Jus CivileISSN 2421-2563
G. Giappichelli Editore

La decorrenza della prescrizione dell´azione di riduzione (di Ennio Cicconi, Ricercatore – Università di Roma La Sapienza)


Il saggio si propone di indagare la questione della decorrenza dell’azione di riduzione alla luce dei differenti orientamenti formatisi in dottrina e in giurisprudenza in proposito, in particolar modo con riguardo all’ipotesi in cui la lesione dei diritti dei legittimari derivi da disposizioni testamentarie. L’indagine implica l’analisi di numerosi istituti giuridici del diritto successorio, e delle relazioni tra l’azione di riduzione ed altre azioni, non soltanto tipicamente successorie. Inoltre, essa offre lo spunto per esaminare in termini generali, e quindi al di là della materia successoria, l’effettiva rilevanza della tradizionale distinzione tra impedimenti di fatto e impedimenti di diritto rispetto alla decorrenza della prescrizione, muovendo dalla questione della conoscibilità da parte dei legittimari delle disposizioni testamentarie lesive dei loro diritti.

Parole chiave: azione – riduzione – prescrizione – decorrenza.

The starting date for the statute of limitation of the reduction action

The essay is aimed at investigating the issue of the starting date for the reduction action in light of the various guidelines provided by scholars and case law in this regard, particularly with respect to cases where the infringement of the mandatory heirs’ rights results from provisions of the will. Several legal arrangements in succession matters are analysed in the context of the discussion, as well as the relationships between the reduction action and other actions, not only those typically belonging to the succession matters. Furthermore, the investigation gives the opportunity to assess in general terms, that is, beyond such matters, the actual importance of the traditional distinction between factual impediments and legal impediments with respect to the running of the limitation period, moving from the issue of the ability of the mandatory heirs to know the provisions of the will infringing their rights.

SOMMARIO:

1. I differenti orientamenti sul dies a quo della prescrizione dell’azione di riduzione e la soluzione delle Sezioni Unite - 2. Perplessità e critiche della dottrina nei riguardi di tale soluzione - 3. Azione di riduzione e accettazione dell’eredità - 4. L’interesse ad agire nell’azione di riduzione - 5. L’orientamento tradizionale e le sue implicazioni - 6. Interferenze con altre azioni - 7. Impedimenti di fatto e decorrenza della prescrizione - NOTE


1. I differenti orientamenti sul dies a quo della prescrizione dell’azione di riduzione e la soluzione delle Sezioni Unite

La questione della prescrizione dell’azione di riduzione delle disposizioni lesive dei diritti dei legittimarî ha formato oggetto di un dibattito giurisprudenziale e dottrinale, oggi piuttosto sopito, eppure vivace fino a qualche anno fa. Tale questione concerne, più precisamente, l’individuazione del dies a quo di tale prescrizione, non essendo invece controversa l’applicazione alla materia in esame del termine ordinario decennale della prescrizione, se si fa eccezione di un’opinione espressa in dottrina, secondo la quale il diritto del legittimario di agire in riduzione sarebbe imprescrittibile, in coerenza con la tesi sostenuta da quella stessa dottrina, secondo la quale il legittimario sarebbe titolare di un diritto reale sopra i beni oggetto delle disposizioni testamentarie o donative che ledano la sua quota di riserva [1]. Sul punto della data di decorrenza della prescrizione si erano invece delineati orientamenti differenti. Per meglio dire, l’orientamento più tradizionale della giurisprudenza, per anni pressoché incontrastato, secondo il quale tale data dovrebbe coincidere con quella di apertura della successione [2], al pari della prescrizione di altri diritti in materia successoria, è stato disatteso sul finire del secolo scorso da alcune pronunce di legittimità e di merito, anticipate peraltro da un precedente del 1970, secondo le quali la decorrenza della prescrizione, nel caso di successioni regolate da testamento, dovrebbe coincidere con la pubblicazione del testamento, poiché la possibilità per il legittimario di far valere il suo diritto presupporrebbe la conoscenza delle disposizioni lesive [3]. Attenendosi a questa seconda impostazione, si dovrebbe concludere che, nel caso di successione intestata, il momento di decorrenza della prescrizione sia invece quello dell’apertura della successione; anche se, in tale ipotesi di successione (almeno se integralmente intestata), non si pone la questione dell’esercizio dell’azione di riduzione, poiché un’ipotetica lesione dei legittimarî in concorso con altri eredi legittimi sarebbe solo virtuale, giacché opera la riduzione automatica prevista dall’art. 553 cod. civ. [4]. Tuttavia, si è osservato che, anche nell’ipotesi di successione testamentaria, se il relictum non bastasse ad integrare la legittima, e occorresse quindi impugnare [continua ..]


