L’Autore approfondisce il problema dell’incidenza dei crediti incerti nella formazione della massa ereditaria, tenuto conto che l’art. 556 cod. civ. non offre al riguardo alcuna indicazione all’interprete.
The Author delves into the problem of the incidence of uncertain credits in the formation of the inheritance mass, taking into account that the art. 556 of the Italian civil code does not offer any indication to the interpreter.
1. Il problema della valutazione dei diritti di credito incerti nella formazione della massa ereditaria. - 2. Sulla nozione di credito incerto. - 3. L’imputazione, nell’attività ereditario, dei crediti incerti, mediante una loro valutazione approssimativa. - 4. L’esclusione dei diritti di credito incerti dall’attivo ereditario. - 5. La posizione del legittimario, e le sue eventuali tutele. - 6. Osservazioni conclusive. - Note
L’art. 556 cod. civ. détta le norme per la determinazione della porzione disponibile, ponendo la regola secondo la quale al relictum, sottratti i debiti ereditarî, debba essere sommato il donatum, mediante la così detta riunione fittizia delle donazioni: precisamente, il legislatore prescrive che «si form[i] una massa di tutti i beni che appartenevano al defunto al tempo della morte, detraendone i debiti. Si riuniscono quindi fittiziamente i beni di cui sia stato disposto a titolo di donazione, secondo il loro valore determinato in base alle regole dettate negli articoli 747 a 750, e sull’asse così formato si calcola la quota di cui il defunto poteva disporre» [1].
L’art. 556 cod. civ., invero, pur avendo di mira il calcolo della quota disponibile, o, più precisamente, l’accertamento della parte di patrimonio così detta indisponibile, dell’eredità del de cuius [2], mostra una rilevanza sistematica più ampia, poiché essa è l’unica disposizione, racchiusa nel Codice civile, che détta i criterî per formare la massa ereditaria. Difatti, codesta operazione, o, quantomeno, la valutazione dell’attivo e del passivo ereditario, può rendersi necessaria anche per finalità ulteriori, rispetto alla sola verifica della quota indisponibile dell’eredità del de cuius: fra di esse, possono rammentarsi la redazione dell’inventario dei beni caduti in successione, a cura del chiamato che abbia accettato con beneficio d’inventario (artt. 484, comma 3, cod. civ.), oppure da parte del curatore dell’eredità giacente (art. 529 cod. civ.) [3]; la valutazione del valore della cosa legata, ai fini dei limiti con cui lo stesso legatario è tenuto all’adempimento del legato o di ogni altro onere (art. 671 cod. civ.); la determinazione della massa oggetto di divisione, entro la quale può operare la disciplina della collazione (artt. 737 ss. cod. civ.).
Volgendo lo sguardo alla finalità, perseguita dall’art. 556 cod. civ., il calcolo della quota di spettanza del legittimario può mostrare qualche difficoltà, originata dai criterî adottati di valutazione di taluni diritti, la cui trasmissione a causa di morte fa sorgere l’interrogativo su come essi debbano essere computati, ai fini del calcolo della massa ereditaria [4]. Il riflesso pratico, sul modo con cui si debba operare per ricostruire l’attivo ereditario, ai sensi dell’art. 556 cod. civ., è evidente, giacché l’inclusione di taluni diritti può incidere, anche in misura significativa, nel calcolo della quota di spettanza dei legittimarî. Le difficoltà, discendenti dall’incertezza dei criterî di formazione dell’attivo e del passivo della massa ereditaria, dànno vita, in taluni casi, a maggiori dubbî, principalmente aventi natura giuridica, ché essi non riguardano solamente l’aspetto economico, ma concernono il modo con cui, codesti diritti, debbano essere considerati nel patrimonio del de cuius.
Giova precisare, peraltro, come siffatti interrogativi, riguardanti la formazione della massa ereditaria, non appaiano coincidenti con l’esigenza di dover garantire la parità di posizione tra i coeredi, qualora, nella massa dividenda, siano ricompresi dei crediti, per così dire, incerti. Siffatta ipotesi, invero, è già stata oggetto, da parte della dottrina, di approfondita indagine; dottrina, la quale si è interrogata sul modo in cui possa operare la collazione, rispetto ai crediti incerti [5].
L’art. 556 cod. civ. non offre alcuna indicazione all’interprete, circa il problema del còmputo dei crediti incerti, nella formazione della massa ereditaria; peraltro, al riguardo, non si rinvengono nemmeno utili spunti nella disciplina della collazione, alla quale la disposizione, or ora richiamata, rinvia, con riguardo all’accertamento del valore dei beni oggetto di donazione.
La dottrina ha espresso opinioni divergenti, e l’interrogativo, sopra prospettato, viene considerato solamente in via incidentale, in seno all’indagine sulla formazione della massa ereditaria. Pare, quindi, utile approfondire il problema dell’incidenza dei crediti incerti, nella formazione della massa ereditaria, secondo quanto prescritto dall’art. 556 cod. civ., indagando le tesi sostenute dalla dottrina e verificandone il fondamento, così da poter offrire indicazioni, rispetto all’interrogativo sollevato.
Al fine di circoscrivere la questione problematica del còmputo dei diritti di credito incerti, nell’attivo ereditario, pare opportuno far luce sul concetto d’“incertezza del credito”, dacché codesta caratteristica, o qualità, che dir si voglia, non si ritrova scolpita nelle norme di legge, sicché l’interprete potrebbe essere indotto ad intendere, la nozione di credito incerto, in varie accezioni.
Si tenga conto, in generale, di come ogni pretesa creditoria mostri una certa dose d’incertezza, poiché vi potrebbe essere, ora ritardo nell’adempimento dell’obbligazione, ora addirittura insolvenza del debitore: da ciò scaturiscono evidenti ricadute, circa la soddisfazione del creditore, per il conseguimento del risultato sperato [6]. Codesta incertezza, per così dire, economica, può riscontrarsi, fra le varie ipotesi, nei crediti inesigibili, dei quali è sì certo l’ammontare, epperò il momento della soddisfazione del creditore è successivo, rispetto all’apertura della successione, in quanto trattasi di crediti soggetti a un termine di pagamento.
Non v’è dubbio, comunque, che codesti crediti siano da calcolare nella formazione della massa ereditaria, giusta il disposto dell’art. 556 cod. civ., tenendo conto del loro valore, stimato al momento dell’apertura della successione, e quindi senza considerare la maturazione degli interessi, o una loro rivalutazione monetaria, che possano intervenire nel tempo successivo alla morte del de cuius [7].
Pare diverso, invece, il concetto d’“incertezza”, per così dire, giuridica, vale a dire una situazione che assume specifica rilevanza, per il diritto, in virtù di certi effetti che l’ordinamento vi rannoda. Codesta nozione, nondimeno, non trova conforto nel dato positivo, in quanto, nelle poche norme che il legislatore détta nel regolare il rapporto obbligatorio, non si evince limpidamente un concetto di certezza del credito: basti riflettere sulla compensazione legale (art. 1243, comma 1, cod. civ.), o giudiziale (art. 1243, comma 2, cod. civ.), rispetto alle quali il legislatore prescrive, affinché possa operare siffatto modo di estinzione dell’obbligazione, che il credito sia liquido, o di agevole valutazione, ed esigibile, senza, però, che venga affermato, quale ulteriore requisito, quello della certezza del credito [8].
Dal punto di vista metodologico, per definire meglio i contorni dell’incertezza, così detta, giuridica, l’interprete dovrebbe osservare le fonti dell’obbligazione, e, quindi, il momento genetico della pretesa creditoria. Osservando la nascita del credito, infatti, si possono distinguere due gruppi di ipotesi, in cui l’obbligazione è incerta, a seconda che codesta qualità attenga al negozio, da cui essa prende vita, oppure riguardi il difetto di presupposti normativi del credito, ogniqualvolta l’obbligazione nasca dalla legge (art. 1173 cod. civ.) [9].
