Il saggio si propone di valutare le potenziali ripercussioni dell'introduzione delle nuove central bank digital currencies e, in particolare, del progetto di euro digitale della BCE, sul concetto di moneta legale nell’ordinamento europeo e interno. Nell’epoca della diffusione criptovalute e della crisi del denaro contante, si avvia una riflessione sul rapporto tra dimensione pubblica e privata e di mercato in seno all'istituzione monetaria.
Parole chiave: Moneta – moneta legale – obbligazioni pecuniarie – Euro – Euro digitale – central bank digital currencies.
The essay aims to evaluate the potential repercussions of the introduction of the new central bank digital currencies and, in particular, of the digital euro ECB’s project, on the concept of legal money in the European and domestic legal system. In the era of crypto-currency and cash crisis, a reasoning is started on the relationship between public and private and market dimensions within the monetary institution.
1. La sfida delle stablecoins e l’avvento delle central bank digital currencies - 2. Caratteri generali ed obiettivi del progetto di Euro digitale - 3. Segue. Possibili modelli di attuazione della valuta digitale europea. Il confronto con l’e-Yuan cinese - 4. L’Euro digitale e il concetto di moneta legale - 5. La cbdc europea nel processo di spiritualizzazione della moneta - NOTE
L’istituto monetario è oggi agitato da violente tensioni evolutive, le quali provengono sia “dal basso”, sotto la spinta dell’autonomia privata e del mercato, per l’avvento e la diffusione a ritmi esponenziali delle criptovalute e di una loro particolare species denominata stablecoins; sia “dall’alto”, per l’azione portata avanti dai banchieri centrali di tutto il mondo sul tema nuovo delle valute digitali sovrane. Da quest’ultima specola e, in particolare, dall’esame del progetto di emissione dell’“Euro digitale” della Banca centrale europea, si rifletterà sulla curvatura che questi venti di cambiamento imprimono sullo statuto dogmatico della moneta e sul concetto civilistico di moneta (avente corso) legale, lì dove si mescolano, in una delicatissima alchimia, pubblico e privato, autorità e fiducia, sovranità e autonomia.
Il filo rosso che unisce queste tendenze innovative è rappresentato dal progresso tecnologico, capace di trasfigurare il volto del sistema monetario e del mercato dei servizi e strumenti di pagamento, europeo e globale, in ogni suo lineamento. Per mezzo delle nuove tecnologie digitali, il mercato ha fatto irruzione nel momento genetico di emissione della moneta, sconfinando nelle prerogative correlate alla sovranità monetaria pubblica tradizionalmente appannaggio delle banche centrali nazionali o sovranazionali. Il riferimento corre evidentemente al fenomeno delle criptovalute, rappresentazioni digitali di valore, emesse da soggetti privati che operano sul web (miners), custodite su sistemi informatici in appositi portafogli digitali (wallets) e trasferite o negoziate per mezzo di chiavi crittografate [1]. Dall’avvento di Bitcoin nel 2008, ancor’oggi la più nota e diffusa, il panorama delle criptovalute – sul quale, per i limiti di questo lavoro, non è possibile soffermare l’analisi – ha conosciuto significative novità. Ai fini della riflessione che si intende condurre, merita di essere segnalata la nascita e la successiva esplosione [2] delle menzionate stablecoins, crypto-asset tipicamente agganciato o collegata al prezzo di una valuta fiat, ovvero di un’attività o di un paniere di attività finanziarie (materie prime o altre valute), pensata – come suggerito dal nomen stesso – per mantenere un valore tendenzialmente stabile nel tempo, e così rimediare alla volatilità quale caratteristica deficienza delle altre valute virtuali private [3]. Per tale conformazione, le stablecoins, più di altre criptovalute, ambiscono a fungere da mezzo di pagamento e ad assurgere a “moneta privata” complementare, o meglio antagonista rispetto alle “monete sovrane” munite di corso legale.
Proprio come le proverbiali monete, le stablecoins svelano due facce contrapposte: per un verso, possono concorrere al progresso nel campo dei pagamenti digitali, ad esempio contribuendo a rendere più efficienti i pagamenti transfrontalieri e le rimesse internazionali. Per altro verso, sono in grado però di generare rischi non indifferenti per la stabilità finanziaria e la sovranità monetaria, mettendo a repentaglio il monopolio del “batter moneta” degli Stati e delle loro banche centrali [4].
A tale ascesa delle forme di pagamento digitale e mobile, da un canto, e delle criptovalute, dall’altro, ha fatto da inevitabile contrappunto lo stato di crisi in cui versa la forma tipica di espressione della moneta pubblica, ossia il denaro contante, sempre più impiegato dai privati come riserva di valore per la fiducia riposta nella moneta sovrana, ma sempre meno come mezzo di adempimento delle obbligazioni pecuniarie [5], per il cospirare di diversi ordini di ragioni: anzitutto, com’è di tutta evidenza, la conformazione strutturale del mercato digitale, nel quale il contante si rivela del tutto inadatto ad un impiego efficiente e rapido; in secondo luogo, il cambiamento nelle abitudini di pagamento (specie delle generazioni più giovani ma non solo) anche nell’habitat naturale del contante, il commercio retail nei punti vendita tradizionali, ed una sempre maggior fiducia verso gli strumenti rapidi ed efficienti come quelli contactless, che adoperano la tecnologia NFC (Near Field Communication), tanto attraverso le carte di pagamento che gli smartphone [6]; infine, gli stessi indirizzi di policy del legislatore sia europeo che municipale, il quale, com’è noto, ne limita o bandisce l’uso per finalità di contrasto all’evasione fiscale (specialità nostrana) e al finanziamento della criminalità organizzata e al terrorismo e, di contro, orienta il trasferimento della ricchezza monetaria, in particolare di non modesta entità, verso canali tracciabili e trasparenti.
In questo scenario tellurico, l’UE ha dato risposta a queste tensioni, mettendo in campo una manovra “a tenaglia”: sul versante normativo, le istituzioni politiche hanno varato la proposta di Regolamento cd. MiCa [7] di regolazione del mercato delle cripto-attività, in via di approvazione, disciplinante l’emissione e la circolazione sia di “token collegati ad attività” [8] che di “token di moneta elettronica”, nel cui spettro normativo potranno ricadere le stablecoins [9]. Contestualmente, sul versante della politica monetaria, prende forma e sostanza il progetto di emissione dell’Euro digitale (infra menzionato anche come D€), che si colloca sotto l’ombrello della nuova categoria delle central bank digital currencies (di seguito indicate anche come cbdc).
