Lo studio approfondisce le tecniche di regolazione del legislatore nell’economia digitale alla luce dello sviluppo tecnologico che tenga conto da un lato del mercato e dall’altro della persona umana. L’algoretica può rappresentare un punto di equilibrio per il legislatore e l’interprete, nell’ambito dell’evoluzione normativa, di cui si debba tener conto nella disciplina dei nuovi istituti digitali.
Si esaminano le nuove tecniche regolatorie che rappresentano la giusta evoluzione per poter creare una disciplina evoluta e al passo coi tempi e, quindi, soft Law e sandbox.
Inoltre se l’obiettivo è di creare un sistema unico che necessariamente debba tener conto delle diversità normative dei singoli Stati allora le categorie giuridiche possono rappresentare un meccanismo adeguato per recepire le normative nazionali e rispettare le diversità degli Stati. Infatti le categorie, con le proprie caratteristiche di adattamento, mantengono la loro vitalità disciplinando il divenire tecnologico nella modernità del loro meccanismo. Le categorie esistenti e quelle create dal legislatore europeo, si pensi ai consumatori, intese in modo ampio e evoluto, ben possono rappresentare il sistema per armonizzare la legislazione europea.
This essay explores the regulatory techniques of EU legislator in the digital economy in light of technological development that takes into account the market on the one hand and the human being on the other. Algorethics may represent a balance point for the legislator and the interpreter, in the context of regulatory development, to be taken into account when regulating new digital institutions.
New regulatory techniques are examined that are the right evolution to be able to create an evolved and up-to-date discipline and, therefore, soft law and sandbox..
Furthermore, if the aim is to create a single system that necessarily has to take into account the regulatory diversity of individual states then legal categories may represent an appropriate mechanism for transposing national regulations and respecting the diversity of states. In fact, categories, with their own adaptive characteristics, maintain their vitality by regulating technological becoming in the modernity of their mechanism. Existing categories and those created by the European legislature, think about the consumers, understood in a broad and evolved way, may well represent the system for harmonizing European legislation.
1. Introduzione - 2. L’attuale produzione normativa e la regolamentazione di un nuovo fenomeno tecnico, senza confini e con una forte innovazione - 3. La difficoltà di individuazione di un sistema normativo unitario con istituti diversi - 4. Le categorie giuridiche come sistemi elastici di relazione ordinamentale - NOTE
Le nuove tecnologie appaiono oggi come una risorsa che può portare frutti di benessere ma al contempo l’utilizzo scorretto delle stesse può determinare gravi rischi per le società democratiche. Occorre, pertanto, un’azione educativa che persegua e diffonda i valori della dignità della persona della giustizia, della sussidiarietà e della solidarietà; un algor-etica che può essere un ponte per far sì che i principi si inscrivano concretamente nelle tecnologie digitali attraverso un effettivo dialogo trans-disciplinare [1]. L’omologazione si afferma come criterio prevalente di aggregazione: in questo senso riconoscere ed apprezzare la differenza diventa sempre più difficile [2]. L’evoluzione del mercato virtuale passa per il consumismo digitale con un mercato disintermediato nel quale sono state create le community per dialogare direttamente con gli utenti-consumatori. L’evoluzione del web ha portato a quello che oggi potremmo chiamare web 3.0: mentre nel web 1.0 il consumatore era prettamente passivo e si limitava a consultare le pagine web ed a richiedere le informazioni e nel web 2.0 nasceva la visione globale dei social network che hanno modificato completamente i concetti di comunicazione e di marketing in quanto con il passaggio dal computer fisso ai device e la nascita delle grandi piattaforme Facebook, YouTube, Spotify sono state connesse le persone portando il mondo all’economia della condivisione [3], ora nel web 3.0 gli utenti sono passati da semplici lettori a partecipanti attivi nella creazione di contenuti con la vera interazione, condivisione e partecipazione immettendo continuamente i contenuti e creando essi stessi il profitto per le imprese e per le stesse piattaforme [4]. Si è arrivati a una struttura decentralizzata che ha come obiettivo, senza soluzione di continuità, di eliminare gli intermediari e creare un’economia che passa direttamente da colui che crea i contenuti ed ha il pieno controllo di quello che immette in rete, al destinatario dell’informazione il quale immette direttamente contenuti e crea ricchezza. Il web 3.0 rende gli utenti effettivi proprietari dei contenuti inseriti e, grazie alla tecnologia blockchain, permette di trasformare il capitale sociale in capitale economico [5]. Si decentralizza il capitale grazie alla tecnologia blockchain e l’organizzazione [continua ..]