L’incertezza può consistere nella natura condizionata del credito o, più precisamente, della sua fonte negoziale, pur essendo certo il quantum che il creditore debba ricevere [10]: ciò, avviene quando l’esigibilità della prestazione sia legata al verificarsi di un evento futuro e incerto, in caso di condizione sospensiva, oppure quando l’adempimento, effettivamente dovuto al creditore, sia precario, poiché il beneficio economico potrebbe venir meno col verificarsi della condizione risolutiva. Si rifletta, a tal proposito, sui casi di credito incerto, in quanto sorto da un contratto condizionato (artt. 1353 ss. cod. civ.), o su quelli in cui il diritto precario sia di fonte successoria, com’è a dirsi per l’attribuzione testamentaria effettuata tramite un legato sottoposto a condizione (art. 633 cod. civ.).
Altra ragione di incertezza, invece, può risiedere nella circostanza per cui, la venuta ad esistenza del credito, sia legata al verificarsi di determinati presupposti normativi [11]. Fra i numerosi esempî, che si possono offrire, si pensi al finanziamento del socio, di una società a responsabilità limitata, il quale, al ricorrere dei presupposti oggettivi, indicati dall’art. 2447 cod. civ., veda la propria ragione di credito postergata e, quindi, rimborsata solo dopo che si siano soddisfatti i creditori sociali [12]. Si pensi, poi, a tutti i casi in cui la pretesa sorga solo una volta escusso il debitore principale, in ragione del beneficio della preventiva escussione del debitore, come può essere pattuito nella fideiussione (art. 1944, comma 2, cod. civ.) [13]; ipotesi, queste, assai prossime alle posizioni di garanzia, nelle quali, il credito risarcitorio, matura solo al verificarsi dei presupposti normativi (artt. 798 ss., 1266 e 1490 ss. cod. civ.).
Giova ora riprendere l’interrogativo circa la formazione della massa ereditaria, ai sensi dell’art. 556 cod. civ., sì da muovere dalla tesi per la quale, nella formazione dell’attivo ereditario, si debba tener conto dei crediti incerti, calcolando la loro incidenza secondo una valutazione approssimativa, e tenendo conto delle probabilità, circa la loro venuta a esistenza, e della sicurezza che discende dal loro grado di esigibilità. Codesta tesi, pur essendo stata accennata dalla dottrina tradizionale [14], è stata approfondita, più di recente, dagli interpreti [15].
Fra gli argomenti posti a fondamento di codesta tesi, la dottrina richiama, analogicamente, la norma affidata all’art. 2426, n. 8, cod. civ., in tema di formazione del bilancio delle società per azioni, reputando che il credito di dubbia esigibilità possa comunque venire stimato, secondo il criterio del presumibile realizzo [16]. Siffatta argomentazione poggia, peraltro, sull’enfasi che viene dàta alla previsione dell’art. 556 cod. civ., nel momento in cui si pretende che il calcolo della massa ereditaria debba essere rappresentato da una stima reale al momento della morte dell’ereditando [17].
Va tenuto conto, però, che la dottrina, che ha mostrato favore per codesta tesi, paia avere di mira, non tanto l’interrogativo circa il còmputo dei crediti incerti, nel calcolo dell’attivo ereditario, quanto le esigenze di calcolare, adeguatamente, il valore da assegnare, in generale, ai crediti ancóra da esigere e, quindi, abbia a mente un concetto d’incertezza, per così dire, economico [18]. Qualora siffatta tesi venisse intesa nel senso di ricomprendere, nell’attivo ereditario, i crediti incerti, dal punto di vista giuridico, ove se ne valutassero le possibilità di realizzo [19], essa non convincerebbe, in quanto non pare sorretta da ragioni sufficientemente solide.
Dal punto di vista strutturale, anzitutto, è difficilmente giustificabile il ricorrere all’analogia con la norma affidata all’art. 2426, n. 8, cod. civ., poiché, al di là della sicura diversità delle materie, i due casi non paiono simili: il modo d’iscrizione delle voci dell’attivo al bilancio, di una società di capitali, è differente, rispetto alla valutazione dei crediti incerti nella massa ereditaria, poiché la ratio, che sottende alle regole di formazione del bilancio, è diversa dalle finalità che il legislatore intendere perseguire mercé la norma affidata all’art. 556 cod. civ.
L’indagine sull’estensibilità analogica della fattispecie normativa, difatti, dev’essere completata in via ermeneutica e, quindi, dal punto di vista funzionale [20]. Osservando gli interessi tutelati dalle due fattispecie normative, si evince limpidamente che le due discipline non possono essere accostate: nella regolazione del bilancio delle società di capitali, prevale l’esigenza pubblicistica di offrire una corretta rappresentazione contabile dei rapporti facenti capo alla società [21], laddove, nella disciplina del calcolo della quota indisponibile, vengono in rilievo gli interessi contrapposti del beneficiario, erede o donatario che sia, e del legittimario che si reputi leso nella propria quota di riserva [22].
Qualora s’intendesse offrire una valutazione dei crediti incerti, secondo le tecniche di stima utilizzate per la formazione del bilancio, si assisterebbe a un ingiustificato aumento dell’attivo ereditario, e da ciò potrebbe discendere il verificarsi di una lesione nella quota di legittima, che, in realtà, non si è mai realizzata [23]: non essendo i crediti acquisti a patrimonio dell’erede, ma solo sperati, verrebbe privilegiato, in modo irragionevole, il legittimario, sacrificando eccessivamente la posizione del beneficiario.
Peraltro, laddove si quantificassero i crediti, tramite i criterî adottati in sede di formazione del bilancio, potrebbe, di contro, verificarsi una diminuzione della loro incidenza nella massa ereditaria: si accoglierebbe l’idea che ogni forma d’incertezza, anche economica, debba essere valutata, diminuendo il valore del diritto, con l’effetto che, qualora codesti crediti vengano a esistenza, e risultino soddisfatti, per l’intero ammontare, potrebbe venire privilegiato il beneficiario, a danno del legittimario, nel calcolo della quota di eredità indisponibile, di cui all’art. 556 cod. civ. [24].
L’applicazione dell’art. 556 cod. civ. deve rispecchiare le finalità, alle quali mira il legislatore, tenendo conto dell’esigenza di bilanciare gli interessi, che vengono in rilievo in siffatto àmbito, aspirando a realizzare una posizione di equilibrio fra quella del beneficiario, che intenda mantenere quanto gli sia stato attribuito, e la posizione del legittimario, il quale auspica di conseguire la quota d’eredità, che gli spetti per legge. Il peso dell’incertezza dei crediti, nel momento in cui occorre formare la massa ereditaria, non può farsi gravare sul beneficiario, a danno del legittimario, o viceversa: il rischio legato all’effettivo conseguimento del credito non è affatto trascurabile; epperò, esso si lega alla valutazione della convenienza della concreta attribuzione dei diritti agli eredi, che trova, in altra sede, adeguati strumenti di tutela [25].
L’opinione più diffusa, in dottrina, è nel senso che i crediti incerti non possano essere inclusi nell’attivo ereditario. Codesta tesi è riportata di frequente, nei commenti alle norme racchiuse nell’art. 556 cod. civ., in uno con l’esclusione dei crediti, sottoposti a condizione sospensiva [26], che, alla stessa maniera dei crediti incerti, vengono esclusi dalla formazione della massa ereditaria, salvo operare una successiva rettifica del calcolo dell’attivo, al verificarsi dell’evento condizionante [27].
