Il contributo – dopo aver rammentato la recente evoluzione della réserve nel Code civil francese – si propone di indagare il rapporto fra successione necessaria e ordine pubblico internazionale con riferimento al Regolamento europeo sulla successione transfrontaliera e, in particolare, al criterio ivi contemplato della “residenza abituale”, funzionale all’individuazione della lex succesionis. Si analizza, pertanto, la conclusione cui giunge la Corte EDU, la quale non riconosce l’esistenza di un diritto generale e incondizionato dei figli ad ereditare, evidenziandone i possibili riverberi sull’ordinamento italiano.
The essay - after reminding the recent evolution of the réserve in the French Civil Code - aims at investigating the relationship between necessary succession and international public order with reference to the European Regulation on cross-border succession and, in particular, the criterion contemplated therein of ‘habitual residence’ in order to identify the lex succesionis. Therefore, the essay analyses the conclusion reached by the European Court of Human Rights which does not recognise the existence of a general and unconditional right of children to inherit, highlighting the possible repercussions on the Italian legal system.
Corte EDU, sez. V, 15 febbraio 2024, (Requête no. 14157/18)
La Corte EDU da un lato, non riconosce l’esistenza di un diritto generale e incondizionato dei figli ad ereditare una parte del patrimonio dei loro genitori, anche se ha ammesso il posto attribuito alla riserva ereditaria nell’ordinamento giuridico interno della maggioranza degli Stati contraenti, e, dall’altro, nel caso di specie, ha verificato che i ricorrenti non si trovassero in una situazione di precarietà economica o di bisogno prima di escludere l’eccezione di ordine pubblico internazionale, la quale opera come limite generale all’ingresso, nell’ordinamento interno, di disposizioni normative o provvedimenti provenienti da ordinamenti stranieri.
1. Premessa - 2. L’evoluzione della réserve nel Code civil - 3. La fattispecie al centro della controversia. - 4. Regolamento UE sulla successione transfrontaliera e ordine pubblico internazionale - 5. Il criterio della “residenza abituale” al fine di individuare la lex succesionis - 6. La conclusione della Corte EDU e riflessi sul nostro ordinamento - 7. Riflessioni conclusive - NOTE
Rare volte accade che da un capolavoro della letteratura si riesca a trarre un film di altrettanto successo. “Il dottor Živago”, tratto dal libro di Boris Pasternak, premio Nobel nel 1958, rappresenta un esempio di tale felice combinazione. La pellicola con Omar Sharif del 1965, vincitrice di cinque Oscar, è rimasta nella memoria anche per la sua colonna sonora con il celebre “Tema di Lara” di Maurice Jarre, con il suo crescendo orchestrale e l’accompagnamento di ventidue balalaike.
Come la trama de “Il dottor Živago” è fortemente intrecciata alla tragica storia della guerra civile sovietica e alla vita di Pasternak, perseguitato dal regime sovietico, anche la pronuncia che si commenta è fortemente legata sia all’evoluzione storica del diritto successorio sia alle vicende personali del de cuius, proprio quel Maurice Jarre autore della colonna sonora del film.
La sentenza della Corte EDU, sez. V, 15 febbraio 2024 [1] è di particolare momento in quanto per la prima volta la Corte si sofferma sul rapporto tra successione necessaria, segnatamente il diritto alla quota di legittima, e ordine pubblico internazionale.
Il Code civil francese – il cui impianto originario era stato mutuato in toto dal Codice italiano del 1865 – costituisce l’archetipo del principio di uguaglianza tra gli eredi per il quale «les descendants ont un droit égal sur les biens de leurs ascendants» [2], portato dalla Rivoluzione francese.
L’impatto di tale innovazione sull’assetto sociale dell’epoca è stato efficacemente sintetizzato da Francesco Galgano secondo il quale «molti pensano che a decapitare la nobiltà francese sia stata la ghigliottina [ma] il vero patibolo fu eretto nel 1804, occultato sotto le cartacee sembianze del code Napoléon. La sentenza di morte fu eseguita, senza rullar di tamburi, da queste dieci parole recitate dall’art. 742: l’eredità si divide in parti uguali fra i discendenti» [3].
Nell’ordinamento francese il legittimario gode di una tutela forte derivante dalla natura della legittima come quota di eredità [4], la cui estensione, stabilita dall’art. 913 cod. civ., limita notevolmente la quota disponibile. Invero, è previsto che la réserve ammonti alla metà dell’eredità qualora il de cuius lasci un solo figlio, a due terzi dell’eredità se il defunto lascia due figli e a tre quarti dell’eredità qualora il defunto lasci tre o più figli.
Negli ultimi vent’anni la réserve ha subìto importanti revisioni nel senso di una più accentuata sensibilità verso la promozione dell’autonomia negoziale in ambito successorio: a partire dalla legge n. 2006-728 del 23 giugno 2006 “portant réforme des successions et des libéralités”, l’ordinamento francese ha conosciuto vari interventi che hanno modificato la quota di riserva, «restringendo il suo ambito di applicazione, diminuendo la sua forza e alterando la sua natura» [5].
Invero, tale riforma ha espunto dal novero dei legittimari gli ascendenti, con l’abolizione del principio di reciprocità della legittima in linea retta, lasciando unicamente i discendenti e il coniuge (l’art. 916 recita «A défaut de descendant et de conjoint survivant non divorcé, les libéralités par actes entre vifs ou testamentaires pourront épuiser la totalité des biens»), con la precisazione che a quest’ultimo in assenza di discendenti spetta un quarto dell’asse (art. 914-1) a titolo di riserva.
Inoltre, la novella del 2006, oltre a introdurre la categoria dogmatica delle liberalites, nella quale sono confluite successioni e donazioni, con un significativo avvicinamento della materia successoria a quella contrattuale, ha, tra le varie novelle, introdotto all’art. 292 il patto successorio rinunciativo [6], concedendo a un presunto erede necessario la facoltà di rinuncia anticipata a promuovere un’eventuale azione di riduzione. In aggiunta, ha reso di portata generale la regola della riduzione per equivalente (art. 924), che in precedenza rappresentava un’eccezione dai confini limitati rispetto al principio della riduzione in natura, rivitalizzando peraltro il modello delle successioni separate secondo l’origine dei beni.
Successivamente, il 5 agosto 2011 il Conseil constitutionnel ha dichiarato incostituzionale l’art. 2 della legge del 14 luglio 1819 relativa al “droit d’aubaine et de détraction”, che riconosceva agli eredi di nazionalità francese esclusi da un’eredità regolata da una legge straniera un “droit de prélèvement” compensativo sui beni siti in Francia: la norma abrogata realizzava, infatti, una chiara disparità di trattamento tra gli eredi francesi e quelli aventi altra cittadinanza, assicurando protezione internazionale ai soli legittimari francesi, con una discriminazione tra gli eredi in base alla nazionalità [7].
In seguito, con due sentenze del 27 settembre 2017, la prima sezione civile della Cour de cassation, ha stabilito che la legge californiana [8], la quale non contempla la quota di legittima, non è contraria all’ordine pubblico internazionale francese, atteso che non lascia i figli pretermessi «dans un état de précarité ou de besoin, en réduisant ainsi la réserve héréditaire à une fonction purement alimentaire» [9]. Riecheggia, in tali parole della Suprema Corte francese, la tesi suggerita da Paul Lagarde [10], il quale ha proposto di valutare caso per caso la contrarietà all’ordine pubblico, a seconda se l’esito dell’applicazione della legge straniera comporti o meno in concreto la sottrazione di risorse a figli minori o a figli che frequentino ancora corsi di studio.
In tali sentenze la Cour de cassation ha riepilogato le menzionate riforme che hanno toccato la réserve, per concludere che esse hanno modificato il significato dello stesso istituto, la cui funzione alimentare prevale sulla funzione di conservazione dei beni nella famiglia, con conseguente “declino” della quota di riserva nelle successioni internazionali.
Uno di tali due contenziosi – entrambi curiosamente riguardanti l’eredità di due famosi musicisti [11] – è giunto davanti alla Corte europea dei diritti dell’uomo, che, con la pronuncia in commento, ha chiarito che l’abolizione del “droit d’aubaine et de détraction” ad opera della menzionata sentenza del Conseil constitutionnel non costituisce una violazione dei diritti scolpiti dalla Convenzione, in quanto la Corte EDU «n’a jamais reconnu l’existence d’un droit général et inconditionnel des enfants à hériter d’une partie des biens de leurs parents» [12].
Giova segnalare che la legge n. 2021-1109 del 24 agosto 2021 – per contrastare l’applicazione del diritto successorio musulmano che discrimina in base al sesso, superabile, tuttavia, con l’eccezione di ordine pubblico internazionale – ha valorizzato l’istituto della riserva reintroducendo il “droit de prélèvement” in favore dei legittimari sui beni situati in Francia il giorno del decesso, qualora il defunto o almeno uno dei suoi figli sia, al momento del decesso, cittadino europeo o vi risieda abitualmente, e qualora la legge straniera applicabile alla successione non permetta alcun meccanismo di protezione legittimaria dei figli, in modo da reintegrarli nei diritti attribuiti loro dalla legge francese [13]. Nondimeno, tale novella si applica alle successioni aperte dopo la sua entrata in vigore (1° novembre 2021) e dunque non riguarda il caso di cui si discute.
Al fine di meglio inquadrare la fattispecie, giova sintetizzare la vicenda al centro della controversia in questione.
Nel 1984, Maurice Jarre, dopo aver avuto due figli dai suoi primi due matrimoni, si risposò per la quarta volta e si stabilì con la moglie in California. Nel 1991 i coniugi costituirono un trust – il Jarre Family Trust – di diritto californiano, di cui essi erano unici trustee e nel quale furono conferite tutte le proprietà del musicista, compresi gli immobili situati nel Stati Uniti e le royalties e diritti d’autore raccolti attraverso la Società degli autori, compositori ed editori musicali in Francia. Nel 1995, il compositore e la moglie costituirono una società immobiliare, alla quale furono conferiti i beni immobili situati a Parigi di proprietà del musicista. Il 31 luglio 2008 Maurice Jarre redigeva testamento individuando la moglie quale unica beneficiaria del proprio patrimonio e moriva l’anno successivo in California. A seguito del trust, in applicazione della legge californiana, le operazioni successorie sono state effettuate negli Stati Uniti secondo le direttive del trust Jarre Family, senza che fosse aperta alcuna successione in Francia, dove si trovavano alcuni beni immobili della società immobiliare costituita dal de cuius.
Poiché erano stati lesi nella loro legittima, i due figli, nati dal primo e dal secondo matrimonio del de cuius, agivano in giudizio, invocando l’esistenza del descritto diritto di prelievo e di detrazione corrispondente alla loro quota riservata sul patrimonio paterno situato in Francia, ai sensi dell’art. 2 della legge del 14 luglio 1819, successivamente abrogata dal Conseil constitutionnel.
Il ricorso promosso dai figli davanti alla Corte EDU ha riguardato proprio gli effetti della sentenza del Conseil constitutionnel che nel 2011 ha dichiarato incostituzionale l’art. 2 della legge del 14 luglio 1819 relativa all’abolizione del “droit d’aubaine et de détraction”, che fino ad allora conferiva agli eredi francesi esclusi da un’eredità disciplinata dal diritto straniero il diritto ad un prelievo compensativo sul patrimonio situato in Francia. Tale declaratoria d’incostituzionalità era immediatamente applicabile alle controversie pendenti, tra cui quella già intentata dai due legittimari, il cui diritto non era stato ancora giudizialmente riconosciuto.
Invocando l’art. 6, § 1, della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti umani e delle libertà fondamentali e l’art. 1 del Protocollo n. 1 addizionale alla stessa Convenzione (secondo cui «Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non per causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale»), i ricorrenti hanno lamentato di non essere stati riconosciuti dai tribunali interni per la loro quota di riserva nel patrimonio paterno, che era stata violata per effetto di un trust e, dunque, hanno affermato di essere titolari di beni in proprietà o, per lo meno, di una aspettativa sulla proprietà relativa ai beni ereditari.
Giova rammentare che, secondo la giurisprudenza della Corte EDU, questa è chiamata a verificare «se sia stato mantenuto un giusto equilibrio tra le esigenze dell’interesse generale della comunità e gli imperativi della salvaguardia dei diritti fondamentali dell’individuo» [14]. Pertanto, spetta alla discrezionalità del legislatore nazionale, come tale insindacabile dal giudice sovranazionale, il compito di indicare i connotati della pubblica utilità e dell’interesse generale, sebbene – secondo la stessa giurisprudenza – la disciplina positiva debba rispondere ad un criterio di ragionevolezza, da cui deriva un sindacato secondo il concetto di “proporzionalità” e di “giusto equilibrio” tra l’imperativo degli interessi generali della collettività e la salvaguardia dei diritti fondamentali dell’uomo.
