Jus CivileISSN 2421-2563
G. Giappichelli Editore

Mercato digitale e danni da prodotti. (di Carlotta De Menech, Ricercatrice di Diritto privato – Università degli Studi di Pavia)


La crescita dell’economia delle piattaforme ha modificato la struttura tradizionale della catena di distribuzione determinando la comparsa di nuovi attori e, per conseguenza, l’allargamento della schiera dei soggetti potenzialmente responsabili dei danni causati da prodotti difettosi. In particolare, il contributo affronta la questione se, e in che termini, i prestatori di mercati digitali debbano rispondere per i pregiudizi derivanti da prodotti venduti tramite le loro piattaforme. Eccettuati i casi in cui i gestori di mercati online rivestono, in pari tempo, il ruolo di fabbricante o importatore del prodotto, risulta difficile inquadrare tali soggetti nelle categorie delineate ai fini della disciplina sulla responsabilità da prodotti. Pertanto, alcuni giuristi ritengono che sarebbe necessaria una riforma legislativa che estenda il regime della responsabilità oggettiva agli operatori del mercato digitale e, d’altro canto, le istituzioni europee hanno mostrato di condividere tale impostazione con la recente Proposta di revisione della direttiva sulla responsabilità del produttore. Gli argomenti su cui tale approccio si fonda coincidono con quelli storicamente addotti a sostegno della teoria della responsabilità per rischio d’impresa. In considerazione di questo scenario, il contributo intende valutare se le giustificazioni poste alla base della responsabilità oggettiva dell’impresa tradizionale siano effettivamente estensibili ai prestatori di mercati elettronici, che sovente si atteggiano come autorità private.

Digital market and product liability

The rise of the platform economy has altered the traditional model of the supply chain with the advent of new essential actors and, therefore, the potentially enlarged set of responsible parties with regard to damages occurred due to defective items. Specifically, this Article addresses the issue whether and how marketplace providers should be held liable for faulty products sold through their websites. Except for cases in which a digital provider clearly also plays the role of manufacturer or importer, it is doubtful that online marketplaces comply with the categorisation outlined for product liability purposes. Consequently, some jurists deem a legislative reform to be necessary to extend the strict liability regime to platform operators and the European Institutions seem to have taken this direction with the new Proposal for a revised Product Liability Directive. The arguments sustaining such an approach coincide with the rationale used by scholars of the legal domain to explain the theory of enterprise liability. Against this background, the Article deals with the issue of whether the reasons justifying the imposition of strict liability on the conventional entrepreneur can be extended to entities that also act as private regulators.

SOMMARIO:

1.La responsabilità del produttore nel quadro del mercato digitale. - 2. L'area di irresponsabilità delineata dal DSA e gli online marketplace provider che ne restano esclusi. - 3. La responsabilità oggettiva e diretta degli online market placed ibridi. - 4. La responsabilità oggettiva e sussidiaria degli online market placed puri. - 5. Modelli di imputazione alternativi. - 6.De iure condendo: non trasferibilità della teoria della responsabilità oggettiva d'impresa al contesto del mercato digitale. - 7. Il modello di imputazione preferibile. - 8. NOTE


1.La responsabilità del produttore nel quadro del mercato digitale.

