Jus CivileCC BY-NC-SA Commercial Licence ISSN 2421-2563
G. Giappichelli Editore

Nessuna polizza è perfetta: le variabili temporali dell'assicurazione per la responsabilità civile, tra clausole claims made e circostanze note (di Lorenzo Locatelli, Avvocato)


Il mercato italiano è, nell’ambito dell’assicurazione della responsabilità professionale, dominato dalle polizze a regime claims made, con la richiesta di risarcimento che deve essere ricevuta nel periodo di tempo in cui la polizza è operativa.

Nonostante la profonda evoluzione dei contratti a costruzione claims made negli ultimi anni, l’elemento trigger della polizza individuato nella richiesta di risarcimento rimane un problema che spesso si propone all’interprete, senza dimenticare che analoghe questioni caratterizzavano anche le tradizionali polizze loss occurrence e act committed (queste ultime regolate dall’art. 1917 c.c.), ove si ha riguardo al momento dell’emergenza del danno o della condotta dell’assicurato.

Oggi, di fronte al delicato problema che pongono quelle circostanze che, seppur conosciute dall’assicurato, ancora non sono sufficienti per l’apertura del sinistro per non essere pervenuta la richiesta di risarcimento, i contratti non propongono regolamentazioni standardizzate. L’articolo affronta proprio questo particolare tema, partendo dai concetti di rischio e di sinistro nel contratto di assicurazione e proseguendo con un’ampia riflessione sulle circostanze note e i loro effetti, potenzialmente travolgenti, per il diritto dell’assicurato. Nel lavoro è anche dedicato spazio al problema, a volte trascurato, che queste clausole possono comportare in relazione alla prescrizione del diritto all’indennizzo.

No insurance policy is perfect: the time variables of liability insurance, between claims made clauses and known circumstances.

In the area of professional liability insurance, the Italian market is dominated by claims-made policies. These operates when the claim to be received during the period of time the policy is in operation.

Despite the evolution of contracts with claims made construction in recent years, the trigger element of the policy identified in the claim remains a problem that often confronts the interpreter.  Furthermore, it is fundamental not to forget that similar issues also characterized traditional loss occurrence and act committed policies (the latter governed by Article 1917 of the Italian Civil Code), where the moment of the damage arising or the insured's conduct is taken into account.

Today, contracts do not propose standardized regulations, in relation to the delicate problem posed by those circumstances that, although known to the insured, are still not sufficient for the policy to operate because the claim has not yet been sent.

The article addresses this particular issue, starting with the concepts of risk and loss in the insurance contract and continuing with an extensive consideration of known circumstances and their potentially overwhelming effects on the insured's claim. It also deals with the sometimes-overlooked problem that these clauses may pose in relation to the statute of limitations on the right to indemnity.

SOMMARIO:

1. Nessuna polizza è perfetta. - 2. I concetti di rischio e di sinistro nel contratto di assicurazione per la r.c. - 3. La circostanza nota tra dichiarazioni inesatte e reticenti ed esclusioni espresse di garanzia. - 4. Le circostanze “giudiziarie”. - 5. Contratti con equiparazione di una circostanza alla richiesta di risarcimento ed effetti sulla prescrizione del diritto dell’assicurato. - Note


1. Nessuna polizza è perfetta.

Nell’ambito dell’assicurazione della responsabilità civile, il profilo temporale resta un problema che, nonostante l’evoluzione degli ultimi anni, spesso si propone all’interprete.

Oggi il mercato non concede possibilità di evasione, quantomeno nell’ambito della responsabilità professionale, dalla costruzione che regola l’operatività nel tempo della polizza a regime claims made [1], con la garanzia legata al momento della richiesta di risarcimento.

Anche con l’assetto delineato dall’art. 1917 c.c., e dunque con il riferimento temporale al fatto accaduto durante l’assicurazione, non erano rari i casi in cui si aprissero temi di inoperatività legati al tempo [2]. Tuttavia, non è negabile che proprio le polizze claims made, se non adeguatamente progettate, frequentemente mostrano momenti di instabilità in relazione al tempo della garanzia e alla denuncia di sinistro, soprattutto se l’assicurato scopre nel corso dell’assicurazione – e in assenza di qualsivoglia reclamo da parte del danneggiato – di essere di fronte a un fatto possibilmente produttivo di una richiesta risarcitoria. Si pensi all’avviso di garanzia nei confronti del medico che si rende conto di aver commesso un errore che potrà determinare una richiesta risarcitoria, oppure del pubblico dipendente che conosce l’evento negativo collegato alla sua condotta per l’avvio di una causa civile a carico dell’Ente di appartenenza, ma che dovrà attendere molto tempo prima di ricevere una richiesta risarcitoria [3].

È questo il c.d. fatto noto all’assicurato: una circostanza, quindi, possibilmente foriera di una richiesta di risarcimento che è conosciuta da chi si avvia a stipulare il trasferimento del proprio rischio.

Può accadere che la polizza in vigore al momento della scoperta della circostanza termini il suo percorso di efficacia e che la richiesta di risarcimento venga notificata solo all’esito della sottoscrizione di un nuovo contratto. Questo stato di cose porta la conseguenza che l’evento negativo potrebbe rimanere, in ipotesi, privo di copertura, potendo:

  1. a) l’assicuratore del primo contratto, eccepire che durante la polizza a regimeclaims madenon sono pervenute richieste risarcitorie;
  2. b) l’assicuratore del nuovo contratto, opporre sia il tema delle dichiarazioni inesatte o reticenti al momento della stipulazioneex 1892 e 1893 c.c., sia la classica esclusione per regolamento contrattuale della garanzia retroattiva, per essere il fatto causa del danno conosciuto dall’assicurato al momento della stipulazione.

Chiaramente, i problemi emergono soprattutto se nel corso degli anni si modifica l’assicuratore, ma le incognite non mancano, talvolta, anche nel caso di continuità con la medesima impresa, allorché quest’ultima tenda a frazionare con un diverso contratto ogni periodo di copertura [4].

Questa è sempre stata, del resto, la tipica incognita [5] delle assicurazioni a regime claims made, in relazione alla quale, tuttavia, non mancano oggi regole di prevenzione tese a dare maggiore sicurezza al sistema.

Di fronte al problema di circostanze che ancora non hanno assunto la caratteristica del sinistro [6] per non essere pervenuta la richiesta di risarcimento, i contratti non propongono regolamentazioni standardizzate.

Si può, ad esempio, prevedere l’integrazione del sinistro solo in relazione agli eventi per cui si è ricevuta una formale richiesta di risarcimento. In questi casi, una semplice inchiesta giudiziaria, una comunicazione informativa o anche un avviso di garanzia se non addirittura un rinvio a giudizio, non contenendo una richiesta risarcitoria e, quindi, non costituendo sinistro nel senso previsto dal contratto, non sono considerati dall’assicuratore [7], avviando l’assicurato in un incerto percorso di attesa.

