Jus CivileCC BY-NC-SA Commercial Licence ISSN 2421-2563
G. Giappichelli Editore

Il ruolo dell'autonomia contrattuale nel contesto della filiera agricola e alimentare: la vendita sottocosto (di Giovanni Galasso, Ricercatore di Diritto civile – Università degli Studi di Palermo)


Il saggio si concentra sul ruolo svolto dall'autonomia contrattuale nel riequilibrare i rapporti di forza all'interno della filiera al fine di contrastare le pratiche sleali. L’indagine analizza l'impatto della Direttiva (UE) 2019/633 sulle pratiche commerciali sleali nel settore agroalimentare e la sua trasposizione nell'ordinamento italiano tramite il Decreto Legislativo n. 198/2021. Partendo dalla normativa eurounitaria, che introduce misure volte a promuovere trasparenza e prevenire comportamenti opportunistici, con particolare attenzione alla tutela dei produttori e alla distribuzione equa del valore, l’Autore mette in luce come da questi interventi legislativi emerga una chiara tendenza, fondata sulla dimensione contrattuale e su una dialettica tra le parti. Questa dialettica converge nell'intento di contrastare le pratiche sleali e di regolare meglio il mercato nelle fasi di cessione e immissione del prodotto, in linea con le nuove finalità della politica agricola comune. Inoltre, viene evidenziata l'importanza di una regolamentazione flessibile e dell'adozione di buone pratiche contrattuali, considerate strumenti essenziali per realizzare tali obiettivi, promuovendo così un mercato più equo, competitivo e sostenibile.

The role of contractual autonomy in the context of the agri-food supply chain: below-cost selling

The essay focuses on the role played by contractual autonomy in rebalancing the power dynamics within the supply chain to counteract unfair practices. The study analyzes the impact of Directive (EU) 2019/633 on unfair trading practices in the agri-food sector and its transposition into Italian law through Legislative Decree No. 198/2021. Starting from EU legislation, which introduces measures aimed at promoting transparency and preventing opportunistic behavior, with particular attention to protecting producers and ensuring fair value distribution, the author highlights how these legislative interventions reveal a clear trend based on the contractual dimension and a dialogue between the parties. This dialogue converges on the goal of countering unfair practices and better regulating the market during the stages of product transfer and placement, in line with the new objectives of the Common Agricultural Policy. Moreover, the importance of flexible regulation and the adoption of good contractual practices is emphasized as essential tools to achieve these goals, promoting a fairer, more competitive, and sustainable market.

COMMENTO

Sommario:

1. Premessa - 2. Le clausole di ripartizione del valore nella filiera agroalimentare - 3. La funzione dell’equità dell’accordo nel contrasto alle pratiche sleali nella filiera agroalimentare - 4. Criteri di regolazione e il ricorso alle buone pratiche - 5. La vendita sottocosto nella filiera agroalimentare per un pricing responsabile. - 6. Una lettura in chiave rimediale delle pratiche sleali - 7. Riflessioni finali - NOTE


1. Premessa

L’impatto sempre maggiore che la disciplina dei rapporti B2B determina nella filiera agricola e alimentare mette in risalto, da una parte, il tema della autonomia contrattuale all’interno del processo organizzativo del mercato [1]; dall’altra, l’esigenza di un’azione regolatoria conforme ed efficace, sia a livello nazionale che europeo, affinché il potere negoziale del privato sia esercitato in modo da garantire il buon funzionamento del mercato agricolo, sempre più aperto alla logica del libero scambio [2]. È questa una tendenza chiara nella evoluzione legislativa in materia agricola, allorché, come chiarisce il Considerando 6 della Direttiva 2019/633 “in un contesto di politica agricola decisamente più orientato al mercato rispetto al passato, proteggersi dalle pratiche commerciali sleali è ora più importante per gli operatori presenti nella filiera agricola e alimentare” [3]. Questa prospettiva, eminentemente funzionale, fa emergere con maggiore evidenza come il rapporto contrattuale B2B, ed in generale le modalità attraverso le quali si crea e si sviluppa la relazione tra gli operatori economici all’interno della filiera from farm to fork [4], si configuri sempre di più come un intricato connubio di discipline autonome ma interconnesse. In questo scenario sorgono diverse sfide che richiedono un approccio olistico e flessibile da parte del legislatore e degli interpreti [5]. Tale approccio mira a definire un quadro normativo chiaro e adattabile che favorisca un funzionamento efficace e trasparente del mercato agricolo e alimentare, garantendo al contempo la protezione dei soggetti più deboli e promuovendo una concorrenza equa e sostenibile [6]. Non si vuole con questo enfatizzare una dimensione, quella della complessità, tipica anche di altri ambiti. Tuttavia, nel contesto specifico della filiera agroalimentare, dove tale complessità è particolarmente evidente a causa della sua natura multifattoriale, spicca la necessità di interventi correttivi che trovano nell’autonomia negoziale un luogo privilegiato, consentendo alle parti di individuare un punto di equilibrio nelle loro relazioni commerciali [7]. L’eterogeneità dei fini nella regolazione della filiera agricola e alimentare (funzionamento efficiente del mercato agricolo e alimentare, salvaguardia delle [continua ..]