Nella pronuncia in epigrafe, la Corte EDU precisa che l’ingerenza nel diritto al rispetto delle aspettative di proprietà dei ricorrenti deriva dall’abrogazione di una norma costituzionale consentita dall’art. 62 della Costituzione francese. Pertanto, detta ingerenza è, nel caso che ci occupa, reputata conforme all’interesse generale, atteso che l’abrogazione del vecchio diritto di detrazione era portato da una norma discriminatoria che favoriva solo i francesi.
Inoltre, la Corte EDU conferma quanto già disposto dalla Cour de cassation con sentenza del 27 settembre 2017 che, nel respingere il ricorso dei due figli del de cuius, aveva affermato che «Una legge straniera designata dalla regola di conflitto che ignori la riserva ereditaria non è di per sé contraria all’ordine pubblico internazionale francese e può essere esclusa solo se la sua concreta applicazione, in caso specifico, conduce ad una situazione incompatibile con i principi del diritto francese considerati essenziali».
In proposito, è noto che, allo scopo di armonizzare il diritto successorio europeo, a partire dal 17 agosto 2015 è entrato in vigore il Regolamento UE n. 650/2012 del 4 luglio 2012 (nel prosieguo il “Regolamento”) [15], volto a dettare norme uniformi di diritto internazionale privato, immediatamente vincolanti all’interno di tutto lo spazio giuridico europeo, in relazione alla competenza, alla legge applicabile, all’accettazione e all’esecuzione degli atti pubblici in materia di successioni transnazionali.
In forza del principio di primazia del diritto comunitario, il Regolamento prevale sulle leggi nazionali con esso confliggenti, ossia sulle norme interne di diritto internazionale privato che per l’Italia sono comprese negli artt. da 46 a 50 della legge 31 maggio 1995, n. 218.
Tale Regolamento ha inciso notevolmente sulla nostra disciplina successoria [16], ampliando notevolmente i confini di applicazione di una legge straniera, con significativi riverberi applicativi. Invero, nella prassi, non è raro imbattersi nel tentativo di aggirare i diritti dei legittimari, cercando di assoggettare la propria successione alla legge di uno Stato – anche extra UE – che non prevede i diritti di legittima o il divieto di patti successori [17].
Si pensi, a mo’ di esempio, al Código Civil de la República de Panamá che non prevede in capo ai figli il diritto ad una quota di eredità, limitandosi a contemplare all’art. 814 il diritto ad un mero credito alimentare solo qualora sussista un effettivo stato di bisogno («Los hijos o descendientes legítimos del testador, y los hijos naturales que éste haya reconocido legalmente, tendrán derecho a los alimentos en la extensión que señala el Artículo 236») oppure al Código Civil de Costa Rica che non riconosce alcun diritto di legittima a favore dei figli, bensì, all’art. 595, un mero obbligo alimentare solo in ipotesi di figlio minore o handicap («El testador podrá disponer libremente de sus bienes, con tal que deje asegurados los alimentos de su hijo hasta la mayoría de edad si es menor y por toda la vida si el hijo tiene una discapacidad que le impida valerse por sí mismo, además, deberá asegurar la manutención de sus padres y la de su consorte mientras la necesiten»). Inoltre, in ambito europeo, l’ordinamento del Regno Unito non conosce il diritto alla legittima ma, secondo l’Inheritance Provision for Family and Dependants Act del 1975, il giudice può discrezionalmente disporre provvedimenti patrimoniali in ragione delle necessità di mantenimento a favore dei congiunti del defunto, qualora i beneficiari siano stati pretermessi o non sufficientemente considerati nel testamento (in termini analoghi si veda l’art. 684 Code civil du Québec come novellato dalla Loi modifiant le Code civil du Québec et d’autres dispositions législatives afin de favoriser l’égalité économique entre les époux, L. Q. 1989, c. 55) [18].
Il Regolamento stabilisce le regole per l’individuazione della lex sucessionis, vale a dire della legge atta a disciplinare una determinata fattispecie successoria che presenta elementi di estraneità rispetto all’ordinamento interno. Detta legge può anche essere quella di uno Stato non membro dell’Unione Europea [19] e regolerà, dal momento dell’apertura fino alla divisione, l’intera successione, la quale riceverà un’unica regolazione legislativa in tutti i suoi profili (dall’individuazione dei soggetti chiamati all’interpretazione delle disposizioni testamentarie), rispettando così il principio dell’unità della successione [20].
Pertanto, la legge applicabile alla vicenda successoria ben potrebbe in ipotesi anche non riconoscere i diritti dei legittimari, atteso che nel Regolamento non è presente il limite dell’inderogabilità dei diritti dei riservatari posto in materia di diritto internazionale privato dall’art. 46, comma 2, legge 31 maggio 1995, n. 218, secondo il quale «Nell’ipotesi di successione di un cittadino italiano, la scelta non pregiudica i diritti che la legge italiana attribuisce ai legittimari residenti in Italia al momento della morte della persona della cui successione si tratta».
Non potrebbe invocarsi la tutela dei diritti degli eredi necessari neppure in forza del principio dell’ordine pubblico internazionale, il quale opera quale “controlimite” posto a garanzia dell’integrità del nostro ordinamento rispetto alla circolazione dei valori giuridici cui tende, invece, il sistema del diritto internazionale privato, di talché, qualora si debba fare applicazione di una legge straniera o si debba riconoscere efficacia a un atto straniero, l’interprete deve verificare se la disciplina del singolo caso concreto risponda ai princípi fondamentali e irrinunciabili del nostro ordinamento.
Invero, secondo la Corte di cassazione italiana, si deve ammettere il contrasto con l’ordine pubblico «soltanto nel caso in cui il giudice possa motivatamente ritenere che al legislatore ordinario sarebbe ipoteticamente precluso di introdurre, nell’ordinamento interno, una norma analoga a quella straniera, in quanto incompatibile con valori costituzionali primari» [21]. Tale scrutinio è stato poi esteso dalle Sezioni Unite della Suprema Corte anche a «principi e valori esclusivamente propri dell’ordinamento interno, purché fondamentali ed irrinunciabili» [22], nonché al «modo in cui detti principi si sono incarnati nella disciplina ordinaria dei singoli istituti e dell’interpretazione fornitane dalla giurisprudenza costituzionale e ordinaria, la cui opera di sintesi e ricomposizione dà forma a quel diritto vivente, dal quale non può prescindersi nella ricostruzione della nozione di ordine pubblico, quale insieme dei valori fondanti dell’ordinamento in un determinato momento storico» [23].
Similmente, la Cour de cassation (a partire dalla sentenza Lautour del 25 maggio 1948) ha definito l’ordine pubblico internazionale francese come l’insieme dei principi di giustizia universale ritenuti dall’opinione francese dotati di assoluto valore internazionale.
Peraltro, l’art. 35 del Regolamento contiene uno specifico riferimento all’ordine pubblico, prevedendo che la legge applicabile alla successione non trovi applicazione quanto «manifestamente incompatibile con l’ordine pubblico del foro». In difetto di indicazioni normative che chiariscono la portata del limite dell’ordine pubblico nel Regolamento, valga osservare che tale questione è stata affrontata da una sentenza della Corte di giustizia UE, secondo la quale l’ordine pubblico può operare unicamente laddove l’applicazione della normativa di un diverso ordinamento costituisca «una manifesta violazione di una norma considerata essenziale nell’ordinamento giuridico dello Stato membro richiesto o di un diritto riconosciuto come fondamentale nello stesso ordinamento giuridico» [24].
I diritti dei legittimari e più in generale il sistema della successione necessaria non solo non hanno alcuna copertura costituzionale né sono attuative di diritti inviolabili dell’uomo, sì che risultano derogabili da una legge straniera o applicabili a condizioni di reciprocità, ma neppure appaiono espressioni di valori fondamentali e irrinunciabili dell’ordinamento. Del resto, l’art. 42, comma 4, Cost. in materia successoria menziona espressamente unicamente la successione legittima e quella testamentaria e, pertanto, la legge straniera che non assicura la stessa tutela dei diritti dei legittimari garantita dal nostro codice civile non è in rapporto di manifesta incompatibilità con il nostro ordinamento, non raggiungendo il grado di contrasto richiesto dall’art. 35 del Regolamento.
Pertanto, la successione necessaria non costituisce espressione dell’ordine pubblico internazionale nel nostro sistema né in quello transalpino [25].
Nel caso di specie, la Corte EDU rileva che il padre dei ricorrenti avesse scelto durante la sua vita di regolare il suo patrimonio e la sua successione non secondo il diritto francese ma secondo il diritto californiano.
In proposito, si rammenta che ai fini dell’individuazione della legge applicabile, l’art. 21 del Regolamento n. 650/2012 non adotta il criterio della legge nazionale del defunto scolpito nell’art. 46 della legge 31 maggio 1995, n. 218, ma afferma il criterio della residenza abituale al momento della morte [26]: «Salvo quanto diversamente previsto dal presente regolamento, la legge applicabile all’intera successione è quella dello Stato in cui il de cuius aveva la propria residenza abituale al momento della morte». Il successivo art. 22 consente di esercitare la professio iuris permettendo di scegliere come legge che regola l’intera successione quello dello Stato di cui ha la cittadinanza al momento della scelta o all’epoca della morte.
Il criterio in parola fa sì che, quando esso cade nel territorio di uno Stato membro, forum e ius siano unificati rispetto alla medesima successione, in quanto costituisce, in uno, titolo di giurisdizione e criterio di collegamento, al principale scopo di semplificare la definizione delle controversie, l’amministrazione della massa e la relativa devoluzione, a vantaggio dell’efficienza e della certezza del diritto.
Qualora i beni ereditari si trovino nel territorio di uno Stato membro, ma il defunto risiedeva in uno Stato terzo al momento della morte, la giurisdizione spetta allo Stato cui sono situati i beni, operando la «competenza sussidiaria» dettata dall’art. 10 del Regolamento. Tuttavia, alla presenza dei beni nello Stato membro si affiancano altri fattori di collegamento, in quanto occorre che lo Stato in cui sono situati i beni sia quello di cui il defunto era cittadino al momento della morte (lett. a), oppure quello della sua precedente residenza abituale purché, nel momento in cui il foro è adito, non siano trascorsi più di cinque anni dal cambio di residenza (lett. b).
Se, applicando tali criteri, non si individua la competenza di nessun organo giurisdizionale di uno Stato membro, gli organi giurisdizionali dello Stato membro in cui si trovano beni ereditari saranno competenti a decidere su tali beni: pertanto, in questo caso, la competenza sarà circoscritta alle decisioni riguardanti detti beni.
Il concetto di “residenza abituale” non è innovativo in quanto è stato già adottato sia nell’ambito di convenzioni internazionali [27], sia in numerosi regolamenti dell’Unione Europea [28] per superare la tradizionale contrapposizione tra cittadinanza e domicilio nel loro impiego, sia come titoli di giurisdizione che come criteri di collegamento. La scelta del legislatore europeo di riferirsi a tale concetto giuridico è stata dettata dall’intento di scongiurare i conflitti di qualificazione che sarebbero potuti scaturire dall’eventuale mancata corrispondenza fra le nozioni giuridiche di domicilio proprie dai diversi Stati membri [29].
Poiché il Regolamento non fornisce una definizione di “residenza abituale”, è possibile ricavare utili indicazioni (i) da altri regolamenti comunitari che impiegano tale nozione come titolo di giurisdizione nonché come criterio di collegamento, (ii) dalla giurisprudenza comunitaria e nazionale nonché (iii) dai “considerando” dello stesso Regolamento, i quali hanno un’indubbia valenza interpretativa.
In particolare, dai “considerando” 23 e 24 dello stesso Regolamento n. 650/2012 in materia successoria [30] si ricava che il criterio della residenza abituale esige l’accertamento (i) di un collegamento fisico tra il soggetto interessato e un dato luogo connotato da una certa stabilità desumibile dal mero fattore temporale ovvero da altri elementi quali le ragioni del soggiorno che ne escludano l’occasionalità e la temporaneità (elemento oggettivo), nonché (ii) dell’intenzione del medesimo soggetto di fissare in tale luogo la propria residenza in maniera stabile, comprovata da elementi, quali, ad esempio, l’acquisto o la locazione di una casa, l’iscrizione dei figli ad una scuola o la stipula di un contratto di lavoro a tempo indeterminato (elemento soggettivo).
Attesa la difficoltà di determinare la residenza abituale e nella consapevolezza che tale criterio, ancorché abbia carattere ampio, non è sempre di per sé sufficiente a individuare la legge più prossima ovvero il vincolo più stretto di una determinata persona con un luogo, data la rammentata insufficienza del mero certificato di residenza, l’art. 21, comma 2, Regolamento n. 650/2012 accorda prevalenza all’elemento oggettivo depotenziando la posizione psicologica del defunto, ai fini della ricostruzione della nozione di residenza [31]. Invero, prevede che «se in via eccezionale, dal complesso delle circostanze del caso concreto risulta chiaramente che, al momento della morte, il defunto aveva collegamenti manifestamente più stretti con uno Stato diverso da quello la cui legge sarebbe applicabile ai sensi del paragrafo 1, la legge applicabile alle successioni è quella di tale altro Stato» [32].