Alcune polizze, invece, seguono un’impostazione diversa, parificando alla richiesta di risarcimento, ai fini contrattuali e in particolare dell’operatività temporale della garanzia, determinati fatti o atti, come la notificazione di un procedimento di accertamento tecnico preventivo o l’informazione di garanzia [8] pur in assenza di un’espressa domanda risarcitoria.

In altri regolamenti contrattuali, ancora, ci si spinge addirittura oltre, prevedendo che la comunicazione di una circostanza all’assicuratore, ritenuta dall’assicurato probabilmente o anche solo possibilmente foriera di una richiesta, sia trattata come una richiesta di risarcimento. È, questa, la clausola deeming, che impegna l’assicuratore alla garanzia anche qualora la richiesta di risarcimento avvenga in seguito e a contratto scaduto [9].

Esistono, tuttavia e come anticipato, contratti che non prevedono un minimo di estensione e possono portare al sorgere di complicazioni non indifferenti per l’assicurato. Vale la pena di ricordare, sul punto, la disorientante previsione del Regolamento attuativo [10] della legge n. 24/2017 che, sulla premessa esplicita di operare nell’ambito di una previsione di polizza a regime claims made, esclude all’art. 1, lett. o, e dunque nell’ambito delle definizioni ai sensi e per gli effetti del provvedimento, che si possa considerare sinistro non solo la richiesta della cartella clinica, l’esecuzione del riscontro autoptico/autopsia giudiziaria/autopsia di cui al d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285, ma persino la querela e l’avviso di garanzia. In questo modo, è chiaro che l’assicurato può trovarsi in un limbo interpretativo in relazione al problema, purtroppo ricorrente, di disallineamento temporale tra la scoperta della condotta sensibile al contratto e la richiesta di risarcimento [11].


2. I concetti di rischio e di sinistro nel contratto di assicurazione per la r.c.

La polizza a regime claims made può avere efficacia retroattiva, riuscendo a garantire il patrimonio dell’assicurato anche in relazione a fatti già verificatisi, ovviamente alla condizione che non sia pervenuta alcuna richiesta di risarcimento al momento della sottoscrizione del contratto.

Questione fondamentale è, anzitutto, se al momento della stipulazione del contratto di assicurazione, nonostante l’avveramento, e magari la conoscenza oggettiva, del fatto storico possibile fonte di azione risarcitoria, un rischio nel senso voluto dall’ordinamento sia ancora presente [12].

Il legislatore, superando definitivamente un conflitto durato anni, ha ammesso la possibilità di un’assicu­razione retroattiva, nel senso di concedere la garanzia all’assicurato della responsabilità civile anche per fatti antecedenti al contratto [13]. La scelta si accompagna al pensiero secondo cui l’assicurazione della responsabilità civile prevede una costruzione del concetto di sinistro che non è rappresentato solo dal fatto e dalla sua conseguenza lesiva sul terzo ma, anche, dall’incertezza che quel fatto possa determinare, a sua volta, un danno all’assicurato con l’impoverimento del patrimonio. Del resto, perché il sistema claims made sopravviva è necessario ammettere che la situazione di rischio e di interesse all’assicurazione vada ritenuta esistente anche a fronte di un fatto già accaduto. È, quindi, essenziale capire entro quali limiti il contratto possa operare di fronte a una consapevolezza [14] il cui livello può, ovviamente, variare da una fattispecie all’altra.

Tradizionalmente si concepisce il sinistro, nell’ambito della polizza della responsabilità civile, in senso progressivo [15]. L’evento negativo non si esaurisce, cioè, con la condotta materiale cui è riconducibile causalmente il danno, essendo necessario anche l’attacco al patrimonio dell’assicurato da parte del danneggiato.

Il passaggio chiave, allora, è ammettere che di fronte all’assicurazione di un evento già avvenuto – specialmente ove ignorato quale elemento in grado di far scattare un obbligo risarcitorio – da un lato resta incompiuto il percorso che conduce all’impoverimento dell’assicurato che è chiamato a risarcirlo, dall’altro non risulta realizzato l’evento negativo decisivo, consistente nell’aggressione del patrimonio protetto dal contratto. In questa accezione, quindi, l’alea si sposta, inevitabilmente, dall’incertezza della commissione di un fatto al perfezionamento di un complesso iter che inizia certamente con il fatto (act), ma lì non si esaurisce: il percorso prosegue, infatti, con l’emersione del danno ove non contestuale (loss) per terminare con il compimento della richiesta di risarcimento (claim).

Già con riguardo all’art. 1917 c.c. si erano affermate, in materia d’assicurazione della responsabilità civile, nozioni di sinistro contrastanti [16], ammettendo che agli effetti del diritto all’indennizzo esiste un percorso progressivo che si conclude con la domanda di risarcimento [17], perché senza l’attacco patrimoniale l’obbligo di garanzia portato dalla polizza rimane privo di concretezza, condizionato com’è dall’atteggiamento del terzo. Quindi, una polizza che prevede l’assicurazione della responsabilità civile anche per fatti accaduti precedentemente alla sua stipulazione, riesce a resistere, entro determinati limiti, alla censura di inesistenza del rischio, identificando il sinistro nel compimento della formazione graduale dell’aggressione al patrimonio dell’assicurato [18].

Si è, invero, recentemente proposta una distinzione tra fatto noto e circostanza, indicando che per fatto noto si dovrebbe intendere quel solo fatto che costituirebbe sinistro ove verificato durante il periodo di copertura [19]; la circostanza, viceversa, sarebbe il fatto accaduto durante il periodo di assicurazione e che, pur non costituendo sinistro, può far presumere la successiva richiesta di risarcimento.

La distinzione non convince, perché se al momento della stipulazione esiste un fatto noto che costituisce sinistro (e dunque, nel caso della polizza claims made, una richiesta di risarcimento) significa che il rischio coperto dalla polizza si è già verificato. Di fronte a una richiesta di risarcimento già avvenuta il percorso formativo è completato e il rischio è inesistente, con conseguente impossibilità, pena la nullità del contratto ex art. 1895 c.c., di procedere al suo trasferimento all’assicuratore.

Vero è che le polizze claims made prevedono la loro non operatività in relazione a fatti per cui la richiesta di risarcimento sia già pervenuta ma questo è argomento che delimita l’obbligazione dell’assicuratore nel tempo esattamente come nella costruzione dell’art. 1917 c.c. il fatto non poteva accadere al di fuori del periodo assicurativo.