2. Le clausole di ripartizione del valore nella filiera agroalimentare

Come si è detto, è solo con la progressiva erosione del sistema di intervento pubblico che l’attività di produzione primaria e l’immissione del bene nel mercato subiscono un radicale cambiamento rispetto alle condizioni di circolazione del prodotto agricolo, inevitabilmente esposto alle fluttuazioni della domanda e alle alterazioni del mercato connesse ai pur contrastanti e ciclici fenomeni di mutamento della catena di approvvigionamento [18]. A questo mutamento si è accompagnata la crescente volontà di dare importanza ed impulso ai diversi segmenti della filiera in cui si svolgono le transazioni economiche. Centrale è il tema della ripartizione del valore generato lungo la catena, cioè della giusta distribuzione dei profitti tra gli attori coinvolti, considerando fattori come i costi di produzione, i rischi assunti e il surplus di valore prodotto. La loro corretta definizione e applicazione, oltre a costituire la premessa per una tutela effettiva della parte economicamente più debole della relazione, contribuisce a promuovere una maggiore equità e sostenibilità economica nella filiera [19]. Sul versante normativo particolarmente significativo è l’art. 172-bis del Regolamento 2021/2115 rubricato ripartizione del valore, che nell’offrire una specifica indicazione in ordine ai meccanismi di distribuzione sottolinea la rilevanza dell’autonomia negoziale nel processo di attribuzione (e creazione) del valore [20]. In realtà il regolatore, come ha correttamente evidenziato la dottrina, si preoccupa, qui, di garantire una soluzione capace di mettere in sicurezza l’operazione economica in sé, mantenendola in una posizione di equilibrio economico a fronte delle eventuali perturbazioni dei mercati [21]. Ma è possibile anche, senza eccessive forzature, prospettare una diversa e più estesa lettura dell’art. 172-bis sopra citato. Sulla scia delle indicazioni che provengono dal legislatore e dalla dottrina, la questione del valore del bene agricolo come esito di un processo di mercato e di produzione, si sostanzia, infatti, di numerosi elementi che la differenziano in maniera qualificante dalle dinamiche degli altri prodotti. Il valore di un prodotto agricolo è influenzato non solo dalla sua qualità intrinseca, ma anche da una serie di fattori peculiari, quali ad esempio l’origine [continua ..]


3. La funzione dell’equità dell’accordo nel contrasto alle pratiche sleali nella filiera agroalimentare

La Direttiva 2019/633 nel Considerando 16 avverte che: “Nel decidere se una particolare pratica commerciale è da considerarsi sleale è importante ridurre il rischio che il ricorso ad accordi equi tra le parti, volti a creare efficienza, venga limitato” [30]. Si delinea così chiaramente l’equazione equità dell’accordo-efficienza del mercato di cui sono corollario regole intese a presidiare un’adeguata correzione delle asimmetrie informative nonché più in generale volte a garantire chiarezza e trasparenza dell’operazione economica-commerciale. La disciplina italiana di recepimento dà a ciò ampio riscontro. Sembra chiaro, infatti, che il legislatore in questa occasione abbia ben colto la policy della Direttiva, la quale muovendosi verso il rafforzamento generale del potere di autoregolazione dispone l’adozione di un approccio basato su un intervento di armonizzazione minima. Ciò, da un lato, consente ai legislatori interni di avere ampi margini di manovra nell’imple­mentazione dell’elenco delle pratiche sleali, dall’altro lato, offre un chiaro e definito criterio guida contro i rischi di un irrigidimento eccessivo delle relazioni contrattuali. Imponendo un sistema di “gradualità” (black e grey list) nella valutazione del carattere di slealtà della pratica commerciale, si è aperta la via della sterilizzazione delle pratiche sleali attraverso un accordo di programmazione chiaro e “voluto”. In questa chiave, il sistema di gradualità, basato sulla categorizzazione delle pratiche commerciali in black list (pratiche decisamente sleali e vietate) e grey list (pratiche potenzialmente sleali che richiedono ulteriori valutazioni), consente una gestione più sfumata e adattabile delle pratiche commerciali. Questo approccio normativo riconosce chiaramente che non tutte le situazioni di slealtà sono equivalenti e che alcune possono essere mitigate o corrette attraverso interventi specifici e mirati, capaci di considerare attentamente la variabilità delle pratiche commerciali e delle dinamiche di mercato che mutano significativamente da un contesto all’altro. Nel segno della cifra di armonizzazione minima della Direttiva (art. 3, comma 2) la disciplina in materia di pratiche commerciali sleali nei rapporti tra imprese nella filiera agricola e alimentare, [continua ..]