Allo stesso modo, il considerando 25 consente in casi eccezionali – quali, ad esempio, il trasferimento del futuro de cuius nello Stato di residenza abituale in un momento relativamente prossimo alla sua morte, qualora tutte le circostanze del caso indichino che aveva collegamenti manifestamente più stretti con un altro Stato – di individuare quale legge applicabile alla successione quella dello Stato con il quale il defunto aveva collegamenti manifestamente più stretti e non quella dello Stato di residenza abituale del defunto.
Pertanto, il concetto comunitario di residenza abituale scolpito dal Regolamento si distingue da quello del nostro codice nel quale, secondo la definizione dell’art. 43, comma 2, cod. civ., la residenza si colloca «nel luogo in cui la persona ha la dimora abituale», avvicinandosi, invece, alla definizione di domicilio che si rinviene al comma 1 dello stesso art. 43 cod. civ., attesa la necessità di valorizzare, oltre che la presenza fisica dell’individuo in un certo luogo e il carattere usuale di tale presenza, altresì tutti i fattori idonei a fare di quel luogo il centro effettivo della vita della persona.
Di conseguenza, il concetto di residenza abituale si configura come un concetto da costruire sulla base del significato proprio della locuzione, la quale parrebbe esigere da un lato che il periodo di permanenza in un dato luogo sia “apprezzabile”, senza, tuttavia, essere necessariamente “continuativo”, ma neppure “occasionale”.
La mobilità della residenza abituale favorisce la ricerca dell’ordinamento più conveniente per radicare in modo stabile e permanente il proprio centro degli interessi, trasferendolo da uno Stato a un altro al fine di individuare in quest’ultimo la residenza abituale. È pur vero che il considerando n. 26 del Regolamento precisa che un organo giurisdizionale potrebbe applicare meccanismi intesi a contrastare l’elusione della legge, come la frode alla legge nel contesto del diritto internazionale privato, applicandosi così – qualora, ad esempio, si sposti artificiosamente, in prossimità della morte, la maggior parte dei propri beni in un altro Stato al fine di radicare la residenza abituale – il criterio sussidiario dello Stato con il quale il defunto aveva collegamenti manifestamente più stretti. Nondimeno, tali “valvole di sicurezza” contro i trasferimenti fraudolenti della residenza abituale non si dimostrano sempre di facile funzionamento, scontrandosi sovente con fattispecie in cui convergono molteplici circostanze non certo di univoco segno di talché sarebbe arduo ravvisare profili di artificiosità.
Da quanto esposto, un soggetto che intendesse pianificare la propria successione evitando l’applicazione del disposto codicistico interno che impone il rispetto dei diritti dei legittimari dovrebbe trasferirsi in uno Stato che non prevede tale tutela, facendo sì che al momento della sua morte possa individuarsi in esso la sua residenza abituale da una valutazione globale delle circostanze della vita del defunto negli anni precedenti al decesso. In particolare, occorre tenere in conto la durata, la regolarità e la stabilità del soggiorno in tale Stato, nonché le condizioni e le ragioni dello stesso, indipendentemente dalle mere risultanze anagrafiche, potendosi affermare che il de cuius avesse il centro dei propri interessi nello Stato che non tutela i legittimari, in quanto aveva creato legami stretti con tale Stato, senza mantenerne in modo significativo con il proprio Stato d’origine.
Tuttavia, ciò, oltre ad essere connotato dall’inevitabile relatività propria del ricorso alle presunzioni, può non essere sufficiente ai fini di identificare la legge applicabile alla successione nello Stato diverso da quello italiano qualora, ad esempio, vi siano documentati dissapori con i figli, in quanto, secondo il considerando 26 del Regolamento, «nulla nel presente regolamento dovrebbe impedire a un organo giurisdizionale di applicare meccanismi intesi a contrastare l’elusione della legge, come la frode alla legge nel contesto del diritto internazionale privato».
Inoltre, il considerando 38 è esplicito nell’affermare che «Il presente regolamento dovrebbe consentire ai cittadini di organizzare in anticipo la loro successione scegliendo la legge applicabile alla stessa. Tale scelta dovrebbe essere limitata alla legge di uno Stato di cui abbiano la cittadinanza al fine di assicurare un collegamento tra il defunto e la legge scelta e di evitare che una legge sia scelta nell’intento di frustrare le aspettative legittime di persone aventi diritto ad una quota di legittima». Ancora, in virtù del considerando 50: «La legge che, in base al presente regolamento, disciplinerà l’ammissibilità e la validità sostanziale di una disposizione a causa di morte nonché, per quanto riguarda i patti successori, gli effetti vincolanti di tali patti tra le parti, non dovrebbe pregiudicare i diritti di chiunque, in forza della legge applicabile alla successione, abbia diritto a una quota di legittima o abbia un altro diritto di cui non può essere privato dalla persona della cui successione si tratta».
Pertanto, nell’ipotesi in cui, ad esempio, un cittadino italiano, dopo aver redatto testamento in cui non disponeva alcunché a favore dei figli, si trasferisse poco prima della morte in uno Stato che non riconosce i diritti dei legittimari alla quota di riserva, dalla disamina complessiva delle circostanze fattuali, potrebbe emergere come la scelta del de cuius di collocare la propria residenza nel nuovo Stato in età avanzata possa essere esclusivamente dettata dalla volontà di pregiudicare i diritti di legittima dei propri figli, di talché il Regolamento n. 650/2012, in forza dei considerando 26, 38 e 50, non potrà essere piegato al perseguimento di scopi evidentemente fraudolenti.
Valga segnalare che la recente riforma del diritto delle successioni elaborata nella vicina Svizzera ed entrata in vigore il 1˚ gennaio 2023, oltre a sopprimere la quota di legittima a favore degli ascendenti, ha ridotto la quota di legittima riservata ai discendenti, passata da tre quarti a metà dell’asse ereditario (art. 471 cod. civ. svizzero). In proposito, si rammenta che tra Italia e Svizzera (paese che non è membro dell’UE) è in vigore il “Trattato di domicilio consolare tra Italia e Svizzera” del 18 dicembre 1868. L’art. 17, comma 3, di questo Trattato prevede che: «Le controversie che potessero nascere tra gli eredi di un Italiano morto in Svizzera riguardo all’eredità da lui relitta, saranno portate davanti al giudice dell’ultimo domicilio che l’Italiano aveva in Italia». Pertanto, la disposizione convenzionale prevale sulla norma europea, giacché in forza dell’art. 75 del Regolamento UE n. 650/2012: «Il presente regolamento non pregiudica l’applicazione delle convenzioni internazionali di cui uno o più stati membri sono parte al momento dell’adozione del presente regolamento e che riguardano materie disciplinante dal presente regolamento». Di conseguenza, certamente la giurisdizione su un’eventuale controversia spetta all’autorità giudiziaria italiana perché, per tale condizione, è sufficiente che la parte del contratto successorio sia cittadino italiano a prescindere dal luogo in cui questi abbia residenza o domicilio. Nondimeno la dottrina è divisa sulla legge applicabile [33].
Come anticipato, la Corte EDU nella presente pronuncia ha affermato che non può essere riconosciuto l’esistenza di un diritto generale e incondizionato dei figli ad ereditare una parte del patrimonio dei loro genitori, atteso che l’art. 1 del Protocollo n. 1 alla Convenzione EDU non assicura il diritto di acquisire beni mediante successione, ma si limita a sancire il diritto di ciascuno al rispetto della “sua” proprietà.
Anche con riferimento al nostro ordinamento si può affermare che le norme a tutela dei legittimari e più in generale il sistema della successione necessaria non sono certamente attuative di diritti inviolabili dell’uomo, sì che risultano derogabili da una legge straniera o applicabili a condizioni di reciprocità.
Invero, la nostra Carta fondamentale, in materia successoria – inserendo la successione a causa di morte nella norma dedicata alla proprietà, a conferma della tradizionale intima connessione tra diritto successorio e diritto dominicale [34] – menziona espressamente all’art. 42, comma 4, solamente la successione legittima e quella testamentaria. Il mancato riferimento alla successione necessaria ha indotto certa dottrina, supportata dalla giurisprudenza anche di legittimità [35], a ritenere la quota di riserva tutt’altro che insopprimibile [36], trattandosi di un limite alla successione affidato alla discrezionalità del legislatore ordinario. La disciplina di tutela dei legittimari non costituirebbe perciò un principio di ordine pubblico internazionale, ammettendosi l’applicabilità in Italia di leggi straniere che non contemplano a favore dei legittimari un livello di tutela corrispondente a quello nazionale. Del resto, come visto, il Regolamento europeo n. 650/2012 permette di applicare ad una successione la legge del luogo della residenza abituale o quella scelta per il tramite di una professio iuris, la quale ben potrebbe non prevedere quote di riserva in favore dei congiunti o del coniuge.
Benché non direttamente inserita nel testo costituzionale, comunque, la successione necessaria presenta un collegamento indiretto con alcune norme costituzionali. In particolare, le disposizioni di cui agli artt. 536 ss. cod. civ., in quanto volte ad evitare che «i più stretti parenti del de cuius, quelli che hanno vissuto con lui, rimangano senza sostanza alcuna» [37], comunicano con le garanzie costituzionali riferite al riconoscimento dei diritti della famiglia (art. 29 Cost.), al dovere dei genitori di mantenere i figli (art. 30 Cost.), all’impegno dello Stato a favorire gli istituti a protezione della maternità, dell’infanzia e della gioventù (art. 31 Cost.) [38]. Del resto, lo stesso art. 42, ult. comma, Cost., ammette genericamente «limiti» alla successione legittima e testamentaria, presupponendo il contemperamento degli interessi sottesi a quest’ultime tipologie con valori ulteriori a quelli individualistici che convergono nel fenomeno ereditario [39]. Pertanto, trova tutela costituzionale quella che è stata definita “successione necessaria materiale”, che assicura un opportuno sostegno patrimoniale al coniuge e ai figli minori del defunto, a prescindere dalla natura e dalla latitudine dei diritti attribuiti [40].
Avendo dunque ben chiari quali direttive di principio i riferimenti costituzionali [41] («la bussola, secondo la celebre metafora del giurista navigante in mare aperto» [42]), è possibile dedurre che la sostanza dei precetti costituzionali posti a protezione della famiglia nucleare e dell’infanzia in particolare [43] non impedisce al legislatore la modifica delle norme riguardanti la quota di riserva, emendando, ad esempio, la natura (da quota dell’attivo ereditario a quota d’eredità, ipotizzando una legittima “per equivalente” [44]) e il quantum dei diritti accordati ai legittimari, nonché gli strumenti da essi invocabili al fine di tutelare i propri interessi.
I diritti fondamentali scolpiti dalla Costituzione hanno invero mutato il sistema dei valori normativi [45] presenti nell’originaria orditura del Codice civile, in cui, per considerare solo la materia successoria, si riconosce assoluta prevalenza ai profili patrimoniali e ad una valutazione quantitativa degli interessi in gioco.
Di conseguenza, l’attuale assetto costituzionale e i valori espressi dai princìpi informatori del nostro ordinamento autorizzano una profonda revisione del fenomeno giuridico successorio, il quale non può svilire l’atto di ultima volontà quale espressione del principio di autonomia, e dunque strumento di realizzazione della dignità della persona [46], né essere circoscritto alla mera modificazione soggettiva dei rapporti giuridici patrimoniali, ignorando la necessità che la successione mortis causa sia estesa anche alla sfera contrassegnata da interessi di natura non patrimoniale [47] e sempre più protesa all’appagamento di bisogni esistenziali della persona [48].
Pertanto, il principio di solidarietà familiare, scolpito dalle norme costituzionali su menzionate su cui riposa la conservazione di diritti riservati a determinati componenti del nucleo familiare [49], lungi da assecondare l’esigenza di conservazione di una parte dei beni agli appartenenti della sua famiglia di origine, deve essere contemperato con altri valori e interessi, ugualmente protetti dalla Costituzione come la libertà di disporre [50], l’autodeterminazione individuale e soprattutto la dignità umana: la libertà nel dare un assetto ai propri interessi post mortem costituisce un mezzo per la realizzazione e la promozione di questo «super-valore dotato di intrinseca pervasività» [51], tanto da doversi ritenere l’autonomia testamentaria tutelata costituzionalmente dall’art. 2 Cost. più che dall’art. 42, ultimo comma, Cost. [52].