Il fatto noto non coincide, quindi, con il sinistro e per esso è preferibile intendere la semplice conoscenza di azioni od omissioni o, comunque, fatti dai quali possano derivare richieste di risarcimento [20] che non siano già pervenute al momento della stipulazione del contratto. La conoscenza, quindi, non riguarda il sinistro ma prepara il terreno a temi di discussione differenti che afferiscono da un lato agli artt. 1892 e 1893 c.c. e, dall’altro, a quelle clausole di esclusione non basate sull’essersi già verificata la richiesta di risarcimento avvenuta – fattore che comporta l’esaurimento del rischio – ma sul fatto dell’essere il contraente a conoscenza di un fatto foriero di possibile richiesta di risarcimento.

Già in occasione del primo intervento delle Sezioni Unite sul contratto claims made [21], si era sottolineato non solo il percorso graduale tipico della polizza per la responsabilità civile ma, altresì, che la clausola claims made con garanzia pregressa è da considerare lecita perché afferisce a un solo elemento del rischio garantito, la condotta colposa posta già in essere e peraltro ignorata, restando invece impregiudicata l’alea dell’avvera­mento progressivo degli altri elementi costitutivi dell’impoverimento patrimoniale del danneggiante-assicu­rato, con la conseguenza che l’estensione della copertura alle responsabilità dell’assicurato scaturenti da fatti commessi prima della stipula del contratto non fa venir meno l’alea e, con essa, la validità del contratto.

Tutto bene, se non che in questo cammino apparentemente risolutivo si è finito per introdurre un elemento condizionante non semplice da tradurre; quello di subordinare l’esistenza del rischio al fatto che al momento del raggiungimento del consenso le parti (e, in specie, l’assicurato) ne ignoravano l’esistenza.

Va esaminato, a questo punto, cosa significhi ignorare l’esistenza di un fatto e, una volta superato il problema, come questo elemento soggettivo interagisca con il concetto di esistenza del rischio necessario affinché il contratto sia valido.

Anzitutto, rilevo che sembra più corretto concentrare l’attenzione non tanto sulla conoscenza di un fatto storicamente inteso (in ambito medico, ad esempio, la morte di un paziente), quanto sul difetto di consapevolezza dell’essere quel fatto riconosciuto foriero di possibile richiesta di risarcimento [22] (la morte di un paziente unita alla consapevolezza o anche solo al dubbio di un errore professionale come sua causa). Solo in questo modo, infatti, si pone una logica al sistema, selezionando il fatto in collegamento al rischio dell’ag­gressione patrimoniale e proiettando, coerentemente, l’elemento aleatorio sul futuro e dunque sul completamento del percorso progressivo.

Se allora, come affermano le Sezioni Unite, la costruzione del sinistro si compie definitivamente con l’aggressione del patrimonio dell’assicurato, non esaurendosi nella sola condotta materiale, è necessario verificare se la conoscenza di un fatto come possibile fonte di richiesta di risarcimento, riesca a mantenere l’elemento del rischio e possa, in caso di debita comunicazione all’assicuratore all’atto della stipulazione [23], togliere ombre di nullità al contratto.

Entra inevitabilmente in gioco, a questo punto, l’analisi della possibilità di avveramento dell’evento negativo che non è più concentrato sulla condotta ma sulla richiesta di risarcimento [24] e avremo, di conseguenza e a seconda dei casi, rischi più o meno probabili di verificazione, fermo restando che, scientificamente, possibile o probabile che sia l’avveramento di un attacco al patrimonio mediante la richiesta siamo sempre di fronte a un elemento aleatorio che può giustificare, in astratto, il contratto di assicurazione.

È chiaro che l’elemento della non conoscenza del fatto storico o, comunque, del fatto come possibile fattore idoneo a provocare una richiesta di risarcimento concede migliore struttura all’elemento del rischio all’atto della stipulazione. Tuttavia, una volta superato – e oggi lo stesso legislatore ammette e regolamenta questa possibilità – il problema dell’ammissibilità dell’assicurazione retroattiva [25], riesce difficile confinare l’esistenza dell’elemento del rischio all’ipotesi dell’ignoranza, assoluta o anche relativizzata, del fatto. Credo, invece, si debba concedere che un fatto non solo accaduto ma anche conosciuto da entrambe le parti come possibile fonte di istanza di risarcimento possa trovare, in tesi, assicurazione, non oltrepassandosi, in assenza di aggressione formale del patrimonio e di conclusione del percorso progressivo, il confine dell’ine­sistenza assoluta del rischio, oltre il quale si determina la nullità del contratto [26].


3. La circostanza nota tra dichiarazioni inesatte e reticenti ed esclusioni espresse di garanzia.

Se il problema della sussistenza del rischio al momento della stipulazione del contratto, pena la sua nullità ex art. 1895 c.c., può risolversi, almeno entro determinati limiti, mediante il ragionamento a sviluppo progressivo, occorre non confondere il tema del rischio al momento della stipulazione con quello delle dichiarazioni o delle reticenze rese dall’assicurato al momento della conclusione del contratto [27].

Spesso capita, infatti, che, nell’affrontare la questione delle clausole contemplanti la circostanza nota nello schema contrattuale claims made, si propongano richiami agli artt. 1892 e 1893 c.c. [28]. Va posta, tuttavia, attenzione al fatto che queste norme non affrontano certo il problema della mancanza del rischio che, invece, rende nullo il contratto ai sensi dell’art. 1895 c.c.; esse operano, piuttosto, in relazione a quei contratti in cui il rischio è ben presente ma non viene inteso nella sua reale consistenza dall’assicuratore a causa della condotta colposa o dolosa dell’assicurato che ha celato circostanze che, ove conosciute, avrebbero condotto l’assicuratore a non stipulare o a stipulare a condizioni diverse [29].

Tradizionalmente, le polizze a regime claims made contengono la dichiarazione del contraente, quasi sempre in risposta al questionario, di non essere a conoscenza di circostanze suscettibili di richiesta di risarcimento.

Immaginiamo, allora, un contraente presentarsi alla stipulazione di una polizza segnalando circostanze a lui note come probabilmente, o anche solo possibilmente, foriere di future richieste di risarcimento.

Si potrà dire che l’assicuratore, in un mondo non irreale, finirebbe probabilmente per escludere, almeno parzialmente, la garanzia. Tuttavia, questa contestazione non riuscirebbe a eliminare la possibilità di stipulare, ove le parti ritenessero di farlo reputando non cessato il rischio pur di fronte alla conoscenza della circostanza e anche della probabilità di future richieste di risarcimento. L’incertezza dell’aggressione del patrimonio, e di conseguenza l’alea del sinistro, non viene a mancare per la conoscenza del fatto storico, perché è ancora ignoto che la richiesta risarcitoria avvenga e, anche, che la richiesta avvenga nel periodo di garanzia.