4. Criteri di regolazione e il ricorso alle buone pratiche

È però con l’art. 6, comma 2, d.lgs. n. 198/2021, in modo specifico, che vengono forniti i criteri di valutazione che comprendono la correttezza e la trasparenza delle informazioni durante le fasi precontrattuali, l’assunzione, ad opera di tutte le parti della filiera, dei propri rischi imprenditoriali, la giustificabilità delle richieste e la conformità dell’esecuzione alle condizioni precedentemente concordate. L’impiego dello strumento negoziale costituito dagli accordi e dai contratti quadro previsti nel comma 1 dello stesso art. 6, e soprattutto la presenza delle organizzazioni di categoria quali garanzie e nuclei centrali per la formazione di un contenuto negoziale equo, conferma e corrobora la considerazione del richiamo del legislatore al necessario ricorso ad una chiara e ben definita individuazione delle regole, sia nel momento perfezionativo del contratto quadro che nella fase esecutiva rappresentata dall’accordo di cessione [40]. Ne risulta in tal modo valorizzata l’autonomia, strutturale e funzionale, dei canoni di conformità, stabiliti in termini di reciprocità e condivisione (dei rischi e dei costi), tanto più se si considerano la loro emersione e rilevanza nella dimensione dinamica e progressiva (dell’operazione di cessione del bene) rispetto al momento statico della formazione dell’accordo. In questa cornice appare dunque giustificata la rimeditazione dell’im­posizione di limiti generali a talune pratiche ritenute astrattamente ed in sé vietate, che ha condotto il legislatore a prospettare in modo più persuasivo una valutazione caso per caso, più attenta all’utilità pratica e alle intenzioni delle parti. Il riferimento è in generale alle pratiche contenute nella grey list dove appare in tutta evidenza l’effetto paralizzante e di immunizzazione, di cui parla la dottrina, dell’accordo rispetto all’abu­sività della pratica [41]. Ma di maggior evidenza in questa prospettiva è la curvatura, in chiave espansiva, dell’attività negoziale all’interno della disciplina della vendita del sottocosto e della clausola c.d. di reso. Tali ultime pratiche commerciali hanno attirato la maggiore attenzione dei regolatori, non solo per la loro ampia diffusione ma anche per le difficoltà di riconoscere limiti e benefici di efficienza nel loro [continua ..]


5. La vendita sottocosto nella filiera agroalimentare per un pricing responsabile.

Da questo punto di vista, la pratica del sottocosto rappresenta un punto focale particolarmente significativo poiché evidenzia il bilanciamento tra il controllo normativo e la promozione della libertà contrattuale. In molti contesti, il sottocosto si è rivelato un problema persistente, con effetti negativi su agricoltori e operatori della filiera agroalimentare. Tuttavia, il passaggio dalla proibizione a una disciplina del sottocosto, come si dirà a breve, indica in modo univoco come la soluzione a questo problema non è necessariamente rappresentata da misure sanzionatorie o demolitorie volte a impedirne l’uso. Ma, al contrario, dalla presa d’atto che tali forme di tutela determinerebbero un effetto di overdeterrence, scoraggiando gli attori della filiera agroalimentare dall’agire in modo autonomo e dalla ricerca di soluzioni innovative per affrontare le sfide del settore. Diversamente, prende corpo l’idea di affrontare la questione in modo più equo ed equilibrato, affidandosi alla forza dell’autonomia contrattuale e alla capacità delle parti coinvolte di autoregolarsi, ponendo le condizioni affinché esse possano raggiungere accordi vantaggiosi e sostenibili nel contesto di un mercato competitivo. Il potere di autoregolazione delle parti, in questo caso, se sottoposto ad uno scrutinio attento alle finalità perseguite e agli interessi tutelati dalla norma, consentirebbe agli attori della filiera di negoziare condizioni che riflettano meglio le loro esigenze e le loro realtà. Questa prospettiva favorirebbe la formazione di prezzi equi per gli agricoltori per la cessione dei loro prodotti e ai consumatori l’accesso ad alimenti sicuri e di non scarsa qualità, senza tuttavia soffocare la flessibilità necessaria per adattarsi alle sfide di un settore in continua evoluzione, mantenendo la capacità degli operatori economici di rispondere in modo flessibile alle dinamiche del mercato. Tutto ciò è evidenziato dal chiaro proposito del nostro legislatore, il quale ha voluto inserire una specifica indicazione sulla modalità di svolgimento della pratica commerciale del sottocosto. Il riferimento è all’art. 7, comma 1, lett. h, legge n. 53/2021 (legge di delegazione europea 2019-2020), che vincola il Governo ad introdurre una modifica alla disciplina generale delle vendite sottocosto, di cui al d.P.R. 6 aprile [continua ..]