Del resto, appare dissonante che il negozio testamentario goda, da un lato, di una maggiore duttilità rispetto al negozio inter vivos, tanto che non è sottoposto ad alcun vaglio di meritevolezza o di utilità sociale [53], dall’altro soffra di una forte limitazione quantitativa, atteso che la quota disponibile può arrivare ad essere circoscritta a solo un quarto del patrimonio ereditario. Di conseguenza, l’ampliamento della libertà di dare un assetto ai propri interessi per il tempo successivo alla morte sarebbe maggiormente coerente con la piena autonomia che consente alla persona capace d’agire di disporre in vita come meglio crede in misura larga e ampia delle proprie sostanze, anche depauperando il proprio patrimonio, in assoluto pregiudizio dei propri congiunti: com’è stato più volte affermato dalla Corte di cassazione, non sussistono gli estremi della prodigalità «nella condotta di un soggetto che, con la redistribuzione della propria ricchezza a persone a lui vicine, anche se non parenti, intendeva dare una risposta positiva e costruttiva al naufragio della propria famiglia» [54].
La revisione della successione necessaria non può però spingersi fino a eludere del tutto i principi costituzionali che impongono il rispetto dei valori della reciproca solidarietà familiare, sebbene il solidarismo non possa intendersi come del tutto scisso da una vocazione personalistica [55].
In proposito, valga osservare come negli ordinamenti di common law, ispirati a principi totalmente differenti dal nostro, in quanto volti alla tutela non già del principio dell’intangibilità della legittima bensì dell’assoluta autonomia testamentaria (nonostante una percentuale compresa tra la metà e i due terzi della popolazione – in particolare i soggetti titolari di minori patrimoni – muoia intestata [56]), si prevede a favore di determinati congiunti del de cuius – come anticipato – il diritto ad un mero credito alimentare solo qualora sussista un effettivo stato di bisogno, rimettendo dunque al giudice la valutazione del caso concreto [57].
È noto che come ha più volte ammonito Giuseppe Benedetti, quando si è di fronte ad un testo normativo destinato ad operare in un contesto pluriculturale, per evitare il rischio di possibili frantumazioni e dispersioni, si deve trovare un possibile piano di equilibrio e d’intesa tra, da una parte, la necessaria varietà di contesti giuridici nazionali e, dall’altra, l’esigenza ineludibile di garantire un esito interpretativo omogeneo e uniforme [58], in modo da realizzare una “sintesi del molteplice nell’uno”, per dirla con Pugliatti [59].
All’esito della disamina della sentenza della Corte EDU che ha rilevato l’inesistenza di un diritto in capo ai congiunti a ereditare, stabilendo definitivamente che la quota di legittima non è un diritto protetto internazionalmente, è possibile concludere brevemente sui possibili spazi evolutivi permessi dalla nostra cornice assiologica con riferimento ad una riforma della successione necessaria.
Posto che secondo il principio costituzionale ricavabile dall’art. 42, ult. comma, Cost., spetta alle scelte discrezionali del legislatore ordinario l’individuazione dei limiti della successione testamentaria e, dunque, l’estensione dell’autonomia testamentaria, le norme della Costituzione italiana non impedirebbero né la radicale cancellazione della successione necessaria [60] e tanto meno interventi intermedi consistenti nella diminuzione delle quote di riserva o nel calcolo della legittima con criteri di progressività [61] o nel riconoscimento ai congiunti di un diritto di credito e solo in presenza di peculiari presupposti – come ad esempio una particolare situazione di precarietà psico-fisica o economica o della durata del matrimonio – similmente a quanto previsto nei sistemi inglese, canadese, cubano e messicano [62], ovvero ancora nell’espunzione degli ascendenti dall’elenco dei legittimari con la mera previsione di un diritto di credito in presenza di precarietà psico-fisica o economica, con un superamento di una visione dogmatica astratta [63] o ancora di ammettere la diseredazione del legittimario per violazione dei doveri di solidarietà nei confronti del de cuius [64] o di dilatare le fattispecie di indegnità (art. 463, n. 3-bis, cod. civ.) [65].
In tutte le su menzionate ipotesi, invero, si tratterebbe di individuare una loi arbitraire – per dirla con Jean Domat [66] – operando un differente bilanciamento degli interessi e dei valori che convergono nel fenomeno ereditario quali la tutela della famiglia, il dovere di mantenere i figli, la tutela della proprietà privata e la libertà di autodeterminazione del de cuius, facendo sì che la vicenda successoria si emancipi dalla funzione statica – certamente estranea alle economie più evolute – di conservazione della ricchezza all’interno della famiglia nucleare in forza di meri vincoli di sangue, per assurgere a fenomeno dinamico di circolazione dei diritti e di affermazione dell’autonomia privata per il tempo successivo alla propria dipartita [67].
Del resto, anche per il diritto vale ciò che diceva il dottor Živago della vita: «è un elemento che continuamente si rinnova e rielabora da sé, che da sé si rifà e si ricrea incessantemente» [68].
[1] Disponibile al sito internet https://hudoc.echr.coe.int.
[2] Con riferimento alla nuova disciplina successoria del codice Napoleone, A. Tocqueville, De la démocratie en Amérique, t. I, Parigi, 1981, 109, osserva che «lorsque la loi des successions établit le partage égale elle détruit la liaison intime qui existait l’esprit de famille et la conservation de la terre».
[3] Così F. Galgano, Tutto il rovescio del diritto, Giuffrè, Milano, 1991, 10. Si rammenta in proposito il passo de Il Gattopardo (G. Tomasi di Lampedusa, Il Gattopardo, Feltrinelli, Milano, 1958, 76), in cui il Principe nell’esprimere a padre Pirrone il proprio disappunto verso un eventuale matrimonio tra la propria figlia Concetta e il preferito rampante nipote Tancredi esclama: «la fortuna di casa Salina doveva essere divisa in otto parti, in parti non eguali, delle quali quella delle ragazze sarebbe stata la minima. Ed allora? Tancredi aveva bisogno di ben altro».
[4] Espressamente si stabilisce che: «La réserve héréditaire est la part des biens et droits successoraux dont la loi assure la dévolution libre de charges à certains héritiers dits réservataires, s’ils sont appelés à la succession et s’ils l’acceptent. La quotité disponible est la part des biens et droits successoraux qui n’est pas réservée par la loi et dont le défunt a pu disposer librement par des libéralités» (art. 912) e che «Lorsqu’au décès du testateur il y a des héritiers auxquels une quotité de ses biens est réservée par la loi, ces héritiers sont saisis de plein droit, par sa mort, de tous les biens de la succession; et le légataire universel est tenu de leur demander la délivrance des biens compris dans le testament» (art. 1004).
[5] In questi termini P. Malaurie-C. Brenner, Droit des successions et des libéralités, LGDJ, 2018, 420. Sulle ragioni della riforma vedansi A. Fusaro, Uno sguardo comparatistico sui patti successori e sulla distribuzione negoziata della ricchezza d’impresa, in Riv. dir. priv., 2013, 363; D. Vigneau, Le règlement de la succession. Observation sur le projet de loi portant réforme des successions et des libéralités, in JCP N, 2006, I, 1144. Non sono mancati, tuttavia, opinioni critiche alla riforma, tra cui P. Catala, La loi 23 juin 2006 et les colonnes du temple, in Droit de la Famille, 2006, n. 11, 5, secondo il quale «s’infiltre un dessaisinnement douloureux et onereux des heritiers legittimes au benefice d’une administration a l’anglaise».
[6] Il divieto dei patti successori istitutivi è invece ancora previsto, oltre che in Francia, altresì in Belgio e Lussemburgo (art. 1130 comma 2 cod. civ.), nonché nei Paesi Bassi (art. 4.4, comma 2, NBW), in Portogallo (art. 2028, comma 2, cod. civ.), in Grecia (art. 368 cod. civ.) e in Spagna (art. 1271, comma 2, cod. civ.), anche se con deroghe al livello regionale. Vedasi A. Bonomi-M. Steiner (a cura di), Les pactes successoraux en droit comparé et en droit international privé, Librairie Droz, Parigi, 2008. Per una più ampia panoramica, si rinvia in proposito alla nota 18.
[7] Il riferimento è alla pronuncia del Conseil constitutionnel, 5 agosto 2011, n. 2011-159 QPC; JCP – Semaine juridique (édition générale), 2011, n. 26, 1236. Sulla portata di tale decisione vedansi V. Egea, Note sous Conseil constitutionnel, 5 août 2011, décision numéro 2011-159 QPC, Mme Elke B. et a, in Rev. fr. de droit const., 2012, n° 89, 155; E. Fongaro, Feu le droit de prélèvement. Note sous Conseil constitutionnel, 5 août 2011, décision n° 2011-159 QPC, JCP – Semaine juridique (édition générale), 2011, n° 36, 23; J. Casey, Requiem pour le droit de prélèvement de la loi du 14 juillet 1819, in Rev. jur. pers. et fam., 2011, n° 12, 32.
[8] Le sections 6540 e 6541 prevedono infatti rispettivamente che «(a) The following are entitled to such reasonable family allowance out of the estate as is necessary for their maintenance according to their circumstances during administration of the estate:(1) The surviving spouse of the decedent.(2) Minor children of the decedent.(3) Adult children of the decedent who are physically or mentally incapacitated from earning a living and were actually dependent in whole or in part upon the decedent for support(b) The following may be given such reasonable family allowance out of the estate as the court in its discretion determines is necessary for their maintenance according to their circumstancesduring administration of the estate:(1) Other adult children of the decedent who were actually dependent in whole or in part upon the decedent for support.(2) A parent of the decedent who was actually dependent in whole or in part upon the decedent for support.(c) If a person otherwise eligible for family allowance has a reasonable maintenance from other sources and there are one or more other persons entitled to a family allowance, the family allowance shall be granted only to those who do not have a reasonable maintenance from other sources» e che «(a) The court may grant or modify a family allowance on petition of any interested person.(b) With respect to an order for the family allowance provided for in subdivision (a) of Section 6540:(1) Before the inventory is filed, the order may be made or modified either (A) ex parte or (B) after notice of the hearing onthe petition has been given as provided in Section 1220.(2) After the inventory is filed, the order may be made or modified only after notice of the hearing on the petition has been given as provided in Section 1220.(c) An order for the family allowance provided in subdivision (b) of Section 6540 may be made only after notice of the hearing on the petition has been given as provided in Section 1220 to all of thefollowing persons:(1) Each person listed in Section 1220.(2) Each known heir whose interest in the estate would be affected by the petition.(3) Each known devisee whose interest in the estate would be affected by the petition».
[9] Cour de cassation civ., I, 27 settembre 2017, n. 16-13151 e n. 16-17198, disponibili rispettivamente ai siti internet https://www.legifrance.gouv.fr e https://www.legifrance.gouv.fr, nonché in Dr. fam., 2017, 230, sulle quali si veda il commento di D. Vincent, Réserve héréditaire et ordre public international. Mise en œuvre des arrêts du 27 septembre 2017, in Dr. fam., 2018, n. 13; e di J. Guillaumé-H. Fulchiron, Ordre public successoral et réserve héréditaire: réflexions sur les notions de précarité économique et de besoin; E. Calò, Il terzo uomo: con Johnny Hallyday dopo Michel Colombier e Maurice Jarre si ripropone il rapporto fra successione necessaria e ordine pubblico internazionale, in Riv. not., 2018, 1141; Id., Vite (e morti) parallele Michel Colombier e di Maurice Jarre: la colonna sonora dell’ordine pubblico internazionale successorio nel dirittto italiano e francese, in Dir. succ. fam., 2016, 873. Più in generale sul rapporto tra quota di riserva francese e ordine pubblico internazionale vedasi M. Grimaldi, Brèves réflexions sur l’ordre public et la réserve héréditaire, in Defrénois, 2012, 755.
[10] Vedasi P. Lagarde, Les principes de base du nouveau règlement européen sur les successions, in Rev. crit. dr. int. priv., 101, 2012, 4, 709.
[11] Peraltro, oltre ai processi relativi alle eredità di Maurice Jarre e dell’arrangiatore Michel Colombier, vi è stato un terzo analogo contenzioso riguardante l’eredità del cantante Johnny Hallyday che si è chiuso in via transattiva.
[12] In questi termini il punto 64 della sentenza in commento. Già nel caso Marckx c. Belgio (13 giugno 1979, § 31, serie A n. 31), la Corte Edu aveva ritenuto che l’articolo 1 del Protocollo n. 1, il quale si limita a sancire il diritto di ciascuno al rispetto della “sua” proprietà, non è valido solo per i beni correnti e non garantisce il diritto di acquisirli mediante successione legittima.
[13] Sul punto vedansi le considerazioni critiche di H. Péroz, Le droit de prélèvement: tel un phœnix?, in Gaz. Pal., n. 12, 23 marzo 2021, 48; N. Laurent-Bonne, Le nouveau droit de prélèvement compensatoire dans les successions internationales: quand la fin ne justifie pas les moyens, in AJ Famille, n. 10, ottobre 2021, 548, ribadite in Id., L’incerto futuro della riserva ereditaria nel diritto francese, in Riv. dir. civ., 2021, 1201
[14] Vedansi, ex multis, Corte EDU, 3 giugno 2004, Di Belmonte c. Italia e Corte EDU, 29 luglio 2004 Scordino c. Italia entrambe al sito internet www.echr.coe.int.