Il problema residuo sarebbe, semmai, quello della determinazione di un premio adeguato al rischio da trasferire.

Va chiarito, poi, un ulteriore aspetto per non creare disorientamento con riguardo all’obbligo dell’assi­curato di circostanziare il rischio e, dunque e in ipotesi di assicurazione retroattiva, di riferire i contesti passati da cui si possa presumere una futura richiesta risarcitoria.

Con riguardo alle circostanze da dichiarare, ottemperando al dovere di duty of disclosure, al momento della stipulazione ai sensi degli artt. 1892 e 1893 c.c., è chiaro che non si può pretendere che l’assicurato fornisca un elenco ossessivo di tutte le situazioni potenzialmente passibili di attacco al suo patrimonio. Si pensi ai fisiologici dubbi che possono colpire un avvocato nella gestione di un contenzioso, oppure al medico che dovrebbe denunciare ogni lamento del paziente per un dolore o per un inestetismo di un punto di sutura, per non parlare della grande struttura ospedaliera di fronte ai considerevoli numeri di interventi non risolti positivamente, anche prescindendo da ipotesi di colpa sanitaria.

Sembrerebbe, invero, incoerente con la logica assicurativa che l’assicuratore possa, invocando l’art. 1892 c.c., indiscriminatamente eccepire l’inoperatività della garanzia perché una determinata circostanza, seppur lontana dal far presumere un illecito o un inadempimento, fosse nota in qualche modo all’assicurato e non sia stata dichiarata [30]. Si finirebbe, per tal via, per infrangere l’equilibrio dell’accordo e dello stesso sistema claims made, ponendo l’assicuratore in grado di esprimere una serie di eccezioni riguardanti ogni fatto pregresso addebitabile a responsabilità professionale, escludendo il più delle volte la garanzia retroattiva.

La giurisprudenza ha affrontato il problema rifiutando l’idea di escludere l’operatività della polizza claims made sulla base della sbrigativa considerazione dell’essere il fatto origine del danno in qualunque modo noto all’assicurato al momento della stipulazione. Spesso si è introdotta, smorzando gli effetti di un illogico approccio radicale, la necessità che in capo all’assicurato vi fosse anche la consapevolezza che da quel fatto sia prevedibile o anche solo possibile il sorgere di un’aspettativa risarcitoria. Non si può, infatti, negare che i fatti potenzialmente idonei a stimolare una richiesta di risarcimento possono essere innumerevoli e indefiniti e che non sempre l’assicurato sia in grado di percepire una determinata circostanza come premonitrice di problemi di aggressione al proprio patrimonio [31].

In alcune fattispecie, nemmeno la chiara percezione di un possibile errore foriero di richiesta risarcitoria è stata considerata oggetto di obbligo di comunicazione alla società assicuratrice, a pena di estendere in modo indebitamente eccessivo le ipotesi di esclusione della garanzia [32].

In altre, ancora, si è giunti persino a prendere in considerazione ai fini dell’obbligo di dichiarazione solo quelle circostanze corredate da una concreta esternazione della volontà di lamentare un danno e, quindi, di conseguente pretesa economica [33]. Una soluzione, quest’ultima, giuridicamente irrazionale, in quanto, una volta manifestata la pretesa del danneggiato, la formazione progressiva del sinistro può dirsi esaurita con cessazione del relativo rischio [34].

Un’analisi che potremmo definire armonica, quindi, porta a ritenere che ai fini dell’applicazione degli artt. 1892 e 1893 c.c. alle polizze a regime claims made, si debba fare riferimento alla conoscenza dell’assi­curato di circostanze di norma rapportabili a probabili o anche solo possibili richieste risarcitorie. Solo queste, infatti, finiscono per incidere concretamente sulla valutazione del rischio della polizza di responsabilità civile, perché la norma prevede che esse, ove conosciute dall’assicuratore, non lo avrebbero determinato a contrarre oppure lo avrebbero portato a concludere a condizioni diverse.

A fianco del primario criterio soggettivo e di valutazione del dolo o della colpa del contraente, occorre pertanto associare un’analisi oggettiva e considerare se, seguendo un criterio causale normale, un determinato fatto sia ragionevolmente destinato a esitare in una richiesta di risarcimento e dunque se, dal lato assicuratore, la conoscenza di quella circostanza lo avrebbe condotto a differenti soluzioni [35].

Una valutazione non dissimile, a ben vedere, può essere utilizzata per affrontare le clausole che nelle polizze claims made retroattive escludono l’indennizzo in relazione a circostanze semplicemente note al contraente.

Il problema, in questo caso, investe direttamente il concetto di rischio assicurato e, quindi, delimitato nel contratto, escludendo dalla garanzia le richieste collegate a circostanze qualificate, spesso e con immaginabili problemi di interpretazione, semplicemente come note o conosciute, senza ulteriori specificazioni.

Non è in discussione, ovviamente, il principio per cui le parti restano libere di decidere la sorte delle loro obbligazioni [36]. Tuttavia, non si può negare che l’inoperatività indiscriminata del contratto di assicurazione per la responsabilità civile in relazione a fatti occorsi in epoca antecedente alla stipulazione solo perché storicamente noti porterebbe a risultati restrittivi non sostenibili [37]. Anche in queste fattispecie, dunque, sembra preferibile un’interpretazione coerente con il concetto di rischio, escludendo l’operatività della garanzia in relazione ai casi in cui la circostanza è conosciuta dall’assicurato come possibile fonte di richiesta di risarcimento.

Molte polizze hanno, nel tempo, sostituito le tradizionali e radicali clausole di esclusione riferite alle circostanze semplicemente note con, più equilibrati, riferimenti a circostanze non solo note ma, anche, suscettibili di provocare una richiesta di risarcimento. Anche il riferimento che spesso si rinviene nei contratti a fatti non denunciati cautelativamente [38] al precedente assicuratore si pone in linea con questo approccio, dal momento che la denuncia – anche solo cautelativa – di un fatto esprime la preoccupazione dell’assicurato proiettata verso una possibile richiesta di risarcimento.

Ragionando diversamente, peraltro, si otterrebbe un effetto di incoerenza con gli artt. 1892 e 1893 c.c. prevedendosi a monte l’obbligo di dichiarazione delle circostanze sensibili in relazione a future richieste per porre l’assicuratore in grado di valutare il rischio e, a valle, l’esclusione recidente delle circostanze semplicemente note, a prescindere dal loro rapporto con la previsione di un futuro attacco al patrimonio dell’assicurato.


4. Le circostanze “giudiziarie”.

Nella categoria dei fatti conosciuti e sensibili per la polizza, sia in ordine alle dichiarazioni da presentare alla stipula sia in ordine ad eventuali esclusioni per regolamento contrattuale, un posto privilegiato spetta alle circostanze associate alla formalizzazione di un procedimento giudiziario, il più delle volte penale [39] o amministrativo, ovviamente in assenza di una richiesta risarcitoria.