2. Perplessità e critiche della dottrina nei riguardi di tale soluzione

Le valutazioni espresse dai commentatori di tale sentenza sono eterogenee, ma, nel complesso, le critiche appaiono superiori ai consensi. Anche coloro che hanno mostrato di apprezzare nell’insieme il criterio con essa adottato hanno, in effetti, manifestato riserve e perplessità [14]. Certo, si tratta di un criterio che si espone ad alcuni rilievi immediati, come quello della impossibilità di applicazione alle disposizioni testamentarie a titolo particolare, in considerazione del modo di acquisto dei legati, che non richiede accettazione [15]. Ne consegue che, qualora la disposizione lesiva consista in un legato, la prescrizione prenderebbe data dall’apertura della successione. Tale rilievo, di per sé, non infirma le basi del suddetto principio di diritto; piuttosto, ne circoscrive l’àm­bito applicativo, non potendo operare in relazione alle disposizioni testamentarie indistintamente considerate, ma dovendo limitarsi alle sole disposizioni a titolo universale. Ciò, peraltro, comporta che, agli effetti della prescrizione dell’azione di riduzione, il legato verrebbe trattato nello stesso modo delle donazioni, creando così un disallineamento rispetto alla disciplina risultante dagli artt. 558 e 559 cod. civ. sul sistema di riduzione, uguale per tutte le disposizioni testamentarie, “senza distinguere tra eredi e legatarî”, e improntato alla regola della proporzionalità e della simultaneità, diversamente dal sistema di riduzione delle donazioni, basato sul criterio cronologico successivo e retrogrado. Una tale distonia, però, non è argomento che valga di per sé a demolire il fondamento del principio espresso, giacché decorrenza della prescrizione dell’azione e modo di operare della riduzione attengono a piani diversi; cosicché non crea un vulnus del sistema l’assimilazione del legato alla donazione sotto il primo profilo, sebbene la legge lo equipari alla istituzione di erede sotto il secondo profilo. Del resto, anche ad altri effetti, come è noto, legati e donazioni sono assoggettati ad un medesimo trattamento giuridico, che – stando almeno alla lettera della legge – non riguarda invece le istituzioni di eredità (cfr. artt. 552, 553, 560, 561, 564 cod. civ.), sebbene, in realtà, alcune disposizioni testualmente dettate in relazione a legati e donazioni, o a donazioni [continua ..]


3. Azione di riduzione e accettazione dell’eredità

Talora è stata ipotizzata una sorta di simmetria, o comunque di connessione molto stretta, tra il diritto di accettare l’eredità e quello di chiedere la reintegrazione della quota di riserva, dalla quale dovrebbe discendere una uniformità di disciplina rispetto alla decorrenza della prescrizione: vale a dire che la decorrenza della prescrizione dell’azione di riduzione, non regolata dalla legge, dovrebbe conformarsi – secondo alcuni autori – a quella della prescrizione del diritto di accettare l’eredità, regolata dall’art. 480, comma 2, cod. civ., che individua nel giorno dell’apertura della successione il dies a quo [29]. Posto che il cennato parallelismo si svolge, per così dire, in una prospettiva unitaria, ossia dal punto di vista di un legittimario, che sia destinatario di una delazione ereditaria, e che veda però menomata la sua quota di riserva da disposizioni di cui potrebbe domandare la riduzione, laddove l’accettazione di eredità alla quale la sentenza delle Sezioni Unite annettono l’effetto di far decorrere la prescrizione del diritto del legittimario di agire in riduzione è quella proveniente del soggetto istituito con la disposizione da ridurre, tale parallelismo non si giustifica neppure nella cennata prospettiva. Qualora egli sia stato pretermesso, ed intenda reclamare la sua quota di riserva (che non sia stata soddisfatta mediante donazioni o legati [30]), l’acquisto dell’eredità da parte sua sarà una conseguenza, non di un’accettazione di eredità, ma – come è stato autorevolmente osservato – di un meccanismo complesso, in cui l’atto di accettazione rimane assorbito, poiché il reclamo della quota non implica accettazione, consistendo in un atto di natura diversa, che, nella fattispecie di acquisto dell’erede necessario, sostituisce l’accettazio­ne in ordine cronologico inverso rispetto a quello in cui l’accettazione si inserisce, completandola, nella fattispecie di acquisto dell’eredità per vocazione testamentaria o intestata. In questo caso, ad aprire il ciclo formativo dell’acquisto, vi è un atto di volontà del legittimario, e, a chiuderlo, la sentenza che accoglie la domanda; cosicché la delazione della quota coincide con l’acquisto [31]. Sulla effettiva posizione del [continua ..]