Si è avuto modo di notare, in effetti, che i crediti incerti mostrano punti in comune con i diritti sottoposti a condizione sospensiva [28], in quanto la loro soddisfazione è legata, non tanto, o non solo, a un evento futuro e incerto, bensì a presupposti normativi che debbano essere verificati, affinché il creditore possa conseguire la soddisfazione del suo diritto [29]. Tale accostamento, invero, non pare decisivo, poiché, reputandosi possibile valutare i crediti incerti, stimando le probabilità della loro venuta a esistenza, si potrebbe sostenere, allo stesso modo, che anche quelli sottoposti a condizione sospensiva possano essere oggetto di valutazione, in quanto è possibile assegnare un peso economico alla probabilità del verificarsi dell’evento [30].
Dal punto di vista sistematico, potrebbe trarsi un utile argomento dall’analisi delle norme che il legislatore dètta, riguardo alla formazione della massa ereditaria attiva, al fine di calcolare l’imposta di successione. Difatti, l’art. 11, comma 1, n. 7, d.P.R. n. 637/1972, esclude, per quella finalità, i «crediti che il contribuente dichiari di dubbia esigibilità qualora il contribuente stesso abbia notificato ai debitori l’invito ad assolvere, per suo conto, l’imposta dovuta sui crediti stessi prima del loro pagamento» [31].
Invero, pur apprezzandosi l’intento del legislatore, che ha mirato a regolare la sòrte dei crediti incerti, nella disciplina tributaria la norma riportata non pare potersi estendere analogicamente all’ipotesi contemplata dall’art. 556 cod. civ., in ragione della diversità degli interessi sottesi alla disciplina fiscale, rispetto a quelli tutelati dalla normativa civilistica: la formazione della massa ereditaria, ai fini del calcolo della legittima, riguarda i delicati rapporti fra il beneficiario e il legittimario, che voglia far valere i proprî diritti sulla quota di eredità necessaria; invece, nel calcolo delle imposte di successione, si contrappongono gli interessi del fisco e quelli del contribuente.
Dalla diversità di interessi, sottesi alla normativa richiamata, discende l’impedimento all’estensione analogica della regola affidata all’art. 11, comma 1, n. 7, d.P.R. n. 637/1972, e, in uno con essa, peraltro, il presupposto applicativo della regola fiscale, vale a dire la preventiva notifica ai debitori dell’invito ad assolvere l’imposta dovuta. Per i crediti incerti, pertanto, acclarato che siano esclusi nel calcolo di cui all’art. 556 cod. civ., non dovrebbe pretendersi alcun particolare presupposto, salva la prova obiettiva della loro incertezza [32].
Né pare decisivo l’accostamento con la giurisprudenza, che si è formata in merito alla così detta cristallizzazione delle quote di eredità [33], la quale ha stabilito, com’è noto, che, qualora uno dei legittimarî rinunzi all’eredità, oppure perda, per prescrizione, il diritto di agire in riduzione, la sua quota non debba accrescersi a quella degli altri legittimarî, né debba procedersi al suo ricalcolo, ma si debba rimanere ancorati alla situazione, e quindi alle quote che si sono rinvenute, risultante al momento dell’apertura della successione [34].
Difatti, di là del dubbio fondamento normativo, che sorregge l’orientamento delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, il problema del calcolo dell’attivo ereditario, in presenza di crediti incerti, non pare affatto sovrapponibile alle conseguenze, circa la verifica delle quote di eredità spettanti per legge, a séguito della rinunzia o della perdita del diritto di conseguire l’eredità da parte di uno dei legittimarî: nel primo caso, il calcolo, richiesto dall’art. 556 cod. civ., giova per accertare la quota concreta dell’eredità, che è riservata al legittimario, laddove, nel secondo caso, si ha di mira a rinvenire la quota astratta, da attribuire all’erede necessario.
Dare troppa enfasi a codesta opinione, peraltro, rovescerebbe l’èsito a danno del legittimario, in quanto, volendo far leva sulle esigenze di certezza, affermate dalla giurisprudenza [35], anche nella formazione della massa ereditaria, verrebbe impedita ogni pretesa successiva, che questi possa vantare, sui beni successivamente entrati nella massa, a vantaggio del beneficiario, che abbia ricevuto il credito incerto.
L’argomento, per cui sono da escludere, dal calcolo di cui all’art. 556 cod. civ., i crediti incerti, si trae, invece, dall’osservazione degli interessi sottesi al problema in esame, in quanto, nelle operazioni che sottendono al calcolo della quota di legittima, si deve avere di mira un equilibrio fra le ragioni del beneficiario e quelle del legittimario, che si reputi leso [36]. Il bilanciamento di siffatte posizioni si rinviene, allora, escludendo, dal calcolo richiesto dall’art. 556 cod. civ., i crediti per loro natura incerti, salvo successivamente rettificare, o, meglio, integrare, nel caso di loro venuta a esistenza, la quota d’eredità spettante al legittimario.
Tant’è vero che, in sede di divisione, dove la necessità di tutelare l’equità fra i coeredi, nella distribuzione della massa attiva, è più spiccata, nel momento in cui si fàccia ricorso alla collazione (artt. 737 ss. cod. civ.), un’autorevole dottrina ha sostenuto come non si possano imputare i crediti incerti, in ragione della obiettiva difficoltà, in ordine alla loro valutazione economica [37], bensì debba procedersi a collazione in natura, mediante il conferimento, nella massa dividenda, di un mandato all’incasso [38]. Siffatta conclusione consente di evitare che si creino irragionevoli disparità fra i condividenti, accollando, sui partecipanti alla divisione, il rischio della mancata esazione del credito [39].
La giurisprudenza ha fatto leva su codesto argomento trattando della valutazione dei debiti incerti, nella formazione della massa ereditaria, con particolare riguardo all’incidenza della fideiussione, prestata dal de cuius, in favore di un debitore che non si trovi in istato di insolvenza. Difatti, la Corte di Cassazione, nonostante mostri favore, nell’estendere analogicamente la soluzione normativa ricavata dalla disciplina tributaria, argomenta, l’esclusione dell’importo della fideiussione, facendo propria l’opinione dottrinaria che sostiene come, nel conflitto di interessi fra onorati testamentarî o donatarî, non si debba arrecare, agli uni, un danno certo e immediato, per risparmiare, agli altri, un danno potenziale [40].
L’opinione, che sostiene l’esclusione dei crediti incerti dal calcolo della massa ereditaria, ai sensi dell’art. 556 cod. civ., merita di essere indagata più a fondo, avuto particolare riguardo alla posizione del legittimario, e alle tutele che, a questi, possano accordarsi, nei confronti del beneficiario. Il dubbio sorge, poiché, ripercorrendo le opinioni espresse in dottrina, taluni interpreti non si limitano ad affermare come debbano escludersi, dal computo dell’attivo ereditario, i crediti incerti, salvo operare un successivo ricalcolo, al momento della loro venuta ad esistenza, ma facciano salvo, a tutela del legittimario, il diritto a pretendere adeguati provvedimenti che, riguardo ai crediti incerti, siano necessarî [41].
Quest’ultima precisazione suscita qualche perplessità, in quanto la possibilità che il giudice assuma dei provvedimenti, circa il credito escludo dalla massa, fra i quali può esservi l’imposizione di una cauzione, dev’essere rimeditata, in quanto non pare trovare un’adeguata giustificazione normativa.
La dottrina ha già mostrato come, siffatto rimedio, risulti macchinoso, affermando che, così facendo, si graverebbe eccessivamente la posizione del beneficiario, rispetto a quella del legittimario che intenda far valere i proprî diritti sulla quota di eredità necessaria [42]. A tal proposito, non è negabile che codesto rimedio appaia di difficile attuazione, anche in ragione del fatto che, un’eventuale cauzione, disposta in favore del legittimario, dinanzi a un credito incerto, o sospensivamente condizionato, andrebbe a sommarsi a quella che, lo stesso beneficiario dell’attribuzione, possa aver ottenuto, nei confronti del creditore [43]; epperò, non pare sufficiente limitarsi a osservare le conseguenze, della tesi prospettata, criticandone le difficoltà operativa, dovendosi, piuttosto, verificare la saldezza dell’argomentazione che la sorregge [44].