Siamo, qui, di fronte a situazioni particolari, esaminate dalla magistratura o da altre autorità e, quindi, in relazione alle quali risulta il più delle volte difficile eliminare mentalmente l’eventualità di una futura azione di richiesta danni. Questi fatti, dunque, vanno tenuti in debita considerazione sia al momento della sottoscrizione del contratto, dovendo essere dichiarati all’assicuratore per la valutazione del rischio, sia in relazione a eventuali eccezioni di inoperatività della garanzia in relazione a clausole di esclusione collegate al c.d. prior knowledge.

L’attenzione ai contesti giudiziari, come richiamo a fatti idonei a far presumere una richiesta di risarcimento, non va calata neppure nel caso in cui il procedimento penale si sia concluso positivamente con l’archiviazione o, addirittura e nelle fattispecie di rilevanza penale, con il proscioglimento o l’assoluzione.

Il dato della definizione positiva del procedimento o del processo, infatti, non elimina la rilevanza della pregressa conoscenza, in quanto l’esito favorevole potrebbe collegarsi a fattori che non escludono la possibilità di una successiva azione civile, come nel caso dell’assoluzione in sede penale ai sensi dell’art. 530, comma 2, c.p.p. [40], o per prescrizione o perché il fatto non costituisce reato. Ancora, l’imputato potrebbe essere risultato non punibile ai sensi dell’art. 589-sexies c.p. [41], oppure perché all’esito delle prove raccolte non è consentito, ai sensi della recente riforma del codice di procedura penale, di prevedere ragionevolmente una condanna [42].

Particolare attenzione, poi, va destinata alle assoluzioni perché il fatto non sussiste nel caso di non evidenza del nesso causale penalmente rilevante tra condotta ed evento.

Proprio in relazione al nesso eziologico, è noto che la giurisprudenza ha attenuato drasticamente i criteri di ricostruzione della causalità materiale in sede di imputazione della responsabilità, partendo dal presupposto che possa farsi riferimento, a seconda del tipo di processo in corso, a una diversa regola di accertamento, con la conseguenza che se per l’integrazione del reato occorre una prova eziologica oltre il ragionevole dubbio e di credibilità razionale, ai fini meramente risarcitori è sufficiente il dominio della probabilità [43].


5. Contratti con equiparazione di una circostanza alla richiesta di risarcimento ed effetti sulla prescrizione del diritto dell’assicurato.

 Come abbiamo visto, alcune polizze a regime claims made riconoscono, ampliando espressamente la definizione di richiesta di risarcimento [44] ai fini dell’integrazione di un sinistro, a determinate circostanze, come la notificazione di un procedimento di accertamento tecnico preventivo o l’informazione di garanzia. In questo modo, non è necessario attendere – con le pericolose conseguenze illustrate [45] – la formale messa in mora del danneggiato per attivare la garanzia, ma è sufficiente la comunicazione all’assicuratore della circostanza parificata [46].

Il fenomeno si è, peraltro, allargato all’esito dell’entrata in vigore della legge n. 24/2017 sulla responsabilità sanitaria, in relazione alle polizze per la responsabilità del medico strutturato [47] per le azioni di rivalsa per colpa grave. Diversi contratti hanno introdotto una parificazione, agli effetti dell’operatività della garanzia, alla richiesta di risarcimento della comunicazione ai sensi dell’art. 13, norma che impone alle strutture sanitarie e alle loro imprese di assicurazione di informare gli esercenti la professione sanitaria dell’instaurazione del giudizio promosso nei loro confronti dal danneggiato o l’avvio di trattative stragiudiziali [48].

Il livellamento frutto della volontà delle parti non estende, tuttavia, i suoi effetti al di là dell’accertamento del significato di sinistro ai sensi di polizza, nel senso che dove la legge fa espresso riferimento alla richiesta risarcitoria – come nel caso della prescrizione del diritto dell’assicurato – questa va considerata un elemento formalmente imprescindibile, al di là di qualsiasi estensione di definizione progettata dai contraenti.

L’art. 2952 c.c., con riguardo all’assicurazione della responsabilità civile, propone due particolari effetti collegati alla richiesta di risarcimento. Dal suo ricevimento da parte dell’assicurato, infatti, decorre il termine di prescrizione biennale e la successiva comunicazione all’assicuratore della richiesta del terzo danneggiato o dell’azione proposta nei suoi confronti sospende il corso della prescrizione finché il credito del danneggiato non diviene liquido ed esigibile oppure finché il diritto del terzo danneggiato non è prescritto.

Un ragionamento coerente di distinzione tra ciò che vogliono le parti (l’equiparazione di una circostanza alla richiesta fatta ai fini dell’attivazione della garanzia claims made) e ciò che vuole il legislatore (la richiesta di risarcimento comunicata all’assicuratore) non può che portare a un’assoluta separazione concettuale prima che giuridica, con conseguenze non indifferenti.

Infatti, una volta cristallizzata l’operatività della garanzia con la denuncia della circostanza parificata al claim, nel caso in cui l’assicurato dovesse ricevere una richiesta di risarcimento egli non sembra dispensato, volendo evitare la prescrizione e attivare la sospensione prevista dalla legge, dal denunciare all’assicuratore la formalizzazione della domanda e, dunque, la volontà del danneggiato di aggredire il patrimonio protetto dal contratto [49].

Solo dal ricevimento della richiesta di risarcimento prevista dall’art. 2952 c.c., infatti, decorre il termine di prescrizione per l’assicurato e scatta l’onere della denuncia all’assicuratore ai fini della sospensione prevista da una norma che, sul presupposto di tutelare nel modo più ampio possibile l’assicurato, è tradizionalmente interpretata in modo rigoroso [50], per evitare che l’assicuratore possa eccepire la prescrizione breve anche in assenza di una formale richiesta di risarcimento [51].

Se, quindi, l’accordo tra le parti può assegnare a determinate circostanze la valenza di una richiesta risarcitoria, questa intesa circoscrive i propri effetti alla definizione di sinistro e, dunque, alla possibilità di ottenere l’attivazione della garanzia nonostante la, momentanea, inerzia del danneggiato, senza alcuna possibilità di espansioni a diversi ambiti.

Più che a un’estensione della definizione di richiesta di risarcimento, come rilevano molti contratti, siamo in realtà di fronte alla modificazione dell’elemento temporale di riferimento per l’attivazione della garanzia, che si allarga comprendendo non solo la richiesta fatta tipica della polizza ma, anche, altre circostanze, chiudendo alternativamente il percorso progressivo del sinistro (cronologicamente composto dal fatto, dal danno e dalla richiesta/circostanza comunicata).