Per cbdc s’intende una moneta emessa in forma digitale, espressa in una valuta avente corso legale, costituente una posta di debito nel bilancio di una Banca centrale (e non di una banca privata), disponibile e utilizzabile da tutti i consociati e non soltanto da banche e altri attori istituzionali del sistema dei pagamenti. [10] Quattro ne sono pertanto, in termini schematici e alquanto approssimativi, gli elementi qualificanti: i) l’emissione diretta da parte di un’autorità monetaria sovrana espressa in una valuta fiat; ii) il vestimentum digitale; iii) la diffusione nel campo dei pagamenti al dettaglio; iv) il legal tender, vale a dire il potere liberatorio dai debiti di denaro in un determinato ordinamento giuridico.
È in questa cornice che si iscrivono i processi, più o meno avanzati, di adozione delle monete digitali che si diffondono in ogni angolo del pianeta dai Caraibi [11], alla Svezia [12], dalla Cina (sulla quale si tornerà nel corso del lavoro) agli Usa [13], sino all’Europa verso la quale si volgerà partitamente l’attenzione. In ossequio all’adagio motus in fine velocior, nell’ultimo anno l’azione dei banchieri centrali è divenuta più risoluta e, di pari passo, il dibattito scientifico sul tema si va via via intensificando e approfondendo.
Nel corso della riflessione, si discuteranno brevemente i presupposti, gli obiettivi e i rischi correlati all’introduzione dell’Euro digitale e se ne valuteranno i risvolti dalla prospettiva civilistica, che vede nuovamente messe alla prova le categorie generali della moneta legale, dell’obbligazione pecuniaria e del suo adempimento.
Nell’ottobre del 2020, la Banca centrale europea ha pubblicato il “Report on digital Euro”, nel quale prende in considerazione, per la prima volta in via ufficiale, l’opportunità e le eventuali modalità di emissione di una nuova forma di moneta digitale pubblica circolante nell’Eurosistema [14]. A partire dall’ottobre del 2021, il progetto ha conosciuto una decisa accelerazione, con l’inaugurazione di una fase di investigazione e sperimentazione sul campo di durata biennale, all’esito della quale la Bce si riserva di compiere la scelta definitiva circa l’emissione o meno della nuova moneta digitale europea [15].
Se, ancora in tempi recenti, le cbdc venivano guardate con tangibile diffidenza dalle banche centrali, in particolare quella europea, che ne mettevano in luce più i rischi e le criticità che i benefici, una serie di fattori ha indotto un radicale mutamento di prospettiva, inclinando verso l’opportunità, se non la necessità, dell’adozione di un simile strumento [16]. I perché dell’introduzione del D€ sono frutto del contesto generale prima fugacemente raffigurato. Su un primo versante, vanno ricercati nel menzionato declino del denaro contante e, per l’effetto, nella perdita di centralità della moneta “pubblica” emessa dalla banca centrale a favore della moneta “privata” di natura scritturale e sugli strumenti di pagamento digitali e mobili che, pur facendo capo al sistema valutario sovrano, riposano sulla garanzia della convertibilità in moneta legale [17]. Su un secondo versante, il vero agone della contesa è rappresentato – come anticipato – dall’espansione delle stablecoins e dall’incombente ingresso delle grandi digital platforms nel mercato dei servizi lato sensu finanziari, che si pongono in aperta competizione con le monete sovrane e il ruolo dei banchieri centrali [18].
Sotto questo fuoco incrociato, la BCE ha avvertito il rischio di un attentato alla propria sovranità monetaria europea, con le correlate incertezze per la stabilità dei mercati. In un sistema economico e finanziario che tende verso la piena digitalizzazione, il delicato gioco tra emissione della moneta sovrana e moltiplicazione della moneta privata rischia di incrinarsi o rompersi: la fiducia che i consociati ripongono nella moneta emessa da soggetti privati – e quindi la sua diffusa accettazione – risiede, infatti, nella possibilità di convertirla, al valore nominale, nella moneta priva di rischi emessa dalla banca centrale [19].
Sulla scorta di queste considerazioni, può individuarsi in prima approssimazione il proprium di quello che potrebbe essere l’Euro digitale nella visione della Bce espressa nei report ufficiali [20]. Una passività (liability) iscritta nei bilanci della Banca centrale, offerta in forma digitale, destinata all’utilizzo da parte dalla generalità dei consociati, cittadini e imprese, per i loro pagamenti al dettaglio. Il D€ integrerebbe, senza sostituirla, l’attuale offerta di contanti e depositi “all’ingrosso” delle banche centrali (wholesale central bank deposits). Si tratterebbe, in altri termini, di un altro modo per battere moneta, che si affianca alle banconote cartacee e alle monete metalliche, e non come una valuta parallela. Se ne postula, pertanto, la “convertibilità alla pari” con altre forme di manifestazione della moneta unica europea, come le banconote o le riserve di banche centrali ovvero ancora i depositi bancari. Se ne esalta, infine, la natura di moneta “pubblica”, in quanto emessa direttamente dalla banca centrale e, per tale ragione, priva di quei rischi – di mercato, di liquidità, di credito – per quanto minimi, che i depositi bancari “privati” pur sempre scontano e il ruolo di àncora dell’offerta monetaria nel suo complesso. Al D€ dovrebbe, dunque, essere conferito corso legale dalla normativa europea [21].
Si tratta, in definitiva, di dar vita a una sorta di chimera tra il contante, tradizionale forma di circolante battuto dalla banca centrale, e le valute virtuali, nelle loro molteplici versioni. Rispetto al primo, il D€ guadagnerebbe per la sua spendibilità nel contesto dell’economia e della finanza digitale; rispetto alle seconde, si distinguerebbe nettamente per l’emissione da parte di un’autorità pubblica nell’esercizio della propria sovranità monetaria e per l’essere munito del corso legale nell’area Euro. Ancora, la sua destinazione all’uso da parte di un’ampia platea di utenti, consumatori e imprese, nel campo dei pagamenti retail, consente di differenziarlo da altre forme monetarie “pubbliche” note come “riserve di banca centrale” (o wholesale central bank deposits) [22]: nell’Eurosistema, le banche beneficiano già di un sistema di moneta digitale “all’ingrosso” (wholesale cbdc), che sfrutta la piattaforma TARGET2, gestita dalla Bce, consentendo il settlement delle continue operazioni a debito e a credito poste in essere esclusivamente nei rapporti tra banca centrale e istituti di credito [23].
In questo quadro, si stagliano gli obiettivi di policy perseguiti dalla futura valuta sovrana digitale, molteplici eppur uniti sotto l’egida della stabilità del sistema monetario europeo: i) la necessità di riallineare la moneta emessa dalla Bce ai cambiamenti radicali delle abitudini di commercio e di pagamento, sotto il segno della rivoluzione digitale; ii) lo stimolo alla concorrenza nel settore dei servizi di pagamento, in particolare nel commercio retail; iii) su un piano macroenomico, la configurabilità di un nuovo veicolo di politica monetaria; iv) infine, l’affermazione di un ruolo trainante del D€ sulla scena geopolitica globale, al fine di sostenere la digitalizzazione dell’economia europea e l’indipendenza strategica dell’UE [24]. Quest’ultimo elemento legato al magmatico panorama internazionale, pur non menzionato nei documenti ufficiali, è destinato a incidere sulle scelte europee di politica monetaria: come detto, l’accelerazione della Cina e la discesa in campo della Fed e del congresso americano ne rappresentano potenti catalizzatori.