Del rinnovato interesse che suscita il tema della responsabilità del produttore costituisce prova la recente proposta di revisione della dir. 85/374/CEE (d'ora in poi, anche soltanto proposta dir.) [1] . Un tale interesse è stato stimolato, tra l'altro, dall'opportunità di adeguare l'attuale quadro normativo alla moderna economia digitale [2] , nel cui contesto vengono a delinearsi nuove forme di offensività e nuovi centri di imputazione: tra le prime sono da ascrivere, in particolare, i software e le applicazioni dell'intelligenza artificiale; tra i secondi, specialmente, gli attori della cd platform economy . Questa espressione designa un nuovo modello di organizzazione del mercato, nel quale i siti telematici mettono in contatto gli agenti economici allo scopo di facilitare lo scambio di beni (o servizi). A differenza degli operatori tradizionali, i fornitori di mercati elettronici non contribuiscono fattivamente alla circolazione del prodotto, ma forniscono un'infrastruttura tecnologica che agevola l'incontro tra domanda e offerta. Le piattaforme digitali non rappresentano, dunque, un ulteriore nodo della catena negoziale che ha per oggetto il prodotto, bensì, più propriamente, una nuova modalità di collegamento tra i nodi esistenti.   A questa innovazione organizzativa si accompagnano, com'è normale, risvolti positivi e negativi [3] . Così, da un canto, lo sviluppo della platform economy riduce i costi transattivi, intensifica gli scambi e genera effetti di rete [4] ; con significativi vantaggi sia per i consumatori, i quali possono accedere ad una gamma più ampia di prodotti (o servizi) a prezzi più contenuti, sia vengono per gli operatori professionali, che a giovarsi di canali di vendita più pervasivi e, quindi, di un incremento nel volume degli affari.   D'altro canto, la crescita del commercio online comporta la crisi e, frequentemente, la scomparsa dei negozi fisici [5] , nonché – e, in parte, per conseguenza – la collocazione sul mercato di un numero elevato di prodotti potenzialmente dannosi. Uno studio condotto dal Bureau Européen des Unions de Consommateurs ha dimostrato che i prodotti messi in vendita sui marketplace online sono generalmente meno sicuri di quelli offerti [continua ..]


2. L'area di irresponsabilità delineata dal DSA e gli online marketplace provider che ne restano esclusi.

Cominciamo dal versante della irresponsabilità. Il DSA (come già la dir. 2000/31/CE cd e-commerce ) modella quest'area sulla scorta del criterio dell'essenziale neutralità ed estraneità del servizio telematico rispetto al contenuto veicolato, includendo, perciò, al suo interno il servizio di hosting (ossia, di memorizzazione con carattere di stabilità) che è comunemente sotteso alla fornitura di mercati elettronici (v. art. 6, par. 1, prima parte, DSA [9] ). Lo spazio d'irresponsabilità riservato agli hosting provider viene, tuttavia, circoscritto dal DSA, prevedendo alcune eccezioni che comportano il ripristino della regola di responsabilità.  Una prima eccezione (già presente nella direttiva e-commerce ) si configura in seno a tale spazio allorché l' hosting provider si renda partecipe della vicenda lesiva, omettendo di eliminare dal proprio sito i contenuti illeciti di cui sia venuto effettivamente a conoscenza (v. art.6, comma 1, parte seconda, DSA [10] ). Una fattispecie omissiva propria che potrebbe configurarsi, ad esempio, qualora il prestatore di un mercato digitale apprenda che un prodotto non conforme agli standard di sicurezza UE viene offerto e distribuito tramite la sua piattaforma e non si adoperi tempestivamente per rimuoverlo.  Altre eccezioni vengono, invece, ritagliate ai margini dell'area d'irresponsabilità, enucleando tre situazioni che privano l' hosting provider del carattere di neutralità, vale a dire: l'espletamento da parte sua di un ruolo attivo, tale da consentirgli la conoscenza o il controllo delle informazioni ospitate (v. cons. 18 DSA [11] ); il suo collocamento in una posizione di autorità o di controllo nei riguardi del destinatario del servizio (v. art. 6, co. 2, DSA); e infine, con specifico riguardo ai fornitori di mercato online , la circostanza che questi ultimi presentino «in modo tale da indurre un consumatore medio a trattenere che le informazioni, o il prodotto o il servizio oggetto dell'operazione, siano forniti dalla piattaforma stessa o da un destinatario del servizio che agisce sotto la sua autorità o il suo controllo» (così l'art. 6, co. 3, DSA). In questa maniera, il legislatore sovranazionale restringe lo spazio d'immunità, collocando all'infuori di essa tre [continua ..]