L’assunto, per cui il giudice possa assumere opportuni provvedimenti, circa i diritti di credito, di natura incerta, potrebbe poggiare su ragioni di carattere sistematico, e, precisamente, sull’accostamento, fra la posizione del legittimario, rispetto alla presenza di crediti incerti, da escludere nel calcolo dell’attivo ereditario, e l’acquirente di un diritto, in pendenza della condizione sospensiva: si osservi quanto dispone, oggi, l’art. 1356, comma 1, cod. civ., indicando come, il titolare di codesta aspettativa, possa compiere atti conservativi [45].
Codesto accostamento, invero, suscita notevoli perplessità, in quanto, la prossimità fra le due fattispecie, da cui discende il potere d’intervento del giudice, non pare poggiare su adeguate basi dommatiche [46]. A tal riguardo, riprendendo quanto si è avuto modo di esporre circa la nozione di credito incerto, è opportuno mantenere distinte due differenti ipotesi di incertezza, per così dire, giuridica, del credito [47]: in caso di negozio sottoposto a condizione sospensiva, difatti, si sono verificati tutti i presupposti della fattispecie, epperò essi sono legati a un evento, futuro e incerto, al verificarsi del quale, si assiste alla retrodatazione degli effetti (art. 1360 cod. civ.); il credito incerto, invece, difetta di un presupposto normativo, e, pertanto, fino al verificarsi di quell’evento, la sua nascita non è si è ancóra realizzata [48].
Da codesta differenza si trae una ricaduta sulla posizione di colui, il quale sia in attesa di assistere al verificarsi di quell’evento: la posizione del creditore, nel caso di credito condizionato, dà luogo a una aspettativa di diritto [49], mentre, in altre ipotesi, il grado di rilevanza della fattispecie negoziale si affievolisce, e il soggetto si trova ad avere una mera aspettativa, o una aspettativa anche detta di fatto [50]. Alla luce del diverso grado d’intensità, che riveste la posizione di colui, il quale vanti un diritto, che debba ancóra venire ad esistenza, si rende poco agevole estendere un intervento del giudice, che stabilisca una cauzione, in capo al creditore di un credito incerto, e così non pare giustificato applicare, analogicamente, la norma racchiusa nell’art. 1360 cod. civ. al legittimario, rispetto al credito escluso dal còmputo della massa ereditaria attiva.
Peraltro, ove si ammettesse codesto intervento del giudice, la posizione di siffatta cautela non pare affatto realizzare l’interesse del legittimario, il quale intenda conseguire la quota d’eredità necessaria. L’intervento del giudice, in occasione della formazione della massa ereditaria, non si mostra coerente con la natura dell’accertamento, imposto dall’art. 556 cod. civ., che è un calcolo solamente matematico, in quanto la disposizione di atti conservativi attiene più al momento in cui occorre dare concreta soddisfazione delle pretese dell’erede necessario [51]: ciò avviene, invero, in occasione dell’eventuale, e successiva, divisione della massa ereditaria. Difatti, fintanto che il legittimario non esperisca, vittoriosamente, l’azione di riduzione, e si proceda alla divisione dei cespiti ereditarî, compresi i crediti facenti capo al de cuius, non pare ragionevole disporre una cauzione, a vantaggio dello stesso legittimario, poiché questi potrebbe non risultare mai assegnatario dei crediti incerti, o sospensivamente condizionati [52].
Al momento della divisione, qualora vi sia accordo fra le parti, i condividenti potranno valutare il credito e procedere a una sua assegnazione, facendo gravare il rischio della sua mancata nascita sull’assegnatario [53]; qualora la divisione sia giudiziale, invece, il giudice non potrebbe che escludere il credito incerto, dalla massa dividenda, fintantoché non venga a esistenza, salvo non ammettere, in siffatta ipotesi, la possibilità di conferire, da parte dei coeredi, un mandato collettivo all’incasso, affinché su tutti i condividenti possa gravare il rischio della mancata venuta ad esistenza del credito [54].
V’è da osservare, da ultimo, una ragione d’ordine storico. Non va trascurato, difatti, che la tesi riportata non trovi corrispondenza nelle fonti del passato, in quanto, l’idea per cui il giudice possa assumere opportuni provvedimenti, in favore del legittimario, risulta consolidarsi, in dottrina, nel momento in cui, sollevato l’interrogativo della sòrte dei crediti incerti, gli interpreti cercavano un conforto nel diritto romano [55]. Sennonché, dalla ricostruzione delle fonti, pare emergere che l’idea predominante, per i romani, fosse quella dell’esclusione dei crediti incerti, nel calcolo della massa ereditaria, senza alcuna altra specificazione, risultando incerto che al giudice fosse dàta possibilità di assumere degli opportuni provvedimenti [56].
Codesta indicazione pare piuttosto il frutto di un’aggiunta, della dottrina, fra la fine dell’800 e l’inizio del secolo scorso, la quale diede peso determinante a talune decisioni richiamate dagli autori romani, per poi esser stata fatta propria da una risalente sentenza della Corte di Cassazione [57]; aggiunta, questa, poco coerente con l’idea originaria, che si limitava a richiedere un eventuale ricalcolo, della formazione dell’attivo ereditario, al venire a esistenza del credito incerto [58].
Muovendo dall’interrogativo iniziale, che nasce dal problema d’ordine pratico della formazione della massa ereditaria, ai sensi dell’art. 556 cod. civ. [59], e precisamente dalla considerazione che si debba avere dei crediti incerti, nell’accezione di incertezza, per così dire, giuridica [60], si è avuto modo di verificare il fondamento delle tesi, che, nel corso degli anni, sono state riportate alla dottrina, e spesso richiamate, dagli autori.
Fra i varî argomenti, si è dàto peso rilevante all’esigenza di dover bilanciare gli interessi in rilievo, e quindi approdare a una soluzione che, dal punto di vista ermeneutico, si dimostri equilibrata fra la posizione del beneficiario, il quale auspica di conservare i diritti a esso attribuiti dal de cuius, e il legittimario, che invece voglia tutelate le proprie ragioni, rispetto alla quota di eredità necessaria. Proprio siffatta esigenza, ha consentito di affermare che, pur potendosi valutare, tramite i criterî di formazione del bilancio, i crediti incerti, non sia opportuno che questi si debbano includere nell’attivo della massa ereditaria [61], e, di converso, si è reputata preferibile la tesi che esclude, dalla formazione della massa relitta, siffatti crediti [62].
Alla luce dei risultati raggiunti, si può trarre, peraltro, una conseguenza di ordine generale, poiché si evince come la massa ereditaria, e in particolar modo la ricostruzione dell’attivo e del passivo ereditario, non coincida, necessariamente, con i diritti, di natura patrimoniale, trasmissibili mortis causa: il caso dei crediti incerti, similmente a quelli sospensivamente condizionati, mostra come, pur essendo questi diritti trasmessi, dal de cuius, agli eredi o ai legatarî, di essi non debba tenersi conto nel calcolo che il legislatore impone, nel modo e secondo le indicazioni offerte dall’art. 556 cod. civ.
Ulteriore risvolto, dell’indagine svolta, si è mostrato osservando le eventuali tutele, accordate al legittimario, in ragione del fatto che la possibilità che il giudice disponga delle opportune cautele non appaia giustificata, sul piano normativo, per ragioni d’ordine storico e dommatico, e, soprattutto, non consenta a colui, il quale vanti diritti sulla quota d’eredità necessaria, un’adeguata realizzazione. Anche in questo frangente, l’indagine sugli interessi rilevanti ha condotto a negare un intervento del giudice, che ponga talune cautele a danno del beneficiario, il quale abbia ricevuto dei crediti di natura incerta, risultando, invece, preferibile procedere solamente a un ricalcolo della massa ereditaria, una volta venuto a esistenza il credito [63].