Lo sviluppo della società digitale in continua evoluzione tecnica e, quindi, normativa, per dar concretezza al tema oggetto di analisi, anche di questo convegno può essere, al momento, determinata, in nove le principali nuove regolamentazioni (definite e non) europee che compongono la c.d. Strategia Europea sul digitale: 1) Reg. UE 2065/2022 (c.d. Digital Service Act); 2) Reg. UE 1925/2022 (c.d. Digital Markets Act); 3) Reg. UE 1114/2023 (c.d. Regolamento MICAR – negoziazione di cripto-attività diverse dai token collegati ad attività e dai token di moneta elettronica, di token collegati ad attività e di token di moneta elettronica, nonché i requisiti per i prestatori di servizi per le cripto-attività); 4) Reg. UE 2022/868 c.d. Data Governance Act (costruire un ambiente sicuro per il riutilizzo dei dati per fini di innovazione e ricerca, oltre a promuoverne la disponibilità); 5) Reg. UE 2023/2854 c.d. Data Act (norme relative all’uso dei dati generati dai dispositivi Internet of Things (IoT); 6) Reg. UE 2024/1869 c.d. Artificial Intelligence Act; 7) Proposta di Direttiva c.d. Product Liability; 8) Proposta di Direttiva c.d. Responsabilità prodotti I.A; 9) Proposta di Reg. UE c.d. European Media Freedom Act (per il pluralismo informativo e contro le fake news). La tecnica regolatoria utilizzata dal legislatore europeo è variegata a seconda del grado di evoluzione della normativa, nel senso che per le normative, che potremmo chiamare di seconda generazione in quanto alcune fattispecie sono già state regolate da precedenti interventi legislativi, a fianco alle norme di proibizione e cioè di divieto (c.d. norme proibitive pure), vi sono le norme precettive con le quali viene indicato (anche) un comportamento positivo. La tecnica regolatoria che usa la proibizione può lasciare un ampio spazio di scelta al destinatario della regolazione in relazione a tutte le condotte permesse diverse da quella proibita, mentre nel caso in cui venga ordinata l’adozione di una condotta, lo spazio della scelta è inesistente. Lo spazio di libertà lasciato dal divieto è, tuttavia, spesso caratterizzato da incertezza, specialmente quando la proibizione non viene definita attraverso regole puntuali, ma sulla base di principi generali (trasparenza, correttezza, lealtà) che si prestano ad interpretazioni divergenti tra regolatore e regolati e nella [continua ..]