3. La responsabilità oggettiva e diretta degli online market placed ibridi.

 Il profilo che abbiamo detto esterno dell'area d'irresponsabilità mette in luce come il fornitore di mercati telematici possa venire eccezionalmente chiamato a rispondere dei pregiudizi causa da contenuti illeciti distribuiti da operatori commerciali che fruiscono dei suoi canali. Si apre così il secondo passaggio del ragionamento, legato all'individuazione del regime di responsabilità civile meglio adatto a selezionare i casi in cui il titolare di un marketplace online dovrebbe essere tenuto a risarcire i danni da prodotti difettosi acquistati sul web . All'interno del DSA non esiste alcuna disposizione specificatamente volta a regolare il problema appena descritto. Ed anzi, in uno dei suoi considerando, si precisa che le norme del regolamento «non dovrebbero essere intese come una base per stabilire quando un prestatore [di servizi digitali] può essere ritenuto responsabile, circostanza che deve essere determinata in base alle norme applicabili del diritto dell'Unione o nazionale» [18] . Rivolgendo, quindi, lo sguardo ad altre fonti, è la dir. 85/374/CEE a candidarsi, primariamente, come base per disciplinare la responsabilità del gestore della piattaforma in relazione ai prodotti rivelatisi dannosi.  Dal momento che il prestatore di mercati digitali non trova, ad oggi, espressa menzione nel contesto della dir., l'applicabilità di quest'ultima a tale soggetto dipende dalla possibilità di accostarlo ad una delle figure comprese ( ex art. 3, par. 1) nella nozione di produttore (ossia: il fabbricante; colui che, apponendo il proprio nome, marchio o altri segni distintivi sul prodotto, appare come produttore dello stesso; e l'importatore del bene nel mercato comune europeo), ovvero assimilarlo al fornitore (equiparato ex art. 3, par. 2, al produttore nell'ipotesi in cui non comunichi al danneggiato, entro un termine ragionevole, l'identità di quest'ultimo o del fornitore precedente). A seconda che si presti all'inquadramento nell'una o nell'altra categoria, il gestore della piattaforma potrebbe venire chiamato a rispondere dei danni da prodotto a titolo oggettivo e diretto, oppure in via oggettiva e sussidiaria [19] .  Finora la giurisprudenza europea non ha avuto modo di esprimersi in merito alla riconducibilità dei prestatori di mercati elettronici a taluna delle figure soggettive delineate dalla [continua ..]


4. La responsabilità oggettiva e sussidiaria degli online market placed puri.

Se, dunque, le figure soggettive delineate dall'art. 3 dir. presentano contorni sufficientemente duttili da abbracciare gli online marketplace di natura ibrida, invece, i puri intermediari del commercio digitale sembrano destinati a restare comunque esclusi dal novero dei centri di imputazione della responsabilità da prodotto. Tutt'al più, argomentando in via evolutiva, si potrebbe giungere a sostenere che il semplice prestatore di mercati elettronici può essere considerato alla stregua di un fornitore e, quindi, ritenuto responsabile in via sussidiaria là dove non comunichi al danneggiato, entro un termine ragionevole , l'identità del produttore o della persona che gli ha fornito il bene difettoso. In direzione analoga si è incamminato il legislatore europeo con la proposta di revisione della dir. 85/374/CEE. Incaricatasi di adeguare la disciplina dettata dalla dir. prodotti alla moderna economia digitale, la Commissione ha ampliato l'elenco delle potenziali responsabilità con l'aggiunta dei prestatori di online marketplace puri. Nel testo della proposta questi ultimi vengono definiti come fornitori di una piattaforma digitale che consentono la conclusione di contratti a distanza tra consumatori e commercianti, che non risultano produttore, importatore o distributore, e che integrano la situazione di apparenza descritta dall'art. 6, par. 3, DSA (art. 7, co. 6, proposta dir.) [33] . Gli operatori digitali così descritti sono collocati tra i soggetti responsabili in via sussidiaria. E precisamente, a mente della proposta dir., il gestore di un mercato online puro può essere condannato a risarcire il danno cagionato da prodotti acquistati tramite il suo sito, qualora non ottemperi entro un mese alla richiesta della vittima di ricevere le informazioni necessarie a identità il produttore o rivenditore del bene difettoso (v. par. 5 dell'art. 7, a cui il par. 6 dello stesso art. rinvia [34] ).   Il modello di responsabilità prescelto per la piattaforma online è identico a quello già sperimentato con la dir. 85/374/CEE (e confermato dalla proposta di riforma) in relazione al fornitore di prodotti dannosi. Ci si può, dunque, affidare alle letture che di quest'ultima sono state proposte, onde chiarire meglio il criterio, i modi e la ratio dell'imputazione che il legislatore europeo [continua ..]