Note

[1] Con il Parere dell’Autorità garante per la concorrenza e il mercato, 4 luglio 2014, n. AS1137, si era auspicata l’introduzione dell’obbligo per le imprese assicuratrici di offrire anche sul mercato della r.c. professionale, in alternativa, polizze prive della clausola c.d. claims made. Un auspicio rimasto oggettivamente tale.

[2] Tra tutti, i casi di danni lungolatenti nelle polizze act committed e i sinistri in serie in quelle loss occurrence.

[3] Alcune polizze, peraltro, prevedono che l’assicurato debba dare avviso scritto entro un determinato termine dall’avvenuta conoscenza non solo di un vero sinistro (richiesta di risarcimento) ma anche di ogni fatto che possa dare origine a una richiesta di risarcimento.

[4] In questi casi si può ricorrere alla continuous cover, clausola con la quale si considerano assicurati i sinistri riconducibili a circostanze già note all’assicurato alla stipula del nuovo contratto annuale, purché nel periodo di verificazione del fatto fosse operativa una polizza e la reticenza dell’assicurato non sia dolosa. Alcune polizze prevedono che la garanzia in continuità operi esclusivamente se la richiesta di risarcimento collegata alla circostanza non comunicata rientri nella copertura prevista sia dalla polizza in corso al momento della richiesta di risarcimento sia dalla polizza operativa al momento della conoscenza della circostanza, al fine di evitare che un assicurato si accorga dell’esistenza di una circostanza esclusa dal rischio in garanzia, attenda appositamente il nuovo contratto ed estenda con la nuova polizza l’operatività anche alla fattispecie nota.

[5] Si veda B. Tassone, Esclusione della vessatorietà di clausole claims made e act committed fra loro coordinate, in Resp. civ., 2012, 689.

[6] Come vedremo, nell’ambito della polizza per la responsabilità civile, essendo la garanzia a tutela del patrimonio di chi è chiamato a risarcire un danno, il sinistro si forma nella progressione tra fatto, danno e richiesta di risarcimento.

[7] La soluzione è, spesso, l’apertura di una posizione cautelativa che, in realtà, viene spesso chiusa allo spirare della polizza in assenza di un claim tempestivo.

[8] Si affronterà l’argomento, anche con riguardo al problema della prescrizione del diritto dell’assicurato, nell’ultimo paragrafo.

[9] La deeming clause è spesso proposta in questa forma: l’Assicurato dovrà dare immediata comunicazione scritta agli Assicuratori durante il periodo di assicurazione ... di qualsiasi circostanza di cui l’Assicurato venga a conoscenza che si presuma possa ragionevolmente dare origine ad una richiesta di risarcimento nei confronti dell’Assicurato. L’eventuale richiesta di risarcimento pervenuta in seguito alla comunicazione sarà considerata come se fosse stata fatta durante il periodo di assicurazione. Si veda L. Locatelli, Primi cedimenti delle clausole claims made di fronte al giudizio di meritevolezza, in Nuova giur. civ. comm., 2017, 1377 ss.

[10] D.m. 15 dicembre 2023, n. 232, entrato in vigore il 16 marzo 2024, che ha introdotto dopo sette anni di attesa le norme sulla determinazione dei requisiti minimi delle polizze assicurative previste dalla legge n. 24/2017.

[11] Critico sulla norma è anche M. Capecchi, Luci ed ombre del decreto attuativo sui requisiti minimi delle polizze assicurative e delle analoghe misure, in Resp. medica, 2024, 124.

[12] Il contratto di assicurazione, infatti, può sopravvivere solo ove il rischio dedotto sia un evento futuro e incerto; si veda M. Rossetti, Il diritto delle assicurazioni, cit., 2013, 38.

[13] Ne sono esempi il Decreto del Ministero della giustizia del 22 giugno 2016, in punto di assicurazione della responsabilità civile dell’avvocato, oppure l’art. 11 della legge 8 marzo 2017, n. 27 in tema di responsabilità sanitaria e il Decreto del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali del 14 luglio 2009, relativo al modello di polizza di responsabilità professionale per la sperimentazione clinica.

[14] P. Corrias, La causa del contratto di assicurazione: tipo assicurativo o tipi assicurativi?, in Riv. dir. civ., 2013, 59; G. Volpe Putzolu, Le assicurazioni. Produzione e distribuzione, Bologna, 1992, 63.

[15] Cass., sez. un., 6 maggio 2016, n. 9140, in Resp. civ. prev., 2016, 852, secondo cui nell’assicurazione della responsabilità civile, il sinistro è collegato non solo alla condotta dell’assicurato danneggiante, ma altresì alla richiesta risarcitoria avanzata dal danneggiato, essendo fin troppo ovvio che ove al comportamento lesivo non faccia seguito alcuna domanda di ristoro, nessun diritto all’indennizzo – e specularmente nessun obbligo di manleva – insorgeranno a favore e a carico dei soggetti del rapporto assicurativo; si veda G. Facci, Le clausole claims made e la meritevolezza di tutela, ivi, 1136 ss.

[16] La dottrina si è occupata spesso della definizione di sinistro, facendo di volta in volta riferimento al fatto sorgente di responsabilità, alla richiesta di risarcimento da parte del danneggiato, al riconoscimento di responsabilità, o addirittura al pagamento dell’in­dennizzo al danneggiato da parte dell’assicurato. Per un’analisi completa della questione e della dottrina interessata, si rinvia a A.D. Candian, Responsabilità civile e assicurazione, Milano, 1993, 292 e ss.

[17] Così R. Cavallo Borgia, Responsabilità e assicurazione, in Tratt. Resp. civ., diretto da M. Franzoni, Milano, 2004, 98.

[18] Si veda sul punto Cass. 17 febbraio 2014, n. 3622, in Resp. civ. prev., 2017, 826, secondo la quale nei contratti a regime claims made il rischio esiste, pur se di natura e consistenza diverse da quella avente ad oggetto i comportamenti colposi dell’assicurato.

[19] M. Capecchi, Luci ed ombre del decreto attuativo sui requisiti minimi delle polizze assicurative e delle analoghe misure, cit., 2024, 122.

[20] È, questa, anche l’opinione di G. Facci, Il fatto noto nella successione di clausole claims made, cit., 12.

[21] Cass., sez. un., 9 maggio 2016, n. 9140: il rischio dell’aggressione del patrimonio dell’assicurato in dipendenza di un sinistro verificatosi nel periodo contemplato dalla polizza, si concretizza progressivamente, perché esso non si esaurisce nella sola condotta materiale, cui pur è riconducibile causalmente il danno, occorrendo anche la manifestazione del danneggiato di esercitare il diritto al risarcimento.