4. L’interesse ad agire nell’azione di riduzione

A parte i riferiti rilievi provenienti da numerosi studiosi, che mettono in luce perplessità e inconvenienti legati all’applicazione del principio contenuto nella sentenza delle Sezioni Unite, l’analisi critica dovrebbe rivolgersi innanzitutto verso il nucleo fondamentale della decisione assunta, ossia verso la tesi secondo la quale, come si è visto, la lesione del diritto del legittimario si consumerebbe soltanto con l’accetta­zione, e conseguente acquisto, dell’eredità da parte del chiamato (per testamento), poiché, in pendenza del­l’accettazione, la lesione sarebbe solo potenziale. La distinzione, tracciata nella sentenza delle Sezioni Unite, tra lesione potenziale, prima dell’accettazione, e lesione attuale, che consegue all’accettazione, come pure l’affermazione della assenza di danno in pendenza dell’accettazione (altrui), si riconducono al dato dell’acquisto dell’eredità per effetto dell’accettazione da parte del beneficiario della relativa disposizione testamentaria, e – come sopra si è accennato – possono inquadrarsi in termini di fattispecie complessa: al momento dell’apertura della successione, l’istituzione di un erede in pregiudizio dei legittimarî corrisponde ad una fattispecie in itinere, che l’accettazione dell’istituito potrà completare [37]. Più opinabile è l’ulteriore affermazione contenuta nella sentenza, secondo la quale, in tale situazione di pendenza, il legittimario “non sarebbe legittimato (per difetto di interesse) ad esperire l’azione di riduzione”. La sovrapposizione, rilevabile in tale proposizione, tra le condizioni dell’azione civile della legittimazione e dell’interesse appare infatti impropria. L’una, relativa alla individuazione dei soggetti titolari del diritto di azione, non pone questioni particolari rispetto ai legittimarî (si tratta, quindi, solo di verificare la qualità di legittimario in capo all’attore): se ciò non fosse già implicito nel sistema della successione necessaria, vi sarebbe comunque la disposizione dell’art. 557, comma 1, cod. civ. a riconoscere in claris la sussistenza di tale condizione dell’azione in capo a costoro. I problemi interpretativi suscitati dalla citata disposizione riguardano, semmai, altri soggetti, anche in [continua ..]


5. L’orientamento tradizionale e le sue implicazioni

Abbandonando dunque l’ingannevole prospettiva dell’interesse ad agire [55], e ricondotta la questione sul terreno del diritto da tutelare, occorre allora domandarsi se, in pendenza dell’accettazione dell’eredità da parte del chiamato in forza di disposizione testamentaria lesiva, tale diritto già esista, e se esso possa esercitarsi. A sostegno di tale tesi si afferma che il diritto del legittimario di conseguire una porzione dei beni del defunto sorgerebbe con l’apertura della successione, e che la lesione deriverebbe già dalla delazione in favore di altri della porzione che spetterebbe al legittimario; con ciò contestando il criterio accolto dalle Sezioni Unite, secondo il quale tale lesione, prima dell’accettazione del chiamato, sarebbe solo potenziale [56]. Altra dottrina, anch’essa critica verso tale criterio, pone l’accento sulla posizione giuridica provvisoria attribuita al chiamato in pendenza dell’accettazione, e sostiene che il fatto stesso della delazione in favore di altri soggetti sottrae l’eredità al legittimario, il quale non può imputarla in conto della sua legittima, ed è, già al momento dell’apertura della successione, in grado di verificare se quanto abbia ricevuto dal de cuius soddisfi o meno tale suo diritto. La stessa dottrina, peraltro, ammette che, finché l’eredità non sia stata accettata, è sempre possibile che la lesione venga meno (per esempio, per una chiamata in sostituzione, o per un fenomeno di accrescimento, in favore del legittimario); sostenendo però che ciò non basterebbe a definire potenziale la lesione, e che anche una lesione sicuramente attuale potrebbe sempre venir meno [57]. Affermare che il diritto del legittimario di agire in riduzione sorge già con l’apertura della successione per negare la rilevanza dell’accettazione dell’eredità ai fini del decorso della prescrizione, da un lato, appare una petizione di principio; dall’altro, non risolve il problema, giacché è necessario verificare se quel diritto, quand’anche sia già sorto, trovi impedimenti al suo esercizio. Se si dovesse ragionare nella logica del rapporto obbligatorio, occorrerebbe domandarsi, non solo se esso sia sorto, ma anche se sia esigibile [58]. Trattandosi di un diritto potestativo, e dunque di un [continua ..]


