Jus CivileISSN 2421-2563
G. Giappichelli Editore

Polifunzionalità della responsabilità civile e scostamenti dal danno effettivo: un primo bilancio a tre anni dalle Sezioni Unite sui cc.dd. danni punitivi (di Stefano Gatti)


Questo contributo si propone di offrire un primo bilancio dell’impatto che la pronuncia delle Sezioni Unite del 2017 sui punitive damages (Cass., Sez. Un., 5 luglio 2017, n. 16601) ha avuto sulla riflessione relativa ad alcune questioni di primario rilievo nella disciplina interna della responsabilità civile. Vengono prese in esame, segnatamente, l’importante risistemazione giurisprudenziale che la regola della compensatio lucri cum damno ha conosciuto nel 2018 (Cons. Stato, Ad. Plen., 23 febbraio 2018, n. 2; Cass., Sez. Un., 22 maggio 2018, n. 12564-12567) e l’evoluzione del dibattito intorno alla risarcibilità del c.d. danno in re ipsa, con riguardo, in particolare, all’occupazione sine titulo di un bene immobile (Cass., 25 maggio 2018, n. 13071). Questi esempi dimostrano che, nonostante la sentenza delle Sezioni Unite del 2017 non abbia un contenuto propriamente innovativo con riguardo al diritto interno della responsabilità civile, essa ha contribuito in misura rilevante all’evoluzione di questo ambito del diritto privato. L’influenza della riaffermata polifunzionalità dell’istituto sulla soluzione di questioni aperte, nella misura in cui ha reso più consapevoli gli interpreti delle potenzialità e dei limiti dello strumento risarcitorio, è peraltro apprezzabile anche in alcune recenti pronunce, che pure non fanno cenno, nella loro motivazione, a Cass., Sez. Un., 5 luglio 2017, n. 16601.

Multi-functionality of civil liability and deviations from actual damage: a first evaluation three years after the Sezioni Unite ruling on punitive damages

This paper aims to give a first evaluation of the impact which the 2017 Sezioni Unite ruling on punitive damages (Cass., Sez. Un., 5.07.2017, No. 16601) has had on the discussion concerning some crucial issues on civil liability in domestic law. Two exemplary fields will be considered: a) the compensatio lucri cum damno rule, whose functioning has been significantly revisited by Italian Courts (Cons. Stato, Ad. Plen., 23.02.2018, No. 2; Cass., Sez. Un., 22.05.2018, No. 12564-12567) and b) the recoverability of the so-called in re ipsa damage, especially with regard to illegal occupation of an immovable property (Cass., 25.05.2018, No. 13071). These examples show that, although the 2017 Sezioni Unite ruling lacks innovation regarding domestic civil liability, it has contributed significantly to the evolution of this field of private law. The influence of the restated multi-functionality of civil liability on the solution of open questions, insofar as it has made interpreters more aware of the potentialities and limits of damages assessment, is moreover appreciable also in some recent cases, even if they do not directly mention the 2017 Sezioni Unite precedent in their reasoning

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SOMMARIO:

1. Premessa. - 2. L’influenza della ribadita polifunzionalità della responsabilità civile sulla regola della compensatio lucri cum damno. - 3. L’impatto della intermediazione legislativa, quale presupposto della sovracompensazione, sulla teoria del danno in re ipsa. - 4. Osservazioni conclusive: l’influenza sotterranea della polifunzionalità e il confine normativo.


1. Premessa.

A tre anni dalla pubblicazione della nota sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione sui cc.dd. danni punitivi[1], è possibile tracciare un primo bilancio dell’impatto di questa pronuncia sulla responsabilità civile italiana. Lo scopo non è certamente quello di mettere in discussione la vocazione genuinamente internazionalprivatistica di questo arresto[2], chiamato a dirimere la questione della riconoscibilità nell’ordinamento italiano di sentenze straniere che contemplino condanne a punitive damages, quanto piuttosto quello di verificare se le affermazioni contenute nella motivazione della decisione abbiano avuto una qualche influenza sul modo di ragionare dei giudici nei rapporti meramente interni. Ai fini di questa indagine, sono di particolare interesse tre passaggi del ragionamento, sviluppato nel diritto civile italiano, da cui le Sezioni Unite hanno preso le mosse per verificare la compatibilità con l’ordine pubblico dei punitive damages: i) la responsabilità civile non ha unicamente una funzione compensativa, ma persegue anche altri scopi, tra i quali spiccano quello deterrente e, in determinati casi, quello sanzionatorio-punitivo; ii) la c.d. polifunzionalità della responsabilità civile trova conferma in una serie di ipotesi previste dalla legge, in virtù delle quali, in conseguenza del fatto illecito, viene riconosciuto al danneggiato il diritto ad un risarcimento ultracompensativo; iii) ciò, tuttavia, non implica che l’istituto «abbia mutato la sua essenza e che questa curvatura deterrente/sanzionatoria consenta ai giudici italiani che pronunciano in materia di danno extracontrattuale, ma anche contrattuale, di imprimere soggettive accentuazioni ai risarcimenti che vengono liquidati». Da queste affermazioni, per un verso, può trarre sostegno l’idea della valicabilità dei confini posti dal principio del danno effettivo nella determinazione del risarcimento[3], alla luce di istanze diverse dalla pura compensazione; per altro verso, emerge altresì chiaramente che un simile sforamento impone una precisa scelta da parte del legislatore, in mancanza della quale rimane precluso ai giudici accordare risarcimenti che eccedano la compensazione integrale[4]. Ad avviso della S.C., la necessità di una “intermediazione legislativa” trova il proprio fondamento nel «principio di cui [continua ..]