[1] Si osservi, per l’analoga disciplina sotto il Codice civile del 1865, l’art. 822, nel quale si disponeva che per «determinare la riduzione si forma una massa di tutti i beni del testatore al tempo della morte, detraendone i debiti. Si riuniscono quindi fittiziamente i beni di cui è stato disposto a titolo di donazione, quanto ai beni mobili secondo il loro valore al tempo delle donazioni, e quanto ai beni immobili secondo il loro stato al tempo delle donazioni ed il loro valore al tempo della morte del donatore, e sull’asse così formato si calcola quale sia la porzione di cui il testatore ha potuto disporre, avuto riguardo alla qualità degli eredi aventi diritto a riserva».
[2] La precisazione si deve a L. Mengoni, Successioni per causa di morte. Parte speciale. Successione necessaria, in Trattato di diritto civile e commerciale, fondato da A. Cicu e F. Messineo, diretto da L. Mengoni, Milano, 2000, IV ed., 65.
[3] Nel qual caso, la regola, prescritta dall’art. 556 cod. civ., andrà coordinata con la disciplina racchiusa nel Codice di procedura civile, prevista per la formazione degli inventarî (artt. 769 ss. cod. proc. civ.).
[4] Come pone in luce, accuratamente, F. Pene Vidari, Le successioni, vol. 4, La successione legittima e necessaria, nel Trattato di diritto civile, diretto da R. Sacco, Torino, 2009, 235 ss.
[5] Il riferimento è alla puntuale indagine svolta da A. Zaccaria, La collazione dei crediti inesigibili, in Riv. dir. civ., 2013, 1437 ss.
[6] Non si trascurino, a tal proposito, le trasformazioni che la crisi economica ha comportato negli istituti e nelle categorie civilistiche, soprattutto alla luce dell’esigenza di fronteggiare situazioni debitorie sempre più diffuse e ingovernabili: fra i varî contributi in argomento, cfr. G. Alpa, Introduzione, in Crisi finanziaria e categorie civilistiche, a cura di G. Alpa ed E. Navarretta, Milano, 2015, 11 ss., spec. 20 ss.
[7] Cfr. A.D. Candian, voce Massa ereditaria, in Dig. disc. priv., sez. civ., vol. XI, Torino, 2008, 214.
[8] La giurisprudenza ha ricostruito, in via interpretativa, il confine tra certezza e liquidità del credito: al riguardo, v. Cass. civ. 15 novembre 2016, n. 23225, in Corr. giur., 2017, 1350 ss., con nota di A. Spangaro, Le Sezioni Unite definiscono i criteri per l’operatività della compensazione; in Giur. it., 2017, 1313 ss., con nota di C. Cicero, Le Sezioni Unite chiariscono il concetto di certezza quale requisito della compensazione; in Nuova giur. civ. comm., 2017, 707 ss., con nota di G. Gabassi, Compensazione nel processo: nessuna estinzione senza certezza. Lo strano caso della compensazione del credito sub iudice; in Riv. not., 2017, 541 ss., con nota di M. Maxia-C. Ciciero, La compensazione di un credito sub iudice al vaglio delle Sezioni unite: nihil sub sole novum; in Riv. dir. proc. civ., 2018, 1309 ss., con nota di E. Merlin, Eccezione di compensazione e pendenza di separato giudizio sul controcredito; per altri profili, la stessa è commentata in Le società, 2017, 739 ss., con nota di D. Dalfino, Scissione societaria e processi pendenti e in Notariato, 2017, 159 ss., con nota di F. Magliulo, La scissione costituisce un fenomeno traslativo?
[9] Pare limitativo legare l’incertezza ai soli crediti derivanti da negozî sottoposti a condizione sospensiva o contestati processualmente: in merito alla compensazione, v. C.M. Bianca, Diritto civile, vol. 4, L’obbligazione, Milano, 1978, 484; C. Cicero, I modi di estinzione delle obbligazioni, in Trattato di diritto privato, diretto da M. Bessone, vol. VII, Le obbligazioni, t. II, Torino, 2013, 156. Per altra tesi, v. P. Schlesinger, voce Compensazione, in Noviss. dig. it., vol. III, Torino, 1959, 723; P. Perlingieri, Dei modi di estinzione delle obbligazioni diversi dall’adempimento. Art. 1230-1259, in Commentario del Codice civile, a cura di A. Scialoja e G. Branca, Bologna-Roma, 1975, 292 ss.; U. Breccia, Le obbligazioni, in Trattato di diritto privato, a cura di G. Iudica e P. Zatti, Milano, 1991, 725-726; V. De Lorenzi, voce Compensazione, in Dig. disc. priv., sez. civ., vol. III, Torino, 1998, 70; N. Di Prisco, I modi di estinzione delle obbligazioni diversi dall’adempimento, in Trattato di diritto privato, diretto da P. Rescigno, vol. 9, Obbligazioni e contratti, t. 1, Torino, 1999, II ed., 398 ss.; F. Tescione, Sub. art. 1343, in Della compensazione. Artt. 1241-1252, in Il Codice Civile Commentario, fondato da P. Schlesinger e diretto da F.D. Busnelli, Milano, 2016, 67 ss., spec. 69 ss.
[10] In argomento, merita rinviare all’ampia indagine condotta da G. Tatarano, «Incertezza» autonomia privata e modello condizionale, Napoli, 1976, rist. 2018, 3 ss.
[11] Diverso, invece, è il negozio sottoposto a condicio iuris, poiché, in siffatta ipotesi, la fattispecie negoziale è perfetta, in tutti i suoi elementi, e la sua efficacia è legata al verificarsi di un evento impòsto dalla legge: in argomento, fra i tanti, v. E. Betti, Teoria generale del negozio giuridico, in Trattato di diritto civile italiano, diretto da F. Vassalli, Torino, 1952, 521; M. Costanza, Della condizione nel contratto. Art. 1353-1361, in Commentario del Codice civile Scialoja-Branca, a cura di F. Galgano, Bologna-Roma, 1997, 39 ss.; V. Roppo, Il contratto, in Trattato di diritto privato, a cura di G. Iudica e P. Zatti, Milano, 2011, II ed., 598 ss.; R. Sacco-G. De Nova, Contenuti speciali, in Trattato di diritto privato, diretto da P. Rescigno, vol. 10, Obbligazioni e contratti, t. 2, Torino, 2018, II ed., 405-406. V., però, F. Santoro-Passarelli, Dottrine generali del diritto civile, Napoli, 1966, rist. 2012, IX ed., 197 e F. Messineo, Il contratto in genere, in Trattato di diritto civile e commerciale, diretto da A. Cicu e F. Messineo, t. 1, Milano, rist. 1973, 193 ss.
[12] A codesta ipotesi possono venire accostati tutti quei casi in cui, la soddisfazione del creditore si leghi a tecnicismi di natura processuale, nei quali la formazione dell’elenco dei creditori avviene graduando le ragioni di credito, sicché il pagamento dei creditori chirografarî, o aventi un grado inferiore di prelazione, è solo eventuale, in quanto costoro potrebbero essere preferiti, rispetto a coloro i quali abbiano un diritto di grado maggiore di prelazione.
[13] La dottrina discorre, a tal proposito, di condizionalità, così detta, impropria: quanto al debito del fideiussore, in particolare, v. M. Fragali, Della fideiussione, in Commentario del Codice civile, a cura di A. Scialoja e G. Branca, Bologna-Roma, 1964, rist. I ed., 78 ss.