[22] L. Locatelli, Clausole claims made, rischio e successione di polizze, in Resp. civ. prev., 2014, 829 ss.

[23] Altrimenti in questo caso si potrebbero richiamare le regole di cui agli artt. 1892 e 1893 c.c.

[24] Di recente, A. Casà, Reticenza del contraente ed obbligo di buona fede precontrattuale dell’assicuratore: la ricerca di un necessario bilanciamento, in Nuova. giur. civ. comm., 2024, 254 ss., si esprime, con riguardo alle polizze a regime claim made in termini di rischio di subire una richiesta risarcitoria.

[25] Nel senso che l’idea va rapportata, poi, alla realtà commerciale e dunque alla difficoltà di reperire un assicuratore stipuli polizze con dichiarazione di una circostanza associata a probabilità di una prossima richiesta di risarcimento.

[26] Si rinvia sul punto a L. Locatelli, Clausole claims made, rischio e successione di polizze, cit., 2014, 829 ss. V’è da considerare, oltretutto, anche l’incognita che la richiesta cada o meno nel periodo di validità della garanzia prevista dal contratto.

[27] G. Facci, Il fatto noto nella successione di clausole claims made, cit., 212, evidenzia che la garanzia claims made – se ancorata ad una definizione troppo vaga ed indefinita di c.d. fatti noti foriera di innumerevoli possibili eccezioni di inoperatività della polizza – viene ad assumere inevitabilmente caratteri fortemente lesivi del mercato, poiché costringe l’assicurato a rimanere fedele alla compagnia con cui ha sottoscritto il contratto, nel tentativo di evitare il rischio di un vuoto di copertura.

[28] Richiamati proprio dalle Sezioni Unite Cass., sez. un., 9 maggio 2016, n. 9140, quando rilevano che l’estensione della copertura alle responsabilità dell’assicurato scaturenti da fatti commessi prima della stipula del contratto non fa venir meno l’alea e, con essa, la validità del contratto, se al momento del raggiungimento del consenso le parti (e, in specie, l’assicurato) ne ignoravano l’esistenza, potendosi, in caso contrario, opporre la responsabilità del contraente ex artt. 1892 e 1893 c.c., per le dichiarazioni inesatte o reticenti.

[29] Di recente, A. Casà, Reticenza del contraente ed obbligo di buona fede precontrattuale dell’assicuratore: la ricerca di un necessario bilanciamento, cit.

[30] Si tratta, come noto, di verificare se la circostanza taciuta o non esattamente comunicata con dolo o colpa grave (1892 c.c.) o colpa lieve (1893 c.c.) abbia inciso sulla volontà dell’assicuratore, portandolo ad assicurare un rischio che non avrebbe mai assicurato o avrebbe assicurato a diverse condizioni. Il rischio, come indicato, rimane vivo nella previsione della norma; ciò che viene a mancare è il consenso dell’assicuratore, influenzato dalla condotta colpevole o dolosa dell’assicurato.

[31] Come nel caso deciso da Trib. Milano 8 aprile 2021, n. 2982, in Banca dati Onelegale, secondo cui quanto alla preliminare conoscenza, non dichiarata, della volontà di chiedere il risarcimento dei danni … rispetto alla stipulazione della garanzia assicurativa si osserva che sebbene l’intervento del novembre 2008 non fosse stato aderente alle aspettative della paziente, tuttavia il dott. D.L. aveva proposto ed eseguito diversi interventi riparatori tutti accettati dalla paziente ben oltre il dicembre 2010, fatto che costituisce motivo sufficiente per ritenere che l’assicurato non avesse mai ricevuto richieste risarcitorie o contestazioni formali in ordine alla esecuzione dell’intervento tali da attivare il dovere di riferire alla società assicuratrice l’intervento svolto.

[32] Sul tema e per una casistica completa si rinvia a G. Facci, Il fatto noto nella successione di clausole claims made, cit., 255 ss.

[33] Trib. Catania 26 aprile 2019, n. 1696, che ritenne inefficace ai fini dell’esclusione dell’operatività la semplice percezione, notizia o conoscenza dell’esistenza dei presupposti di responsabilità, pretendendo una tangibile esternazione di una volontà di lamentare un danno e la conseguente pretesa economica.

[34] Nella casistica giurisprudenziale, neppure il fatto di essere il medico intervenuto per riparare a un precedente atto operatorio mal riuscito potrebbe giustificare una pregressa conoscenza: si veda ancora G. Facci, Il fatto noto nella successione di clausole claims made, cit., 260. Tuttavia, ha ragione Cass., sez. III, 18 luglio 2023, n. 20997 quando rileva che in caso di espressa ed univoca richiesta risarcitoria da parte dell’assicurato, non si potrebbe nemmeno validamente dar luogo al contratto di assicurazione, giacché nel modello claims made, coincidendo il sinistro con la richiesta di risarcimento del danno, il rischio si sarebbe già verificato prima della stipula del contratto, ciò comportando la nullità del contratto stesso ai sensi dell’art. 1895 c.c.

[35] Si veda, ad esempio, Cass., sez. III, 18 luglio 2023, n. 20997, secondo cui nell’ambito dei contratti di assicurazione fondati sul modello claims made, per circostanze sensibili si devono intendere tutti quegli accadimenti dai quali potrebbero scaturire richieste di risarcimento del danno e la cui conoscenza risulta essere per l’assicuratore necessaria al fine di determinare un premio di entità proporzionale rispetto al rischio assicurato. La maggiore o minore prevedibilità che la circostanza sottaciuta possa causare un sinistro può rilevare, semmai, sul piano della colpa dell’assicurato.

[36] I contratti più recenti spesso prevedono un correttivo alla semplice esclusione dei fatti conosciuti, preferendosi l’esclusione di quei soli fatti conosciuti quali potenziale fonte di richiesta risarcitoria, così meglio equilibrando il rapporto tra le parti.

[37] Si pensi alla morte di un paziente in un ospedale a seguito di un intervento chirurgico senza la consapevolezza di un errore.

[38] E quindi, ovviamente, in assenza di richiesta di risarcimento precedente o anche solo di sinistro già realizzato sul precedente contratto per effetto di una deeming clause.

[39] Il d.m. 15 dicembre 2023, n. 232, entrato in vigore il 16 marzo 2024, in G.U., 1 marzo 2024, sulla determinazione dei requisiti minimi delle polizze assicurative previste dalla legge n. 24/2017, premettendo esplicitamente di operare nell’ambito di una previsione di polizza a regime claims made, esclude – con una norma che desta perplessità – all’art. 1, lett. o che si possa considerare sinistro la querela e l’avviso di garanzia (unitamente alla richiesta della cartella clinica, l’esecuzione del riscontro autoptico, l’autopsia giudiziaria o l’autopsia di cui al d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285).