5. Modelli di imputazione alternativi.

Non val la pena indugiare oltre su un quadro regolatorio che, essendo in itinere , potrebbe ancora subire modifiche. Muovendosi entro un orizzonte de iure condendo , risulta invece più utile considerare modelli di imputazione differenti da quello proposto dalla Commissione europea e svolgere alcune riflessioni di linea sulla responsabilità dei prestatori di mercati elettronici per i danni da prodotto. Cominciamo, in questo paragrafo, ad osservare le possibili alternative all'imputazione oggettiva e sussidiaria delle piattaforme online . Una prima soluzione diversa è rinvenibile nell'esperienza comparatistica. In particolare, nell'ordinamento statunitense ha avuto modo di formarsi un'ampia ed altalenante giurisprudenza intorno alla responsabilità del prodotto del fornitore di mercati digitali. La questione dibattuta è se a quest'ultimo possa essere esteso il medesimo trattamento giuridico riservato al ' venditore ', il quale – in base ad una regola di matrice giudiziale ed ora canonizzata nella Sezione 402A del Second Restatement of Torts [40] – risponde, in via oggettiva e diretta, dei pregiudizi arrecati da prodotti difettosi all'incolumità fisica, ovvero ad altri beni di proprietà del consumatore. In principio, le corti nordamericane hanno adottato un approccio formalistico e sostenuto che il gestore di marketplace online deve considerarsi un mero facilitatore nella commercializzazione del prodotto, non potendo invece qualificarsi come ' venditore '; e ciò dal momento che tale soggetto non risulta titolare e, quindi, non trasferisce alcun diritto sul bene venduto, ed eventualmente conclude un contratto di vendita con l'utente finale [41] .   Tale orientamento inizialmente compatto è stato però incrinato dalla Corte d'Appello del Terzo Circuito con la nota pronuncia che nel 2019 ha deciso il caso Ms. Oberdorf v. Amazon, condannando il noto operatore del commercio digitale a risarcire il danno subito dall'attrice a causa del carattere difettoso di un oggetto acquistato tramite la piattaforma [42] . Nella motivazione del provvedimento spiccano gli argomenti che – nella tradizione giuridica americana, come pure nella nostra – vengono comunemente addotti a sostegno della responsabilità (oggettiva e [continua ..]


6.De iure condendo: non trasferibilità della teoria della responsabilità oggettiva d'impresa al contesto del mercato digitale.