[14] V., per questa tesi, L. Barassi, Le successioni per causa di morte, Milano, 1947, III ed., 269, il quale afferma che i crediti debbono essere valutati secondo il loro grado di esigibilità, epperò aggiunge che «i cespiti di dubbia esigibilità si accantonano, salvo i provvedimenti che in seguito riguardo ad essi siano necessari».
[15] Cfr., in argomento, Y. Pancrazi, La tutela dei legittimari, in La successione dei legittimari, a cura di F. Volpe, 259, il quale, però, aggiunge che i crediti inesigibili, intesi come quelli di cui sia incerta la possibilità concreta di esazione, non dovrebbero essere conteggiati nella massa. L’opinione è stata poi ripresa, senza la precisazione da ultimo riportata, da U. Perfetti, Dei legittimari, in Commentario del Codice civile e codici collegati Scialoja-Branca-Galgano, a cura di G. De Nova, Bologna-Roma, 2021, 370.
[16] Y. Pancrazi, op. loc. citt.; U. Perfetti, op. loc. citt.
[17] Y. Pancrazi, op. loc. citt.
[18] L’interrogativo dell’inclusione dei crediti incerti nella massa ereditaria, ai sensi dell’art. 556 cod. civ., è differente rispetto al metodo di stima dei crediti. Autorevole dottrina, a tal proposito, reputa che la valutazione dei crediti debba avvenire secondo i criterî di formazione del bilancio: cfr., in argomento, V. Barba, La successione dei legittimari, Napoli, 2020, 154.
[19] Come avviene, peraltro, nel diverso àmbito della risarcibilità del danno da perdita di chance: in argomento, fra i tanti autori che si sono occupati del tema, v. E. Gabrielli, Il contratto, il torto e il danno da chance perduta: profili di un’ipostasi giurisprudenziale, in Giust. civ., 2010, 503 ss.; S. Mazzamuto, Il danno da perdita di una ragionevole aspettativa patrimoniale, in Eur. dir. priv., 2010, 49 ss.; M. Barcellona, Chance e causalità: preclusione di una virtualità positiva e privazione di un risultato utile, in Eur. dir. priv., 2011, 945 ss.; G.E. Napoli, La perdita di chance nella responsabilità civile, in Resp. civ. prev., 2018, 52 ss.; G. Cricenti, La perdita di chance nella responsabilità civile, Torino, 2019, passim; S. Gatti, Riflessioni sulla (risarcibilità e sulla) quantificazione del danno da perdita di chanche, in Resp. civ. prev., 2019, 2113 ss.; C. Scognamilgio, Riflessioni in tema di risarcimento del danno per c.d. perdita della chance, in Resp. civ. prev., 2020, 1742 ss.; B. Tassoni, Causalità e perdita di chances, Torino, 2020, passim.
[20] Valga il rinvio a N. Bobbio, L’analogia nella logica del diritto, Torino, 1938, 100 ss.; N. Bobbio, voce Analogia, in Noviss. dig. it., vol. I, Torino, 1957, 601 ss.
[21] Cfr., per tutti, O. Cagnasso, Redazione del bilancio, Parte II, in Il bilancio d’esercizio. Artt. 2423-2435-ter, in Il Codice Civile. Commentario, fondato da P. Schlesinger, diretto da F.D. Busnelli, Milano, 2018, 58 ss.
[22] Si aggiunga, nondimeno, che rischierebbe di essere pregiudicata anche la posizione dei donatarî e quella dei terzi aventi causa: come è noto, difatti, ai sensi dell’art. 555, comma 2, cod. civ., le donazioni si riducono solo dopo che si sia esaurito il valore dei beni dei quali sia stato disposto per testamento; epperò, qualora l’erede risulti aver ricevuto di più, rispetto alla quota di eredità disponibile, grazie al computo di crediti incerti, il legittimario leso, in quanto codesti crediti non sono acquisiti definitivamente al patrimonio dell’erede, potrebbe avanzare le proprie ragioni nei confronti dei donatarî, o dei terzi aventi causa dai donatarî, al ricorrere dei presupposti di cui all’art. 563, comma 1, cod. civ. Quanto agli interessi, che vengono in rilievo in codesto àmbito, si veda E. De Belvis, La successione necessaria tra storia e riforme, Napoli, 2013, 93 ss.
[23] Poneva adeguatamente in luce, codesta esigenza, sotto la vigenza del Codice civile del 1865, E. Pacifici-Mazzoni, Codice civile commentato con la legge romana, le sentenze dei dottori e la giurisprudenza, Delle successioni, vol. IV, Delle successioni testamentarie, Firenze, 1875, 138.
[24] Si noti che, proprio per risultare aderenti alla regola che riporta al momento della morte l’accertamento del valore dei beni facenti parte della massa ereditaria, secondo quanto prescrive l’art. 556 cod. civ., il calcolo da compiere risulterebbe di notevole difficoltà: difatti, l’incertezza dovuta alle lungaggini e alle difficoltà della riscossione dei crediti andrebbe sì valutata nella prospettiva del loro futuro realizzo, epperò, osservando la situazione in cui versa il debitore al tempo dell’apertura della successione, e non in quello in cui si effettua il calcolo.
[25] In particolar modo, in occasione della divisione della massa ereditaria, su cui v., infra, par. 5.
[26] Oltre agli Autori infra citati, sui crediti sospensivamente condizionati v. F. Santoro-Passarelli, Dei legittimari, in Codice civile. Libro delle Successioni per causa di morte e delle Donazioni, a cura di M. D’Amelio, Firenze, 1941, 312; A. Cicu, La successione legittima e dei legittimari, Milano, 1972, rist. II ed., 123; L. Ferri, Dei legittimari. Art. 536-564, in Commentario del Codice civile, a cura di A. Scialoja e G. Branca, Bologna-Roma, 1981, II ed., 186; G. Bonilini, Manuale di diritto ereditario e delle donazioni, Torino, 2022, XI ed., 190.
[27] Sostengono codesta tesi, E. Pacifici-Mazzoni, op. loc. citt.; L. Salis, La successione necessaria nel diritto civile italiano, Padova, 1929, 142; F. Degni, Lezioni di diritto civile. Le successioni a causa di morte, vol. II, La successione testamentaria, Padova, 1933, 254; L. Barassi, Le successioni per causa di morte, Milano, 1947, III ed., 269; F.S. Azzariti-G. Martinez-G. Azzariti, Successioni per causa di morte e donazioni, Padova, 1969, V ed., 227; V.E. Cantelmo, L’attuazione della tutela, in Successioni e donazioni, a cura di P. Rescigno, vol. I, Padova, 1994, 548; L. Mengoni, op. cit., 177-178; G. Cattaneo, La vocazione necessaria e la vocazione legittima, in Trattato di diritto privato, diretto da P. Rescigno, vol. 5, Successioni, t. I, Torino, 2008, II ed., 449 ss.; M.C. Tatarano, La successione necessaria, in Diritto delle successioni, a cura di R. Calvo e G. Perlingieri, vol. I, Napoli, 2008, 489; A. Tullio, Il calcolo della legittima, in Trattato di diritto delle successioni e donazioni, diretto da G. Bonilini, vol. III, La successione legittima, Milano, 2009, 418; A. Bucelli, Dei legittimari. Artt. 536-564, in Il Codice Civile Commentario, fondato da P. Schlesinger, diretto da F.D. Busnelli, Milano, 2012, 547; A. Tullio, La successione necessaria, Torino, 2012, 227.
[28] Su cui v., retro, par. 2.
[29] L’art. 556 cod. civ., similmente a quanto prescrive l’art. 922 del Code civil, nulla dispone circa la valutazione dei crediti incerti; invece, il legislatore tedesco dispone al § 2313 BGB: «Per la determinazione del valore di una eredità non si prendono in considerazione i diritti e le obbligazioni che dipendono da una condizione sospensiva. I diritti e le obbligazioni che dipendono da una condizione risolutiva sono calcolati come esistenti senza condizione. Se la condizione si verifica, si dovrà procedere ad un conguagliamento corrispondente alla mutata situazione giuridica. Quanto ai diritti incerti o di dubbia esazione, come pure per le obbligazioni incerte, vale ciò che è stato stabilito per le obbligazioni sotto condizione sospensiva».