[15] Per una panoramica su tale Regolamento vedansi, tra i tanti, I. Riva, Il quadro normativo introdotto dal Regolamento UE n. 650/2012 sulle successioni transfrontaliere, in Famiglie transfrontaliere: regimi patrimoniali e successori, a cura di I. Riva, Quaderni del Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Torino, 2021, 123; J. Re, Pianificazione successoria e diritto internazionale privato, Cedam, Padova, 2020; C. Consolo-F. Godio, Profili processuali del Reg. UE n. 650/2012 sulle successioni transnazionali: il coordinamento tra le giurisdizioni, in Riv. dir. civ., 1, 2018, 18; U. Bergquist-R. Frimston-F. Odersky-D. Damascelli-P. Lagarde-B. Reinhartz, Commentaire du règlement européen sur les successions, Editions Dalloz, Parigi, 2015; A. Davì-A. Zanobetti, Il nuovo diritto internazionale privato europeo delle successioni, Giappichelli, Torino, 2014.
[16] Più in generale, su quello che è stato definito un nuovo sistema ordinamentale “italo-europeo” in seguito all’integrazione tra gli ordinamenti nazionali e il diritto europeo, vedasi, in particolare, P. Perlingieri, Il rispetto dell’identità nazionale nel sistema italo-europeo, in Foro nap., 2014, 449.
[17] Basti pensare che i patti successori sono ammessi e disciplinati in Germania ai §§ 1941 e 2274 ss. BGB, in Svizzera (artt. 494 e 495 cod. civ. svizzero) e in Turchia. Ammettono i patti successori istitutivi e rinunciativi Estonia, Irlanda, Islanda, Finlandia, Lettonia, Norvegia, Serbia e Montenegro, Aragona, Navarra, Ungheria. Sono consentiti i soli patti successori istitutivi in Inghilterra, Galles, Catalogna, Galizia, Paesi Baschi, Cipro, Grecia. Ammettono i patti istitutivi solo tra coniugi e i patti successori rinunciativi: Austria e Liechtenstein. A Malta sono consentiti i patti successori istitutivi da parte dei genitori di un coniuge nel contratto di matrimonio, i patti rinunciativi nella convenzione di separazione consensuale tra coniugi, i patti rinunciativi nel contratto di matrimonio in cambio di donazione obnuziale. I soli patti successori rinunciativi sono ammessi in Francia, in Polonia e in Svezia. In Portogallo sono ammessi i soli patti istitutivi nel contratto di matrimonio. I patti successori sono, invece, vietati, oltre che in Italia, in Albania, Bielorussia, Bulgaria, Repubblica Ceca, Slovacchia, Lituania, Romania, Russia. In ambito europeo vedasi il sito internet www.successions-europe.eu/ a cura del Council of the Notariats of the European Union (CNUE). A. Fusaro, Uno sguardo comparatistico sui patti successori e sulla distribuzione negoziata della ricchezza d’impresa, in Riv. dir. priv., 2013, 391. L’art. 3, comma 1, lett. b, Regolamento UE n. 650/2012 definisce il patto successorio come «l’accordo, a causa di morte, anche derivante da testamenti reciproci, che conferisce, modifica o revoca, con o senza corrispettivo, diritti nella successione futura di una o più persone parti dell’accordo». Il considerando n. 49 stabilisce che «il patto successorio è un tipo di disposizione a causa di morte la cui ammissibilità e accettazione variano nei diversi Stati membri», pertanto vi è l’esigenza di dedicargli una disciplina in modo (come afferma il considerando n. 48) «da garantire la certezza del diritto per le persone che desiderano pianificare in anticipo la loro successione».
[18] Sul punto vedasi A. Fusaro, Il diritto successorio inglese e il trust, in Not., 2010, 561; B. Sloan, Borkowski’s Law of Succession, Oxford University Press, Oxford, 2020, 287; R. Kerridge, Family Provision in England and Wales, in K.G.C. Reid-M.J. de Waal-R. Zimmermann (eds), Comparative Succession Law, III, Mandatory Family Protection, Oxford University Press, Oxford, 2020, 384.
[19] Vedasi art. 20 del Regolamento secondo il quale «La legge designata dal presente regolamento si applica anche ove non sia quella di uno Stato membro».
[20] Invero, l’art. 21 del Regolamento esplicitamente parla di «legge applicabile all’intera successione» e l’art. 23 afferma che «La legge designata a norma dell’art. 21 o dell’art. 22 regola l’intera successione».
[21] Così, in termini, Cass., 30 settembre 2016, n. 19599, in Guida dir., 2016, 44, 39.
[22] In questi termini, Cass., sez. un., 8 maggio 2019, n. 12193, in DeJure.it.
[23] Così, in termini, Cass., sez. un., 30 dicembre 2022, n. 38162, in DeJure.it. Su tale sentenza vedansi i commenti di M.C. Venuti, Ordine pubblico, gestazione per altri e diritti dei minori: riflessioni a partire dalla sentenza SS.UU. 30 dicembre 2022, n. 38162, in Questione Giustizia, 27 giugno 2023; G. De Marzo, Interesse del minore, genitore d’intenzione e (guasti della) maternità surrogata, in Foro it., 1/2023, I, 83; in Fam. e dir., 2023, 408, con Nota introduttiva di M. Sesta, 427, e commenti di G. Recinto, Le “istruzioni” per il futuro delle Sezioni Unite in tema di genitorialità, 430; M. Dogliotti, Maternità surrogata e riforma dell’adozione piena. Dove va la Cassazione? E che farà la Corte Costituzionale? Commento a Cass., SS.UU., 30 dicembre 2022, n. 38162 e a Cass. 5 gennaio 2023, n. 230, 437; A. Spadafora, Irriducibilità del totalitarismo “minoricentrico”?, 456; G. Ferrando, Lo stato del bambino che nasce da maternità surrogata all’estero. I “piccoli passi” delle sezioni unite, in Nuova giur. civ. comm., 2023, II, 377; M. Sesta, La maternità surrogata: il perfetto equilibrio delle Sezioni unite, in Riv. dir. civ., 2023, 387. Più in generale, in argomento, vedansi G. Perlingieri-G. Zarra, Ordine pubblico interno e internazionale tra caso concreto e sistema ordinamentale, Esi, Napoli, 2019, passim e V. Barba, L’ordine pubblico internazionale, in Rass. dir. civ., 2018, 403. Ancora recentemente la Cass., 3 aprile 2024, n. 8718, in DeJure.it, ha affermato «Si definisce come ordine pubblico internazionale quello formato dall’insieme di principi, desumibili dalla Carta costituzionale o, comunque, pur non trovando in essa collocazione, fondanti l’intero assetto ordinamentale siccome immanenti e più importanti istituti giuridici quali risultano dal complesso delle norme inderogabili provviste del carattere di fondamentalità, che le distingue dal più ampio genere delle norme imperative, tali da caratterizzare l’atteggiamento dell’ordinamento stesso in un determinato momento storico ed a formare il cardine della struttura etica, sociale ed economica della comunità nazionale, conferendole una ben individuata ed inconfondibile fisionomia. L’ordine pubblico internazionale è, quindi, costituito dai principi che formano, come sostenuto in dottrina, l’eticità dell’ordinamento quale risulta dal complesso delle sue norme (Cass., 11 novembre 2002, n. 15822). Si tratta di principi fondamentali che rispondono all’esigenza di carattere universale di tutelare i diritti dell’uomo, o che informano l’intero ordinamento in modo tale che la loro lesione si traduce in uno stravolgimento dei valori fondanti dell’intero assetto ordinamentale (Cass., n. 15822/2002, cit.). In tal senso si è espressa anche la Corte costituzionale rimarcando come l’ordine pubblico sia costituito dalle «regole fondamentali poste dalla costituzione e dalle leggi a base degli istituti giuridici nei quali si articola l’ordinamento positivo nel suo adeguarsi all’evoluzione della società» (Corte cost. n. 18/1982).
[24] Così, in termini, Corte Giust., 6 settembre 2012, causa C-619/10, in DeJure.it, sull’interpretazione dell’art. 34 del Regolamento 44/2001 sul riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale.
[25] Sul punto, tra gli altri, G. Perlingieri, La disposizione testamentaria di arbitrato. Riflessioni in tema di tipicità e atipicità nel testamento, in Rass. dir. civ., 2016, 475 e V. Barba, Il diritto delle successioni tra solidarietà e sussidiarietà, in Rass. dir. civ., 2016, 353.
[26] Nella prospettiva della prossimità, il criterio della residenza abituale è preferibile a quello della cittadinanza, come osservano P. Lagarde, Les principes de base du nouveau règlement européen sur les successions, in Rev. crit. dr. int. privé, 2012, 699 e A. Dutta, Succession and Wills in the Conflict of Laws on the Eve of Europeanisation, in Rabels Zeitschrift, 2009, 564. Sul tale criterio vedasi C. Marrese, Successioni transfrontaliere tra diritto interno e diritto internazionale. Il tema della residenza abituale, Key, Milano, 2019.
[27] Il primo utilizzo della nozione di residenza abituale nel diritto internazionale privato di origine sovranazionale viene individuato nella convenzione dell’Aja del 1902 sulla tutela dei minori (vedasi F. Mosconi-C. Campiglio, Diritto internazionale privato e processuale. I. Parte generale e obbligazioni, Utet, Torino, 2020, 218) la quale, mentre all’art. 1 sanciva che la tutela del minore era regolata dalla legge del suo Stato di cittadinanza, agli artt. 2 e 3 prevedeva alcuni casi nei quali la tutela era regolata dalla legge del diverso Stato in cui il minore risiedeva abitualmente. Più recentemente, vedasi, l’art. 5 della Convenzione di diritto internazionale privato de L’Aja del 19 ottobre 1996, ratificata dallo Stato italiano con legge 18 giugno 2015, n. 101 in materia di responsabilità genitoriale e di misure di protezione dei minori.
[28] Vedansi l’art. 3 del Regolamento n. 2201/2003 del 27 novembre 2003 rifuso nel Regolamento n. 1111/2019 del 25 giugno 2019, relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale che impiega il titolo di giurisdizione della residenza abituale sia nelle disposizioni relative alle azioni di divorzio, separazione personale e annullamento del matrimonio, sia in quelle relative alle azioni in materia di responsabilità genitoriale. Inoltre, il Regolamento n. 593/2008 del 17 giugno 2008, sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali (c.d. “Roma I”), utilizza la residenza abituale come criterio di collegamento all’art. 4 (legge applicabile in mancanza di scelta) e agli artt. 5, 6 e 7 (relativi, rispettivamente, ai contratti di trasporto, con consumatore e di assicurazione). Il Regolamento n. 864/2007 dell’11 luglio 2007, sulla legge applicabile alle obbligazioni extracontrattuali (c.d. “Roma II”) impiega il criterio della residenza abituale all’art. 4, par. 2 (secondo cui, in deroga alla regola generale della lex loci damni, se il danneggiato e il responsabile risiedono abitualmente nello stesso paese al momento del danno, si applica la legge di tale Paese), all’art. 5, in materia di responsabilità da prodotti, e agli artt. 10, 11 e 12, rispettivamente, in materia di arricchimento senza causa, negotiorum gestio e culpa in contrahendo (dove ricorre come criterio residuale). Il Regolamento n. 1259/2010 del 20 dicembre 2010 relativo all’attuazione di una cooperazione rafforzata nel settore della legge applicabile al divorzio e alla separazione personale (c.d. “Roma III”), fa largo uso del criterio della residenza abituale di uno o di entrambi i coniugi, sia nell’ambito dell’autonomia delle parti (art. 5), sia come criterio di collegamento oggettivo, in modo quasi esclusivo (artt. 6, 7, 8). Anche nel Regolamento n. 4/2009 del 18 dicembre 2008, relativo alla competenza, alla legge applicabile, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni e alla cooperazione in materia di obbligazioni alimentari, la residenza abituale ricorre in due titoli di giurisdizione tra quelli generali, previsti in via alternativa tra loro (art. 3), nella disposizione relativa all’electio fori (art. 4), nonché, con riferimento alla legge applicabile, nel protocollo dell’Aja del 23 novembre 2007 – al quale l’art. 15 del regolamento fa rinvio – in cui la regola generale è, appunto, costituita dalla residenza abituale del creditore d’alimenti. Più recentemente, la residenza abituale ricorre come titolo di giurisdizione e come criterio di collegamento anche nei Regolamenti n. 1103/2016 e n. 1104/2016 del 24 giugno 2016 e istitutivi della cooperazione rafforzata sulla competenza, sulla legge applicabile e sul riconoscimento ed esecuzione delle decisioni in materia di regimi patrimoniali tra coniugi e di effetti patrimoniali delle unioni registrate. Vedasi in proposito P. Kindler, From Nationality to Habitual Residence: Some Brief Remarks on the Future EU Regulation on International Successions and Wills, in K. Boele-Woelki-T. Einhorn-D. Girsberger-S. Symeonides (a cura di) Convergence and Divergence in Private International Law – Liber Amicorum Kurt Siehr, Eleven Int. Pub., 2010, 251.