2. L’influenza della ribadita polifunzionalità della responsabilità civile sulla regola della compensatio lucri cum damno.

Poco meno di un anno dopo la pronuncia sui danni punitivi, le Sezioni Unite hanno impresso una significativa evoluzione nell’applicazione della c.d. compensatio lucri cum damno, la quale, agli scopi di questa indagine, appare particolarmente interessante: è noto, infatti, che il principio che questa “regola” di quantificazione del danno esprime – il danneggiato non può arricchirsi per effetto del risarcimento – è diretta emanazione del principio del danno effettivo[1]. Le quattro pronunce succedutesi in questa materia nello stesso giorno (Cass., Sez. Un., 22 maggio 2018, n. 12564-12567)[2], si sono sì specificamente occupate, ciascuna, della fattispecie di volta in volta al vaglio nel singolo procedimento, in tal modo rinunciando a fornire una risposta unitaria all’ampio quesito teorico formulato dalle ordinanze di rimessione[3]; nondimeno, con tutta evidenza esse hanno seguito, per giungere alla soluzione nel singolo caso, un sentiero logico comune, che si pone in ideale continuità con il ragionamento sviluppato, solo qualche mese prima, dall’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato (Cons. Stato, Ad. Plen., 23 febbraio 2018, n. 2[4]). Tale sentiero, allora, finisce inevitabilmente per costituire il tracciato grazie al quale verificare se il vantaggio conseguito dal danneggiato “in conseguenza” del fatto illecito debba o meno essere scomputato dal risarcimento[5]. Per brevità, i termini essenziali del dibattito sul quale sono intervenute le menzionate pronunce possono essere così sintetizzati: per la tesi tradizionale, perché il vantaggio venga diffalcato dal risarcimento, occorre che esso discenda “in maniera immediata e diretta” dall’illecito[6], con la conseguenza che non si potrebbe tenere conto di quei benefici che abbiano un titolo diverso ed indipendente da quest’ultimo[7]. Ad una posizione così rigida, che, come si può intuire, ridimensiona notevolmente lo spazio di operatività pratica della compensatio lucri cum damno[8], si contrappone la profonda rivisitazione proposta da alcune pronunce della terza sezione della Suprema Corte negli anni 2014-2016[9]. Il punto su cui insiste il più recente orientamento è che non si tratta di definire i presupposti di un istituto dotato di una propria autonomia, ma, semplicemente, di applicare correttamente l’art. 1223 cod. civ. nella [continua ..]


3. L’impatto della intermediazione legislativa, quale presupposto della sovracompensazione, sulla teoria del danno in re ipsa.

L’arresto sui danni punitivi è stato richiamato anche nell’ambito del dibattito sull’ammissibilità del danno in re ipsa e, nello specifico, in una delle principali ipotesi in cui tale costrutto ha trovato terreno fertile: la lesione di un diritto di godimento su un bene immobile che consista nella privazione per il titolare della disponibilità di tale bene (si tratta, frequentemente, di casi di occupazione sine titulo)[1]. Secondo la tesi favorevole, ben rappresentata nella giurisprudenza di legittimità, poiché il bene immobile è di “natura normalmente fruttifera”, una perdita patrimoniale è senz’altro intrinseca alla descritta lesione[2]. Il concetto di intrinsecità è inteso non tanto nel senso di sufficienza del danno-evento (lesione dell’interesse protetto) a fondare l’obbligo risarcitorio, quanto piuttosto col significato di “normalità” e automaticità della conseguenza risarcibile, che, quindi, pur rimanendo formalmente elemento costitutivo dell’obbligazione risarcitoria, si sottrae alla necessità di uno specifico accertamento. In merito alla quantificazione, in assenza di elementi diversi, il giudice può dirigere la valutazione equitativa alla luce del parametro del danno figurativo, agganciando cioè il risarcimento al valore locativo dell’immobile nel tempo considerato. La struttura del fatto-fonte dell’obbligazione risarcitoria è lasciata, almeno in apparenza, immutata: la valutazione delle caratteristiche del bene consente di ritenere sussistente il pregiudizio anche in assenza di una specifica dimostrazione da parte del danneggiato. La tesi negativa, parimenti sostenuta dalla Corte di Cassazione, muove dall’osservazione che il modo di ragionare appena descritto finisce per “normalizzare” un vero e proprio stravolgimento degli oneri probatori delle parti: toccherebbe al danneggiante fornire la prova dell’insussistenza del danno lamentato dal danneggiato, circostanza che assumerebbe i contorni dell’eccezionalità[3]. Ne deriva che la teoria del danno in re ipsa, per quanto non sovrapponga concettualmente il pregiudizio con l’evento dannoso, accorda pur sempre un risarcimento in assenza dell’accertamento, a monte, della ricorrenza di un danno-conseguenza: la distanza tra questa teoria e quella, inammissibile, della [continua ..]


4. Osservazioni conclusive: l’influenza sotterranea della polifunzionalità e il confine normativo.