva 90/88/CE era composto da “tutti i costi del credito, compresi gli interessi e le altre spese che il consumatore deve pagare per il finanziamento”. Quanto bastava, insomma, per far rientrare nei costi rimborsabili tanto gli oneri recurring che quelli up front.

[74] Lo rileva molto bene S. Pagliantini, La Cassazione e Lexitor: una sentenza abusata?, in Foro it., I, 10/2023, 2809, laddove, nel criticare il percorso argomentativo seguito dalla S.C. sulla vessatorietà della clausola escludente il diritto al rimborso del consumatore, afferma: «Ora, delle due l’una: o il diritto, in caso di rimborso anticipato, non era assistito, com’è invece nel contesto odierno, da una norma imperativa (art. 127, comma 1), ed allora il richiamo all’art. 33,comma 1, cod. consumo ha un suo costrutto, oppure, se già prima del 2010 la facoltà del consumatore poteva fregiarsi di una siffatta imperatività, il rinvio alla stampella di un significativo squilibrio, di marchiana evidenza se il finanziatore può incamerare delle somme rapportate all’intera durata del contratto nonostante che l’obbligazione restitutoria sia stata adempiuta entro un termine anteriore, è del tutto esornativo. Una norma imperativa, escludente la possibilità di un patto contrario, notoriamente fa da sé. Ebbene, che l’an e/o il quantum della riduzione fosse demandabile all’autonomia contrattuale era testualmente escluso dal secondo comma dell’art. 125, norma la cui autosufficiente inderogabilità era pacifica in dottrina».