Se, quindi, con tecniche legislative diverse, l’obiettivo comune è di creare un sistema unico con regole che possano poi “entrare” nei vari Stati e nelle loro legislazioni si deve verificare se questo sia sempre possibile alla luce degli istituti e delle categorie dei diversi Stati e se, quindi, sia effettivamente possibile creare sempre una legislazione comune alla luce degli istituti presenti nei diversi ordinamenti. Si pensi per esempio a tutta la normativa, ormai da tempo affermata, in tema di proprietà industriale sulla legge marchi e al loro riavvicinamento in riferimento ad una recente sentenza della Corte di Giustizia UE [23] che in tema di comproprietà di marchi ha ritenuto che la concessione di una licenza d’uso o il recesso dal relativo contratto di un marchio nazionale in comproprietà tra più soggetti a favore di un terzo è disciplinato dalle regole del diritto nazionale (e quindi dalle regole sulla comunione con le relative maggioranze) nel quale rientrano le modalità di esercizio da parte di contitolari dei diritti conferiti dal marchio, e non dalla legislazione europea affermando, pertanto, che il diritto di proprietà e le questioni relative alla comproprietà del marchio devono essere risolte in base ai singoli diritti nazionali applicabili e non alla normativa sui marchi comunitari escludendo, quindi, una normativa unica europea comune a tutti gli Stati relativamente all’istituto della proprietà. In materia di diritto dei consumatori sempre la Corte di Giustizia UE in merito ad una controversia tra un condominio ed una società che forniva energia, relativamente al pagamento di interessi di mora richiesti da quest’ultima al condominio avendo ricevuto dal giudice nazionale di rinvio la questione relativa alla possibilità di considerare un condominio di diritto italiano quale consumatore ai sensi della direttiva e di conseguenza valutare l’applicabilità o meno delle tutele consumeristiche, ha deciso che è di competenza dei singoli Stati stabilire la natura giuridica delle persone [24]. Invero il condominio pur non essendo persona giuridica, secondo la giurisprudenza della Cassazione, è considerato soggetto giuridico autonomo e, quindi, si deve valutare se alla nozione di consumatore sia riconducibile la persona del condominio allorquando conclude un contratto per scopi estranei alla [continua ..]
Il bene da tutelare, nell’incessante evoluzione economica, è diverso dal passato: la strategia europea sul digitale fa riferimento non più solo al mercato (v. DMA), ma anche alla dignità della persona ed al rispetto dei suoi diritti, si pensi al DSA ed al nuovissimo Regolamento UE n. 1869/2024 in materia di I.A. secondo la quale i sistemi di intelligenza artificiale utilizzati nell’UE devono essere sicuri, trasparenti, tracciabili, sostenibili e non discriminatori nella logica dell’accountability, ma anche il DGA – Data Governance Act che mira a rendere disponibili più dati regolando il riutilizzo dei dati detenuti dal settore pubblico, potenziando la condivisione attraverso la regolamentazione di nuovi intermediari di dati e incoraggiando la condivisione dei dati per scopi altruistici. Tali obiettivi si devono, quindi, raggiungere attraverso: a) la legge; b) le buone prassi che nascono sul mercato; c) i codici di condotta e la c.d. la soft law. Ogni strumento evidentemente porta con sé lati positivi e negativi, basti pensare al rischio già paventato dalla dottrina [38] di “ipertrofia” normativa il cui coordinamento risulta complesso. Inoltre sembra interessante anche volgere lo sguardo oltre i confini europei per verificare le normative extraeuropee. Per quanto riguarda le buone prassi ci si riferisce alla tecnica della co-regolazione che presuppone, tuttavia, probabilmente un contributo fattivo delle piattaforme digitali, in una modalità differente rispetto al passato. I codici di condotta rimangono certamente uno strumento di grandi potenzialità basti vedere quanto previsto dall’art. 69 del Regolamento I.A. [39]. L’obiettivo di una tutela a-territoriale, comune ed effettiva in un mercato globalizzato va perseguito attraverso una duplice impostazione: da un lato seguendo le categorie giuridiche evolute e nuove create anche attraverso i principi comunitari che possono fornire una guida sicura per orientarsi nella complessità del mondo digitale; dall’altro volgendo lo sguardo verso i beni da tutelare che devono avere tutele omogenee nel mercato globale. Ed allora, come già visto anche attraverso questo breve excursus normativo e giurisprudenziale, il legislatore europeo muove in direzione di un’idea pragmatica e funzionalistica che porta a tutelare i principi come quelli consumeristici quasi come se fossero dei [continua ..]