6. Interferenze con altre azioni

Il ruolo centrale che la successione necessaria svolge nel diritto italiano delle successioni comporta che l’azione di riduzione si trovi ad entrare assai spesso in relazione con numerose altre azioni, non solo tipicamente successorie. Nel quadro di questa indagine, non interessa richiamare, se non per occasionali cenni, gli elementi che distinguono l’azione di riduzione da ciascuna di tali azioni: interessa, piuttosto, verificare l’esistenza di eventuali reciproche influenze tra l’una e le altre sul piano della prescrizione. a) Relazioni particolarmente strette intercorrono tra l’azione di riduzione e quella di divisione, spesso proposte cumulativamente nello stesso processo, ove la prima assume carattere pregiudiziale rispetto alla seconda, poiché il suo accoglimento può portare a una diversa determinazione della iniziale misura del concorso dei coeredi sui beni ereditarî[71]. In passato, si è talora affermato che deve considerarsi implicita nella domanda di divisione anche quella di riduzione una volta accertata la lesione[72], mentre oggi si esclude con nettezza una tale implicazione [73]. Piuttosto, si è affermato che nella proposizione di una domanda di divisione, cumulata con una di riduzione, dovrebbe reputarsi implicitamente proposta una domanda di restituzione [74]. Peraltro, è stato rilevato in dottrina che, nei casi previsti dall’art. 560 cod. civ., la restituzione conseguente a riduzione assume funzione divisoria, comportando lo scioglimento dello stato di indivisione in cui la cosa viene a trovarsi tra il legittimario e il beneficiario della disposizione ridotta: la norma, di cui al comma 1 del citato articolo, secondo la quale la riduzione si fa separando dall’immobile la parte occorrente per integrare la quota riservata, infatti, benché apparentemente riferita alla riduzione, concerne piuttosto l’azione di restituzione contro il donatario o l’onorato testamentario, e sta a significare che la restituzione deve essere ordinata previa divisione della cosa [75]. Da questo punto di vista, sarebbe dunque la domanda restitutoria a contenere implicitamente quella divisoria. Ma, a parte i rapporti tra divisione e restituzione, l’imprescrittibilità della divisione esclude la rilevanza di una ipotetica incidenza su di essa della prescrizione dell’azione di riduzione; la quale, a sua volta, in quanto pregiudiziale [continua ..]


7. Impedimenti di fatto e decorrenza della prescrizione

Si è visto come il principio enunciato da Cass., sez. un., n. 20644/2004, secondo il quale la prescrizione dell’azione di riduzione rivolta contro disposizioni testamentarie (a titolo universale, si è precisato) inizia a decorrere dal momento dell’accettazione da parte del chiamato all’eredità in forza della disposizione testamentaria lesiva, abbia disatteso i due diversi criterî sino ad allora applicati: quello più tradizionale e prevalente, che individuava nella data di apertura della successione il giorno di decorrenza della prescrizione dell’azione; e l’altro, minoritario, che faceva coincidere tale giorno con la data di pubblicazione del testamento olografo. Si è pure visto come le Sezioni Unite abbiano preso posizione in senso fortemente critico nei confronti di quest’ultimo orientamento, respingendo con nettezza la configurabilità di una presunzione di conoscenza dovuta alla pubblicazione del testamento, affermata in alcune pronunce rappresentative di tale orientamento; e comunque giudicando ininfluente, agli effetti della decorrenza della prescrizione, la eventuale ignoranza della disposizione lesiva, reputata come mero impedimento di fatto, che non pregiudicherebbe la possibilità di esercizio del diritto. Si è quindi notato che tale conclusione è coerente con un’affermazione ricorrente nella giurisprudenza in materia di prescrizione in generale [116]. Si comprende, allora, come la questione della decorrenza della prescrizione dell’azione di riduzione offra spunti di riflessione e di indagine, che attengono ad un àmbito molto più vasto di quello della tutela dei legittimarî, poiché interessano i caratteri generali dell’istituto della prescrizione. Proprio l’ampiezza della indicata sfera di interesse non consente di sviluppare tali spunti con la dovuta completezza in questa sede; ma l’importanza dell’argomento merita almeno lo svolgimento, in questo più limitato contesto di indagine, di qualche sintetica considerazione, inducendo a domandarsi se il criterio che attribuisce rilevanza alla pubblicazione del testamento, accolto anche da dottrina autorevole [117], non debba essere rivalutato, soprattutto in una prospettiva più generale, nella quale la specifica questione qui trattata può essere collocata. Del resto, anche in una materia in cui [continua ..]


NOTE