6. Una lettura in chiave rimediale delle pratiche sleali

Lo scrutinio di abusività nel nostro ordinamento, in merito all’esercizio del potere o della libertà di determinazione del prezzo nei contratti di cessione dei prodotti agricoli, non segue un criterio uniforme. In alcuni casi, il controllo sull’abusività delle condotte prescinde dal carattere impositivo o unilaterale della decisione. È questo il caso del divieto di utilizzo delle gare e delle aste elettroniche a doppio ribasso (art. 5, comma 1, d.lgs. n. 198/2021). In altre situazioni, invece, la valutazione della slealtà della condotta è meno rigida, tenendo conto di quanto concordato dalle parti e del contesto specifico in cui si inserisce l’accordo, come avviene per le vendite sottocosto (art. 7, d.lgs. n. 198/2021). La prima indicazione particolarmente rilevante, nel primo caso, emerge dal I comma dell’art. 5 del d.lgs. sopra richiamato, e consiste nella posizione di netto disfavore espressa dal nostro legislatore verso tale prassi, che viene vietata indipendentemente dalle intenzioni delle parti o delle dinamiche della scelta dei fornitori di partecipazione alla gara. In questa fattispecie, sembra delinearsi una presunzione assoluta di slealtà, che prescinde sia dall’esistenza di alternative adeguate, sia dal comportamento del soggetto leso, configurando così un’ipotesi di abuso in re ipsa, comminata da una sanzione amministrativa particolarmente elevata in considerazione della gravità del fatto e della sua reiterazione fino a stabilire la sospensione dell’attività. Al contrario, nulla prevede la medesima disposizione in ordine alla sua ricaduta sul piano privatistico – al netto della previsione generale del 4 comma dell’art. 1 che riconosce natura imperativa agli artt. 3, 4, 5 e 7 e la nullità delle clausole e dei patti contrari che si discostano dagli elementi contrattuali in essi indicati – lasciando all’in­terprete il compito di individuare le conseguenze che si riflettono sul contratto a seguito del comportamento vietato [92]. Dal punto di vista del diritto dei contratti la regola violata non può che essere ricondotta ad una fase interna al rapporto negoziale che attiene al momento formativo del contratto e che va riferita alla volontà delle parti di utilizzare il mezzo delle gare e delle aste elettroniche a doppio ribasso per l’acquisto dei prodotti agricoli e [continua ..]


7. Riflessioni finali

Da quanto sin qui detto è possibile cogliere in questi interventi legislativi una chiara tendenza, costituita dalla dimensione contrattuale e da una dialettica tra le parti che si alimenta di condotte, impegni, propositi, manifestazioni di volontà destinate a convergere nell’intento di contrastare il manifestarsi di pratiche sleali e di regolare al meglio il mercato nella fase della cessione e immissione del prodotto agroalimentare, nella direzione delle nuove finalità della politica agricola comune. L’obiettivo è di mettere al sicuro l’ope­razione negoziale da possibili comportamenti opportunistici che si riflettono negativamente sulla parte debole attraverso la previsione in positivo di buone pratiche. In questo contesto, emerge in maniera evidente una serie di aspetti rilevanti che impongono un diverso ordine di valutazioni in merito alla disciplina dei rapporti contrattuali nella filiera agricola e alimentare. La dimensione contrattuale si basa su un dialogo costante tra le parti coinvolte, questo confronto è alimentato da una serie di fattori, quali canoni di condotta, vincolatività degli impegni assunti, propositi dichiarati e manifestazioni di volontà espresse dai paciscenti. L’obiettivo primario della dialettica negoziale è contrastare le pratiche sleali e garantire una regolamentazione più efficace dell’organizzazione del mercato agricolo, in linea con le nuove finalità stabilite dalla politica agricola comune. La dottrina più attenta ha messo in evidenza l’importanza di impostare in maniera precisa e accurata i termini della questione. Non si tratta più semplicemente di determinare il prezzo delle transazioni, ma di considerare attentamente il comportamento delle parti coinvolte e il suo potenziale impatto negativo sull’equilibrio complessivo dell’operazione economica [102]. Di conseguenza, si assiste ad un progressivo spostamento dall’asse centrale della determinazione del prezzo verso un’enfasi delle condotte contrattuali e della promozione di pratiche corrette, al fine di preservare gli interessi della parte più vulnerabile e di ridurre i rischi associati ai fallimenti del mercato. Tale evoluzione normativa testimonia l’importanza di considerare, nel contesto del mercato agricolo, non solo gli aspetti economici, ma anche quelli sociali e ambientali. In tal senso, emerge [continua ..]


NOTE