[29] Vedansi, in proposito, D. Damascelli, Diritto internazionale privato delle successioni a causa di morte, Giuffrè, Milano, 2013, 48; Id., I criteri di collegamento impiegati dal regolamento n. 650/2012 per la designazione della legge regolatrice della successione a causa di morte, in Il diritto internazionale privato europeo, a cura di P. Franzina e A. Leandro, Giuffrè, Milano, 2013, 87; A. Bonomi-R. Di Iorio, Il regolamento europeo sulle successioni, sub art. 4, in A. Bonomi e P. Wautelet (a cura di), Il regolamento europeo sulle successioni, Giuffrè, Milano, 2015, 121, i quali evidenziano che la nozione di domicilio accolta nella maggior parte degli Stati membri tende a coincidere con quella di residenza abituale, ovvero con il luogo in cui si colloca il «centro della vita» di un determinato soggetto, con l’eccezione degli ordinamenti di common law, i quali accolgono una nozione di domicilio (c.d. domicile) che ragionevolmente potrebbe condurre alla designazione di un luogo diverso da quello individuato dalla nozione di residenza abituale.
[30] Invero, come afferma il considerando 23, per poter determinare la residenza abituale occorre effettuare «una valutazione globale delle circostanze della vita del defunto negli anni precedenti la morte e al momento della morte, che tenga conto di tutti gli elementi fattuali pertinenti, in particolare la durata e la regolarità del soggiorno del defunto nello Stato interessato, nonché le condizioni e le ragioni dello stesso. La residenza abituale così determinata dovrebbe rivelare un collegamento stretto e stabile con lo Stato interessato tenendo conto degli obiettivi specifici del presente regolamento». La valenza del “collegamento stretto e stabile” è ribadita dal considerando 24 del medesimo Regolamento, là dove si legge che «In taluni casi può risultare complesso determinare la residenza abituale del defunto. Un caso di questo genere può presentarsi, in particolare, qualora per motivi professionali o economici il defunto fosse andato a vivere all’estero per lavoro, anche per un lungo periodo, ma avesse mantenuto un collegamento stretto e stabile con lo Stato di origine. In un siffatto caso si potrebbe ritenere che il defunto, alla luce delle circostanze della fattispecie, avesse ancora la propria residenza abituale nello Stato di origine in cui è situato il centro degli interessi della sua famiglia e della sua vita sociale. Altri casi complessi possono presentarsi qualora il defunto fosse vissuto alternativamente in più Stati o si fosse trasferito da uno Stato all’altro senza essersi stabilito in modo permanente in alcuno di essi. Se il defunto era cittadino di uno di tali Stati o vi possedeva tutti i suoi beni principali, la sua cittadinanza o il luogo in cui sono situati tali beni potrebbero costituire un elemento speciale per la valutazione generale di tutte le circostanze fattuali». Proprio in ragione del considerando 23, V. Barba, I patti successori e il divieto di disposizione della delazione. Tra storia e funzioni, Esi, Napoli, 2015, 194, ha osservato che l’autorità giudiziaria nazionale deve effettuare una valutazione in concreto sull’esistenza di ragioni sostanziali idonee a giustificare l’operatività della disciplina dettata dalla legge straniera, evitando che il criterio della residenza abituale sia utilizzato in modo strumentale per permettere l’applicazione della normativa estera.
[31] Come osserva D. Damascelli, Legge applicabile, in M. Sesta (a cura di) Codice delle successioni e donazioni, Giuffrè, Milano, 2023, 1791: «Tale norma, presupponendo comunque l’esistenza in un dato Stato della residenza abituale del defunto, conduce, infatti, alla svalutazione dell’elemento soggettivo nella ricostruzione della nozione di residenza abituale rilevante ai fini del regolamento: non si vede, altrimenti, in quale caso potrebbe darsi divergenza tra legge della residenza abituale e legge del collegamento più stretto, se non in quello in cui (accertata a titolo oggettivo in un determinato Stato la residenza abituale del defunto) si debba negare l’applicazione della relativa legge a cagione del fatto che il defunto stesso non considerasse tale Stato come quello corrispondente al centro principale dei suoi interessi di vita e di affari». Nello stesso senso Id., Diritto internazionale privato delle successioni a causa di morte, cit., 52.
[32] Come pare evincersi nella fattispecie descritta in D. Muritano, La successione di Johnny Hallyday, in Trusts e att. fid., 2019, 54.
[33] Secondo un orientamento, si dovrebbe continuare a seguire la prassi che interpreta praeter legem l’art. 17 della convenzione come comprensivo di una norma implicita sulla legge applicabile, e, pertanto, si dovrebbe far coincidere la legge applicabile con quella del giudice competente, atteso che «il mantenimento di un regime parzialmente derogatorio rispetto al diritto comune dei due paesi appare tuttavia pienamente giustificato sia dalle peculiari caratteristiche delle relazioni italo-svizzere, sia, soprattutto dal superiore interesse ad avere una soluzione bilaterale concordata e consacrata da una norma uniforme in vigore in entrambi i paesi. A questo proposito, occorre dare il giusto peso alla circostanza che una norma uniforme è interpretata dalle autorità giudiziali dei due paesi in vista delle esigenze della Convenzione, in una prospettiva diversa, dunque, da quella del diritto comune, come abbiamo visto nella presente rassegna. La consolidata prassi applicativa della Convenzione fornisce numerosi argomenti a favore del suo mantenimento» (in questo senso T. Ballarino-I. Pretelli, Una disciplina ultracentenaria delle successioni, in Riv. ticinese di diritto, 2014, 919). Una differente dottrina ritiene, invece, che l’art. 17 del Trattato si limita a disciplinare unicamente la competenza e non già la legge applicabile, la quale dovrebbe essere individuata secondo quanto previsto dal Regolamento 650/2012 applicando il criterio di collegamento della residenza abituale (A. Bonomi, Le successioni internazionali nelle relazioni italo-svizzere: un plädoyer per la revisione della convenzione del 1868, in Riv. dir. int. priv. e proc., 2019, 41). In argomento, vedasi altresì F. Rizzo, Il contratto successorio svizzero alla prova del Regolamento UE 650/12, in Annali della fac. giur. dell’un. di Camerino, n. 11/2022, 1.
[34] Invero, nei lavori preparatori alla Costituzione si legge che «la menzione del diritto successorio è stata fatta per volontà e desiderio espresso di coloro che volevano fosse messo l’accento sul diritto di proprietà privata appunto perché tale diritto trova la sua espressione più caratteristica nel diritto successorio» (Costituzione della Repubblica nei lavori preparatori, vol. II, Roma, 1970-1971, 1680). In tema, vedansi P. Rescigno, La successione a titolo universale e particolare, in Tratt. breve succ. e donaz., diretto da P. Rescigno, vol. I, Cedam, Padova, 2010, 4; Id., Introduzione al codice civile, Laterza, Bari, 2001, 94; Id., Proprietà e famiglia, Pàtron, Bologna, 1971, 36; A. De Cupis, voce successione ereditaria (dir. priv.), in Enc. dir., XLIII, Giuffrè, Milano, 1990, 1257. Non a caso L. Mengoni, Successioni per causa di morte. Parte speciale, Successione legittima, in Trattato di diritto civile e commerciale, diretto da A. Cicu-F. Messineo, Giuffrè, Milano, 1999, 11, affermava che il «fondamento politico-istituzionale della successione mortis causa» deve individuarsi nel diritto di proprietà.
[35] In proposito, Cass., 24 giugno 1996, n. 5832, in Nuova giur. civ. comm., 1997, 1, 164, con nota di E. Calò, L’etica dell’ordine pubblico internazionale e lo spirito della successione necessaria, ha esplicitamente affermato: «Ai legittimari non fa riferimento la Carta Costituzionale e la quota riservata ai medesimi rappresenta un limite della successione legittima ovvero delle disposizioni testamentarie, che il legislatore ordinario può modificare ed anche sopprimere; pertanto l’istituto non rientra tra quelli che costituiscono l’ordine pubblico, cui si riferisce l’art. 31 delle disposizioni sulla legge in generale». La successiva pronuncia di cui alla Cass., 30 giugno 2014, n. 14811, in Dir. succ. fam., 2015, 567, con nota critica di E. Calò, La vedova non è più allegra: la mancanza di reciprocità con Cuba preclude lo status di legittimario, ha affermato che «Con specifico riferimento poi all’art. 29 Cost., deve rilevarsi che tale norma tutela l’interesse del soggetto alla intangibilità della sfera degli affetti e della reciproca solidarietà nell’ambito della peculiare formazione sociale costituita dalla famiglia, e non si estende all’istituto della successione necessaria, che non ha copertura costituzionale». Tra la giurisprudenza di merito si segnala App. Milano, 4 dicembre 1992, in Riv. dir. int. e priv. proc., 1994, 821; Trib. Termini Imerese, 15 luglio 1965, in Giur. siciliana, 1965, 784. In senso contrario si ricordano V. Tagliaferri, Il diritto delle successioni e le nuove regole di assegnazione della ricchezza, Giuffrè, Milano, 2012, 116. e L. Mengoni, Successioni per causa di morte. Parte speciale. Successione necessaria, in Trattato di dir. civ. comm. Cicu-Messineo, continuato da Mengoni, Giuffrè, Milano, 2000, t. II, 89, nt. 1, secondo il quale «l’intangibilità della legittima è un principio di ordine pubblico non solo interno, ma anche di diritto internazionale privato».
[36] In tal senso F. Gazzoni, Competitività e dannosità della successione necessaria (a proposito dei novellati art. 561 e 563 c.c.), in Giust. civ., 2006, 4, nell’auspicare la sua abrogazione, osserva che «spetta al legislatore ordinario stabilire le norme e i limiti della successione testamentaria (art. 42, comma 4, Cost.). Dunque la famiglia e la filiazione sono bensì protette a livello costituzionale (art. 29, 30, 31, 37 Cost.), ma non nei suoi profili di trasmissione mortis causa della ricchezza, onde la quota di riserva potrebbe anche essere limitata, assai opportunamente e proficuamente, ad un assegno alimentare vitalizio del tipo di quello previsto dall’art. 548 cpv., c.c. per il coniuge separato con addebito o, ancor meglio, a un assegno assistenziale in caso di bisogno, del tipo di quello previsto, per il coniuge divorziato, dall’art. 9-bis l. 1° dicembre 1970, n. 898». In senso analogo vedasi altresì A. Porciello, in A. Porciello-M. Mazzuca, Sulle successioni mortis causa. Tra autonomia e valori costituzionali, Esi, Napoli, 2014, 81. Un ripensamento del diritto delle successioni nel senso di escludere una prevalenza assoluta e aprioristica dell’interesse familiare su tutti gli altri interessi, a vantaggio dell’autonomia negoziale post mortem è proposta da V. Barba, Recensione a Vincenzo Verdicchio, La circolazione dei beni di provenienza donativa, in Foro nap., 2014, 713; Id., Il diritto delle successioni tra solidarietà e sussidiarietà, cit., 345; Id., I nuovi confini del diritto delle successioni, in Dir. succ. fam., 2015, 333. In particolare, V. Barba, Recensione a Vincenzo Verdicchio, La circolazione dei beni di provenienza donativa, cit., 717, reputa che anche nell’attuale assetto assiologico dell’ordinamento «si può giungere alla conclusione che la tutela dei legittimari non è, necessariamente, ineludibile» e che «gli interessi espressi e protetti da essa hanno carattere recessivo. Sicché è possibile e plausibile giungere alla conclusione che la disciplina di tutela dei legittimari debba essere ridimensionata a pieno vantaggio dell’autonomia privata».
[37] Così G. Tamburrino, voce Successione necessaria (diritto privato), in Enc. dir., XLIII, Giuffrè, Milano, 1990, 1352.
[38] Si veda V.E. Cantelmo, L’istituto della riserva, in P. Rescigno (a cura di), Successioni e donazioni, I, Cedam, Padova, 1994, 471, il quale osserva: «Il sistema di diritto positivo di attuazione dei diritti del legittimario trova fondamento nella norma costituzionale della tutela della persona e del matrimonio e realizza uno dei limiti alla successione per causa di morte in generale enunciati dalla previsione costituzionale nell’ultimo comma dell’art. 42 [Cost.]». Vedasi altresì anche E. Gabrielli, Rapporti familiari e libertà di testare, in Familia, 2001, 11, secondo cui «Le norme costituzionali importano, in ogni caso, che il legislatore ordinario è tenuto: […] a prescrivere limiti alla libertà di disporre per causa di morte in considerazione degli interessi dei componenti della famiglia legittima e dei figli naturali». In argomento vedansi altresì V. Verdicchio, La circolazione dei beni di provenienza donativa, Esi, Napoli, 2012, 10; G.R. Filograno, Donazione indiretta e tutela dei legittimari, in Rass. dir. civ., 2012, 222; G. Marinaro, La successione necessaria, in Tratt. dir. civ., CNN, diretto da P. Perlingieri, Esi, Napoli, 2009, 8.