[30] Così, Y. Pancrazi, op. loc. citt.
[31] Un cenno, alla disciplina tributaria, è svolto da L. Mengoni, op. cit., 178, nota 8, con riferimento alla disciplina all’epoca racchiusa nell’art. 12, lett. d, d.P.R. 31 ottobre 1990, n. 346.
[32] La dottrina, peraltro, mostra di avere in mente un’idea di incertezza, per così dire, economica, del credito: si osservi l’opinione espressa da F.S. Azzariti-G. Martinez-G. Azzariti, op. cit., 227, per i quali «per dirsi dubbia la esigibilità di un credito non è a pretendersi la preventiva escussione del debitore, ma sono all’uopo sufficienti le infruttuose precedenti escussioni, e basta che il debitore versi in stato di insolvenza»; nello stesso senso, cfr. V.E. Cantelmo, op. loc. citt. Di diverso avviso pare L. Mengoni, op. cit., 177, il quale reputa sufficiente che codesti crediti siano contestati giudizialmente.
[33] Un riferimento, a codesta giurisprudenza, con riferimento all’art. 556 cod. civ., lo si rinviene in C.M. Bianca, Diritto civile, vol. II, t. 2, Le successioni, a cura di M. Bianca e P. Sirena, Milano, 2022, VI, ed., 196.
[34] Cass. civ., sez. un., 9 giugno 2006, n. 13429 e Cass. civ., sez. un., 12 giugno 2006, n. 13524, in Corr. giur., 2006, 1711 ss., con nota di U. Stefini, Determinazione della quota di riserva in presenza di legittimari rinunzianti all’azione di riduzione; in Notariato, 2006, 670 ss., con nota di F. Loffredo, La determinazione della quota di riserva spettante ai legittimari nel caso in cui uno di essi rinunci all’eredità ovvero perda, per rinuncia o prescrizione, il diritto di esperire l’azione di riduzione; in Giur. it., 2007, 1116 ss., con nota di F. Pugliese, Criteri per il calcolo della quota legittima; in Nuova giur. civ. comm., 2007, 733 ss., con nota di E. De Belvis, Mancato esercizio dell’azione di riduzione ed espansione della quota di riserva; in Riv. not., 2007, 164, con nota di M. Ceolin, La determinazione della quota di riserva e alcune considerazioni in tema di rinunzia all’azione di riduzione, rinunzia all’eredità e accrescimento; in Fam. pers. succ., 2008, 795 ss., con nota di M. Grandi, Conseguenze applicative, in tema di legati ai legittimari, delle «sentenze gemelle» a Sezioni Unite del 9 e 12 giugno 2006; in Riv. dir. civ., 2008, 211 ss., con nota di C.M. Bianca, Invariabilità delle quote di legittima: il nuovo corso della Cassazione e suoi riflessi in tema di donazione e legati in conto di legittima.
[35] I giudici affermano che la ratio ispiratrice della successione necessaria «non è solo quella di garantire a determinati parenti una porzione del patrimonio del de cuius, ma anche (come rovescio della medaglia) quella di consentire a quest’ultimo di sapere entro quali limiti, in considerazione della composizione della propria famiglia, può disporre del suo patrimonio può disporre in favore di terzi. È evidente che l’esigenza di certezza in questione non verrebbe soddisfatta ove tale quota dovesse essere determinata, successivamente all’apertura della successione, in funzione del numero di legittimari che dovessero esperire l’azione di riduzione».
[36] Come sostenne F. Degni, op. loc. citt., il quale richiama, peraltro, le motivazioni addotte dalla Cass. civ. 24 novembre 1930, n. 3316, in Giur. it., 1930, 106, e in Mass. Foro it., 1930, 628.
[37] Su cui v. A. Zaccaria, op. cit., 1438-1440, il quale, a sua volta, riporta la tesi espressa da N. Coviello, Delle successioni. Parte generale, interamente rifatta da L. Coviello, Napoli, 1935, 505, e seguita, successivamente, da F. Messineo, Manuale di diritto civile e commerciale, vol. VI, Diritto delle successioni per causa di morte, Milano, 1962, IX ed., 627.
[38] A. Zaccaria, op. cit., 1446 ss., il quale, dopo aver negato che la collazione dei crediti incerti possa avvenire per imputazione, ma debba avvenire necessariamente in natura, pel tramite di un mandato collettivo all’incasso, precisa che, codesto mandato, in quanto attribuito anche nell’interesse del mandatario, risulterebbe irrevocabile.
[39] Pare questo il motivo che ha indotto, autorevole dottrina, a sostenere che la stima dei diritti di credito possa venir rettificata, solo «qualora vi dovesse essere una difformità prima delle operazioni divisionali»: così, V. Barba, op. loc. citt.
[40] Così, Cass. civ. 9 novembre 2021, n. 32804, in Notariato, 2022, 84 ss. e in Foro it., 2022, 650 ss., nella cui sentenza, peraltro, i giudici pongono in luce il particolare onere della prova, in capo a chi vanti diritti sulla massa ereditaria, affermando come la consulenza tecnica d’ufficio non sia mezzo istruttorio in senso proprio, avendo la finalità di coadiuvare il giudice nella valutazione di elementi acquisiti o nella soluzione di questioni che necessitino di specifiche conoscenze, per cui non può essere impiegata al fine di esonerare la parte dal fornire la prova di quanto assume.
[41] In dottrina, v. L. Barassi, op. loc. citt.; F.S. Azzariti-G. Martinez-G. Azzariti, op. loc. citt.; A. Bucelli, op. loc. citt. Vale la pena richiamare, altresì, l’opinione di F. Degni, op. loc. citt., il quale distingueva i crediti di sicura inesigibilità, che sarebbero esclusi dalla massa ereditaria, dai crediti di dubbia esigibilità, per i quali reputa opportuno il loro accantonamento, salvo gli ulteriori provvedimenti che la loro sorte renda necessarî.
[42] Così, L. Mengoni, op. cit., 178; M.C. Tatarano, op. loc. citt.; V.E. Cantelmo, op. loc. citt.
[43] Si tenga anche conto che non è di facile soluzione la quantificazione della somma che il giudice dovrebbe disporre, per la cauzione, in quanto le due situazioni richiamate non equivalgono. Basti osservare l’ipotesi della vendita di un bene, sottoposta a condizione sospensiva: l’acquirente, difatti, rischia di non conseguire la prestazione sperata, epperò, il legittimario, nel momento in cui si deve provvedere al calcolo di cui all’art. 556 cod. civ., deve comunque valutare il bene, che non è ancòra uscito dalla massa ereditaria, e nel caso rettificare, il calcolo operato, con la valutazione del credito per il corrispettivo ancora da corrispondere.
[44] Non si trascuri che l’argomentazione orientata alle conseguenze sia un metodo accolto da una parte della dottrina, su cui v., per tutti, L. Mengoni, L’argomentazione orientata alle conseguenze, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1994, 1 ss., epperò essa attenga, per lo più, a valutazioni d’efficienza economica, che non sempre risultano coerenti con la ratio e la funzione degli istituti: nel caso esaminato, difatti, l’intensa tutela che il legislatore accorda ai diritti dei legittimarî giustifica talune scelte normative particolarmente gravose, per il beneficiario e i terzi, che quindi non consentono di reputare dirimente, l’argomento che eccepisce la macchinosità della cauzione imposta al beneficiario.