[40] Disposto che prevede che il giudice pronuncia sentenza di assoluzione anche quando manca, è insufficiente o è contraddittoria la prova che il fatto sussiste, che l’imputato lo ha commesso, che il fatto costituisce reato o che il reato è stato commesso da persona imputabile.

[41] Secondo l’art. 589-sexies c.p., se i fatti di cui agli artt. 589 (omicidio colposo) e 590 (lesioni colpose) sono commessi nell’esercizio della professione sanitaria, qualora l’evento si sia verificato a causa di imperizia, la punibilità è esclusa quando sono rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida come definite e pubblicate ai sensi di legge ovvero, in mancanza di queste, le buone pratiche clinico-assistenziali, sempre che le raccomandazioni previste dalle predette linee guida risultino adeguate alle specificità del caso concreto.

[42] Si veda C. Santoriello, Le nuove regole di giudizio della Riforma Cartabia tra una positiva sinergia e una possibile eterogenesi dei fini , in Arch. penale, n. 2, 2 ss., secondo cui la regola di giudizio che deve guidare il pubblico ministero nella scelta di richiedere o meno l’archiviazione della notizia di reato (art. 408 c.p.p.) prevede la rinuncia all’azione penale quando gli elementi acquisiti nel corso delle indagini preliminari non consentono di formulare una ragionevole previsione di condanna: il pubblico ministero deve portare l’indagato davanti al giudice non per cercare la prova o corroborare gli elementi acquisiti, bensì solo se ritiene che ragionevolmente, sulla base degli elementi già acquisiti – allo stato degli atti, come nel giudizio abbreviato –, il giudice pronuncerebbe una sentenza di condanna.

[43] Cass. civ. 16 ottobre 2007, n. 21619, in Resp. civ. prev., 2008, 323, con nota di L. Locatelli, Causalità omissiva e responsabilità civile del medico: credibilità razionale o regola del “più probabile che non”?, ivi, 332.

[44] In alcuni contratti si prevede espressamente l’estensione della definizione di richiesta di risarcimento a determinate fattispecie.

[45] Nel caso in cui la polizza in vigore al momento della scoperta della circostanza termini il suo percorso di efficacia e la richiesta di risarcimento avvenga dopo la sottoscrizione di un diverso contratto. L’evento negativo potrebbe rimanere, in questa ipotesi, privo di copertura, potendo l’assicuratore del primo contratto, eccepire che durante la polizza a regime claims made non sono pervenute richieste risarcitorie e l’assicuratore del nuovo contratto opporre l’esclusione per essere il fatto causa del danno conosciuto dall’assicurato al momento della stipulazione.

[46] Da tenere presente che nel caso in cui il contratto equipari una circostanza alla richiesta di risarcimento e la prima abbia preso inizio anteriormente alla stipulazione, l’assicuratore potrebbe negare a monte la garanzia, semplicemente ritenendosi avverato prima della stipulazione il percorso progressivo e, dunque, il rischio dedotto nel contratto.

[47] La semplice informazione prevista dalla legge, infatti, non contiene gli elementi della richiesta di risarcimento. Da ultimo, sul concetto di medico strutturato, si veda L. Locatelli, Il difficile rapporto, nel processo penale e nel processo civile, tra medico strutturato, struttura e assicuratore, in Resp. civ. prev., 2024, 59.

[48] La questione dell’efficacia temporale della riforma del 2017 ha generato inizialmente pronunce contrastanti. Trib. Milano n. 12472/2018, ad esempio, ha riconosciuto la portata retroattiva della normativa, ma in altre decisioni si è giunti all’opposta conclusione, come nel caso di Trib. Roma. n. 18685/2017. La tematica è stata poi affrontata in sede di legittimità e Cass. n. 28994/2019 ha rilevato che, in assenza di una disposizione transitoria all’interno della normativa speciale, deve applicarsi l’art. 11 delle preleggi, con la conseguenza che la legge n. 24/2017 non può che regolare fattispecie verificatesi successivamente alla sua entrata in vigore.

[49] Cass., sez. III, ord., 26 ottobre 2017 n. 25430, da un lato evidenzia che in tema di assicurazione della responsabilità civile, la prescrizione breve del diritto all’indennizzo decorre dal momento in cui l’assicurato riceve la richiesta risarcitoria del danneggiato perché a partire da tale momento il responsabile è in condizione ed è tenuto ad attivare il proprio assicuratore, dall’altro rileva che il concreto accertamento della riconducibilità del sinistro nell’ambito della copertura assicurativa … non incide sulla decorrenza del termine di prescrizione.

[50] Il pensiero della S.C. in ordine a cosa debba intendersi valido al fine del decorrere del termine di prescrizione è nel senso che l’art. 2952, comma 3, c.c. segue termini rigorosi, proprio in considerazione del fatto che il termine di prescrizione ivi previsto è straordinariamente breve, sicché risultano sconsigliabili interpretazioni della lettera della legge che, ancorando la decorrenza del termine adatto a comportamenti non identificabili in modo certo, possano pregiudicare ulteriormente la certezza dei rapporti e l’esercizio dei diritti spettanti all’assicurato. Così, Cass., sez. III, sent. 13 gennaio 2015, n. 289, richiamata da Cass., ord., sez. III, 15 giugno 2020, n. 11581.

[51] Caso tipico è quello dell’a.t.p., la cui semplice attivazione non contiene una formale richiesta di risarcimento. Cass., ord., sez. III, 15 giugno 2020, n. 11581, ha accolto il ricorso di un condominio che si era visto rigettare dalla Corte di appello la domanda di indennizzo per esser il diritto verso l’assicuratore prescritto a fronte del trascorrere del termine di due anni dalla notifica del ricorso/decreto per accertamento tecnico preventivo. La necessità di un’interpretazione restrittiva, secondo la S.C., deriva, prima ancora che dal fatto che la norma in esame pone una deroga alla regola generale di cui all’art. 2946 cod. civ., dalle perplessità che hanno accompagnato la scelta dei codificatori di fissare – in origine addirittura in un anno – la prescrizione degli “altri diritti derivanti dall’assicurazioneNon è, infatti, casuale che – già prima che il legislatore portasse a due anni il termine di cui all’art. 2952, comma 2, cod. civ. … – vi erano state iniziative legislative volte ad elevare addirittura a cinque anni il termine, sottolineandosi come la disciplina italiana, nel prevedere il termine prescrizionale di un anno, fosse tra le più restrittive in ambito continentale, a fronte di ordinamenti che prevedevano già un termine di due anni (come in Francia, Germania e Danimarca), ovvero triennale (Belgio e Grecia), o ancora più lungo (Spagna, cinque anni, Inghilterra, sei anni). Va, a mio avviso, considerata anche l’altra faccia della medaglia di questa interpretazione.