La postura che assumerà il D€ dipenderà dal concreto modello attuativo prescelto dalla Bce tra le diverse opzioni in campo, in funzione degli obiettivi perseguiti e dei possibili elementi di criticità. Considerazioni su questi aspetti, peraltro sovente caratterizzati da un alto tasso di tecnicismo, risulterebbero allo stato premature. In questa fase, è dunque opportuno limitarsi a delineare, alla luce dei report ufficiali della Bce e dei primi studi scientifici apparsi sul tema, la griglia entro la quale il banchiere centrale sarà chiamato a muoversi [25].
Sul piano delle scelte organizzative in ordine all’emissione e alla distribuzione e circolazione del D€, ad un polo si collocherebbe un approccio cd. account-based, quale modello di design del tutto centralizzato, al quale dare attuazione secondo due modalità alternative: in una prima, ogni soggetto sarebbe titolare di un conto presso la banca centrale, alla quale competerebbero tanto l’emissione della valuta digitale, quanto la sua distribuzione e, di conseguenza, la gestione del sistema dei pagamenti in D€; in una seconda modalità, di tipo intermediato, l’Eurosistema potrebbe continuare a interagire direttamente solo con gli intermediari vigilati (banche e altri istituti di pagamento), che darebbero corso alle operazioni di trasferimento di moneta digitale per conto dei loro clienti [26].
Al polo opposto si avrebbe un sistema decentralizzato cd. token-based, anche esso attuabile secondo due diverse varianti: nella prima, il cd. bearer instrument dell’Euro digitale sarebbe un wallet dell’utente su una piattaforma distribuited ledger; in questa ipotesi, l’utente potrebbe trasferire il D€ senza dover coinvolgere un intermediario nell’operazione di pagamento, secondo un modello peer to peer. Nella seconda variante, il titolo consisterebbe in un hardware (ad esempio una carta di pagamento anonima acquistabile negli esercizi commerciali o sul web), aprendo così all’utilizzo anche offline della moneta digitale. In zona mediana, si dislocano opzioni che integrano i suddetti meccanismi, cercando di non tagliar fuori il sistema bancario dai meccanismi di distribuzione della valuta e gestione dei pagamenti e di garantire la diffusione della moneta digitale. In ogni caso, il controllo dell’emissione della massa monetaria resta sempre nelle mani del banchiere centrale.
Il successo di queste delicate scelte di design della valuta digitale, cui la Bce è chiamata, dipenderà da una serie di chiavi: la disponibilità degli intermediari del sistema dei pagamenti a far circolare il D€, l’ampia accettazione tra i commercianti, la sistematica diffusione tra i consumatori. In quest’ottica, la Bce ritiene indispensabile che il D€ possa essere trasmesso per il tramite dei principali servizi e strumenti di pagamento esistenti (operazione di credit e debit transfer, pagamenti con carte, mobile payments etc.). Inoltre, quale forma monetaria tecnologicamente all’avanguardia, la cbdc ben potrà prestarsi ad un impiego quale currency nella programmazione degli smart contracts, in uso nell’industria e nel commercio [27].
D’altro canto, la Bce vuole evitare il rischio opposto di un exploit eccessivo della valuta digitale unica, che possa determinare una corsa alla smobilitazione da parte di una massa critica di utenti dei depositi bancari in favore di portafogli di valuta digitale e, con ciò, un fenomeno di disintermediazione del sistema dei pagamenti dalla sua matrice bancaria. Corollari di tale questione sono le scelte relative alla capacità o meno del D€ di produrre interessi, ove depositato presso un wallet digitale; e alla possibilità di fissare un tetto alla cbdc di cui ogni singolo utente possa esser titolare allo scopo di evitare che possa trasformarsi in uno strumento di investimento [28]. Non a caso, negli ultimi mesi, la Banca di Francoforte sembra orientarsi verso una piena integrazione con il sistema dei pagamenti esistente in armonia con i servizi offerti sul mercato, attraverso soluzioni intermediate dagli operatori del settore, stimolando piuttosto il gioco concorrenziale sul terreno dell’innovazione tecnologica e commerciale [29].
Altro aspetto centrale, rispetto al quale si attendono le valutazioni delle istituzioni europee, è rappresentato dalla tutela della privacy degli utenti e dalle modalità di trattamento dei dati personali di pagamento, oltre che dalla sicurezza da attacchi informatici. L’esito della prima consultazione pubblica della primavera dello scorso anno ha mostrato come per gli stakeholders la riservatezza sia appunto la caratteristica fondamentale desiderabile in una valuta digitale unica europea [30]. Il grado di tutela dei dati personali varierà, come detto, in ragione del modello operativo di attuazione del D€ varato dalla BCE: quanto più l’utilizzo della valuta digitale si fondi su un approccio token-based, e sulla non verificabilità dell’identità del titolare del wallet (ovvero sia disponibile anche per pagamenti offline), tanto più risulterà anonimo e, con ciò, garantita l’anonimato degli utenti; quanto più il sistema sia centralizzato (eventualmente con la possibilità di una gradazione del livello di protezione dei dati finanziari dei privati secondo l’ammontare dell’operazione, nel rispetto della disciplina europea e domestica in materia di antiriciclaggio), tanto più esso apparirà trasparente e tracciabile. Su questo punto, il D€ rischia di patire la concorrenza spietata delle valute criptate [31]. Non a caso, la BCE sottolinea come, d’altra parte, essa non persegua alcun interesse economico al trattamento e allo sfruttamento commerciale dei dati personali degli utenti stessi (sebbene lo stesso evidentemente non potrà dirsi per gli intermediari privati, coinvolti a vario titolo, nei diversi nodi del sistema).
Nell’analizzare i modelli attuativi del D€, è opportuno il confronto con il più avanzato tra i progetti di cbdc delle grandi economie, l’E-Yuan cinese, i cui risultati sicuramente orienteranno le valutazioni della Bce. Si tratta di una valuta digitale a corso legale che si affianca, ma non sostituisce, lo Yuan tradizionale come strumento di pagamento [32]. Gli E-Yuan non maturano interessi, per non far entrare la valuta digitale in diretta concorrenza con i depositi bancari. La People Bank of China (PBOC) ha scelto per l’E-Yuan una via intermedia tra un modello completamente centralizzato (cd. account-based) e uno decentralizzato (token-based), nel quale la chiave di volta del sistema è in mano agli intermediari finanziari autorizzati alla distribuzione dello E-Yuan. Infatti, la PBOC è l’unico soggetto emittente la valuta digitale, il quale tuttavia non interagisce direttamente con l’utente: si interpone un livello intermedio, affidato a banche commerciali e web banks autorizzate, che li immette in circolazione attraverso il proprio network [33]. Una volta in circolo, gli utenti possono utilizzare gli E-Yuan come cash digitale per transazioni peer-to-peer senza dover passare necessariamente attraverso l’intermediazione della banca, come viceversa si avrebbe con un conto corrente bancario tradizionale [34].