Nei numeri precedenti abbiamo descritto i modelli di regolazione della responsabilità della piattaforma digitale per danno da prodotto, di cui riesca a trovarsi traccia da qualche parte. A questo punto, restano da svolgere alcuni ragionamenti in merito alla bontà delle soluzioni in campo. Per prima cosa, si deve prendere posizione intorno all'opportunità di includere i prestatori di mercati elettronici tra i punti soggettivi di innesto della responsabilità per i pregiudizi cagionati da prodotti difettosi. In senso favorevole depongono, senz'altro, le logiche della compensazione. Come si diceva in apertura, la piattaforma economica rende spesso difficile rintracciare il produttore o il rivenditore dell'oggetto rivelatosi dannoso, aprendo vuoti di tutela che la responsabilità dell'intermediario digitale potrebbe colmare. E ciò tanto più considerato che i fornitori di marketplace online risultano, per solito, facilmente identificabili ed ampiamente risolvibili. Simili considerazioni, tuttavia, non bastano a giustificare una regola che obblighi il gestore della piattaforma a risarcire le perdite causate dai prodotti venduti per il suo tramite. Posto che la normativa di responsabilità civile presenta una struttura bilaterale, il suo fondamento deve constare tanto di motivi collocati dalla parte del danneggiato, quanto di ragioni situate dalla parte del potenziale responsabile. Ed avendo riguardo a questo secondo versante, non ci si può accontentare di argomenti come quello cd del deep pocket ; il quale, anzitutto, sostiene ancora la logica della compensazione (attenendo, quindi, nuovamente alla sfera del danneggiato) e, inoltre, risulta inadatto ad esprimere un criterio di responsabilità (essendo basato su una situazione essenzialmente casuale) [48] .  Per contro, a completare il fondamento della responsabilità della piattaforma per danno da prodotto risulta utile considerare il ruolo che l'intermediario digitale può giocare nell'attività di prevenzione degli eventi lesivi. Le misure che il prestatore di mercati elettronici può impiegare a tal ultimo scopo sono abbastanza numerose. Volendo fare qualche esempio, il fornitore può formulare le condizioni generali di contratto di vendita sulla piattaforma in termini tali da dissuadere i produttori ei rivenditori a mettere in circolazione beni [continua ..]


7. Il modello di imputazione preferibile.

Essendosi forse avveduti degli ostacoli a cui va incontro la teoria della responsabilità oggettiva d'impresa nello spazio digitale, alcuni autori hanno cercato un'altra via di fondazione del medesimo criterio di imputazione e hanno creduto di trovarla nella tutela del legittimo affidamento. Più nello specifico, si è osservato che il consumatore nutre una ragionevole aspettativa circa il fatto che il prestatore di mercati elettronici esercita un controllo sui venditori di beni online e, in ogni caso, garantisce la sicurezza dei prodotti distribuiti tramite i suoi canali. Ergo , si è argomentato, ogniqualvolta un oggetto difettoso acquistato in rete provoca un danno, l'affidamento del consumatore risulta deluso e tanto basta a ritenere che l'operatore digitale debba rispondere del pregiudizio da quelli colpiti [56] .  Tale commissione tra responsabilità extracontrattuale e principio del ragionevole affidamento si coniuga con la linea seguita dal legislatore europeo che, sempre più di frequente, plasma gli elementi costitutivi delle fattispecie ascrivibili alla prima facendo ricorso al secondo o alla contigua nozione di apparenza [57] . Esempi significativi di questa tecnica di conformazione della fattispecie si trovano nella dir. 85/374/CE (e nella relativa proposta di revisione); dove il prodotto è considerato difettoso «quando non offre la sicurezza che ci si può legittimamente attendere tenuto conto di tutte le circostanze» (v. art. 6, par. 1, dir.; riprodotto, quasi alla lettera, dall'art. 6 proposta [58] ), e il concetto di produttore include «la persona che, apponendo il proprio nome, marchio o altro segno distintivo sul prodotto, si presenta come produttore dello stesso» (art. 3, par. 1, dir.; ripreso , con qualche variazione, dall'art . Sempre restando alle fonti rilevanti per questo studio, la nozione di apparenza si trova impiegata all'art. 6, par. 3, DSA (a cui fa rinvio l'art. 6, co. 6, proposta) per delineare gli online marketplace potenzialmente soggetti a responsabilità per danni derivanti da contenuti illeciti messi in circolazione tramite il loro sito.    Benché suffragata dal legislatore, l'unione tra responsabilità aquiliana e affidamento o apparenza non può reputarsi felice. Difatti, mentre la prima prescinde da qualsivoglia [continua ..]


8. NOTE