[39] In proposito, M. Cinque, Sulle sorti della successione necessaria, in Riv. dir. civ., 2011, II, 493, giunge a riconoscere una “costituzionalizzazione” della successione necessaria sia da un’esegesi del testo di cui all’art. 42, comma 4, Cost., sia da altri indici ricavabili dalla legge fondamentale, non mancando, tuttavia, di precisare «pur mancando argomenti senz’altro dirimenti».
[40] Sulla formula “successione necessaria materiale” si vedano le acute considerazioni di A. Zoppini, Le successioni in diritto comparato, in R. Sacco (diretto da), Tratt. di diritto comparato, Giappichelli, Torino, 2002, 91, il quale evidenzia così – in prospettiva comparatistica – «la convergenza delle regole strutturali dei sistemi giuridici a fronte del differente tenore delle regole enunciate». La dicotomia tra una successione necessaria materiale e una successione necessaria formale è propria della Pandettistica; in senso critico, si vedano le riflessioni di L. Mengoni, Successioni per causa di morte. Parte speciale. Successione necessaria, cit., 1.
[41] Del resto, anche L. Mengoni, Spunti per una teoria delle clausole generali, in Riv. crit. dir. priv., 1986, 5 (ora in Scritti, I, Metodo e teoria giuridica, Giuffrè, Milano, 2011, 165) ricorda che i princìpi possono assumere la veste dogmatica di regole di decisione o il carattere retorico di una base di partenza per l’attività del giudice, come il riferimento alla giustizia della decisione o del contratto e del processo.
[42] Così, U. Breccia, La bussola e il compasso del giurista navigante in mare aperto, in Liber amicorum per Francesco Donato Busnelli. Il diritto civile tra principi e regole, Giuffrè, Milano, 2008, 9.
[43] Si veda V.E. Cantelmo, L’istituto della riserva, cit., 471, il quale osserva: «Il sistema di diritto positivo di attuazione dei diritti del legittimario trova fondamento nella norma costituzionale della tutela della persona e del matrimonio e realizza uno dei limiti alla successione per causa di morte in generale enunciati dalla previsione costituzionale nell’ultimo comma dell’art. 42 [Cost.]». Vedasi altresì anche E. Gabrielli, Rapporti familiari e libertà di testare, in Familia, 2001, 11, secondo cui «Le norme costituzionali importano, in ogni caso, che il legislatore ordinario è tenuto: […] a prescrivere limiti alla libertà di disporre per causa di morte in considerazione degli interessi dei componenti della famiglia legittima e dei figli naturali».
[44] Sul tema si vedano le acute riflessioni di A. Semprini, Legittima per equivalente: sistema ed evoluzione, in Nuova giur. civ. comm., 1444; Id., La legittima per equivalente, Esi, Napoli, 2019, passim; Id., La legittima per equivalente, in Dir. delle successioni e della famiglia, Quaderni, 32, Esi, Napoli, 2019, 45; Id., La progressiva erosione della legittima in natura, in Dir. fam. pers., 2017, 1054.
[45] Già S. Pugliatti, Il diritto ieri oggi domani. Ultima lezione (Aula Magna dell’Università di Messina 19 dicembre 1973), Giuffrè, Milano, 1993, 20, ammoniva che «il nostro sistema è fondato sul testo della Costituzione, e la Costituzione vigente in Italia è di carattere rigido, tale cioè per cui la norma della legislazione ordinaria deve essere conforme ai princípi e alle norme costituzionali, altrimenti potrà essere dichiarata illegittima e perdere così la sua efficacia. Per il principio della massima applicazione della Costituzione, ai princípi costituzionali è vincolato il legislatore ordinario a cui incombe l’obbligo di provvedere alla formulazione delle norme attuative di quei principi. Ma le carenze in questo campo sono assai numerose e cospicue. Vi è legato l’interprete, cittadino, organo amministrativo, giudice. Ed anche il giurista tecnico, cultore del diritto privato o del diritto amministrativo o di qualsiasi ramo del diritto, deve formarsi una mentalità costituzionalistica, deve cioè, nella sua opera di interprete e di costruttore del sistema, trarre dalle norme contenute nella Carta costituzionale le fondamentali direttive ermeneutiche e costruttive». Più recentemente si vedano le riflessioni di G. Conte, Il processo di neo-costituzionalizzazione del diritto privato. Notazioni sull’efficacia precettiva e sulle modalità applicative dei diritti e delle libertà fondamentali, in Giust. civ., 2018, 147.
[46] Sul punto valga richiamare G. Perlingieri, Il «Discorso preliminare» di Portalis tra presente e futuro del diritto delle successioni e della famiglia, in Dir. succ. fam., 2015, 678, il quale afferma che «l’autonomia testamentaria, più che mezzo di attribuzione patrimoniale, è prima di tutto atto di disposizione, anche di natura meramente negativa, e di regolamentazione, nonché strumento di realizzazione e di autodeterminazione della persona umana»; considerazioni, queste, ampiamente sviluppate in Id., La disposizione testamentaria di arbitrato. Riflessioni in tema di tipicità e atipicità nel testamento, cit., 559, nonché in Id., La revocazione delle disposizioni testamentarie e la modernità del pensiero di Mario Allara. Natura della revoca, disciplina applicabile e criterio di incompatibilità oggettiva, in Rass. dir. civ., 2013, 778. In tema si vedano le acute riflessioni di G.W. Romagno, Libertà testamentaria, successione necessaria e tutela del credito, Esi, Napoli, 2021, 169; N. Cipriani, Potere di disporre mortis causa e libertà personale, interessi della famiglia e del testatore, in Aa.Vv., Libertà di disporre e pianificazione ereditaria, Atti dell’11 Convegno Nazionale Sisdic, Esi, Napoli, 2017, 345; P. Laghi, Recensione ad Andrea Porciello e Marcello Mazzuca, Sulle successioni mortis causa tra autonomia e valori costituzionali, in Dir. succ. fam., 2015, 1000; Id., La clausola di diseredazione: da disposizione «afflittiva» a strumento regolativo della devoluzione ereditaria, Esi, Napoli, 2013, 72; M. Mazzuca, La successione necessaria: sistematica del codice civile e assiologia costituzionale, in Id.-A. Porciello, Sulle successioni mortis causa tra autonomia e valori costituzionali, Esi, Napoli, 2014, 50. In argomento, V. Barba, Trasformazioni della famiglia e successioni mortis causa, in Riv. dir. priv., 2021, 519, osserva che: «l’interesse familiare non può più essere considerato l’esclusivo e unico orizzonte ermeneutico attraverso il quale i temi e i problemi del diritto ereditario debbano essere svolti e sciolti». Inoltre, vedasi le lucide considerazioni espresse dallo stesso autore in V. Barba, Il diritto delle successioni tra solidarietà e sussidiarietà, cit., 345; Id., I nuovi confini del diritto delle successioni, in Dir. succ. fam., 2015, 333. Sul rapporto tra autonomia privata e Costituzione vedasi le riflessioni di V. Rizzo, Contratto e costituzione, in Rass. dir. civ., 2015, 355, il quale avverte che tale relazione è intesa in senso ambivalente, ora come Wesengehalt, ora come Drittwirkung: ora «come problema dell’esistenza di un principio costituzionale di tutela dell’autonomia privata», ora «come incidenza della Costituzione nel procedimento di individuazione della disciplina di rapporti civilistici». In proposito, F. Macario, Autonomia privata (profili costituzionali), in Enc. dir., Annali, vol. VIII, Giuffrè, Milano, 2012, 65, critica le «inibizioni e ritrosie della civilistica, che inducevano a vedere nel dettato costituzionale (soltanto) un programma di politica del diritto, privo di immediata precettività». Giova infine rammentare il pensiero di Umberto Breccia che concepisce l’autonomia privata come un ordinamento il cui riconoscimento primo è di natura costituzionale: U. Breccia, Il pensiero di Salvatore Romano, in G. Furgiuele (a cura di), Salvatore Romano, Esi, Napoli, 2015, 5; Id., Autonomia contrattuale, in E. Navarretta-A. Orestano (a cura di), Dei contratti in generale, in Comm. Gabrielli, Utet, Torino, 2011, 67.
[47] Sul tema vedasi V. Barba, Interessi post mortem tra testamento e altri atti di ultima volontà, in Riv. dir. civ., 2017, 333 in cui, a proposito degli atti di ultima volontà diversi dal testamento, idonei a regolare profili successori della persona, rammenta: «nel codice civile v’è già traccia e, al riguardo, basti ricordare la scelta del tutore o dell’amministratore di sostegno del proprio figlio, per il tempo successivo alla morte del genitore compiuta per atto pubblico o per scrittura privata autenticata (artt. 348, comma 1, e 408, comma 1, c.c.), la dichiarazione con cui si può escludere una persona dall’ufficio tutelare (art. 350, comma 1, n. 2, c.c.), nonché la stessa dispensa dalla collazione (art. 737 c.c.), nonché il problema dei diritti della personalità. È previsto, inoltre, che il soggetto possa regolare taluni interessi per dopo la propria morte anche con un atto diverso dal testamento sia nella legge sul diritto d’autore (cfr. artt. 24, comma 3; 93, comma 4; 96, comma 2) sia nella legge sulla cremazione e dispersione delle ceneri (cfr. l. 30 marzo 2001, n. 130) sia, infine, sebbene preveda ipotesi più controverse, nella legge sulla c.d. donazione di organi (l. 1˚ aprile 1999, n. 91, art. 4)». Sull’idoneità della successione mortis causa a regolamentare sia rapporti economici che interessi non patrimoniali vedansi, inoltre, meno recentemente, G. Bonilini, Autonomia negoziale e diritto ereditario, in Riv. not., 2000, 792; A. Zaccaria, Diritti extrapatrimoniali e successione. Dall’unità al pluralismo nelle trasmissioni per causa di morte, Cedam, Padova, 1998, 245; G. Giampiccolo, voce Atto «mortis causa», in Enc. dir., IV, Giuffrè, Milano, 1959, 232.
[48] In merito vedasi S. Ciccarello, Persona e successione ereditaria, Esi, Napoli, 1994, 169.
[49] La tutela dei legittimari è ricondotta al principio di solidarietà familiare, tra gli altri, da V. Barba, La successione dei legittimari, Esi, Napoli, 2020, 19; N. Virgilio, La successione riservata nell’ordinamento italiano, in F. Volpe (a cura di), La successione dei legittimari, Giuffrè, Milano, 2017; M. Dossetti, Concetto e fondamento della successione necessaria, in G. Bonilini (diretto da), Trattato di diritto delle successioni e donazioni, III, La successione legittima, 2009, Giuffrè, Milano, 69; G. Marinaro, La successione necessaria, cit., 6; M. Comporti, Riflessioni in tema di autonomia testamentaria, tutela dei legittimari, indegnità a succedere e diseredazione, in Familia, 2003, 27; G. Tamburrino, voce Successione necessaria (diritto privato), cit., 1352; L. Ferri, Dei legittimari, Libro II – Art. 536-564, in Comm. cod. civ., a cura di A. Scialoja-G. Branca, Zanichelli e Roma Società Editrice del Foro Italiano, Bologa-Roma, 1981, 2; V.E. Cantelmo, Fondamento e natura dei diritti del legittimario, Jovene, Napoli, 1972, 23 e 27. Evidenzia la funzione sociale del fenomeno successorio M. Mazzuca, La successione necessaria: sistematica del codice civile e assiologia costituzionale, cit., 50.
[50] Si veda, in proposito, quanto evidenziato da G. Perlingieri, Il patto di famiglia tra bilanciamento dei princìpi e valutazione comparativa degli interessi, in Rass. dir. civ., 2008, 200.