Sul piano formale, la Bce preannuncia nei suoi report ufficiali che il D€ avrà corso legale. [35] Qui il tema della cbdc europea si riannoda allo statuto dogmatico del debito di somma di danaro, nella configurazione normativa consegnata, com’è noto, agli art. 1277 e seguenti c.c. e alla legislazione settoriale di estrazione europea in materia di servizi di pagamento. Dalla prospettiva civilistica, l’interprete è stimolato a scrutinare l’impatto che questa nuova epifania del denaro possa sortire sul concetto di moneta (avente corso) legale e sulla categoria dei mezzi di pagamento pecuniario.
Com’è noto, l’impianto dogmatico della moneta e delle obbligazioni pecuniarie ha tracciato, nella disciplina civilistica, una significativa traiettoria evolutiva, tanto sul piano del diritto positivo, che dell’elaborazione dottrinale e giurisprudenziale [36]. Nei limiti di queste note, può ricordarsi che l’oggetto dell’obbligazione pecuniaria ha conosciuto un (faticoso) processo di “astrazione”: si è trascorsi dalla riconduzione tradizionale al debito di dare cose determinate solo nel genere e fra loro fungibili (Sachschuld), riposante su una visione “materialistica” della moneta legale coincidente con i “pezzi monetari” emessi dallo Stato nella forma delle banconote e delle monete divisionarie [37]; al concetto della disponibilità giuridica del valore monetario dovuto [38], ideal unit espressa in termini aritmetici (Betragschuld) nella valuta avente corso legale [39].
Di pari passo con la tendenza alla dematerializzazione, ieri, e alla digitalizzazione, oggi, delle forme di manifestazione e dei canali di circolazione della ricchezza monetaria, ne è sortito, di riflesso, un mutamento anche della concezione dell’esatto adempimento dell’obbligazione pecuniaria. Il pagamento pecuniario si è progressivamente affrancato da una impostazione “reale”, identificata univocamente nella traditio pecuniae, per la quale tradizionalmente si riconosceva potere liberatorio esclusivamente alla moneta metallica divisionaria e alle banconote stampate dalla Banca centrale, da consegnare nelle mani del creditore al suo domicilio in base alla previsione dell’art. 1182, comma 3, c.c. [40]. Di conseguenza, si è abbracciato il principio secondo cui l’adempimento dell’obbligazione pecuniaria consista nella messa a disposizione del valore monetario dovuto riferito alla “moneta avente corso legale” di cui all’art. 1277 c.c.: il che ha consentito di equiparare quoad effectum alla consegna del denaro contante, mezzi di pagamento alternativi, come gli assegni o il bonifico, idonei a far circolare la cd. moneta scritturale (o bancaria) mediante operazioni contabili di trasferimento del valore monetario nella disponibilità giuridica del creditore [41].
È in questa cornice che vanno misurate le potenziali ripercussioni dell’introduzione del D€ sul concetto civilistico di moneta legale. Il “corso legale” è, logicamente e cronologicamente, espressione dell’affermazione della natura della moneta come segno, piuttosto che come merce [42]: simbolo cioè, per ciò stesso ideale e astratto, della forza e dell’autorità monetaria statale e della fiducia che i consociati ripongono nella valuta sovrana (il Dollaro, la Lira, l’Euro etc.), quale che sia poi lo strumento concreto e pragmaticamente necessario di manifestazione di quell’unità astratta [43]. Pezzi monetari, carta moneta o valuta digitale, altro non sono che il corpus mechanicum, il veicolo, sempre meno tangibile, di manifestazione di un’ens ideale, quasi mistico. Nell’ineludibile anfibologia del termine moneta, il corso legale va riferito alla mensura ascarelliana [44], al money of account keynesiano da questi ritenuto causa prima del fenomeno monetario [45].
L’attribuzione del corso legale alla valuta digitale europea corroborerebbe, una volta di più, un’interpretazione evolutiva e sistematica della locuzione “moneta avente corso legale nello Stato” di cui all’art. 1277 c.c., che la identifica nell’unità monetaria astrattamente intesa, ossia nella valuta, alla quale la legge riconosce potere liberatorio in un certo ordinamento giuridico [46]. Sul piano normativo, il corso legale è, dunque, un predicato attribuito “artificialmente”, per volizione del sovrano, alla moneta intesa come unità valutaria, che vale a indicarne la non rifiutabilità da parte del creditore e la capacità solutoria del debito pecuniario, qual che ne sia l’empirico e contingente strumento di trasmissione. Diversamente ragionando, si finirebbe per riproporre, soltanto in salsa moderna, quello schema di ragionamento che immedesima l’oggetto dell’obbligazione pecuniaria nel suo transeunte medium, prima metallico poi cartaceo ora di natura digitale, con un evidente controsenso storico, logico e normativo.
Al cospetto della costante trasformazione cui va incontro la fenomenologia del denaro risponde l’imperturbabile astrattezza ed elasticità della categoria dogmatica della disponibilità monetaria, capace di ridurre a unità lo statuto civilistico della moneta e delle diverse modalità di adempimento del debito pecuniario, e un domani anche del pagamento in D€ [47]. In essa, infatti, si condensa l’interesse del titolare rispetto al denaro, “bene la cui utilità, il cui godimento consiste tutto, e si esaurisce tutto, nella disposizione” [48]: avere denaro, che sia una sgualcita banconota in un vecchio portafogli o una chiave crittografata di un wallet, significa sempre poter disporre di un certo valore economico di scambio, capace di estinguere i debiti [49].
Riannodando il filo della riflessione all’oggetto indagato, il D€, e in generale le cbdc, pur rappresentando una novità epocale e potenzialmente dirompente, segnano una linea di continuità lungo la descritta parabola evolutiva della moneta, che punta sempre nella direzione della dematerializzazione e dell’astrazione. In altri termini, si scrive una pagina nuova della storia dell’istituzione monetaria, figlia del progresso tecnologico, ma il leit-motiv sembra rimanere il medesimo.