[45] Fra codesti atti conservativi, è agevole il richiamo alla possibilità di richiedere una cauzione, com’è espressamente indicato nella Relazione del Guardasigilli al progetto del libro delle obbligazioni, Roma, 1941, n. 208. D’altronde, codesta possibilità, nel caso di crediti incerti, trova conferma in varie disposizioni del Codice civile, fra le quali si può richiamare l’art. 502 cod. civ., in cui il legislatore dispone che, nella procedura dell’accettazione con beneficio d’inventario, «la collocazione dei crediti condizionali non impedisce il pagamento dei creditori posteriori, sempre che questi diano cauzione».
[46] Non persuade la critica mossa da L. Mengoni, Successioni per causa di morte. Parte speciale. Successione necessaria, cit., 177, nota 7, il quale afferma che il giudice moderno non avrebbe il potere d’imporre cauzioni, fuori dai casi previsti dalla legge: difatti, al di là di trascurare che il Codice di rito consenta di ricorrere a provvedimenti d’urgenza atipici (art. 700 cod. proc. civ.), proprio l’accostamento, sotto un unico genere, fra la fattispecie dei crediti incerti e quelli condizionati, potrebbe giustificare il ricorso a siffatto rimedio, senza porsi la preoccupazione della natura eccezionale della norma affidata all’art. 1356, comma 1, cod. civ.
[47] V., supra, par. 2.
[48] V. l’ampia indagine svolta da D. Rubino, La fattispecie e gli effetti giuridici preliminari, Milano, 1939, 111 ss., avuto particolare riguardo alla condicio iuris, e A. Falzea, La condizione e gli elementi dell’atto giuridico, Milano, 1941, rist. Napoli, 1979, 218 ss., ma anche, nello stesso senso, F. Messineo, op. cit., 193-194. Quanto alla struttura del negozio condizionato, v., peraltro, S. Maiorca, voce Condizione, in Dig. disc. priv., sez. civ., vol. III, Torino, 1998, 274 ss.
[49] Ben sintetizzata da M. Astone, L’aspettativa e le tutele. Contributo allo studio degli effetti preliminari nelle situazioni di pendenza, Milano, 2006, 27, per la quale l’«aspettativa giuridica presuppone sempre e comunque la possibilità di determinazione di effetti giuridici che la caratterizzano e che si ricollegano a una particolare fase della formazione di una fattispecie». Si aggiunga, più di recente, l’indagine svolta da E.W. Di Mauro, Pendenza della condizione. Aspettativa di diritto. Atti di disposizione, in questa Rivista, 2015, 519 ss.
[50] In merito a codesta distinzione, v. G. Venezian, La tutela dell’aspettativa, in Opere giuridiche, vol. II, Roma, 1920, 162 ss.; R. Scognamiglio, voce Aspettativa di diritto, in Enc. dir., vol. III, Milano, 1970, 226; A. Falzea, op. cit., 192 ss.; R. Nicolò, voce Aspettativa (dir. civ.), in Enc. giur., vol. III, Roma, 1988, 1 ss.; M. Bianca, Diritto civile, vol. 3, Il contratto, Milano, 2000, 551 ss.; M. Astone, op. cit., 25 ss. Per un’opinione critica, invece, v. A.C. Pelosi, voce Aspettativa di diritto, in Dig. disc. priv., sez. civ., vol. I, Torino, 1987, 466.
[51] Pare anche improprio discorrere di «accantonamento» dei diritti di credito incerti, nel calcolo indicato dall’art. 556 cod. civ., in ragione del fatto che, codesta espressione, è impiegata, nel lessico normativo, nel momento in cui occorra mettere da parte determinati crediti, già considerati nella massa dell’attivo; ciò non avviene, invece, nel caso della formazione della massa ereditaria, in quanto, proprio nel calcolo dell’attivo, non si deve tener conto di siffatte ragioni di credito facenti capo al de cuius.
[52] Vale la pena ricordare che, secondo la giurisprudenza, a differenza dei debiti ereditarî, i crediti non si ripartiscono automaticamente fra coeredi, in ragione delle rispettive quote, ma entrano a far parte della comunione ereditaria: così, Cass. civ., Sez. Un., 28 novembre 2007, n. 24657, in Corr. giur., 2008, 1100 ss., con nota di L. Militerni, Le Sezioni Unite dettano il regime dei crediti ereditari; in Fam. pers. succ., 2008, 305 ss., con nota di N. Di Mauro, Crediti del de cuius e pluralità di eredi; in Giur. it., 2008, 1916 ss., con nota di A. Bertotto, Comunione ereditaria del credito ed esercizio della facoltà di pretesa; in Nuova giur. civ. comm., 2008, 655 ss., con nota di D. Novello, Configurabilità di un litisconsorzio necessario tra eredi del creditore nell’azione per il recupero delle somme dovute al loro dante causa; in Resp. civ. prev., 2008, 1773 ss., con nota di M. Pilloni, Accertamento di credito ereditario e litisconsorzio “non” necessario; in Riv. not., 2008, 947 ss., con nota di E. Timpano, La comunione ereditaria si apre ai crediti: le Sezioni Unite sanciscono il superamento del principio “Nomina ipso iure dividuntur”.
[53] Si rimembri, sul punto, la regola affidata all’art. 760 cod. civ., in cui il legislatore dispone che non «è dovuta garanzia per l’insolvenza del debitore di un credito assegnato a uno dei coeredi, se l’insolvenza è sopravvenuta soltanto dopo che è stata fatta la divisione».
[54] Ancóra, sul punto, v. A. Zaccaria, op. loc. citt.
[55] A tal proposito, v. L. Mengoni, op. loc. citt., il quale riporta l’opinione di C. Losana, Le successioni testamentarie secondo il Codice civile italiano, Torino, 1884, 349 e V. Polacco, Delle successioni, vol. II, Disposizioni comuni alle successioni legittime e testamentarie, Milano, 1937, II ed., 491.
[56] D.35.3.1.7 (Ulp. 79 ad ed.), nel quale si legge: «Cum dicitur lex falcidia locum habere, arbiter dari solet ad ineundam quantitatem bonorum: tametsi unus aliquid modicum fideicommissum persequatur. Quae computatio praejudicare non debet caeteris, qui ad eritrum missi non sunt. Solet tamen ab haerede etiam caeteris denuntiari fideicommissariis, ut veniant ad arbitrum, ibique causam suam agant».
[57] Come riportato da A. Bucelli, op. loc. citt. e A. Tullio, op. loc. citt., i quali fanno riferimento a Cass. civ. 24 novembre 1930, n. 3316, cit.
[58] Si osservi, difatti, come veniva commentato, il passo del D.35.3.1.7, da J. Domat, Le leggi civili nel lor ordine naturale, vol. IX, Venezia, 1804, II ed., 164-165, nel caso in cui la falcidia debba «regolarsi sopra i beni certi ed attualmente esistenti; e per ciò che riguarda i diritti litigiosi, l’erede e i legatari prenderanno di comune accordo le misure necessarie, affine di rendersi reciprocamente giustizia, secondo ch’esigeranno in appresso i cambiamenti, che possono accadere, e le circostanze. In conseguenza, l’erede, che non sarà tenuto di comprendere questi beni incerti nella massa ereditaria, si obbligherà di accrescere i legati in caso, che questi beni venissero a rimanere nell’eredità», e aggiunge che «se per qualche riguardo particolare fosse egli obbligato a pagare tutti o qualcuno de’ legati sul piede, in cui si troverà l’eredità dopo l’accrescimento di questi beni, i legatari si obbligheranno dal canto loro di restituire quello, che avranno ricevuto a titolo di questo accrescimento, nel caso ch’esso non avvenisse».
[59] V., retro, par. 1.
[60] V., retro, par. 2.
[61] Su cui, v., retro, par. 3.
[62] V., retro, par. 4.
[63] V., retro, par. 5.