[51] In questi termini V. Scalisi, L’ermeneutica della dignità, Giuffrè, Milano, 2018, 64. Sulla dignità come criterio selettivo di regole e norme vedansi P. Perlingieri, Principio personalista, dignità umana e rapporti civili, in Annali Sisdic., 2020, 5, 1; Id., Il ‘Diritto privato europeo’ tra riduzionismo economico e dignità della persona, in Eur. e dir. priv., 2010, 345; Id., La personalità umana nell’ordinamento giuridico, Esi, Camerino-Napoli, 1972, 74. Sul valore costitutivo e normativo della dignità umana vedansi, tra la vasta letteratura, G. Resta, Dignità, persone, mercati, Giappichelli, Torino, 2014, passim; C. Scognamiglio, Dignità dell’uomo e tutela della personalità, in Giust. civ., 2014, 67; S. Rodotà, La rivoluzione della dignità, La Scuola di Pitagora, Napoli, 2013, 14; L. Lonardo, Il valore della dignità della persona nell’ordinamento italiano, in Rass. dir. civ., 2011, 761; G. Alpa, Dignità personale e diritti fondamentali, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 2011, 35; M.R. Marella, Il fondamento sociale della dignità umana. Un modello costituzionale per il diritto europeo dei contratti, in Riv. crit. dir. priv., 2007, 67; L. Mengoni, Diritto e valori, il Mulino, Bologna, 1985, 134. L’intrinseca vocazione evolutiva propria della dignità è sottolineata da F.D. Busnelli, Le alternanti sorti del principio di dignità della persona umana, in Riv. dir. civ., 2019, 1071 e da P. Zatti, Note sulla semantica della dignità, in Id., Maschere del diritto. Volti della vita, Giuffrè, Milano, 2009, 40. Evidenzia il rischio di considerare la dignità un’evanescente panacea funzionale a sostenere qualsiasi tesi sottraendola al piano della discussione C.M. Mazzoni, Quale dignità. Il lungo viaggio di un’idea, Olschki, Firenze, 2019, 10.
[52] Tanto da ritenere l’autonomia testamentaria tutelata costituzionalmente dall’art. 2 Cost. più che dall’art. 42, ultimo comma, Cost. In tal senso G. Bonilini, Il negozio testamentario, in Id. (diretto da), Trattato di diritto delle successioni e donazioni, II, La successione testamentaria, Giuffrè, Milano, 2009, 6. In argomento vedasi altresì A.G. Cianci, Diritto privato e libertà costituzionali, I, Libertà personale, Jovene, Napoli, 2016, 165.
[53] In argomento si rammentano le riflessioni di G. Bonilini, Il negozio testamentario, cit., 13; S. Pagliantini, Causa e motivi nel regolamento testamentario, Jovene, Napoli, 2000, 102; V. Scalisi, Persona umana e successioni. Itinerari di un confronto ancora aperto, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1989, 398; A. Trabucchi, L’autonomia testamentaria e le disposizioni negative, in Riv. dir. civ., 1970, 60; N. Lipari, Autonomia privata e testamento, Giuffrè, Milano, 1970, 116; G.B. Ferri, Causa e tipo nella teoria del negozio giuridico, Giuffrè, Milano, 1966, 58.
[54] Così in termini, Cass., 28 dicembre 2023, n. 36176, in Not., 2024, 67, la quale richiama un analogo principio espresso da Cass., 13 gennaio 2017, n. 786, in Foro it., 2017, 1, 4, 1302. Per contro, nella Relazione al Re che accompagnò l’emanazione del vigente codice civile il concetto di prodigalità è stato preso in considerazione «in rapporto a chi con lo sperpero e la dilapidazione minacci di rovinare la famiglia», senza, pertanto, alcun riferimento alle condizioni psichiche del soggetto.
[55] In tal senso, vedasi su tutti P. Perlingieri, Il diritto civile nella legalità costituzionale secondo il sistema italo-comunitario delle fonti, II, Fonti e interpretazione, Esi, Napoli, 2020, 433, 438, 566 e 597, ripreso da V. Barba, Trasformazioni della famiglia e successioni mortis causa, cit., 518. In proposito, ancora P. Perlingieri, Il diritto ereditario all’affacciarsi del nuovo millennio: problemi e prospettive, in S. Delle Monache (a cura di), Tradizione e modernità nel diritto successorio, Cedam, Padova, 2007, a p. 317, suggerisce una rilettura del diritto ereditario alla luce dei principi di maggior libertà testamentaria e maggior autonomia negoziale e a p. 321 osserva come l’art. 42, comma 4, Cost., «riservando alla legge il compito di stabilire “le norme ed i limiti della successione legittima e testamentaria e i diritti dello Stato sulle eredità”, consente una modifica agevole del diritto delle successioni nelle indicate direzioni. Modifica che, tuttavia, non può compiersi eludendo la considerazione dei principi costituzionali (in specie quelli enunciati agli artt. 2, 3, 29 e 30 Cost.), i quali impongono di adeguare ogni intento riformatore al rispetto delle esigenze di solidarietà familiare». Più recentemente lo stesso V. Barba, Maso chiuso tra tradizione sudtirolese e princípi identificativi del sistema ordinamentale, in Fam. e dir., 2018, 121, ha tuttavia evidenziato che «l’interesse familiare non può più essere considerato l’esclusivo e unico orizzonte ermeneutico attraverso il quale i temi e i problemi del diritto ereditario debbano essere svolti e sciolti. Tutto ciò, ovviamente, non significa proporre una lettura abrogante della disciplina di tutela dei legittimari, sebbene essa meriterebbe un’importante revisione legislativa, almeno in termini di riduzione delle quote di riserva, di trasformazione della tutela dei legittimari da reale a meramente obbligatoria, di ammissibilità di una diseredazione del legittimario per violazione dei doveri di solidarietà nei confronti del de cuius». In proposito, vedansi altresì le riflessioni di M. Mazzuca, La successione necessaria: sistematica del codice civile e assiologia costituzionale, in A. Porciello-M. Mazzuca, Sulle successioni mortis causa. Tra autonomia e valori costituzionali, cit., 50.
[56] Vedasi National Consumer Council, Finding the will: a report on will writing behaviour in England and Wales, 2007, disponibile al sito https://www.probate-solicitors.co.uk/ p 3; K. Rowlingson-S. Mckay, Attitudes to Inheritance in Britain, Joseph Rowntree Foundation, York, 2005, 69.
[57] Sul punto vedasi B. Sloan, Borkowski’s Law of Succession, cit., 287; R. Kerridge, Family Provision in England and Wales, cit., 384; E. Cooke, Testamentary Freedom: A Study of Choice and Obligation in England and Wales, in Freedom of testation. Testierfreiheit, R. Zimmermann (ed.), 2012, 125; M. Patrone, Le clausole di non contestazione nei testamenti e nei trust: un approccio comparato, in Trusts, 2012, 27; A. Fusaro, Il diritto successorio inglese e il trust, cit., 559. Sull’evoluzione del diritto successorio anglosassone si vedano le analisi di U. Mattei, La successione contro la volontà del testatore: radici profane di una contrapposizione sacra fra common law e sistemi romanisti, in P. Cendon (a cura di), Studi in onore di Rodolfo Sacco, Giuffrè, 1994, I, 765 e A. Miranda, Il testamento nel diritto inglese. Fondamento e sistema, Cedam, Padova, 1995, 5.
[58] G. Benedetti, Quale ermeneutica per il diritto europeo?, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2006, 1.
[59] La formula si legge in S. Pugliatti, Continuo e discontinuo nel diritto, in Id., Grammatica e diritto, Giuffrè, Milano, 1978, 93 e in Id., Scritti giuridici, V (1965-1996), Giuffrè, Milano, 2011, 1133.
[60] Si allude al d.d.l. n. 1043/2006 (XV leg.) di iniziativa dei Senatori Saro, Antonione, Mauro, Massidda e Sanciu, comunicato alla Presidenza il 27 settembre 2006 nonché al d.d.l. n. 576/2008 (XVIa leg.) di iniziativa del Senatore Saro, comunicato alla Presidenza il 17 giugno 2008. Sul punto vedansi, con differenti accenti, le riflessioni di A.M. Garofalo, La riforma della successione necessaria e le quote di riserva facoltative, in Riv. crit. dir. priv., 2021, 69; G. Amadio, Le proposte di riforma della successione necessaria, in Giur. it., 2012, 1942; Id., La successione necessaria tra proposte di abrogazione e istanze di riforma, in Riv. not., 2007, 806; M. Cinque, Sulle sorti della successione necessaria, cit., 493; S. Delle Monache, Abrogazione della successione necessaria?, in A. Donati-A. Garilli-S. Mazzarese-A. Sassi (a cura di), Diritto privato. Studi in onore di Antonio Palazzo, 2, Persona, famiglia e successioni, Utet, Torino, 2009, 237; G. Bonilini, Sulla possibile riforma della successione necessaria, in AA.VV., La successione legittima, in Tratt. Bonilini, III, Giuffrè, Milano, 2009, 729; M. Paradiso, Sulla progettata abrogazione della successione necessaria, in S. Pagliantini-E. Quadri-D. Sinesio (a cura di), Scritti in onore di Marco Comporti, III, Giuffrè, Milano, 2008, 2055.
[61] In argomento si vedano le riflessioni di E. Calò, Le nuove fonti europee d’immediata applicazione professionale, Esi, Napoli, 2013, 158.
[62] In proposito, vedasi P. Perlingieri, Relazione conclusiva, in occasione dell’XI Convegno S.I.S.Di.C., Libertà di disporre e pianificazione ereditaria, Esi, Napoli, 5-7 maggio 2016, Napoli, 2017, 513; A. Palazzo, La funzione suppletiva della successione necessaria, la tutela dei soggetti deboli e la diseredazione (Riflessioni sul progetto per l’abolizione della categoria dei legittimati), in Pers. e danno, 2007, 5, 7; Id., Il diritto delle successioni: fondamenti costituzionali, regole codicistiche ed istanze sociali, in Vita not., 2004, 115. In proposito, inoltre, vedasi G. Bonilini, Sulla proposta di novellazione delle norme relative alla successione necessaria, in Fam. pers. e succ., 2007, 583, il quale osserva che «potrebbero essere altri, gli strumenti adatti al soccorso di chi versi in istato di bisogno, e potrebbero essere accónci, soprattutto, lo strumento alimentare e quelli atti a non sacrificare la proprietà, epperò capaci di fornire un reddito, sicché potrebbero trovare migliore impiego, in definitiva, i diritti di usufrutto, di uso, di abitazione e, in senso lato, il credito alimentare». In proposito vedasi altresì le riflessioni di G. Gabrielli, Il regime successorio nella famiglia, in Dir. fam. pers., 2005, II, 1285.
[63] In tal senso, sia pure ad altro riguardo, P. Perlingieri, Diritti della persona anziana, diritto civile e Stato sociale, in Aa.Vv., Anziani e tutele giuridiche, a cura di P. Stanzione, Esi, Napoli, 1991, 42.
[64] Vedasi in proposito le riflessioni di V. Barba, Diseredazione, in V. Cuffaro (a cura di), Successioni per causa di morte. Esperienze e argomenti, Giappichelli, Torino, 2015, 505; Id., Recensione a “La clausola di diseredazione. Da disposizione «afflittiva» a strumento regolativo della devoluzione ereditaria” di Pasquale Laghi ed a “La diseredazione. Profili evolutivi” di Marco Tatarano, in Rass. dir. civ., 2014, 969; Id., La disposizione testamentaria di diseredazione (nota a Cass., 25 maggio 2012, n. 8352), in Fam. pers. succ., 2012, 763. In senso analogo si rinvia alle considerazioni di M. Comporti, Riflessioni in tema di autonomia testamentaria, tutela dei legittimari, indegnità a succedere e diseredazione, cit., 42.
[65] Sul punto vedasi le lucide osservazioni di E. Lucchini Guastalla, Il diritto successorio tra questioni ancora aperte e nuove esigenze economico-sociali, in Riv. dir. civ., 2021, 1037, secondo il quale: «Non può, infatti, essere revocato in dubbio che l’attuale misura delle quote di legittima debba essere rivista nel senso di un forte ridimensionamento, così come appare non del tutto irragionevole pensare all’introduzione di ulteriori “correttivi”, come, ad esempio, quello di subordinare il diritto alla quota di legittima alla concreta persistenza di un vincolo affettivo, negando così qualsiasi diritto al figlio che abbia abbandonato il genitore nei momenti più critici. O, ancora, introdurre norme che sanciscano una necessaria partecipazione del coniuge alla vicenda successoria in misura proporzionale alla durata del vincolo matrimoniale o pensare ad altri interventi correttivi che la dottrina non ha mancato di proporre negli anni più recenti».
[66] Sul pensiero di Jean Domat, vedansi, da ultimo, F. Addis, Norme e principi nel Trattato delle leggi di Jean Domat, in Liber amicorum per Paolo Zatti, Jovene, Napoli, 2023, 3; E. Battelli, La primazia del diritto privato tra regole e principi nel Trattato delle leggi di Jean Domat, in Giust. civ., 2023, 623; R. Calvo, Metodo e scienza nell’architettura domatiana del diritto civile, in J. Domat, Trattato delle leggi, trad. it. a cura di R. Calvo, Esi, Napoli, 2020, 1.
[67] Sia consentito il rinvio a I.L. Nocera, Per una rimeditazione quantitativa della legittima. Solidarietà endofamiliare e autonomia nel passaggio generazionale, Esi, Napoli, 2024, passim.
[68] B. Pasternàk, Il dottor Živago, trad. it. di P. Zveteremich, Feltrinelli, Milano, 2014, 275.