Non può, tuttavia, sottacersi il rilevante tratto di novità e discontinuità che alimenta questa fase: la luce crepuscolare che avvolge la carta moneta quale tipica forma novecentesca di manifestazione della moneta legale; e, agli antipodi, l’alba delle stablecoins e delle criptovalute in genere, le quali lanciano un guanto di sfida alla sovranità monetaria pubblica, mettendo in crisi il paradigma, sinora tetragono, della statalità della moneta [50] (peraltro già mutato nella versione eurounitaria di Maastricht). Con queste ultime, il mercato ha dimostrato di saper penetrare sino all’atto creativo dell’emissione monetaria, incrinando il tradizionale monopolio delle banche centrali, sfruttando meccanismi in un certo senso parassitario rispetto alle valute sovrane (come dimostrato dall’aggancio delle stablecoins alle valute fiat). Ciò esorta a un ragionamento – che non può essere sviluppato in questa sede – sull’esistenza e sulla misura di un fenomeno monetario privato che stia oltre la moneta legale, a questa ora complementare ora antagonista, e sui presupposti e limiti della sua ammissibilità nel sistema privatistico, la quale potrebbe trovare fondamento in un’interpretazione evolutiva degli artt. 1278 e ss. c.c. E, dunque, sui cangianti confini tra pubblico e privato nell’istituto monetario.
Ai nostri fini, si coglie allora il senso strategico dell’operazione della Bce, non più procrastinabile vista l’impetuosità dell’evoluzione del mercato, pur esigendo la dovuta cautela specie per le possibili esternalità negative scaturenti sul comparto bancario: raccogliere la sfida lanciata dalle criptovalute, mettendo in circolazione il contante del XXI secolo, così da mantenere e rinsaldare il suo ruolo di direttore d’orchestra del sistema monetario, chiamato a dettare il tempo di una musica nuova.
Nel progetto del D€ si apprezza dunque, una volta ancora, la propensione all’evoluzione e la capacità di trasformazione della moneta, quale entità artificiale concepita dall’uomo in forme sempre più sofisticate ed emancipate dal suo sostrato cosale [51]: dalle monete metalliche aventi valore intrinseco alla carta-moneta loro “surrogato”, originariamente titolo di credito verso lo Stato che accentra su di sé il monopolio del “battere moneta”; dai crediti disponibili vantati verso il mondo bancario alle criptovalute, sino ad arrivare alle cbdc. Avanza quel processo di spiritualizzazione dell’idea dalla materia che ha accompagnato, sia pure in modo non lineare, la storia della moneta, che trova le sue avanguardie – in un certo senso collocate agli antipodi – nelle criptovalute, da un canto, e nelle valute digitali di banca centrale come l’Euro digitale, dall’altro: è qui che assistiamo alla massima sublimazione della disponibilità del denaro, che appare come puro simbolo di un valore economico, sussistente nella sola dimensione della realtà digitale.
[1] Nella dottrina più recente si vedano, senza pretesa di completezza, D. Fauceglia, La moneta privata. Le situazioni giuridiche di appartenenza e i fenomeni contrattuali, in Contr. Impr., 2020, 1254; M. Semeraro, Moneta legale, moneta virtuale e rilevanza dei conflitti, in Riv. dir. banc., 2019, II, 239; M. Cian, La criptovaluta. Alle radici dell’idea giuridica di danaro attraverso la tecnologia: spunti preliminari, in Banca, borsa e tit. cred., 2019, I, 315; C. Pernice, Digital Currency e obbligazioni pecuniarie, Napoli, 2018; N. De Stasio, Verso un concetto europeo di moneta legale: valute virtuali, monete complementari e regole di adempimento, in Banca borsa tit. cred., 2018, 747 ss.
[2] Il mercato di queste nuove risorse digitali è cresciuto di 20 volte tra il 2020 e il 2021, passando da una capitalizzazione di 4 a 80 miliardi di $. A maggio 2021, esistono 47 diverse stablecoins sul mercato, con sei che hanno una capitalizzazione superiore a 1 miliardo di $. Nell’ultimo anno, l’espansione ha rallentato il ritmo, consentendo in ogni caso un raddoppio della capitalizzazione delle 7 principali valute in circolazione da 90 a 180 miliardi di $. Dal 2015 fino al 2019 la stablecoin Tether ha avuto il monopolio assoluto. A marzo del 2022, invece, i Tether in circolazione rappresentano meno del 50% dell’intero universo di stablecoins. Per questi dati si veda l’articolo di M. Minnenna, Vincitori e vinti nella battaglia delle valute digitali private, su IlSole24Ore, 18 aprile 2022, disponibile sul sito https://www.ilsole24ore.com. Sulle caratteristiche delle stablecoins e le loro possibili implicazioni sul sistema finanziario si veda il paper della Crypto-Assets Task Force della European Central Bank, Stablecoins: Implications for monetary policy, financial stability, market infrastructure and payments, and banking supervision in the euro area, in Occasional Paper Series, n. 247, 2020; nonché D. Bullmann, J. Klemm, A. Pinna, In search for stability in crypto-assets: are stablecoins the solution?, in Occasional Paper Series, n. 230, 2019. Tutti i lavori scientifici della BCE che si menzioneranno nel testo sono disponibili sul sito web https://www.ecb.europa.eu/.
[3] A tal fine, l’emittente privato di norma si impegna a detenere un portafoglio di “attività di riserva” composto da valute o titoli, a valere sul quale le stablecoins possano essere rimborsate o scambiate.
[4] Sul punto si veda l’intervento del membro del comitato esecutivo della BCE F. Panetta, Stablecoin: due facce della stessa moneta, 2020, reperibile sul sito web della BCE, il quale sottolinea che le stablecoin consentono di norma la conversione in moneta contante. Le modalità di conversione differiscono però da quelle relative ai depositi bancari o alla moneta elettronica: esse possono “risultare particolarmente vulnerabili al rischio di “corsa ai riscatti”. In mancanza di una garanzia circa il valore di rimborso da parte dell’emittente, il prezzo della stablecoin oscillerebbe infatti in funzione del valore delle attività di riserva. Ciò potrebbe alimentare i riscatti qualora i detentori della stablecoin – sui quali ricadono i rischi di oscillazione dei prezzi – si attendano un calo significativo del valore di rimborso. Episodi di questa natura potrebbero verificarsi anche qualora gli emittenti garantiscano un determinato valore di rimborso della stablecoin ma non siano ritenuti in grado di onorare tale promessa. La necessità di far fronte ai riscatti potrebbe inoltre costringere l’emittente della stablecoin a liquidare le attività di riserva, innescando effetti di contagio sull’intero sistema finanziario. Nel caso di una stablecoin globale questi effetti potrebbero estendersi a più mercati contemporaneamente”.
[5] In Italia, il rapporto tra il valore dei pagamenti effettuati in contanti sul totale dei pagamenti fisici è diminuito di 11 punti percentuali, al 58 per cento, tra il 2016 e il 2019; i pagamenti con carta costituiscono oltre la metà dei pagamenti e solo il 4% degli utenti non ha accesso a strumenti di pagamento digitale. L’espansione capillare del commercio online – consolidatasi in modo definitivo quale effetto collaterale dell’emergenza pandemica – ha determinato l’accelerazione del passaggio all’utilizzo di strumenti di pagamento digitali da parte della platea degli utenti e ha favorito la diffusione online di servizi di pagamento accessori, come quelli di disposizione e di informazione. In tema gli studi della ECB, Study on the payment attitudes of consumers in the euro area (SPACE), 2020; nonché L. Baldo et al., Inside the black box: tools for understanding cash circulation, in Banca d’Italia. Markets, Infrastructures, Payment Systems, n. 7, 2021; A. Zamora-Pérez, The paradox of banknotes: understanding the demand for cash beyond transactional use”, in Bollettino economico BCE, 2021; P. Cipollone, Il ruolo dell’euro digitale come àncora del sistema dei pagamenti, in La digitalizzazione degli strumenti finanziari: opportunità e rischi, Banca d’Italia, 2021, disponibile sul sito web https://
www.bancaditalia.it/.
[6] In argomento si consenta il rinvio a G. Marino, Carte di pagamento con funzione contactless, uso non autorizzato e responsabilità dei prestatori di servizi di pagamento, in Oss. dir. civ. comm., 2021, 137 ss.
[7] Si tratta della Proposta di Regolamento del Parlamento Europeo e del Consiglio del 24 settembre 2020 relativo ai mercati delle cripto-attività.
[8] Così al considerando 9 si afferma che i token collegati ad attività “[…] mirano a mantenere un valore stabile ancorandosi a diverse monete aventi corso legale, a una o più merci, a una o più cripto-attività o a un paniere di tali attività. Spesso la stabilizzazione del valore dei token collegati ad attività è finalizzata a far sì che i loro possessori li utilizzino come mezzo di pagamento per acquistare beni e servizi e come riserva di valore”. Una definizione in questi termini si trova all’art. 3, n. 3, del MiCaR.
[9] I “token di moneta elettronica” sono “destinati a essere utilizzati principalmente come mezzo di pagamento” e “mirano alla stabilizzazione del valore ancorandosi a un’unica moneta fiduciaria” (considerando n. 9 MiCaR). È definito come “un tipo di cripto-attività il cui scopo principale è quello di essere utilizzato come mezzo di scambio e che mira a mantenere un valore stabile facendo riferimento al valore di una moneta fiduciaria avente corso legale” (art. 3, n. 4).
[10] Nella prima letteratura (economica) che si è occupata dell’argomento si veda M.K., Brunnermeier, H. James, J.-P. Landau, The Digitalization of Money, in BIS Working Paper Series, 2021, n. 941; E. Urbinati ET AL., A digital euro: a contribution to the discussion on technical design choices, in Banca d’Italia, Markets, Infrastructures, Payment Systems, n. 10, 2021; D. Ikeda, Digital Money as a Unit of Account and Monetary Policy, in Open Economies Discussion Paper, 2020, n. 15, disponibile su https://
www.imes.boj.or.jp/. L’idea primitiva, pur sviluppata in un contesto storico e tecnologico affatto differente, rimonta a J. Tobin, The case for preserving regulatory distinctions, in Proceedings of the Economic Policy Symposium, Federal Reserve Bank of Kansas City, 1987, 167 ss.
[11] Il primo cbdc ad essere entrato in vigore, con corso legale, è stato il cd. sand dollar, ufficialmente lanciato alle Bahamas e in altri stati caraibici nell’ottobre 2020.
[12] Sin dal 2017, la Riksbank svedese sta conducendo tra alti e bassi un progetto-pilota, denominato e-Krona, basata su una distributed ledger technology, utilizzabile dal grande pubblico come complemento al contante. Contestualmente, è all’esame la sua impiegabilità offline. Si veda Sveriges Riksbank, The e-krona pilot – test of technical solution for the e-krona, aprile 2021, pubblicato online su https://www.riksbank.se/. Per una trattazione più dettagliata v. E. Urbinati et al., A digital euro: a contribution to the discussion on technical design choices, cit., 10.
[13] Dopo aver accusato un significativo ritardo rispetto ai diretti concorrenti, il dibattito sul Dollaro digitale è montato rapidamente e ha visto nel gennaio 2022 una presa di posizione di segno positivo nel White Paper pubblicato dalla Fed (si veda il rapporto della Fed, Money and Payments: The US Dollar in the Age of Digital Transformation, Gennaio 2022, consultabile online sul sito https://www.federalreserve.gov/publications/) e, subito a seguire, del Congresso (con la presentazione del disegno di legge denominato Ecash Act). La firma del presidente Biden sull’Executive Order on Ensuring the Responsible Development of Digital Assets ha dato inizio a una di “prova su strada” che dovrebbe – ma il condizionale è ancora d’obbligo – portare in un futuro prossimo all’adozione del dollaro digitale.
[14] Si tratta dell’ECB, Report on a digital euro, Ottobre 2020, che si legge su https://www.ecb.europa.eu/. Il rapporto è stato adottato in via congiunta con altre sette tra le principali banche centrali in giro per il mondo e alla Bank for International Settlements (Bis). Si veda in particolare lo studio della Bank For International Settlements, Central bank digital currencies: foundational principles and core features, Joint report by The Bank of Canada, European Central Bank, Bank of Japan, Sveriges Riksbank, Swiss National Bank, Bank of England, Board of Governors of the Federal Reserve and Bank for International Settlements, Ottobre 2020, disponibile su https://www.bis.org/publ/.
[15] Al primo rapporto ha fatto seguito, dapprima, una consultazione pubblica condotta dalla BCE in ordine ai benefici e ai rischi connessi all’Euro digitale e la pubblicazione dei relativi risultati nell’aprile del 2021, intitolato Rapporto dell’Eurosistema sulla consultazione pubblica su un euro digitale.
[16] In questi termini ad esempio C. Barontini e H. Holden, Proceeding with caution – a survey on central bank digital currency, in Bis Papers, n.101, 2019, reperibile su https://www.bis.org; F. Panetta, 21st century cash: Central banking, technological innovation and digital currencies, 2018, disponibile sul sito https://www.bancaditalia.it/. Una posizione critica sulla necessità delle cbdc si legge in C.J. Waller, CBDC – A Solution in Search of a Problem?, 2021, pubblicato sul sito della Bis https://
www.bis.org/.
[17] Così ECB, Report on a digital euro, cit., 10.
[18] Un ulteriore fattore si lega ad un’azione di rilancio della competizione nel settore dei servizi di pagamento, specie di quelli su carta, predominanti nel commercio al dettaglio sia digitale che non: il menzionato report della BCE sottolinea come il 70 per cento circa delle transazioni con carte effettuate in Europa faccia capo a ben noti soggetti extraeuropei, ponendo seri interrogativi sull’autonomia dell’Europa nel campo dei pagamenti e sulle possibili implicazioni in ordine alla tutela dei consumatori: si veda ECB, Report on a digital euro, cit., 10 ss.
[19] Così F. Panetta, Le valute digitali delle banche centrali: un’àncora monetaria per l’innovazione digitale, 2021, online sul sito della BCE: “La convertibilità in moneta contante della banca centrale è quindi essenziale per preservare la fiducia nella moneta privata sia come mezzo di pagamento, sia come riserva di valore. In questo suo ruolo di àncora, la moneta della banca centrale è necessaria per l’ordinato funzionamento del sistema dei pagamenti, per la stessa stabilità del sistema finanziario; in ultima analisi, per conferire forza alla valuta e salvaguardare la trasmissione della politica monetaria e, di conseguenza, per tutelare la stabilità monetaria”.
[20] Si veda l’ulteriore studio condotto dalla BCE a firma di U. Bindseil, F. Panetta, I. Terol, Central Bank Digital Currency: functional scope, pricing and controls, in ECB Occasional Series Papers, n. 286, 2021.
[21] Così ECB, Report on a digital euro, cit., spec. 6 ss.
[22] In tema v. F. Panetta, Bringing European payments to the next stage: a public-private endeavour, 16 giugno 2022, reperibile sul sito web della BCE.
[23] Al lancio nel 1999 del sistema TARGET (Trans-European Automated Real-Time Gross Settlement Express Transfer), tecnicamente un insieme di sistemi nazionali connessi, è seguita la migrazione a TARGET2, progettata invece come un’unica piattaforma condivisa, nel 2007, gestita dall’Eurosistema. Le banche centrali e le banche commerciali possono inviare ordini di pagamento in euro a TARGET2, dove vengono elaborati e regolati in moneta di banca centrale, ovvero denaro detenuto in un conto presso una banca centrale. Per mezzo di esso, vengono regolati i pagamenti relativi alle operazioni di politica monetaria dell’Eurosistema, nonché le transazioni da banca a banca e commerciali. Ogni cinque giorni, TARGET2 elabora un valore vicino al Pil dell’intera area dell’euro, il che lo rende uno dei più grandi sistemi di pagamento al mondo. Più di 1.000 banche utilizzano TARGET2 per avviare transazioni in euro, per proprio conto o per conto dei propri clienti.
[24] V. ECB, Report on a digital euro, cit., 9 ss.
[25] Rispetto alle possibili soluzioni tecniche di attuazione del progetto sul D€ si veda l’ulteriore lavoro della ECB, Digital euro experimentation scope and key learnings, Luglio 2021, sempre reperibile online sulla pagina della Banca centrale.
[26] Nell’ambito di questa prima opzione, la BCE sta prendendo in considerazione la possibilità di utilizzare l’architettura di sistema dei pagamenti nota come TIPS (TARGET Instant Payment Settlement), pienamente rodata nell’Eurosistema per la gestione dei bonifici istantanei, che consente il trasferimento di un valore in pochi secondi ogni giorno dell’anno. Sul punto ECB, Report on a digital euro, cit., 37-39.
[27] Cfr. ECB, Report on a digital euro, cit., 9 ss. Più velleitario pare il conseguimento dell’obiettivo dell’inclusione finanziaria da parte della BCE, ossia essere l’accessibile per coloro che non hanno conti bancari, telefoni cellulari o accesso a Internet, il quale richiederebbe necessariamente una soluzione di design dell’euro digitale che ne consenta un uso offline, fuori dal mercato digitale, attraverso un supporto materiale.
[28] Sul punto ECB, Report on a digital euro, cit., 18 ss.
[29] Così F. Panetta, Bringing European payments to the next stage: a public-private endeavour, 2022, che si può leggere sul sito della BCE.
[30] Così si legge nel Rapporto dell’Eurosistema sulla consultazione pubblica su un euro digitale, cit., 12 ss.
[31] In questi termini ECB, Report on a digital euro, cit., 27.
[32] Cfr. il White Paper della Peoplès Bank OF China, Progress of Research & Development of E-Cny in China, Luglio 2021 che si può leggere su http://www.pbc.gov.cn/en.
[33] La diffusione dell’E-Yuan sta sicuramente beneficiando dell’ampia rete infrastrutturale costituito dai sistemi di pagamento mobile (come Alipay e WeChat), che vede la Cina al primo posto al mondo come percentuale di penetrazione all’interno della popolazione (39,5% – oltre 800 milioni di consumatori), oltre che di prove sul campo in poli come Pechino e Shanghai. I dati cinesi mostrano che a gennaio 2022 gli utenti che avevano effettuato almeno una transazione utilizzando l’E-Yuan erano 260 milioni. Le cifre relative al numero di transazioni (da 260.000 a 180 milioni nel corso del 2021) e al valore cumulato delle transazioni effettuate (da alcuni milioni a 13 miliardi di $ nello stesso intervallo di tempo) confermano una crescita molto rapida. Per i riferimenti statistici cfr. M. Minnenna, La corsa alle valute digitali: la cina scopre le carte, 9 agosto 2021; Id., Cina: la grande crescita silenziosa dello yuan digitale, 14 febbraio 2021, entrambi pubblicati sul Sole24Ore e disponibili sul sito https://www.ilsole24ore.com. In tema lo studio di E.J. Fullerton, P.J Morgan, The People’s Republic of China’s Digital Yuan: Its Environment, Design, and Implications, 2022, disponibile sul sito dell’Asian Development bank https://www.adb.org/publications.
[34] Più nel dettaglio, tutti gli utenti sono obbligati ad attivare un wallet per poter ricevere e spendere E-Yuan ma, limitatamente alla sola ricezione e per importi modesti di spesa, non è necessaria un’identificazione forte dell’utente. Graduando le proprietà attribuibili ai wallets utilizzati dagli utenti, il perfezionamento di operazioni di importo più ingente può avvenire soltanto per il tramite dell’attivazione di una sorta di “account-premium”, con piena identificazione dell’utente e tracciabilità delle transazioni superiori ad una soglia che al momento non è ancora identificata. L’anonimato totale non è comunque garantito nemmeno per le piccole transazioni, dato che si traduce semplicemente in un “oscuramento” delle informazioni nei confronti di soggetti terzi rispetto all’autorità (banche commerciali, altri utenti, amministrazioni locali). La banca centrale mantiene però la possibilità di accedere anche alle transazioni “anonime” in caso di richiesta del governo centrale.
[35] Si veda ECB, Report on a digital euro, cit., 24 ss. e spec. 33.
[36] Per una fotografia di questo percorso evolutivo si veda A. Di Majo, voce Obbligazioni pecuniarie, in Enc. dir., XXIX, Milano, 1979, 269 ss.; Id., Le obbligazioni pecuniarie, Torino, 1996, 227 ss.; più di recente T. Dalla Massara, Obbligazioni pecuniarie. Struttura e disciplina dei debiti di valuta, Padova, 2011.
[37] L’impostazione dogmatica classica nell’ordinamento italiano si lega, com’è noto, al pensiero di T. Ascarelli, La moneta. Considerazioni di diritto privato, Padova, 1928; Id., Studi giuridici sulla moneta, Milano, 1952; ID., Obbligazioni pecuniarie, in Comm. Scialoja– Branca, Bologna-Roma, 1968.
[38] L’elaborazione dottrinale sulla categoria della disponibilità giuridica del valore monetario si lega, tra gli altri, a F. Giorgianni, I crediti disponibili, Milano, 1974, 371 ss.; E. Quadri, Le obbligazioni pecuniarie, in Tratt. dir. priv., diretto da P. Rescigno, IX, Torino, 1984; B. Inzitari, Delle obbligazioni pecuniarie artt. 1277-1284, cit., 80 ss.
[39] La teorizzazione dell’idea del denaro come unità ideale e puro valore si deve a A. Nussbaum, Das Geld in Theorie und Praxis des deutschen und ausländischen Rechts, Tübingen, 1925. La nozione di sum of money quale unità ideale ed astratta si ritrova anche nella elaborazione di K. Olivecrona, The problem of monetary unit, New York, 1957, passim; nonché F.C. Mann, The legal aspect of money, Oxford, 1992. Nella letteratura italiana si vedano B. Inzitari, La moneta, in Tratt. dir. comm., diretto da F. Galgano, VI, Milano, 1983, passim.
[40] Per una rappresentazione della concezione reale del pagamento cfr., per tutti, A. Di Majo, Le obbligazioni pecuniarie, cit., 269 ss.
[41] Due tappe fondamentali nell’elaborazione giurisprudenziale sono state, com’è noto, in tema di pagamento con assegno circolare: Cass., sez. un., 18 dicembre 2007, n. 26617, in Corr. giur., 2008, 500 ss., con nota di A. Di Majo, I pagamenti senza denaro contante nella «cashless society»; ne ha esteso la portata all’assegno bancario, pur con le dovute differenze, Cass., sez. un., 4 giugno 2010, n. 13658, in Studium iuris, 2010, con nota di G. Olivieri, Pagamento a mezzo assegno bancario, 1174 ss. In dottrina si vedano le riflessioni di B. Inzitari, L’adempimento dell’obbligazione pecuniaria nella società contemporanea: tramonto della carta moneta e attribuzione pecuniaria per trasferimento della moneta scritturale, in Banca, borsa e tit. cred., 2007, I, 133 ss.; M. Pennasilico, L’estinzione dell’obbligazione pecuniaria mediante assegno circolare: a proposito di interpretazione «evolutiva» della legge, in Rass. dir. civ., 2010, 777 ss.
[42] Su questa somma distinzione si veda, per tutti, T. Ascarelli, Obbligazioni pecuniarie, cit., 14.
[43] Storicamente, il corso legale si lega, infatti, all’inconvertibilità della carta moneta al sistema aureo. Il sistema inconvertibile fu adottato in Italia nel 1866, su provvedimento del ministro delle Finanze Antonio Scialoja, con l’obiettivo di far aumentare la circolazione della moneta cartacea rispetto a quella metallica: il biglietto bancario cessava di essere ciò che originariamente costituiva, ossia un titolo di credito, un pagherò al portatore per il pagamento di una determinata quantità di pezzi monetari; non dipendeva più dalla quantità metallica al valore di cambio, bensì esclusivamente dall’autorità dell’emittente e dalla fiducia che in esso il sistema ripone. Rispetto a questo fondamentale passaggio storico cfr. T. Ascarelli, Obbligazioni pecuniarie, cit., 52-56. Per una riflessione sull’evoluzione della moneta G. Lemme, Storia ed evoluzione della moneta, in AA.VV., Diritto ed economia del mercato, a cura di G. Lemme, Padova, 2021, 490 ss.
[44] Com’è noto, l’illustre Maestro denunzia la confusione tra mensura e mensuratum (T. Ascarelli, Obbligazioni pecuniarie, 68-72), ritenendo che il proprium dell’obbligazione pecuniaria stia nel secondo, ossia nei pezzi monetari che ne compongono l’oggetto, e criticando apertamente la posizione di Nussbaum.
[45] “Money of account, namely that in which debts and prices and general purchasing power are expressed, is the primary concept of a theory of money”: così si apre la fondamentale opera di J.M. Keynes, A treatise on money, London, 1930, 3. Secondo K. Olivecrona, The problem of monetary unit, cit., 70, “two concepts of money are in common use in modern literature: money of account and money of payment.
[46] Sulle diverse interpretazioni della locuzione di cui all’art. 1277 c.c. v. A. Di Majo, Le obbligazioni pecuniarie, cit., 30.
[47] Nello ius positum il concetto di disponibilità, riferito al valore monetario e al pagamento pecuniario, compare sia nel codice civile all’art. 1852, che nella legislazione settoriale in tema di servizi di pagamento (art. 23 d.lgs. 11/2010) e di contratti bancari (art. 120 Tub). Su questi aspetti sia consentito il rinvio a una più diffusa riflessione in G. Marino, Dalla traditio pecuniae ai pagamenti digitali, Torino, 2018, spec. 40 ss., anche per più puntuali spunti bibliografici.
[48] Sono le incisive parole di P. Ferro-Luzzi, Lezioni di diritto bancario, I, 3 ed., Torino, 2012, 255.
[49] Così A. Magazzù, voce Pagamento, in Diritto monetario, V, Dizionario del diritto privato, a cura di N. Irti, D. Giacobbe, Milano, 1987, 537.
[50] Sul ruolo dello Stato nel batter moneta si diffonde T. Ascarelli, voce Divisa e divisa estera, in Nuovo Dig. it., V, Torino, 1938, 87, nt. 2. Rinomata nella scienza economica è la formula secondo cui “money is a creature of law” formulata da G.F. Knapp, The State Theory of Money, London, 1924, fondatore della teoria c.d. cartalista della moneta e ripresa da Keynes. Teoria avversata dalla Scuola austriaca fautrice della concezione c.d. metallista già a partire dal suo progenitore Carl Menger, poi proseguita da J. Schumpeter, Storia dell’analisi economica, Iii, Dal 1870 a Keynes, trad. it. Torino, 1990, 1336 ss.
[51] Cfr. F. Carbonetti, Moneta, in Quaderni di ricerca giuridica della Banca d’Italia, 1985, 2, 11.